Giustizia: “carceri da terzo mondo”; 200 parlamentari, un solo parere di Gioia Salvatori L’Unità, 16 agosto 2010 Detenuti con due metri quadri di spazio vitale a testa, senza carta igienica, senza assistenza psicologica. Troppo spesso troppo poveri, troppo soli, troppo malati per reggere 20 ore al giorno sdraiati in un loculo dove hai il soffitto a trenta centimetri dalla faccia e il bagno alla turca nella stessa, fetida cella dove dormi. Succede nelle carceri italiane, ispezionate in questo weekend da 200 parlamentari impegnati nell’iniziativa dei radicali “Ferragosto in carcere”. Strutture fatiscenti che sarebbero da chiudere, sott’organico di agenti, sovraffollamento e poca manutenzione, sono le denunce unanimi dei parlamentari-ispettori. Problemi che affliggono l’80% delle carceri; sommati al malcontento dei detenuti e all’inadeguatezza delle cure sanitarie di fronte al diffondersi in carcere di malattie gravi (sifilide, tbc, epatite), fanno delle case circondariali bombe a orologeria. Peggio. C’è chi sta peggio: al carcere dell’Ucciardone di Palermo, struttura del 1834, restano 200 euro per la manutenzione nel 2010; al carcere di Sulmona c’è un solo psicologo, neppure fisso, per 420 detenuti; al carcere di San Sebastiano di Sassari, uno dei peggiori, i detenuti sono senza carta igienica da un mese, non hanno i piatti, hanno il bagno alla turca in celle di 2 metri per 3 dove stanno in tre; a Poggioreale a Napoli, il carcere più grande d’Europa, ci sono mille detenuti in più (2500) dei consentiti e in quello di piazza Lanza a Catania ci sono 220 agenti di polizia penitenziaria anziché 435: la metà di quelli che servirebbero. “Il mondo ecclesiastico ha le stesse prerogative dei parlamentari. Di fronte a queste condizioni carcerarie, dov’è la Chiesa? Noi radicali abbiamo visitato il 95 % delle carceri italiane...” - ha detto ieri Marco Pannella. Irene Testa, segretaria dell’associazione radicale “detenuto ignoto” rivolge un appello al governo: “In primis bisogna alleggerire, svuotare, le carceri: il governo, inerte, dovrebbe impegnarsi per la depenalizzazione dei reati legati allo spaccio e all’immigrazione”. L’altro ieri Irene Testa ha visitato il vecchio carcere di San Sebastiano di Sassari di cui chiede la chiusura: “Le pareti sono ammuffite, i piccioni svolazzano ovunque. Era prevista un’ora di ballo a settimana: non si può fare per l’assenza di sorveglianza”. All’Ucciardone di Palermo il budget per la manutenzione ammonta a 8mila euro annui (quest’anno già quasi tutti spesi) e dove ci sono 300 detenuti in più: “In condizioni igieniche di totale insalubrità, con bagni da terzo mondo, spesso senza acqua calda” - denuncia il senatore Francesco Ferrante (Pd) che annuncia un’interrogazione “sulle eccessive spese sanitarie: 800mila euro all’anno spesi dal ministero di grazia e giustizia (la Regione Sicilia non ha ancora preso in carico l’assistenza sanitaria dei suoi detenuti n.d.r.)”. Non solo l’Ucciardone, nelle carceri siciliane la situazione è grave. Giuseppe Beretta, deputato Pd, chiede la chiusura della casa circondariale di Piazza Lanza a Catania e un carcere nuovo: “Se non scoppia una rivolta nazionale è solo per via del continuo ricambio. A piazza Lanza i detenuti sono più del doppio, dormono in 4 uno sull’altro e l’ultimo ha il soffitto a 30 centimetri dalla faccia”. Anche al carcere psichiatrico di Barcellona Pozzo di Gotto, poiché le competenze sanitarie non sono ancora passate alla Regione, arrivano detenuti da tutta Italia e sono fino a 10 in uno stanzone, denuncia la deputata Pd, Olga D’Antona. A Poggioreale i detenuti lavorano e tengono i pavimenti lustri, ma i carcerati sono 1000 in più e i tagli del governo sugli straordinari degli agenti sono una scure: da 110mila ore che Alfano assegnò nel 2009 alle 79mila del 2010, con conseguenti tagli sulle attività extra, per impossibilità di sorvegliare. A ciò, denuncia Francesco Barbato deputato Idv, si aggiunge la burocrazia: “Le carceri non possono gestire fondi extrabilancio, così a Poggioreale c’è un campo di calcetto, finanziato dalla Regione, in costruzione da tre anni: i soldi sono dovuti passare per il ministero che poi li ha girati al carcere”. Certi direttori, animati da buona volontà, ce la fanno a tirare una coperta troppo stretta: così capita che il 14 settembre le detenute del carcere femminile di Pozzuoli si faranno cuoche e debutteranno con le “cene galeotte” per ospiti esterni. Già gestiscono una torrefazione, il caffè si chiama “le lazzarelle”. A Sulmona, invece, detenuti-falegnami potrebbero iniziare a fare i mobili per tutte le carceri d’Italia, mentre i loro colleghi che hanno deciso di farsi calzolai, già vestono i piedi dei compagni di cella? Giustizia: a Ferragosto politica sensibile al dramma delle carceri, ma servirà a qualcosa? www.caffenews.it, 16 agosto 2010 Anche quest’anno si è svolta l’iniziativa dei Radicali “Ferragosto in carcere”, che prevede la visita nelle carceri italiane di parlamentari e amministratori locali, con l’intento di far sentire la vicinanza della politica (o meglio, di una sua parte) alle problematiche delle carceri italiane; su tutte, il sovraffollamento nelle celle e il personale ridotto, problemi quest’anno giunti ad un livello drammatico. Quest’anno l’iniziativa si è svolta tra venerdì 13 e domenica 15 agosto, con oltre 200 aderenti, tra deputati, senatori, europarlamentari e consiglieri regionali di tutti gli schieramenti politici, ma anche magistrati di sorveglianza, presidenti di tribunali e procuratori generali. Tra i promotori del “Ferragosto 2010 in carcere”, oltre al Partito Radicale, anche Radio Radicale e i capigruppo in Commissione Giustizia alla Camera Matteo Brigandì (Lega), Enrico Costa (PdL), Donatella Ferranti (Pd), Elio Vittorio Belcastro (Gruppo misto), Federico Palomba (IdV) e Roberto Rao (Udc); oltre ovviamente ad altri esponenti dei relativi partiti. Prima parlavamo di situazione drammatica. Secondo i dati del Dipartimento amministrazione penitenziaria, in Italia abbiamo 206 istituti per 64.406 detenuti, ossia 20mila in più di quelli regolamentari. La regione che ospita il maggior numero di reclusi è la Lombardia con 8.813, seguita dalla Sicilia con 7.615 e dalla Campania con 7.589; gli uomini dietro le sbarre sono 62.040, le donne 2751. Il carcere più affollato è Poggioreale a Napoli con 2.266 detenuti contro una capienza di 1.400 unità, seguono poi Lecce che ospita oltre 700 detenuti in più di quelli previsti, e San Vittore a Milano con oltre 600 esuberi. Il 37% dei prigionieri sono stranieri e tra loro la maggioranza, quasi 20 mila, sono extracomunitari. L’associazione “Ristretti Orizzonti”, con il suo consueto dossier “morire di carcere” che raccoglie dati in modo indipendente rispetto alle fonti ufficiali, fa sapere che tra il 2000 e il 2010 i morti in carcere sono stati oltre 1.700, di cui quasi 600 di suicidio (quasi un terzo). Nell’anno corrente, al 12 agosto 2010, le morti registrate sono state 112, di cui 41 suicidi (oltre un terzo). Come risponde il Governo a tutto ciò? Il Ministro della Giustizia Angelino Alfano, ad inizio anno, nel corso di un intervento alla Camera, aveva sintetizzato la soluzione in tre punti: 1) Edilizia penitenziaria grazie alla quale la capienza delle carceri arriverà a 80 mila posti; 2) Riforme di accompagnamento che atterranno il sistema sanzionatorio e che riguarderanno coloro che devono scontare un piccolo residuo di pena; 3) Aumento di organico di oltre due mila unità della polizia penitenziaria. Orbene, è facile constatare come, dopo 7 mesi, il Governo abbia disatteso tali obiettivi e la situazione sia grave, disumana e intollerabile per un Paese che si professa democratico e civile. Certo, siamo consapevoli che nessuno ha la bacchetta magica, ma fa ancor più rabbia constatare come il Parlamento sia più impegnato a risolvere problemi propri (alias della Casta) che quelli del Paese; ancora peggio se si considera che ciò è evidente proprio in tema di giustizia. Purtroppo i nostri politicanti sono più indaffarati a far sapere quanto “pesano” all’interno delle proprie coalizione o rapporti di alleanze, curando propri orticelli e sollevando inutili problemi. I tre punti individuati da Alfano li troviamo giusti e risolutori: più carceri, riforma del codice sanzionatorio (distinguere cioè il “ladro di polli”, dal grande truffatore e chi ha commesso pesanti illeciti finanziari; oltre che utilizzo di tecnologie come “il braccialetto elettronico”, o ancora, i lavori forzati come pena per reati minori); infine, più forze dell’ordine (mentre alla sicurezza sono sovente tagliati fondi). Rilevante è il dato relativo ai detenuti extracomunitari, quasi il 40% sul totale. Bisogna trovare nuove soluzioni per loro, ossia forme diverse di detenzione come in istituti di recupero; centri per l’asilo politico; accompagnamento dell’extracomunitario al suo Paese di origine (salvo i casi che esso non garantisca la sua incolumità fisica, ad esempio dove vi sono guerre in corso o dittature poco affidabili). In tal modo non li si tiene qui ad infracidire costipati come bestie, ma si darà loro una collocazione che risponda alle esigenze del singolo caso. Così da dare anche maggiore respiro e spazio ai detenuti nostrani. Ma l’attuale maggioranza di Governo è troppo impegnata in lodi vari e leggi “ad personam” per salvare i “furbetti del quartierino” messisi in politica a tale scopo, per poterci pensare… Giustizia: Radicali; condizione carceri sono la prova che viviamo in uno Stato d’illegalità intervista di Paolo Persichetti a Mario Staderini Liberazione, 16 agosto 2010 Serve un’amnistia perché la più grande questione sociale che abbiamo in Italia oggi è quella della Giustizia. Quella degli 11 milioni di processi pendenti. 230 tra parlamentari, eurodeputati, consiglieri regionali, provinciali, comunali e operatori del settore tra cui i Garanti dei detenuti, autorità di garanzia presenti solo in alcune regioni e comuni. 