Giustizia: nuovo stop a ddl Alfano sulla detenzione domiciliare, a rischio la sede legislativa Ansa, 16 giugno 2010 Nuovo stop alla Camera per il cosiddetto “svuota carceri”. Per il ddl Alfano, che concede i domiciliari a chi deve scontare un anno di pena, è a rischio la sede legislativa, ossia l’iter rapido senza passaggio in aula. L’ipotesi di una corsia preferenziale del testo era stata caldeggiata dalla quasi totalità dei gruppi in commissione Giustizia (hanno detto sì i quattro quinti), tant’è che il 17 maggio scorso il provvedimento era stato espunto dal calendario d’aula su richiesta della presidente della commissione, Giulia Bongiorno, dopo un accordo tra maggioranza e opposizione. Ma oggi, spiega la capogruppo del Pd in Giustizia, Donatella Ferranti, “il governo non ha fatto pervenire il suo orientamento sull’ipotesi legislativa, nonostante sia già stato sollecitato a esprimersi”. Inoltre, “la commissione Bilancio - continua Ferranti - non ha risposto alla richiesta, fatta da tutta la nostra commissione, di rivedere il parere negativo sull’assunzione di nuovi agenti di polizia e carabinieri e sulla previsione di rinviare il taglio del 10 per cento del personale civile dell’amministrazione penitenziaria”. Per la commissione Bilancio della Camera, quindi, per ora il ddl “svuota - carceri”, così come modificato dopo una trattativa tra il guardasigilli Alfano e il ministro dell’Interno Maroni, non ha la necessaria copertura economica. Su pressione della Lega, inoltre, era stata stralciata la parte della messa in prova ed è stato introdotto uno stop all’automaticità della concessione dei domiciliari, con l’introduzione del ‘filtrò del giudice, che valuta caso per caso. La commissione Giustizia, visto lo stallo provocato dal parere negativo della Bilancio sul ddl domiciliari, giovedì scorso aveva chiesto di rivedere quel giudizio. Ma ad ora, sottolinea Ferranti, “nessun segnale è arrivato dalla V commissione. Stando così le cose - conclude - domani ci rivedremo in sede referente per capire come procedere. Se non si sono le condizioni per la legislativa, il testo allora va calendarizzato in aula”. Per il governo, il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, spiega che “per dire sì alla sede legislativa è indispensabile avere un parere favorevole della commissione Bilancio”, che, a quanto si apprende, sarebbe intenzionata a chiedere la relazione tecnica al governo sui costi del provvedimento. Giustizia: Bernardini; le carceri le stanno svuotando con le morti per malasanità o per suicidio Il Velino, 16 giugno 2010 “La Commissione giustizia della Camera non riesce a portare a casa nemmeno il ddl Alfano svuotato dei contenuti iniziali che avrebbero consentito di alleggerire un po’ la popolazione penitenziaria, ormai alle soglie delle 70.000 unità. Infatti, il clima da unità nazionale che aveva visto tutti d’accordo, tranne i Radicali, si è infranto contro il niet della commissione bilancio, così, nemmeno il “topolino” che avevano concepito, riesce a vedere la luce”. Lo ha detto Rita Bernardini, deputata radicale e membro della commissione Giustizia, in merito al suicidio del detenuto recluso nel carcere catanese di Bicocca. La delegazione radicale nel gruppo del Pd alla Camera ha, oggi, presentato un’interrogazione parlamentare. “L’irresponsabilità della classe politica italiana ci sta portando al completo disfacimento dello Stato di diritto, della legalità, del rispetto della vita umana. Tanto che - aggiunge - un leghista oggi può dire che i condannati al 41 - bis e i pedofili possono ben suicidarsi per fare un gesto che fa piacere al popolo. Tanto che il garante della privacy interviene solo quando viene ripreso ammanettato da giornali e TV un esponente della “cricca”, ma non quando la stessa sorte tocca a un rumeno o a un marocchino, in palese violazione dell’articolo 114 del codice di procedura penale. Anche i magistrati si beffano dell’obbligatorietà dell’azione penale di fronte a questo tipo reati. Altro che ddl Alfano. Le carceri - ha concluso Bernardini - le stanno svuotando con le morti per malasanità o per suicidio: qualcuno esulterà perché oggi si è liberato un posto al carcere Bicocca di Catania”. Giustizia: testo unificato per le tre pdl su tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori Vita, 16 giugno 2010 La relatrice Marilena Samperi (Pd) ha presentato un testo unificato per le tre pdl recanti “Disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori”, in discussione alla Commissione Giustizia della Camera. I provvedimenti in esame sono iscritti nel calendario dei lavori dell’Assemblea a partire dal 28 giugno, a condizione che la Commissione ne abbia concluso l’esame. L’articolo 1 prevede che Il comma 4 dell’articolo 275 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente: “Quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età non superiore a tre anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, la custodia cautelare è disposta presso una casa famiglia protetta, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza in ordine a delitti di cui all’articolo 416 - bis del codice penale, o a delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal citato articolo 416 - bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo 416 - bis , nel quale caso la custodia cautelare è disposta in carcere. Se la persona da sottoporre a custodia cautelare sia madre di prole di età superiore a tre anni e inferiore a dieci anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, la custodia cautelare, laddove non ricorrano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, è disposta presso una casa - famiglia protetta. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputato sia persona che ha superato l’età di settanta anni”. L’articolo 2 disciplina il diritto dei genitori detenuti a far visita al figlio minore di dieci anni malato, e ad accompagnarlo nelle visite specialistiche. La pena detentiva per le madri di minori sotto i dieci anni dovrà essere scontata (articolo 3) al proprio domicilio. L’articolo 6 precisa che il giudice, dinanzi a detenuti immigrati madri di figli minori di tre anni, che dovrebbero essere espulse al termine della pena, “può disporre la revoca del decreto di espulsione, ovvero inibirne l’adozione qualora accerti che la permanenza corrisponde all’interesse del minore, che lo stesso è inserito nel tessuto sociale nel territorio italiano e, in ogni caso, che l’espulsione pregiudicherebbe lo sviluppo psico - fisico del minore”. Al minore è rilasciato un permesso di soggiorno per una durata pari a quella della misura cautelare o detentiva o alternativa. Antonio Di Pietro (Idv) ha espresso “preoccupazioni sull’incidenza della disciplina in esame sulle norma in materia di immigrazione ed espulsione”. Giustizia: Buonanno (Lega) plaude al suicidio di un detenuto “molti cittadini la pensano come me” di Alberto D’Argenio La Repubblica, 16 giugno 2010 Il padano Gianluca Buonanno si è scaldato nella conferenza stampa convocata per illustrare la proposta di togliere la previdenza ai condannati di Cosa Nostra: “L’unica pensione che meritano questi animali di mafiosi è stare in galera a mangiare pane e acqua in mutande”. Quindi, consegnatosi ai microfoni dei cronisti, il leghista componente dell’Antimafia ha commentato così il suicidio di Antonio Gaetano Di Marco, ex 41 bis che lunedì sera si è tolto la vita nel carcere di Catania: “Certo che se altri pedofili e mafiosi facessero la stessa cosa non sarebbe affatto male. Anzi... E sono