Giustizia: a proposito di politica e di “garantismo” a senso unico… di Luigi Manconi Il Foglio, 18 agosto 2010 Se, come sostiene Tommaso Labranca il trash è un caso di emulazione fallita, “ultimo tango a Zagarolo” è un’originale prova di spirito comico, mentre Breathless (con Richard Gere e Valérie Kaprisky) è la parodia trash di À Bout de Souffle di Jean Luc Godard. Viene in mente questa associazione nel sentire ancora riproporre - e nel sol leone di agosto - la comparazione tra gaullismo e berlusconismo: basterebbe scorrere qualche testo (che so? un paragrafetto di Luciano Cavalli) per rendersi conto che il secondo, è, al più, un purissimo esemplare di trash-gaullismo. Certo, Berlusconi ha carisma, ne ha a iosa, ne ha in quantità abnorme, ma leader che promettano “la sconfitta del cancro entro tre anni”, o cose del genere, si ritrovano solo nei capitoli dedicati ai regimi teocratico-sciamanici dei Caraibi o ai sistemi del dispotismo asiatico o alle comunità magico-tribali dell’Africa profonda. Detto questo, va ricordato che il trash è un segno dei tempi, e non deve stupire che le ultime settimane abbiano rilanciato la discussione pubblica intorno ai principi fondamentali dello stato di diritto, al garantismo “vero” o “falso” e alle sue versioni appunto trash. L’occasione è stata “il Ferragosto in carcere” promossa dai Radicali italiani. Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, che pure ha apprezzato l’iniziativa ha fatto notare che sarebbe necessaria maggiore coerenza, da parte di alcuni dei partecipanti, tra i valori conclamati e le scelte legislative concretamente attuate, dal momento che la condizione rovinosa delle nostre galere non è dovuta a un accidente della storia, bensì a scellerate strategie di politica criminale. Leoluca Orlando ha polemizzato contro la “partecipazione provocatoria” di Nicola Cosentino e di Marcello Dell’Utri, in quanto i due esponenti del Pdl “in virtù della loro impunità politica e di leggi ad personam non hanno conosciuto e non conosceranno mai il carcere”. Per la verità Dell’Utri, il carcere l’ha già conosciuto e, in ogni caso, sì tratta di una questione di buon gusto o di senso dell’opportunità, che ciascuno risolve secondo la propria sensibilità. Dunque, la questione delle garanzie si pone su tutt’altro piano ed è qui che la categoria di trash come emulazione fallita aiuta a fare chiarezza. Il garantismo viene utilizzato oggi dal Pdl, come corpo contundente contro gli esponenti di Futuro e Libertà, che sarebbero preda di una ossessione giustizialista tale da renderli estranei a quei principi liberali che costituirebbero - dicono Gasparri e Cicchitto - “il nostro dna”. A parte il fatto che non se ne può più di sentir ripetere “il nostro dna” qua e “il nostro dna” là, la questione del garantismo è dirimente, ma nella sua rigorosa e irriducibile assolutezza. Ha gioco facile, il Pdl, a irridere la frase di Fini: “Chi è indagato si, deve dimettere”, ricordando come questa regola non venne fatta valere per Italo Bocchino, ma qui siamo dentro una logica tutta autoreferenziale. Le garanzie devono valere parimenti per finiani e anti finiani, per la sinistra e per la destra: e devono valere in base a il principio di eguaglianza sancito dalla Costituzione, “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Dunque quelle garanzie devono valere per tossicomani e disadattati, per stranieri e infermi di mente, per recidivi e poveri cristi. Ebbene per tutti questi non valgono affatto. Pertanto non mi scandalizzo se Dell’Utri e Cosentino visitano le carceri: semmai, è sconfortante che siano così pochi gli esponenti del centrodestra che vogliano assolvere a questo che è un dovere, oltre che un diritto. Ma, nel farlo, non stanno esprimendo alcuna vocazione garantista, così come non la stanno esprimendo Leoluca Orlando e altri esponenti del centrosinistra così tentati dal giustizialismo. Quella vocazione la si verifica altrimenti. Ad esempio, nell’impedire che oltre un terzo della popolazione detenuta continui a essere costituita da persone in attesa di giudizio e che migliaia e migliaia di altre si trovino in carcere in ragione della loro condizione esistenziale, perché immigrati irregolari o tossicomani cronici o pazzi o “socialmente pericolosi”. Il che rappresenta un oltraggio per quel principio liberale quello che dovrebbe costituire “il nostro dna” - che pone l’offensività (la lesione di un bene giuridicamente protetto) come condizione perché vi sia reato. Questo, sì, è un ottimo test di garantismo messo alla prova dei fatti, di garantismo insieme assoluto e concreto. L’altro, quello che ricorre all’evocazione dei principi dello stato liberale al solo fine di tutelare l’onorabilità di uno che, come Cosentino, non è capace di tutelarsela da solo, non è garantismo. È, appunto, garantismo trash. Un caso di emulazione fallita, come “La mandrakata” del 2002 rispetto all’originale “Febbre da Cavallo” di Steno. Giustizia: il giorno dopo le visite tutto come prima; onorevoli in vacanza, detenuti all’inferno di Pietro Ancona Img Press, 18 agosto 2010 Si è conclusa la kermesse degli oligarchi politici nelle carceri italiane. È durata tre giorni e pare abbia impegnato “centinaia” di parlamentari e loro disgraziati portaborse. Già da ieri gli oligarchi sono nei panfili, gioielli veri e propri della cantieristica navale da diporto dotati di tanti confort e di tecnologie ultramoderne, a riprendere le doratissime vacanze. Parentesi: a bordo di uno di questi si trovava il Presidente del Senato quando si è avuta la scossa tellurica nelle Eolie. Il nostro carissimo Schifano si è premurato di recarsi con la “barca” a Lipari per “coordinare” i soccorsi. Immagino che sia già ritornato alle sue occupazioni vacanziere. Ho letto tutti i resoconti giornalistici della visita dei nostri attempati boy scout capeggiati da Pannella con la consulenza speciale degli On. Dell’Utri e Cosentino che si sono fatti coinvolgere in questa iniziativa “umanitaria” che testimonia della loro sensibilità sociale. Si è trattato di una inutile pagliacciata con risvolti amari per i detenuti che si sentiranno abbandonati ancora di più al loro destino sempre più cupo. Le modalità e la pubblicità della visita non hanno fatto altro che acclarare quanto già sapevamo: che le carceri italiane stanno scoppiando perché restringono ventimila detenuti in più della loro capienza e che anche le condizioni delle guardie carcerarie non sono tra le migliori. Servono altri uomini. Dalla visita non è uscita nessuna altra notizia, nessuna novità. Si presenteranno interrogazioni al Governo. Ma non cambierà niente dal momento che il governo non ha nessuna voglia di cambiare le cose. Peggio stanno i detenuti e più si sente in linea con la politica securitaria di odio per chi sbaglia che ha consentito alla destra di stravincere le elezioni. Anni di martellamento sul tema della sicurezza hanno prodotto una “cultura” ostile alla causa dei carcerati. Basta leggere i commenti che arrivano ai giornali o in internet. Il governo è riuscito a creare un clima nei confronti dei suoi prigionieri che va dall’odio razzista all’indifferenza. Se sono in galera sono colpevoli. Debbono pagare! Niente è stato fatto dal Ministro Alfano in questi due anni e niente sarà fatto in futuro. Probabilmente si aspetta una crisi umanitaria per fare passare una amnistia, un indulto che saranno studiati accuratamente per essere utili ai grandi criminali colletti bianchi. Un alleggerimento delle pene per tutti si farà soltanto se alcuni personaggi ne potranno fruire. Se non sarà così non se ne farà niente. Probabilmente questo spiega la presenza di Dell’Utri e Cosentino nel blitz ferragostano. I due si prenotano per possibili future “agevolazioni”. Bastano alcune cifre per avere contezza della inciviltà della condizione dei carcerati italiani. Su quasi settantamila detenuti soltanto la metà sono stati condannati definitivamente. Quindicimila sono in attesa di primo giudizio. I detenuti stranieri sono 25 mila di cui sei mila in attesa del primo giudizio di condanna. Le carceri sono discariche sociali dei poveri, oramai abbandonate a se stesse. Laddove c’è l’iniziativa di un bravo direttore che ha il coraggio di non stare dentro il rigore mortuario dei regolamenti ed assume una qualche iniziativa sportiva o teatrale i risultati sono entusiasmanti. Ma la condizione generale è quella che ha spinto al suicidio 40 disperati dall’inizio dell’anno. La visita ferragostana dei parlamentari non fa emergere la verità della condizione reale delle carceri. Non c’è né tempo né spazio né opportunità per una informazione vera, per un bagno di verità. I detenuti e le guardie carcerarie parlano dentro lo schema prefabbricato della visita. Si parla sopratutto delle condizioni igienico-sanitarie tra le più incivili d’Europa. C’è una semplificazione delle problematiche che vengono ricondotte a due temi: sovraffollamento e carenza di personale. Ma che cosa c’è davvero dietro le sbarre non lo sappiamo e non lo sapremo mai da queste visite propagandistiche e improduttive. Ci vuole un diverso esercizio della ispezione parlamentare che in Italia non viene esercitata. Le visite “ispettive” si fanno soltanto a reclusi potenti nel