206 istituti di pena visitati sui 216 esistenti. È questo il bilancio ancora provvisorio - come sottolinea Valentina Ascione dell’ufficio stampa dei Radicali italiani - dell’iniziativa “Ferragosto in carcere” promossa per il secondo anno consecutivo dal Partito radicale. Iniziativa ispirata con una lettera di convocazione firmata dal neo direttore di Radio radicale, Paolo Martini, e dal segretario dei Radicali italiani, Mario Staderini, insieme a tutti i capigruppo della commissione Giustizia della Camera dei deputati. “La vera novità di quest’anno - ci spiega proprio Staderini - è il coinvolgimento per la prima volta dei magistrati, presidenti di tribunale, procuratori e giudici di sorveglianza”. Avete fatto appello anche alla Cei. Come hanno reagito i vescovi? La legge riconosce agli ordinari diocesani la prerogativa di visitare gli istituti penitenziari senza preavviso per l’esercizio del loro ministero. Purtroppo al momento non abbiamo ricevuto adesioni che invece sono venute dalle chiese protestanti, fino all’episodio avvenuto nel carcere di Pavia dove è stato rifiutato l’ingresso ai pastori valdesi per ignoranza della legge. Il coinvolgimento della magistratura è senza dubbio un fatto nuovo anche perché negli ultimi anni i tribunali di sorveglianza hanno sposato un’interpretazione restrittiva, se non di vera e propria disapplicazione della legge Gozzini. Sono divenuti loro stessi parte del problema. Nei mesi scorsi, quando il governo per far fronte al sovraffollamento sembrava propenso introdurre una misura minima come gli arresti domiciliari automatici per alcune categorie di detenuti con un residuo pena inferiore a 12 mesi, la magistratura di sorveglianza si è messa di traverso rivendicando l’autorità finale sulla decisione. Pensate che l’iniziativa di oggi possa favorire un ripensamento? L’iniziativa di questi giorni è rivolta all’intera comunità penitenziaria. Non solo ai detenuti dunque, ma anche a chi vi lavora come gli agenti di polizia, i direttori, gli avvocati e ovviamente i magistrati. La più grande questione sociale che abbiamo in Italia oggi è quella della Giustizia. Quella degli 11 milioni di processi pendenti. L’affollamento delle carceri è un problema che coinvolge inevitabilmente il lavoro dei magistrati come parte di un sistema della Giustizia che necessita di riforme urgenti. La nostra proposta di una grande amnistia è una soluzione rivolta anche al lavoro dei magistrati per liberare i loro tavoli da milioni di processi pendenti che molto spesso oggi si trasformano in amnistia di fatto, con le 200 mila prescrizioni all’anno. Non è un caso che nelle carceri si trovino sempre gli ultimi, quelli più deboli. I soggetti forti, i malavitosi organizzanti o i benestanti possono permettersi di pagare degli avvocati che li portano alla prescrizione. L’affollamento delle carceri rende dunque il lavoro dei magistrati improponibile e questa situazione si ripercuote sulla vita delle persone private della loro libertà, che si ritrovano così a non poter fruire di quei tempi veloci che altrimenti permetterebbero ai magistrati di valutare e decidere velocemente l’eventuale applicazione delle pene alternative. Dopo le visite cosa accadrà? Programmare il rientro nella legalità dello Stato italiano attraverso provvedimenti normativi che gestiscano l’emergenza umanitaria in corso e che programmino il superamento strutturale di questa situazione, attraverso lo sviluppo delle pene alternative, la riforma della Giustizia contro l’amnistia di classe in corso. Quella di quest’anno più che una visita ispettiva sulle carceri è una verifica sulla situazione d’illegalità in cui versa lo Stato italiano. Vedere come stanno le carceri oggi non è più, come diceva Voltaire, un test sulla civiltà di un Paese ma una verifica dei livello della crisi dello stato dei diritti e della democrazia nel nostro paese. Nel nord Europa quando le prigioni non sono in grado di garantire gli standard minimi del rispetto dei diritti esistono liste di attesa per gli ingressi in carcere. Il nostro obiettivo è il superamento di una legge criminogena come quella sulle droghe e la cancellazione di tutti i reati senza vittima. Noi del Partito radicale tenteremo di attivare le giurisdizioni internazionali perché la situazione dell’Italia è quella di uno Stato fuorilegge che viola i diritti umani. Vi rivolgerete a Strasburgo? Non solo. Ci sono anche altre giurisdizioni esistenti. Giustizia: Bonino; bene il “Ferragosto in carcere”, ora tocca al Senato fare passi avanti Agi, 16 agosto 2010 Una “valutazione positiva per le adesioni e le informazioni ricevute”. Emma Bonino, dai microfoni di Radio Radicale, torna sulla iniziativa del “Ferragosto in carcere” che ha portato centinaia di parlamentari a verificare di persona le condizioni drammatiche delle carceri italiane, e ricorda che “a questo punto toccherà al legislatore fare qualche passo avanti. È passata all’esame del Senato, infatti, la legge sulle misure domiciliari per i detenuti, “un tardivo e minimo strumento legislativo che magari al Senato potrà essere arricchito di un qualche contenuto. Non sarà certamente la panacea, ma certamente un elemento importante di svuotamento delle carceri potrà aiutare a legalizzare il sistema carcerario, e se lo fa presto il Parlamento potrà servire a dimostrare che è possibile. Per questo mi auguro che queste tre giornate, in cui parlamentari di tutti i gruppi hanno dato resoconti che vanno in una unica direzione, facciano trovare anche una convergenza nel lavoro della Commissione giustizia del Senato”. Giustizia: Alfano; il Piano straordinario va avanti, pronti a partire per costruzione nuove carceri Apcom, 16 agosto 2010 I detenuti attualmente ospitati nelle carceri italiane sono 68.121, di cui 24.675 sono di nazionalità straniera. Lo ha detto il ministro della Giustizia, Angelino Alfano a Palermo, nel corso della conferenza stampa che si è tenuta dopo il Comitato nazionale per la sicurezza. Di questi, 37.219 - ha aggiunto Alfano - hanno una condanna definitiva mentre 24.941 sono in attesa di giudizio, mentre i detenuti in regime di carcere duro previsto dall’art.41 bis sono attualmente 681, di cui tre donne. Il ministro ha sottolineato come in questi due anni vi sia stato un irrigidimento nella applicazione del carcere duro contro i mafiosi. “Il Piano straordinario per le carceri - ha sottolineato il Guardasigilli - procede bene. Siamo pronti a partire con la edificazione di nuovi padiglioni e di nuovi istituti di pena”. Intanto oggi 85 detenuti a Palermo, Roma e Milano sono stati impiegati per la pulizia di spiagge e parchi sotto il controllo della Polizia Penitenziaria. Per il Sappe, il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, si tratta di un “valido esempio di reinserimento sociale per la persona detenuta” che dà “un senso concreto al concetto di pena anche in ambito sociale”. Bisogna però fare di più, aggiunge il Sappe, perché sia maggiore il numero di detenuti impiegati in lavori socialmente utili. Inoltre “l’allarmante dato di oltre 68mila detenuti che sovraffollano le carceri italiane, la cui capienza regolamentare è pari a poco più di 42mila posti, oltre a rappresentare il triste primato mai raggiunto nella storia d’Italia impone l’adozione di provvedimenti urgenti”. Così il sindacato fa appello ai ministri dell’Interno Roberto Maroni e della Giustizia Angelino Alfano perché riprendano le misure utili a un ricorso ad alternative alla detenzione, ricordando l’esistenza di una bozza del decreto interministeriale Giustizia - Interno per una riforma organica del sistema, con l’uso della Polizia Penitenziaria anche per l’esecuzione penale esterna. 681 detenuti al 41 bis, in maggioranza camorristi Sono in totale 681 i detenuti in regime di 41 bis, il carcere duro che si applica ai mafiosi e agli appartenenti alle altre organizzazioni criminali. Il dato è stato reso noto dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano, al termine della riunione di ferragosto del Comitato nazionale per la sicurezza e l’ordine pubblico a Palermo. Il ministro ha evidenziato che i camorristi sono i più numerosi, 267 in totale, seguiti dagli esponenti di Cosa Nostra, che sono 210. Tre le donne. “Il sorpasso dei detenuti di origine camorrista rispetto a quelli di Cosa Nostra - ha affermato Alfano - è un segno della bipolarizzazione della criminalità organizzata tra camorra e mafia siciliana”. Il ministro ha tuttavia sottolineato che la ‘ndrangheta non dev’essere sottovalutata e ha in proposito ricordato che questa parola “è stata esplicitamente inserita nella legislazione” proprio perché l’azione di contrasto sia specificamente mirata. “La nostra - ha affermato Alfano - è l’antimafia delle leggi, pubblicate sulla Gazzetta ufficiale non sui giornali perché sono leggi, non opinioni. Il resto è affidato al dibattito politico de iure condendo, ma non è legge”, ha concluso il ministro rispondendo a un giornalista che ricordava le critiche venute da più parti al dl sulle intercettazioni. Giustizia: Sappe; istituire Gruppo di lavoro per monitorare attuazione del Piano carceri Adnkronos, 16 agosto 2010 Istituire a Palazzo Chigi, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, un gruppo di lavoro per monitorare costantemente l’attuazione del piano carceri del Governo Berlusconi. È la richiesta del sindacato autonomo di Polizia Penitenziaria Sappe al presidente del consiglio dei ministri Silvio Berlusconi, in una nota inviata anche al ministro della Giustizia Angelino Alfano ed al capo dell’amministrazione penitenziaria con poteri di Commissario straordinario Franco Ionta. “Ci conforta sentire che il piano straordinario per le carceri procede bene e si è dunque pronti a partire con l’edificazione di nuovi padiglioni e nuovi istituti, come ha detto il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, al termine della riunione di ferragosto del Comitato nazionale per la sicurezza e l’ordine pubblico a Palermo”, afferma in una nota Donato Capece, segretario generale del Sappe. “La situazione penitenziaria - aggiunge - è ogni giorno sempre più allarmante, con un sovraffollamento notevole e molte criticità, prime tra tutte le aggressioni agli agenti di polizia penitenziaria, le risse, gli atti di autolesionismo dei detenuti ed in particolare i tentativi di suicidio”. “Non a caso salutammo con molto favore l’approvazione del piano carceri presentato dal Governo lo scorso 13 gennaio - sottolinea - Lo definimmo fin da subito una scossa salutare ad un sistema, quello penitenziario appunto, rimasto per molto tempo senza alcun intervento sostanziale, oltre la fallimentare e disastrosa esperienza dell’indulto. Serve dunque con urgenza qualcosa di concreto per contrastare questa costante emergenza. E, lo abbiamo detto e lo ripetiamo oggi, il piano carceri del Governo ci sembra andare proprio in questa direzione. Perché allora non istituire presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - conclude - un gruppo di lavoro finalizzato a monitorare costantemente l’attuazione del piano carceri, così da seguire passo passo ogni intervento”. Giustizia: Dell’Utri e Cosentino, la farsa del carcere di Patrizio Gonnella (Presidente di Antigone) Il Manifesto, 16 agosto 2010 Nei primi sette mesi del 2010 non si erano mai visti tanti parlamentari ispezionare le carceri italiane tutti insieme. E forse non li si vedrà più nei prossimi mesi. Unica eccezione i radicali, da sempre lodevolmente impegnati a smascherare l’illegalità del nostro sistema carcerario. L’articolo 67 dell’Ordinamento Penitenziario del 1975, che conferisce ai parlamentari potere di visita ai penitenziari, è stato pensato principalmente in funzione preventiva. Il possibile accesso di rappresentanti politici all’interno delle prigioni dovrebbe favorire l’astensione da violenze e da altre possibili violazioni macroscopiche della legge. Evidentemente non è in