Rassegna stampa 5 ottobre

 

Giustizia: Ucpi; sciopero, contro carceri sovraffollate e 41-bis

 

Il Messaggero, 5 ottobre 2009

 

È "drammatica" la situazione delle carceri con un sovraffollamento tale da "ledere i diritti dei detenuti e di tutti coloro che operano quotidianamente" negli istituti penitenziari. Eppure la politica è rimasta sinora "sorda" a tutte le sollecitazioni di chi chiede da tempo di intervenire, avvocatura in testa. È per questo che l’Unione delle Camere Penali ha deciso di reagire con la proclamazione di uno sciopero e una manifestazione di piazza, aperta a tutti quelli che hanno a cuore il problema. Una battaglia che va anche oltre la questione del sovraffollamento - che i penalisti imputano alla scelta della politica di privilegiare la misura carceraria come "unica risposta alle istanze di sicurezza" - e che investe la spinosa questione dei detenuti sottoposti al regime del 41 bis, il cosiddetto carcere duro.

Gli avvocati contestano in particolare le limitazioni introdotte recentemente ai colloqui con i propri assistiti (non più di 3 volte a settimana) e le ritengono una vera e propria "aggressione al diritto di difesa", che oltretutto "criminalizza" i legali. Per questo nella giornata dello sciopero, che sarà contigua a quella della manifestazione di piazza, già fissata per il 28 novembre a Napoli, i difensori dei detenuti in 41 bis rimetteranno simbolicamente il loro mandato. L’azione di protesta è stata decisa nella giornata conclusiva del congresso straordinario delle Camere Penali che ha anche dato mandato alla giunta di organizzare una conferenza nazionale sulla giustizia.

Al centro non solo il tema del carcere ma anche le questioni che i penalisti ritengono più urgenti e che sono state oggetto delle mozioni approvate ieri dal congresso: separazione delle carriere in magistratura e riforma del processo penale per dare attuazione al principio del giusto processo, ma anche rientro in servizio dei circa 200 magistrati fuori ruolo, un fenomeno che secondo l’Ucpi, inquina i rapporti tra

politica e giustizia. E ancora: gli avvocati sollecitano la rapida approvazione della legge che disciplina la loro professione e avvertono che altrimenti introdurranno loro le specializzazioni che servono a qualificare l’attività di difensore, Alla conferenza i penalisti inviteranno tutti i soggetti che operano nel mondo della giustizia, magistrati compresi, con i quali però il dialogo sembra ancora difficile. Proprio ieri, intervenendo al congresso, il segretario dell’Associazione magistrati Giuseppe Cascini ha invitato l’avvocatura a fare fronte comune sulla questione del carcere ma anche a far sentire la sua voce a sostegno dei magistrati che sono stati accusati dal ministro Maroni di boicottare la legge per aver sollevato dubbi sulla costituzionalità del reato di clandestinità.

Giustizia: Ucpi; la manifestazione a Napoli, per il 28 novembre

 

Agi, 5 ottobre 2009

 

Una manifestazione pubblica sul tema del sovraffollamento carcerario che si svolgerà a Napoli il 28 novembre e una giornata di astensione sul medesimo tema: lo hanno deciso i penalisti dell’Ucpi - Unione camere Penali Italiane - a conclusione del congresso svoltosi a Torino da venerdì a oggi.

Proclamato altresì lo stato di agitazione per i limiti imposti ai colloqui con i detenuti sottoposti al 41bis, e invitati gli avvocati che hanno detenuti in regime di carcere duro a rinunciare al mandato come forma di protesta simbolica. Tra le altre mozioni finali - si legge in una nota - l’invito ai penalisti a sottolineare nell’attività di difesa l’involuzione della produzione legislativa, in particolare del pacchetto sicurezza, che abbassa le garanzie individuali di rango costituzionale; la richiesta di misure per il rientro dei magistrati fuori ruolo e l’istituzione di osservatori di verifica dell’attività e della professionalità dei magistrati; la richiesta di effettiva applicazione dei principi del giusto processo a partire dalla separazione delle carriere; l’organizzazione di un seminario sulla compatibilità dei tempi e dei modi di analisi dei ricorsi da parte della Corte Costituzionale con i principi costituzionali; l’istituzione di una Commissione pari opportunità all’interno di Ucpi; la richiesta di iniziative a favore dell’informatizzazione.

Più di 350 avvocati da oltre 80 camere penali hanno partecipato alle 6 sezioni di lavoro (ordinamento giudiziario, ordinamento forense, questione carcere, Corte di Cassazione, politiche della sicurezza e legge penale, processo penale) ed hanno approvato all’unanimità le mozioni presentate al Congresso, dal titolo "Chi ha paura della riforma? L’impegno delle camere penali contro chi lavora per il degrado del sistema".

Giustizia: le carceri sono infernali condannare al "lavoro utile"

 

Redattore Sociale - Dire, 5 ottobre 2009

 

"La carceri italiane sono luoghi infernali. Muore un detenuto ogni due giorni, e ora sono gli stessi agenti penitenziari, dopo tre suicidi in appena cinque giorni, a chiedere aiuto perché il carcere li sta uccidendo." Lo afferma, in una nota, Giuseppe Maria Meloni, presidente di Clemenza e Dignità, che aggiunge: "Non è rinviabile al futuro la soluzione di un problema così drammatico. Si possono avere - spiega - diverse idee sul concetto di pena, e sarebbero tutte ugualmente degne di ascolto e di rispetto, ma ignorare questa tragedia significa porsi al di fuori del diritto, creare una zona grigia avulsa dalle leggi dello Stato.

Nell’attesa che vengano costruite nuove carceri, rileva Meloni, "auspichiamo, nell’ambito di progettualità di riforma del sistema punitivo e processuale punitivo, l’avvio di iniziative sperimentali inerenti le prestazioni di lavori di utilità sociale. Prestazioni che contemplino la pulizia e il decoro dei nostri centri urbani, dei parchi, degli arenili, la manutenzione dei manti stradali, la mano d’opera negli interventi alle popolazioni colpite da calamità naturali, e tanti altri lavori utili".

Giustizia: Alfano; obiettivo "piena rieducazione" dei detenuti

 

Agi, 5 ottobre 2009

 

"Il nostro obiettivo è quello che la rieducazione in carcere dei detenuti avvenga in modo tale da non favorire la recidiva. Chi acquisisce una nuova educazione durante la reclusione, poi quando esce non delinque più".

