Rassegna stampa 27 novembre

 

Giustizia: l’Unione Camere Penali protesta "carceri inumane"

 

Agi, 27 novembre 2009

 

"Le carceri italiane sono sovraffollate, il 50% dei detenuti è in attesa di giudizio, quindi sono presunti innocenti; la sanità carceraria non funziona; e ci sono problemi anche per gli agenti penitenziari che sono pochi, spesso costretti a turni massacranti e a controllare troppi detenuti rispetto a loro". Così il vicepresidente dell’Unione camere penali italiane Renato Borzone spiega a CNRmedia le ragioni della protesta di due giorni, oggi e domani, dei penalisti italiani. Gli avvocati sono anche contrari all’inasprimento del 41bis, il regime di carcere duro applicato di solito ai mafiosi. "È un regime detentivo inumano, più volte stigmatizzato anche dagli organi europei; viola i diritti elementari dell’individuo. La pena, anche per reati gravi, va scontata in condizioni di umanità".

Gli avvocati chiedono, fra l’altro, di ampliare le misure alternative al carcere per i casi di minore allarme sociale: "Le percentuali di recupero dei detenuti sottoposti a sanzioni alternative sono molto alte, e il tasso di recidiva in questi casi è basso, lo dimostrano le statistiche". E per i detenuti in attesa di giudizio "bisogna capire che la custodia cautelare è l’extrema ratio".

Giustizia: Pd; su Piano carceri imbarazzante ritardo di Alfano

 

9Colonne, 27 novembre 2009

 

"Sulle Carceri i ritardi e l’inattività del Governo e del ministro Alfano sono imbarazzanti". Lo afferma la capogruppo del Pd nella Commissione giustizia della Camera Donatella Ferranti, che fa presente come sia "passato più di un anno da quando il ministro della Giustizia annunciava solennemente da Trieste (7 novembre 2008) che avrebbe presentato "nelle prossime settimane" il nuovo piano di edilizia carceraria.

Ebbene - prosegue Ferranti - sono passati ben 44 Cdm ed Alfano non ha ancora presentato un bel nulla, mentre il grado di sovraffollamento degli istituti è sempre più intollerante e prefigura una situazione di vera emergenza umanitaria lesiva dei diritti costituzionalmente garantiti. Il ministro Alfano - conclude Ferranti - la smetta di lavorare unicamente per risolvere le beghe processuali del Premier e si renda conto che fuori Palazzo Grazioli c’è un paese che attende risposte".

Giustizia: Di Stanislao (Idv); inchiesta parlamentare su carceri

 

Il Velino, 27 novembre 2009

 

È già agli atti la proposta di istituire una commissione d’inchiesta parlamentare sulle carceri italiane del deputato Idv Augusto Di Stanislao, che continua l’impegno preso ormai da tempo per migliorare la condizione del mondo penitenziario. La prima proposta di inchiesta parlamentare su una problematica tanto grave e drammatica quanto poco considerata e spesso dimenticata. "La presente proposta di inchiesta parlamentare - afferma il deputato - nasce dall’attuale situazione emergenziale e drammatica delle carceri in tutto il territorio nazionale. Una situazione che è al collasso, migliaia di detenuti più di quelli previsti, la gran parte delle strutture penitenziarie sono fatiscenti, obsolete e non adatte.

Ogni detenuto nelle carceri italiane ha mediamente a disposizione meno di tre metri quadrati di spazio, ben al di sotto dei 7 metri stabiliti dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura. Ciò vuol dire che normalmente una cella deve ospitare tre detenuti, oggi nei penitenziari italiani ce ne sono in media nove in ogni cella".

"Ormai sono quotidiani gli episodi di violenza tra detenuti, di attacchi al personale ormai demotivato e stanco. Occorrono soluzioni e un modello di recupero e di rieducazione prima di pensare a nuove strutture e, in questa ottica, la commissione parlamentare di inchiesta sulle carceri in Italia ha il compito di constatare, verificare e valutare le condizioni tanto dei detenuti quanto di direttori, medici, agenti, psicologi ed educatori ed accertare l’efficienza delle strutture".

Di Stanislao presenterà, inoltre, una mozione, si ricordano anche le interrogazioni fatte precedentemente al ministro Alfano, al fine di tenere alta l’attenzione su un modello che dovrebbe essere di punizione, ma anche di rieducazione e di reinserimento, invece di essere soltanto un contenitore di emarginati e di esclusi senza possibilità di futuro.

Giustizia: Antigone; detenuto suicida vittima sovraffollamento

 

Un detenuto, di cui al momento non è stato reso noto il nome, si è tolto la vita, da quanto si è appreso, impiccandosi: è accaduto, ieri sera, nel carcere di Sondrio. A dare l’allarme al 118 sono stati gli agenti di polizia penitenziaria, ma quando il personale sanitario è intervenuto sul posto non c’era più nulla da fare. Il suicidio - pare che l’uomo abbia usato o una piccola sciarpa o la cintura dell’accappatoio - è avvenuto poco prima delle 20.