questa chiave che le visite ferragostane sono state programmate, essendo vistosamente pubblicizzate da tempo ed essendo l’elemento sorpresa parte integrante della possibilità di prevenzione. Non è quindi questo lo scopo dell’iniziativa radicale. Un significato ulteriore del potere ispettivo conferito al Parlamento è quello di permettere a quest’ultimo, sotto l’ovvio principio della separazione dei poteri, una facoltà di controllo sull’operato del governo e delle sue articolazioni amministrative anche al fine di legiferare con cognizione di causa. Con questo obiettivo di fronte, l’appartenenza a una forza governativa ovvero a una forza di opposizione fa una grande differenza, soprattutto oggi che il Parlamento è molto ridimensionato nei suoi poteri rispetto a quanto avveniva ai tempi in cui fu approvata la legge penitenziaria. Andare in visita “tutti insieme” fa in questo senso perdere di significato alla visita stessa. Che i problemi carcerari non siano di destra né di sinistra è un approccio profondamente errato, capace di aprire la strada solamente a soluzioni posticce quali il rifacimento di un paio di padiglioni detentivi o la promessa di assumere qualche migliaio di poliziotti. La realtà è che gli attuali problemi delle nostre carceri sono dovuti a leggi repressive e a un uso simbolico del sistema penale dovuti, gli uni e l’altro, a quelle forze politiche di Governo che hanno co-promosso l’appello a visitare le galere a Ferragosto. Ignazio La Russa ci ha anticipato che alla ripresa delle attività parlamentari la verifica dovrà andarsi a confrontare con una stretta sul tema dell’immigrazione (più di quella attuale, con 12 mila immigrati che transitano annualmente in carcere solo per non aver ottemperato all’ordine di allontanamento?) Ciò rende chiaro di cosa si sta parlando e rende ancora più ipocrita il coinvolgimento della destra nell’iniziativa di Ferragosto. Infine, Dell’Utri e Cosentino che varcano il cancello di un carcere da visitatori sono l’icona vivente della nostra giustizia di classe: i poveracci dormono in dieci in una cella da tre, loro - da buoni colletti bianchi - entrano in carcere da ispettori tra una vacanza e un’altra, tra un processo e un altro. Giustizia: Sappe; contro il sovraffollamento delle carceri servono più misure alternative Apcom, 16 agosto 2010 Nelle carceri italiane i detenuti sono troppi: emerge anche dai dati del ministro della Giustizia, Angelino Alfano. E il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe fa appello a lui e al ministro dell’Interno Roberto Maroni perché riprendano le misure utili a un ricorso ad alternative alla detenzione. Il Sappe ricorda l’esistenza di una bozza del decreto interministeriale Giustizia - Interno per una riforma organica del sistema, con l’uso della Polizia Penitenziaria anche per l’esecuzione penale esterna. Il ministro della Giustizia, a Palermo, nel corso della conferenza stampa che si è tenuta dopo il Comitato nazionale per la sicurezza, ha spiegato che i detenuti attualmente ospitati nelle carceri italiane sono 68.121, di cui 24.675 di nazionalità straniera. Di questi, 37.219 - ha aggiunto Alfano - hanno una condanna definitiva mentre 24.941 sono in attesa di giudizio. Il Piano straordinario per le carceri - ha dichiarato il Guardasigilli - procede bene. Siamo pronti a partire con la edificazione di nuovi padiglioni e di nuovi istituti di pena”. Il Sappe ricorda che la capienza regolamentare delle carceri è pari a poco più di 42mila posti, e le cifre attuali rappresentano “un triste primato mai raggiunto nella storia d’Italia”. Contestualmente apprezza l’iniziativa che ha portato a Ferragosto all’impiego di 85 detenuti a Palermo, Roma e Milano per la pulizia di spiagge e parchi sotto il controllo della Polizia Penitenziaria. Per il Sappe si tratta di un “valido esempio di reinserimento sociale per la persona detenuta” che dà “un senso concreto al concetto di pena anche in ambito sociale”. Giustizia: Garante Lazio; bene iniziative di Ferragosto nelle carceri, ma politica deve dare soluzioni Dire, 16 agosto 2010 e iniziative di Ferragosto sono sicuramente lodevoli e utili a sensibilizzare, ma risolveranno mai le carenze strutturali degli istituti penitenziari, come la mancanza di personale e il sovraffollamento?”. Se lo domanda (conoscendo già la risposta) Angiolo Marroni, garante dei diritti dei detenuti nel Lazio. Sono ormai circa 70 mila i detenuti in tutta Italia e il Lazio è la quarta regione per numero, dopo Lombardia, Sicilia e Campania, con i suoi circa 6 mila. Dei quali oltre 1.500 in “esubero”. “Il sovraffollamento delle carceri, unito alla diminuzione del personale, da quello di vigilanza a quello di sostegno - dice Marroni all’agenzia Dire - significano, specie d’estate, peggioramento delle condizioni di vita dei reclusi”. Pochi giorni fa, infatti, si è verificato un altro suicidio nel Lazio, l’ottavo morto nella regione dall’inizio dell’anno. Un dato “allarmante” per gli istituti laziali, ma “anche e ancor di più per tutta la situazione nazionale”. Dando infatti un’occhiata alla percentuale dei suicidi tra la popolazione detenuta, si scopre che essa è superiore del 20% rispetto a quella dei cittadini non reclusi. Per Marroni “questo si verifica perché il carcere in Italia è sempre meno un luogo di reinserimento, mentre in altri Paesi, dove il detenuto per esempio non viene privato della possibilità di continuare ad avere anche rapporti sessuali, si punta a politiche di tutela dei diritti, e specie di uno fondamentale: la dignità”. Vedere il carcere “solo come pena e non come reinserimento è il dramma politico italiano. Un dramma - aggiunge Marroni - la cui risoluzione sento per ora lontana se non si riforma il codice penale. Io e i miei collaboratori - conclude - siamo e saremo nelle carceri a vigilare ogni giorno, non soltanto a Ferragosto”. Giustizia: Orlando (Pd); inserire i problemi del carcere nell’agenda di parlamento e governo Asca, 16 agosto 2010 Le condizioni di salute dei detenuti, il sovraffollamento delle strutture penitenziarie, il personale mancante e la mancata attuazione della riforma del sistema carcerario sono temi che devono essere inseriti con urgenza nell’agenda delle istituzioni parlamentari e di governo. Per questo, non può che esser apprezzabile l’iniziativa che sta portando nelle case circondariali italiane oltre duecento politici, tra parlamentari e consiglieri regionali di tutti gli schieramenti. Così il presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori in campo sanitario e i disavanzi sanitari regionali, Leoluca Orlando, ha commentato Ferragosto in carcere, la seconda edizione dell’iniziativa promossa dai Radicali Italiani nei 216 istituti di pena dislocati sul territorio nazionale. Nell’ambito di uno specifico filone d’indagine sulla tutela del diritto alla salute dei detenuti, la Commissione da me presieduta - ha spiegato Orlando - dopo aver visitato, nei mesi scorsi, il penitenziario di Sulmona e aver audito i rappresentanti del Forum nazionale per il diritto alla salute delle persone private di libertà personale, nonché il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni e alcuni membri del Comitato europeo per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa (Cpt), ha fissato un calendario di massima delle visite che si terranno in alcuni istituti penitenziari italiani alla ripresa dei lavori parlamentari dopo la pausa estiva. Con riserva di successiva conferma, questo il programma deliberato, lo scorso 28 luglio, dall’Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentati dei gruppi: lunedì 27 settembre visita al carcere di Opera (Lombardia); venerdì primo ottobre visita al carcere di Sollicciano (Toscana); lunedì 11 ottobre visita al carcere Ucciardone - Pagliarelli (Sicilia); lunedì 25 ottobre visita al carcere di Poggioreale (Campania). Sono stati altresì previsti sopralluoghi nel carcere romano di Rebibbia, nella struttura di Laureana di Borrello (Rc) e, infine, nelle strutture di Bari e Trani. Il problema della salute in carcere - ha aggiunto Orlando - è un problema strutturale, evidenziato sporadicamente dal clamore suscitato da singoli gravissimi episodi, come i suicidi che, tra i detenuti, sono il 20% in più rispetto al resto della popolazione. Le difficoltà finanziarie delle regioni e i tagli previsti nelle ultime manovre contribuiscono ad aggravare la situazione - ha concluso Orlando - centrale è, infatti, la questione delle risorse economiche destinate agli istituti penitenziari ma anche la necessità di utilizzare al meglio il personale esistente, non solo le unità di polizia penitenziaria ma anche psicologici ed educatori, al fine di garantire una diversa qualità della vita con evidente influenza anche sul versante della salute. Lettere: visite di Ferragosto; solidarietà o dimostrazione dell’inefficacia delle azioni politiche Comunicato stampa, 16 agosto 2010 Si ripete il “ferragosto in carcere” organizzato dai Radicali. Iniziativa utile ma che merita un approfondimento “dalla parte dei detenuti”. Parlamentari e consiglieri regionali hanno toccato con mano, anche quest’anno, la gravissima situazione delle carceri italiane. L’iniziativa organizzata dai Radicali Italiani ha visto tra i promotori anche i capigruppo in Commissione Giustizia alla Camera della Lega, del Pdl, del Pd, del Gruppo misto, dell’IdV e dell’Udc. Come l’anno scorso, circa duecento politici sono entrati negli Istituti di Pena per verificare le condizioni in cui vivono i detenuti. Come l’anno scorso riconosciamo il merito dei Radicali ed in particolare degli onorevoli Rita Bernardini e Marco Pannella, che da sempre si sono posti a tutela dei diritti dei detenuti ed hanno saputo coinvolgere un gruppo trasversale di politici portandoli all’interno delle mura. Come l’anno scorso ed oggi con maggiore convinzione, dobbiamo però fare alcune riflessioni “dalla parte dei detenuti”. Il Ministro della Giustizia, nel 2009, ha affermato che la maggior parte degli Istituti di Pena sono incostituzionali. Nel saluto alla nazione che il Presidente della Repubblica rivolge a fine anno sono state ricordate le tremende modalità in cui vivono la maggior parte dei detenuti. Nei primi mesi del 2010 il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo “stato di emergenza” nelle carceri italiane. Il “ferragosto in carcere” è promosso da tutti i partiti più rappresentativi, che avrebbero una sicura maggioranza in parlamento. Eppure nulla è stato fatto. Nulla assolutamente nulla. Provvedimenti risibili ed inutili per affrontare seriamente e concretamente il problema, come la concessione degli arresti domiciliari a chi deve scontare una pena residua di un anno, sono stati prima “svuotati” di contenuto e poi neanche approvati. È passato, dunque, un anno ed i politici tornano nelle carceri per vedere quello che già sanno, per confrontarsi con la realtà, in una giornata che lungi dal rappresentare un momento