Così il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, stamattina a Caltagirone dove ha inaugurato il Polo di eccellenza di promozione e della solidarietà, Mario e Luigi Sturzo, frutto di una convenzione firmata nei giorni scorsi dal Guardasigilli e da Rinnovamento nello Spirito Santo e dalla Fondazione Istituto di promozione umana, "Monsignor Francesco Di Vincenzo". Il polo, ospitato nel fondo di proprietà degli eredi di don Luigi Sturzo, è destinato al reinserimento dei detenuti che si occuperanno della produzione e del trattamento di prodotti agricoli e di ceramica. Alfano ha definito la realizzazione del polo "una straordinaria occasione sia per la riabilitazione morale, e per il ritorno ad una nuova vita, sia per la sicurezza dei cittadini", sostenendo che "il delinquente che non delinque più, dà un contributo alla sicurezza del Paese".

Giustizia: nei Cpa diminuiscono gli stranieri, stabili gli italiani

di Gabriella Meroni

 

Vita, 5 ottobre 2009

 

Nel 2008, per la prima volta dopo 6 anni, il numero di ingressi degli stranieri nei centri di prima accoglienza (strutture in cui vengono accompagnati i minori arrestati o fermati) è diminuito, rovesciando il rapporto tra italiani e immigrati. Mentre gli italiani infatti rimangono stabili (sempre 1,5-1,6 mila all’anno), gli ingressi degli stranieri sono invece scesi nel 2008 al di sotto delle 1,4 mila unità, in progressivo ribasso (nel 2007 erano 1,8 mila, nel 2006 2,0 mila, nel 2005 2,1 mila e nel 2004 2,3 mila). La componente rumena conferma nel 2008 il maggior numero d’ingressi nei centri di prima accoglienza per cittadinanza (381, pur quasi dimezzati rispetto ai 726 del 2007); seguono i marocchini (198), i serbo-montenegrini (177) e i cittadini di Bosnia-Erzegovina (125) e Croazia (123).

Il Dipartimento ministeriale di Giustizia minorile ha dettagliato per nazionalità il numero di denunce a carico di minori stranieri nel 2006: le 4,4 mila denunce contro i rumeni rappresentano così il 7,2% della media della popolazione scolastica rumena in Italia negli anni scolastici 2005/2006 e 2006/2007; le 1,9 mila a carico nel complesso a ex iugoslavi il 5,5% del numero di alunni ex iugoslavi; le 1,6 mila a carico di marocchini il 2,6% degli alunni marocchini; le 785 contro albanesi l’1,1% degli alunni albanesi.

Giustizia: Napolitano a Camere Penali, confronto sulle riforme

 

Asca, 5 ottobre 2009

 

Mettere da parte le tensioni tra i diversi soggetti del pianeta giustizia per dare vita ad una collaborazione aperta e costruttiva tra le diverse parti: è la strada che il presidente della Repubblica ha indicato in un messaggio inviato in occasione del Congresso straordinario dell’Unione delle Camere Penali Italiane, al Presidente Oreste Dominioni. L’evento, premette il Presidente, "rappresenta come sempre importante occasione per l’approfondimento dei numerosi problemi che affliggono il sistema giustizia".

"Ho più volte ricordato - scrive Napolitano - il ruolo essenziale che, al riguardo, può svolgere l’avvocatura cui spetta tra l’altro offrire spunti propositivi per organiche e non occasionali riforme normative e organizzative idonee ad assicurare alle attività giudiziarie la necessaria efficienza e il consapevole sostegno dei cittadini. Al graduale superamento della crisi della giustizia non giovano le tensioni ricorrenti, ma il confronto - aperto, costruttivo e privo di contrapposizioni preconcette - tra tutti gli operatori del settore".

"Tale confronto è fondamentale - fa osservare Napolitano - specie nel campo penale dove solo l’equilibrato bilanciamento dei principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata, del rispetto del diritto alla privatezza e della tutela del diritto di difesa e della salvaguardia dell’indipendenza della Magistratura, può assicurare la sollecita ed effettiva tutela dei diritti".

Giustizia: il lodo Alfano domani sarà esaminato dalla Consulta

di Liana Milella

 

La Repubblica, 5 ottobre 2009

 

"Sarà una decisione tecnica, e basta. Come tutte quelle che, di continuo, vengono prese qui alla Corte costituzionale. Chi cerca di colpire il nostro prestigio etichettando le nostre sentenze come "politiche" tenta solo di esercitare una pressione che respingiamo in quanto indebita". Lo sfogo dell’alto giudice della Corte non potrebbe essere più risentito di così.

E rispecchia il mood che si respira in queste ultime ore di vigilia nel palazzo che fronteggia il Quirinale prima della seduta pubblica sul lodo Alfano, domattina alle 9 e trenta nella sala specchi e stucchi dorati. "Una decisione e poi una sentenza come le altre, né più né meno" ripete il giudice che non autorizza a "firmare" con nome e cognome il suo scatto di fastidio.

Una decisione che potrebbe richiedere un solo pomeriggio di discussione, giusto domani, o anche di più. Per ora c’è un solo fatto certo: nel ruolo della Consulta l’illustrazione pubblica sul lodo Alfano ha il primo posto. E, stimano i giudici, gli interventi non prenderanno più di un paio d’ore. Il relatore Franco Gallo, i difensori di Berlusconi Niccolò Ghedini, Piero Longo, Gaetano Pecorella, l’avvocato della procura di Milano Alessandro Pace, l’avvocato dello Stato Glauco Nori. Poi seguiranno le altre cause. Nel pomeriggio i giudici si riuniranno in camera di consiglio. E qui basterà che uno solo dei 15 chieda di rinviare il caso per un ulteriore approfondimento e il presidente Francesco Amirante, che fu il relatore della precedente sentenza sul lodo Schifani, non potrà opporre un diniego.

Gli ultimi sondaggi interni sul possibile risultato non danno un esito diverso da quella che Repubblica ha già reso noto il 24 settembre. Tutte i giudici parteciperanno alla seduta e voteranno perché le due toghe, Luigi Mazzella e Paolo Maria Napolitano, che a maggio hanno cenato (con Berlusconi, Letta, Alfano, Vizzini, Bruno) a casa dello stesso Mazzella, non ci pensano proprio a farsi da parte. Di fatto la questione è stata accantonata. La Corte comunque è spaccata.

