Giustizia: Osapp; superati 69mila detenuti per 45mila posti effettivi nelle carceri Il Velino, 1 dicembre 2010 “Superata la fatidica soglia dei 69mila detenuti presenti nelle carceri italiane!”. È quanto si apprende da un documento odierno a firma di Leo Beneduci segretario generale dell’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria). “A fronte di una capienza massima tollerabile di 68.080 detenuti e di 44.874 posti effettivi - prosegue l’Osapp - alle 17 di ieri le presenze erano pari a 69.001 ristretti, ovvero di 921 unità eccedenti qualsiasi limite consentito, con punte del +20 per cento (+ 797 presenze) in Puglia, del + 11,2 per cento in Veneto (+334), del +10,8 per cento in Liguria (+114), del 10,4 per cento in Emilia Romagna (+414) e dell’8 per cento in Lombardia (+694). Altrettanto frequenti nelle carceri italiane, oltre ai suicidi (62 casi dall’inizio dell’anno) le aggressioni nei confronti della polizia penitenziaria - indica ancora il leader dell’Osapp - come ieri nell’Ospedale Psichiatrico di Aversa, dove prestano servizio non oltre 91 poliziotti penitenziari per 323 internati e in cui, per la nona volta quest’anno, un detenuto ha improvvisamente aggredito con calci e pugni tre agenti che hanno riportato lesioni guaribili in 7 giorni. È proprio la condizione del personale negli Opg a destare in questo momento maggiore preoccupazione visto che, come accade ad Aversa, mancano i protocolli di intesa con le Sanità regionali e sono i poliziotti penitenziari a dover sopperire, anche dal punto di vista terapeutico, alle gravi assenze di personale sanitario e paramedico. Peraltro, non conosciamo quanti detenuti usciranno per scontare presso il proprio domicilio la pena residua inferiore ai 12 mesi, come da disegno di legge approvato definitivamente dal Senato lo scorso 17 novembre e ancora non pubblicato - conclude Beneduci - ma, nuove infrastrutture e maggiori assunzioni a parte, quali che siano le sorti della Legislatura, l’attuale fase di precarietà e di emergenza andrà definitivamente superata attraverso le irrinunciabili riforme dell’amministrazione penitenziaria e della polizia penitenziaria”. Giustizia: i direttori penitenziari scrivono a Napolitano; lotteremo per il contratto Il Velino, 1 dicembre 2010 “Senza contratto da cinque anni, senza alcuna forma di regola statuita dall’apposito Dpr, così come prevedono la Legge 154/2005 (la cosiddetta Meduri) ed il D.lgs. n. 63/2006, i direttori degli istituti penitenziari per adulti, quelli in servizio presso il dipartimento della Giustizia minorile, quelli che dirigono gli uffici dell’esecuzione penale esterna, quelli che operano nelle scuole di formazione, presso i provveditorati regionali e negli uffici centrali del dipartimento dell’ammistrazione penitenziaria, sono pronti a protestare duramente con tutti i mezzi consentiti, al fine di far ascoltare la propria voce e conseguire i propri diritti”. Così i componenti del consiglio direttivo e la presidenza del Si.Di.Pe, il sindacato dei direttori e dei dirigenti penitenziari, in una lettera al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano e, per conoscenza, ai presidenti delle Camere. “Esortando il presidente della Repubblica affinché il governo rispetti i patti - prosegue la lettera -, ove tanto non accadesse, saranno purtroppo costretti a manifestare la propria indignazione con azioni le cui conseguenze aggraveranno il clima già pesantissimo che si percepisce nelle carceri. Proprio per evitare tutto ciò, si sono rivolti, quale extrema ratio, al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, auspicando che prenda a cuore la sorte di questi servitori dello Stato, costretti a protestare per difendere la propria dignità professionale, di lavoratori . Seppure è sotto gli occhi di tutti quanto sia difficile la funzione istituzionale dei direttori penitenziari, essa rimane indispensabile in uno Stato di diritto, ove