Giustizia: la “manovra” taglia 47milioni al ministero, confermati fondi per le nuove carceri Ansa, 1 giugno 2010 Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha dato il via libera al decreto del Governo sulla Manovra Economica 2011/12. I tagli ai ministeri ammonteranno a 2,4 miliardi nel 2011 e 2,2 miliardi nel 2012. Il ministero della Giustizia contribuirà per 47,830 milioni (48,522 nel 2012). Il “pacchetto giustizia” del maxiemendamento alla Finanziaria contiene misure per conseguire risparmi e recuperare crediti, con l’obiettivo, tra gli altri, di finanziare un piano straordinario per lo smaltimento dei processi civili e di potenziare i servizi istituzionali dell’amministrazione giudiziaria. Il ministero dovrà anche stipulare convenzioni con le regioni per realizzare progetti di rilancio dell’economia locale attraverso il potenziamento del servizio giustizia Processi più cari - Sono limitate, per una serie di processi (per esempio per esecuzioni mobiliari e liti di lavoro in Cassazione), le esenzioni dal contributo unificato. La Giustizia deve stipulare una o più convenzioni per la gestione e riscossione dei crediti derivanti da spese di giustizia. Edilizia penitenziaria - Sono stanziati 500 milioni (tratti dal Fondo per le aree sottoutilizzate) per attuare, anche per stralci, il programma di edilizia carceraria finalizzato a creare nuove infrastrutture o aumentare la capienza di quelle esistenti (come previsto dal Dl 207/08). Modalità semplificate per pubblicare le sentenze - Si dovrà risparmiare nella pubblicazione delle sentenze di condanna, nei casi in cui questa avviene a spese dello Stato. Giustizia: problemi per la copertura finanziaria, “slitta” il ddl sulla detenzione domiciliare Asca, 1 giugno 2010 Slitta alla prossima settimana la discussione del nuovo testo del Ddl 3291 che prevede norme per l’esecuzione domiciliare delle pene detentive non superiori ad un anno. L’articolato originario varato dal Governo è stato già sottoposto ad ampia revisione in Commissione Giustizia con gli emendamenti governativi e i subemendamenti della Lega Nord. Il relatore Mario Commercio del gruppo Misto ha già sottolineato che andrebbero acquisiti elementi di quantificazione idonei a dimostrare la “neutralità” finanziaria delle disposizioni nelle ipotesi in cui i soggetti interessati possano utilizzare per l’esecuzione della pena un luogo pubblico o privato di cura o assistenza. Il Sottosegretario all’economia Alberto Giorgetti ha chiarito, nell’intervento svolto la scorsa settimana in Commissione Bilancio, che i detenuti con ancora un anno di pena sono circa 10.000, ma vanno esclusi i condannati per reati che comportano - in base all’articolo 1 del testo - l’esclusione dal beneficio. Una percentuale del 70% dei restanti 7.000, cioè circa 5.000 dispongono di un domicilio dove scontare la pena residua. Restano, quindi, circa 2.000 detenuti - ha aggiunto Giorgetti - per i quali sarebbe necessaria l’esecuzione della pena residua di un anno in strutture assistenziali pubbliche o private o, in caso di tossicodipendenti, in comunità terapeutiche la cui retta verrebbe posta a carico del Ssn. In Commissione Giustiza la Presidente Giulia Bongiorno ha proposto di riformulare le norme di cui è stata chiesta la soppressione per gli oneri privi di copertura. Occorre, quindi, un’ampia rielaborazione del testo tenendo conto anche che Affari Sociali, nel parere espresso sul Ddl, ha chiesto di escludere dal beneficio i responsabili di delitti di maltrattamenti in famiglia, prostituzione e pornografia minorile, detenzione di materiale pornografico, turismo diretto allo sfruttamento della prostituzione di minori, violenza sessuale e corruzione di minorenni. Giustizia: Sappe; agenti danneggiati e non c’è traccia delle 2.000 assunzioni promesse Ansa, 1 giugno 2010 Con la manovra economica licenziata dal Governo ogni agente di polizia penitenziaria perderà in media 1.600 euro nel triennio per effetto del congelamento degli scatti di anzianità, oltre ad essere danneggiato dal mancato rinnovo del contratto fermo dal 2008 e che così slitterà di altri tre anni, per complessivi cinque. È la stima di Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe. Il