Giustizia: tra suicidi e sovraffollamento, il dramma sociale delle carceri Redattore Sociale, 18 dicembre 2010 A poche ore dall’ultimo suicidio in carcere - il 63esimo del 2010 - accaduto a Sollicciano, l’Osservatorio permanente sulle morti in carcere mette in chiaro che sì, una correlazione tra sovraffollamento e suicidi esiste. “Raggruppando le 9 carceri dove sono accaduti almeno due suicidi nell’anno - si spiega dall’Osservatorio - si nota che il tasso medio di sovraffollamento è del 176% contro un dato nazionale del 154%. Inoltre, la frequenza dei suicidi è di 1 caso ogni 415 detenuti, mentre la media italiana è di 1 su 1.090”. In sostanza, dove l’affollamento è del 22% oltre la media nazionale, la frequenza dei suicidi è più che doppia. Entrando nel merito dei dati, a Catania nel 2010 ci sono stati due suicidi su 234 detenuti, per un sovraffollamento al 165%. Qui dal 2006 i casi sono stati 5, dato che porta il carcere al secondo posto come frequenza dei suicidi nel quinquennio. È però in Sicilia, a Siracusa, che la conta delle vittime raggiunge il numero maggiore: quattro detenuti a fronte di una popolazione di 515 persone, per una capienza di 309 posti e un tasso di sovraffollamento del 166% (frequenza dei suicidi 1 ogni 128 detenuti). Reggio Emilia (2 suicidi su 314 ristretti) è al terzo posto nella frequenza suicidiaria, con un tasso di sovraffollamento che raggiunge il 188%. Nel carcere di Sollicciano, invece, si sono verificati 2 suicidi nel 2010, 8 negli ultimi 5 anni. I detenuti sono 1.025 a fronte di una capienza di 497 posti (sovraffollamento del 206%). A Sulmona nel 2010 i suicidi sono stati tre, ma con i suoi 11 casi dal 2006 l’istituto tocca il più alto tasso di suicidi in Italia nel quinquennio. La capienza è di 300 posti, i detenuti sono 444 per un sovraffollamento del 147% e la frequenza di suicidi è stata di 1 ogni 148 detenuti. Il carcere di Padova Due Palazzi, che pur viene definito un “buon” carcere dagli addetti ai lavori, ha fatto i conti con tre suicidi nel 2010: qui i posti sono 439 e i detenuti 848 (sovraffollamento del 193%, frequenza dei suicidi 1 ogni 282 detenuti). Anche a Poggioreale (Napoli) e a Rebibbia tre detenuti si sono tolti la vita, ma su popolazioni detenute più numerose (rispettivamente 2.684 e 2.035). Lecce con i suoi 650 posti e 1.551 detenuti ha il tasso di sovraffollamento più elevato in Italia: il 228%. I suicidi sono stati 2, con una frequenza di 1 ogni 775 presenze. Dal 2006 ad oggi si sono registrati 11 casi, con una frequenza che pone il carcere al terzo posto dopo Sulmona e Catania Bicocca. L’Osservatorio, nel rendere pubblici i dati, ricorda anche che sono i giovani a togliersi la vita con maggiore frequenza: 17 dei detenuti suicidi avevano meno di 30 anni, 21 tra i 30 e i 40 anni. Gli stranieri suicidi sono 15 (24%), mentre i detenuti stranieri sono il 36% della popolazione detenuta. L’impiccagione è il metodo scelto nella maggior parte dei casi (53 su 63), mentre 7 detenuti si sono uccisi asfissiandosi con il gas, 2 avvelenandosi con i farmaci, 1 tagliandosi le vene. Giustizia: il 23 dicembre all’esame della Camera il ddl sulle detenute madri e loro figli Asca, 18 dicembre 2010 “Disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori” è il provvedimento all’esame della Commissione Giustizia della Camera il 23 dicembre. In particolare la legge (Ferranti ed altri) sottolinea che “la presenza di bambini innocenti in carcere appare come una pratica contraria ai diritti umani. D’altra parte, però, anche l’allontanamento del bambino dalla madre detenuta è dannoso, perché può provocare gravi traumi e danni psicologici permanenti al minore, rendendone ancora più dolorosa e complessa la reintegrazione all’interno del nucleo familiare”. Per questo motivo il provvedimento intende eliminare quegli ostacoli che ancora non permettono alle madri e ai loro piccoli, quelli di età compresa tra zero e tre anni, di scontare la pena detentiva in un luogo diverso dal carcere, mentre per le mamme con figli di età non superiore a dieci anni prevede l’applicazione delle misure alternative al carcere, ove non sussistano ragioni impeditive di eccezionale rilevanza. Prevede, inoltre, l’istituzione delle case famiglia protette al di fuori delle strutture penitenziarie, da considerarsi una forma detentiva privilegiata quando sia indirettamente coinvolto un bambino. In tal senso la nuova normativa considera la detenzione delle madri con prole inferiore a tre anni presso case famiglia protette come una extrema ratio da attuarsi rispettivamente: nel caso di custodia cautelare, solo ‘ se sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza (articolo 2); oppure, nel caso di espiazione della pena ‘ qualora non possa essere disposta una detenzione con regime più favorevole. Giustizia: immigrato morto in cella a Brescia; premiato il Carabiniere che lo sorvegliava Ansa, 18 dicembre 2010 “Ribadisco l’assoluta correttezza e trasparenza dell’Arma, attestata anche da immagini video che abbiamo provveduto a consegnare all’autorità giudiziaria”. Così, oggi, il colonnello Marco Turchi, comandante provinciale dei carabinieri di Brescia, riferendosi alla morte di un senegalese, avvenuta in una cella di sicurezza della caserma Masotti, sede del comando provinciale dei carabinieri. L’ufficiale ha quindi aggiunto: “Immagini video che sono frutto delle telecamere che sono all’interno della nostra struttura e che documentano esattamente la dinamica dell’evento e attestano anche l’immediatezza dei soccorsi e il senso di umanità che contraddistingue ogni carabiniere, e che ha contraddistinto anche i carabinieri che hanno operato in questa circostanza nel custodire persone che sono prive della libertà personale”. Parlando del trattamento di chi viene portato in cella di sicurezza ha spiegato: “Non vorrei scadere nella retorica, ma alcuni extracomunitari vengono ogni tanto in caserma chiedendo d’essere arrestati proprio perché gli assicuriamo un tetto e un pasto caldo”. E ha precisato: “le nostre camere di sicurezza sono prive di riscaldamento, appunto perché facendo una battuta... si va al fresco. Ma i locali attorno sono