per davvero si voglia che la giustizia pronunciata nelle aule giudiziarie si traduca in quanto la Costituzione Italiana prevede: i direttori vedono mortificati i loro diritti e con essi quelli degli altri operatori penitenziari e la dignità di un sistema penitenziario che la Costituzione vorrebbe molto diverso da quello che è diventato”. “Non c’è altra categoria di dirigenti dello Stato che abbia dovuto sopportare uguale ingiusto trattamento - spiega la lettera -. Non soltanto i dirigenti penitenziari sono, oramai, abbandonati da cinque anni nelle carceri, senza che vi sia stato uno straccio di concorso per nuove assunzioni che coprano i vistosi vuoti d’organico, ma vengono lasciati soli, senza uomini e mezzi, ad affrontare l’emergenza oltre che privati del giusto trattamento giuridico-economico previsto dalla legge di riforma del 2005. Sembra impossibile, in tutto il mondo civile l’attenzione dedicata ai direttori delle carceri è proporzionale alla delicatezza ed all’importanza della loro funzione a garanzia della sicurezza dei cittadini e del recupero dei detenuti: solo in Italia, con un governo che si dichiara “del fare” ma che si sta rivelando più degli spot, accade ciò a cui si sta assistendo. Se non perverranno risposte entro l’anno, il prossimo sarà inevitabilmente segnato da un conflitto senza precedenti, e non per colpa dei dirigenti penitenziari di diritto pubblico, che rischierà di aggravare lo stato già penoso delle carceri. Forte è il dubbio che si tenti di zittire e di mortificare una professione che è anche testimonianza di una aspirazione alla legalità, che tutela i diritti umani e che crede nella persona, ma forse queste cose non sono nella legenda di quanti preferiscano difendere i propri privilegi piuttosto che tutelare i diritti costituzionali altrui”. Giustizia: Sappe; a Salone Rimini persa occasione per valorizzare Polizia penitenziaria Adnkronos, 1 dicembre 2010 “È una scelta riduttiva e contestabile ridurre la presenza dell’Istituzione carcere al Salone della Giustizia di Rimini con l’allestimento di una piazza di mercato dove i visitatori potranno acquistare prodotti enogastronomici (formaggi, vini, olio miele, cioccolata, dolci, caffè) pelletteria (borse e accessori), abbigliamento, articoli di cartotecnica, cosmetici prodotti dai detenuti”. Lo afferma Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, in relazione allo spazio allestito dal Dap al Salone della Giustizia di Rimini. Per Capece è “davvero singolare che mentre ci si appresta a celebrare i 20 anni di fondazione del Corpo di Polizia Penitenziaria e le carceri italiane ospitano quasi 70mila detenuti, con il nostro Personale quotidianamente in prima linea impegnato a fronteggiare aggressioni e tensioni continue, l’interesse dell’Amministrazione sembra essere quello di parlare di un aspetto del sistema, il lavoro in carcere, che coinvolge una percentuale residuale di detenuti, circa il 20% dei presenti”. “Meglio sarebbe stato - osserva Capece - destinare i soldi spesi per allestire stand e presenza di dirigenti vari del Dap a Rimini al pagamento delle competenze che ancora devono essere liquidate ai poliziotti penitenziari per migliaia di servizi di missione in tutta Italia”. Per Capece dovrebbe essere “nell’interesse stesso della Società conoscere le attività, i compiti e i sacrifici della quarta Forza di Polizia dello Stato quale è la Polizia Penitenziaria. “Valorizzare e riconoscere alla Polizia Penitenziaria il ruolo di primo avamposto dello Stato negli oltre 200 Istituti penitenziari italiani per adulti e minori dovrebbe anche essere uno degli impegni sempre in evidenza di parlamentari, associazioni e opinionisti vari che spesso sanno invece solo alzare polveroni mediatici al solo fine di cavalcare e generare onde di proteste mediatiche, senza poi riuscire a risolvere nemmeno uno dei problemi reali di cui soffre l’istituzione penitenziaria