 

Antigone: ennesimo suicidio da sovraffollamento

 

L’ennesimo suicidio in carcere "tutta colpa del sovraffollamento". Così Patrizio Gonnella, Presidente dell’associazione Antigone, commenta il suicidio del detenuto che si è impiccato nel carcere di Sondrio. "A causa del sovraffollamento i detenuti vivono in uno stato di abbandono. Gli incontri con gli operatori si diradano - sottolinea Gonnella - la violenza cresce". "Il ministro Alfano - aggiunge - dovrebbe portare in consiglio dei ministri norme per decongestionare le galere. Esiste ad esempio un articolo nella legge Fini-Giovanardi sulle droghe che può essere subito applicato: prevede la liberazione dei detenuti tossicodipendenti con meno di sei anni di pena. Possono essere subito inviati in comunità terapeutiche". Dunque, decongestionare le prigioni, secondo Gonnella "è solo questione di volontà politica. In questo modo potrebbero uscire circa diecimila persone. Va costruito un accordo con le regioni. Sarebbe un primo passo vero la risoluzione del problema carceri. Mai infatti dall’amnistia di Togliatti si era arrivati a un numero così elevato di detenuti".

Inoltre, sostiene Gonnella, "andrebbero subito approvate due leggi che da tempo sono in un limbo: l’introduzione del crimine di tortura nel codice penale (che finalmente è stata calendarizzata) e l’istituzione di un difensore civico nazionale delle persone private della libertà. Sarebbe un bel segnale se il governo le inserisse in un proprio provvedimento di legge sui diritti umani inviolabili".

Giustizia: Casellati; le morti non collegate al sovraffollamento

 

Ansa, 27 novembre 2009

 

"Io non credo che il problema delle morti in carcere sia collegato al sovraffollamento". Lo dice il sottosegretario alla Giustizia, Maria Elisabetta Alberti, a proposito della morte nel carcere romano di Regina Coeli del detenuto Simone La Penna. "Nonostante il sovraffollamento - ha spiegato Casellati a Econews - in Italia la media di suicidi in carcere è sotto quella europea. Ogni 10 mila detenuti, la media italiana di suicidi è di 11,1. Contro la media europea, che è di 12,4. Quindi il problema si riconnette a delle patologie psicologiche che il carcere sicuramente accentua".

"Sicuramente il numero di educatori e di agenti penitenziari è insufficiente - osserva il sottosegretario -. Però io non credo che i decessi che si sono verificati per lo sciopero della fame piuttosto che per anoressia siano dovuti a una carenza di personale che interviene non tempestivamente. Ci sono dei casi in cui non si può imporre il cibo a un detenuto. Del resto, anche fuori dalle carceri, ci sono moltissime morti per anoressia che pure non inducono a ipotizzare delle insufficienze di trattamento sanitario".

Giustizia: Granata (Pdl); 41bis rimane riflessione su reati minori

 

Ansa, 27 novembre 2009

 

"È già messo a regime dal Governo in maniera seria, con un buon operato da parte del Ministro Maroni. Il 41 bis va mantenuto com’è stato concepito". Così Fabio Granata del Pdl che interviene anche sul sovraffollamento carcerario. "La situazione è esplosiva nelle carceri italiane - spiega - abbiamo la metà del personale che dovremmo avere e il doppio dei detenuti e su questi numeri bisogna avere una capacità importante di ragionamento strategico. Anche la riapertura che si era prospettata di alcune super carceri è da prendere in considerazione, però bisogna tenere presente le giuste rivendicazioni dei territori che le occupano, parlo dell’Asinara e di Pianosa. Bisogna aprire una riflessione seria sui reati minori e costruire nuove strutture e intanto intervenire su quelle già esistenti. Io sono andato a fare un’ispezione delle carceri in Sicilia e un terzo delle ali carcerarie sono chiuse perché in pessime condizioni".

Un’altra questione è l’emendamento sui beni confiscati ai mafiosi: "Maroni - dice - è molto perplesso su questo emendamento che è stato inserito di notte e non dalla Commissione Giustizia, ma dalla Commissione Bilancio, varato solo per fare cassa. Non si può però far cassa col rischio di aprire un varco pericolosissimo alla criminalità organizzata. Bisogna bloccare questa tendenza alla vendita e accelerare le confische e l’uso dei beni a fini sociali. I beni confiscati non ancora assegnati sono il 40% e c’è tutto l’interesse delle cosche a rimetterci le mani, attraverso i prestanome".

Giustizia: caso Cucchi a Camera "lasciato morire in ospedale"

di Luca Lippera

 

Il Messaggero, 27 novembre 2009

 

"È stato un caso di abbandono terapeutico: Stefano Cucchi in ospedale è stato lasciato morire". Dopo un mese di polemiche a testa bassa, sembra affacciarsi una nuova consapevolezza sulla fine del piccolo spacciatore deceduto nel reparto detenuti del "Sandro Pertini". Parlamentari di maggioranza e di opposizione, presente Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, hanno denunciato ieri alla Camera che "in ospedale lo stato di salute di Cucchi fu sottovalutato perché non lo si ritenne in pericolo di vita".