di solidarietà, è invece l’emblema dell’inefficacia delle loro azioni, dell’inutilità della loro esistenza come rappresentanti del popolo. Se fossi rinchiuso in una cella, di pochi metri quadri, insieme ad altre dieci persone, con un solo servizio igienico a vista ed un lavabo in cui ci si lava e si lavano gli alimenti, che vengono cucinati nel medesimo spazio; con letti a castello che arrivano all’unica finestra che da luce alla stanza, dove si fa a turno a scendere dal letto per poter stare in piedi; con la televisione sempre accesa, quale unico diversivo oltre alle sigarette che vengono fumate senza sosta; se dovessi sopportare tutto questo per ventidue ore al giorno, mentre per le restanti due mi è consentito passeggiare in un cortile assolato, cosa chiederei al “politico” che mi viene a “fare visita”, mentre in cella con gli altri detenuti bagno le asciugamani da mettere vicino la finestra per filtrare l’insopportabile caldo che rende tutto ancora più difficile ? Gli direi “Onorevole ha visto, quello che si dice è vero; quello che tantissime associazioni di volontariato hanno denunciato non è fantasia, qui si muore davvero; lo sa che ormai anche il Ministro della Giustizia ha dichiarato ufficialmente che gli istituti penitenziari sono “incostituzionali”; onorevole ha voluto verificare di persona, bene. Se poi mi vuole compatire, mi compatisca pure, ma la prego faccia davvero qualcosa”. Sarei certamente scostumato ed ingeneroso verso colui che nel giorno di ferragosto, invece di stare in famiglia al mare viene a trovarmi. Il politico mi darà comunque ragione, mi dirà che si è reso conto dell’effettiva emergenza, che si farà promotore d’iniziative concrete. Intanto il suo addetto stampa ha già preparato il comunicato da inviare ai giornali affinché il sacrificio personale sia reso pubblico. Queste considerazioni valgono per tutti coloro (la maggior parte) dei politici che hanno aderito all’iniziativa, che nel corso dell’anno nulla hanno fatto o comunque poco per risolvere effettivamente quella che ormai è uno scandalo nazionale. Dal condono ad oggi non vi è stato un serio dibattito politico sul sistema penitenziario, per il quale non sono necessarie riforme o nuove leggi, ma solo risorse economiche che consentano di applicare le norme già esistenti ed un effettivo ricorso alle pene alternative al carcere, con meno costi e maggiore sicurezza sociale, in quanto vi è un tasso di recidiva bassissimo. Plaudiamo, pertanto, anche quest’anno all’iniziativa dei radicali, augurandoci che i politici ritornati nelle carceri nel giorno di ferragosto e verificata ancora una volta - andando oltre San Tommaso - la ormai già notoria costante illegalità degli Istituti di pena italiani, vogliano aprire finalmente un urgente dibattito parlamentare che possa approdare a soluzioni concrete. Le Camere Penali, da tempo denunciano la gravità della situazione e la necessità d’intervenire subito, indicando qual è la strada da seguire. Ma il Governo ed il Parlamento sono indifferenti dinanzi alla conclamata illegalità vigente in parte del territorio della nazione e questa rinnovata attenzione della politica nel solo giorno di ferragosto, corre il rischio di diventare un ulteriore inutile appuntamento nell’agenda di coloro che ci dovrebbero rappresentare. Camera penale di Napoli Ass. Il Carcere Possibile Onlus Il Presidente - Avv. Riccardo Polidoro Lettere: dell’Utri in visita alle carceri? per una volta, un atto che non disonora né lui né il Paese di Furio Colombo Il Fatto Quotidiano, 16 agosto 2010 Facciamo come dicono nelle scuole di giornalismo. Prima il fatto, poi l’opinione. Il fatto è che nessuno, politico o no, con un tipo o l’altro di reputazione, si era mai sognato, fino all’anno scorso, di rovinarsi il Ferragosto vistando le carceri e verificando le condizioni dei carcerati. Certo, era accaduto, in passato, soprattutto in spirito religioso e di carità. Qui la storia è un’altra. Un partito politico, i Radicali, che dedica gran parte del suo intenso attivismo politico ai diritti civili, ha proposto, e realizza, questa visita festiva alle carceri perché non vada perduto un pezzo importante di conoscenza delle condizioni e della vita italiana in questi anni. Abbiamo tutti notato che mezza Italia è sui tetti o perle strade in questi mesi, per protestare e chiedere attenzione politica, ultimi i pastori sardi che l’altro ieri hanno occupato l’autostrada e l’aeroporto di Olbia. I carcerati, a meno di una rivolta (che tanti temono e per cui nessuno fa niente) possono solo suicidarsi. E lo fanno in tanti, se le loro condizioni di vita in carcere sono come sono, disumane. I Radicali, perciò, hanno pensato di portone la politica nelle celle di tre metri per due con quattro letti a castello. E un solo bagno per 40 persone. La notizia è talmente grande che molti giornali e tv ne hanno dato l’annuncio come se si fosse prodotta da sola, tipo un’alluvione, senza citare i Radicali che hanno pensato e realizzato (soprattutto con il lavoro di Rita Bernardini) tale iniziativa, e l’hanno portata in tutta Italia. L’opinione (la mia opinione) è un sentimento di gratitudine e di orgoglio. La vita pubblica italiana, che pure è al suo peggio, può ancora generare un simile impegno in difesa di diritti totalmente negati di persone totalmente isolate. Se poi c’è Dell’Ultri, consentiamogli atti e sentimenti che, per una volta, non disonorano né lui né il Paese. E fanno notizia. A patto di collegare questa notizia a chi l’ha generata. I Radicali. Lettere: che strano luogo è il carcere… di Stefano Anastasia (Difensore civico Associazione Antigone) Terra, 16 agosto 2010 Consueto pellegrinaggio ferragostano in carcere. Parlamentari, consiglieri regionali e accompagnatori vedranno, ascolteranno, prometteranno. Giriamo a loro questa lettera arrivataci anonimamente da una Casa circondariale emiliana.”Che strano luogo è il carcere. Questa notte all’improvviso, senza che nessuno lo sapesse, hanno trasferito una detenuta… dove? Non è dato sapere. Qui c’è un orario per tutto, come nella vita normale, ma con un grande differenza: tutto viene imposto per obbligo. Tra un po’ ci sarà anche un orario per respirare. Qui è tutto disumanizzato. Qui tutti devono pagare il loro errore, e lo fanno, statene certi! Qui si paga! Che strano luogo è il carcere. Se stai male il medico arriva… quando avrà tempo! Tra un’ora, un giorno, una settimana, ma non ti preoccupare: alla più brutta… muori! Non è mica colpa del carcere se le cose vanno così… è la società! Che strano luogo è il carcere. Noi siamo fantasmi della società: ci siamo e siamo in tanti, quasi tutti giovanissimi, con tutta la possibilità di essere reinseriti, ma questo non succede quasi mai. Che strano luogo è il carcere. Oggi la mia concellina e io cantavamo. È vero, forse ci siamo fatte prendere un po’ la mano… sembravamo quasi felici, e infatti dopo un po’ è arrivata l’agente che ci ha chiesto: “tutto bene? Qualcosa che non va?”. Insomma: se piangi non va bene perché sei depressa, se ridi non va bene perché sembri scema, se canti ti ricordano che questo non è un luogo adatto al canto! Sembra assurdo, ma spesso qui si ride, e sono risate di disperazione, risate isteriche! Perché qui non è difficile impazzire, anzi lo siamo già: un giorno ci amiamo e il giorno dopo ci scanniamo per una sigaretta. Molte di noi siamo madri, la maggioranza di bambini di 4-6-8 anni. Famiglie distrutte. Ho visto bambini venire a trovare in carcere le loro madri “perdute”, che hanno “sbagliato” per mantenere i loro figli. Ma non potrebbero pagare agli arresti, dove potrebbero crescere insieme ai loro figli? Forse così si risolverebbe anche il problema del sovraffollamento nei carceri, o no? Che strano luogo è il carcere. Vediamo spesso lo spot a favore dei cani, dei gatti, del WWF … Giustissimo! Ma perché non ho mai visto uno spot a favore dei carcerati? Non sia mai! Noi siamo reietti. Tutti sanno che ci siamo, ma nessuno vuol sentirne parlare. Fanno “tutto un erba e un fascio”: se sono in galera vuol dire che me lo merito, anzi è poco! Ci vorrebbe la pena di morte, dice qualcuno. Se poi hai l’ulteriore sfortuna di trovarti in carcere durante il periodo estivo e di non essere stato ancora giudicato, allora auguri! Loro vanno in vacanza e allora, già che è lentissima, la giustizia si blocca e da fantasma diventa il nulla assoluto. … W l’Italia!”. Lettere: l’inferno delle carceri e lo sciopero della fame e della sete di Ezio Stati Il Centro, 16 agosto 2010 Lo sciopero della fame e della sete di Ezio Stati, mi inducono ad alcune riflessioni. Non voglio entrare nel merito della vicenda giudiziaria, colpevole o innocente, il tempo e i giudizi lo diranno. Lui dal carcere grida la sua innocenza e fa lo sciopero della fame per questo. Ma io vedo questo gesto anche come un urlo di dolore contro il carcere, che è come un grande fiume in piena che può travolgere chiunque, ha una forza dirompente unica, ti entra subito nelle ossa, può soffocare sia la mente che il fisico. Lì il tempo scorre in silenzio, la vita seguita senza essere più vita, i colori non esistono più, tutto si ferma, esiste solo un dolore profondo 24 ore su 24. Qualche giorno fa c’è stato l’ennesimo suicidio, il quarantunesimo dall’inizio dell’anno, una vera tragedia alla quale nessuno pone rimedio, nessun provvedimento governativo in tal senso. Le carceri scoppiano, il sovraffollamento ha raggiunto il tetto massimo dal dopoguerra ad oggi, quasi settantamila detenuti a fronte di una capienza di quarantatremila. Anche in Abruzzo la situazione è pesante, il segretario nazionale Uil penitenziari Eugenio Sarno ha dato i dati sul sovraffollamento delle carceri abruzzesi, da dove si evince un 40% in più rispetto alla capienza consentita: 2.043 detenuti su una capienza di 1455. In controtendenza il carcere de L’Aquila, forse unico in Italia ad avere meno detenuti rispetto alla capienza: 181 su 205, ma questo è semplicemente dovuto al fatto che essendo un carcere al 90% con detenuti in 41 bis sono tutti in celle singole, poi ci sono quattro aree riservate (più restrittivo del 41 bis), una delle quali è una vera e propria sezione con una trentina di celle dove vi sono solo due detenuti. Il vero dato positivo è quello riguardante il carcere di Sulmona, dove si passa dai 390 detenuti di qualche mese fa agli attuali 275, questo è frutto della mobilitazione e delle iniziative tese a far chiudere o ridurre la casa lavoro ed evidenziare la forte complessità di quel carcere tristemente noto per i tanti suicidi. Giulio Petrilli Dipartimento diritti e garanzie del Pd L’Aquila Lettere: qualche proposta alla giunta comunale sulle carceri bresciane Qui Brescia, 16 agosto 2010 Anche quest’anno in tutta Italia, grazie ad un’iniziativa dei radicali condivisa da tutte le forze politiche, la pausa ferragostana è stata occasione per alcuni esponenti politici sensibili e attenti all’emergenza della situazione