riscaldati, quindi non è che si sta al freddo. Non è il freddo una delle concause che hanno portato al decesso. Peraltro dai primi accertamenti non è che si è capito esattamente qual è stato il problema, aneurisma o quant’altro che ha determinato la morte”. Il Colonnello Turchi, durante lo scambio di auguri natalizi ha inoltre consegnato un riconoscimento “per la sensibilità mostrata” al carabiniere in servizio presso la cella di sicurezza mentre l’immigrato, morto domenica scorsa e arrestato due giorni prima, era detenuto. Giustizia: intesa tra Dap e Sindacati di Polizia penitenziaria su incentivi Adnkronos, 18 dicembre 2010 È stata raggiunta l’intesa tra il Dap, dipartimento amministrazione penitenziaria, e le organizzazioni sindacali del corpo di Polizia penitenziaria Osapp, Sinappe, Uil-Penitenziari, Cisl-Fns, Cgil-Fp, Ugl-Pp e Fsa-Cnpp, pari ad oltre il 70% della rappresentatività nazionale, sugli incentivi da corrispondere al personale che nell’anno in corso ha prestato servizio negli istituti, nei centri e servizi penitenziari e della giustizia minorile. “Particolare rilievo - osservano i sindacati - è stato dato nell’intesa al personale del Corpo che presta servizio in compiti operativi e a diretto contatto con la popolazione detenuta per un compenso aggiuntivo pari a circa 105 euro mensili. Nonostante la grave penuria di fondi, inoltre, sono state individuate ulteriori retribuzioni aggiuntive per i servizi operativi non a turno e per quelli di supporto ai compiti istituzionali, nella misura rispettivamente di 80 e di 45 euro mensili, nonché per circa 47 euro a turno nei servizi resi il 24 e il 31 dicembre”. Infine, sono stati “riconosciuti e compensati ulteriormente gli incarichi di particolare rilievo e responsabilità, quali quelli di comandante di reparto, comandanti e coordinatori dei nuclei operativi traduzioni e coordinatori delle unità operative interne agli istituti di pena”. L’intesa raggiunta andrà ora perfezionata con la firma del ministro della Giustizia. Toscana: penitenziari troppo affollati, con il ddl Alfano usciranno in meno di duecento Il Tirreno, 18 dicembre 2010 “Macché 540 detenuti! Meno, meno. Molto meno. Non si possono sparare cifre a caso, altrimenti si crea allarme sociale”. Franco Corleone, garante dei detenuti per il Comune di Firenze ridimensiona gli effetti del cosiddetto “Ddl svuota carceri” nei penitenziari toscani. “Guardi che il decreto è in funzione da oggi (ieri, ndr), ciò significa che da oggi i detenuti che riterranno di poter usufruire del provvedimento potranno avviare le pratiche per presentare la domanda”. “Poi le richieste verranno valutate e quindi vagliate dai magistrati di sorveglianza. Si ipotizza che, alla fine, a Sollicciano saranno 50 o al massimo 70 i detenuti che otterranno la possibilità di uscire dal carcere. Ciò significa che, fatte le proporzioni, in tutta la Toscana saranno meno di 200”. Dal beneficio del ddl che consente la detenzione domiciliare a quei detenuti a cui mancano 12 mesi per completare il periodo di detenzione, sono esclusi i condannati per reati come mafia e violenza sessuale. Gli arresti domiciliari non saranno applicati ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza. La Toscana è particolarmente interessata al funzionamento del decreto perché è la regione a più alta concentrazione di istituti penitenziari. Ne accoglie tutte le tipologie. Le case circondariali sono 12: Arezzo, Empoli, Firenze Sollicciano, Firenze “Mario Gozzini”, Grosseto, Livorno, Lucca, Pisa, Pistoia, Prato, Siena e Massa Marittima. Gli istituti di reclusione sono cinque (Gorgona, Massa, Porto Azzurro, San Gimignano e Volterra), mentre uno (Montelupo) è un ospedale psichiatrico giudiziario ed altre due (Pitigliano e Pontremoli) sono le case mandamentali. Il provvedimento del governo è stato difeso dal ministro Alfano, il quale giudica come frutto di “controinformazione” chi sostiene che “la legge per la concessioni dei domiciliari per scontare l’ultimo anno di pena é un indulto mascherato”. Però il ministro mette il dito sulla piaga del sovraffollamento carcerario, individuando nei detenuti stranieri il vero problema: “Se togliamo dai circa 70 mila detenuti nelle carceri italiane i 24mila stranieri abbiamo la capienza regolamentare degli istituti, vuol dire che le carceri italiane sono attrezzate per i detenuti italiani”. “Il vero problema è rappresentato dai tossicodipendenti trattenuti in carcere - ribatte Franco Corleone -, ma nessuno vuole affrontare questo nodo. Pensi che il 50% dei detenuti di Sollicciano, Livorno e Pisa è in carcere per episodi di piccolo spaccio. Quindi basterebbe modificare la legge sugli stupefacenti per riequilibrare la popolazione carceraria”. Genova: gip nega arresti domiciliari in parrocchia a detenuto islamico, la difesa ricorre Agi, 18 dicembre 2010 Ricorso al tribunale del Riesame di Genova per annullare l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari Massimo Cusatti con cui ha detto alla richiesta di un uomo di presunta fede islamica di essere agli arresti in una parrocchia del Levante del capoluogo ligure. Il parroco aveva dato la propria disponibilità ma aveva messo la condizione che il detenuto - Salah Ben Rebiga, tunisino di 20 anni, accusato di omicidio colposo di un connazionale che aveva effettuato la traversata in nave dal Nord Africa in Italia nel bagagliaio della sua auto, giungendo morto - partecipasse a tutti i momenti di preghiera previsti in parrocchia nell’arco della giornata. Il giudice Cusatti aveva ritenuto principalmente che il tunisino possa scappare dalla parrocchia non avendo alcun legame con il parroco. Sarebbero, in sintesi e nella specifica circostanza, decaduti i vincoli su cui poggiano gli arresti domiciliari che prevedono un legame tra il detenuto e coloro che lo accolgono in casa. Non solo: gli obblighi di preghiera contenuti nella richiesta come condizione per i domiciliari violerebbero i principi costituzionali di libertà di professione religiosa, ignorando il giudice quale sia la religione del detenuto, di nazionalità tunisina, e supponendo che questi sia musulmano. L’argomento decadrebbe soltanto