Un deputato e un senatore hanno addirittura ipotizzato che il geometra di Tor Pignattara, tossicodipendente, "sia morto un’ora prima di quanto riferito nel referto e senza avere attorno medici rianimatori". Il comitato "Verità per Stefano Cucchi", formato da cinque parlamentari del Pdl e del Pd, ha convocato un incontro con la stampa a poco più di un mese dalla morte del detenuto dopo aver visitato il reparto del "Pertini".

Tre medici dell’ospedale, il dottor Aldo Fierro, direttore di Medicina Protetta, e le colleghe Rosita Caponetti e Stefania Corbi, sono sotto inchiesta per omicidio colposo. Cucchi, che al momento del ricovero pesava circa quarantadue chili, alla morte era arrivato a trentasette. "C’è stata - ha detto Luigi Manconi, del Pd, coordinatore del comitato una profonda sottovalutazione del suo stato fisico". Ilaria Cucchi, sorella della vittima, sempre convinta dell’ipotesi pestaggio, ha ricordato che la famiglia aveva "sottolineato fin da subitole responsabilità dei medici". "Ma bisogna dire - ha ricordato - che se Stefano non avesse avuto lesioni, al Pertini non ci sarebbe proprio arrivato".

Tre agenti della Polizia Penitenziaria, va ricordato, sono sotto inchiesta per omicidio preterintenzionale. Giorni fa un detenuto, uno spacciatore del Gambia, ha detto, durante un incidente probatorio. di "non aver visto il pestaggio" ma di "aver udito" nei locali delle celle di sicurezza del Tribunale "urla e rumori che facevano pensare a qualcuno che veniva preso a calci", Cucchi, al ricovero al "Pertini", aveva una frattura a una vertebra lombare, una lesione all’osso sacro e vaste aree ecchimotiche sotto gli occhi.

L’autopsia, in attesa dei nuovi esami disposti dopo la riesumazione del cadavere (i risultati tra una decina di giorni), hanno escluso i traumi siano la causa del decesso. Christian Pietrucci, gestore della "Freestyle", la palestra dove il piccolo spacciatore praticava kick-boxing, ha aggiunto giorni fa di aver "notato da sempre le vaste aree rossastre sotto gli occhi di Cucchi e di averne parlato, chiedendo spiegazioni, al medico di base" della vittima. Il giallo però resta, Tra l’altro sono in corso altri accertamenti su alcuni incidenti e ricoveri accaduti a Cucchi poco prima del fermo per droga.

Non è tuttavia azzardato pronosticare che comunque ci saranno due processi: uno contro i medici, l’altro contro gli agenti della Polizia Penitenziaria. Ma la posizione di questi ultimi, secondo voci che filtrano dalla Procura, potrebbe cambiare. Il pubblico ministero, se i nuovi esami confermeranno l’assenza di traumi mortali, potrebbe modificare l’accusa - derubricandola - da omicidio preterintenzionale a lesioni, L’ipotesi di reato più grave, a quel punto, diverrebbe quella contro i sanitari. "La morte del geometra - ha detto, a nome del comitato. Melania Rizzoli, parlamentare del Pdl - è stata frutto di profonda trascuratezza e sottovalutazione delle sue condizioni". La radicale Rita Bernardini, anche lei presente all’incontro, "si è chiesta perché tanti medici, nonostante avessero riscontrato ecchimosi e lesioni, non si siano rivolti all’autorità giudiziaria".

Sicilia: costituito l'Albo fiduciari, per dare contributi a detenuti

 

Adnkronos, 27 novembre 2009

 

È stato istituito l’albo regionale dei professionisti di fiducia cui potere conferire l’incarico di assistenza, nelle fasi di progettazione, realizzazione degli interventi e di avviamento delle attività, nei confronti dei soggetti beneficiari delle agevolazioni previste dalla legge regionale 16 del 1999. A renderlo noto è il dipartimento regionale siciliano della Cooperazione. La legge, compatibilmente con le disposizioni previste dalla normativa statale in materia penitenziaria, promuove iniziative volte al reinserimento sociale dei cittadini detenuti in espiazione di pena, mediante forme di sostegno finanziario, che consentano la prosecuzione o l’avvio di attività di lavoro autonomo professionale e imprenditoriale.

Alle agevolazioni finanziarie previste dalla presente legge sono ammessi i detenuti in espiazione di pena che abbiano compiuto la maggiore età ovvero che si trovino nelle condizioni di minore emancipato autorizzato all’esercizio di attività di impresa e che siano residenti in Sicilia. Le agevolazioni finanziarie consistono nella concessione di una sovvenzione a fondo perduto per l’acquisto di macchine ed attrezzature necessarie allo svolgimento delle attività. La sovvenzione è concessa una sola volta fino all’importo massimo di 25mila euro, per l’acquisto delle attrezzature e dei materiali occorrenti per l’avvio dell’attività produttiva, nonché per le spese conseguenti al rispetto della normativa sulla sicurezza e sulle condizioni igienico-sanitarie del luogo di lavoro, sulla base della documentazione di spesa sostenuta.

Abruzzo: Commissione Sanità fa il punto su situazione carceri

 

Ansa, 27 novembre 2009

 

La presidente della Commissione Affari Sociali e Politiche della salute della Regione Abruzzo, Nicoletta Verì, unitamente ai consiglieri Alessandra Petri (Pdl) e Franco Cramanico (Pd), ha incontrato Franco Pettinelli, direttore del carcere di Pescara ed esponente regionale dell’organizzazione carceraria.