pochissimo tempo che restano in carcere. Ho ancora davanti gli occhi l’indecente processione di onorevoli e alti papaveri alla cella di Sulmona di Ottaviano Del Turco. Lo sguardo di tutti costoro non si sono mai posati sui detenuti “ordinari” di un carcere famigerato per i suoi suicidi. Quasi un suicidio all’anno negli ultimi dieci anni. Salutato l’illustre recluso nessuno si è fermato un istante a parlare con qualcuno dei ristretti. In fretta, in fretta via! Le leggi fondamentali che hanno affollato le carceri italiane non saranno abrogate da questo governo. Si tratta della Fini-Giovanardi e delle leggi sulla sicurezza che hanno criminalizzato i sanspapiers. Quasi un terzo della popolazione carceraria è frutto di questi provvedimenti di ingiustizia, di odio di classe, di persecuzione securitaria. Una parte dei detenuti potrebbero essere sfollati attuando pene alternative. Ma potete scommetterci: la popolazione carceraria continuerà ad aumentare e soltanto un grave evento potrà portare all’unica misura che gli Oligarchi hanno in testa: l’amnistia o l’indulto. E nessuno si azzarda a mettere mano ai regolamenti carcerari che permettono di trattenere a tempo indefinito persone che hanno già scontato la pena e graduano l’afflittività del carcere sulla base di classificazioni di stampo fascista. Giustizia: dopo esserci indignati e impegnati, potremo gettare la spugna con gran dignità Il Giornale, 18 agosto 2010 Con la rassicurante regolarità con cui, ogni anno, si formano code sull’Autosole, una tromba d’aria terrorizza i bagnanti della Riviera o, ogni giorno, c’è una notizia sul traffico tra Candela e Caianello, monta lo scandalo dei penitenziari. Alti lai da sinistra, con contrappunto di coro sul “fallimento del carcere” da parte degli intellettuali di accompagnamento, ammissioni intrecciate di concessive nel centrodestra. Siamo scafati: non ci limitiamo all’oggi ma anticipiamo il seguito di questa amara soap opera estiva. Luglio è la stagione della denuncia della barbarie dietro le sbarre (che dura tutto l’anno ma non dappertutto: le isole di eccellenza, gestite da professionisti eccezionali, andrebbero incoraggiate). A inizio agosto, invece, frutto di un’alchimia pari a quella che regola la comparsa dei funghi sull’Appennino, sopraggiunge il consueto efferato delitto commesso da un semilibero (meglio se sospetto pedofilo, ottimo se anche terrorista islamico in pectore). Notizia provvidenziale anch’essa, preceduta dal tappeto sonoro di evasioni rocambolesche, sia perché consente qualche minuto di attenzione per chi subisce, in silenzio, il trattamento più infame di tutti: la vittima del reato; sia perché consente l’alternanza: vivaci proteste dal centrodestra dell’emiciclo, perplessi distinguo altrove. Prima che, a Ferragosto, prenda il largo la solita proposta - bipartisan e risolutiva - di tassare i guadagni delle prostitute, tentiamo di dire una qualcosa di diverso. La politica italiana potrebbe avanzare pretesa nei confronti di Mrs. Rowling, per violazione del diritto d’autore. Come in una scena madre di Harry Potter, i protagonisti si scagliano incantesimi: qui le formule del “diritto penale minimo” e del rilancio dell’edilizia penitenziaria. Slogan vuoti e improvvidi destinati alla fine triste degli ombrelloni a fine estate. Il diritto penale è già minimo (il processo, invece, più evoluto, è ormai ai minimi termini). I condannati fuori sono più dei detenuti in carcere. In carcere stanno moltissimi poveracci, ma ciò non dipende dal codice, ma dall’assenza di supporti (casa, lavoro) che escludano la recidiva. Il diritto non può, se non in un delirio di onnipotenza di cui si intravedono talora i segni, curare la società, così come, insegnava Mario Canepa, “il pretore non può far viaggiare in orario i treni”. Il degrado, dove c’è, non si risolve per legge, punitiva o premiale che sia, più che per magia. L’edilizia penitenziaria è una risposta logica, ma trascura di domandarsi se non sia più produttivo ed economico migliorare controlli e supporti delle misure alternative. Analisi impossibile, per ragioni che è forse malizioso indagare: in Italia non esiste alcuno studio nazionale, consolidato e scientifico, del fenomeno della recidiva. Non vale però la pena di affannarsi troppo: a settembre ricominciano attività parlamentare e processi vip e, diceva Fabrizio de André, dopo esserci indignati e impegnati, potremo gettare la spugna con gran dignità. Giustizia: Osapp; molte carceri “preparate”, per mostrare ai politici condizioni migliori Ansa, 18 agosto 2010 “Siamo sempre più convinti, e lo abbiamo testimoniato in questi giorni di visite parlamentari, che ai politici non è stato mostrato tutto: in molti penitenziari prima delle visite preannunciate sono state preparare condizioni migliori, soprattutto per quanto riguarda la presenza di poliziotti penitenziari in tutti i posti di servizio. A quante prestazioni straordinarie si è fatto ricorso nelle giornate del 14 e del 15 agosto?”. Lo sottolinea - in una nota - il segretario del sindacato autonomo di polizia penitenziaria Osapp Leo Beneduci. “Per noi - aggiunge - la soluzione va ricercata nel trattamento, ovvero nel lavoro: dobbiamo rendere libere le celle puntando su quei detenuti che hanno una condanna definitiva”. “Infatti il 60% dei reclusi, circa 42mila soggetti, scontano una pena definitiva durante la quale il carcere ha l’onere di provvedere al proficuo reinserimento nella società ed è altrettanto obbligatorio, per legge, che il soggetto lavori, per far rientro in cella solo la sera. Questa soluzione - conclude Beneduci - alleggerirebbe i disagi del sovraffollamento e sarebbe più agevole il lavoro di chi è incaricato della sorveglianza. Ma pare che il ministro della Giustizia Alfano non lo abbia ancora capito se rimanda tutto alla soluzione edilizia”. Lettere: in carcere un suicidio ogni 5 giorni, quando si risveglieranno le nostre coscienze? di Franco Fois Il Gazzettino, 18 agosto 2010 Siamo arrivati a quarantuno suicidi dall’inizio dell’anno nelle carceri italiane, uno ogni cinque giorni. Quarantuno persone sotto tutela dello Stato non hanno retto alle infernali condizioni in cui erano costrette a vivere. Condizioni che fanno assomigliare le nostre carceri a quelle di un paese del terzo mondo, luoghi destinati al recupero dei valori della legalità e del rispetto delle regole dove ogni giorno legalità e regole vengono calpestate: quasi 70.000 detenuti in carceri che ne possono contenere al massimo 44.000, celle per due persone che ne ospitano sei, letti a castello a tre piani dove si deve dormire legati per non rischiare di cadere di sotto, materassi a terra perché non c’è più posto per le brande, spazi talmente limitati da dover fare i turni per poter stare in piedi, strutture fatiscenti, nessuna attività lavorativa, nessun programma di recupero, mancanza di beni elementari come i prodotti per la pulizia delle celle, carta igienica razionata quando non assente, epidemie di malattie come la scabbia, agenti penitenziari pesantemente sotto organico costretti a fare i salti mortali per cercare di gestire la situazione e ridurre i danni per loro e per i detenenti. Un morto ogni cinque giorni nelle carceri italiane: a quale livello deve arrivare la barbarie perché diventi insopportabile per le coscienze di questo paese? Lettere: per chi è ospite nelle carceri l’estate è un tempo maledetto… di Antonio Mattone (Comunità di Sant’Egidio) Il Mattino, 18 agosto 2010 Per chi è ospite nelle carceri l’estate è un tempo maledetto. Il carcere non è un hotel a cinque stelle come pensa qualcuno. Il caldo appiccicoso nella cella che devi condividere con dodici o più persone ti annienta. Se sei fortunato fai la doccia tutti i giorni, altrimenti due volte a settimana. I ritmi quotidiani sono scanditi dalla “conta” che dà la sveglia mattutina e dall’ora d’aria dove si cammina su e giù freneticamente per il cortile e poi si torna in cella. Gli stranieri sono quelli che soffrono di più. Soprattutto quando hanno le famiglie lontane e non fanno colloqui. Ne ho incontrati tanti senza sapone per lavarsi e sigarette per ingannare il tempo. Il Grand Hotel Poggioreale non ha offerte allettanti per gli stranieri. Il sovraffollamento ha raggiunto livelli mai registrati nella storia della Repubblica. In Campania sono presenti quasi ottomila detenuti a fronte di una capienza regolamentare di cinquemila e quattrocento. La situazione è così critica che il Dap ha emesso una circolare dove “si raccomanda alle direzioni di compiere ogni sforzo per consentire la massima estensione degli orari di accesso agli istituti per i volontari e per rappresentanti della comunità esterna”. Racconta Ciro che nella sua cella si dorme su un letto a castello alto tre piani. In poche parole chi dorme all’ultimo piano deve stare attento a come muoversi perché ha il viso a trenta centimetri dal soffitto. Se poi ti ammali tutto diventa ancora più difficile. Il passaggio delle competenze della Sanità penitenziaria dal ministero di Giustizia alle Asl procede a ritmi lenti. Non è che prima andava meglio. Anzi adesso qualcosa si muove. Dopo il convegno promosso dal Forum Campano per la salute dei detenuti, Istituzioni, associazioni, universo