carceraria per prestare attenzione alla grave situazione in cui vivono, lavorano ed operano in vario modo migliaia di persone nel nostro Paese. Anche a Brescia recentemente sono state varie le occasioni istituzionali di confronto sul tema delle carceri cittadine. Con alcuni consiglieri comunali abbiamo incontrato le direttrici di Verziano e Canton Mombello e successivamente, in commissione e in consiglio comunale, il Garante delle persone private della libertà. Pochi conoscono tale figura che, scelta dal consiglio comunale, svolge volontariamente un grande lavoro di raccordo tra istituzioni e realtà del volontariato, detenuti e loro famiglie. Il Garante non rinuncia a ricordare in ogni occasione la condizione dei reclusi presenti nelle carceri italiane in numero più che doppio alla capienza ordinaria prevista, a fronte di personale dimezzato. Quasi la metà di essi sono in attesa di giudizio: saranno liberi perché dichiarati innocenti, dopo aver sperimentato la vita della prigione. E per quanto riguarda Canton Mombello con l’aggravante di una struttura che fra le 205 in Italia è tra le peggiori, tanto da meritare menzione nel rapporto della Commissione europea per la prevenzione delle torture e dei trattamenti disumani e degradanti. Parliamo di celle di pochi metri quadrati, dove i detenuti devono alternarsi per stare in piedi; dove ad un tavolo e due sgabelli si succedono 8-10 persone; dove il cibo viene servito in condizioni precarie di igiene; dove mancano piatti, posate e bicchieri; dove, in cella, c’è solo acqua fredda ed un piccolo lavabo per l’igiene personale, per cucinare, per lavare gli indumenti; dove il posizionamento dei letti a castello obbliga a tenere le finestre solo e sempre aperte d’estate o solo e sempre chiuse d’inverno; dove per il passeggio e l’ora d’aria di più di 500 persone ci sono due cortili di pochi metri quadrati. Dove, per tutto ciò, la dignità stessa delle persone recluse è a rischio e la condizione professionale di chi vi lavora è indegna. Inevitabilmente un carcere così mai potrà contribuire alla rieducazione del condannato, ma, anzi, è evidentemente contrario al senso di umanità raccomandato dall’articolo 27 della Costituzione. E così il carcere disattende il suo scopo: imbruttisce invece di rieducare; fomenta il risentimento; umilia e offende la dignità e la vita, anche se qui i crociati della difesa della vita umana mai li sentiamo scandalizzarsi ed intervenire. L’indifferenza è forse il male peggiore e non può essere consentita a chi amministra la città. Rendo atto che questa amministrazione non ha ignorato il tema e, in continuità con la giunta Corsini e l’ex presidente del consiglio Castelletti, ha posto in essere piccoli ma apprezzabili gesti. Riconosco senza difficoltà, dove ci sono, i meriti ma con altrettanta onestà rimando la verifica della roboanti dichiarazioni di qualche Assessore e degli impegni assunti sul carcere al prossimo bilancio. Non sono pochi i margini grazie ai quali l’amministrazione potrebbe intervenire, sempre nell’ottica di contribuire ad elevare il grado di dignità delle persone recluse e per sostenere quei nostri concittadini che frequentano le carceri come lavoratori (agenti, medici, infermieri, educatori, impiegati, consulenti ecc.), volontari o in quanto genitori, figli, coniugi di detenuti. Nelle mie numerose visite alle carceri cittadine ho sempre incontrato un’affinata sensibilità delle direttrici, un forte e faticoso impegno del personale di Polizia e di quello civile, un’instancabile dedizione dei cappellani, una caparbietà dei volontari che lasciano ben sperare. Può apparire strano, ma in quei brutti luoghi, c’è un’energia positiva, che cerca, lottando con la burocrazia e con mille ostacoli, di migliorare le cose ed il consiglio comunale vuol essere presente, grazie al Garante, a cui demanda un impegno, dal quale, però, non si può sottrarre. Al comune non mancherebbero le occasioni per dimostrarsi sollecito: penso alla possibilità di stipulare convenzioni con l’Amministrazione penitenziaria, per lavori periodici, saltuari o emergenziali. Un sensibile contributo alla riduzione del sovraffollamento, poi, può venire dall’impegno dei servizi sociali per facilitare la messa in prova, laddove il lavoro è condizione sine qua non per l’individuazione di pene alternative. Preziosa sarebbe la messa a disposizione di spazi adeguati all’alloggio, anche detentivo, di mamme con bimbi piccoli, in condizioni esterne a quelle degli istituti di reclusione dove mai dei bambini dovrebbero vivere. In un’ottica di condivisione dell’impegno tra istituzioni, perché non assumere del personale educativo da distaccare alle carceri cittadine, così da sopperire alla cronica assenza di personale, causata dalla gestione e dalla selezione su scala nazionale direttamente dal ministero della Giustizia? Perché non demandare a Brixia Sviluppo il compito di una perizia o di una ipotesi di riutilizzo di Canton Mombello, così come previsto dal programma elettorale e di governo dell’amministrazione in carica? Le proposte, le idee, i progetti non mancano e fin qui mi pare anche la volontà di collaborare tra maggioranza e opposizione. Disponibilità ad occuparsi senza enfasi, senza strumentalità di una realtà perlopiù misconosciuta, emarginata, dimenticata. Questa personalmente è la politica che mi interessa: quella antielettorale; quella che mette le persone al centro; quella che considera i deboli non come problemi ma che vuole esser accanto ai problemi dei deboli. Quella che accetta sfide impossibili; quella capace di chiedere non per sé, di invertire la gerarchia delle priorità, quella appunto capace di superare ideologici steccati e creare collaborazione tra maggioranza e opposizione. A questo punto del mandato, a metà strada di questo impegno avaro di soddisfazioni amministrative ma carico di perplessità politiche, può esser buona cosa riordinare l’agenda delle motivazioni e ripartire dal basso, dai luoghi e dalle persone più dimenticate della nostra città. Grazie a coloro che, anche in questo Ferragosto, hanno voluto ricordarsene. Giuseppe Ungari Consigliere comunale del Pd a Brescia Palermo: l’Ucciardone cade a pezzi, per la manutenzione del 2010 ci sono solo 200 € in cassa di Eleonora Martini Il Manifesto, 16 agosto 2010 Con un medico di guardia per 703 detenuti, la tragedia nel carcere palermitano era annunciata. Dino Naso, 40 anni e 4 figli, aveva da scontare poco più di un anno. Si è sentito male nella sua cella, in ospedale è arrivato dopo molte ore, ed è morto dopo otto giorni di coma. Due inchieste spiegheranno perché. Ma che curarsi qui sia molto difficile, lo sanno già tutti. Il direttore del carcere, Maurizio Veneziano, non ne vuole parlare assolutamente. Non sa nulla - dice - non ha ancora approfondito la questione con i suoi collaboratori presenti quel maledetto giorno, non ha visto le carte, e sa solo che deve necessariamente, dopo l’inchiesta aperta dalla magistratura, avviare anche lui un’indagine interna. Ma è appena tornato dalla ferie e ancora barcolla dopo la “tegola” che gli è piombata addosso. E sì che mai tragedia, all’Ucciardone di Palermo, fu più annunciata di questa. Il detenuto Dino Naso si è sentito male nella sua cella al secondo piano della Settima sezione al mattino del 4 agosto scorso; è arrivato all’ospedale cittadino Bucchieri La Ferla alle 18:12 già in coma, ed è morto senza aver mai ripreso conoscenza il 12 agosto, quando alle 12:30 gli è stata “staccata la spina”. Sono le uniche tappe inconfutabili di una storia ancora tutta da ricostruire per l’uomo in carcere dal dicembre scorso, parlermitano di 40 anni, padre di quattro figli tra i 19 anni e i 17 mesi, che doveva finire di scontare una condanna di due anni per spaccio di stupefacenti e aveva anche un altro carico pendente. Non era tossicodipendente, “era uno tranquillo, che sapeva farsi il carcere”, hanno testimoniato gli stessi agenti di custodia all’avvocato Enrico Tinnini che per conto della famiglia ha presentato querela per lesioni colpose gravissime. Per la moglie e i fratelli, Naso avrebbe potuto essere salvato se avesse ricevuto adeguate cure. Ma non è un caso che i 703 reclusi dell’Ucciardone - che hanno il “privilegio” di sperimentare personalmente nel XXI secolo la concezione detentiva borbonica del 1834, anno in cui la struttura, sottoposta oggi a vincolo della sovrintendenza e che potrebbe contenere al massimo 402 persone, venne inaugurata per sostituire i carceri della Vicaria - da tempo protestano soprattutto per le condizioni igieniche e le difficoltà di cura. Le loro lamentele, conferma anche il senatore Pd Francesco Ferrante che ha appena concluso una visita ispettiva, sono soprattutto per la mancanza di farmaci e di personale sanitario: “Dicono che in caso di malore è difficile far venire il medico”. Chiacchiere da galeotti? Non proprio: dalle 14 alle 8 del mattino seguente c’è un solo medico di guardia e un paio di infermieri che devono correre da una parte all’altra della bellissima struttura di tipo panottico, a raggiera, con nove bracci alti fino a quattro piani che si diramano dalla rotonda centrale - di cui solo cinque attualmente funzionanti - circondati da secolari magnolie con radici aeree. Dalle 8 alle 14 turnano invece i quattro medici dipendenti del Dap che effettuano anche le visite per i “nuovi giunti”. Che sono tanti, 10 - 20 al giorno, in una Casa circondariale pura come è l’Ucciardone, a disposizione cioè per gli arrestati e i reclusi in attesa di giudizio. Detto per inciso, è prassi che i “nuovi giunti” passino almeno le prime ore di detenzione nel famigerato “canile”: 13 cubicoli bui senza finestre, senza bagno, forniti solo di una piccola panca, e con una grata fitta a dividerli dal lungo corridoio a U sul quale affacciano, ricoperto a sua volta da un tetto di plexiglass verde. Forse nemmeno i Borboni ci tenevano gli uomini, lì dentro, ma qui “è normale, succede in tutti i carceri - ci spiegano durante la visita - ma è solo per qualche ora”. Tornando al povero Dino Naso, quello che succede dunque il 4 agosto dalle 9:30 del mattino in poi, quando l’uomo avrebbe accusato i primi malori, secondo gli altri otto compagni di cella già ascoltati dalmagistrato (disposti su due letti a castello in celle senza vetri alle finestre da 20 – 22 metri quadri circa, e a giorni avrebbero dovuto sistemare un’altra branda al centro della stanza per accogliere il decimo detenuto), non è ancora chiaro. Il democratico Pino Apprendi, vice presidente della commissione Attività produttive dell’Ars, il consiglio regionale siciliano, è stato il primo, insieme a Beppe Bruno dell’associazione Giuristi democratici, a precipitarsi all’Ucciardone e poi all’ospedale Bucchieri La Ferla per tentare di ricostruire quelle che sarebbero state le ultime ore del detenuto. Come deputato regionale ha avuto la possibilità - negata ai giornalisti - di parlare con i compagni di cella di Naso. “Mi