Nel corso della riunione, la delegazione del Consiglio regionale ha affrontato le problematiche socio-sanitarie della realtà carceraria, come la necessità di assicurare l’assistenza specialistica a tutti i detenuti, di provvedere alla realizzazione di protesi ortodontarie per i detenuti in condizioni di disagio economico, di acquistare farmaci in fascia C. Sono altresì emerse ipotesi di lavoro come l’utilizzo della telemedicina nella formulazione di diagnosi, la realizzazione di progetti di formazione e di uffici di coordinamento. Nei prossimi giorni, come ha preannunciato la presidente Verì, le audizioni proseguiranno nelle carceri di Teramo e Sulmona, con visite sul posto dei componenti la Commissione o sedute della stessa nelle carceri di Pescara e Sulmona.

Roma: Pedica (Idv); interventi urgenti contro numerosi decessi

 

Dire, 27 novembre 2009

 

"La morte del giovane 32enne deceduto ieri a Regina Coeli perché anoressico è qualcosa che non può essere più lasciata passare senza interventi urgenti che pongano un freno ai numerosi decessi, sospetti e non". Lo afferma in una nota Stefano Pedica, senatore e segretario Idv del Lazio, che continua: "Dopo ciò che è accaduto a Stefano Cucchi, mi sono ripromesso di visitare su base regolare il carcere di via della Lungara, e così ho fatto diverse volte in queste ultime settimane.

Il centro clinico è in uno stato di vero e proprio oblio, con degenti che chiedono di essere curati ma non lo sono, con giovanissimi ragazzi in sciopero della fame che chiedono assistenza, altri che denunciano la propria comprovata incompatibilità col carcere, ma non vengono messi ai domiciliari". "Svariati" i casi, ricorda Pedica: "Il malato di tumore alla testa che ha perso l’udito e non ha l’apparecchio adatto, chi deve fare la dialisi con una certa frequenza che viene disattesa, chi afflitto da patologie gravemente invalidanti e spesso letali come la sclerodermia, e non riceve cure, solo per fare alcuni esempi".

Continua l’esponente dell’Idv: "Se l’istituto del centro di Roma sta messo in queste condizioni mi chiedo come possano essere quelli più periferici del Lazio, ora che il servizio sanitario è passato alle Regioni, e che fine abbia fatto, visto che esiste questa figura nella Regione, il garante dei diritti dei detenuti, che a detta dei detenuti è poco presente. La colpa non è certo sua se il Dap non interviene come dovrebbe, ma credo che anche la sua presenza nell’istituto dovrebbe essere più massiccia, soprattutto data l’inerzia del governo a risolvere il grave sovraffollamento. Per questo, e l’ho già detto ma urge ribadirlo, è necessario in questo momento rafforzare l’ufficio del garante dei detenuti regionale, prevedendo magari anche il ripristino di quello romano che la giunta Alemanno non ha voluto nominare".

Cuneo: detenuto morto d’infarto ma la famiglia solleva dubbi

 

Ansa, 27 novembre 2009

 

Un detenuto di 24 anni, Alessio Scarano, è morto martedì scorso nel carcere Cerialdo di Cuneo. Secondo indiscrezioni, dopo l’autopsia fatta oggi, sarebbe morto per arresto cardiocircolatorio causato da infarto ma il legale della famiglia, l’avvocato Roberto Brizio, non è dello stesso avviso: "Non mi risulta, allo stato attuale dei fatti, che la morte di Alessio Scarano sia avvenuta per cause naturali". "Il cadavere - aggiunge il legale - non presentava segni di percosse. Dai primi responsi dell’autopsia, però, mi sembra di poter escludere le cause naturali. Il sospetto è che a uccidere Scarano sia stata l’assunzione di sostanze stupefacenti in carcere, ma per averne la certezza si dovrà attendere l’esito degli esami tossicologici sui campioni di sangue prelevati".

Trasferito quattro giorni fa da Torino a Cuneo, Scarano, pregiudicato, con trascorsi di tossicodipendente, è stato colpito martedì sera da un malore mentre si trovava in una cella della 1/a sezione giudiziaria. L’addetto all’infermeria incaricato delle terapie serali lo ha trovato disteso sul letto, apparentemente addormentato. L’infermiere ha tentato di svegliarlo, senza riuscirci e ha dato l’allarme. Una equipe del 118, intervenuta nel carcere, ha intubato Scarano. Tutti i tentativi di tenerlo in vita, però, sono stati inutili. Il decesso è stato accertato alle 21.38.