carcerario, tutti sembrano consapevoli che c’è bisogno di uno spazio per discutere di questi gravi problemi troppo spesso ignorati. Ma vale la pena di occuparsi di chi è recluso in carcere? Non sono irrimediabilmente irrecuperabili i detenuti? Si dice che per avere una società più sicura bisogna costruire più carceri, farvi entrare chi delinque e poi “buttare la chiave”. Eppure la popolazione carceraria è molto diversificata e disomogenea. In carcere ho incontrato persone di tutti i tipi. Al padiglione Firenze del carcere di Poggioreale ci sono tanti giovani tra cui Enzo, faccia da bambino, modi gentili e un mestiere da utilizzare all’occorrenza, il barbiere. In carcere mi ha detto: “Quando uscirò voglio fare qualcosa per i poveri come fai tu”. Enzo è tornato libero e una volta al mese viene a tagliare i capelli nella casa alloggio per anziani della Comunità di Sant’Egidio, dove ha incontrato Luigi, anche lui uscito dà un altro carcere, un “cronicario per anziani”. I due hanno stretto un forte legame di amicizia e di solidarietà. Gianni, invece, faceva il carrellista in una fabbrica del Nord, mestiere che gli consentiva di mantenere dignitosamente la sua famiglia. Poi si è separato dalla moglie è tornato a Napoli ed è finito in miseria. Le difficoltà economiche gli hanno fatto percorre le strade dello spaccio di droga, ma in carcere ha perso tutto ed è rimasto solo, con la camorra pronta ad aiutarlo. Gianni ha rifiutato il legale che “il sistema” gli aveva offerto, ora è uscito dal carcere e lavora stagionalmente in un ristorante di una spiaggia toscana. Mi chiama tutti i giorni per sentire una voce amica e una volta mi ha detto: “Ma se a settembre torno a Napoli, me lo trovi un lavoro da carrellista?”. Un giovanissimo del padiglione del padiglione Firenze si ricorderà di questa estate non solo perché è la prima che trascorre in carcere, ma soprattutto per le gravi ustioni che gli ha provocato lo scoppio di una bomboletta di gas utilizzata per cucinare. Il carcere è la cartina di tornasole della nostra società. Se lo rendiamo più umano saremo tutti migliori, e se riusciamo a pensare che quello che succede oltre quelle mura ci riguarda, questa estate sarà un po’ meno amara, per tutti. Anche questa estate in carcere ci appartiene, estate di sofferenza ma anche di speranza. Lettere: non basta entrare in carcere una volta all’anno, per ripetere le stesse cose di Bruno Temil La Repubblica, 18 agosto 2010 Il ferragosto nelle carceri. Sono almeno 3 anni che i nostri parlamentari entrano a far visita nelle carceri italiane per verificare le condizioni di vita dei detenuti. Ogni anno a ferragosto si elencano problemi che riscontriamo da decenni (sovraffollamento, condizioni igieniche precarie, suicidi, personale di custodia non sufficiente, ecc.). Non basta entrare una volta all’anno per ripetere le stesse cose. Occorre che si avanzi anche una soluzione. Se davvero tutti i politici che hanno visitato in questi giorni le carceri italiane hanno a cuore di risolvere i problemi si impegnino prima di tutto per evitare lo scioglimento delle Camere e allo stesso tempo per proporre significative nome legislative (misure alternative alla detenzione, depenalizzazione di certi reati, riduzione della custodia cautelare, agevolazioni alle imprese nell’assunzione di detenuti in semi-libertà ed ex detenuti) e chiaramente un potenziamento del personale di custodia. Lo so che trovare una soluzione non è facile ma è evidente che la situazione attuale (a Tolmezzo nel carcere che frequento in 11 metri quadrati di spazio in cella vivono tre detenuti)è di tale gravità che richiede urgenti misure se non vogliamo registrare nei prossimi mesi una lunga lista di suicidi nei nostri penitenziari. Umbria: dalla Regione un impegno per il reinserimento sociale detenuti Asca, 18 agosto 2010 “La Regione Umbria è impegnata da anni in progetti di promozione e reinserimento sociale dei detenuti, in collaborazione e all’interno delle strutture carcerarie”. È quanto ha ricordato la vicepresidente della Giunta regionale dell’Umbria e assessore alle Politiche sociali Carla Casciari che, nella giornata di Ferragosto, ha visitato le carceri umbre di Capanne e Spoleto, insieme a una delegazione dell’Italia dei Valori. “Con la sottoscrizione di protocolli di intesa e convenzioni - ha spiegato - vengono finanziati progetti che assicurano ai detenuti strutture di accoglienza per la visita dei familiari, programmi per il reinserimento nel mondo del lavoro e di recupero per detenuti tossicodipendenti, iniziative di socializzazione e integrazione sociale. All’interno delle carceri, inoltre, sono presenti uffici di consulenza legale”. Casciari ha aggiunto “come Giunta regionale siamo impegnati anche per la nomina del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale, figura istituita con legge regionale n. 13 del 2006. Una legge che intendiamo rivedere in modo da rendere più attuabile l’individuazione e l’operatività del Garante”. “La visita nelle due carceri - ha sottolineato - è servita a conoscere meglio e soprattutto a far conoscere la difficile realtà carceraria di chi ci lavora e chi ci vive. Dopo un lungo e costruttivo incontro con i direttori e il personale penitenziario, abbiamo visitato le sezioni detentive intrattenendoci con i detenuti”. Nella casa circondariale di Perugia, sono 558 i detenuti, con 246 unità di polizia penitenziaria “sotto organico di 133 unità - ha evidenziato la Vicepresidente - dimezzati, ma ancora troppi i 37 materassi sui pavimenti delle celle dove ci sono tre detenuti, invece dei due previsti e già costretti in uno spazio esiguo di 9 metri quadrati. Unico comfort, la doccia in ogni stanza”. Sono, invece, 671 i detenuti nella casa di reclusione di Spoleto, con 330 agenti di polizia penitenziaria affiancati da 30 unità di agenti speciali per la sicurezza dei detenuti in regime di “41 bis”. Una struttura, quella spoletina, nata per ospitare medio-lunghe detenzioni, ma che ormai da un anno accoglie anche detenuti in attesa di giudizio e con pene brevi. “Sono purtroppo noti l’insufficiente numero di agenti di sicurezza e la limitatezza di risorse con le quali gestire strutture obsolete ed un numero raddoppiato di “ospiti” - ha detto Casciari. Per questo, va ancora di più riconosciuto il merito degli agenti che alla professionalità sanno aggiungere una grande umanità nei rapporti con i detenuti, improvvisandosi all’occorrenza psicologi, cappellani e infermieri”. Questo non basta a rendere le strutture carcerarie funzionali alla rieducazione del detenuto. “Al contrario, - ha affermato ancora - il carcere può provocare un disagio psichico, strappando dagli affetti e costringendo ad una convivenza coatta e costrittiva. Da questo punto di vista, è un’esperienza assolutamente distruttiva che segna la vita anche di chi è recluso in attesa di giudizio o in custodia cautelare”. “La possibilità di cambiamento - ha aggiunto - non sta nella costruzione di nuove strutture o nel raddoppio dei posti per cella, come previsto da una circolare ministeriale, o ancora peggio nel ricorso a indulti o riduzioni di pena da scontare ai domiciliari, ma nella revisione del Codice penale in modo da ridurre gli arresti per reati minori”. Per Casciari “la discussione politica dovrebbe spostarsi su come amministrare la pena, su come somministrarla, fermo restando che chi ha commesso un reato deve essere punito. Dobbiamo pensare al carcere come un luogo in cui, facendo leva su lavoro, formazione e istruzione, si possa ricostruire e rieducare, un percorso valido sia per chi ha commesso reati minori a seguito di un disagio sociale, sia per chi diversamente dovrà rientrare nel contesto sociale dopo una lunga detenzione”. Cagliari: nel carcere di Buoncammino un detenuto su tre con malattie mentali L’Unione Sarda, 18 agosto 2010 Troppi detenuti, pochi agenti. Le carceri sarde sono a rischio collasso a causa del sovraffollamento e della carenza di personale. La radiografia desolante sul mondo penitenziario viene alla luce dopo la visita negli istituti isolani di deputati, senatori e consiglieri regionali nell’ambito della seconda edizione Ferragosto in carcere. Ieri, nella sala consiliare di palazzo Regio, la vice presidente della Provincia Angela Quaquero, Roberto Loddo, dell’associazione 5 Novembre, i consiglieri regionali Massimo Zedda e Claudia Zuncheddu hanno illustrato i risultati del monitoraggio effettuato negli istituti di pena della provincia tra il 12 e il 15 agosto. “Lo scopo delle visite è quello di fare una ricognizione sulla drammatica situazione delle carceri per conoscere come vivono la realtà quotidiana direttori, agenti, medici, psicologi, educatori e detenuti”. Ciascuno di loro, a sentire Loddo, ha qualche rimostranza da fare. Com’è la situazione dietro le sbarre in Sardegna? “Nelle patrie galere isolane sono rinchiusi 2300 detenuti a fronte di una capienza massima di 2 mila posti”. Trecento esuberi che causano sovraffollamento e disagi in una realtà dove gli spazi, per ovvi motivi di sicurezza, sono ridotti al minimo. Loddo ha visitato i due istituti di pena dell’area metropolitana: Buoncammino e il carcere per minorenni di Quartucciu. In quest’ultima struttura i ragazzi rinchiusi