hanno raccontato che il detenuto avrebbe accusato un malore alla gola verso le 9:30 del mattino, sostenendo di avere le placche. Di lì a poco un infermiere gli avrebbe portato un medicinale, non si capisce bene se una pastiglia o una bustina. Ma l’operazione non è stata registrata nella cartella clinica. Alle 13 Naso, che lamenta ancora malori, si prepara una camomilla. Alle 15:30 la situazione degenera e interviene una crisi respiratoria. A questo punto - continua Apprendi - i detenuti riferiscono di aver cominciato la battitura delle sbarre per richiedere l’immediato intervento del medico che ritardava perché impegnato nella VI sezione. Dalla cartella clinica ho poi potuto ricostruire che alle 16:25 Naso riceve le prime cure in infermeria, al piano terra della stessa palazzina, dove sarebbe stato accompagnato a braccia dagli altri detenuti. Alle 16:57 viene chiamato il 118 facendo richiesta esplicita di un’unità con rianimazione. L’ambulanza arriva alle 17:10, riparte dall’Ucciardone alle 17:56 e deposita l’uomo già intubato in ospedale alle 18:12”. Apprendi, che denuncia la totale illegalità della struttura dal punto di vista della sicurezza dei detenuti, chiede l’intervento della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori sanitari, e due giorni fa si è fatto promotore di un Odg - approvato dall’Ars - perché la Sicilia rateizzi finalmente la legge nazionale che trasferisce la gestione diretta della sanità in carcere dal ministero della Giustizia a quello della Salute. Per il deputato regionale, il carcere “è molto più deteriorato rispetto a un anno fa: ci sono crepe pericolose perfino nella stanza adibita a infermeria. Strutture così vanno chiuse perché per metterlo in sicurezza ci vorrebbe un investimento davvero consistente”. Difficile però pensare che un patrimonio architettonico di questo livello possa comunque rimanere abbandonato a se stesso. A chiedere di fare chiarezza sulla morte di Dino Naso, invece, anche il garante siciliano dei detenuti, il Pdl Salvo Fleres. Ieri, dopo l’autopsia, la salma è stata consegnata ai familiari. Nessuno però si chiede come è possibile che un servizio sanitario così misero, con psichiatri a disposizione per un totale di 80 ore mensili e psicologi presenti per sole 38 ore complessive al mese (ma fornito di un Centro clinico senza degenza, con un laboratorio di analisi e di diagnostica per immagini, e con un lungo elenco di specialisti convenzionati), costi allo Stato 860 mila euro l’anno. Per la manutenzione ordinaria, invece, in una struttura che perde pezzi in continuazione, dove non c’è un solo tubo idrico intero, arrivano solo 8mila euro l’anno. Altrettanti per la manutenzione straordinaria; e 340 mila euro per pagare i detenuti che con il loro lavoro mandano avanti tutto il complesso, cucina compresa, sorvegliati da 370 agenti anziché i 530 previsti in pianta organica, 6 ispettori e 8 sovrintendenti invece dei 47 previsti per ciascun ruolo. “Ad oggi mi sono rimaste in cassa solo 200 euro, cosa ci faccio?”, lamenta Veneziano, quasi a scusarsi davanti alle docce della VII sezione che definire latrine è un complimento. Su ciascun piano, 4 o 5 docce per circa 80 detenuti che possono lavarsi solo tre volte a settimana (niente acqua calda). Tre quarti di tutti i reclusi dell’Ucciardone stanno nelle sezioni VI e VII, sporche fino all’incredibile, con affacci su terrazzi talmente pieni di immondizia che la domanda di quanti topi scorrazzino per le celle suscita l’ilarità degli stessi agenti. Eppure il carcere dei cardi, come venne battezzato dai Borboni entusiasti del rigoglioso terreno dove crescevano tanti chardon, nasconde anche dei piccoli gioielli di edilizia carceraria. Il quarto braccio, a differenza di altri tre chiusi da anni perché assolutamente inagibili, è stato totalmente ristrutturato ed è in attesa di collaudo, quasi bello perfino se paragonato al modestissimo ufficio della direzione. Stanzette con vetri (antisfondamento) alle finestre, termosifoni (nessun tipo di riscaldamento è previsto nelle celle dell’Ucciardone ma, secondo la direzione, “non serve, a Palermo fa sempre caldo”), bagni con doccia interni e perfino un lavello da cucina, per 120 posti in tutto. Telecamere sui corridoi e automatismi vari permetterebbero anche di ridurre al minimo il personale di custodia. “Ma con gli agenti che abbiamo non potremmo permetterci di aprire anche questo reparto”, spiega Veneziano. Anche per i trasferimenti dei detenuti o per accompagnare un malato in visita esterna hanno bisogno di chiedere supporto agli agenti del Pagliarelli, l’altro carcere palermitano pure sotto organico, con un impianto mastodontico da 1200 detenuti e 700 poliziotti. Il coordinamento tra i due penitenziari è un meccanismo complesso che spesso si inceppa. “Ma non nei casi urgenti”, assicura il direttore. E non si può far altro che sperare che abbia ragione lui. Torino: alle Vallette mancano la carta igienica e gli assorbenti per le donne… cercasi benefattori La Repubblica, 16 agosto 2010 Manca la carta igienica. Non ci sono gli assorbenti per le donne del femminile, dove è rinchiuso anche un bimbo, quello che nel cortile per le ore d’aria passeggia mano nella mano non con la madre ma con una suora. Per procurarsi rotoli e pannolini, senza più soldi da spendere per queste “voci”, dal carcere devono cercare benefattori. Il fatto che qui non ci siano ancora celle a tre letti - “ma solo da due” - diventa per i responsabili dell’istituto quasi una nota di merito, quando le “camere” dovrebbero essere singole. E le docce in cella non ci sono, come il regolamento del 2000 vorrebbe, si porta pazienza e si fa la fila davanti alle poche che stanno in fondo ai reparti. Se gli psicologi siano troppi o pochi non è dato sapere: “Il numero non viene dichiarato”. Istantanee dal Lorusso e Cutugno, ieri a quota 1.575 detenuti contro i 1.092 previsti dalla capienza regolamentare. Più di metà sono stranieri, come il nordafricano che alla sezione “nuovi giunti” dice la preghiera pomeridiana in ginocchio, in corridoio. Nell’ambito della iniziativa “Ferragosto in carcere”, promossa dai Radicali, alle Vallette ieri sono stati in visita il senatore Pd Mauro Marino, la consigliera regionale di Rifondazione Eleonora Artesio, il ginecologo Silvio Viale, due rappresentanti del Pd giovanile. Al gruppo, e nemmeno i compagni di viaggio hanno capito bene a che titolo, si è aggregato pure un sostituto procuratore generale. “La situazione - concordano gli ospiti - è meno esasperata dell’anno scorso, quando si sono sfiorate le 1.650 presenze. Non si usa più la palestra come dormitorio precario. Restano, in una struttura che dimostra più degli anni che ha, nata vecchia, il preoccupante sovraffollamento e le gravi carenze di organico”. E c’è anche una sorta di “assuefazione”: “Quello che dovrebbe essere straordinario ormai è vissuto come ordinario”. Eppure, rilevano i visitatori, “la complessità riesce a reggere grazie alla buona volontà degli operatori e degli stessi detenuti”. L’esempio positivo, in questo senso, è il reparto “penale”, quello dei carcerati con condanne definitive. “Lì va meglio - concordano Artesio e Viale - perché c’è una buona gestione delle relazioni”. “Il personale fa salti mortali - riconosce Marino - ma è necessario trovare in fretta soluzioni concrete, di sistema, per svuotare questo e altri istituti. Penso alla sottoscrizione di accordi bilaterali che portino gli stranieri a scontare le condanne nei paesi di origine. E a pene alternative, con effetti risarcitori per le vittime”. Napoli: il senatore Cosentino in visita a Secondigliano… “vado a visitare i miei futuri alloggi” La Città di Salerno, 16 agosto 2010 Mezzogiorno, cielo coperto, carcere di Secondigliano. Quartiere Scampia. Il senatore Nicola Cosentino varca la soglia del penitenziario campano con il collega di partito Luigi Compagna. Niente auto blu. La delegazione di parlamentari si dà appuntamento al molo Beverello, partenza degli aliscafi per Capri, e arriva al carcere con mezzi propri, accompagnata dal consigliere dei Radicali italiani Andrea Furgiuele. Nel piazzale giornalisti in attesa e un gruppo di manifestanti armati di striscioni e bandiere che reclamano condizioni detentive più dignitose. Secondigliano non è l’inferno di Poggioreale, non è un affollato girone dantesco. Ma varcare la soglia di un penitenziario fa sempre una certa impressione. Anche a chi, come Cosentino, ha fatto per molti anni l’avvocato. Così serve esorcizzare. E il senatore, indagato per la P3 e già sotto richiesta di arresto da parte della procura di Napoli per i presunti legami con il clan camorrista dei Bidognetti, non si tira indietro e non rinuncia al suo umorismo: “Vado a visitare i miei futuri alloggi”, dice ai giornalisti che gli vanno incontro. “Quanto al mio arresto, davvero non capisco come mai dopo tanto tempo la procura non abbia proceduto e richiesto il rinvio a giudizio”, aggiunge mentre ormai si è fatta l’ora di entrare. La delegazione lascia borse e cellulari al posto di controllo. Cosentino stringe in mano un corno in argento ricevuto in regalo e visto che la jella può sempre essere in agguato, chiede ed ottiene di tenerlo in tasca. Il giro di Cosentino e Compagna, scortati dal direttore del carcere e da un gruppo di ispettori della penitenziaria, comincia dalla sezione nuovi giunti, l’area dove i detenuti subiscono il primo impatto con la realtà del carcere. Poi si passa alle altre sezioni, prima quella dei comuni poi quella ad alta sorveglianza dove finisce chi si macchia di reati associativi o di crimini sessuali. Reparti diversi per diverse categorie di reati: omicidi, stupri, rapine, droga. Tutte le celle sono uguali, uno spazio di due metri per quattro, un piccolo bagno, un letto a castello, pavimenti puliti e una grande finestra con le sbarre, ma quanto meno aperta. Massimo due detenuti per cella, quasi un record nel panorama italiano. “Una situazione accettabile”, dicono i senatori. Tanto più se come in questo caso nel carcere c’è la possibilità di lavorare un po’, di imparare a dipingere quadri e murales, di prendere un libro in biblioteca, di tirare due calci a un pallone. O magari di studiare e di prendere la licenza elementare e quella media e perfino un diploma in ragioneria. “Ci sono anche due detenuti usciti dal 41 bis che sono iscritti all’università”, racconta Compagna. A Secondigliano, dicono ancora i parlamentari, “il personale è molto professionale”. Ci sono 1.370 agenti, 13 educatori (5 meno del previsto) e 4 psicologi per 1.191 prigionieri (su una capienza regolare di 804 unità) di cui 72 stranieri. E non esiste una sezione femminile. “Non abbiamo trovato la situazione tesa che regna in altri istituti”, conferma Cosentino, che però ha quasi un sobbalzo nel vedere l’ora d’aria e i detenuti che passeggiano avanti e indietro per un angusto cortile. Ma l’accettabile realtà di questo carcere moderno non ridimensiona