e di cui invece ne fanno le spese migliaia di poliziotti e migliaia di persone detenute”, conclude Capece. Giustizia: Unione Camere Penali Italiane; bene l’Anm su misure alternative a carcere Adnkronos, 1 dicembre 2010 È positiva l’apertura dell’Anm al “superamento della concezione pancarceraria della pena”. Ma tutte le componenti del mondo giudiziario ora devono essere “disponibili al dialogo per rafforzare la tutela dei diritti umani e le garanzie dei cittadini privati della libertà personale”. La Giunta dell’Unione camere penali italiane condivide e apprezza la posizione del sindacato delle toghe espressa dal presidente Luca Palamara in congresso, sulla necessità che si ritorni al carcere come “extrema ratio” e che vengano utilizzati “alcuni degli strumenti per il superamento della concezione pancarceraria della pena, con l’introduzione delle pene alternative, e la mitigazione delle restrizioni per i recidivi al godimento dei benefici penitenziari”. Ma la situazione di degrado degli istituti penitenziari italiani, fanno notare i penalisti, “richiede a tutti un’assunzione di responsabilità“, che significa “dialogo tra tutte le componenti del mondo giudiziario”. L’Ucpi ribadisce che “le garanzie sono indivisibili, e che dunque non si possono sopportare sacrifici dei diritti inalienabili di qualsiasi detenuto sia pur in nome delle istanze di sicurezza, e d’altro lato che le cause del sovraffollamento risiedono anche nell’abuso della custodia cautelare, che vede oggi l’Italia detenere il triste record negativo europeo con stime prossime al 50% della popolazione detenuta”. Su quest’ultimo aspetto, i penalisti, dicendosi “pronti al dialogo ed al confronto, reale, aperto e senza pregiudizi” sottolineano che, “se si vuole intendere il carcere come extrema ratio, non ci si deve limitare alla riforma del sistema delle sanzioni penali, ma, con lo stesso vigore e la stessa chiarezza, si deve reclamare il ritorno alla eccezionalità e alla residualità della custodia cautelare in carcere, criteri che erano alla base del codice del 1988, e che sono stati di fatto abbandonati dalle prassi giudiziarie”. Giustizia: caso Cucchi; difensore di un agente; picchiato prima arrivo in celle tribunale Ansa, 1 dicembre 2010 “Dico con certezza chi non è stato. Gli atti del processo ci portano a un momento preciso, le 9.05 del mattino del 16 ottobre quando Stefano viene portato alle celle del Tribunale. Lì, tutto quello che doveva succedere era già avvenuto prima”. Lo dice, ai microfoni di Cnrmedia, l’avvocato Diego Perugini, difensore di Nino Menichini, uno degli agenti penitenziari accusati di aver picchiato Stefano Cucchi. “In più, vi sono tutta una serie di dichiarazioni dello stesso Stefano, a lui attribuibili, dal momento in cui entra nelle celle del Tribunale a poco prima di morire, in cui fa riferimento a chi lo ha malmenato. E non indica gli agenti di Polizia Penitenziaria, ma fa riferimento al suo arresto. Stefano è stato arrestato alle 23 e 30 dai Carabinieri e fino al giorno dopo - conclude Perugini - è rimasto in diverse caserme dei Carabinieri”. Lazio: Consiglio regionale vota mozione per madri detenute e Icam Agenparl, 1 dicembre 2010 Il Consiglio regionale del Lazio, presieduto da Mario Abbruzzese, ha votato a larga maggioranza una mozione presentata dai consiglieri Giuseppe Rossodivita e Rocco Berardo (Lista Bonino Pannella - Federalisti Europei) che impegna la presidente della Giunta regionale e l’assessore ai Rapporti con gli Enti locali e Politiche per la sicurezza a “procedere senza soluzione di continuità e con la dovuta priorità e comunque entro 3 mesi dall’approvazione della presente mozione, con quanto realizzato nella precedente legislatura dalla Commissione consiliare “Sicurezza e lotta alla criminalità della Regione Lazio”, agli atti necessari alla effettiva realizzazione dell’istituto di custodia attenuata per madri detenute di Roma”. La