sono 13 e hanno a disposizione spazi sufficienti per il recupero. Discorso inverso per gli agenti: pochi (appena 29 in servizio) e costretti a turni massacranti e a rinunciare ai diritti più elementari: riposi e ferie. “Buoncammino è il carcere della pazzia e della droga”. Il rappresentante dell’associazione 5 Novembre non ha esitazioni a giudicarlo negativamente. “Durante la visita abbiamo contato 521 reclusi, a fronte di una capienza tollerata di 469”. Ma il dato più inquietante è quello dei malati con patologie psichiatriche. “Nell’istituto cagliaritano sono 176”. Poco meno di un terzo del totale. Ci sono poi i reclusi con problemi di tossicodipendenza in terapia metadonica (48) e quelli affetti da epatite C (103). E mentre in qualche cassetto del Consiglio regionale giace la proposta di legge della Zuncheddu per l’istituzione di un garante dei detenuti, Roberto Loddo mette sul piatto una serie di proposte “che renderebbero le carceri più umane e trasparenti: 1) depenalizzazione e decarcerizzazione, 2) fermare le morti in carcere, 3) applicazione del principio di territorialità della pena, sono numerosi i detenuti sardi, in esecuzione di pena o in attesa di giudizio, rinchiusi nelle carceri della penisola, 4) applicazione della riforma sanitaria in tutte le carceri sarde, 5) istituzione del garante dei detenuti in Sardegna, 6) basta con bambini in carcere e case-famiglia per le madri”. Trento: nuovo carcere non può aprire per mancanza di agenti, i parlamentari si mobilitano Il Trentino, 18 agosto 2010 I parlamentari trentini si mobilitano per un’azione di pressione bipartisan nei confronti del ministro della Giustizia, Angelino Alfano, per ottenere la dotazione di agenti carcerari necessari per l’apertura del nuovo carcere di Trento a Spini di Gardolo. A cercare di organizzare una mobilitazione congiunta è il senatore del Pdl, Giacomo Santini , che nel fine settimana di Ferragosto, come la collega Laura Froner (Pd), ha fatto visita ai carcerati di via Pilati partecipando all’iniziativa nazionale voluta dai Radicali che ha sollevato l’attenzione sul grave problema di sovraffollamento delle carceri italiane. “Sto preparando una lettera - annuncia Santini - che proporrò di firmare a tutti i parlamentari trentini da inviare al presidente Berlusconi e al ministro Alfano. Faremo presente che nel caso di Trento non si tratta solo di un problema di assunzione di personale, richiesta da tutte le carceri italiane, ma di avere a disposizione una struttura nuova e moderna e di non poterla aprire perché manca personale. Penso di scrivere una lettera dai toni ultimativi - continua Santini - chiedendo che venga risolto il problema entro un mese dal 30 settembre, che è la data entro la quale è previsto che vengano ultimate le verifiche e i collaudi per l’agibilità. Se così non accadesse sarebbe una figura infame, perché a Trento, a differenza che altrove, si è in grado di affrontare l’emergenza perché si è già fatto il carro e si ha il cavallo ma non si può partire perché mancano le redini e la frusta”. Il senatore del Pdl si dice fiducioso che dal ministero della Giustizia possa arrivare una risposta positiva avendo lui parlato con il sottosegretario Casellati che si occupa della questione carceri: “Entro la fine dell’anno saranno assunti 2.000 nuovi agenti carcerari. È vero che 1.500 andranno in pensione nei prossimi due anni ma conto sul fatto che per attivare un carcere nuovo vi sia una attenzione particolare”. In Comune si chiedono più formazione e lavoro Ad oggi l’ordine del giorno porta le firme dei consiglieri Pd, di Dario Maestranzi (Leali), Lucia Coppola (Verdi) e Francesco Porta (Prc). Per un motivo o per l’altro il resto della maggioranza - Upt, Patt e Udc - ha preferito aspettare, segno che il tema carcere resta un terreno scivoloso e sicuramente impopolare. La mozione chiede alla giunta di integrare il più possibile il nuovo carcere di Spini di Gardolo nel contesto territoriale, favorendo il rapporto tra la struttura penitenziaria e la comunità, e di investire su un progetto di interventi che aiutino i detenuti in un percorso di rieducazione e reinserimento nella società. Il documento (primi firmatari Serra, Pedrini, Bungaro, Purin) nasce dalla visita in carcere che un gruppo di consiglieri comunali ha effettuato la scorsa primavera e dalle prospettive che si aprirebbero con il trasferimento dei detenuti nel nuovo carcere. “Oggi nel carcere - ricordano i firmatari - è attivo un laboratorio di assemblaggio che occupa 8 detenuti per 3 ore al giorno per 5 giorni, su turni bimestrali, e il personale docente è costituito da due soli insegnanti a tempo pieno. L’accesso al lavoro esterno ma anche le pene alternative spesso sono legate alla presenza sul territorio di strutture, luoghi, persone preparate e formate”. Su questo - incalza l’ordine del giorno - le istituzioni devono investire: tra le proposte c’è anche quella di sostenere il detenuto nel momento delicato dell’uscita dal carcere e di creare servizi a sostegno dei visitatori del carcere. Subito il Garante dei detenuti Favorire le misure alternative al carcere e istituire subito il “garante dei detenuti”. Sono le proposte che il consigliere provinciale Mattia Civico (Pd) rilancia all’indomani delle visite di Ferragosto in carcere. Una situazione che anche a Trento e Rovereto è ormai di emergenza, con celle sovraffollate e condizioni disumane. “Dobbiamo impegnarci perché queste occasioni servano a migliorare le condizioni nei penitenziari, altrimenti restano solo di facciata”, incalza Civico. Sabato ad entrare in carcere è stato il senatore Giacomo Santini (Pdl), domenica l’onorevole Laura Froner e la consigliera provinciale Sara Ferrari (Pd). All’uscita tutti e tre hanno raccontato di una situazione intollerabile, con celle che ospitano il doppio dei detenuti rispetto alla capienza, strutture fatiscenti, carenza di agenti di custodia. Quel personale che manca per poter aprire il nuovo carcere di Spini, che potrebbe ospitare 244 detenuti. “Le condizioni di vita in carcere sono al di sotto degli standard di un paese che si definisce democratico”, denuncia Mattia Civico, che su questo tema si batte da anni. “Oggi, dopo un’impressionante scia di suicidi, il grido di sofferenza è arrivato finalmente all’opinione pubblica. Ma per far sì che le visite di Ferragosto non siano un’operazione-spot, è importante che da esse scaturisca una proposta concreta per migliorare la situazione”. Un contributo, secondo il consigliere che ha presentato un disegno di legge a firma del gruppo Pd, è la creazione del garante dei detenuti, già operante in molte Regioni. Una figura che ha tra i suoi compiti quello di incontrare i detenuti, esercitare funzioni di vigilanza, operare insieme alle istituzioni per assicurare il diritto alla salute, all’affettività, alla qualità della vita, all’istruzione e al lavoro, per favorire il reinserimento sociale. “Il sovraffollamento, la fatiscenza degli edifici e la carenza di personale che scandalosamente a Trento impedisce di aprire il nuovo carcere - osserva Civico - ledono i diritti dei detenuti. In Italia vige ancora la norma di ispirazione beccariana per cui il carcere serve a reintegrare chi ha commesso un reato nella società civile”. E per ottenere questo, incalza l’esponente del Pd, occorre puntare con forza sulle pene alternative alla detenzione: “L’80% dei detenuti è straniero e difficilmente accede alle misure alternative perché non ha un domicilio”. Infine, sull’apertura del nuovo carcere di Spini, Civico è netto: “Siamo pronti a una battaglia bipartisan per sollecitare il governo ad assumere gli agenti necessari. Il nuovo carcere rappresenta un’occasione di realizzare condizioni vivibili e opportunità di lavoro e formazione che favoriscono il reinserimento”. Pescara: otto detenuti nelle celle di pochi metri quadri… e il governo ha tagliato i fondi Il Centro, 18 agosto 2010 Il numero dei detenuti al carcere di San Donato supera di quasi due volte il limite della capienza regolamentare. Sono 209 i reclusi, ma dovrebbero essere massimo 110. Ci sono celle di soli 28 metri quadrati dove vivono in 8. Ognuno ha a disposizione 3 metri quadrati. Una situazione esplosiva, emersa domenica scorsa durante la visita organizzata da una delegazione del Pd nella struttura di San Donato. La deputata Vittoria D’Incecco ha aderito all’iniziativa del “Ferragosto in carcere”, organizzata dai Radicali a livello nazionale. La casa circondariale di Pescara non è tra le peggiori d’Italia, ma risulta comunque sovraffollata. Nel novembre dell’anno scorso, quando scoppiò la rivolta dei detenuti per le difficili condizioni di vita all’interno del carcere, i reclusi erano 219. Ora sono 209, dieci in meno, di cui un quarto sono stranieri. La situazione potrebbe lievemente migliorare in futuro con la riapertura di un padiglione penale ancora chiuso per lavori, ma adesso la struttura appare inadeguata come capienza, rispetto al numero di persone recluse. La delegazione del Pd, guidata dalla D’Incecco e composta dal capogruppo Moreno Di Pietrantonio e dai consiglieri Marco Alessandrini e Giuliano Diodati , ha riscontrato anche degli elementi positivi: le celle sono state trovate in buone condizioni