laddove sia dimostrato che il detenuto stesso sia un fervente cattolico. Ora c’è il ricorso dell’avvocato Giovanni Battista Gramatica, secondo cui non solo il parroco del Levante è persona che ogni giorno accoglie chiunque dispensando pasti caldi e accoglienza senza chiedere quale sia la religione professata dagli ospiti, ma che anche il Papa stesso ha pregato sia in sinagoghe che in moschee. Gramatica nel ricorso ha inoltre sottolineato che secondo il gip i domiciliari dovrebbero essere concessi solo a italiani o persone con domicilio in Italia, fatto però contestabile in giurisprudenza. Ivra (To): la comunità per gli ex detenuti cerca volontari La Sentinella, 18 dicembre 2010 Una comunità eporediese in aiuto di chi esce dal carcere, una volta scontata la pena e finito di pagare il proprio debito con la giustizia. Si chiama “Alle Querce di Mamre” ed è quella sorta recentemente presso la parrocchia di Torre Balfredo, guidata da don Severino Piovanelli, che del carcere di Ivrea è il cappellano, da qualche mese. Un obiettivo non semplice, che si inserisce in un quadro, come quello della situazione in cui si trova la casa circondariale d’Ivrea, che ospita circa 350 detenuti (contro i 170 che dovrebbe ospitare, secondo il progetto originario) e 190 addetti come personale. E dalla comunità di Torre Balfredo giunge anche l’appello allo scopo di incrementare le fila dei volontari. Così accogliamo gli ex detenuti La carcerazione è lo strumento che la società che vuole dirsi civile si è data da sempre per garantire la sicurezza del sistema e contemporaneamente per punire i reati che danneggiano la persona e la proprietà. Ma accanto all’obiettivo punitivo vi sono quelli del recupero e del reinserimento della persona nella società, con pari dignità e opportunità rispetto al resto della popolazione. Il primo dovere del carcere è quindi il recupero della persona, che passa attraverso il lavoro e la presa di coscienza personale. Sia il primo che la seconda sono difficili da raggiungere già quando le strutture del carcere e gli operatori che vi lavorano possono agire al meglio delle possibilità, figuriamoci quando le strutture in questione non rispondono ai requisiti ottimali. Non solo. Sovente si verificano situazioni in cui il detenuto, finito di scontare il periodo di pena, quando viene rilasciato si trova senza famigliari che lo accolgano, vuoi perché la famiglia dopo tanti anni non c’è più oppure perché lo ha rifiutato. E gli ormai ex detenuti si ritrovano senza soldi, né casa, né prospettive di lavoro. Così, pagato il debito con la società, queste persone si dibattono in situazioni dove è difficile se non impossibile scorgere vie di uscita e con il rischio concreto di finire per rientrare in un brutto giro e delinquere nuovamente. “Per dare una mano a questi nostri fratelli che, nella società di oggi, sono forse i più poveri dei poveri - afferma don Severino Piovanelli, cappellano presso il carcere eporediese e da poco responsabile della parrocchia di Torre Balfredo - è nata il 31 maggio scorso la comunità di accoglienza Alle Querce di Mamre, formata da un gruppo di laici guidata da me. La comunità si pone come obiettivo principale la prima accoglienza delle persone a fine pena per aiutarle, in un clima di famigliarità, nel reinserimento in una società che, dopo tanto tempo, non riconoscono più e che non li riconosce più”. La comunità che ha come riferimento la casa parrocchiale di Torre Balfredo ha come obiettivo l’aiutare questi più poveri dei poveri, ma anche alcuni detenuti in permesso e in via del tutto eccezionale i famigliari di detenuti che fanno un lungo viaggio per poter visitare i propri cari. “Siamo all’inizio del nostro cammino e le difficoltà che incontriamo sono di vario genere - afferma ancora don Severino -. Ci è stata concesso dalla Curia vescovile l’utilizzo della casa parrocchiale di Torre Balfredo, che pure necessita di molti interventi, sia di gestione ordinaria che di ristrutturazione per poter essere idonea agli scopi che ci siamo prefissi. Abbiamo bisogno dell’aiuto di persone di buona volontà che, sensibili al problema, possano dare una prospettiva di lavoro, sia pur minima, a coloro che accogliamo”. Un appello urgente, al fine di raggiungere obiettivi che vanno al di là della semplice assistenza, “permettendo a questi nostri fratelli di riacquistare la loro dignità di Persone. La nostra Comunità - dice ancora don Piovanelli - è aperta a tutti coloro che sentono di poter dedicare parte del loro tempo, del loro impegno e delle loro capacità personali agli altri, altri che necessitano di tante cose, ma soprattutto all’inizio di calore umano, di solidarietà, di fiducia in se stessi e di un lavoro. Non ci manca l’entusiasmo né la voglia di fare. La casa che la curia ci ha messo a disposizione è segno di un certo modo di sentire il problema anche da parte della chiesa di Ivrea. E poi l’aver letto alcune parole del nostro vescovo sulla rivista del carcere dello scorso giugno (praticamente in concomitanza con il nostro nascere) ci fa ben sperare sulla possibilità di una collaborazione in materia”. Monsignor Arrigo Miglio, infatti, in risposta a una domanda sulla esistenza o meno di case di accoglienza, affermava: “È un problema che stiamo affrontando con i volontari per capire quali siano le esigenze e per vedere quali strutture la diocesi di Ivrea può mettere a disposizione, unitamente all’opera di persone che possano seguire tale progetto”. Chiaramente l’entusiasmo e la voglia di fare non saranno di per sé sufficienti e quindi è proprio sul lavorare insieme che la comunità di Torre Balfredo fa affidamento. Chi fosse disponibile a prestare la propria opera, può rivolgersi alla Comunità Alle Querce di Mamre, via Borghetto 2 a Torre Balfredo d’Ivrea (Tel. 0125.616619). Bolzano: accordo con il Dap; la Provincia finanzia la costruzione del nuovo carcere Ristretti Orizzonti, 18 dicembre 2010 Dopo la partecipazione alla seduta del Consiglio dei ministri e l’incontro con papa Benedetto XVI in Vaticano, la giornata romana del presidente della Provincia Luis Durnwalder si è conclusa con un importante atto politico-istituzionale: nel tardo pomeriggio di oggi (17 dicembre) Durnwalder ha firmato con il Commissario delegato per il Piano carceri Franco Ionta l’intesa per la costruzione del nuovo carcere a Bolzano. Un passo avanti decisivo verso il nuovo istituto, che ospiterà 220 detenuti e sarà finanziato con i fondi previsti nell’Accordo di Milano. Il documento siglato a Roma da Franco Ionta e Luis Durnwalder nella sede del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria stabilisce che la nuova struttura, prevista dal piano del Governo per risolvere l’emergenza del sovraffollamento delle carceri, sarà realizzata a Bolzano sud in un’area vicina all’aeroporto. Per la costruzione e la gestione dell’istituto sono previsti schemi contrattuali di partnership tra pubblico e privato. Ionta e Durnwalder hanno sottolineato l’aspetto fondamentale di questo accordo: il futuro istituto migliorerà le condizioni di vita dei detenuti e di lavoro degli agenti di polizia penitenziaria. “La realizzazione del nuovo carcere di Bolzano - ha ricordato Durnwalder - è da anni uno dei temi centrali dell’agenda politica in Alto Adige, perché l’attuale struttura è assolutamente inadeguata e i limiti strutturali impediscono anche di svolgere quelle attività considerate fondamentali per il recupero della persona”. La firma dell’intesa, frutto della buona collaborazione tra Stato e Provincia autonoma, sblocca la procedura di un progetto ormai indifferibile. “Inoltre, grazie a questa volontà comune di risolvere un problema urgente, verrà nel contempo messa a disposizione della collettività l’attuale area del carcere in via Dante. Ora l’auspicio è che i lavori del nuovo istituto a Bolzano sud possano iniziare già nei primi mesi del 2011”, ha aggiunto il Presidente. Il commissario governativo Ionta ha ricordato che “obiettivo del Piano è realizzare istituti tecnicamente e funzionalmente adatti a migliorare le condizioni di vita dei detenuti, ampliando gli spazi e favorendo le attività riabilitative, e a garantire al tempo stesso un elevato livello di sicurezza, ottimizzando il lavoro degli agenti di polizia penitenziaria. L’istituto sostituirà l’attuale carcere di via Dante, avrà una capienza di 220 persone e disporrà di una sezione femminile.” L’Intesa firmata a Roma rispetta l’autonomia e le competenze della Provincia, che applicherà la propria normativa sulle procedure urbanistiche e sugli atti di esproprio e liquidazione. L’accordo definisce inoltre una forma di partenariato istituzionale: l’opera sarà infatti finanziata con il ricorso a parte dei fondi messi a disposizione dalla Provincia nel quadro dell’Accordo di Milano, 100 milioni di euro utilizzabili per lavori pubblici di interesse sia locale che nazionale. A fronte del contributo provinciale lo Stato, come detto, trasferisce alla Provincia l’area su cui attualmente sorge il carcere, destinata alla costruzione di opere pubbliche. Infine il documento stabilisce la possibilità, in base alla disponibilità dei fondi assegnati negli anni dallo Stato alla Provincia, di applicare schemi contrattuali di partenariato pubblico-privato sia per la realizzazione dell’opera, nei tempi e nei costi preventivati, sia per una gestione più efficiente della struttura, la cui manutenzione sarà a carico del privato. Genova: carcere di Pontedecimo, allarme dei sindacati di Polizia penitenziaria Ansa, 18 dicembre 2010 Nel carcere genovese di Pontedecimo, la situazione è “critica: negli ultimi giorni in quell’istituto si sono verificati tre episodi di aggressione di personale penitenziario, cui occorre sommare anche diversi eventi critici come atti di autolesionismo e risse”. La denuncia, dopo un nuovo tentativo di suicidio, arriva da Eugenio Sarno, segretario nazionale della Uil-Penitenziari: “È del tutto evidente - si legge in una nota del sindacato - che il grave sovrappopolamento di Pontedecimo determina una deriva violenta difficilmente gestibile dal personale. Questa mattina, a fronte di una capacità ricettiva di 90 detenuti erano ristretti 85 donne e 97 uomini (di cui 20 alla sezione Protetti). Il contingente di polizia Penitenziaria dovrebbe assommare, per decreto ministeriale, a 167 unità, mentre ne sono in servizio 133, una trentina dei quali sono distaccati in altre sedi e per altri servizi”. Quindi, i poliziotti della Penitenziaria in servizio a Pontedecino sono 103 per 182 detenuti: “Una situazione ai limiti della gestibilità, che dovrebbe sollecitare i responsabili amministrativi del sistema penitenziario ligure ad adoperarsi per la ricerca di soluzioni possibili, evitando le continue “distrazioni” di poliziotti di Pontedecimo verso altre strutture”. Inoltre, secondo Roberto Martinelli, segretario del sindacato Sappe, “le bombolette di gas che vengono utilizzate nelle celle (come quella usata per l’ultimo tentativo di suicidio) vanno vietate. Ogni detenuto, secondo il regolamento penitenziario, dispone di una bomboletta di gas - si legge in una nota - E quanto accaduto ieri testimonia ulteriormente la necessità di intervenire immediatamente sull’organizzazione e la gestione delle carceri, dove il numero esorbitante dei detenuti e la carenza di personale non consentono più alla polizia Penitenziaria di garantire i controlli necessari. Martinelli ha ricordato che la modalità di suicidio scelta dall’ex maresciallo “è simile a quella adottata da un altro detenuto morto nel carcere di Pavia qualche anno fa. È giunto il momento di rivedere il regolamento penitenziario per vietare l’uso delle bombolette di gas”. Il segretario del Sappe, infine, ha elogiato i “bravi agenti di polizia Penitenziaria di Pontedecimo per il senso del dovere e per l’attenzione, che hanno permesso di scongiurare il suicidio del detenuto”. Brindisi: con il ddl Alfano quaranta detenuti pronti a lasciare il carcere Asca, 18 dicembre 2010 Sono quaranta, tutti detenuti che stanno scontando pene detentive inferiori ai dodici mesi. Lasceranno la casa circondariale di Brindisi nelle prossime ore, molti di loro andranno ai domiciliari. È il risultato della legge entrata in vigore il primo dicembre scorso, ribattezzata “svuota celle”. Quaranta in tutto le istanze giunte