Scarano, finito in carcere nel giugno scorso, doveva scontare un residuo di pena (furti e rapine) che si sarebbe concluso nell’ottobre 2010. "Vogliamo sapere come è morto Alessio, se è stato picchiato, se è stato ucciso da qualcuno" chiedono ora i parenti del giovane. "Da quello che ci hanno detto - hanno spiegato i familiari più stretti ai giornalisti - Alessio si era coricato sulla branda della sua cella dopo avere partecipato ad una partita di calcio nel campo del carcere. Ci hanno spiegato che è morto per cause naturali ma lui stava bene, non aveva alcun problema. Per questo vogliamo sapere cosa è successo con certezza. Così non capiamo perché stato trasferito in quel carcere senza che nessuno di noi lo sapesse". Ad avvertire del trasferimento era stato lo stesso giovane con un telegramma, spedito proprio martedì, in cui avvertiva la nonna del cambio di carcere. Sono circa 200 i detenuti nella casa circondariale di Cuneo. Il Cerialdo è tra le undici carceri di massima sicurezza: 90 i detenuti con regime 41-bis riservato a chi è stato condannato per reati di mafia o spaccio internazionale di droga. È prevista una nuova ala dell’istituto di pena: l’edificio sarà di quattro piani e potrà ospitare 200 detenuti.

Bologna: Garante; carcere è allo sbando, reclusione disumana

 

Dire, 27 novembre 2009

 

"Il carcere della Dozza di Bologna è allo sbando, il sovraffollamento è al limite, i detenuti vivono in condizioni disumane e nel corso dell’ultimo anno c’è stato un drastico calo delle misure alternative, così non è possibile andare avanti".

In un momento in cui il tema del carcere è "caldo" e al centro dell’attenzione (ieri la Camera penale nazionale ha dichiarato l’astensione dalle udienze per protestare contro le condizioni dei penitenziari), da Bologna si leva il grido d’allarme disperato della Garante dei diritti delle persone private della libertà personale Desi Bruno. Insieme all’avvocato Elisabetta D’Errico, presidente della Camera penale di Bologna, ha convocato una conferenza stampa per togliere il velo ai dati sulla casa circondariale della Dozza. "Leggeteveli da soli e ve ne renderete conto, così non è possibile andare avanti".

D’Errico rincara la dose: "Il carcere, in questo momento, non è in grado di garantire i diritti fondamentali a cui tutte le persone, al di là della loro colpevolezza, hanno diritto. Da Bologna vogliamo dire che la situazione è allucinante e non più tollerabile: lunedì con una delibera indiremo lo stato di agitazione poi probabilmente si arriverà a un’astensione locale". I dati, che Bruno e D’Errico comunicano ricordando che l’Emilia-Romagna è la regione con il più alto tasso di sovraffollamento, parlano da soli.

Al momento, alla Dozza, ci sono 1.166 detenuti (e le oscillazioni vanno da 1.080 a 1.200) contro "una capienza che è di 480, anche se ogni anno questo numero viene aggiustato a piacimento" dice Bruno. "I due terzi sono in attesa di giudizio, il 70% è straniero e a fronte di numeri del genere, solo a 30 persone vengono concesse le misure alternative". Per non parlare della piaga tossicodipendenza.

I tossicodipendenti alla Dozza (al 23 novembre) sono 286. "Sono quasi il 30%, è una cosa inammissibile, significa il fallimento delle politiche per la tossicodipendenza nel nostro paese. È possibile che nella Finanziaria si parli di 500 milioni per costruire nuove carceri e poi non si faccia qualcosa per mandare in comunità e curare i detenuti tossicodipendenti?" si indigna D’Errico. Altro elemento su cui Bruno e D’Errico sparano a zero è il drastico cambio di marcia nella concessione delle misure alternative e permessi premio da parte del Tribunale di sorveglianza nell’ultimo anno.

Nel 2009 alla Dozza sono stati concessi 89 permessi premio (otto al mese) contro i 207 del 2008, quando quelli concessi furono il 27% di quelli richiesti. Quest’anno la percentuale si ferma al 14%. Ancora, nei primi sei mesi dell’anno, le persone affidate ai servizi sociali sono 22, i detenuti andati ai domiciliari 16 e quelli a cui è stata concessa la semilibertà cinque.

"È un’inversione di tendenza mai vista, un calo del 50%, ci sono detenuti che non sono stati fatti uscire neanche nei casi di imminente morte di un parente. L’ok è arrivato quando il loro parente era già morto" dice D’Errico. E punta il dito contro i magistrati di sorveglianza di Bologna, che rigettano tantissime richieste di liberazione anticipata o di permesso: "Il numero dei provvedimenti di inammissibilità è altissimo, soprattutto negli ultimi mesi, sembra quasi che si voglia affossare la legge Gozzini decidendo di mantenere tutti chiusi in carcere - attacca D’Errico - è un messaggio che non può essere accettato".

L’inversione di tendenza si registra tra il 2008 al 2009 (il 2007 infatti è in linea col 2008) e sembra coincidere con l’arrivo (a fine 2008) di Francesco Maisto alla carica di presidente del Tribunale di sorveglianza di Bologna.

Giustizia: sovraffollamento; protesta detenuti di Regina Coeli

 

Ansa, 27 novembre 2009

 

Le sbarre tintinnano. No, le sbarre urlano. I detenuti di Regina Coeli adottano la più classica e cinematografica delle forme di protesta carceraria, percuotere le grate con oggetti di metallo, per far sentire anche la loro voce in questi giorni in cui tutti sembrano avere un motivo per scendere in strada a manifestare. Loro non possono farlo, ma rompono il silenzio a modo loro. La protesta va in scena a Regina Coeli, dove ieri è morto di anoressia Simone La Penna, 32 anni. Un’altra morte tragica e assurda, che segue quella di Stefano Cucchi. Storie arrivate nelle pagine di cronaca, storie che permettono ai detenuti di denunciare le durissime condizioni di vita dietro le sbarre, prima tra tutte il sovraffollamento. La protesta è in pieno svolgimento. Le sezioni interessate sono quattro, II III VII VIII, e, secondo quanto riferisce il garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni, sono state chiuse.