Sette alte toghe sono propense a bocciare il lodo Alfano che, con la sospensione dei processi, di fatto attribuisce un’immunità a quattro alte cariche dello Stato, viola il principio di uguaglianza, e avrebbe richiesto una legge costituzionale. Cinque giudici sono propensi a licenziare il lodo, motivandolo con la precedente sentenza della Corte cui il governo si sarebbe attenuto e che ha portato Napolitano a firmare la legge. Tre restano incerti, e il loro voto sarà determinante per una decisione che avrà un impatto politico molto forte. Tant’è che il pd Francesco Rutelli, qualora il lodo venisse bocciato, ipotizza "un governo del presidente che faccia quelle riforme necessarie che Berlusconi non è riuscito a fare".

Nello stretto entourage del premier il nervosismo è palpabile. Il Guardasigilli Angelino Alfano, di fronte alle continue domande sull’esito del giudizio, dà sempre risposte di rito, come ieri a Caltagirone: "Attendiamo fiduciosi il giudizio della Consulta". Lui e Ghedini già pensano a un futuro lodo qualora questo venga bocciato o quantomeno azzoppato.

Ma la via è impervia. Scriveva ieri sul Fatto la costituzionalista Lorenza Carlassare: "Riapprovare una norma dichiarata illegittima non è consentito perché la Costituzione e le istituzioni di garanzia non sarebbero che un’inutile farsa e l’ordinamento intero un vuoto castello di carte smontabile a piacere". Ma Berlusconi, per i processi Mills e diritti Tv, non può fare a meno di uno scudo.

Giustizia: immunità parlamentare e anomalia del lodo Alfano

di Giovanni Sartori

 

Corriere della Sera, 5 ottobre 2009

 

Poco più di sette anni fa - era il 2002 - scrivevo dell’immunità parlamentare e avanzavo una proposta: "consentire al parlamentare di scegliere tra sottomettersi al giudizio della magistratura o invocare l’immunità. Però nel secondo caso non si potrà ripresentare alle elezioni e dovrà affrontare, a mandato scaduto, il corso della giustizia. Questa proposta protegge il rappresentante nell’esercizio delle sue funzioni ma non consente a nessuno di sfuggire alla giustizia per tutta la vita. Immunità sì; ma non un’immunità che trasformi le Camere in un santuario di indiziati in altissimo odore di colpevolezza".

Va da sé che questa proposta non fu accolta. Venne invece approvata una legge che fu poi bocciata, nel 2004, dalla Corte Costituzionale. Così ora ci risiamo con il cosiddetto Lodo Alfano. Le novità sono due. Intanto scompare la parola immunità sostituita dalla melliflua dizione "sospensione del processo penale". In secondo luogo questa immunità (perché tale è) si applica soltanto alle più alte cariche dello Stato, e così diventa, in apparenza, "immunità salva-quattro".

In apparenza, perché anche questo è un camuffamento. I presidenti delle due Camere non hanno mai chiesto un’immunità privilegiata, speciale, né si capisce perché ne abbiano bisogno, e cioè perché debbano essere insostituibili. Quanto al capo dello Stato, l’inquilino del Quirinale è già tutelato dall’articolo 90 della Costituzione, che lo rende indiziabile soltanto per "alto tradimento e per attentato alla Costituzione"; e in tal caso "è messo in stato d’accusa dal Parlamento" (non dalla magistratura). Ne consegue che la "salva- quattro" è in realtà una cortina fumogena per una leggina ad personam (davvero con fotografia) che è soltanto "salva-uno" che è soltanto salva-Cavaliere.

Il fatto è che in tutte le democrazie un capo del governo viene sostituito senza drammi e senza che questo evento "possa ostacolare seriamente l’esercizio delle funzioni politicamente più elevate" (come sostiene melodrammaticamente l’Avvocatura dello Stato). Melodrammatico o no, l’argomento (discutibilissimo) non è un argomento giuridico. La Corte, che udirà il caso domani, dovrà soltanto valutare se il privilegio di intoccabilità a vita appetito da Berlusconi sia costituzionalmente accettabile.

Già, a vita. Il Lodo parla di sospensione temporanea; ma sembra che lasci aperto, senza dare nell’occhio, un varco fatto su misura per Berlusconi. Nel testo Alfano, articolo 5, la "sospensione non è reiterabile" se applicata a successive investiture in altre cariche; ma tace su successive investiture nella stessa carica. Pertanto basta che Berlusconi si faccia sempre rieleggere presidente del Consiglio per essere salvaguardato sine die, senza termine. Intravedo già che l’onorevole avvocato Ghedini dirà proprio così. Mi chiedo se la mia proposta del 5 agosto 2002 non fosse meglio dei mostriciattoli escogitati da allora.

Lettere: Magistrati di Sorveglianza e detenuti "non liberabili"

di Carmelo Musumeci (Ergastolano detenuto a Spoleto)

 

www.linkontro.info, 5 ottobre 2009

 

Nel numero 37 del 19 settembre 2009 di "Guida al Diritto", nell’editoriale di Fabio Fiorentini, Magistrato di Sorveglianza presso il tribunale di Torino, leggo: "I detenuti si dividono in due grandi categorie. La prima è costituita da soggetti pericolosi e "non liberabili...".

Un’affermazione molto grave perché oltretutto arriva da un magistrato di sorveglianza che dovrebbe essere il garante della Costituzione nei carceri. Forse è il caso di ricordare che l’articolo 27 della Costituzione recita che la pena ha una "funzione rieducativa" e si pensa che sia per tutti, quindi anche per il peggiore criminale che, se non viene messo a morte, ha diritto al futuro.

Non ci dovrebbero essere "soggetti non liberabili" o soggetti cattivi e colpevoli per sempre. Emile Durkheim affermava: "Non bisogna dire che un atto urta la coscienza comune perché è criminale, ma che è criminale perché urta la coscienza comune".