sindacato ha deciso di non partecipare a Bologna alla festa della polizia penitenziaria dell’Emilia-Romagna dove era presente il capo del Dap Franco Ionta, per protestare per le gravi condizioni in cui si lavora nelle carceri italiane. “Nel ddl svuota-carceri non c’è traccia della assunzione di 2.000 agenti che viene promessa oramai da due anni - ha aggiunto. Siamo carenti in tutta Italia di 6.500 agenti, mancano perfino le persone per fare le traduzioni. Chiediamo a Ionta cosa abbia fatto in due anni, lui che è anche commissario straordinario e ha poteri che nessun altro ha mai avuto - ha spiegato. Come mai abbiamo 500 dirigenti della amministrazione penitenziaria, eppure nei 204 istituti che ci sono spesso mancano i direttori?”. Intanto, ha concluso, “continuano i suicidi dei detenuti, l’altro ieri uno a Lecce - ha aggiunto - e tra il personale: e in dieci anni ce ne sono stati 70”. Giustizia: Cassazione; i detenuti tunisini non potranno più essere espulsi, rischiano torture Secolo d’Italia, 1 giugno 2010 Cittadini provenienti dalla Tunisia che commettono reati nel nostro Paese non potranno essere rimpatriati. La Tunisia infatti pratica la tortura, come emerge da rapporti “di affidabili organizzazioni internazionali come Amnesty International e Human right watch, corroborati da relazioni del Dipartimento di Stato americano”. Per questo “il governo italiano e tutte le istituzioni della Repubblica, compresi gli organi giurisdizionali nell’ambito delle rispettive competenze, e specificamente in materia di misure di sicurezza, il magistrato di sorveglianza”, non possono ordinare il rimpatrio di immigrati tunisini che abbiano commesso reati in Italia, per i quali oltre alla condanna è prevista anche l’espulsione. Lo sottolinea la corte di Cassazione (con la sua sentenza numero 20514), ricordando che l’ordine di non rimpatriare gli immigrati verso la Tunisia è una “inibizione obbligatoria” diretta al governo italiano ed emanata dalla Corte europea dei Diritti dell’Uomo, che l’ha comunicata alla rappresentanza permanente d’Italia presso il Consiglio d’Europa, con una nota trasmessa lo scorso 15 aprile. Così la nostra Suprema corte ha detto “no” all’espulsione in Tunisia di quattro immigrati condannati dalla Corte d’assise d’appello di Milano il 10 novembre 2008, per terrorismo e appartenenza a una cellula del gruppo salafita. I supremi giudici rilevano inoltre che il divieto vale “fino a quando non sopravvengono in Tunisia fatti innovativi idonei a mutare la situazione di allarme descritta nella decisione della Corte europea dei Diritti dell’Uomo, tali da offrire affidabile e concreta dimostrazione di garanzia di pieno rispetto” del divieto di tortura. La misura dell’espulsione potrà, eventualmente, essere sostituita “con altra misura di sicurezza”. Il verdetto della Suprema corte si riferisce in particolare al ricorso presentato da sei imputati di terrorismo di nazionalità tunisina, nei confronti di quattro dei quali era stato emesso l’ordine di espulsione al termine dell’espiazione della pena. Nessuno di loro però, stando ai giudici della Cassazione, potrà adesso essere espulso, in quanto si ricorda che, in Tunisia, viene praticata la tortura “spesso durante il fermo e allo scopo di estorcere confessioni”, con tecniche di tortura che vanno “dalla sospensione al soffitto alle minacce di violenza sessuale, passando per le scariche elettriche, l’immersione della testa in acqua, le percosse e le bruciature di sigaretta”. Tutte “pratiche che senza alcun dubbio raggiungono la soglia di gravità richiesta dall’art. 3 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo” che ne vieta l’uso. Per quanto riguarda gli imputati tunisini, la Cassazione ha comunque confermato la condanna per Arman Ahemed el Hissini Helmy (tre anni e otto mesi), Maaouy Lofti Ben Sadok (due anni), Ben Yahia Mouldi Ben Rachid (10 anni), Hekiri Hichem Nem Mohamed (cinque anni e sei mesi), Kneni Kamel (cinque anni) e Sahraoui Nessim Ben Romdhane (sei anni). Nei confronti di Sahraoui è stata annullata la condanna di primo e secondo grado, per errori nella dichiarazione di contumacia. Annullata con rinvio anche la condanna per Hekiri Hichem Nem