al Tribunale di Sorveglianza di Lecce da Brindisi, tutte richieste che si basano sulle disposizioni recenti, che verranno probabilmente interamente accolte, quale che sia il reato o la condanna. Se il residuo da scontare non supera l’anno, allora quello che può essere paragonato a un indulto parziale trarrà in salvo chi si trova in cella e potrà tornare a casa prima del tempo. La legge “svuota celle” che è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale all’inizio del mese ha una funzione precisa, quella di ridurre il quantitativo di detenuti che sono troppi in quasi tutte le carceri italiane. Il problema è stato più volte denunciato, mai affrontato di petto. Neppure in questo caso, in realtà, visto e considerato che il provvedimento è provvisorio, utile soltanto ad alleggerire il peso in attesa del completamento del piano straordinario penitenziario, nonché della riforma della “disciplina delle misure alternative alla detenzione”. Prato: sette detenuti lavoreranno per riordinare i fascicoli del tribunale La Nazione, 18 dicembre 2010 Sette detenuti del carcere pratese della Dogaia metteranno ordine e alleggeriranno i fascicoli del Tribunale di Firenze ospitati proprio a Prato in un edificio industriale di 10 mila metri quadrati. Il progetto pilota - finanziato dalla Provincia di Prato - è stato presentato questa mattina all’interno del carcere dalla vicepresidente dell’ente, Ambra Giorgi, e dal direttore della casa circondariale, Vincenzo Tedeschi. Presenti anche i sette protagonisti del progetto. Sono intervenute Maria Pia Giuffrida, provveditore regionale per l’amministrazione penitenziaria, Antonietta Fiorillo, presidente del tribunale di sorveglianza di Firenze, che hanno messo in evidenza “il valore di questo progetto che costituisce una iniziativa preziosa e concreta di socializzazione e reinserimento”. I detenuti dovranno sfoltire i fascicoli del tribunale civile (stanno già lavorando sui faldoni degli anni Sessanta), per fare posto a nuovi carteggi. Nel corso della conferenza stampa è stata denunciata la pesantissima situazione in cui versano le carceri toscane. A parlare sono i numeri presentati dal provveditore regionale per l’amministrazione penitenziaria, Maria Pia Giuffrida. Attualmente nei 18 istituti di pena toscani ci sono 4592 detenuti a fronte di una capacità regolamentare di 3186 unità. A conti fatti il tasso di sovraffollamento è del 44%, mentre all’appello mancano circa 800 agenti della polizia penitenziaria. Su 18 istituti ben sette, in questo momento, sono privi di direttore. Situazione difficilissima anche alla Dogaia dove sono ospitati 712 detenuti (il 58% con sentenza definitiva) a fronte dei 476 previsti e dove sono impegnati 231 uomini per la sicurezza mentre secondo un parametro ministeriale fissato nel 2000 dovrebbero essere 344. Fiorillo ha puntato il dito sulla recente Legge 199/2010 che non “costituisce certo una risposta alla situazione ingestibile del sovraffollamento delle carceri”. Genova: carabiniere che uccise la moglie ha tentato il suicidio in carcere Ansa, 18 dicembre 2010 Fabrizio Bruzzone, 40 anni, l’ex maresciallo dei carabinieri in forza alla squadra tutela della famiglia della procura di Genova che ha ucciso, nell’agosto scorso, con sette coltellate la moglie dalla quale stava separandosi, Mara Basso, 38 anni, ha tentato il suicidio la nella sua cella del carcere di Pontedecimo, a Genova. Lo ha reso noto La Uil Pennitenziari. Lo hanno salvato gli agenti della Penitenziaria. L’uomo è detenuto a Pontedecimo dal giorno del suo arresto, avvenuto poche ore dopo l’omicidio della moglie e proprio stamani attendeva la visita dei familiari. Secondo quanto riferito dalla Penitenziaria, venerdì pomeriggio Fabrizio Bruzzone si è legato attorno alla testa un sacchetto di plastica al quale aveva collegato la bombola di gas utilizzata per accendere lo scaldavivande. È stato il forte odore di gas a richiamare l’attenzione degli agenti della Penitenziaria che sono corsi nella cella e hanno strappato il sacchetto ormai saturo di gas. Subito portato in infermeria, Bruzzone è stato rianimato. Nei suoi confronti, la direzione ha disposto una sorveglianza ancor più pressante. Il Comunicato del Sappe Ha tentato il suicidio in cella ieri pomeriggio nel carcere di Genova Pontedecimo Fabrizio Bruzzone, 40 anni, l’ex maresciallo dei carabinieri in forza alla squadra tutela della famiglia della procura di Genova che ha ucciso, nell’agosto scorso, con sette coltellate la moglie dalla quale stava separandosi, Mara Basso, 38 anni. È solo grazie all’attenzione e alla professionalità della Polizia Penitenziaria che il grave gesto non ha avuto tragiche conseguenze. Il tentativo di suicidio è avvenuto nel pomeriggio di ieri, inalando il gas della bomboletta che tutti i detenuti legittimamente detengono per cucinarsi e riscaldarsi cibi e bevande, come prevede il regolamento penitenziario. Ogni detenuto, secondo il regolamento, dispone di una bomboletta di gas. È un fatto drammatico che testimonia ulteriormente la necessità di intervenire immediatamente sull’organizzazione e la gestione delle carceri, dove il numero esorbitante dei detenuti e la carenza di personale non consentono più alla polizia penitenziaria di garantire i controlli necessari. A Pontedecimo sono presenti il doppio dei detenuti rispetto alla capienza regolamentare, che è di 90 posti, e mancano in organico ben 50 agenti di Polizia. Il modo in cui è stato tentato il suicidio ricorda quello della persona morta nel carcere di Pavia qualche anno fa; episodio per cui l’Amministrazione penitenziaria fu condannata a risarcire i familiari con 150.000 euro. Riteniamo che sia giunto il momento di rivedere il regolamento penitenziario, al fine di vietare l’uso delle bombolette di gas, visto che l’Amministrazione fornisce il vitto a tutti i detenuti. E un plauso particolare va rivolto ai bravi agenti di Polizia Penitenziaria di Pontedecimo per il senso del dovere e per l’attenzione che hanno scongiurato il suicidio del detenuto. Pavia: morì in carcere per una intossicazione da metadone, due medici sotto processo La Provincia Pavese, 18 dicembre 2010 Accusa e