Signor Magistrato di Sorveglianza non ci sono criminali non liberabili, piuttosto ci sono magistrati di sorveglianza che pensano che ci sono criminali cattivi per sempre. Signor magistrato non dovrei essere io a ricordarle che la durata delle limitazioni della libertà deve essere proporzionale alle necessità di recupero, piuttosto che alla gravità della violazione.

Molti di noi sono stati criminali perché spinti fin da bambini all’illegalità da uno Stato ingiusto e assente. Che fare? Ecco la proposta. Non il carcere, il male, la sofferenza, ma il risarcimento. No al male della giustizia cieca e vendicativa, perché pure per le vittime il risarcimento è più utile della punizione. Perché invece di progettare altri carceri, di legiferare indulti e di parlare di detenuti non liberabili, non si cerca di fare uscire quei detenuti che sono dentro da venti anni e più per mandarli fuori a lavorare ed eventualmente per risarcire le vittime dei reati? A che serve continuare a tenerli dentro senza fare nulla?

Non serve a nulla! Serve alle forze politiche che pensano come lei che esistono detenuti non liberabili e serve pure a noi per darci un esempio e un motivo per continuare a essere criminali.

Lettere: gli psicologi penitenziari ai detenuti, da sfigati a sfigati

 

Ristretti Orizzonti, 5 ottobre 2009

 

Il 26 giugno scorso gli psicologi penitenziari hanno indetto una manifestazione davanti a Montecitorio per portare all’attenzione dell’opinione pubblica e dei politici la condizione di profonda ingiustizia che patiscono da decenni e che si è recentemente cronicizzata.

La nostra attività di psicologi penitenziari, "esperti" ex art. 80 dell’Ordinamento Penitenziario, pare considerata troppo scadente per essere riconosciuta.

Secondo l’illustre e competente parere dei dirigenti romani, gli psicologi che lavorano in carcere, ricoprendo incarichi differenti ed avendo compiti istituzionali diversi, sarebbero distinti in buoni, cioè sanitari, come i colleghi che si occupano dei detenuti tossicodipendenti, e cattivi, ovvero non sanitari: i buoni hanno ottenuto da tempo stabili contratti di medicina ambulatoriale all’interno delle Asl, con tanto di ferie e malattia retribuite, ai cattivi spetta la punizione di un perenne precariato.

Di fatto ciascuno psicologo svolge attività sanitaria semplicemente in quanto psicologo. Ovvero, a prescindere. Del resto a nessuno verrebbe mai in mente di mettere in dubbio l’appartenenza di un medico al mondo della Salute solo per l’indirizzo della sua specializzazione.

Invece nel 2008, con il Dpcm del 1° aprile, il Governo ha deciso di tagliare fuori irreversibilmente i 480 psicologi ex art. 80, escludendoli dal trasferimento di competenze, funzionari e risorse, nell’ambito della medicina penitenziaria, dal ministero della Giustizia a quello della Salute, non riconoscendo loro il diritto a passare al sistema sanitario, come è avvenuto invece agli psicologi di ruolo.

Così il Ministero della Giustizia può continuare ad avvalersi della nostra opera per pochi spiccioli al mese, a gestire la nostra prestazione professionale, altamente qualificata, come meglio vuole, senza regole chiare ed universali, con convenzioni annuali sempre in bilico e continui tagli e rimaneggiamenti nel budget di ore, senza assicurare la minima garanzia, mascherando la nostra sudditanza con l’esercizio di una libera professione.

In questo Paese, non più tanto bello, dove non contano la competenza professionale e l’onestà, il merito, ma solo gli agganci ai potenti, il nostro piccolo insignificante dramma professionale - da 17, 63 euro lordi all’ora - a chi può interessare?

Al pari di tutte le categorie di discriminati (immigrati, clandestini, homeless, poveri, detenuti, omosessuali, donne, bambini, animali, ecc.), apparteniamo a quell’Italia sommersa, disperata e vessata, fatta di scarti sociali che non finiscono mai in prima pagina o nei palinsesti televisivi, se non quando, purtroppo, fanno notizia.

O quando si deve correre alle urne e diventano elettorato attivo. Esattamente come l’Amministrazione Penitenziaria corre verso i "suoi" esperti psicologi, con toni stucchevoli, solo quando ha bisogno di essere coadiuvata nel togliere le proprie castagne - bruciate - dal fuoco. Solo allora torniamo alla ribalta, sedotti come i potenziali destinatari di una campagna elettorale, e diveniamo necessari.

Fuori dall’emergenza la nostra dura attività quotidiana ritorna sullo sfondo, si sbiadisce e torna ad essere considerata accessoria. Ma quali interessi si nascondono dietro a quest’assurda presa di posizione?

Perché da destra, da sinistra e dal centro, (anche dall’Alto a quanto pare), ci vogliono per sempre così, eterni sfigati dell’Amministrazione Penitenziaria? Ed i sindacati perché non si fanno carico con decisione di questa ingiustizia? Chiediamolo ai detenuti se siamo proprio così superflui, quei detenuti ammassati nelle celle, privati della dignità, che restano troppo spesso non ascoltati e che continuano inesorabilmente a suicidarsi.

Chiediamo loro se si sentono anche un pochino meno soli e disperati quando noi ci mettiamo in ascolto, e non solo con le orecchie, della loro sofferenza. Da sfigati a sfigati.

 

Cinzia Dini

Psicologa psicoterapeuta e psicologa penitenziaria

Verona: per un po’ privacy i detenuti rinunciano all’ora d’aria

di Chiara Bazzanella

 

DNews, 5 ottobre 2009

 

Che gli oltre 850 detenuti di Montorio siano stipati in quattro all’interno di celle di 12 metri quadrati l’una è ormai risaputo: il sovraffollamento che affligge tutte le carceri italiane non risparmia nemmeno la casa circondariale di Verona. Ma è la sopravvivenza stessa in queste condizioni e l’ingegno che spinge i reclusi ad adottare alcune scelte che chiariscono meglio di qualsiasi altra cosa una realtà altrimenti difficile da comprendere fino in fondo da chi è fuori. Per muoversi all’interno della cella i detenuti sono costretti a fare i turni e, tra loro, c’è chi è disposto a rinunciare persino al poco tempo a disposizione per uscire dalla cella, pur di godere di un po’ di solitudine nello spazio in cui è costretto a vivere giorno e notte.