Mohamed e per Knemi Kamel, per errori nella valutazione della prova. Per gli ultimi quattro imputati, alla luce di quanto detto sopra, l’espulsione non potrà quindi essere eseguita. Lazio: Garante detenuti; situazione sanitaria difficile, situazione potenzialmente esplosiva Il Velino, 1 giugno 2010 “La difficile situazione sanitaria nelle carceri italiane è uno degli effetti del sovraffollamento della carenza di risorse tecniche ed economiche e della mancata attuazione delle legge: tutti fattori, questi, che stanno creando una situazione potenzialmente esplosiva”. È quanto dichiara il garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni al termine di una riunione convocata nel carcere di Rebibbia Nuovo Complesso per discutere delle condizioni dei detenuti. Alla riunione hanno partecipato anche la dirigente dipartimento tutela delle fragilità della Asl Rmb Sarti, il dirigente sanitario di Rebibbia Montanari, un medico di reparto e rappresentanti delle associazioni di detenuti. Nel corso dell’incontro si è parlato delle problematiche legate al passaggio delle competenze sanitarie sulle carceri dal Ministero della Giustizia ai Servizi Sanitari Regionali e, da questi, alle Asl. Il Dpcm 01.04.2008, di recepimento del D.Lgs 230/99, stabilisce infatti che il detenuto e l’internato siano equiparati ai cittadini liberi in materia di prevenzione, diagnosi e cura e, di conseguenza, inserisce il detenuto nella rete dei servizi territoriali dell’aziende sanitarie. A fronte di ciò, si sono registrate numerose difficoltà legate alla gestione delle Asl, alla carenza di fondi e di personale, alla inadeguatezza di strutture e di strumentazioni. “Criticità - ha detto il Garante - che si sommano alle carenze dell’amministrazione penitenziaria con particolare riferimento al trattamento, alla prevenzione, alla collaborazione con le Asl e a strutture penitenziarie non idonee all’assistenza sanitaria, a impianti non a norma che impediscono l’utilizzo di strumentazioni, a regole penitenziarie e di sicurezza che rendono l’operato sanitario più difficile”. Una situazione, questa, resa sempre più difficile dal sovraffollamento, che rende pessime le condizioni di vita e di igiene dei detenuti, in un contesto detentivo in cui è faticoso e, in alcuni casi, impossibile prendersi cura realmente e bene della fragilità psichica. Per tentare di far fronte alla situazione a Rebibbia, si è deciso di rende stabile questo Tavolo di confronto per continuare a monitorare la situazione e cercare le soluzioni più adatte a migliorare le condizioni di vita dei reclusi. Emilia Romagna: quest’anno trentuno suicidi sventati dagli agenti nelle carceri regionali Dire, 1 giugno 2010 Ben trentuno tentativi di suicidio da parte dei detenuti sono stati sventati dagli agenti di polizia penitenziaria dell’Emilia-Romagna nel corso del 2010. Il dato è stato reso noto dal comandante del reparto di polizia penitenziaria degli istituti penitenziari di Parma Augusto Zaccariello nel corso della celebrazione della Festa della polizia penitenziaria che si è tenuta stamattina nel cortile dell’ex carcere di San Giovanni in Monte a Bologna. Il lavoro degli agenti, inoltre, ha garantito centodiciotto manifestazioni sportive, ricreative e culturali a favore dei detenuti. Gli agenti, poi, hanno vigilato su 27.325 colloqui tra detenuti e familiari, e garantito 2.862 ingressi e 2.756 scarcerazioni. Ma non è tutto: l’attività di polizia giudiziaria ha portato a compiere 72 sequestri, 40 interrogatori delegati dalle autorità giudiziarie, 931 attività di polizia giudiziaria, oltre all’esecuzione di 116 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di persone già detenute. Nell’ambito dell’attività di polizia di prevenzione invece, sono state eseguite 3.256 perquisizioni. E nell’ambito delle attività volte al contrasto del crimine organizzato la polizia penitenziaria dell’Emilia-Romagna ha eseguito 615 collegamenti in video conferenza con le aule di giustizia “evitando - spiega il comandante Zaccariello - che i capi o i promotori delle diverse consorterie mafiose tornassero, seppur in stato di detenzione, nei luoghi d’origine”. Infine nel suo intervento il comandante ha ricordato