sicuro che molti cittadini la pensano come me”. Di certo non il Pd, che ha chiesto al ministro dell’Interno Roberto Maroni di censurare le “allucinanti” frasi di Buonanno, parlamentare piemontese e contemporaneamente vicesindaco di Borgosesia e sindaco di Varallo, già noto per aver disseminato per le strade poliziotti di cartone, per avere proibito l’uso del burka e del burkini e per avere inventato la dieta a punti. E così la democratica Donatella Ferranti ha invitato Maroni “a prendere immediatamente le distanze dalle gravissime parole che fanno carta straccia della vita umana e alimentano un clima di intolleranza che non aiuta la legalità”. Il segretario d’aula Roberto Giachetti ha invece parlato di “teorizzazione della pena di morte volontaria”. È intervenuta anche l’associazione Antigone, che ha sottolineato come “augurarsi il suicidio di una persona, detenuta per qualunque causa, è incivile e inumano. Ormai alcune forze politiche assomigliano più a orde barbariche che non a partiti moderni”. Dal governo, e dunque nemmeno dalla Lega, nessuno ha condannato o difeso le parole di Buonanno, il quale ieri sera ha detto di essere stato “male interpretato” e ha parlato di “strumentalizzazioni per oscurare la serietà del Carroccio”. Che ieri si è intensamente occupato di mafia (“ormai è un problema anche del nord”, sottolineava un suo deputato) finendo puntualmente per litigare con il Pd. A ora di pranzo un gruppo di parlamentari della Lega, Buonanno compreso, ha presentato la proposta di levare la pensione ai condannati per terrorismo e criminalità organizzata (così come ai loro familiari condannati per favoreggiamento). “Un grande segnale di giustizia”, ha affermato Marco Reguzzoni, capogruppo padano a Montecitorio. “Ci auguriamo che tutti i gruppi parlamentari convergano su una proposta di buonsenso, senza sterili polemiche”, ha aggiunto Massimiliano Fedriga. Ma così non è stato. Anzi, la proposta ha scatenato una lunghissima querelle tra i due partiti. Visto che i democratici hanno bocciato il provvedimento liquidandolo come “pura propaganda” al contrario della proposta allo studio del Pd che mira a togliere la pensione “solo agli ergastolani o ai 41 bis che devono risarcire le vittime dei fatti per i quali sono stati giudicati”. Ha replicato Carolina Lussana, tra i firmatari del progetto del Carroccio, bollando le obiezioni del Pd come “distinguo e i tecnicismi giuridici” di chi “tutela i mafiosi”. Il Pd Garavini a sua volta ha risposto che il Pd non prende lezioni di antimafia dalla Lega, che oltretutto “firmando il ddl sulle intercettazioni fa un favore alle cosche”. Più soft verso i padani il senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della commissione antimafia, che ha detto di aspettarsi dai leghisti “un contributo valido al di là di pronunciamenti retorici e demagogici” per risolvere un problema serio. Antigone: augurarsi il suicidio di una persona è incivile e inumano Dichiarazione del Presidente dell’Associazione Antigone Patrizio Gonnella: “Le dichiarazioni dell’Onorevole Gianluca Buonanno sono indegne per un Paese che per tanti anni si è giustamente vantato di essere la culla del diritto. Ormai alcune forze politiche assomigliano più a orde barbariche che non a partiti moderni. Augurarsi il suicidio di una persona, detenuta per qualunque causa, è incivile e inumano: assomiglia tanto a chiedere il ripristino della pena di morte. Speriamo che gli esponenti di tutte le altre forze politiche, di centro, di destra o di sinistra, si indignino e lascino isolata questa voce”. Ferranti (Pd): Buonanno allucinante, Maroni prenda distanze “Il ministro Maroni prenda immediatamente le distanze dalle parole del suo collega di partito Buonanno, che oggi si è dilettato in dichiarazioni allucinanti, che fanno carta straccia del rispetto della vita umana e alimentano il clima di intolleranza e violenza”. Così la capogruppo Pd in commissione Giustizia alla Camera, Donatella Ferranti, che definisce quelle del deputato leghista “parole di una gravità inaudita”. “Non è certo augurandosi il suicidio degli autori di gravissimi reati - conclude - che si tutelano le vittime e si garantisce rispetto della legalità”. Di Giovan Paolo (Pd): da Buonanno populismo e demagogia “Non è col populismo e la demagogia del leghista Buonanno che si risolvono i problemi delle carceri. Abbiamo presentato proposte concrete ma rigettate dalla maggioranza: impulso alle misure alternative al carcere e apertura delle strutture ultimate ma non ancora operative. Maroni e gli altri ministri leghisti prendano le distanze da Buonanno”. Lo afferma in una nota il senatore del Pd Roberto Di Giovan Paolo, segretario della Commissione Affari Europei. “Nel carcere lavorano amministrativi, agenti di polizia, volontari a cui deve andare il nostro riconoscimento per quanto fanno, nonostante manchino fondi e strumenti - conclude Di Giovan Paolo - Mi auguro che il populismo di Buonanno non sia recepito dagli esponenti leghisti nel governo”. Buonanno (Lega): le mie parole sono state strumentalizzate Il deputato della Lega Gianluca Buonanno precisa il senso delle sue dichiarazioni sui suicidi in carcere. “Le mie parole - dice - sono state male interpretate. Io sono anche contrario alla pena di morte, ma a domanda se mi dispiacesse del suicidio dell’esponente mafioso accaduto ieri nel carcere di Catania, ho risposto sinceramente quello che pensavo e cioè che non mi dispiaceva”. “La Lega Nord oggi ha presentato una proposta di legge importante - aggiunge - che è quella di togliere le pensioni ai mafiosi. Le mie dichiarazioni sono state strumentalizzate per cercare di oscurare la serietà della nostra proposta.” Burtone (Pd), dopo ennesimo suicidio Alfano intervenga “L’ennesimo suicidio di un detenuto avvenuto a Catania, dimostra la gravità della situazione nelle carceri italiane. Non sono più rinviabili interventi per migliorare la condizione di vita di quanti scontano una pena. Il governo per il momento si è dimostrato molto attivo nelle promesse e negli annunci anche su temi delicati come questo. Il ministro Alfano intervenga subito”. Lo ha detto Giovanni Burtone, deputato del Pd. Giustizia: Sappe; dopo suicidio a Catania rivedere regolamento sull’uso delle bombolette a gas Adnkronos, 16 giugno 2010 “L’ennesimo suicidio di un detenuto, questa volta a Catania, dopo aver inalato il gas della bomboletta che tutti i reclusi legittimamente detengono per cucinarsi e riscaldarsi cibi e bevande, come prevede il regolamento penitenziario, impone di rivedere la possibilità che i ristretti continuino a mantenere questi oggetti nelle celle”. Lo denuncia il Sappe che spiega come “ogni detenuto può disporre di queste bombolette di gas, che però spesso servono o come oggetto atto ad offendere contro i poliziotti o come veicolo suicidario. Riteniamo che sia giunto il momento di rivedere il regolamento penitenziario, al fine di vietare l’uso delle bombolette di gas, visto che l’Amministrazione fornisce comunque il vitto a tutti i detenuti”. Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, commenta questo fenomeno alla luce della notizia di un nuovo suicidio in carcere a Catania Bicocca. “Il modo in cui è morto il detenuto del carcere di Catania Bicocca, analogo a quello posto in essere qualche settimana fa nel penitenziario di Reggio Emilia da un altro detenuto suicida - aggiunge - ricorda quello di un altro ristretto morto nel carcere di Pavia qualche anno fa; episodio per cui l’Amministrazione penitenziaria fu condannata a risarcire i familiari con 150.000 euro. Riteniamo che sia giunto il momento di rivedere il regolamento penitenziario, al fine di vietare l’uso delle bombolette di gas, visto che l’Amministrazione assicura il vitto a tutti i detenuti”. Il sindacalista conclude che “indubbiamente la carenza di personale di Polizia Penitenziaria, che è quello che sta nella prima linea delle sezioni con i detenuti 24 ore al giorno, e di figure professionali specializzate nonché il costante sovraffollamento delle carceri italiani sono due temi che si dibattono da tempo e sono concause di questi tragici episodi. A Catania Bicocca il 31 maggio scorso era ristretti 270 detenuti a fronte di 164 posti letto. Bisogna che sulle criticità penitenziarie si intervenga quanto prima e con estrema urgenza, per evitare l’implosione del sistema”. Giustizia: la Commissione errori sanitari della Camera incontra Comitato per prevenzione tortura Il Velino, 16 giugno 2010 Il presidente della Commissione di inchiesta della Camera sugli errori in campo sanitario e i disavanzi sanitari regionali, Leoluca Orlando, comunica l’agenda delle attività della Commissione per giovedì. “Alle 8:30 - si legge in una nota - , l’audizione dei rappresentanti del Forum nazionale del diritto alla salute delle persone private della libertà personale e del direttore dell’Istituto Penitenziario di Spinazzola. L’audizione è pubblica e si svolgerà a Palazzo San Macuto, in via Del Seminario 76, Roma. Al termine, si terrà l’incontro con il Comitato per la Prevenzione della Tortura (Cpt) del Consiglio d’Europa. Il comitato visita luoghi di detenzione nei 47 paesi membri al fine di valutare il trattamento dei detenuti e, ove necessario, formula raccomandazioni al governo per migliorare le condizioni di detenzione. In particolare, verranno ricevuti il vicecapo delegazione, Pètur Hauksson, e la dottoressa Francesca Montagna”. Giustizia: Casellati; consentire vita sessuale ai detenuti? opinione espressa a titolo personale Adnkronos, 16 giugno 2010 “Da mesi sono oggetto di polemiche per un’opinione espressa a puro titolo personale”. Così il sottosegretario alla Giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati torna a replicare alle critiche di Donato Capece, segretario del Sappe, e di Leo Beneduci dell’Osapp a seguito di un suo intervento al Gr Parlamento. “La mia opinione - aggiunge il sottosegretario - riguarda l’affettività di cui la sessualità rappresenta solo un aspetto. Sarebbe opportuno poi che Capece e Beneduci ascoltassero con maggiore attenzione il mio intervento in radio - sottolinea la senatrice Casellati - non c’è miglior sordo di chi non vuol sentire”. Giustizia: Poretti (Radicali); visita negli Opg, il “girone infernale” del sistema penitenziario Il Velino, 16 giugno 2010 “Il carcere nuoce gravemente alla salute”: parafrasando le avvertenze delle sigarette, è la scritta sulla maglietta di un internato in uno degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (Opg) che ho visitato lo scorso 11 giugno, l’unica certezza con la quale uscire da un manicomio criminale. La commissione d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale del Senato si è accorta del buco della legge Basaglia. La 180 ha chiuso i manicomi, ma non quelli criminali. Gli ospedali psichiatrici giudiziari sono sei in tutta Italia per circa 1.500 internati. Tra gli “ospiti” si trova chi è prosciolto in sede di processo, chi impazzisce dopo la condanna in carcere e chi è matto a metà (i seminfermi). Si sa quando e come si entra, ma non se, quando e come se ne esce”. Lo afferma la senatrice Radicale eletta nelle file del Pd. “Le carceri sono la pattumiera della società - aggiunge Poretti, la mancata soluzione ai problemi sociali: povertà, immigrazione, tossicodipendenza. Gli Opg sono il girone infernale del sistema penitenziario”. Giustizia: De Santis in manette crea scandalo, la stessa indignazione valga per tutti i detenuti di Valter Vecellio Europa, 16 giugno 2010 Sicuro che ha ragione chi protesta e si indigna per le “manette televisive” dell’ex provveditore alle opere pubbliche toscane Fabio De Santis, la mortificazione della sua immagine, lo scempio che ne è stato fatto. Ha fatto bene il garante della privacy a intervenire con tempestività ricordando che ci sono limiti al diritto - dovere di informare; e che mostrare una persona con le manette ai polsi non aggiunge e non toglie nulla all’evento che può benissimo essere raccontato senza far uso della “gogna”. Va benissimo, dunque tutto lo “scandalo” che monta. Però... c’è sempre un però; e in questo caso: basterebbe rispettare una piccolissima norma, l’articolo 114 comma 6 - bis, del codice di procedura penale. “È vietata la pubblicazione dell’immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all’uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la persona vi consenta”. Senza “se” e senza “ma”, e punire chi lo viola. Anche se le persone ammanettate vengono esibite (come troppe volte, con compiaciuta disponibilità, polizia, carabinieri e guardia di finanza mostrano), non lo ha ordinato nessun dottore che queste immagini debbano poi essere mandate in onda, si obbedisca una volta per tutte a questa norma, cosicché manette e ammanettati non si vedranno più. Si tratti di De Santis che di Totò Riina, o di Nicola, figlio di “Sandokan” Francesco Schiavone boss dei Casalesi: che, arrestato a casa sua a Casal di Principe il giorno dopo il caso di De Santis, è stato “tranquillamente” mostrato con le manette ai polsi senza che nessuno si sia indignato o scandalizzato. Se sei camorrista, o presunto tale, o figlio di boss, le manette e la sua esibizione, evidentemente, non sono lesive della dignità della persona. E qui si viene a un “sospetto”, a un pensiero “cattivo”, a un’inquietudine; che forse non è solo un sospetto, un pensiero “cattivo”, un’inquietudine: come mai nessuno ha fiatato fino a ieri, quando non c’era telegiornale che mostrava persone ammanettate che entravano o uscivano da un commissariato, una stazione dei carabinieri, un palazzo di giustizia? Quando va bene si fa ricorso all’ipocrisia di un foglio di giornale o una giacca che copre le manette ai polsi; però, comunque e sempre, si ha ben cura di mostrare immagini e fotografie che ritraggono gli imputati al peggio di loro stessi, barbe lunghe, occhiaie, capelli arruffati, insomma: visivamente l’immagine del malvivente... Allora, dal momento che queste storie vanno avanti da anni, mi chiedo perché il can can è scoppiato con De Santis. Comunque, ripeto, ben venga lo scandalo e l’indignazione; ma non è che sono uno scandalo e un’indignazione ad personam, vero? Se scandalo e indignazione ci devono essere, ci siano per tutti, vero? Benissimo ricordare, come si è fatto, il caso di Enzo Carra: quella vera e propria vergogna che fu (a proposito, quelle norme che in qualche modo “legittimavano” gli “schiavettoni”, esistono ancora? Perché sarebbe il caso quantomeno di modificarle, se non le si può abolire. E la prossima volta non dimentichiamo - come invece troppe volte si fa - quell’autentico scempio, quel vero e proprio abominio che fu ed è la vicenda Enzo Tortora: ritratto da tutti giornali e le televisioni di allora con le manette ai polsi, arrestato ore prima, e fatto uscire solo dopo che fotografi e tele - cineoperatori, adeguatamente avvertiti, si erano collocati per riprendere bene la scena del “cinico spacciatore di morte” mentre veniva condotto in carcere tra due carabinieri... Ps.: per quello scempio, quell’abominio subito da Tortora, e che lo ha portato alla morte, nessuno