Spiega Roberto Sandrini, presidente dell’associazione di volontariato "La Fraternità": "La convivenza interna è davvero tremenda. I detenuti vivono in spazi così ristretti da preferire la tranquillità di un paio d’ore da soli all’uscita per l’ora d’aria. Mancano gli educatori che stilano le sintesi necessarie a farli uscire quando possono usufruire di misure alternative. Sono ancora gli stessi che lavoravano al Campone, quando i detenuti non superavano le 250 unità".

Chi potrebbe godere della liberazione anticipata deve trovare un posto di lavoro all’esterno della struttura. Ma il lavoro non si trova. "Negli ultimi tempi i detenuti stanno avviando continue richieste per trovare qualcuno che li faccia lavorare anche senza retribuirli", spiega il volontario della Fraternità, Arrigo Cavallina.

"Ma è difficile trovare associazioni ed enti disposti ad accogliere la loro offerta. Pensiamo che anche il Comune potrebbe trovare loro un’attività di volontariato per la manutenzione del verde, ad esempio per la pulizia di sentieri o mura di cinta. Oppure per l’assistenza agli anziani che vivono in istituti pubblici". Dopo lo slittamento di qualche settimana, oggi a Montorio dovrebbe avvenire il passaggio di consegne tra il vecchio direttore, Salvatore Erminio, e il successore, Antonio Fullone.

Dice ancora Sandrini: "Con la concomitante istituzione del garante dei detenuti prevista per novembre, speriamo che possa esserci qualche cambiamento positivo nelle condizioni di vita di chi è recluso a Montorio". Nell’arco del 2008, a Montorio ci sono stati 12 tentativi di suicidio, uno dei quali riuscito, e 93 casi di autolesionismo. Inoltre, 74 casi di sciopero della fame (già 65 nel primo semestre del 2009) e 265 persone protagonisti di ferimenti, durante episodi di rissa. Nel 2009, fino a giugno, sono inoltre avvenuti 61 eventi critici tra tentati suicidi e autolesionismi: in 50 casi hanno riguardato persone straniere.

Torino: detenuto ha fatto sciopero della fame, no al permesso

 

La Repubblica, 5 ottobre 2009

 

La letteratura e la poesia? Dietro le sbarre di una galera per un giudice sono "attività ludiche (o quasi)". Lo sciopero della fame, in adesione alla campagna nazionale per l’abolizione dell’ergastolo? Un esercizio sovversivo della libertà di pensiero. Il lavoro che manca, anche in carcere? Peggio per chi non ce l’ha o per chi riesce a ottenere solo impieghi precari.

Un detenuto con la passione per i libri e per la scrittura, rinchiuso in un istituto piemontese per reati pesanti, si è visto negare un permesso premio da un magistrato di sorveglianza. Con motivazioni che sono state sottoposte dall’avvocato Cosimo Palumbo, criticamente, ad una platea di osservatori privilegiati.

I colleghi riuniti in città per il congresso delle Camere penali. Si parlava, ieri, della necessità di ripristinare il diritto penale minimo per chi sta in prigione e del rilancio della battaglia per la decarcerizzazione e l’estensione delle misure alternative. La storia del detenuto poeta, "uno che ha vinto anche dei premi", è stata portata come cattivo esempio.

"A questa persona - racconta Palumbo - è stato rifiutato il permesso perché, secondo il giudice che lo ha in carico, "non ha partecipato a trattamenti che non siano ludici (o quasi)". Dato che compone poesie e frequenta assiduamente la biblioteca, si deve dedurre che queste attività siano considerate alla stregua di un gioco.

Gli si contesta anche il fatto di non lavorare, diversamente da quanto riferito dalla relazione dell’équipe interna: lavora a turno, per periodi limitati, perché le occasioni offerte scarseggiano per tutti. L’istanza è stata rigettata anche perché ha rifiutato il cibo, a dicembre, in adesione una forma ad una giornata di mobilitazione promossa su scala nazionale da chi è contrario alla pena a vita".

Aosta: detenuto arabo si converte, minacciato dai compagni

 

Ansa, 5 ottobre 2009

 

Minacciato di morte dai parenti, seviziato quotidianamente da altri detenuti di fede islamica, terrorizzato dall’idea di essere perseguitato anche fuori dal carcere. È la situazione che denuncia un ventinovenne marocchino, Mohamed Echamali, attualmente detenuto nella casa circondariale di Brissogne, che ha raccontato la sua vicenda in una lettera inviata al settimanale Gazzetta Matin.

La notizia è stata confermata da fonti carcerarie. Il giovane si trova ora nel reparto "transito", isolato dal resto dei detenuti. "Sono nato in Marocco, in una città piccola che si chiama Khouribga - racconta nella lettera - e quando sono arrivato in Italia nel 2000 ero di fede islamica; dopo qualche anno ho conosciuto la mia ex ragazza e a seguito di questa relazione sono diventato cattolico. I primi tempi andava tutto bene, ma quando la mia famiglia ha saputo del mio passaggio alla chiesa cattolica mi hanno minacciato di morte. In poche parole la mia morte fisica è la via giusta per avere perdono di Allah "Dio"; loro devono farlo perché sono stati loro a crescere un figlio infedele come me, traditore dell’Islam".

"Adesso mi trovo ristretto nel carcere di Aosta - prosegue - ma fra pochi giorni sarò trasferito perché non posso più stare qui: i detenuti mi hanno picchiato con rabbia soltanto perché vado in chiesa e non ho fatto il Ramadan come loro. Nel Corano la legge di "Achariaa", condanna a morte le persone che fanno questo passaggio dall’Islam al Cristianesimo e per questo motivo io ho chiesto la protezione umanitaria qui in Italia; quando uscirò dal carcere andrò davanti alla commissione per vedere se mi verrà concessa".

"Ora - conclude - vivo nel terrore di essere ucciso o accoltellato. Tutti i giorni vivo nella paura; anche quando sarò libero ho paura di incontrare qualche fanatico religioso pronto a farmi del male". Nella sua stessa situazione, sempre nel carcere di Aosta, si trova un altro detenuto che per ora ha deciso di non pubblicizzare la propria vicenda.