l’attività della scuola del corpo di polizia penitenziaria di Parma “dove nel 2010 si sono svolti tre corsi riservati agli agenti e ai sovrintendenti”. A celebrare gli agenti che lavorano in Emilia Romagna è arrivato anche Franco Ionta, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Assieme a lui, il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria dell’Emilia Romagna, Nello Cesari e rappresentanti delle istituzioni e forze dell’ordine cittadine tra cui il questore di Bologna Luigi Merolla, il prefetto Angelo Tranfaglia, il subcommissario del Comune di Bologna Matteo Piantedosi. Seduta tra gli agenti anche il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, Desi Bruno. La celebrazione si è tenuta all’interno del cortile dell’ex carcere di San Giovanni in Monte che oggi ospita alcuni dipartimenti dell’Università di Bologna. “Questo è un posto simbolico - ha detto Franco Ionta nel suo discorso. Da luogo di detenzione è passato a essere luogo di cultura. E mi fa ricordare come il carcere in qualche modo debba ritornare a essere un luogo di cultura. Un luogo nel quale la riflessione sui propri errori deve essere tale da portare a un cambiamento di vita e in questo cambiamento di vita la polizia penitenziaria ha una particolare importanza”. Cesari nel suo discorso ha ricordato che gli agenti sono chiamati a “diffondere la speranza e la fiducia”. Compito che gli agenti dell’Emilia-Romagna, dice il provveditore, hanno “assolto egregiamente”, “pur in condizioni di grave carenza di organico. Il rapporto tra presenza di detenuti e la polizia penitenziaria in servizio effettivo - ricorda Cesari - è il più basso rispetto alle altre regioni d’Italia”. La cerimonia è proseguita con la premiazione di diversi agenti distintisi nel loro lavoro. Inoltre è stata inaugurata una targa in memoria di Rocco D’Amato, agente morto ventenne il 13 maggio 1983 proprio nel carcere di San Giovanni in Monte mentre era in servizio. Livorno: un ex militante Prima Linea come Garante dei detenuti, scoppia la polemica Il Tirreno, 1 giugno 2010 Il consigliere comunale Pdl Andrea Romiti polemizza sull’incarico di Garante dei Diritti dei Detenuti a Marco Solimano. Romiti attacca la decisione del sindaco affermando che “la “questione morale” dovrebbe valere soprattutto in questi casi, considerato che Marco Solimano è un ex-terrorista di Prima Linea colpevole di reati gravissimi contro l’ordine democratico italiano. Inoltre il carcere è un microcosmo in cui convivono persone detenute e in divisa, e più armonia corre tra questi due conviventi forzati e più la qualità di vita nel penitenziario è accettabile per entrambi. Purtroppo - continua - è difficile non sospettare che Marco Solimano, ex-terrorista, non abbia dei forti pregiudizi ideologici verso le forze dell’ordine”. Così Romiti presenterà un’interpellanza chiedendo che la nomina sia discussa in commissione e che si istituisca alle Sughere la Consulta dei detenuti. Le Associazioni: “Stiamo con Solimano” Dopo l’affondo del consigliere comunale del Pdl Andrea Romiti contro Marco Solimano per il suo passato di militante in Prima Linea che ritiene inconciliabile con l’incarico di garante dei detenuti, al presidente dell’Arci arriva una pioggia di dichiarazioni di solidarietà. Quelle del Pd e di Sinistra ecologia e libertà fra le forze politiche, oltre che dell’Arci regionale e nazionale. C’è anche una nota che mette insieme una serie di soggetti che esprimono solidarietà a Solimano. Vede insieme le firme di Cgil, Acli, Caritas, Fondazione Caritas, Ceis, Comunità senegalese, The Cage, Compagnia teatrale Mayor Von Frinzius, Cesdi, Associazione Loop video-produzioni, Todo Modo, Cooperativa Itinera e Comitato parenti e amici degli arrestati livornesi di Pistoia. “È un attacco volgare e personale alla figura di Solimano - dicono queste associazioni - così la politica e la riflessione scelgono di ritirarsi e venire meno”. Anche Franco Corleone, ex sottosegretario alla giustizia e garante dei detenuti a Firenze afferma: “Solimano sarebbe la persona migliore per fare il garante dei detenuti, il sindaco non si faccia intimorire da chi non conosce la cultura dei diritti”. Romiti insiste: “Ha pagato ma è