"A scatenare la protesta - spiega Marroni - non sono stati i recenti casi di Stefano Cucchi e di Simone La Penna, il ragazzo morto ieri nel centro clinico di Regina Coeli per anoressia nervosa, ma anche il problema del sovraffollamento, che sta rendendo invivibile le carceri. È necessario che le istituzioni avviino una seria riflessione per restituire al carcere la sua funzione di luogo di pena, ma soprattutto di rieducazione".

Pistoia: la madre di un detenuto; "sono trattati come animali"

 

La Nazione, 27 novembre 2009

 

"È come se scontasse una doppia pena, un carcere nel carcere, per la vita tremenda che là dentro le persone sono costrette a fare". Vanno oltre gli appelli che, sempre più spesso, politici e sindacalisti lanciano contro il sovraffollamento della casa circondariale pistoiese. Le parole della madre d’un detenuto sono come frecce che arrivano dritte al cuore. Per un parente o anche un semplice conoscente di un carcerato, esporsi non è semplice, ma Rosetta Viscusi ha preso il coraggio a quattro mani per raccontare le condizioni di vita di suo figlio Jonathan, dallo scorso luglio rinchiuso fra le mura di Santa Caterina.

Con la forza di cui soltanto una mamma è capace, la signora Viscusi vuole far capire il dramma di vivere in piccole celle di pochi metri destinate ad una sola persona ed occupate da tre. "Ho sentito il bisogno di farlo dopo aver letto l’articolo pubblicato martedì da La Nazione", dice. A testa alta, la donna spiega che suo figlio Jonathan, 22 anni appena, è stato condannato a due anni e un mese di reclusione per spaccio di stupefacenti. "Ha sbagliato ed è giusto che paghi, ma non è possibile che né lui né gli altri detenuti debbano sopportare certe condizioni di vita, trattati come animali", afferma prima di elencare ad una ad una le magagne di Santa Caterina.

Uno dei problemi più sentiti sembra essere quello delle visite mediche: "Il Sert non fa tutte quelle di cui ci sarebbe bisogno. In più - continua la signora Viscusi - per ogni problema di salute si rischia grosso. Per esempio, qualche tempo fa mio figlio lamentava un fortissimo mal di denti, ma il dentista ha potuto curarlo soltanto dopo dieci giorni. Ma è giusto che le persone vengano trattate in questo modo?", si chiede con voce dura.

Insieme al sovraffollamento delle celle "che d’estate si trasformano in tanti forni", un altro capitolo dolente riguarda il cibo. "Come tutti i carcerati, anche mio figlio non può ricevere dall’esterno più di venti chili di alimenti al mese. Anche fare la spesa costa molto di più del normale, soprattutto a causa dei costi di trasporto e così non rimane che utilizzare la mensa. Ma non sto nemmeno a descrivere la qualità del cibo. No - conclude la donna - situazioni simili non dovrebbero essere consentite. Nemmeno in un carcere".

Ascoli: un detenuto picchia tre agenti con una bombola di gas

 

Corriere Adriatico, 27 novembre 2009

 

Episodio di violenza ieri pomeriggio nel supercarcere di Ascoli dove un marocchino ha aggredito un brigadiere usando come arma la bombola di gas che serve per cucinare in cella. Subito dopo sono intervenute due agenti di polizia penitenziaria a loro volta aggrediti. A quanto si è appreso, ma le notizie sono ancora frammentarie, i tre agenti sono stati portati al pronto soccorso dell’ospedale Mazzoni per alcuni accertamenti. Hanno riportato contusioni e ferite, ma non sono in gravi condizioni. Poco dopo il fatto l’africano è stato immobilizzato e ricondotto alla ragione. È accaduto tutti in pochi istanti e ora si indaga per capire cosa possa avere scatenato la furia del marocchino che fino a pochi minuti prima sembrava tranquillo.

Ancora avvolti nel mistero i motivi della brutale aggressione avvenuta nella sezione giudiziario. Sembra comunque che il brigadiere stesse controllando la cella per verificare l’efficienza delle misure di sicurezza ed evitare che queste potessero essere manomesse.

Un fatto grave che richiama l’attenzione sul pesante disagio vissuto nelle carceri sia dai detenuti in forte sovraffollamento e dagli agenti della polizia penitenziaria che vivono difficili momenti di stress. In altre occasioni alcuni reclusi infatti hanno utilizzato anche bevande bollenti per colpire di sorpresa le guardie.

Grosseto: detenuto dà fuoco alla sua cella, salvato dagli agenti

 

Il Tirreno, 27 novembre 2009

 

Ha preso alcuni vestiti, li ha sistemati sopra il materasso e ha appiccato il fuoco con l’accendino. In pochi istanti la cella di Daniele Torri, 44 anni, arrestato lunedì scorso con l’accusa di lesioni e maltrattamenti in famiglia, si è riempita di fumo.