igieniche e il direttore Franco Pettinelli è risultato molto apprezzato dai detenuti. I dati, forniti dallo stesso direttore, indicano però delle sofferenze all’interno della struttura. I casi più drammatici sono stati riscontrati nel terzo braccio di giudiziaria, il più affollato dell’istituto: i detenuti presenti sono 71, ma quel reparto ne può ospitare solo 34, cioè la metà di quelli registrati effettivamente. Le celle scoppiano di gente: in stanze di appena 28 metri quadrati ci vivono ben 8 reclusi. Ognuno deve sopravvivere in poco più di tre metri quadrati. Neanche nei canili c’è così poco spazio. I bagni sono collocati in piccoli vani separati, ma la privacy, a causa del grande numero di ospiti, è praticamente inesistente. L’acqua calda è disponibile solo per poche ore al giorno. Il numero di ore che ogni detenuto trascorre in cella dipende dal tipo di reclusione e dalla condanna stabilita dal tribunale, ma in genere i reclusi hanno a disposizione 5-6 ore d’aria d’estate e 4 d’inverno. Di notte, a luglio e agosto, quando fa molto caldo, la porta blindata delle celle viene lasciata aperta. Gli agenti di polizia penitenziaria dovrebbero essere 148, secondo quanto prevede la pianta organica. Invece, ne risultano assegnati alla struttura 153, di cui 116 in servizio effettivo. Ogni agente deve quindi controllare in media due reclusi, ma bisogna anche considerare quelli in regime di 41 bis e di alta sicurezza, in tutto una ventina, che necessitano di una vigilanza più stretta. Ci sono poi a disposizione 5 educatori e uno psicologo. La detenzione di ogni recluso costa allo Stato quanto l’affitto di una stanza in un albergo a cinque stelle. La spesa media ammonta a 140 euro al giorno, di cui 116 per gli stipendi del personale, 16 per la manutenzione del carcere e per i consumi di luce e gas e solo 8 per vitto e alloggio del detenuto. A novembre 2009 scoppiò la rivolta per chiedere aiuto alle istituzioni Il 22 novembre dell’anno scorso, al San Donato scoppiò la protesta dei reclusi per il sovraffollamento della struttura. I detenuti batterono oggetti metallici contro le sbarre per attirare l’attenzione all’esterno sulle loro condizioni. La rivolta andò avanti per tre giorni consecutivi. Al di fuori del penitenziario, fino alle abitazioni di via Alento, si sentirono a più riprese le voci dei reclusi che urlavano “Sovraffollamento”. Vennero bruciati degli stracci dalle finestre, gli agenti di polizia penitenziaria dovettero intervenire più volte per evitare che la situazione degenerasse. Ci fu anche qualche incidente. La rivolta si concluse al terzo giorno con la richiesta, da parte dei detenuti, di maggiore attenzione delle istituzioni nazionali e locali per la difficile situazione nelle carceri italiane e, in particolare, nella struttura di Pescara. Ma da allora non è cambiato quasi nulla. Nel novembre dell’anno scorso, secondo fonti sindacali, c’erano 219 reclusi, 109 in più della capienza massima dell’istituto. Ora ce ne sono 10 in meno, ma sono sempre tanti. Il rischio, secondo il Pd, è che le condizioni in futuro potrebbero addirittura peggiorare. Le ristrettezze economiche imposte con l’ultima legge Finanziaria non consentono agli istituti di pena di tutta Italia di poter migliorare le condizioni di vita dei detenuti. I reclusi continuano ad aumentare, ma gli spazi a disposizione restano sempre gli stessi. Adesso, si è in attesa della riapertura del dipartimento penale chiuso da mesi per i lavori di ristrutturazione. Il nuovo braccio dovrebbe consentire di aumentare gli spazi a disposizione per i detenuti. Soprattutto nella sezione giudiziaria, dove ci sono le celle più affollate con 8 reclusi in pochi metri quadrati di spazio. Servono maggiori risorse per migliorare le condizioni del carcere Il Pd sollecita maggiori risorse per migliorare le condizioni del carcere di San Donato. La richiesta è stata avanzata al termine della visita nell’istituto, avvenuta a ferragosto, da parte di una delegazione del Partito democratico. La visita è stata organizzata dalla deputata Vittoria D’Incecco, insieme al capogruppo in Comune Moreno Di Pietrantonio e ai consiglieri Marco Alessandrini e Giuliano Diodati. La delegazione ha incontrato il direttore del carcere Franco Pettinelli e ha avuto modo di verificare le condizioni della struttura, sentendo anche la testimonianza di alcuni reclusi. Il resoconto è stato fatto da Di Pietrantonio. “Il problema più rilevante è il sovraffollamento”, ha spiegato, “ci sono celle con otto detenuti e questo naturalmente rende ancora più pesante quel luogo di sofferenza”. “Altro aspetto riscontrato”, ha affermato, “è il grande lavoro degli agenti penitenziari e del direttore, molto apprezzato dai detenuti, anche loro penalizzati dalle ristrettezze economiche imposte dalla legge Finanziaria”. “Queste ristrettezze”, ha concluso, “mettono in difficoltà le attività fondamentali. Le condizioni del carcere di Pescara sono sicuramente migliori di altri istituti, ma c’è necessità di incrementare questo aspetto, perché sono tante le richieste dei detenuti e le risposte devono arrivare dalle istituzioni e dalle risorse del territorio”. Pavia: l’appello dei Radicali alle imprese; date un lavoro ai detenuti La Provincia Pavese, 18 agosto 2010 Il miraggio del lavoro, inseguito dentro una cella di pochi metri quadrati. Sono tanti i detenuti di Torre del Gallo che potrebbero godere dei benefici concessi dalla legge per svolgere un’attività part-time fuori dalla cella. Ma quel che manca è proprio l’offerta di lavoro. “Troppe imprese non sanno che assumendo detenuti o ex detenuti che hanno da poco concluso il loro regime carcerario è possibile ottenere sgravi fiscali anche consistenti. La legge Smuraglia che prevede queste opportunità è ancora troppo poco conosciuta. E poi bisogna superare il pregiudizio”. Beppe Muscia, giovane militante radicale, faceva parte della delegazione che ieri mattina è entrata nel carcere di Torre del Gallo per una visita. Quella organizzata dai radicali per Ferragosto in tutta Italia, ma che a Pavia si è svolta con un giorno di ritardo. Con lui il consigliere regionale del Pd Giuseppe Villani e il segretario cittadino del Pd Antonio Ricci, accompagnati nella visita dal comandante della polizia penitenziaria Salvatore Giaconia, delegato dalla direttrice Iolanda Vitale. “Un’esperienza non facile ma anche molto positiva - commenta Ricci -. Abbiamo incontrato molti detenuti e abbiamo percepito come per loro anche una visita rappresenti una bocca d’ossigeno, spezzi la monotonia”. Giorni che scorrono tutti uguali, dovendo fare però i conti con la fatica quotidiana dovuta al sovraffollamento. Molte celle da due sono ormai abitate da tre persone e non c’è quasi lo spazio fisico per muoversi. La popolazione carceraria di Pavia dovrebbe fermarsi a 244 unità, ma supera le 450. Quasi il doppio. A questo si aggiunge una carenza cronica di personale addetto alla sorveglianza. Una situazione esplosiva. E le proteste, anche rumorose”, non sono mancate. “Tutti questi problemi enormi vengono affrontati con grande professionalità dal personale, in particolare dagli agenti della polizia penitenziaria - commenta Villani -. Gente che lavora veramente con impegno e cerca di far fronte all’emergenza. Lavoratori colpiti a loro volta, ad esempio per quanto riguarda i turni e gli straordinari, dalle ristrettezze di ordine finanziario in cui versa l’amministrazione della Giustizia”. Tanti i suggerimenti dei detenuti ai visitatori. “Ci sono temi da portare avanti - dice Villani. Dalla depenalizzazione della giustizia per i reati minori, al sostegno dell’edilizia carceraria e soprattutto delle piante organiche che vanno modificate e potenziate”. Anche Torre del Gallo crescerà: il cantiere per costruire una nuova ala - che dovrebbe ospitare secondo le previsioni altri 300 detenuti - è già aperto. Ma il personale in dotazione era già era insufficiente nel 2001. Pavia: tenta il suicidio in carcere un detenuto: salvato dalla Polizia Penitenziaria Ristretti Orizzonti, 18 agosto 2010 “Un detenuto ha tentato il suicidio tramite impiccamento nell'istituto penitenziario di Pavia: nelle prime ore del 16 agosto scorso il personale di Polizia penitenziaria che opera nell'istituto ha infatti sventato con prontezza l'ennesimo atto disperato. E’ ancora una volta solo grazie alla professionalità, alle capacità, all’umanità ed all'attenzione del Personale di Polizia Penitenziaria che un detenuto è stato salvato da un tentativo di suicidio grazie al tempestivo intervento degli agenti penitenziari.” è quanto dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, la prima e più rappresentativa organizzazione dei Baschi Azzurri, in relazione al tentativo di suicidio avvenuto nel carcere di Pavia. “I nostri Agenti, a Pavia, sono intervenuti ancora una volta salvando la vita del detenuto" prosegue Capece. "Parliamo di una realtà, quella pavese, che è caratterizzata da un pesante sovraffollamento penitenziario, che aggrava le già pesanti condizioni di lavoro della Polizia Penitenziaria. A fronte di 247 posti regolamentari, il 31 luglio scorso erano infatti presenti oltre 460 detenuti (il 50% dei quali stranieri), mentre ben 105 sono gli agenti di Polizia