Catania: centro per ex detenuti, con soldi sequestrati a mafia

 

La Sicilia, 5 ottobre 2009

 

Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha inaugurato questa mattina il polo di eccellenza per l’accompagnamento spirituale e la professionalizzazione di ex detenuti, realizzato nel fondo di proprietà della famiglia Sturzo, che ospiterà la prima Agenzia nazionale Reinserimento e Lavoro (Anerl) ed una struttura dedicata alle donne detenute con i figli ricavata da residenze confiscate alla mafia. Le iniziative sono frutto di un protocollo firmato nei giorni scorsi a Roma dal guardasigilli e dal presidente della fondazione "mon. Francesco Di Vincenzo" e di rinnovamento dello Spirito Santo Salvatore Martinez. Alfano ha preso parte nella struttura ad un incontro che ha chiuso una tre giorni dedicata a Sturzo.

Il progetto dell’agenzia si rivolge a detenuti con una pena residua inferiore a tre anni, ad ex detenuti a rischio di recidiva e privi di tutela per il reinserimento sociale e alle loro famiglie. Obiettivo fu creare percorsi di formazione professionale e reinserimento lavorativo attraverso un tutoraggio personalizzato ed operare come un vero e proprio incubatore di impresa.

Il progetto prevede anche una creazione di una banca dati nazionale che conterrà i profili significativi dei soggetti entrati nei percorsi di reinserimento e di centri di consulenza nelle carceri. A margine dell’incontro, il sottosegretario Giovanardi ha annunciato una ulteriore convenzione tra il ministero della Giustizia e la presidenza del Consiglio per costruire residenze monofamiliari per ex detenuti ed ampliare il polo di eccellenza.

"Cambieremo le regole. Abbiamo firmato una convenzione che farà in modo che non ci siano più bambini nelle carceri italiane perché le madri sconteranno il loro percorso di detenzione in un altro luogo del carcere.

Mai più bimbi nelle carceri italiane". Lo ha affermato il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, parlando a Caltagirone durante un incontro per l’inaugurazione di un polo per un lavoro di ex detenuti, nel fondo agricolo appartenente agli Sturzo, che ospiterà una struttura dedicata alle donne detenute con figli ricavata da residenze confiscate alla mafia.

Ignoti hanno danneggiato, la notte scorsa, la recinzione del fondo agricolo della famiglia di Don Sturzo che ospiterà la prima agenzia nazionale per il reinserimento ed il lavoro per ex detenuti, che stamani è stata inaugurata dal ministro della Giustizia Angelino Alfano.

Il ministro, parlando durante un incontro organizzato nel fondo, ha dichiarato: "Ho saputo dell’accaduto, il governo e lo Stato resteranno accanto a questo progetto. Il male non è entrerà più qui perché il bene deve prevalere sul male".

San Gimignano (Si): agenti protestano, "consegna" in caserma

 

Asca, 5 ottobre 2009

 

Sit in di protesta, sciopero dalla mensa, autoconsegna in caserma. Queste le iniziative messe in campo dagli agenti di polizia penitenziaria del carcere di San Gimignano (Si). L’agitazione, si legge in una nota dei sindacati (firmata da Sappe, Osapp, Cgil-Fp, Sinappe, Cisl-Fns, Uil), è determinata dalla "indifferenza dimostrata dall’amministrazione penitenziaria e dalla classe politica" sulle "gravissime problematiche" denunciate dagli stessi sindacati con una manifestazione lo scorso 26 giugno.

Problematiche, si legge ancora, che riguardano il "degrado gestionale" del penitenziario con "allarme per l’intera società e la sicurezza dei cittadini". Già in passato, ricordano i sindacati, sono giunte "continue denunce di atti vili e illeciti, di aggressioni e minacce di morte posti in atto dai reclusi nei confronti dei poliziotti penitenziari" mentre "l’avvicendamento continuo di dirigenti" ha "condotto il penitenziario al totale collasso gestionale".

Lo scorso 4 settembre, denunciarono i sindacati, un agente fu aggredito da un ergastolano riportando contusioni guaribili in dieci giorni. Da qui la protesta iniziata oggi che prevede manifestazioni e sit in all’ingresso del penitenziario, astensione dalla consumazione dei pasti della mensa di servizio, autoconsegna all’interno del penitenziario, cioè permanenza all’interno dell’istituto anche dopo l’espletamento del turno di servizio senza quindi raggiungere i propri familiari. I sindacati chiedono un "incontro urgente con il dirigente generale del provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria" da cui avere "garanzie" che sono "presupposto utile ad annunciare la sospensione delle proteste e a scongiurarne la prosecuzione a oltranza".

Rossano Calabro (Cs): Sappe; in carcere situazione al collasso

 

L’Ora di Rossano, 5 ottobre 2009

 

Sempre più critiche le condizioni della casa di reclusione cittadina, dove il sovraffollamento e il mancato adeguamento del personale di polizia penitenziaria fanno registrare una situazione ormai al collasso. Originariamente destinato ad ospitare 150 detenuti, l’istituto di Ciminata Greco ne conta ora oltre il doppio (in alcuni casi una stessa cella ne ospita quattro), mentre la pianta organica non è mai stata adeguata. E il personale di polizia penitenziaria conta attualmente 120 unità. "Così - tuona il segretario generale del sindacato Sappe, Donato Capece - al danno si aggiunge la beffa, in quanto essendo 120 le unità del corpo allo stato in servizio a Rossano, la pianta organica risulta in esubero, con tutte le derivanti conseguenze, tra cui la riduzione degli stanziamenti per gli straordinari e l’invio di unità in missione in altri istituti, ecc."

Comprensibili ed evidenti i disagi con cui ci si trova a fare i conti quotidianamente. Non solo. ad aggravare il tutto, si aggiungono oggi dei ritardi anche nella liquidazione di alcune indennità agli agenti. "Nella sede - scrive Capece - risulta in servizio un solo contabile, tanto che la liquidazione delle missioni effettuate dal personale registra un intollerabile ritardo di circa 10 mesi; notevoli ritardi vi sono anche nella liquidazione delle ore di straordinario, atteso che l’attività lavorativa si svolge in turni organizzati su tre quadranti, nell’arco delle ventiquattro ore".

Tanti i disagi segnalati da Capece nella missiva (indirizzata al capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Franco Ionta, al direttore generale personale e formazione del Dap Massimo De Pascalis, al provveditorato regionale, al direttore della casa di reclusione e al segretario regionale Sappe Damiano Bellucci) con cui si chiedono interventi urgenti, per l’adeguamento dell’organico nonché in materia di sicurezza della stessa struttura.