Il detenuto è stato salvato da un paio di agenti della polizia penitenziaria e trasferito in un’altra struttura dopo l’udienza di convalida di ieri. Ancora non è chiaro se il detenuto avesse intenzione di togliersi la vita o solo di mettere in scena un gesto dimostrativo per attirare l’attenzione di inquirenti e medici. Fatto sta che il tentativo di dare fuoco alla cella o sé stesso ha fatto accelerare le pratiche dell’iter processuale.

La convalida del caso Torri, infatti, era in agenda al tribunale di Grosseto per questa mattina alle 10.30. Il gesto di martedì notte ha costretto l’ufficio del gip ad accelerare i tempi. Così ieri mattina, pm, avvocato e indagato si sono ritrovati davanti al giudice per discutere la convalida in seguito all’arresto di lunedì con 24 ore di anticipo. Al termine dell’udienza il giudice Marco Mezzaluna ha convalidato l’arresto e ha disposto il trasferimento del detenuto in una struttura adeguata. "A breve - spiega l’avvocato difensore Gabriella Sartiani - chiederemo l’incidente probatorio per verificare le condizioni psicologiche del mio assistito".

L’uomo, è stato arrestato lunedì scorso dai carabinieri di Magliano in Toscana, dove vive, con l’accusa di maltrattamenti e violenze in famiglia. Contro di lui, il pubblico ministero Giuseppe Coniglio ha raccolto diversi episodi in cui avrebbe usato le mani nei confronti dei parenti, l’ultima volta il 10 novembre scorso.

Trasferito nel carcere grossetano di via Saffi, nei primi due giorni di permanenza Torri non avrebbe dato segni di squilibrio anche se gli stessi agenti avevano deciso di sistemarlo in una cella singola. Martedì notte, invece, l’uomo, quando è rimasto da solo ha preso l’accendino che non aveva con sé. Poteva tenerlo?

Dalla ricostruzione degli stessi agenti della penitenziaria, sembra che il detenuto prima di dare fuoco ad alcune magliette avesse cercato d incendiare il materasso senza sapere che sono fatti con materiale ignifugo e quindi è impossibile che prendano fuoco. A questo punto ha preso alcuni capi d’abbigliamento che aveva con sé e ha acceso il rogo in mezzo alla stanza. Lo salvato dalle fiamme due agenti che lo hanno trasferito in infermeria per alcuni accertamenti.

Napoli: Rita Bernardini alla Giornata per la legalità della pena

 

Velino, 27 novembre 2009

 

La deputata radicale Rita Bernardini, membro della commissione Giustizia, aderisce alla mobilitazione dell’Unione Camere Penali Italiane e domani, sabato 28 novembre, sarà a Napoli per partecipare alla "Giornata per la legalità della pena", promossa dalla Camera Penale di Napoli e dal "Carcere Possibile Onlus".

Lo rende noto un comunicato stampa dei Radicali. Mentre arriva a 74 il numero di parlamentari del Pd, del Pdl, dell’Udc, dell’Idv e del Gruppo Misto, che hanno sottoscritto la mozione sulle carceri promossa dai deputati Radicali nel gruppo del Pd, prosegue l’iniziativa nonviolenta intrapresa dai Radicali affinché la mozione venga calendarizzata. Rita Bernardini, infatti, giunge oggi al nove giorno di sciopero della fame con i dirigenti e militanti Radicali Irene Testa, Claudia Sterzi, Annarita Digiorgio, Riccardo Magi e Luisa Simeone.

"Ci è giunta oggi da Sondrio la notizia di un nuovo suicidio di un detenuto che ieri si sarebbe impiccato con la cintura dell’accappatoio. Con questa - osserva Rita Bernardini - sono ben tre le morti che si sono consumate nelle nostre carceri comunicate nella giornata di ieri, undici nel mese di novembre e 159 dall’inizio dell’anno: uno stillicidio di "evasioni da una vita insopportabile", drammatico e intollerabile.

E intollerabile è anche l’immobilismo del governo che non risponde alle interrogazioni, nega le cause reali di questa situazione e annuncia "piani carcere" che, se mai fossero realizzati, darebbero risposte di maggiori spazi di vivibilità fra tre anni quando la popolazione dei detenuti, seguendo i ritmi attuali, sarà giunta alla soglia dei centomila ristretti. Così si volta la faccia alle soluzioni che sono necessarie e possibili oggi. Quello di cui ha bisogno l’intera comunità penitenziaria per uscire dall’incostituzionalità e dal suo insopportabile stato di sofferenza è subito un’amnistia legale contro l’amnistia di classe che vede ogni anno cadere in prescrizione circa 200mila processi e poi - conclude Bernardini - una radicale riforma delle carceri che includa la depenalizzazione dei reati meno gravi e l’estensione delle misure alternative, proprio come previsto dalla mozione parlamentare".