ha pagato. Lettere: dopo la protesta nel penitenziario di Marassi i detenuti scrivono a RadioCarcere www.radiocarcere.com, 16 giugno 2010 Genova, 14 giugno. “Una rumorosissima protesta, è stata messa in atto, ieri a tarda sera, dai detenuti ristretti nel penitenziario genovese di Marassi.” Lo afferma il Segretario Generale della UIL Penitenziari, Eugenio Sarno, che sottolinea: “Dalle 22.00 alle 23.00 in tutte le sezioni i detenuti hanno battuto stoviglie e pentolame alle grate e alle porte delle celle. I detenuti” - prosegue Sarno - “protestano contro il sovrappopolamento e contro le deficienze organizzative dell’istituto. Di certo la situazione di Marassi non può definirsi ottimale, nemmeno normale. Rispetto alla capienza regolamentare di 456 detenuti, sono ristretti circa 760 detenuti. In alcune celle sono stipate otto persone, quando al massimo potrebbero contenerne quattro”. L’illegale condizione di vita a cui sono costrette le persone detenute nel carcere Marassi di Genova, ci è confermata anche da un lettera inviata a Radiocarcere da alcuni detenuti e che pubblichiamo qui di seguito: Cara Radiocarcere, ti scriviamo per informarti che qui nel carcere Marassi di Genova viviamo in condizioni veramente disastrate. Considera che in una cella piccolissima ci dobbiamo vivere in ben 8 detenuti e qui dentro lo spazio è talmente poco che non sappiamo come muoverci, non a caso la mattina si forma una lunga fila davanti al nostro unico cessetto e spesso c’è chi rischia di farsela addosso. Qui non solo non ci sono educatori o psicologi, ma spesso capita che non ci fanno neanche telefonare a casa, come ci spetterebbe, perché si perdono la nostra domandina. Ed è così che non possiamo sentire al telefono i nostri familiari. Il tutto avviene chiaramente perché siamo in troppi e il carcere è nel caos. Come se non bastasse ci fanno fare meno tempo di ora d’aria, in quanto , per evitare le risse, ci dividono per paesi di origine, con il risultato che stiamo quasi per tutto il giorno chiusi in questa celletta sovraffollata. Grazie di cuore. Luca, Rosario, Alex e Michele dalla prima sezione del carcere Marassi di Genov Lettere: con l’arrivo del grande caldo aumentano inesorabilmente i problemi in carcere di Francesco Ceraudo (Direttore del centro regionale toscano per la salute in carcere) Ristretti Orizzonti, 16 giugno 2010 Il grande caldo. Con l’arrivo del grande caldo estivo arrivano ed aumentano inesorabilmente i problemi in carcere. Le carceri in Toscana si stanno gonfiando come fiumi in piena e siamo ormai a rischio di tracimazione. Si contano al 10 giugno 2010 4.357 detenuti. Troppi. In queste condizioni impossibili, la tutela della salute diventa un’impresa. Il sovraffollamento costituisce un serio ostacolo al realizzarsi concreto della Riforma. Alte temperature associate ad elevati valori di umidità costituiscono fattori favorenti la crescita delle muffe e degli acari. Il sovraffollamento poi favorisce il contagio, la diffusione delle malattie infettive,rendendo insufficienti i già precari servizi igienici. Celle allestite per 2, ospitano letti a castello fino a 4 - 5. Talora le direzioni sono costrette a mettere i materassi per terra. A Pisa (al momento sono presenti 402 detenuti, mentre i posti - letto disponibili sono 220) sono state requisite le aule scolastiche. Rimane libero ancora qualche corridoio. Il 50 - 60% dei detenuti (pari a 2.269) è costituito da extracomunitari (soprattutto Marocco, Tunisia e Algeria) congiuntamente ad una folta schiera di albanesi, romeni e polacchi. Una babele di lingue, di culture, di religioni. Gravi elementi di turbolenza caratterizzano l’atmosfera di una cella dove i detenuti stentano a muoversi in quanto sono stipati come polli nelle stie. Saltano così tutti gli schemi di trattamento. Saltano tutti gli schemi di controllo medico. L’organizzazione penitenziaria è in ginocchio. Siamo di fronte ad un carcere malato. Bisogna porre molta attenzione nella gestione delle carceri toscane alle soglie di un’estate che si presenta molto impegnativa. Alcuni Istituti sono al limite del collasso: Pisa; Livorno; Firenze Sollicciano; Prato; Lucca; Pistoia; Montelupo Fiorentino; 2 Istituti (Pontremoli, Empoli) sono addirittura chiusi e il Dap non decide la loro destinazione d’uso, come non si registra ancora alcun movimento in merito al passaggio degli internati toscani di Montelupo Fiorentino a Solliccianino, già previsto dal protocollo d’intesa. Altri istituti sono sottoutilizzati: Gorgona; Porto Azzurro; Massa Marittima; Volterra; Firenze Solliccianino. Di fronte a questi abissi di necessità cosa si può fare? Richiamerei per un momento le responsabilità soprattutto della Magistratura di Sorveglianza per il riconoscimento di pene alternative al carcere e per mandare a casa i detenuti malati. Sono veramente incomprensibili ed ingiustificabili le attuali posizioni di totale chiusura anche di fronte ad importanti relazioni di incompatibilità con il carcere. Si richiamano le responsabilità del Governo sulle conseguenze nefaste della legge sulla droga e sulla clandestinità. Si richiede con viva premura l’applicazione sostanziale delle direttive contemplate nella circolare 3620/6070 del 6.07.2009 a firma del capo del Dap Ionta, laddove si prospetta la necessità di individuare in prospettiva della stagione estiva spazi detentivi a gestione aperta,aumentare le ore d’aria e di socialità,lasciare i blindati aperti per favorire correnti d’aria. Si impone particolare attenzione perché venga assicurata la costante erogazione e fruizione dell’acqua potabile,provvedendo nei casi di eventuale carenza idrica per cause di forza maggiore, ai necessari approvvigionamenti integrativi. Bisogna agevolare la disponibilità di ghiaccio per i frigoriferi di sezione per rendere disponibile l’acqua fresca durante tutto l’arco della giornata. Bisogna compier ogni sforzo al fine di aumentare il tempo di permanenza dei detenuti nelle aree e nei luoghi destinati ad attività sportive e ricreative. È necessario installare condizionatori d’aria nelle sezioni per scongiurare l’eccessivo riscaldamento degli ambienti. Si dovrà attentamente predisporre che non vi sia una riduzione nella presenza complessiva degli Operatori Sanitari per le ferie con particolare riferimento allo Specialista Psichiatra, assicurando sempre adeguata sostituzione. È evidente che l’impatto con la struttura penitenziaria, il distacco dalla propria famiglia, dal proprio ambiente sociale, il distacco dalla propria quotidiana realtà, la mancanza di informazioni sulla posizione giuridica che ha causato la carcerazione e la conseguente incertezza sul proprio futuro possono causare sentimenti di abbandono e di disorientamento, al punto da rendere il soggetto particolarmente vulnerabile. Gli elementi di rischio auto lesivo aumentano poi nei casi di soggetti tossicodipendenti o alcol dipendenti oppure affetti da disturbi psichiatrici. Bisogna porre particolare attenzione. Tali condizioni di rischio devono essere valutate nel contesto del singolo soggetto. Acquisisce importanza l’accoglienza per i nuovi giunti dalla libertà con particolare riferimento allo staff multidisciplinare che deve intervenire con tempestività per una immediata presa in carico. Pur nella consapevolezza della gravità della attuale situazione degli istituti penitenziari caratterizzata da un sovraffollamento ingravescente, occorre profondere ogni sforzo affinché i principi ispiratori della Riforma della Medicina Penitenziaria trovino puntuale applicazione. Rieti: sprecopoli