mozione è stata esaminata dopo che l’Aula aveva votato a favore della proposta del consigliere Rossodivita di anticiparne la discussione rispetto all’ordine del giorno, perché strettamente connessa a due interrogazioni a risposta immediata, una a firma degli stessi esponenti della Lista Bonino Pannella e l’altra della consigliera Isabella Rauti (Pdl), cui l’assessore ai Rapporti con gli Enti locali e Politiche per la sicurezza, Giuseppe Cangemi, aveva appena dato risposta in Aula. Si tratta di atti che sono stati proposti all’Aula a seguito di alcune visite nelle carceri italiane che gli stessi proponenti hanno effettuato l’estate scorsa. “Attraverso le nostre visite - ha dichiarato Rocco Berardo - abbiamo potuto constatare che nelle carceri romane c’è il più alto numero di detenute madri d’Italia, con situazioni drammatiche per quanto riguarda soprattutto i bambini al di sotto dei tre anni. La realizzazione dell’Icam di Roma - ha aggiunto Berardo - rappresenta un importante successo per tutti, in primo luogo per il diritto di quei bambini che oggi, senza alcuna colpa, sono costretti a vivere e crescere in un carcere per stare con le loro madri.” Anche la consigliera Isabella Rauti, nel corso del suo intervento, ha sottolineato come la detenzione di donne madri in carcere con figli minori di tre anni determini per essi “condizioni di estremo disagio psico-fisico, in ambienti sovraffollati e con gravissime ripercussioni sulla loro salute fisica e mentale. La condizione di bambino detenuto - ha aggiunto la Rauti - è assolutamente inaccettabile in una società civile e in uno Stato di diritto come il nostro e va risolta con urgenza, anche guardando ad altre esperienze di successo, come l’Icam di Milano, che ho personalmente visitato e che rappresenta una buona prassi, una esperienza all’avanguardia a livello europeo ed un modello esportabile e replicabile”. Nella sua risposta alle due interrogazioni, l’assessore Giuseppe Cangemi ha confermato l’impegno della Giunta a risolvere la questione, a partire dall’emergenza che riguarda il carcere di Rebibbia. “Abbiamo recuperato un vecchio protocollo d’intesa, che individua in un casale nel parco di Aguzzano il luogo da destinare alla realizzazione di un Icam, un Istituto di custodia attenuata per madri detenute che tengono in carcere i loro figli minori di tre anni. È un casale - ha aggiunto Cangemi - che ha bisogno di alcuni interventi e può essere una prima risposta al problema, anche perché si trova proprio a ridosso dell’istituto di Rebibbia. Nella previsione di bilancio ho chiesto di stabilire nella spesa in conto capitale una quota da destinare a quegli interventi che possano portare il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ad avere le chiavi del casale. C’è però un problema legato alla sua destinazione d’uso e per questo ho mandato una nota all’assessore regionale all’Ambiente Marco Mattei, perché la proprietà è sita nel parco regionale. Nell’arco di pochi mesi possiamo far uscire dal carcere dalle dodici alle sedici mamme con figli. Siamo tutti d’accordo a farlo, aspettiamo la risposta dell’assessorato all’Ambiente. Se ci saranno difficoltà a risolvere la vicenda chiederemo al Consiglio regionale di sbloccare la questione con un atto di responsabilità”. In apertura di seduta, su proposta del presidente del Consiglio regionale, Mario Abbruzzese, l’Aula ha osservato un minuto di silenzio in ricordo del regista cinematografico Mario Monicelli, venuto a mancare lunedì scorso. Umbria: ridotte indennità per Difensore civico, Garanti infanzia e detenuti Asca, 1 dicembre 2010 Con voto unanime, il consiglio regionale dell’Umbria ha approvato la riforma contenuta nel ddl Dottorini - Monni, rispettivamente presidente e vicepresidente della I Commissione consiliare, riguardante la modifica delle norme sui Garanti dei detenuti e dell’infanzia e sul Difensore civico mirate a ridurre i