Penitenziaria che mancano dagli organici. L’eroico gesto di un Assistente capo e di un Agente scelto della Polizia Penitenziaria in servizio nel carcere di Pavia, con l'ausilio del Preposto di sorveglianza, non deve passare inosservato perché è la dimostrazione concreta della realtà quotidiana della nostra professione: rappresentare ogni giorno lo Stato nel difficile contesto penitenziario con professionalità, senso del dovere, spirito di abnegazione e, soprattutto, umanità. "Con un sovraffollamento di 69mila detenuti in carceri che ne possono contenere a mala pena 43mila" conclude il Segretario del Sappe "accadono purtroppo questi episodi. E se la situazione non si aggrava ulteriormente è grazie alle donne e agli uomini del Corpo che, in media, sventano 10 tentativi di suicidio di detenuti nei penitenziari italiani. I dati parlano chiaro. Lo scorso anno 2009, in cui nelle carceri italiane ci furono 58 suicidi di detenuti e 100 decessi per cause naturali di detenuti, ci sono stati anche 5.941 atti di autolesionismo nelle carceri italiane che non hanno avuto gravi conseguenze solamente grazie al tempestivo intervento ed alla professionalità delle donne e degli uomini della Polizia penitenziaria. Così come nei 944 tentativi di suicidio di altrettanti reclusi. L’intero Corpo di Polizia Penitenziaria è allo stremo, ma oggi servono iniziative concrete sia da parte dell’Esecutivo che della sovrana attività Parlamentare sulle criticità penitenziarie”. Isili (Nu): nella colonia penale anche 34 internati, che scontata la pena restano in carcere La Nuova Sardegna, 18 agosto 2010 Se ne parlerà in Parlamento della colonia penale agricola maschile di Isili, racchiusa nell’incanto dell’altipiano verde di Santa Sofia verso Laconi. In questa struttura del ministero della Giustizia - come in poche altre parti in Italia - si applica ancora una norma fascista del Codice Rocco, così detto dal cognome del ministro che lo predispose e che lo fece promulgare il 19 ottobre 1930 con le firme del re Vittorio Emanuele III e dal capo del governo Benito Mussolini. Un articolo di legge che prevede la figura degli internati: cioè di quelle persone che, pur avendo finito di scontare del tutto la pena, debbono restare comunque in carcere perché ritenute “socialmente pericolose” secondo il giudizio del magistrato. “Ad Isili gli internati sono 34, molti di loro si sono lamentati di questa norma, e alla riapertura di Montecitorio presenterò una interrogazione al ministro per capire i motivi della permanenza di una disposizione così controversa e certamente illogica”, ha detto il deputato del Pd Gianni Cuperlo che ieri mattina si è trattenuto per oltre tre ore nella colonia penale. Un detenuto pugliese ha riferito al parlamentare di essere stato “rispedito in carcere, dopo aver scontato tutti gli anni di reclusione, pur avendo trovato un posto di lavoro a Bari vicino alla propria famiglia”. Secondo Cuperlo è una norma che “deve essere rivista con la massima urgenza e con la dovuta attenzione”. Anche perché gli ex detenuti sottoposti a “internamento” pare che in Italia siano circa 1500, la maggior parte dei quali in Emilia nella casa penale di Castelfranco in provincia di Modena (e dove i carcerati sono il triplo dei posti disponibili). Cuperlo, che fa parte della commissione Giustizia della Camera, è stato ricevuto dal vicedirettore della casa di pena Elisa Milanesi e dagli altri dirigenti dell’istituto col responsabile dell’area educativa e del comandante degli agenti penitenziari. “Il sovraffollamento è contenuto”, ha dichiarato il parlamentare uscendo dalla colonia di “Sarcidaneddu”. E ha precisato: “La capienza è fissata in 197 reclusi, quelli ospitati in questo periodo arrivano a 250. Il 75 per cento sono stranieri. Quelli di fede musulmana, in questi giorni di Ramadam, sono 130”. Le carenze della struttura penitenziaria - costruita a fine 800 prima di quelle di Mamone nelle campagne di Bitti e Is Arenas nella marina di Arbus - sono comunque evidenti: “Oltre alla indiscussa professionalità dei dirigenti e di tutto il personale, va rimarcato che per oltre duecento detenuti c’è un solo psicologo che ogni mese ha a sua disposizione appena dieci ore per i colloqui. È evidente che è troppo poco e che anche per questi detenuti lo Stato deve impegnarsi maggiormente. E se la situazione generale è certamente meno precaria che in altre carceri, è evidente che anche la struttura - ha concluso Cuperlo - avrebbe bisogno di essere ammodernata e resa più confortevole”. La colonia di Isili si estende su 750 ettari nelle campagne fra Villanovatulo e Laconi. Quattrocento ettari sono ricoperti da boschi soprattutto di leccio, trecento ettari sono seminativi. Sono in attività due serre e diverse stalle per gli animali che vengono seguiti direttamente dai reclusi. Livorno: 5 detenuti in una cella di 10 metri quadrati, con una doccia ogni 70 persone Il Tirreno, 18 agosto 2010 “Il carcere di Livorno si trova in una situazione deplorevole”, dice Marco Taradash, consigliere comunale e regionale del Pdl, che insieme ad altri esponenti del Pdl e dei radicali ha visitato il penitenziario delle Sughere. Il carcere, ha riferito Taradash, ha infiltrazioni d’acqua ovunque, crepe, muffe e anche la temperatura è difficilmente sopportabile, specialmente in estate. “Immaginate cosa voglia dire vivere in una struttura del genere in 5 in una stanza di 10 metri quadrati con una doccia ogni 70 persone”, ha raccontato Daniele Carcea (Radicali). Il problema numero uno è il sovraffollamento. “Vi sono circa 50 nuovi ingressi ogni mese, - ha detto Taradash - proprio ora si è toccato il numero massimo di detenuti: 508 in un edificio che potrebbe contenerne al massimo 400. E la situazione è ancora più critica se si aggiunge che la polizia penitenziaria è in sotto organico del 40%”. “La buona notizia è che nessun detenuto, nemmeno in privato, ha espresso alcun commento negativo sul personale” ha concluso Taradash. Un sovraffollamento “raccapricciante” che non permette agli agenti di lavorare in sicurezza e ai detenuti il reintegro sociale e la rieducazione. È il pensiero di Mauro Barile, segretario provinciale della Uil Penitenziari, dopo l’ennesimo tentativo di suicidio di un detenuto sventato nel carcere di Livorno, il terzo in 10 giorni. “A Livorno - spiega Barile - mancano un direttore ed un comandante titolari, e siamo obbligati, ordinariamente, a trattenerci in servizio oltre l’orario di lavoro previsto. Si sforano abbondantemente le 36 ore settimanali e gli straordinari non vengono retribuiti visto che attendiamo quelli dell’ultimo trimestre del 2009. Malgrado tutto il personale della carcere riesce ancora ad assicurare, con tanto sacrificio e alto senso del dovere, l’espiazione delle pene nel modo più umano possibile”. La cooperazione della polizia penitenziaria nella riabilitazione dei detenuti per il successivo reinserimento nella società - prosegue - è “nettamente ostacolata dal fatto che le presenze sono quasi il 40% in più della capienza regolamentare”. Ferrara: Sappe; basta false promesse, manca anche il sapone e le celle sono sovraffollate Il resto del Carlino, 18 agosto 2010 All’Arginone manca anche il sapone e le celle sono sovraffollate. La rabbia del sindacato: “Politici in passerella solo per pubblicità. Tante promesse, zero aiuti. Ora basta”. Faremo, risolveremo, vi aiuteremo. Già, poi passano i giorni, le settimane, i mesi, gli anni ma fatti concreti, dopo quelle belle promesse, zero. Il solito disco, stessa musica registrata. Dal carcere le hanno già soprannominate passerelle mediatiche, ovvero il solito giretto in giacca e cravatta dei politici a Ferragosto tra i corridoi dei detenuti a dispensar promesse che prontamente precipitano nel dimenticatoio. “È successo lo scorso anno con Alberti - chiosa Roberto Tronca, segretario del Sappe, una delle sigle sindacali della polizia penitenziaria -, la stessa cosa quest’anno con un gruppo di Radicali. Ancora prima, qualche mese fa, con il sindaco Tagliani e gran parte della giunta. Politici che si fanno una passeggiata di salute dentro il carcere, illudono sia noi che gli stessi detenuti, promettono di intervenire, di aiutarci, di farsi portavoce con il Governo poi invece nulla. Mi chiedo allora a che cosa servono queste passerelle di Ferragosto. A farsi pubblicità e basta”. Le condizioni degli istituti penitenziari in Italia sono sotto gli occhi di tutti. Ogni giorno è un bollettino di guerra: suicidi, aggressioni, atti di autolesionismo. “Ma i problemi stanno aumentando - lancia l’ennesimo allarme Tronca -, serve un piano carceri. Invece dai politici zero e noi ci sentiamo presi in giro. Chiacchiere, chiacchiere e ancora chiacchiere”. Verona: Uil; 20enne uccise il padre, agente lo salva dal suicidio in carcere Ansa, 18 agosto 2010 Il 22 maggio scorso a Verona uccise il padre Giorgio al termine di un litigio tagliandone il corpo a pezzi, nascosti poi in un bidone della spazzatura. Oggi Piergiorgio Zorzi, 20 anni, ha tentato di togliersi la vita impiccandosi nella sua cella nel carcere di Verona, ma è stato salvato dall’intervento di un agente di custodia. Il fatto è stato reso noto dal segretario generale UilPa Penitenziari, Eugenio Sarno. Il giovane, approfittando del fatto che l’unico agente in servizio nella sezione era impegnato nell’immissione dei detenuti ai cortili passeggi, avrebbe ricavato un cappio dalla propria maglietta legandolo alle sbarre della finestra del bagno della cella. Si è poi lasciato andare, ma il rumore del tavolino caduto e delle stoviglie rotte ha allertato l’agente. Dai primi accertamenti medici, è stato rilevato che solo alcuni secondi di ritardo avrebbero provocato la morte del ragazzo. Secondo il sindacalista, l’episodio rappresenta l’ennesimo atto di eroismo compiuto dagli agenti. La quotidianità di questi tragici eventi rischia di non far più notizia, come non fanno più notizia le condizioni inumane, incivili ed illegali dei nostri istituti penitenziari. 