tra le sbarre del carcere, struttura modello utilizzata a un terzo delle sue capacità Il Messaggero, 16 giugno 2010 Materia per “Striscia la notizia”. Storia da inserire nel grande libro degli sprechi italiani. Esemplificazione classica di sperpero di denaro pubblico. Vicenda da manuale dell’improvvisazione e superficialità con le quali in Italia si gestiscono le “cose pubbliche”. E l’elenco potrebbe continuare. Quando si parla del carcere di Rieti, il dizionario degli esempi in negativo non finisce mai. “Parliamo di un carcere all’avanguardia per oltre 300 detenuti, che potrebbe contribuire ad alleviare il problema del sovraffollamento nel Lazio, ma che è utilizzato a meno di un terzo delle sue capacità con 78 posti attivati e già sovraffollati da oltre 100 detenuti”, spiega il Garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, che ha denunciato la situazione al provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria Angelo Zaccagnino. “La casa circondariale di Rieti sorta a Vazia, che si estende su un’area di 60mila metri quadrati - spiega ancora Marroni - ha tutte le carte in regola per essere un modello di istituto all’avanguardia visti gli spazi interni ed esterni destinati non solo ad accogliere 300 detenuti e detenute sia comuni che di alta sicurezza, ma anche idonei per attività di formazione scolastica, professionale e trattamentale”. Questo, però, avviene solo sulla carta. Perché la realtà parla invece di ben altro. “Dell’intera struttura - aggiunge Marroni - oggi è in funzione uno solo dei due padiglioni detentivi, la cui capienza è di circa 70 posti, che ospita oltre 100 detenuti in due sezioni di due piani. I reclusi sono stipati in celle singole o doppie che contengono quattro persone ognuna, comprese sei celle di isolamento. In queste condizioni, le attività previste si svolgono nelle tre aule scelte per la didattica e in una stanza, in origine adibita ai colloqui con gli operatori, che attualmente funge anche da biblioteca visto che lo spazio per la biblioteca centrale è previsto, come altri spazi ricreativi, nel padiglione G, purtroppo inutilizzato. Nel padiglione ancora chiuso ci sono tre reparti, ognuno dei quali ospita tre sezioni suddivise in tre piani. Il campo da calcio - aggiunge il Garante - viene usato sporadicamente. Il teatro è chiuso perché non in regola con le normative sulla sicurezza, e la palestra è sprovvista di attrezzature”. Insomma, un mezzo disastro. “Dal punto di vista sanitario poi, gli spazi degli ambulatori e la degenza non sono mai stati aperti per carenze di organico e di strumentazioni mediche. Questo - prosegue Marroni - causa continui trasferimenti verso l’ospedale di Rieti, causando destabilizzazioni tra il personale di polizia penitenziaria specializzato e quello addetto al normale controllo. La situazione del carcere di Rieti è l’emblema di come funzionano le cose nel campo della detenzione in Italia. Se solo funzionasse a pieno regime, le cose nel Lazio andrebbero meglio dal punto di vista del sovraffollamento e della qualità della vita in carcere. Invece, la carenza di agenti di polizia penitenziaria e di fondi fa si che una struttura modello debba funzionare a un terzo delle sue potenzialità”. A pieno regime può ospitare 257 detenuti Partito male da subito. A novembre, quando è entrato in funzione, si disse che al massimo all’inizio del 2010 avrebbe raggiunto il tutto esaurito, che poi sarebbero i 257 posti previsti dalla capienza ufficiale. Siamo invece arrivati a metà del 2010 e il carcere è ancora utilizzato solo per un terzo della sua capienza. Si diceva, in particolare, che a Vazia sarebbero arrivati almeno trenta reclusi provenienti da Sollicciano, carcere toscano che ospita spesso personaggi arrestati per reati di terrorismo e mafia. Soggetti ad alta pericolosità che nel nuovo carcere sarebbero stati sistemati in un’apposita sezione. Non è un mistero che il nuovo penitenziario realizzato in un’area dove per anni hanno prolificato cave per l’estrazione di inerti, era visto come una valvola di sfogo per altri carceri dove il sovraffollamento sta ingenerando da tempo proteste e rivolte (per ora pacifiche) da parte della popolazione carceraria. È triplicato invece il numero degli agenti di custodia rispetto all’organico in servizio a Santa Scolastica. E tra essi ci sono anche diversi reatini che prima erano impiegati altrove. Da sottolineare che quella del carcere è la seconda grande opera pubblica (dopo l’ospedale De Lellis) completamente finanziata dallo Stato a Rieti. Sulmona; stop a ulteriori arrivi di detenuti e progressivo sfollamento delle sezioni comuni Il Messaggero, 16 giugno 2010 Stop ad ulteriori invii di detenuti e progressivo sfollamento delle sezioni comuni, ma soprattutto via libera da parte della Asl all’istituzione di un servizio aziendale di medicina penitenziaria. Qualcosa comincia a muoversi fuori dal carcere di via Lamaccio a cui l’amministrazione ha garantito, con una circolare, prossimi interventi relativamente alla chiusura della casa lavoro e alla ricollocazione degli internati in altre strutture, nonché il potenziamento dell’organico di polizia penitenziaria. Moderatamente soddisfatta la Uil, che ha riavviato le trattative sindacali interrotte qualche mese fa e che aspetta ora “fatti che al momento, a dir la verità, non ancora si vedono. Va da sé - scrive Mauro Nardella, vice segretario regionale del sindacato - che la circolare emanata dal competente ufficio ci rende cautamente ottimisti. Il potenziamento dei ruoli dei sovrintendenti e degli agenti/assistenti uniti alla chiusura della casa di lavoro potrebbero finalmente allontanare lo spettro del collasso che una struttura come quella sulmonese ha più volte sfiorato e che grazie solo al notevole senso di abnegazione e al forte spirito di sacrificio del personale di stanza presso l’istituto peligno si è evitato. La direzione ha trovato il coraggio - aggiunge Nardella - di affrontare con criterio vecchie questioni quali il pagamento degli arretrati degli straordinari e soprattutto delle missioni”. Chieti: progetto “Marina Mia”; i detenuti contribuiscono alla cura e alla salvaguardia della costa Il Centro, 16 giugno 2010 Contribuire alla cura e alla salvaguardia della costa e offrire a un gruppo di detenuti un’importante occasione di riparazione e riscatto sociale. È duplice la finalità del progetto “Marina Mia” attività di pulizia della costa nel tratto compreso fra Punta Aderci e la foce del Sinello. L’iniziativa presentata ieri sera nei saloni di Palazzo D’Avalos dall’assessore ai servizi sociali, Marco Marra , e dalla direzione della Casa circondariale di Torre Sinello è alla quarta edizione. Domenica 11 detenuti, insieme ai volontari che fanno capo all’associazione Giovanni XXIII e alla Caritas diocesana, hanno trascorso l’intera giornata (dalle 7 alle 17) fra le dune del litorale di Vasto marina. Alle 18 il Provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria, Salvatore Acerra, insieme al magistrato di sorveglianza, Maria Rosaria Parruti, ha fatto un consuntivo dell’attività svolta. Con loro, il direttore del carcere, Carlo Brunetti, il parroco della chiesa di Santa Maria Maggiore, don Andrea Sciascia e il presidente del Wwf Abruzzo, Camilla Crisante . L’iniziativa mette tutti d’accordo. “Il progetto dà il contenuto ad una formula che può apparire vuota, ma che in realtà si concretizza in una importante iniziativa di rieducazione”, ha sottolineato il direttore Brunetta. Dal lunedì al sabato undici detenuti puliranno la riserva di Punta