compensi, rivedere le incompatibilità e riorganizzare l’ufficio del Garante per i detenuti. Con l’approvazione, viene ridotto il trattamento economico del Garante dei detenuti (la cui indennità mensile sarà pari al 20% dell’indennità mensile lorda spettante ai consiglieri regionali) e del Difensore civico (35% dell’indennità mensile lorda spettante ai consiglieri). Al Garante per l’infanzia e l’adolescenza spetterà il 10% dell’indennità mensile lorda di un consigliere regionale. Il relatore di maggioranza, Oliviero Dottorini (Idv) ha detto la scelta della Commissione si è indirizzata verso una riduzione delle incompatibilità accompagnata da un rigoroso contenimento delle indennità. Il paragone con quanto prevedono le altre Regioni italiane è importante per mettere in evidenza l’attenzione che l’Umbria riserva al contenimento della spesa pubblica. Per quanto riguarda il garante per i detenuti, ad esempio, le regioni che hanno istituito tale organo prevedono indennità da un minimo del 33% di quella dei consiglieri regionali (previsto dal Piemonte) ad un massimo del 70% previsto dalla Toscana. Per il garante dell’infanzia e dell’adolescenza si va da un minimo del 20% della Liguria fino al 100% della Calabria. Per il difensore civico, infine, mentre l’Umbria prevede il 35% dell’indennità dei consiglieri, le altre regioni italiane si collocano tra un minimo del 50% previsto da Basilicata, Liguria e Piemonte e il massimo di Toscana, Emilia-Romagna, Calabria, Lombardia, Puglia e Veneto in cui per il difensore civico è prevista la stessa indennità dei consiglieri regionali. Nella relazione, Massimo Monni (PdL) ha sottolineato la contrarietà del PdL per quanto riguarda il ruolo del Garante per i detenuti, evidenziando la bontà di questa legge ‘elaborata insieme alla maggioranza, perché parte dal presupposto di apportare tagli alla spesa pubblica e soprattutto agli sprechi. Ribadiamo, però, la nostra contrarietà per l’istituzione della figura del Garante per i detenuti, un ruolo che può essere ricoperto, come già avviene, dai consiglieri comunali, regionali, deputati e senatori. La verifica delle condizioni dei detenuti spetta alla politica. Milano: Uil-Pa; mancano automezzi per trasposto detenuti, S. Vittore a rischio paralisi Il Velino, 1 dicembre 2010 “Da sempre il carcere di San Vittore è, nell’immaginario collettivo, una delle icone del sistema penitenziario italiano, con il suo carico di sofferenza e palese degrado. Da ieri, purtroppo, è anche l’esempio concreto di una situazione logistica caratterizzata dall’assoluta mancanza di mezzi adibiti al trasporto dei detenuti. Questo significa che diversi processi sono a rischio perché potrebbe essere impossibile garantire la presenza dei detenuti nelle aule di giustizia. D’altro canto tempo fa era già successo ad Opera”. È un allarme rosso quello lanciato dal Segretario nazionale della Uil Pa Penitenziari, Angelo Urso, nel denunciare lo stato del parco automezzi in dotazione al carcere meneghino di San Vittore. “ Già di per se la disponibilità di sei furgoni e di quattro pullman non era sufficiente a garantire le reali necessità per il trasporto detenuti. Da qualche giorno questa disponibilità è ridotta a soli due furgoni e soli due pullman, perché gli altri mezzi sono ricoverati in officina in attesa di riparazioni che non possono essere effettuate causa l’esaurimento dei fondi assegnati. Per le traduzioni ogni giorno occorrono, solo per San Vittore, dai dieci ai quindici automezzi per i novanta detenuti che mediamente ogni giorno sono nelle aule di giustizia. È chiaro che in questa situazione si va verso la paralisi e potrebbero saltare molti processi. Non è eresia, quindi, affermare che più di un parco macchine bisogna riferirsi ad un cimitero dei mezzi. Vorrà dire - sottolinea con ironia Urso - che la polizia penitenziaria dovrà industriarsi in maniera diversa ricorrendo al “girotondo a moto