"Particolarmente gravoso - prosegue il segretario del Sappe - è il lavoro svolto dal locale nucleo traduzioni e piantonamenti, che è dotato di pochissime unità per la movimentazione degli oltre 300 ristretti, la metà dei quali appartenenti al circuito ad alta sicurezza, impiegata in maxi processi, con continue udienze in aule di giustizia anche molto distanti dalla città di Rossano, che richiedono l’impiego di molte unità anche per intere giornate, in considerazione delle precarie condizioni della rete viaria regionale. Sulla citata problematica i dati raccolti sono eloquenti: dal 1° gennaio 2009 il nucleo di Rossano ha effettuato oltre 550 traduzioni per circa 900 detenuti: questa attività ha richiesto l’impiego di oltre 2600 unità del corpo e di queste oltre 1000 sono state sottratte al servizio interno, con evidente aggravio di lavoro e riduzione dei livelli di sicurezza".

Dal punto di vista strutturale, Capece ribadisce "l’urgente, indifferibile necessità di procedere ad una revisione dei sistemi tecnologici di sicurezza, a partire dal sistema di video sorveglianza a quello di antintrusione ed antiscavalcamento. Critici, sotto l’aspetto della sicurezza, risultano essere i cortili destinati ai "passeggi" dei detenuti per i quali, a distanza di tempo, non si è ancora intervenuti per aumentare lo standard di sicurezza dopo i noti episodi verificatisi".

Porto Azzurro (Li): detenuti lavorano a ampliamento carcere

 

Asca, 5 ottobre 2009

 

Un carcere più moderno. Soprattutto un carcere in grado di accogliere più detenuti. Lavori a un’intera ala quelli a Forte San Giacomo interventi, fra l’altro, realizzati dagli stessi reclusi che fanno capo alla cooperativa San Giacomo. I lavori che sono iniziati da alcuni giorni termineranno verso la metà del mese.

Interventi di ripristino e ristrutturazione di un’ala della casa di reclusione di Porto Azzurro per rendere agibili 46 nuovi ambienti. Saranno destinati a accogliere detenuti che hanno la pena definitiva pronunciata dal tribunale. A essere interessato è un intero reparto che insiste nel complesso per così dire storico dell’edificio, quello che aveva più bisogno di un intervento murario di recupero. "La verità è che siamo sottodimensionati - dice il direttore del reclusorio elbano Carlo Mazzerbo - I ristretti sono circa 260, quando dovrebbero essere trecento. In previsione del conseguimento di questa cifra ecco spiegati i lavori che stiamo eseguendo all’interno della cittadella in economia in un reparto che aveva necessità di manutenzione".

Il che significa utilizzando manodopera "interna", cioè impiegando le stesse manovalanza che sono detenute nel forte di San Giacomo quelle in forza alla cooperativa. "Un modo per realizzare gli interventi - continua ancora il direttore della casa di reclusione più importante dell’arcipelago toscana - senza incidere sulle casse del ministero. Avevamo l’esigenza di far fronte alla richiesta di ristrutturare un’ala del carcere e abbiamo scelto questo percorso anche perché i finanziamenti sono scarsi".

Eppure, nonostante le ristrettezze economiche ci si è riusciti. Anche perché (un’altra caratteristica del carcere di Porto Azzurro), queste nuove celle saranno singole; il che significa che ospiteranno solo una persona e sono state eseguite nel rispetto della normativa vigente che (tanto per fare alcuni esempi) prevede che la corrente elettrica si possa spegnere anche all’interno, quando l’occupante desidera chiuderla, e che ci sia anche una doccia e un bagno perfettamente funzionale. Doccia e bagno nel rispetto della privacy, impedendo che il detenuto sia costretto a raggiungere le docce comuni. Una volta terminati i lavori si raggiungerà la cifra di 300 ospiti.

Venezia: grazie al volontariato detenuti "un po’ meno reclusi"

 

Il Gazzettino, 5 ottobre 2009

 

Anche grazie a "Il Granello di senape", i carcerati di Venezia sono un po’ meno reclusi. È l’associazione nata nel 1996 che entra tra le sbarre e le celle delle case circondariali di Santa Maria Maggiore e alla Giudecca a proporre alcune attività educative a chi è stato condannato o è in regime di custodia cautelare.

"L’obiettivo - dice Maria Teresa Menotto che ne è presidente da quattro anni - è di sensibilizzare il territorio rispetto al tema della carcerazione e generare un atteggiamento di solidarietà effettiva nei confronti dei detenuti, in maniera da facilitare il loro reinserimento sociale quando abbiano concluso di scontare la pena oppure vengano ammessi ad una misura alternativa alla detenzione".

Al maschile di Santa Maria Maggiore i volontari il martedì e il giovedì tengono aperta la biblioteca mentre il lunedì svolgono il corso sulla comunicazione in collaborazione con la facoltà di Scienze del linguaggio dell’Università di Cà Foscari con cui è stato sottoscritto un protocollo d’intesa. Al femminile della Giudecca, invece, ogni venerdì fanno la spesina, cioè fungono da tramite per le spese delle donne e poi forniscono un supporto alle loro attività lavorative.

"La mancanza di libertà molto spesso è causa di stati depressivi e di sintomi di aggressività. Attraverso queste attività, i detenuti hanno degli scopi precisi e così evitano di trascorrere la giornata distesi sulla branda a guardare la tivù". Facendo sistematicamente visita ai carcerati e offrendo loro queste occasioni d’impegno l’associazione concretizza il principio costituzionale per cui la pena deve essere rieducativa. "Più di qualche volta si creano dei veri rapporti umani e le persone che incontriamo ci confidano tutti i loro problemi. La nostra città è un laboratorio interessante perché la collaborazione che c’è con la direzione delle strutture, gli agenti di sicurezza, i percorsi istituzionali e gli operatori degli altri soggetti attivi, è positiva e proficua e permette di creare quella nuova consapevolezza sulla realtà che aiuta all’uscita del carcere".