l’emergenza generale. “Nel Paese mancano le pene alternative al carcere, mancano progetti per l’ammissione al lavoro esterno, e serve una giustizia più veloce”, dice Cosentino guadagnando l’uscita dai cancelli blindati. “Non è tollerabile che più della metà dei carcerati sia in attesa di giudizio. Anche per questo lancio la provocazione di una nuova amnistia”, lo incalza Compagna mentre il profilo di Secondigliano è già lontano e si torna alla vita sul lungomare di Napoli. Genova: Sappe; basta passerelle mediatiche, adesso i politici si impegnino a trovare soluzioni La Repubblica, 16 agosto 2010 Il ferragosto in carcere dei politici tra celle sovraffollate ed emergenza sieropositivi, irrita gli agenti della polizia penitenziaria che chiedono che venga fermata “questa ipocrita passerella mediatica”. Una situazione che spinge alla sincerità. Mario Tullo, deputato Pd, con il collega della Camera Roberto Cassinelli, del Pdl, ha visitato le Case Rosse e Pontedecimo il 13 agosto, dice: “Apprezzo questa iniziativa voluta dai radicali ma capisco il risentimento degli agenti e a questo punto aderisco alla loro protesta e penso che il prossimo anno non parteciperò più se questa situazione non troverà perlomeno parziale soluzione”. Il “ferragosto in carcere” dei politici rivela un’impotenza che, se forse illude qualche detenuto, di certo irrita gli agenti della penitenziaria, in particolare quelli aderenti al sindacato Sappe che per voce del loro segretario Roberto Martinelli chiedono che venga fermata “questa ipocrita passerella mediatica”. Il carcere di Marassi dovrebbe ospitare 450 detenuti e invece due giorni fa ne accoglieva, si fa per di-re, 773. Di questi 360 sono definiti tossicodipendenti, che non vuol dire siano tutti eroinomani, ma certo è un parametro che funge da moltiplicatore dei problemi. Per non parlare dei 22 sieropositivi, dei 210 affetti da epatite C, degli 80 che presentano disturbi di natura psichiatrica. I detenuti stranieri sono 420. Nel braccio Prima Sezione Giudiziario i reclusi sono 302, ossia più del doppio della capienza regolamentare fis-sata in 148 unità. Nel carcere femminile di Pontedecimo, che ospita anche una sezione maschile, stessa situazione: la capienza prevista è di 93 detenuti ma quelli presenti sono addirittura 184, cento dei quali uomini. Cinque i bambini che vivono con le madri. Numeri che alzano la temperatura e non c’entra niente il periodo estivo. Numeri che spingono alla sincerità. Mario Tullo, deputato Pd, con il collega della camera Roberto Cassinelli, del Pdl, ha visitato le Case Rosse e Pontedecimo il 13 agosto. “Apprezzo questa iniziativa voluta dai radicali - dice Tullo - ma capisco il risentimento degli agenti e a questo punto aderisco alla loro protesta e penso che il prossimo anno non parteciperò più. Non parteciperò se questa situazione non troverà perlomeno parziale soluzione. Se oggi queste condizioni non si trasformano in una polveriera lo si deve alle direzioni e agli agenti che lavorano ogni giorno con sensibilità e senso del dovere”. I correttivi per Tullo non possono che passare prima di tutto da nuove carceri e nuovo personale (la pianta organica di Marassi prevede 472 persone ma gli effettivi sono 388, mentre a Pontedecimo i numeri sono di 167 previsti e 139 in servizio), ma anche con interventi “minori” ma importanti. “Ad esempio si sono interrotti i finanziamenti per l’affidamento ai servizi esterni - spiega Tullo - strumenti che possono alleggerire la pressione interna. E poi anche gli enti locali, penso alla Provincia in particolare, ma pure alla Regione, dovrebbero cercare di contribuire”. Roberto Martinelli, Segretario del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe critica i ritardi della politica: “Quando nel 2009 i Radicali fecero propria una iniziativa che il Sappe sollecitava dal 2000, la salutammo con grande interesse. Invece dopo un anno siamo in una situazione ancora più drammatica. Chiediamo che i politici liguri si facciano concretamente promotori, nelle Istituzioni che rappresentano, di concrete iniziative che possano riportare la Liguria ed il nostro Paese nel novero delle nazioni civili”. E sempre nell’ambito dell’iniziativa, ieri mattina il sindaco della Spezia Massimo Federici e Raffaella Paita, capogruppo Pd in consiglio regionale, hanno visitato l’istituto penitenziario spezzino. “Le carceri della Spezia - hanno detto - rappresentano un esempio virtuoso nel panorama nazionale. Sono attualmente in corso lavori di ristrutturazione che garantiranno più spazio e maggiore vivibilità sia per chi sconta la propria pena, sia per chi lavora nella struttura. Sono attivi laboratori occupazionali e corsi di formazione. Tuttavia, dal colloquio con la direzione e con alcuni detenuti emerge che vi sono ancora diverse criticità da risolvere”. Di segno opposto il commento dell’assessore regionale Pd Lorena Rambaudi dopo la visita al carcere sant’Agostino di Savona: “È sovraffollato, con il doppio dei detenuti che dovrebbero esserci”. Livorno: Uil; detenuto in sezione di Alta Sicurezza tenta il suicidio, salvato dagli agenti Apcom, 16 agosto 2010 Un tentativo di suicidio in carcere di un detenuto nell’istituto di pena di livorno è stato sventato ieri dagli agenti penitenziari. Lo riferisce Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Penitenziari. “Nella tarda serata di ieri - afferma Sarno - un detenuto ristretto presso la Casa Circondariale di Livorno ha tentato di suicidarsi. Si tratta di un detenuto classificato A.S. (Alta Sicurezza) e sottoposto ad osservazione psichiatrica. Per portare a termine il suo tentativo di suicidio è ricorso ad ogni stratagemma possibile: ha preparato un cappio sotto la branda e ha utilizzato uno sgabello per ostacolare la visuale della sorveglianza. Nonostante le poche unità in servizio, però, è stato tratto in salvo, per una singolare coincidenza, dagli stessi agenti che avevano già salvato un altro detenuto il 4 agosto.” “Oramai la polizia penitenziari - continua Sarno - è impegnata quotidianamente nel salvataggio di vite umane, come stanno a dimostrare gli 86 suicidi sventati in extremis. Nonostante le infamanti condizioni di lavoro, nella più completa solitudine e nel più completo abbandono, l’umanità, la sensibilità e la professionalità dei nostri agenti consente di non aggravare quel funesto bilancio di suicidi in carcere che in questo funesto 2010 ha già toccato quota 41”. Sarno giudica positivamente l’iniziativa del Partito Radicale, storicamente impegnato sul fronte penitenziario per la 2^ edizione del “ Ferragosto in carcere”, anche se, sottolinea “visto l’esperienza dello scorso anno, gradiremmo meno visite e più norme utili al superamento delle criticità che caratterizzano attualmente l’universo penitenziario” . Trapani: lo scandalo del carcere di Castelvetrano; da 20 anni aspetta allacciamento a rete idrica La Sicilia, 16 agosto 2010 Castelvetrano. A quasi 20 anni dalla realizzazione il carcere di contrada Strasatto non è dotato dell’allacciamento alla rete idrica, circostanza che impedisce ai detenuti, soprattutto in questo periodo di gran caldo, di potere fruire delle docce ogni giorno. La circostanza è stata accertata ieri dal deputato nazionale agrigentino Giuseppe Marinello e dal consigliere provinciale Santo Sacco, entrambi del Pdl, i quali hanno visitato la struttura con Nicola Testone, consulente del Ministero della Giustizia. La visita si inquadra nell’ambito di quelle che circa 200 parlamentari nell’imminenza di Ferragosto hanno effettuato nelle carceri di tutta Italia e che due giorni fa aveva portato nello stesso istituto di pena la radicale Donatella Corleo e il deputato regionale del Pdl Sicilia Tony Scilla. “Innanzitutto va evidenziato che anche in questa struttura i detenuti - ha detto Santo Sacco - sono in sovrannumero. A fronte di una capienza tollerata di 88 unità al momento ve ne sono circa 110. Tutti scontano un fine pena e provengono da varie parti d’Italia. Alcuni sono immigrati e professano la religione musulmana. La situazione, oltre che dal sovrannumero dei detenuti, è aggravata molto dal fatto che l’edificio non ha alcun allacciamento alla rete idrica e viene ancora approvvigionato con le autobotti. Conseguentemente i detenuti non riescono, in queste giornate di caldo torrido, a poter fare ogni giorno la doccia di cui fruiscono solo ogni due o tre giorni. Mi sono impegnato ad interessarmi di questa incredibile questione che va risolta nel più breve tempo possibile”. La delegazione ha inoltre rilevato che necessita una più frequente disinfestazione della zona dove proliferano insetti vari e zanzare che invadono il carcere e che va realizzata una tettoia più grande sotto la quale possano sostare i parenti dei detenuti in attesa di incontrarli. Da parte sua la direzione del carcere ha evidenziato che si registra una carenza tra gli agenti penitenziari. La questione dell’allacciamento alla rete idrica non è nuova. Già nel 1991 l’allora direttore del carcere di Marsala, Gerlando Fiaccabrino, ne rifiutò le chiavi dal sindaco dell’epoca, Enzo Leone, che glielo voleva consegnare privo degli allacciamenti fognario e idrico che non erano stati previsti dal primo progetto di costruzione. Il certificato di agibilità arrivò nel 1997, quando il carcere mostrava già uno stato di degrado. Nel settembre 1998 il ministro della Giustizia Flick assicurò che poteva diventare operativo in pochi mesi. Il 15 novembre 1999 Sappe e Sinappe organizzarono un sit-in di protesta davanti al Municipio. La consegna delle chiavi, nelle mani di Fiaccabrino avvenne il 15 maggio 2000. Dopo 4 mesi arrivarono i primi agenti di polizia penitenziaria e i primi detenuti. Vercelli: nascono in carcere i gadget del Parco Gran Paradiso, con Cooperativa Codiceasbarre Asca, 16 agosto 2010 Magliette, berretti, braccialetti con il marchio “Parco nazionale del Gran Paradiso” saranno realizzati in parte da donne detenute nella Case Circondariale di Vercelli. Il progetto “Libero di vivere” nasce grazie alla collaborazione con la Cooperativa Codiceasbarre, che ha come obiettivo quella di valorizzare le competenze professionali di donne carcerate, in vista di un reinserimento civile ed occupazionale: secondo le finalità del Parco, abbigliamento e gadget sono realizzati con materiali eco-compatibili. La prima linea di prodotti verrà gradualmente messa in vendita nei centri visitatori del Parco - spiega Pier Giorgio Mosso, referente del progetto per il Parco - speriamo di poter aumentare i volumi di produzione per soddisfare le numerose richieste che ci sono già arrivate e per proporre anche la vendita on-line appena possibile. Già da tempo l’Ente ha messo in atto iniziative di co-marketing e di ricerca di sponsor, ma in questo caso siamo ancora più orgogliosi del risultato viste le finalità sociali della collaborazione con il progetto di Codiceasbarre. Sono quindi state realizzate due linee di abbigliamento, una per gli adulti