difesa a confronto, ieri mattina, per il processo sul caso di Tomas Libiati, il detenuto morto in carcere a Torre del Gallo nel 2007 all’età di 27 anni. Un confronto dal quale sono emersi tutti i punti oscuri di quel decesso, che già erano venuti fuori nel corso delle indagini. Libiati, morto per una intossicazione da metadone, era stato infatti portato al pronto soccorso, dove era stato curato con un antidoto al metadone, ma dimesso con una diagnosi da abuso di benzodiazepine. In aula c’erano i due medici del carcere imputati di omicidio colposo: Paolo Caparello (difeso da Maria Grazia Stigliano) e Pasquale Alecci (difeso da Girolamo De Rada). Erano presenti anche i familiari del giovane, parte civile attraverso l’avvocato Vio di Venezia: hanno chiesto un milione di euro. Imperia: problemi nelle carceri, delegazione della Cisl ha incontrato il Prefetto Agi, 18 dicembre 2010 È stata evidenziata, ancora una volta, la gravissima carenza di personale di Polizia Penitenziaria che interessa in primis l’Istituto del Capoluogo di Provincia, come peraltro denunciato a più riprese anche recentemente. Una delegazione della Cisl Fns, dopo aver incontrato l’Autorità Dirigente della Casa Circondariale di Imperia, è stata ricevuta dal Prefetto della Provincia di Imperia - Dott. Francescopaolo Di Menna - quale Rappresentante locale del Governo e Autorità provinciale di Pubblica Sicurezza, al quale sono state partecipate le criticità che interessano le Case Circondariali della Provincia di Imperia. Si è voluta incontrare l’Autorità in discorso, perché l’attuale situazione necessita di interventi sinergici improcrastinabili, ritenendo che un’azione congiunta di Organi Istituzionali altamente qualificati, in appoggio all’azione Amministrativa del vertice Penitenziario Ligure, sul Dap, possa portare all’auspicato incremento organico dei poliziotti Penitenziari Imperiesi a beneficio della sicurezza e del rispetto dei diritti contrattuali del personale. Nella circostanza, si è evidenziata, ancora una volta, la gravissima carenza di personale di Polizia Penitenziaria che interessa in primis l’Istituto del Capoluogo di Provincia, come peraltro denunciato a più riprese anche recentemente. Nello specifico a fronte di una dotazione organica prevista da apposito decreto Ministeriale assai risalente nel tempo, ovvero all’anno 2001, si denuncia una carenza di personale di Polizia Penitenziaria pari a 27 unità corrispondenti al 34,62 % dell’intera forza lavoro indicata in 78 unità dal predetto provvedimento Ministeriale, peraltro è doveroso sottolineare che da alcuni anni, ai posti di servizio rilevati dalla pianta organica del 2001, si sono aggiunti ulteriori tre posti di servizio che vanno inderogabilmente coperti. La conseguenza inevitabile, derivante da quanto in narrativa, è quella che le poche unità in servizio, devono farsi carico obtorto collo di enormi carichi lavorativi, sia in termini di posti di servizio da svolgere contemporaneamente sia in termini di orario di lavoro. Oltre all’iniziativa in narrativa, si comunica che il 20 una delegazione, composta anche da esponenti della segreteria Regionale, effettuerà una visita dei luoghi di lavoro dei due istituti della Provincia di Imperia e saranno redatte apposite relazioni che verranno inviate ai vertici Ministeriali e Provveditoriali. Roma: per Natale il Papa regalerà panettoni prodotti dai detenuti di Padova Ansa, 18 dicembre 2010 Sono stati prodotti artigianalmente da 15 detenuti a Padova i 232 panettoni che verranno donati da Benedetto XVI ai collaboratori, benefattori e prelati della Curia Romana in occasione delle festività natalizie. Lo riferisce l’Osservatore Romano. Si tratta di una specialità curata dai tre maestri pasticceri della cooperativa “I dolci di Giotto”, che sovrintendono alla lavorazione artigianale nel laboratorio “Due Palazzi” all’interno del carcere di massima sicurezza della città veneta. In questo modo, si cerca di reinserire nella società i detenuti della struttura circondariale insegnando loro un mestiere. In particolare, dodici panettoni da un chilo e mezzo, che il Papa donerà, sono confezionati all’interno di scatole riproducenti gli affreschi del Natale della cappella degli Scrovegni di Padova. “Parte del ricavato della vendita dei nostri panettoni - assicura Nicola Boscoletto, presidente del consorzio cooperative sociali Rebus - andrà a due realtà no profit: all’associazione Giuseppe e Margherita Coletta “Bussate e vi sarà aperto”, intitolata al brigadiere dei carabinieri morto a Nassiriya, e alla fondazione banco alimentare, che distribuisce ai poveri l’eccedenza dell’industria alimentare”. Porto Azzurro (Li): il teatro come unica forma legale di evasione… Il Tirreno, 18 dicembre 2010 Un percorso teatrale e umano lungo un decennio che domani mattina ha una sosta. Uno spettacolo teatrale “Ubu Re”, che prende forma come conclusione del lavoro annuale del laboratorio teatrale presso la Casa di Reclusione di Porto Azzurro. Una iniziativa che rientra nel progetto teatro in carcere, sostenuto e finanziato dalla Regione Toscana in collaborazione con l’amministrazione penitenziaria e gestita dall’Associazione Dialogo, diretta dalla regista Manola Scali in collaborazione con Bruno Pistocchi e Adriana Michetti. Carlo Mazerbo è il direttore della casa di reclusione di Forte San Giacomo. Dice: “I detenuti coinvolti nell’iniziativa sono circa 20 ed aderiscono con entusiasmo e costanza a questa opportunità artistico-culturale, che per noi operatori penitenziari assume una rilevante occasione di osservazione e conoscenza del detenuto. Domani sarà presentato un spettacolo che costituisce un importante momento non solo di svago ed intrattenimento ma soprattutto di vicinanza e condivisione”. In scena Ubu re (in francese, Ubu roi), un’opera teatrale di Alfred Jarry, appartenente al ciclo di Ubu di cui costituisce la prima parte, pubblicata il 25 aprile 1896 in “Le livre d’Art” e rappresentata per la prima volta il 10 dicembre 1896. Roma: progetto “È Natale per tutti”; Enrico Ruggeri si esibisce a Regina Coeli Adnkronos, 18 dicembre 2010 Si è conclusa con i detenuti del carcere di Regina