41 suicidi, 89 suicidi sventati, altrettante vite salvate, fanno da contraltare ai 172 agenti penitenziari feriti con prognosi superiore ai cinque giorni del 2010. Enna: Sappe; detenuto tenta suicidio, salvato da un agente La Sicilia, 18 agosto 2010 Un detenuto del carcere di Enna ha tentato di impiccarsi utilizzando, come cappio, la sua maglietta di cotone legata tra le sbarre della finestra del bagno della cella. A soccorrerlo è stato un agente di polizia penitenziaria richiamato dalle urla dei compagni. Il fatto è stato reso noto dal segretario provinciale del Sappe, Filippo Bellavia. Il sindacalista, a pochi giorni dalla visita della parlamentare Radicale Rita Bernardini e del sindaco di Enna, Paolo Garofalo, denuncia che “a sorvegliare la sezione, con 61 detenuti, dove è avvenuto il tentato suicidio, c’era un solo agente”. “Non riceviamo visite di cortesie da nessuno, diversamente da come accade in altri luoghi istituzionali, ma non vogliamo nemmeno che della Polizia Penitenziaria si parli solo per ragioni negative, di evasioni e di vite non salvate - scrive Bellavia. Nessuno viene a verificare se i posti di servizio rispettano le normative sulla sicurezza e sull’igiene”. Rimini: gli agenti; no all’apertura della nuova sezione, è solo un atto propagandistico Ansa, 18 agosto 2010 “Si tratta di un atto propagandistico”. Non è leggero il giudizio dei sindacati della polizia penitenziaria di Rimini sulla decisione del Prap di Bologna di aprire la nuova sezione detentiva dei Casetti entro il 20 agosto, alla vigilia cioè del Meeting di CL, al quale è prevista la presenza del Ministro della Giustizia, Alfano e dei vertici dell’amministrazione penitenziaria. “L’apertura fatta in questo modo - sostengono Cgil, Cisl, Uil e Sindacato Autonomo - comporterà l’annullamento dei diritti dei lavoratori: revoca delle ferie, dei riposi e turni oltre le nove ore. Il problema del sovraffollamento non può essere risolto - dicono - esclusivamente a discapito delle divise”. Puntano il dito in particolare sul Provveditore Regionale, il quale - precisano - “pur a conoscenza della grave carenza di personale, prima di intimare l’apertura della nuova ala non si è adoperato affinché nel carcere venissero integrati gli agenti necessari”. Salvano invece, per così dire, il direttore, Maria Benassi, che più volte si è resa portavoce dei problemi e delle esigenze del personale. “La già pesante situazione di sovraffollamento - ci spiega - subirà tra l’altro un aggravio dall’arrivo sabato, proprio in occasione del Meeting, di altri 8 detenuti dal carcere di Padova, e che saranno ospitati nella casa circondariale riminese in regime di semilibertà”. Insomma, aumentano i carcerati ma niente rinforzi. Di qui la decisione di proclamare lo stato di agitazione, comunicando a chi di dovere di assumersi le proprie responsabilità in caso si verificassero episodi lesivi dell’incolumità del personale e dei detenuti, sia per le carenze attuali che per l’apertura della nuova sezione. Nicosia (En); il sindaco scrive al Dap; il carcere è vetusto, manca l’acqua nelle celle La Sicilia, 18 agosto 2010 Il sindaco Antonello Catania, dopo la visita al carcere cittadino dello scorso 14 agosto con la parlamentare Rita Bernardini, scrive una nota al Dap, il Dipartimento per l’amministrazione carceraria, chiedendo alcuni interventi necessari a rendere più vivibile la struttura. “Si tratta di un carcere molto antico - spiega Catania - nel quale vanno eseguiti alcuni interventi, primo fra tutti la ristrutturazione dei servizi igienici, con la fornitura di acqua calda all’interno delle celle. Ritengo comunque importante sottolineare che gli stessi detenuti che abbiamo incontrato hanno parlato di un clima sereno all’interno de penitenziario e di rapporti molto umani con il personale che vi opera”. Il sindaco Catania spiega che malgrado le problematiche legate ad una struttura vetusta i problemi di sovraffollamento che ad esempio rendono invivibili altre carceri sono limitati. Il carcere di Nicosia può ospitare 45 detenuti e attualmente vi sono recluse 70 persone ma a creare disagi sono ad esempio la mancanza dell’acqua calda nelle celle o la disponibilità di spazi adeguati a svolgere attività di formazione professionale. “Nella nota che invierà al Dap - prosegue Catania - chiederò di potenziare i corsi di formazione professionale che vi si svolgono ma che non riescono a coinvolgere tutti i detenuti. Devo rilevare che comunque tra l’attività svolta dai volontari, la presenza del cappellano, i corsi per il conseguimento della licenza elementare o per alcune qualifiche professionali, nel nostro carcere si riesce a garantire un livello, se pur minimo di funzione rieducativa. Quello che da sindaco di Nicosia chiederò al Dap è per prima cosa la ristrutturazione dei bagni e degli impianti idrici oltre al potenziamento delle attività di socializzazione e rieducazione. Un risultato immediato ottenuto con la visita - conclude Catania - è stato quello di dare ai detenuti stranieri la possibilità di telefonare anche ad utenze cellulari. Secondo la nuova normativa infatti è possibile chiamare anche queste utenze a condizione di indicare a chi risulta intestata la scheda telefonica e di accettare le verifiche che l’amministrazione carceraria riterrà necessarie. Alcuni carcerati reclusi a Nicosia hanno familiari che vivono lontano e che quindi non possono incontrarli nei colloqui. Fino ad oggi se questi familiari non dispongono di una utenza telefonica fissa il detenuto non poteva chiamarli. Da ora i detenuti del nostro carcere, seguendo le procedure previste potranno fare le telefonate ai cellulari, come stabilito da un recente regolamento. Auspico che ci sia un riscontro alla nota che invierò al Dap e che al più presto si realizzino almeno i nuovi servizi igienici”. Il carcere di Nicosia era originariamente il convento dei frati minori. Una struttura molto antica all’interno della quale si trovano ancora la cella dove visse per 40 anni San Felice, il frate canonizzato 5 ani fa, e il pozzo dal quale il santo avrebbe attinto acqua usando una cesta. La precedente amministrazione comunale aveva inserito nel Piano regolatore generale l’area per la costruzione di un nuovo carcere e avviato un progetto per la riqualificazione dell’attuale penitenziario come museo religioso. Gorgona (Li): via libera dalla Regione all’impianto di nuovi vigneti nell’isola-carcere Adnkronos, 18 agosto 2010 Aleatico a Capraia, terrazzamenti all’Elba e nuovi vigneti a Gorgona. Questi ultimi saranno reimpiantati e coltivati da parte dei detenuti della Casa di reclusione di Gorgona. La Regione Toscana ha infatti messo a disposizione delle isole dell’arcipelago Toscano e nella zona dell’Argentario i diritti di reimpianto per circa 20 ettari prelevandoli dalla riserva regionale. La decisione fa seguito e completa il programma iniziato nel 2007 con il quale si è inteso rilanciare e valorizzare la viticoltura nelle piccole isole dell’arcipelago e nella zona dell’Argentario. I 20 ettari odierni si aggiungono così ad altri 60 già realizzati con questo programma che hanno dato risultati incoraggianti. “In passato - ricorda l’assessore regionale all’agricoltura, Gianni Salvadori - queste zone erano ricchissime di vigneti. Si trattava di una viticoltura eroica che rischiava di scomparire del tutto e che la Regione ha scelto di recuperare perché si tratta di una delle poche, se non la sola, attività agricola possibile in queste zone. Grazie a questo programma sono stati già recuperati meravigliosi terrazzamenti in diverse parti dell’isola d’Elba. Ora si potranno aggiungere altri recuperi e si potrà tornare a produrre Aleatico a Capraia, mentre i vigneti di Gorgona andranno ad arricchire le coltivazioni della Casa di reclusione dell’isola”. Cosenza: Laratta (Pd); giovane detenuto si laurea in carcere, nota positiva in tanto sfacelo Ansa, 18 agosto 2010 “Un giovane detenuto si laurea in carcere a Cosenza. Chiederò al ministro della Giustizia un riconoscimento ed un premio. È una speranza in un buio pesto”. Lo ha sostenuto il deputato del Pd, Franco Laratta, riferendo, nel corso di un incontro a Cosenza, della sua visita nelle carceri calabresi. “Tra sovraffollamento, mancanza di servizi, mezzi e personale - ha aggiunto - le carceri calabresi, al termine del lungo week-end di Ferragosto che ci ha visti visitatori attenti, parlamentari sia di destra (pochi per la verità) che di sinistra, ci appaiono chiaramente espressione