Aderci e il litorale sotto la visione tecnica dei referenti della cooperativa Cogecstre a cui è affidata la gestione della Riserva. Oltre alla pulizia i detenuti avranno cura delle vegetazione. “È una forma di giustizia riparativa che passa attraverso un percorso di umanizzazione della pena”, ha spiegato il magistrata di sorveglianza Mariarosa Parruti. Reggio Calabria: sit - in di protesta promosso dai Sindacati della Polizia Penitenziaria Il Velino, 16 giugno 2010 Di seguito comunicato Sappe, Osapp, Lisiapp, Cisl Fns, Fp Cgil, Ugl. “Queste OO.SS. riunitesi in assemblea con il Personale del Comparto Sicurezza, in considerazione degli interventi espressi durante i lavori di assemblea da parte degli intervenuti, rilevano in primo luogo, una grave criticità strutturale del penitenziario reggino, la cui costruzione risale agli inizi del 1900. Rilevano, altresì, ingiustizie, difficoltà operative, gestionali e organizzative perpetrate ai danni del personale così come nello specifico indicato. Nell’Istituto Penitenziario di Reggio Calabria la già nota situazione di sovraffollamento del passato, in quest’ultimo periodo si è accentuata in maniera smisurata registrando la presenza di oltre 350 detenuti a fronte dei 160 previsti dalla capienza regolamentare, con consequenziale sovraffollamento ed invivibilità delle singole stanze detentive che arrivano ad ospitare in pochi metri quadrati anche 10 detenuti. Durante gli interventi che si sono avvicendati è emerso che la problematica de quo è stata resa partecipe agli Organi Centrali e Regionali dell’Amministrazione Penitenziaria con varie richieste d’intervento che ad oggi non hanno avuto l’esito auspicato. Tale situazione impedisce, tra l’altro, l’applicazione di tutte le iniziative finalizzate al principio dettato dal Legislatore con l’articolo 1 dell’Ordinamento Penitenziario che prevede il “trattamento e la rieducazione del condannato”. In attesa di ciò queste OO.SS. dichiarano lo stato di agitazione, pronti a manifestare davanti la Prefettura di Reggio Calabria per la giornata del 23 giugno p.v.” Trento: gli agenti protestano per l’apertura “forzata” del nuovo carcere; siamo 82 invece di 200 Il Trentino, 16 giugno 2010 Un sit in di protesta venerdì, dalle 9 alle 11 davanti al palazzo della Provincia e dalle 11 alle 12 davanti alla sede dell’ormai vecchio carcere. L’hanno organizzata i sindacati della polizia penitenziaria, preoccupati per il futuro trasloco nella sede di Spini. Il motivo di timore maggiore è rappresentato dalla mancanza di personale. I sindacati senza mezzi termini parlano di “apertura forzata della nuova casa circondariale” vista la penuria di agenti. Sono 82 quelli, oggi, effettivamente in servizio e per garantire la sicurezza a Spini ne servirebbero altri 200. Da Roma, invece, hanno annunciato l’arrivo solo di 25 unità. Ma quello del personale non è l’unico problema. I sindacati hanno altri due punti che considerano “caldi”. Da una parte c’è la vecchia questione degli impianti di aspirazione. Nonostante le richieste, spiegano le rappresentanze, nulla si è mosso. Questo significa che, stando così le cose, gli agenti dovrebbero lavorare respirando il fumo delle sigarette dei detenuti che, all’interno delle celle, possono fumare. Ma non solo. A preoccupare c’è anche la vicinanza con i cavi dell’alta tensione rispetto al nuovo carcere. “Dalle visite - spiega Andrea Mazzarese, segretario locale del Sinappe - abbiamo saputo che i cavi dell’alta tensione seguono il muro di cinta a sud e sono molto vicini. Il personale che sarà in servizio su quel muro teme per la propria salute ed è per questo che chiediamo che la situazione sia sanata”. Per far sentire le loro ragioni e sperando di avere delle risposte, hanno così organizzato il sit in di protesta che, come detto, sarà diviso in due fasi. Napoli: evaso dall’ospedale psichiatrico giudiziario, arrestato vicino casa Agi, 16 giugno 2010 Evaso dall’ospedale psichiatrico, catturato vicino casa. È accaduto nel napoletano, dove i carabinieri a Sant’Antimo, in via Solimene, hanno individuato e arrestato Massimo Raia, 32 anni, già noto alle forze dell’ordine, residente in quella strada. L’uomo era detenuto nel reparto psichiatria di Aversa dopo un episodio autolesionistico, ed è ritenuto l’autore dell’omicidio di Vittorio Ronga, un affiliato 56enne al clan camorristico dei Puca ucciso il 10 agosto dello scorso anno. Raia era riuscito a eludere la vigilanza del personale della polizia penitenziaria evadendo dalla finestra del bagno. Durante la fuga, aveva rapinato una Ford Fiesta a una donna, una 26enne di Marano, e si era dileguato in direzione del capoluogo campano. Nelle concitate fasi dell’arresto, Raia ha opposto resistenza sferrando calci, pugni e testate contro i militari dell’Arma, tanto che un maresciallo e un appuntato hanno riportato contusioni guaribili in 5 e 7 giorni. La vettura rapinata è stata trovata parcheggiata nelle vicinanze. Porto Azzurro (Li): il teatro come nostra unica legale forma di evasione Il Tirreno, 16 giugno 2010 “Teatro come forma di evasione” anzi “come unica forma legale di evasione”, è quel che, attraverso le parole di uno dei detenuti di Porto Azzurro, rappresenta il teatro per chi lo pratica all’interno del carcere: un’attività che grazie al lavoro di alcuni volontari hanno modo di fare e conoscere, in una quotidianità che per la maggior parte del tempo è tutta uguale. Per il Progetto Teatro e Carcere, portato avanti ormai da anni dalla Fondazione Goldoni in collaborazione con Arci, lo spettacolo “The Whale”, azione corale da “Moby Dick” di Herman Melville, è stato rappresentato nel carcere di Porto Azzurro. All’interno di una piccola stanza lunga e stretta, dotata di un palcoscenico, una tastiera ed una chitarra è accaduto però molto di più: non c’è stato solo uno spettacolo ma uno scambio di forti emozioni che ha messo tutti i presenti su uno stesso piano. Dopo la rappresentazione degli allievi del Laboratorio “Essere o non essere adulti” (1º livello) della Fondazione si sono esibiti una decina di detenuti che in questi mesi hanno lavorato sull’Ariosto e lo hanno recitato, cantato, “rappato” in un clima di condivisione totale, dove tutti si sono messi in gioco. Interesse, coinvolgimento, sorrisi e commozione: questa volta sono stati gli ospiti che sono andati via arricchiti di un’esperienza toccante e molto emozionate che verrà ancora ripetuta. Genova: Festival internazionale poesia; nove detenuti premiati nel concorso “Poeti dentro” Ansa, 16 giugno 2010 Nove detenuti, quattro donne e cinque uomini di varie nazionalità, reclusi in quattro case circondariali liguri sono stati premiati oggi pomeriggio durante la sedicesima edizione del Festival internazionale di poesia, a Genova sino al 21 giugno. L’iniziativa si chiama “Poeti dentro” e ha permesso ai nove premiati di lasciare il carcere almeno per qualche ora. “Per la prima volta la poesia libera davvero le persone - ha spiegato il direttore artistico del Festival, Claudio Pozzani - è un’iniziativa a cui crediamo molto e che portiamo avanti per il terzo anno consecutivo in collaborazione col provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziale e le case circondariali di Marassi, Pontedecimo, Chiavari e Savona, la biblioteca Berio e la onlus Teatro necessario. Purtroppo quest’anno non siamo riusciti a portare poeti e scrittori dentro il carcere per incontrare i detenuti come abbiamo fatto in passato”. Il concorso che raccoglie poesie e brevi racconti quest’anno ha passato al vaglio oltre cento opere