Proprio perché l’obiettivo è il reinserimento sociale, all’esterno è aperto lo sportello di aiuto che si trova in campo Santa Margherita n. 3687 ospite della Municipalità, aperto ogni martedì e giovedì dalle 15 alle 17 (tel. 0415285259): nel 2008 ci sono stati 150 contatti più una decina di casi d’accompagnamento al reingresso nel mondo del lavoro ed altrettanti per il disbrigo delle pratiche.

"I detenuti tornati liberi, i soggetti in misura alternativa e i loro familiari spesso non sanno dove sbattere la testa quando si tratta di riprendere la vita normale - sottolinea Menotto - vogliamo essere un punto di riferimento di consulenza e di sostegno concreto rispetto alle esigenze pratiche che si presentano una volta lasciate le sbarre alle spalle".

Tra le attività ordinarie dell’associazione ci sono i mercatini per l’autofinanziamento attraverso la vendita dei prodotti fatti dai detenuti, il concerto natalizio, i convegni a tema e alcuni incontri conviviali. "Il granello di senape" conta attualmente 25 associati e ha sede a San Marco n. 1579: per contatti è possibile telefonare allo 041.2771127.

Libri: "Scarceranda 2010", un’agenda realizzata dai detenuti

 

Redattore Sociale - Dire, 5 ottobre 2009

 

Per ogni copia venduta, 1 euro sarà destinato a progetti d’integrazione lavorativa per persone rinchiuse nelle carceri dell’Eritrea.

In copertina, il primo piano di una mela rossa un po’ marcia. Con questa immagine simbolica, come ogni anno, si presenta al pubblico Scarceranda 2010, l’agenda ideata e realizzata dai detenuti e dalle detenute della casa circondariale di Monza. Uno strumento che aiuta a non dimenticare, giorno dopo giorno, i temi della giustizia. Contiene un planning settimanale, uno annuale e una rubrica, oltre ad alcune pagine da usare per accogliere annotazioni e password. "È nata in seguito ad un corso di formazione nel campo della grafica svolto all’interno del carcere di Monza, al quale è seguito un tirocinio formativo. Da qui la decisione di sperimentare davvero ciò che era stato imparato". È il racconto di Stefano Radaelli, coordinatore del lavoro e membro della cooperativa sociale Teseo, che partecipa all’iniziativa.

"Negli anni la copertina si è evoluta ma internamente la grafica è rimasta stabile: in particolare ogni settimana viene proposta una frase, che nasce dai detenuti e riguarda i temi che stanno a loro più a cuore, dal desiderio di liberà, alle riflessioni personali sulla loro vita, sul paese d’origine per gli stranieri". Alla sua realizzazione lavorano 6 ristretti, regolarmente assunti da tre delle 5 cooperative (Teseo compresa) che si occupano della realizzazione dell’opera: 3 detenuti sono interni al carcere, tre in esecuzione penale esterna. " In questi anni la formazione dei carcerati si affianca anche allo sviluppo delle loro competenze professionali: quasi ogni anno i lavoratori cambiano e alcuni di loro, scontata la pena, hanno poi trovato lavoro all’esterno nel campo poligrafico". Per ogni copia venduta un euro verrà destinato a progetti di integrazione lavorativa di persone rinchiuse nelle carceri dell’Eritrea.

Teatro: regista Stefano Tè tra giovani detenuti nell'Ipm Nisida

 

Il Mattino, 5 ottobre 2009

 

Stefano Tè, campano trasferitosi a Modena, inizia il 12 ottobre un laboratorio teatrale nell’Istituto Penale Minorile dell’isola di Nisida. Un’isola che è stata citata da Omero, Cicerone e Seneca e un istituto di pena per minori considerato tra i meglio organizzati d’Italia. Vi si svolgono corsi di giornalismo, ceramica e anche di arti performative. Stefano Tè, regista e direttore artistico del Teatro dei Venti di Modena, è stato invitato a condurre un laboratorio teatrale in quest’isola che si contrappone al golfo di Napoli, proprio di fronte a Capo Posillipo.

L’isola ospita da tempo iniziative per il reinserimento sociale dei giovani ospiti, circa cinquanta, e tra i Maestri si conta anche Eduardo De Filippo, che si batté nella sua veste di senatore a vita perché ai ragazzi dell’isola venisse data l’opportunità di sperimentare un nuovo modo di vivere.

"Il percorso formativo può essere definito un officina creativa", afferma Stefano Tè, "dove i giovani detenuti potranno sperimentare le diverse tipologie di comunicazione artistica. Il risultato del laboratorio confluirà nella messa in scena di uno spettacolo da presentare anche fuori dalle mura carcerarie e aperto al pubblico". L’impegno sarà costante, una settimana al mese, fino al mese di maggio in cui si metterà in scena lo spettacolo.

Il laboratorio è finanziato dal Ministero della Giustizia che nel 2003 ha istituito sulla piccola isola anche il Centro Europeo di studi sulla devianza e la criminalità giovanile. La storia di Nisida si perde nei millenni di storia che hanno attraversato il territorio campano. Prima era una struttura fortificata a difesa di Napoli. Secondo le fonti storiche, è già dal XIX secolo che la torre di guardia venne trasformata in prigione.

Fu trasformata in Casa di Rieducazione nel 1935 con strutture destinate all’accoglienza dei minori sottoposti a provvedimenti di natura sia penale che amministrativa. Sull’isola sono state sperimentate negli anni tutte le diverse modalità di intervento in favore dei minori e che hanno scandito, nel tempo, le diverse fasi della politica minorile; così dalla Casa di Rieducazione, che ospitava anche ragazzi sottoposti a misure amministrative, la struttura si è trasformata prima in Istituto di Osservazione Minorile e, dalla fine degli anni 80, in Istituto Penale Minorile.

Stati Uniti: compie 100 anni in carcere, è detenuto più anziano

 

Ansa, 5 ottobre 2009

 

Ha compiuto 100 anni in carcere il più vecchio detenuto di New York. Il segreto: mangio molta verdura e vado matto per le noccioline. L’uomo, Theodore Sypnier, era stato condannato al carcere nel 1999, già novantenne, per aver abusato sessualmente di cinque bambine. Sypnier ha spiegato che cerca soprattutto di stare per conto suo e di evitare risse con gli altri carcerati. "È strano essere il detenuto più anziano - afferma - ma forse è ancora peggio essere il detenuto più giovane".

 

 

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