Coeli in fila per farsi scattare foto con Renata Polverini ed Enrico Ruggeri la prima tappa “È Natale per tutti”, il progetto della Regione Lazio di portare musica, cinema e libri nelle carceri e negli ospedali di Roma e del Lazio fino al 6 gennaio. La voce di Enrico Ruggeri, che si è esibito con 7 brani scaldando la platea di un centinaio di carcerati, ha risuonato per circa un’ora nella prima rotonda del penitenziario romano. Al concerto, oltre che Renata Polverini hanno assistito l’assessore alla sicurezza Giuseppe Cangemi e l’assessore alla Cultura Fabiana Santini, il direttore del penitenziario Mauro Mariani e il capo del dipartimento amministrazione penitenziari Franco Ionta. Molti i momenti di coinvolgimento durante l’esibizione del cantautore, che ha strappato non pochi applausi alla platea, fino alle standing ovation per i pezzi più noti di cui i detenuti hanno intonato alcune strofe, come Mare d’inverno, Mistero e Quello che le donne non dicono. “Non è la prima volta che mi esibisco in un carcere -ha detto Ruggeri rivolgendosi ai detenuti- Sono uno che è arrivato a 18 anni negli anni ‘70, in una città turbolenta come Milano, dove c’erano un sacco di problemi, dalla droga al terrorismo. A sbagliare ci vuole un attimo. A me è successo di incontrare la musica e grazie a questo ho ridotto al minimo la possibilità di sbagliare. Per questo vi dico approfittate di questo tempo che avete da usare per trovarvi degli interessi, leggete libri, ascoltate musica, perché questo vi servirà molto appena ci rincontreremo fuori di qui”. Ma gli applausi dei carcerati sono stati diretti anche alla governatrice del Lazio che alla fine è stata salutata da un gruppo di detenuti che le hanno urlato “viva la Polverini” mentre altri, al termine del concerto, si sono alzati in piedi e dopo gli applausi hanno urlato “grazie”. “In alcuni momenti mi sono commossa - ha detto il presidente della Regione Lazio - mentre tutti vivono il momento del Natale abbiamo provato a regalare un po’ di serenità anche a chi vive in una condizione difficile come i detenuti. Le iniziative andranno avanti fino al 6 gennaio e saranno rivolte a tutti coloro che non possono vivere un Natale come tutti gli altri e per questo anche a chi si trova costretto in ospedale. Ringrazio di cuore tutti gli artisti che hanno accettato senza esitazione di partecipare a questa iniziativa”. Il progetto “È Natale per tutti” proseguirà nella sua seconda tappa oggi pomeriggio alle 16 all’ospedale Gemelli di Roma, dove verrà proiettato, alla presenza di Carlo Verdone, il suo ultimo film “Io, loro e Lara”. Immigrazione: la Corte Costituzionale boccia reato di clandestinità per i poveri Ansa, 18 dicembre 2010 Consulta respinge parte del pacchetto sicurezza: Non punibili gli stranieri con ordine di espulsione se sono indigenti. Lo straniero che ha ricevuto un ordine di espulsione, ma non lascia l’Italia perché si trova in “estremo stato di indigenza” o comunque per “giustificato motivo”, non sarà punito. Lo ha deciso la Corte Costituzionale, che in una sentenza ha bocciato parzialmente una delle norme del pacchetto sicurezza che prevede il reato di clandestinità. La questione è stata sollevata dal Tribunale di Voghera. I giudici della Consulta hanno censurato il fatto che non sia stato previsto il “giustificato motivo” nelle modifiche al testo unico sull’immigrazione introdotte col pacchetto sicurezza del 2009, “evitando che la sanzione penale scatti allorché, anche al di fuori della presenza di vere e proprie cause di giustificazione, l’osservanza del precetto appaia concretamente inesigibile in ragione, a seconda dei casi, di situazioni ostative al carattere soggettivo od oggettivo”. Come nel caso appunto di “estrema indigenza, indisponibilità di un vettore o di altro mezzo di trasporto idoneo, difficoltà nell’ottenimento dei titoli di viaggio”, la clausola di “giustificato motivo” esclude - sottolineano i giudici costituzionali - la “configurabilità del reato”. Clandestini espulsi Non è reato restare se si è in povertà (Corriere della Sera) La Carte Costituzionale fa cadere un altro pezzo del pacchetto sicurezza, in relazione al reato di clandestinità: non è reato restare nel nostro Paese per povertà. Non è quindi punibile penalmente lo straniero che in “estremo stato di indigenza”, o comunque per “giustificato motivo”, non ha obbedito più di una volta all’ordine di allontanamento del questore, continuando a rimanere illegalmente in Italia. Lo ha stabilito una sentenza, la 359, destinata a far molto discutere, la prima firmata dal neopresidente De Siervo. La Corte ha così bocciato una delle disposizioni della legge del 2009 che doveva servire a rendere più strette le maglie della permanenza degli immigrati irregolari sul nostro territorio. Se lo Stato intende espellere i clandestini, secondo la Corte, lo dovrà fare caricando su un aereo il clandestino, a spese della collettività. La nuova norma era stata invece pensata proprio per “invertire” l’onere dell’esecuzione del provvedimento, vista l’impossibilità pratica di un numero elevatissimo di accompagnamenti alla frontiera e il pesante costo dei rimpatri a carico dello Stato. La sentenza è stata apprezzata da Rosy Bindi, Barbara Pollastrini e Livia Turco del Pd e da Fabio Granata di Futuro e Libertà. “Il rimedio ordinario previsto dalla legge per la presenza illegale nel territorio dello Stato del destinatario di un provvedimento di espulsione, occorre ricordarlo, è l’esecuzione coattiva del provvedimento stesso”, annota la Consulta. “In assenza di tale misura amministrativa, l’affidamento dell’esecuzione allo stesso soggetto destinatario del provvedimento incontra i limiti e le difficoltà dovuti alle possibilità pratiche dei singoli soggetti, in un ragionevole bilanciamento tra l’interesse pubblico all’osservanza dei provvedimenti dell’autorità, in tema di controllo dell’immigrazione illegale, e l’insopprimibile tutela della persona umana”. Tale tutela - sempre secondo la Consulta - “non può essere esclusa o attenuata in situazioni identiche, ancorché successive, senza incorrere nella violazione dell’articolo 3, primo comma, della