perpetuo” degli automezzi e semmai anche con traduzioni a piedi”. Alcuni giorni fa un incidente di un mezzo della polizia penitenziaria in avaria con i freni avrebbe potuto causare, sulla Bari-Napoli, una strage. Molte sono anche le traduzioni interrotte per guasti meccanici. Ciò testimonia, come più volte denunciato dalla Uil, l’inadeguatezza e l’obsolescenza del parco automezzi in dotazione alla polizia penitenziaria. “Certo che se Milano piange Roma non ride - afferma il sindacalista della Uil Penitenziari - Qualche giorno fa nei garage del Dap ha preso fuoco, pare per autocombustione, la macchina del Capo Dipartimento Ionta e solo il tempestivo intervento del custode ha evitato il propagarsi dell’incendio ad altre, costosissime, autovetture in dotazione. È evidente che al Dap c’è un problema di gestione del servizio automobilistico nel suo complesso. In Lombardia per garantire il delicatissimo servizio di traduzione dei collaboratori di giustizia (anche di I fascia) abbiamo solo tre autovetture, nonostante i collaboratori siano ristretti in tre diversi istituti e che le disposizioni vigenti impongano le traduzioni di quei soggetti con non meno di due macchine. Si spende più in carburante e missioni per gli autisti, per rendere fruibili le tre autovetture da un istituto ad un altro, che non per comprare tre autovetture nuove. Se la situazione non fosse terribilmente seria e pericolosa ci verrebbe anche da ridere à invece non ci resta che piangere”. La Uil Pa Penitenziari torna a criticare la politica economica del Governo in tema di sicurezza. “Ogni giorno i politici si attribuiscono meriti che, invece, sono di esclusiva pertinenza delle forze dell’ordine e della magistratura. La verità è che lasciare a piedi i poliziotti penitenziari, rendendo concreta la possibilità che saltino processi, non ci pare si possa definire una politica che aiuta la Giustizia e rafforza la sicurezza. In ogni caso - chiude Urso - nel derby tra Maroni e Alfano vince con grande scarto il primo. Chissà perché il Ministro degli Interni riesce sempre ad approvvigionarsi di uomini e mezzi, mentre il secondo sguarnisce le frontiere penitenziarie e lascia a piedi i suoi uomini a cui non pagano le missioni, bloccano i contratti e che spesso sono costretti, tra l’ altro, ad anticipare le spese per il carburante”. Firenze: uno dei prossimi Consigli comunali si terrà all’interno del carcere di Sollicciano Redattore Sociale, 1 dicembre 2010 L’annuncio arriva del presidente del consiglio Eugenio Giani all’indomani delle sollecitazioni del Garante e di alcuni consiglieri in sciopero della fame. “Uno dei prossimi consigli comunali si terrà all’interno del carcere di Sollicciano”. Lo ha annunciato il presidente del consiglio comunale di Firenze, Eugenio Giani, all’indomani delle insistenti sollecitazioni da parte del garante dei detenuti, Franco Corelone, e di alcuni consiglieri comunali in sciopero della fame per il sovraffollamento dell’istituto penitenziario. “Il carcere - ha detto Corleone - continua a versare in uno stato di grave sovraffollamento. Ad oggi ci sono 1.035 persone e 4 bambini”, oltre il doppio della capienza regolamentare. “Sollicciano - ha aggiunto il garante - continua ad essere senza direttore, collocato in vacanza forzata da alcuni giorni, e la promessa di diminuzione delle presenze continua a essere rimandata”. Nel frattempo, l’associazione Pantagruel ha organizzato per il 7 dicembre alla Casa del popolo dell’Isolotto una cena per raccogliere fondi destinati all’acquisto di occhiali da vista per detenuti. Aosta: nasce “Pagine speciali”, un giornale per detenuti valdostani Ansa, 1 dicembre 2010 Anche i detenuti del carcere di Brissogne (Aosta) hanno un loro giornale, intitolato “Pagine Speciali”. Il periodico è stato presentato questa mattina nella casa circondariale, a margine dell’incontro con gli studenti nell’ambito del Percorso della legalità. A