di quel sistema fallimentare che è il pianeta carcere nel nostro Paese”. “Alcune carceri - ha sostenuto Laratta - appaiono più vivibili, altre sono davvero una sorta di discarica sociale senza alcuna prospettiva. Nel carcere calabrese, come in quello di tutta Italia, non c’è alcuna speranza, perché gli istituti di pena hanno ovunque smarrito il senso della loro missione. Ma se il fallimento è diffuso e assai profondo, nel carcere di Cosenza c’è una piccola luce che brilla: una speranza che ha il viso e il coraggio di un ragazzo condannato per un reato assai grave”. “Quel giovane cosentino, una volta dentro per scontare la pena che il tribunale gli ha comminato - ha proseguito il parlamentare del Pd - non si è abbandonato alla disperazione ma ha iniziato a studiare, studiare, studiare. Testardo e coraggioso, ha resistito a tutte le miserie che un carcere può offrire, ad ogni forma di abbandono alla violenza, che si può infliggere e ovviamente anche subire. Il ragazzo, che ho rivisto in carcere dopo tre anni proprio in questi giorni, ce l’ha fatta. È nella sua cella, deve scontare ancora parte della pena, ma ha con sé una bella laurea in legge. Conseguita in carcere. Uno su mille ce la fa. A volte”. “Ed è per questo - ha concluso Laratta - che chiederò al Ministro della Giustizia più risorse e più mezzi a quelle carceri, come Cosenza, che riescono a raggiungere questi obiettivi. Ma un riconoscimento va a quel coraggioso e testardo detenuto che sfidando tutto e tutti ce l’ha fatta”. Immigrazione: Cagliari; rivolta nel Cpa di Elmas, ma il tentativo di evasione fallisce L’Unione Sarda, 18 agosto 2010 Lunedì pomeriggio otto extracomunitari hanno messo a soqquadro il centro di prima accoglienza. Probabilmente volevano scappare dopo aver divelto una finestra al primo piano della struttura. Nei Centri di identificazione ed espulsione di Brindisi, Gradisca d’Isonzo e Milano le evasioni sono riuscite. A Elmas, nel Centro di primo soccorso e accoglienza, il tentativo non è andato a buon fine: lunedì pomeriggio la piccola rivolta di otto cittadini extracomunitari è stato bloccata quasi sul nascere. Qualche arredo è stato danneggiato e durante l’ispezione nel centro di ieri mattina è stata trovata una finestra al primo piano parzialmente divelta. Con una altro colpo poteva diventare una via di fuga. Sono stati gli uomini che si occupano della vigilanza del centro a dare l’allarme e chiedere l’intervento dei rinforzi. Otto extracomunitari hanno dato vita a una rivolta, prendendo a calci e pugni gli arredi e cercando di mandare in frantumi porte e finestre. L’intervento della Polizia, con gli agenti della Squadra volante e del Reparto mobile, ha evitato che la situazione degenerasse. I ribelli cercavano di fuggire dal centro, stanchi del soggiorno forzato. Il vice direttore, il medico e i funzionari della Questura sono riusciti a riportare l’ordine e a dialogare con gli otto cittadini di nazionalità algerina. Dopo alcune ore è tornata la calma. Ieri mattina, durante un sopralluogo nella struttura all’interno dell’area portuale militare di Elmas, il personale della vigilanza ha notato che la grata di una finestra al primo piano era stata quasi divelta. Non è escluso che gli extracomunitari abbiano cercato di aprirsi una via d’uscita per evadere. Attualmente il Centro ospita un centinaio di persone: un numero nettamente inferiore agli ultimi anni dopo il calo degli sbarchi clandestini nella costa sud della Sardegna. Era da due mesi che nella struttura non si registravano momenti di tensione. Il 16 giugno due algerini hanno tentato di fuggire dall’ex caserma avieri, all’interno della base dell’aeronautica militare, usando le funi degli avvolgibili delle serrande per creare una corda. Si sono calati dopo aver deformato le sbarre installate alle finestre. Il primo algerino è riuscito ad atterrare senza problemi dirigendosi verso la barriera che separa il Cpsa dalla pista dell’aeroporto civile. Una rete metallica alta quattro metri coperta da lastre di plexiglass che la rendono liscia e quasi impossibile da scalare. Il nordafricano si è arrampicato sull’unica grondaia a disposizione e si è buttato oltre la recinzione. Il compagno di fuga si è calato dalla finestra della vecchia caserma, ma la fune si è spezzata: il giovane è caduto a terra, fratturandosi una gamba e finendo al Brotzu. L’Enac ha chiuso l’aeroporto dalle 2.30 fino alle 6.30 per consentire alle forze dell’ordine di cercare il fuggitivo, trovato nella mattinata vicino al porto di Cagliari. Stati Uniti: sperimentazione di cavigliere elettroniche con Gps per il controllo dei detenuti Ansa, 18 agosto 2010 Negli Stati Uniti si discute ciclicamente del problema delle carceri, stracolme di detenuti, invivibili, costose e inadeguate nel perseguire l’obiettivo della rieducazione. La buona notizia è che però, con l’aiuto della tecnologia, qualcuno sta sperimentando qualche soluzione al problema. La BI Incorporated, azienda americana che si occupa di sviluppare tecnologie usate dal governo per la detenzione dei carcerati, ha sviluppato nel 2002 un nuovo tipo di cavigliera per monitorare i movimenti di chi si trova in libertà vigilata: si chiama ExecuTrack ed è stata adottata da alcune carceri restituendo risultati eccellenti. Graeme Wood, giornalista dell’Atlantic, l’ha indossata per qualche giorno mettendosi nei panni di un detenuto in libertà vigilata, verificandone il funzionamento e l’impatto sulle altre persone. Il risultato è che nessuno si è accorto del dispositivo, e lui ha potuto seguire i percorsi e i ritmi descritti dal suo programma senza sentirsi alienato rispetto al resto della società. E ora racconta la sua esperienza, spiegando perché il carcere tradizionale è diventato sinonimo di fallimento. Sotto qualsiasi punto di vista, l’idea di rinchiudere un grosso numero di persone dietro le sbarre si è dimostrata nel migliore dei casi inefficace e, nel peggiore, una vergogna di proporzioni nazionali. Secondo un recente rapporto 2.3 milioni di statunitensi sono attualmente in carcere, l’equivalente degli abitanti di Huston. Dal 1983 il numero di detenuti è più che triplicato, mentre il costo totale del sistema carcerario è passato da 10 a 64 miliardi di dollari. In California il mantenimento di un carcerato arriva a costare quasi 50.000 dollari l’anno, quanto la retta di un’università della Ivy League (le otto più prestigiose, ndr).La situazione non è dovuta a un esponenziale aumento della criminalità ma a un inasprimento delle pene, promesso per fini politici durante le campagne elettorali ma inefficace come deterrente. L’unico risultato sembra essere il sovraffollamento delle carceri e l’emissione di condanne sproporzionate rispetto alla gravità del reato. L’inasprimento è altrettanto inutile da un punto di vista rieducativo: una ricerca condotta da Jesse Shapiro della University of Chicago e M. Keith Chen di Yale dimostra come questo sistema punitivo, che vorrebbe traumatizzare i detenuti dissuadendoli dal commettere ulteriori reati, sia in realtà controproducente. Le stesse terribili condizioni di detenzione che dovrebbero correggerli in realtà peggiorano la situazione, rendendoli spesso al rilascio individui più pericolosi di quanto fossero prima. Sistemi come quello sperimentato dal giornalista suggeriscono possibilità rivoluzionarie per monitorare i movimenti dei detenuti, abbattendo le spese e creando un sistema intelligente, convertendo la tradizionale carcerazione in una forma tecnologicamente avanzata di libertà vigilata. Composto da una scatoletta nera attaccata a una cavigliera e da un secondo dispositivo leggermente più grande appeso alla cintura, il sistema è progettato in modo da rendere impossibile la manomissione. Solitamente l’apparecchio viene imposto ai colpevoli di molestie: grazie al sistema GPS le autorità possono monitorare i loro movimenti e rilevare se si avvicinano a zone “sensibili”, come le scuole nel caso dei pedofili o le zone dello spaccio per i tossicodipendenti, e in ogni caso se apportano variazioni al percorso stabilito per loro dalla direzione del carcere. Stati Uniti: pena di morte; in Texas sedicesima esecuzione dell’anno, 36 in tutti gli Usa Asca, 18 agosto 2010 Peter Cantu, condannato a morte per lo stupro e l’omicidio di due adolescenti che ha commesso quando aveva 18 anni, è stato messo a morte ieri in Texas. A Cantu, 35 anni, è stata fatta un’iniezione letale nel carcere di Huntsville. L’uomo, insieme ai suoi 5 complici, era stato condannato per aver assalito due ragazze di 14 e 16 anni nel giugno del 1993 a Huston. Le due vittime sono state rapite da Cantu e da quattro membri di una banda di strada mentre camminavano lungo le rotaie dei binari, una scorciatoia per raggiungere la loro casa, ha fatto sapere un portavoce del Dipartimento di Giustizia Penale del Texas. Entrambe sono state violentate, picchiate e strangolate dai membri della banda, ha aggiunto. I corpi delle due ragazze erano stati ritrovati quattro giorni dopo l’aggressione, e l’arresto dei sei membri della banda era avvenuto grazie alla soffiata del fratello di Cantu. È stata la sedicesima esecuzione avvenuta in Texas nell’ultimo anno, la trentaseiesima di tutto il 2010 negli Stati Uniti.