Costituzione”. In sostanza, cioè, la Corte Costituzionale (nonostante il richiamo alla tutela della persona umana) non ha riscontrato la violazione dell’articolo 2, cioè quello che stabilisce che “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”, ma quella del successivo articolo 3 per disparità di trattamento tra diverse situazioni inerenti allo stesso soggetto. I giudici della Consulta hanno ritenuto fondata la questione sollevata dal Tribunale di Voghera che doveva giudicare una donna straniera arrestata dopo che per la quarta volta non aveva dato seguito all’ordine del questore di lasciare il territorio nazionale. n caso era particolarmente grave dal punto di vista umanitario, visto che quando la donna era stata rintracciata nel sottoscala di uno stabile dove soggiornava, in stato di abbandono e priva di ogni servizio essenziale, e persino di riscaldamento, nonostante la temperatura di molti gradi inferiore allo zero. Ma, ora, al di là dei casi-limite umanitari, il principio del “giustificato motivo” fissato anch’esso dalla Corte potrà essere usato su larga scala. Il giurista Armaroli: impatto devastante Paolo Armaroli, professore di Diritto pubblico comparato e di diritto parlamentare all’Università di Genova, è molto critico con la sentenza della Corte Costituzionale. Per quale motivo? “Non uno, ma due. Il primo è di ordine tecnico, nonostante il relatore, Gaetano Silvestri, sia di grandissima levatura. La Corte in questo caso ha stabilito la violazione dell’articolo 3 perché il pacchetto sicurezza sanzionava la stessa situazione (il rimanere in Italia nonostante l’espulsione per indigenza o un giustificato motivo), in modi diversi, tanto da far scattare solo in un secondo tempo l’arresto. Ma proprio in materia penale una differenziazione simile è esplicitamente prevista ad esempio dall’istituto della sospensione condizionale della pena in caso di prima condanna, che non può essere più ottenuta in caso di recidiva. E nessuno l’ha giudicata mai incostituzionale”. La seconda ragione? “La Corte non ha valutato l’impatto, che non esito a definire devastante, della sua decisione sulla situazione dell’immigrazione nel nostro Paese. Gli immigrati clandestini sono indigenti per definizione. Quello della Corte, assomiglia a un Fiat iustttia et pereat mundus, sia fatta giustizia e perisca il mondo, di kantiana memoria. Eppure in tantissime altre decisioni, quelle con ampio impatto economico in materia pensionistica e previdenziale, la Corte si è comportata in modo opposto”. Gran Bretagna: riconosciuto il diritto di voto per detenuti condannati a meno di 4 anni Ansa, 18 dicembre 2010 Malgrado perplessità e riserve, il governo britannico ha annunciato oggi che i detenuti condannati a una pena inferiore ai quattro anni avranno il diritto di voto alle elezioni politiche e europee. Il 20 dicembre verrà presentato un emendamento alla legge del 1870 attualmente in vigore mentre il prossimo anno il parlamento di Westminster sarà chiamato ad approvare una nuova normativa. La decisione è stata presa dopo un braccio di ferro durato sei anni con la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu), istituita per vigilare sull’applicazione della Convenzione del 1950 varata dal Consiglio d’Europa. “Non avevamo scelta, è un obbligo legale - ha spiegato in un comunicato il sottosegretario per le riforme politiche e costituzionali Mark Harper - in ogni caso la nuova legge non estenderà il diritto di voto a chi ha commesso reati gravi”. Nel 2005 la Corte aveva sentenziato che la legge in vigore in Gran Bretagna dal 1870 è in contrasto con la Convezione europea dei diritti dell’uomo. Di fronte alla mancata applicazione della sentenza, lo scorso novembre il tribunale aveva dato sei mesi di tempo alle autorità britanniche. In base alle nuova legge, secondo quanto reso noto oggi, in casi particolari i giudici avranno la possibilità di negare il diritto di voto anche a chi subisce condanne inferiori ai quattro anni. Il premier conservatore David Cameron aveva preso personalmente posizione contro il diritto di voto ai carcerati. Il Prison Reform Trust, una Ong che tutela i detenuti, ha parlato di “passo nella giusta direzione”. Juliet Lyon, la responsabile dell’organizzazione, ha detto tuttavia che il progetto così com’è non sembra soddisfare le richieste della Corte europea. Messico: oltre 140 detenuti evadono dal carcere di Laredo Ansa, 18 dicembre 2010 Tra i 148 e i 191 reclusi sono evasi oggi, attorno alle 10 del mattino locali, dal carcere di Nuevo Laredo, città dello stato di Tamaulipas che condivide la frontiera Usa con la texana Laredo. Lo rende noto il quotidiano messicano El Universal, precisando che il numero dei fuggitivi potrebbe essere addirittura superiore in quanto i detenuti rimasti nel penitenziario hanno impedito agli agenti di custodia di effettuare il conteggio esatto. Per ora non si conoscono le circostanze della spettacolare evasione di massa. Intanto però un gran numero di pattuglie delle più diverse polizie - federali, municipali e locali - hanno messo in atto una caccia all’uomo in tutta la città. Al momento nessun evaso è stato ripreso. El Universal sottolinea inoltre che non si sa nulla del direttore del padiglione n.2 del carcere e di tutti i secondini che vi si trovavano. I blog inviati al giornale, al di là di ogni sorta di ironie (‘Speriamo che scappino tutti negli Stati Unitì), insinuano che potrebbero essere i complici della fuga. Cile: mille detenuti in sciopero della fame per ottenere migliori condizioni Apcom, 18 dicembre 2010 Circa mille detenuti sono in sciopero della fame da martedì in una prigione del Cile per ottenere una revisione della loro pena e migliori condizioni di detenzione, nove giorni dopo un incendio che ha provocato 81 morti in un altro stabilimento sovraffollato. “C’è un migliaio di persone in sciopero della fame” nella prigione di Santiago sud, che ospita oltre 6.600 detenuti, il doppio della sua capacità di accoglienza, ha detto una fonte della gendarmeria penitenziaria. “I detenuti chiedono una revisione della loro pena, che è un loro diritto, e l’accesso ad alcuni benefici di legge”, ha aggiunto.