promuovere l’iniziativa - realizzata grazie ai Fondi sociali europei - sono l’Agenzia del Lavoro, l’Enaip e l’Associazione Valdostana Volontariato carcerario. “L’uscita di questo primo numero - spiega Marisa Rey, dirigente dell’Agenzia del Lavoro - è un traguardo molto importante. Noi ci occupiamo dei reinserimenti lavorativi delle persone disagiate e disabili. In questo caso si trattava di un progetto finanziato con fondi europei che prevedeva 70 ore di corso di giornalismo”. Ad assistere i detenuti nel laboratorio sono i volontari e gli educatori della casa circondariale. “Speciali sono le persone che hanno aderito al progetto - scrive nel suo editoriale Nathalie Grange, coordinatore responsabile di Pagine Speciali - e che fanno parte del comitato di redazione. Guardano il mondo da una prospettiva sicuramente ristretta e limitata, ma hanno messo in campo entusiasmo, passione e un impegno speciale”. Entusiasmo anche da parte dei detenuti, come Andrea. “Per me è una grande opportunità, siamo otto ragazzi, tutti provenienti da paesi diversi, che nelle ore passate a lavorare dimenticano di essere in carcere. Il nostro obiettivo è quello di farci conoscere all’esterno, di entrare nei cuori di chi è fuori e di comunicare il nostro punto di vista”. Piera Asiatici, dell’Associazione Valdostana di Volontariato carcerario, ha poi sottolineato l’esigenza “di reperire i fondi per poter continuare a pubblicare il giornale”. Nuoro: ciambelle e biscotti vietati ai detenuti Badu ‘e Carros, protestano i parenti L’Unione Sarda, 1 dicembre 2010 La commissione “Diritti civili e politiche europee” del Consiglio regionale che tra una settimana visiterà il carcere di Badu ‘e Carros (il sopralluogo annunciato per oggi è stato rinviato “per motivi tecnici”), si dovrà occupare anche del recente divieto a consumare biscotti imposto ai detenuti. Ieri, alla vigilia del sopralluogo della delegazione guidata dal presidente Silvestro Ladu, la responsabile regionale di “Socialismo Diritti Riforme” Maria Grazia Caligaris ha denunciato “un’incomprensibile provvedimento che appare ancora più assurdo nel mese di dicembre”. La decisione della direzione del carcere di vietare la consegnare di dolci secchi è stato segnalato da alcuni familiari che fino a qualche settimana fa hanno potuto far arrivare ai congiunti privati della libertà biscotti e ciambelle. “I dolci - sottolinea la presidente di Sdr - sono vissuti dai detenuti come succedanei degli affetti. Privarli significa in qualche modo privarli di quelle attenzioni che i familiari rivolgono loro. È consuetudine quindi far pervenire ai propri cari reclusi anche semplici gallette che simbolicamente esprimono l’affetto. Ecco perché il divieto dei biscotti è vissuto dai parenti e dai detenuti quasi come un gesto di rifiuto del senso di vicinanza affettiva. L’auspicio - conclude Maria Grazia Caligaris - è che si sia trattato di un provvedimento temporaneo”. Quello dei biscotti può sembrare un piccolo problema rispetto alle questioni che dovranno affrontare i consiglieri regionali. Il recente tentato suicidio e l’arrivo del boss della camorra Antonio Iovine, anche se Badu ‘e carros ha sempre ospitato in questi anni detenuti pericolosi, ha riacceso i riflettori sul carcere nuorese, tanto che la settimana scorsa lo stesso Silvestro Ladu ha segnalato il pericolo che l’arrivo di Iovine, recluso in regime di 41 bis, “possa essere inteso come il primo passo verso la riclassificazione dell’istituto penitenziario nuorese a carcere di massima sicurezza, così come lo è stato in passato. “Il sopralluogo di oggi a Nuoro - si legge in una nota e la richiesta di un incontro urgente con il ministro Alfano e con il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Franco Ionta, sono state decise all’unanimità dalla seconda Commissione Per questo, i consiglieri regionali hanno ritenuto necessario assumere una posizione netta e decisa per