provenienti da quasi altrettanti scrittori anche se alcuni reclusi ne hanno inviato più d’una. Pozzani racconta che gli scritti forniscono uno spaccato molto interessante della vita quotidiana dentro le carceri e delle esperienze vissute da persone immigrate, visto che molti sono marocchini e latinoamericani. Livorno: la “Caciuk Orchestra multietnica” porta il ritmo dietro le sbarre del carcere Il Tirreno, 16 giugno 2010 L’atmosfera è quella di una tradizionale festa di inizio estate: musica, balli e allegria. Il luogo, però, è poco convenzionale. Le porte del carcere Le Sughere si sono aperte a musicisti e ballerine, che hanno allietato la giornata di alcuni detenuti. La Caciuk Orchestra multietnica, un progetto di Arci Livorno, ha portato il suo ritmo trascinante proprio tra le celle della sezione maschile e femminile. Un’esibizione movimentata e calorosa quella dei 16 componenti della band, che è stata particolarmente apprezzata dagli ospiti della casa circondariale. Molti si sono abbandonati alla danza tra le maglie gialle e verdi dei musicisti, e persino i più timidi non hanno potuto evitare di battere il tempo con il piede. Uno spettacolo trascinante, al punto che i più vivaci fra i detenuti hanno coinvolto uno dei percussionisti dell’orchestra nel loro ballo. Dopo l’introduzione musicale c’è stato lo spettacolo di danza del ventre di un gruppo di quattro ballerine, che hanno offerto a detenuti e personale carcerario un assaggio di danza orientale. La tipologia di spettacoli di carattere etnico è stata scelta anche sulla base dell’etnia degli ospiti delle Sughere, di cui circa la metà è di nazionalità straniera. Un momento di divertimento, cultura e socialità, quindi, in un luogo non convenzionale. Uno di quei posti che normalmente si tengono fuori dal pensiero, come se non esistessero, con l’idea che gli ospiti di quella struttura malmessa in periferia meritano di stare lì. Senza considerare che, al di là degli errori personali che stanno scontando, sono anch’essi persone. Ventenni con jeans stretti e t-shirt all’ultima moda, che si lasciano andare al ritmo dei bonghi che evocano ricordi della propria patria lontana, o ragazzi un po’ più adulti che si abbandonano abbracciati alla melodia di un sax e sorridono agli obiettivi dei fotografi venuti da “fuori”. Per un pomeriggio, fuori dalle celle sovraffollate, tutti sono stati uguali: detenuti, poliziotti in divisa, musicisti, giornalisti, ballerine. Tutti a festeggiare l’inizio dell’estate e a riflettere che, quelle dietro le sbarre, sono comunque persone. Cinema: “Les mains libres”: quando l’amore nasce in prigione Coming Soon, 16 giugno 2010 La critica francese ha accolto con entusiasmo “Les mains libres”, il debutto alla regia di Brigitte Sy, che esce oggi nelle sale in 15 copie distribuito dalla Chrysalis Films. Grazie anche alle brillanti interpretazioni di Ronit Elkabetz, Carlo Brandt e Noemie Lvovsky, questa produzione a basso budget (1,64 milioni di euro), sull’amore trasgressivo tra una regista e un detenuto, è stata apprezzata per la sua raffinatezza, forza ed intensità. Scritta dalla regista e da Gaëlle Macé, la sceneggiatura racconta di Barbara, alle prese con un film scritto e interpretato dai detenuti di una prigione nella periferia parigina. Ma la regista si innamora di Michel e questo la porta ad aggirare la legge. “Il tema della prigione è stato trattato spesso al cinema, è interessante dal punto di vista cinematografico perché è un mondo chiuso, un condensato di umanità in qualche modo. Ma il nostro immaginario è influenzato anche dai film spettacolari all’americana” spiega Brigitte Sy. “Il mio scopo era ridare una certa dignità alla qualità delle relazioni tra le persone all’interno di un ambiente ostile”. La scommessa è stata vinta con questo ritratto femminile commovente e con una descrizione rigorosa del mondo carcerario, in particolare di come avviene la comunicazione tra le celle (lettere, messaggi registrati, segreti scambiati a voce bassa). Prodotto da Mezzanine Films, “Les mains libres” è stato pre-acquistato da Canal+ e Ciné Cinéma, e ha beneficiato del sostegno di Emergence e della regione Ile-de-France. Sporto: tavernello e noccioline, i mondiali di calcio visti dietro le sbarre di un carcere Adnkronos, 16 giugno 2010 I Mondiali, passione anche dietro le sbarre di un carcere. Nessuno riesce ad abbandonare la propria squadra del cuore, soprattutto quando a giocare è la Nazionale ed esce fuori tutto l’orgoglio di essere italiani. Indipendentemente dall’età, dalla condizione sociale o dal proprio status, anche se non si è delle persone “libere”. Il caso emblematico è quello di F.R., 33 anni, ai domiciliari per reati contro la persona e il patrimonio. Neanche lui, che doveva restare a casa, è riuscito a resistere al brivido di tifare la sua Italia insieme ad altri fan. E allora, la sera del 14 giugno scorso, quando gli azzurri hanno disputato la prima partita con il Paraguay, l’uomo è corso al bar a esultare per le gesta di De Rossi e Montolivo, ma i carabinieri non gli hanno permesso di vedere come sarebbe andato a finire l’esordio dell’Italia ai Mondiali. I militari, nella consueta opera di perlustrazione del territorio, lo hanno trovato comodamente seduto nel locale pubblico, tutto assorto nell’incontro calcistico. Per lui è scattato l’arresto in flagranza per evasione, essendosi allontanato dal proprio domicilio senza alcuna autorizzazione. Ma bisogna pur rischiare per una passione, avrà pensato l’evaso. Così, anche chi deve scontare la pena in carcere, non si perde una partita. Almeno quelle della tv in chiaro. Del resto i Mondiali sono un modo per sentirsi uniti, anche in cella, per “evadere” dalla quotidianità. Il calcio fa dimenticare per un attimo la propria situazione: per molti detenuti, è un tuffo nel passato, quando quattro anni fa, da uomini liberi, erano scesi in piazza tra trombette e cori a festeggiare l’Italia campione del mondo. Ma ora il destino è cambiato, e i Mondiali si guardano in cella. Da un capo all’altro dell’Italia, come spiega all’adnkronos il segretario del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria Sappe, “i vari istituti si organizzano in modo diverso, ma le regole sono abbastanza ferree: la partita si vede in cella (ognuna ha una tv) - dice - o al massimo nei corridoi delle sezioni, tutti in piedi, con alcuni televisori comprati per l’occasione”. Anche dietro le sbarre, i cori sono assicurati, fa notare Capece, “perché ormai le celle sono occupate dai tre ai 10 detenuti, e il gruppo è abbastanza folto. Si tifa, si sta in ansia, si commentano i vari passaggi”. Sembra quasi di stare a casa, nel salotto, tra amici. Peccato che la birra e altri vizi siano vietati. Al massimo, ad allietare la situazione, “c’è il tavernello - spiegano dall’Ufficio del Garante dei detenuti - quello in brick, che è lecito perché la confezione non essendo in vetro non può essere pericolosa. Certo c’è un limite, se ne può comprare uno al giorno. E poi le noccioline, le patatine, quelle tra gli alimenti del sopravvitto ci sono”. Non sempre però il tifo è concorde. “Come sappiamo - aggiunge ancora il sindacalista del Sappe - negli istituti di pena ormai ci sono molti stranieri”. E allora, ognuno tifa per la sua nazionale, con i propri riti scaramantici, cantando il suo inno, e con le esortazioni e parolacce del caso nella propria lingua. Finché le celle sono aperte, si può passeggiare o andare a vedere una partita nelle “stanze” altrui. Si assiste così a un mondo variegato di colori e canzoni, da una