ed una dedicata ai più piccoli, con colori e animali legati al Parco del Gran Paradiso. Su magliette, berretti e braccialetti, oltre al logo del Parco campeggia lo slogan “Libero di vivere” espressione del legame simbolico tra la sensazione di libertà che è possibile vivere nell’area protetta, e l’indipendenza delle detenute che tramite il lavoro godono di una piccola forma di autonomia all’interno del carcere, oltre che di una possibilità di rieducazione sociale. Il progetto “Libero di vivere” è sostenuto dal Ministero della Giustizia che garantisce l’eticità e la qualità degli articoli, realizzati con cotone organico e materiali ecologici. Gorizia: Comunità Arcobaleno; da settembre una casa per chi è ai domiciliari Messaggero Veneto, 16 agosto 2010 Sarà inaugurata il 28 settembre la nuova casa gestita dalla Comunità Arcobaleno per ospitare detenuti agli arresti domiciliari: la struttura si trova a Farra, in località Borgo Grotta, e potrà accogliere quattro persone. Altre due invece saranno ospitate dalla sede del sodalizio stesso a Campagnuzza, in modo da dare una parziale boccata d’ossigeno alla casa circondariale. Il consigliere regionale ha accolto con soddisfazione la notizia, data ieri nell’ambito del sopralluogo da don Alberto De Nadai: “Una commissione regionale deve andare proprio in questi giorni a fare un sopralluogo nella struttura, l’auspicio è che quindi tutto vada per il meglio. La casa comunità permetterebbe di sgravare il carcere di Gorizia e quelli del territorio, accogliendo quattro detenuti in attesa di giudizio o con un anno ancora da scontare. Altre due persone con gli stessi requisiti potrebbero invece trovare una sistemazione nella stessa Arcobaleno”. La cella-tipo della casa circondariale ha una superficie di 21 metri quadrati, con il bagno collocato in un vano separato. I 47 detenuti attualmente presenti in via Barzellini hanno a disposizione tre docce comuni, delle quali si possono servire sei volte alla settimana. Per ogni giornata, hanno quattro ore d’aria e venti da passare in cella. Infine nel questionario, compilato nella parte relativa agli ambienti dallo stesso Brandolin, è sottolineato che negli spazi riservati ai detenuti entra luce naturale e c’è acqua calda e che nelle notti estive la porta blindata non è lasciata aperta. Nel complesso, a ogni modo, le condizioni igieniche di cella e docce sono state giudicate buone. Livorno: un pomeriggio di cultura e solidarietà, tra detenuti, giovani con handicap e volontari Il Tirreno, 16 agosto 2010 Ballo, teatro, canto, gestualità. Forme di espressioni diverse che mercoledì hanno unito un gruppo di detenuti delle Sughere e i ragazzi della compagnia teatrale Mayor Von Frinzius - Anaffs, guidata da Lamberto Giannini. Un pomeriggio di cultura e solidarietà a cui hanno preso parte una cinquantina di detenuti del settore alta sicurezza (terza e quarta sezione) e 25 giovani con handicap e volontari dell’associazione. “Il mio sogno - dice Giannini - è lavorare con le marginalità. Ho fatto tante attività in carcere ed è sempre un’esperienza che ti arricchisce dentro. Abbiamo voluto fare una lezione di teatro in cui chi c’è viene coinvolto, a prescindere da tutto”. Alle 16.30, in presenza del direttore del carcere Paolo Basco, arrivato da un paio di mesi, dell’educatrice Cristina De Santis e Davide Rocchi della Circoscrizione 4, Giannini dà il via allo show. All’inizio i protagonisti nell’arena sui generis delle Sughere sono i ragazzi con handicap. Con entusiasmo e simpatia si esibiscono in balli, piece teatrali e sketch umoristici. I detenuti assistono allo spettacolo seduti, sorridono prima timidamente, poi con sempre più partecipazione. Finché Giannini, con la sua esperienza e il suo spirito da trascinatore, riesce a coinvolgerli e a trasformarli da spettatori in attori. E così che prende il via il momento clou del pomeriggio culturale: i detenuti giocano e si esibiscono con i ragazzi della Mayor von Frinzius, e subito nasce un feeling. “Il teatro è così - commenta Giannini - unisce. Bisogna buttarsi, al bando le inibizioni. Si diventa personaggi e si possono fare e dire molte più cose che nella realtà”. L’iniziativa rientra in un fitto programma di eventi che riguarda le Sughere. Dopo lo show di Michele Crestacci delle scorse settimane, in cantiere domani il Ferragosto in carcere e giovedì prossimo nel pomeriggio show di Claudio Marmugi. Immigrazione: rivolta al Cie di Milano; 11 feriti, un evaso Agi, 16 agosto 2010 Rivolta questa notte al centro di identificazione ed espulsione di via Corelli a Milano. Diciotto immigrati hanno infranto i vetri e dopo essere saliti sul tetto hanno tentato la fuga. Sul posto sono intervenuti alcuni reparti della polizia e sei agenti hanno riportato contusioni varie. Uno dei detenuti, un algerino, è riuscito a fuggire. Cinque nordafricani sono rimasti contusi, tre di questi in maniera grave e sono stati ricoverati in ospedale per contusioni alle gambe. Tre settori del centro di identificazione hanno riportato danneggiamenti. I diciotto che hanno dato vita alle proteste sono stati denunciati per danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale. Legale: finché ci saranno detenuti senza reati… “Finché ci saranno carceri dove si è detenuti per un periodo di 6 mesi senza aver commesso alcun reato, come accade nei Cie, le persone che ci sono ristrette non potranno far altro che tentare in tutti i modi di liberarsi esercitando un loro diritto”. Commenta così Mauro Straini, legale di alcuni detenuti nel Cie di via Corelli a Milano che l’anno scorso diedero vita ad una rivolta, la protesta messa in atto questa notte da 18 immigrati ristretti nel Centro milanese. Quella di stanotte è la terza rivolta in anno e quella del 12 agosto del 2009 è stata la più violenta delle tre. Quel giorno decine di immigrati diedero fuoco a materassi e oggetti vari quando fu loro comunicato che la detenzione al Cie sarebbe stata prolungata di altri 60 giorni per effetto del pacchetto sicurezza. In 14 furono arrestati, non senza accuse da parte degli immigrati di violenze da parte della polizia. Il mese scorso altra violenza. Trenta uomini salgono sul tetto, danneggiano le telecamere e permettono a tre immigrati di fuggire. Nello stesso momento anche i detenuti di un altro Cie, quello di Gradisca di Isonzo davano vita a proteste. Anche per questo gli investigatori pensano che ci sia stata un’unica regia dietro le due rivolte. Poi questa notte ancora disordini, con diciotto immigrati saliti sul tetto dopo aver infranto le vetrate di tre settori. Sono 11 in totale i feriti odierni: 6 agenti e 5 immigrati. Uno di loro, un algerino, è riuscito a fuggire. Tre immigrati feriti in maniera seria alle gambe sono stati ricoverati in ospedale. Per soffocare i disordini sono intervenuti gli agenti del reparto mobile. Cina: migliaia di detenuti liberi “sulla parola” lavorano all’estero, in cantieri affidati a ditte cinesi Asia News, 16 agosto 2010 In tutto il mondo, specie nei Paesi in via di sviluppo, le ditte cinesi sono impegnate a realizzare dighe, ferrovie, strade, palazzi e altre infrastrutture, spesso i cambio di petrolio e minerali preziosi. Migliaia degli operai impiegati sono detenuti, liberi “sulla parola”. Brahma Chellaney, professore di Studi strategici presso il Centro di Ricerca Politica di New Delhi, afferma che migliaia di carcerati cinesi sono stati impiegati nella costruzione di porto, ferrovie e altre infrastrutture realizzate da ditte statali cinesi nello Sri Lanka, uno Stato che ha grande importanza strategica per la sua posizione nell’Oceano Indiano. Altri detenuti sono stati mandati a costruire 4mila abitazioni su isole delle Maldive, un “dono” di Pechino al governo locale, per acquistare meriti. Peraltro il presidente delle Maldive non ha accolto la richiesta di Pechino di dare una delle 700 isole disabitate quale base per le navi cinesi. La Cina esegue 3 volte le pene capitali del resto del mondo. Mancano dati ufficiali ma Amnesty International ha stimato che nel 2007 Pechino ha giustiziato “circa 22 detenuti al giorno”. Ma Pechino ha pure la maggiore popolazione carceraria mondiale. Secondo il Centro internazionale per gli studi sulla prigione con base a Londra, nel 2009 essa era di 1,57 milioni di detenuti: più degli abitanti di Paesi come l’Estonia o il Qatar. Le ditte cinesi che realizzano opere all’estero preferiscono assumere un numero basso di lavoratori locali, soprattutto per la manovalanza, e portano dalla Cina la gran parte dei lavoratori. I detenuti “liberati” sulla parola fanno la normale vita dei lavoratori cinesi in tali luoghi: abitano vicino al luogo di lavoro; si frequentano soprattutto tra loro; se fuggono hanno poche possibilità di allontanarsi in un Paese straniero. Questi detenuti risultano tutti volontari. Esperti ritengono che il sistema sia favorito dallo stesso governo di Pechino: le ditte cinesi coinvolte in questi progetti sono in genere statali e non potrebbero, da sole, convincere tanti detenuti e assumersene la responsabilità, ottenere passaporti o visti di espatrio per tutti. I carcerati sono impiegati per avere mano d’opera a basso costo. In teoria il governo cinese si è impegnato, anche in modo formale, a impiegare operai locali in simili progetti, come chiesto dagli Stati per aiutare l’economia del Paese, e a rispettare le norme di sicurezza. Ma molte aziende continuano a utilizzare in gran parte operai cinesi. I vantaggi sono che essi accettano orari di lavoro più lunghi e rigidi rispetto alla manovalanza locale, e non danno problemi di salario o sindacali o legati alle norme di prevenzione. In passato la Cina è stata molto contestata in Stati esteri per gravi sciagure o per le proteste dei lavoratori che rivendicano i loro diritti. È ancora vivo il ricordo di incidenti come l’esplosione di una miniera di rame in Zambia, condotta da una società cinese, che causò la morte di 51 minatori locali e grandi proteste di piazza. Stati Uniti: detenuto 24enne suicida in cella, uccise una donna incontrata via web Ansa, 16 agosto 2010 Si è suicidato in cella. Sembra non ci siano dubbi sulle cause della morte di Philip Markoff, il 24enne studente di Medicina di Boston, accusato di aver ucciso una massaggiatrice e aver aggredito e derubato almeno un’altra donna contattata su Craigslist. Manca ancora l’ufficialità e sono pochi i dettagli diffusi dalle autorità del carcere di Boston dove Markoff era detenuto in attesa di giudizio. Il giovane venne arrestato ad aprile dello scorso anno con l’accusa di aver ucciso la 26enne Julissa Brisman a colpi di pistola in una stanza del Copley Hotel di Boston. Ad incastrare il 24enne le immagini delle telecamere di sorveglianza esterne dell’hotel e una pistola trovata nella sua abitazione, poi identificata come quella usata dall’assassino. Markoff era accusato anche di aver aggredito e derubato una spogliarellista due giorni prima dell’omicidio di Julissa.