chiarire gli intendimenti del Ministro e promuovere una forte mobilitazione delle istituzioni regionali e locali”. Libri: “Gli uomini ombra”, di Carmelo Musumeci, edito da Gabrielli Editori www.romatoday.it, 1 dicembre 2010 Arriva “Gli uomini ombra” il nuovo libro, edito da Gabrielli Editori, di Carmelo Musumeci, ergastolano di Spoleto che da anni segue il progetto “Oltre le sbarre” e attivo promotore della campagna “Mai dire Mai”. “Gli uomini ombra” sono uomini come Carmelo Musumeci, scrit­tore detenuto, e tutti quelli che come lui scontano la pena dell’ergastolo ostativo, ovvero dell’ergastolo senza benefici, senza mai un giorno di permesso, senza alcuna speranza. Carmelo Musumeci con questi racconti “social noir” come ama definirli, ci parla della vita dietro le sbarre, protagonisti loro, i detenuti con le loro storie, il prima, il durante e spesso la fine, la morte, spirituale prima che fisica. Il riferimento ai fatti giornalieri di cronaca sulle condizioni pessime delle carceri italiane è evidente, in particolare per quanto riguarda la piaga dei suicidi in costante aumento. Sono racconti che si leggono d’un fiato, con grandissima partecipazione emotiva: di forte impatto, rendono evidente la lotta per l’esistenza per chi come il nostro autore non vuole arrendersi a perdere la speranza e a resistere per la libertà. Il libro è uno strumento per approfondire la conoscenza della campagna per l’abolizione del “Fine Pena Mai”, sostenuta dall’Ass. Papa Giovanni XXIII di don Oreste Benzi. Carmelo Musumeci nasce il 27 luglio 1955 ad Aci Sant’Antonio in provincia di Catania. Condannato all’ergastolo senza benefici, si trova nel carcere di Spoleto. Entrato con licenza elementare, mentre è all’Asinara in regime di 41 bis riprende gli studi e da autodidatta termina le scuole superiori. Nel 2005 si laurea in giurisprudenza con una tesi in Sociologia del diritto dal titolo “Vivere l’ergastolo”. Attualmente è iscritto all’Università di Perugia al Corso di Laurea specialistica, ha terminato gli esami e attualmente sta preparando la Tesi con il Prof. Carlo Fiorio, docente di Diritto Processuale Penale. Nel 2007 conosce don Oreste Benzi e da tre anni condivide il progetto “Oltre le sbarre”, programma della Comunità Papa Giovanni XXIII. Autore di molti racconti e del romanzo “Zanna Blu” di prossima pubblicazione presso Gabrielli editori, è promotore della Campagna “Mai dire mai” per l’abolizione della pena senza fine. Collabora con diverse testate e blog su internet come: urladalsilenzio.wordpress.com; www.linkontro.info (collegata all’associazione Antigone), tiene un diario su www.informacarcere.it. Il libro è disponibile e ordinabile in tutte le librerie, ma per un ordine certo. Vi consigliamo di acquistare direttamente sul sito www.gabriellieditori.it o www.ibs.it. Usa: pestaggi su detenuti; indagini nelle carceri private nell’Idaho Ansa, 1 dicembre 2010 Alcuni casi di aggressione a detenuti preoccupano le autorità americane, in particolare per un carcere dell’Idaho, dove le telecamere interne, nel gennaio scorso, documentarono l’aggressione a Hanni Elabed, che era detenuto per furto. Le guardie, stando a quanto emerge dal video, sono presenti ma non fanno nulla. Elabed, in carcere per furto, aveva denunciato alcuni detenuti che avrebbero organizzato un giro di contrabbando con una guardia. Era stato rimesso insieme a quei detenuti, e dal pestaggio ha subito danni cerebrali. “Non riesce più a far nulla, sta solo seduto”, ha raccontato il padre, mentre la madre, intervistata da una televisione americana, ha raccontato quei momenti, in cui il marito le disse “preparati, andiamo al carcere”, e che ancora non si sapeva se il figlio fosse vivo o morto. La famiglia ora ha deciso di trascinare in tribunale la CCA, gruppo privato cui è appaltata la gestione di più di 60 carceri, con circa 75.000 detenuti. L’Fbi intanto indaga sui frequenti episodi di violenza.