inadatto” Il consigliere comunale Pdl Andrea Romiti ritorna sul caso Solimano. “È ovvio ritenere che Marco Solimano sia un uomo libero e con piena dignità in quanto ha già pagato a suo tempo il prezzo alla giustizia per i gravi delitti commessi, ma è altrettanto ovvio che una persona che ha militato in un gruppo terroristico (Prima Linea) responsabile di diversi omicidi di uomini che servivano lo Stato, non sia la persona adatta per l’incarico di Garante dei Diritti dei Detenuti”. “Riconosco i meriti di Solimano nell’associazionismo e il suo impegno per i detenuti, ma un incarico istituzionale come Garante è tutt’altra cosa e spero che anche lui ne sia cosciente”. “Il carcere è un microcosmo in cui convivono forzatamente detenuti e Polizia Penitenziaria; maggiore è la comunicazione tra le due parti e migliore la vivibilità. I compiti del Garante sono fondamentali - conclude Romiti - e nominare una persona con forti connotati ideologici e con bagaglio culturale la partecipazione attiva a un’organizzazione terroristica sicuramente non agevola l’armonia e il confronto col mondo carcerario” Sant Egidio: “La sua esperienza può aiutarlo” La Comunità di Sant’Egidio interviene sulla polemica relativa alla candidatura di Marco Solimano a Garante dei detenuti. S. Egidio si unisce a quanti hanno voluto esprimere la propria solidarietà a Marco Solimano affermando che “paradossalmente per le motivazioni che hanno mosso l’attacco nei suoi confronti, riteniamo che l’esperienza personale di Solimano rappresenti un itinerario significativo”. La comunità parla di Solimano come “un uomo che si è speso responsabilmente per gli altri, è sicuramente al centro delle iniziative sul sociale nella nostra città, spaziando dal carcere all’immigrazione. Ma soprattutto è un uomo che ha saputo sostenere, anche come consigliere comunale, in maniera equilibrata e non pregiudiziale, scelte importanti al servizio di molta gente a Livorno, diventando punto di riferimento per tanti. Lo è stato anche per noi quando si è trattato di trovare risposte urgenti e non scontate a favore dei più poveri ma anche in tante altre occasioni”. In conclusione S. Egidio afferma che “il problema vero resta quello di cercare e trovare insieme risposte efficaci ai bisogni della gente”. Trento: pronto il primo carcere in Italia costruito con criteri di sostenibilità ambientale di Lorenzo Alvaro Vita, 1 giugno 2010 Ha otto celle destinate alle persone con disabilità, un asilo nido e diversi spazi per attività di reinserimento e ricreative. “Un nuovo istituto di pena, moderno e all’avanguardia, il primo in Italia costruito con criteri di sostenibilità ambientale e progettato per avviare un’azione vera di recupero dei detenuti”. Il presidente della Provincia autonoma di Trento, Lorenzo Dellai, descrive così il nuovo carcere a Spini di Gardolo, la cui inaugurazione è prevista per il mese di luglio. La nuova struttura sostituirà il carcere attiguo al Palazzo di Giustizia, in pieno centro città. La nuova casa circondariale, “da considerarsi come una vera cittadella autonoma” precisa Dellai: potrà ospitare 244 detenuti, di cui 204 uomini e 20 donne; avrà un asilo nido per i bambini fino ai tre anni e 20 posti per persone in stato di semilibertà. Nel carcere ci sono, inoltre, otto celle per detenuti disabili, ambulatori in ognuno degli otto bracci, un’infermeria, una cucina, un teatro-cinema, una cappella e uno spazio disponibile per gli altri culti, aule didattiche e laboratori, una palestra e un campo da calcetto. Accanto al carcere è stato realizzato un intero complesso di edifici per la polizia penitenziaria, con la caserma, la cucina, la mensa, sale ricreative e spazi per le attività sportive. Gli alloggi destinati agli agenti penitenziari sono 66, distribuiti in 5 palazzine. Entro l’autunno del 2010, inoltre, inizieranno i lavori per la realizzazione di un parco pubblico attrezzato e di una vasta area multiuso per attività sportive, vicina al centro abitato di Spini; una struttura e un’area verde utilizzabili dagli abitanti delle località vicine e che valorizzerà l’intera periferia nord di Trento. Le zone predisposte per l’ora d’aria hanno una parete non di cemento ma di