cella all’altra, che raccontano diverse culture unite da un’unica passione a forma di pallone. Il segretario del Sappe racconta che negli istituti romani i Mondiali si vedono solo in cella, come anche negli istituti campani; a Poggioreale dove gli inquilini di ogni cella sono numerosi, sfiorando quasi la decina, il tifo da stadio è assicurato. In Piemonte invece, specialmente a Torino, sono stati acquistati dei televisori un po’ più grandi del normale e sono stati sistemati nei corridoi delle sezioni: “Mi hanno detto che volevano comprare un maxi-schermo - spiega - ma che costava troppo. E i soldi, come sappiamo non ci sono”. E allora si sta tutti in piedi, in corridoio, trepidanti per le sorti della Nazionale, pronti per urlare al goal. La partita del resto, unisce e porta un po’ d’allegria. Non è stato così per il 35enne ex detenuto al regime di 41bis, il cosiddetto carcere duro, che si è suicidato nell’istituto di massima sicurezza di Bicocca a Catania, dopo avere visto la partita d’esordio dell’Italia. L’uomo, ritenuto affiliato al clan Montagno Bozzone di Adrano, dopo aver visto i Mondiali, è tornato in cella e si è tolto la vita soffocandosi con un busta di plastica in cui ha chiuso la testa dopo averla riempita di gas estratto dalla bomboletta che alimentava il suo fornellino da cucina. Per essere certo di non essere visto dal sistema televisivo che lo riprendeva 24 ore su 24 si è messo sotto le coperte fingendo di dormire. Dopo la partita, dal sogno si può passare alla dura realtà. Droghe: marijuana verso la liberalizzazione, così gli Usa combattono la crisi economica Redattore Sociale, 16 giugno 2010 L’operazione potrebbe fare entrare nelle casse federali 25 miliardi di dollari e un sondaggio rivela che il 44% degli statunitensi è favorevole. “In questo nuovo scenario colpisce l’assenza dell’Europa, ferma alla ripetizione di cliché”. In molti stati Usa la liberalizzazione della marijuana sembra ormai prossima. È questo il tema cui è dedicata la prima puntata dell’inchiesta del quotidiano West, diretto da Guido Bolaffi e dedicato al welfare. L’inchiesta parte dal via libera annunciato dall’amministrazione Obama alla somministrazione della marijuana ai malati di cancro e a quelli terminali: “Un vento antiproibizionista che sembra andare al di là dei confini della sanità. In tempi di crisi economica, infatti, prendono sempre più piede ragioni di tipo finanziario”, scrive da Bruxelles Corrado Alfano sulle pagine di West. “1,4 miliardi di dollari l’anno sono i proventi che potrebbero derivare dalla sua tassazione per il solo stato della California e 25 miliardi di dollari l’introito annuo stimato per le casse federali” - rileva Alfano nella sua inchiesta. “In un sondaggio, realizzato da Gallup, il 44% degli statunitensi è favorevole alla legalizzazione della cannabis, contro il 23% del 1983” - prosegue Alfano. “In questo nuovo scenario colpisce l’assenza pressoché assoluta dell’Europa. Considerata da sempre come assai più permissiva degli Usa per quanto riguarda la legalizzazione di questo prodotto, è oggi ferma alla ripetizione pura e semplice di vecchi cliché di lotta contro i mercanti e il traffico illegale” - conclude Alfano nella prima puntata della sua inchiesta su West. “Eppure qualcosa sembra cominciare a muoversi. Visto l’impatto che ha avuto il rapporto Reuter Trautman, sul fallimento della politica antidroga dell’Ue, sui rappresentati politici degli stati membri”, pubblicato da West. “La California di Schwarzenegger, ad esempio, sta pensando alla legalizzazione della canapa con un occhio ai proventi (1,4 miliardi di dollari all’anno) che potrebbero derivare dalla sua tassazione e che rappresenterebbero ossigeno puro per il suo malandatissimo deficit. L’economista Jeffrey A. Miron ha stimato in più di 25 miliardi di dollari l’introito annuo per le casse federali derivante dalla tassazione della cannabis. A cui andrebbero aggiunti i minor costi che la sua depenalizzazione comporterebbe per la spesa pubblica grazie al minore affollamento delle carceri. Inoltre, al contrario del 1972, quando la California disse no alla liberalizzazione, oggi essa ha dalla sua un nuovo e assai potente alleato: l’opinione pubblica. Secondo un recente sondaggio, citato da Nicolas Boursier su Le Monde, il 56% circa dei californiani si dice infatti d’accordo con questa misura e annuncia il suo sì al referendum indetto per novembre prossimo. In un altro sondaggio, realizzato dalla Gallup a livello federale, il 44% degli statunitensi è favorevole alla legalizzazione della cannabis, contro il 23% del 1983. Nello New Hampshire, una proposta di legge simile a quella californiana, nonostante abbia ottenuto una larga maggioranza di sì nei due rami del parlamento statale (76% alla Camera e 58% al Senato), non ha superato lo sbarramento dei 2/3 dei parlamentari favorevoli, indispensabile per bypassare il veto posto del governatore”. “Questo procedere disordinato, in realtà, è figlio del fallimento della famosa ‘War on Drugs’, lanciata a suo tempo dalla presidenza di Nixon. Una guerra costata miliardi di dollari ma che non ha minimamente scalfito il traffico internazionale della droga e che negli ultimi anni sembra essere silenziosamente finita nel dimenticatoio. In questo nuovo scenario colpisce l’assenza pressoché assoluta dell’Europa. Considerata da sempre come assai più permissiva degli Usa per quanto riguarda la legalizzazione di questo prodotto (in Olanda, Spagna, Belgio, Germania, Danimarca, Inghilterra, solo per citare alcuni paesi, la marijuana è legalizzata, depenalizzata o de facto tollerata), il Vecchio Continente è oggi fermo alla pura e semplice ripetizione di vecchi cliché di lotta contro i mercanti e il traffico illegale. Quasi a voler chiudere gli occhi di fronte a un fenomeno che coinvolge centinaia di migliaia di consumatori. Eppure qualcosa sembra cominciare a muoversi. Visto l’impatto che il rapporto Reuter Trautman sul fallimento della politica antidroga dell’Ue ha avuto sui rappresentanti politici degli Stati membri”. Stati Uniti: giustiziato in Texas “detenuto modello”, dopo 32 anni trascorsi nel braccio morte Apcom, 16 giugno 2010 David Powell, 59 anni, è stato giustiziato oggi dopo aver trascorso gli ultimi 32 anni della sua vita nel braccio della morte di una prigione del Texas. Il “prigioniero modello” non ha pronunciato neppure una parola prima di essere sottoposto all’iniezione letale. La Corte suprema gli ha negato anche l’ultima richiesta di clemenza. Considerato un “prigioniero modello e un essere umano eccezionale”, Powell era stato arrestato nel 1978, quando aveva 27 anni ed era un tossicodipendente, per l’omicidio di un poliziotto bianco, Ralph Ablanedo. Un documento diffuso da Amnesty International, che si è battuta per ottenere la commutazione della condanna a morte in ergastolo, cita numerose testimonianze di guardie carcerarie, di altri detenuti, di uno psicoterapeuta: tutti concordano sul fatto che Powell si sia trasformato nel pilastro del braccio della morte del carcere texano. “L’uomo che sarà giustiziato stanotte per l’omicidio di Ralph Ablanedo non è lo stesso che ha compiuto quell’assassinio”, ha scritto un poliziotto all’avvocato di David Powell. L’associazione dei poliziotti di Austin, alla quale apparteneva la vittima, ha organizzato un pullman per andare ad assistere all’esecuzione di Powell nella prigione di Huntsville. David Powell è il 28esimo prigioniero ad essere ucciso nelle carceri americane dall’inizio dell’anno, il 460esimo in Texas negli ultimi 30 anni.