inferriata che, insieme alla vista della Paganella, alleggeriscono il senso di oppressione che un posto del genere porta con sé per propria natura. Anche il campo di calcetto con erba sintetica, le altre attrezzature sportive e i luoghi di socializzazione ne fanno uno stabilimento che può proporsi di operare quel recupero che la legge si propone. Nel nuovo carcere saranno avviati una serie di progetti formativi e di reinserimento in collaborazione con associazioni e cooperative sociali. In particolare, in base ad un accordo sottoscritto tra il ministero della Giustizia, la Direzione del carcere, il Servizio Politiche sociali e abitative della Provincia di Trento e il consorzio di cooperative “Consolida”, saranno avviati laboratori di saldatura, assemblaggio, legatoria, lavanderia, attività agricole e giardinaggio. Al via anche i progetti scolastici e formativi come il completamento del ciclo delle scuole secondarie, laboratori di educazione artistica, corsi di acconciatura maschile e femminile, corsi per la lavorazione del legno, laboratori di sartoria maschile e femminile. L’intero progetto del nuovo istituto di pena è costato circa 112 milioni di euro, interamente finanziati dalla Provincia autonoma di Trento. Brescia: pochi agenti e troppi detenuti, la Polizia penitenziaria in affanno Brescia Oggi, 1 giugno 2010 Troppi detenuti, pochi agenti di Polizia Penitenziaria. A sommi capi è l’equazione che rispecchia la carenza d’organico con cui Canton Mombello deve fare i conti ogni giorno: a fronte di 520 detenuti (298 la capienza massima tollerabile) il reparto è composto da 258 unità, ben 106 in meno rispetto alle 364 previste. “Ed è proprio in questo momento di difficoltà che è solo grazie al loro spirito di sacrificio ché è stata comunque garantita l’esecuzione dei provvedimenti restrittivi emessi a carico di 3.066 detenuti che nel 2009 hanno fatto ingresso nella casa circondariale”: è la parola del comandante della Polizia Penitenziaria di Canton Mombello, Pietro Pili, che così ha ringraziato i suoi uomini in occasione della 193esima festa annuale del Corpo, celebrata nella sala Piamarta di via San Faustino. Un anniversario che quest’anno coincide con i vent’anni dalla riforma che, con la legge 395/90, ha segnato la nascita del Corpo di polizia Penitenziaria e lo scioglimento del Corpo degli agenti di custodia e delle vigilatrici penitenziarie. Un passaggio che ha determinato anche una progressiva espansione delle mansioni: dall’assicurare l’esecuzione dei provvedimenti restrittivi al mantenimento dell’ordine all’interno, fino al servizio di traduzioni e scorta nelle aule di giustizia. Nel dettaglio, a Canton Mombello, “sono stati sorvegliati 53 detenuti ricoverati in strutture sanitarie esterne, garantiti 8.658 colloqui ed eseguite 2.340 traduzioni in aula - spiega Pili -. E ancora, 63 attività di polizia giudiziaria, 30 sequestri di sostanze stupefacenti o banconote false, 787 perquisizioni ordinarie”. Numeri che identificano un istituto che la direttrice, Maria Gabriella Lusi, definisce “antico e forte, in cui però sovraffollamento e carenza di spazi incidono sul lavoro dei poliziotti giudiziari, amplificando la difficoltà di gestire il 70 per cento di detenuti stranieri divisi in 40 etnie: un lavoro oscuro che merita il riconoscimento pubblico, perché Canton Mombello vuole dialogare con la città”. Diversa la storia di Verziano, struttura che anche la Regione Lombardia ha definito “un carcere in cui viene applicata la detenzione con umanità”. Ne è certo il comandante di Polizia Penitenziaria Ilaria Lomartire, a capo di 77 agenti. “Verziano ospita 130 detenuti di oltre 13 nazionalità, non conosce la piaga del sovraffollamento e si caratterizza per l’ampia offerta trattamentale, nella convinzione che la sicurezza si persegue soprattutto rimuovendo le cause che hanno indotto a delinquere, passando per l’istruzione, l’educazione alla legalità e l’apprendimento di un mestiere. Verziano è un modello di tolleranza e integrazione - ha concluso - dove possiamo dedicare l’attenzione necessaria ad ogni detenuto per puntare alla rieducazione sociale”. Ai suoi collaboratori va il ringraziamento della direttrice, Francesca Paola Lucrezi, per “la grande professionalità che, nel gestire situazioni di dolore, ha impedito a volte si verificasse il peggio”. Davanti al sindaco, Adriano Paroli, ai rappresentanti istituzionali e delle forze dell’ordine, il Corpo ha festeggiato quasi due secoli di vita. Impossibilitato a partecipare alla festa, il garante dei diritti dei carcerati, Mario Fappani, in una nota ha espresso “il più vivo apprezzamento per lo sforzo che gli agenti stanno compiendo nell’esercizio della loro funzione per assicurare condizioni di vivibilità negli istituti, a fronte di una cronica carenza d’organico”. Problemi che anche la Fp-Cgil, ha evidenziato, precisando come “non ci sia nulla da festeggiare viste le gravi difficoltà che attraversano i poliziotti penitenziari e le troppe disattenzioni di chi amministra oggi la giustizia in Italia”. Israele: anche sei italiani in carcere dopo l’attacco dell’esercito al convoglio dei pacifisti Il Velino, 1 giugno 2010 La situazione di Gaza è “insostenibile” e l’unica via verso la pace in Medio Oriente rimane la “soluzione due popoli due stati”. Ha potuto far poco il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, convocato per una sessione d’emergenza dopo lo scontro a fuoco tra le forze armate israeliane e un’imbarcazione di pacifisti che portavano aiuti umanitari nella Striscia. Esprimendo “profondo rammarico” per le vittime, il massimo organismo delle Nazioni Unite ha invitato Israele a rilasciare i passeggeri della flottiglia fermati e le navi sequestrate. E ha ricordato che il blocco di Gaza da parte dello Stato ebraico appare una “punizione collettiva” per la popolazione. Dal Palazzo di Vetro è comunque emersa la volontà di avviare un’inchiesta “rapida, imparziale, credibile e trasparente”. La valutazione del Consiglio è il risultato di un compromesso tra le opposte posizioni di Stati Uniti e Turchia. Ankara avrebbe voluto un linguaggio più duro per condannare l’azione dello Stato ebraico, definita non a caso “un atto di pirateria” e “omicidio da parte di uno Stato” dal ministro degli Esteri turco Ahmet Davitoglu. Gli Usa, malgrado i recenti dissidi con il governo di Benjamin Netanyahu, hanno chiesto e ottenuto maggiore moderazione in attesa che l’inchiesta stabilisca con certezza come sono andati i fatti. Israele continua a difendere il proprio operato. Il ministero della Difesa ha spiegato che ben cinque navi sono state sequestrate dalla marina israeliana senza alcun incidente e che se con la sesta è avvenuto uno scontro a fuoco è stato a causa della reazione dei passeggeri. Il primo ministro Netanyahu, pur assicurando che il suo Paese non intendeva colpire civili innocenti, ha dato pieno sostegno all’operazione, ricordando la necessità di far fronte al continuo contrabbando di armi verso la Striscia di Gaza. Anche all’interno dello Stato ebraico, però, emergono delle perplessità. Il quotidiano Haaretz chiede infatti l’apertura di un’inchiesta interna e definisce “inadeguata” la giustificazione offerta dal governo secondo cui le truppe israeliane sono state attaccate dai passeggeri della nave. Avviato, intanto, il rilascio dei pacifisti fermati e detenuti nel carcere di Bèer Sheva. Dei 686 passeggeri a bordo della navi, 45 sono stati espulsi. Tra gli arrestati ci sono anche sei italiani e non quattro come precedentemente ipotizzato. Sono infatti in stato di fermo - ha fatto sapere la Farnesina - un italo-tedesco e un italo-giordano. Sul piano politico, il dato che appare dominante sulla stampa specializzata è la ormai definitiva rottura dell’alleanza tra Turchia e Israele, già messa a dura prova da una serie di recenti divergenze, ultima delle quali la mediazione di Ankara sul nucleare iraniano. Una situazione che riduce lo spazio di manovra di Barack Obama, già in difficoltà nello scacchiere mediorientale per la riluttanza israeliana a tornare al tavolo della pace. Il primo ministro Netanyahu, proprio in seguito ai fatti di ieri, ha cancellato la prevista visita a Washington mentre la situazione rischia di inasprirsi ulteriormente: questa mattina i soldati israeliani hanno ucciso due palestinesi che cercavano di entrare clandestinamente nello Stato ebraico attraverso la Striscia.