Gorizia: il carcere è da ristrutturare, ma serve verifica sui costi

 

Messaggero Veneto, 27 novembre 2009

 

"La situazione richiede interventi rapidi, non possiamo attendere decenni prima di dare una risposta seria e concreta al problema perché, in tal caso, ci troveremmo senz’altro con il carcere chiuso". Nuova offensiva del segretario provinciale della Cils-Funzione pubblica, Massimo Bevilacqua, sulla necessità di trovare un’alternativa alla casa circondariale di via Barzellini. Il sindacalista annuncia che, a breve, in sinergia con il colleghi della Cisl-Fns, organizzerà un sopralluogo nel carcere alla presenza di un pool di tecnici "per verificare i possibili costi per il recupero della seconda sezione carceraria, oggi chiusa, che consentirebbe, se adeguatamente ristrutturata, di ospitare un’altra trentina di detenuti. Vogliamo capire - spiega Bevilacqua - se con una spesa contenuta si possa risolvere un problema che si trascina ormai da troppi anni e che non può aspettare ancora". In sostanza, secondo l’esponente della Cisl, "al momento attuale la strada più veloce e maggiormente percorribile appare quella della ristrutturazione dell’attuale carcere, sia per il fatto che i costi dovrebbero essere decisamente inferiori, rispetto alla costruzione di uno nuovo, sia perché i tempi per la concretizzazione di quest’ultimo progetto saranno senz’altro lunghissimi. Bisogna pensare che non soltanto non è stato ancora individuato il sito, ma che neppure sono state stanziate le risorse economiche e, quindi, anche partendo adesso, cosa che non è, ci vorranno perlomeno dieci anni prima d’inaugurarlo".

Un periodo di tempo che non è assolutamente compatibile con la situazione attuale del carcere di via Barzellini, il cui degrado, come detto tante volte, ha raggiunto livelli elevatissimi, al punto che è rimasta attiva solamente una sezione della struttura, che può ospitare al massimo 25-30 detenuti. "Per questo riteniamo che l’operazione più logica, al momento, sia quella di ristrutturare la seconda sezione, al primo piano, e di risistemare complessivamente l’attuale casa circondariale, in modo tale da rendere "vivibile" la struttura sia per gli operatori sia per i detenuti".

La Cisl, dunque, rompe gli indugi e decide di muoversi in prima persona per dare un contributo alla soluzione del problema. Peraltro, va ricordato, che a "tifare" per la ristrutturazione è anche lo stesso sindaco, Ettore Romoli, il quale ha dichiarato che "sarebbe la soluzione maggiormente percorribile considerando che le risorse pubbliche sono quello che sono". Aveva anche lanciato l’idea di un possibile allargamento del carcere di via Barzellini, verso l’area in cui si trova un altro edificio diroccato, l’ex scuola di via Barzellini.

"Un inglobamento nel complesso carcerario di questi terreni e della nuova struttura che si potrebbe ricavare dalla sistemazione dell’ex scuola - questo il pensiero del sindaco - consentirebbe anche un ulteriore allargamento degli spazi, con il miglioramento della situazione, per ciò che concerne quest’aspetto". Oltre alla ristrutturazione della seconda sezione, al primo piano, Bevilacqua chiede anche un miglioramento della qualità della vita per gli stessi detenuti. "La serra che era stata attivata grazie all’interessamento di don Alberto De Nadai è stata demolita - evidenzia - e anche il cortile è in condizioni pietose. Altro che recupero e reinserimento dei detenuti: qui siamo di fronte all’abbandono totale".

Russia: direttore carceri ammette colpe per morte di magnate

 

Agi, 27 novembre 2009

 

Il servizio carcerario russo ha ammesso le proprie responsabilità nella morte di Sergei Magnitsky, magnate del fondo Hermitage in custodia cautelare per frode fiscale. Alexander Smirnov, vice direttore del dipartimento penitenziario russo, ha riconosciuto che l’aver sottovalutato il malore del detenuto "è stato un deplorevole incidente che macchia in modo pesante l’intero lavoro del sistema giudiziario" e ha assicurato che "in nessun modo si cercherà di sminuire le responsabilità che senza dubbio esistono". Magnitsky è morto la settimana scorsa per una crisi cardiaca nel penitenziario di Matrosskaya Tishina. Aveva chiesto aiuto, ma le guardie lo avevano ignorato.

Germania: evadono due pericolosi criminali, è caccia all’uomo

 

Agi, 27 novembre 2009

 

La polizia tedesca ha scatenato una gigantesca caccia all’uomo contro due pericolosi criminali armati che nella notte sono fuggiti dal penitenziario di Aquisgrana, alla frontiera con il Belgio. I due, che hanno 50 e 46 anni, erano in carcere per omicidio e sequestro e sono considerati altamente pericolosi. Dopo aver sopraffatto un secondino e un guardiano notturno, la coppia di malviventi si è impossessata delle loro armi. Lasciato il carcere, hanno sequestrato un taxi e obbligato il conducente a portarli a Kerpen, vicino alla frontiera con il Belgio, dove hanno obbligato il tassista a salire con loro su un altri taxi e portarli a Colonia.

Lì hanno lasciato i due tassisti e continuato a piedi, inoltrandosi nel centro pedonale della città. La polizia ha circondato la zona e aumentato le misure di sicurezza anche in vari altri punti della Germania, ma non esclude che possano essere già arrivati in altri Paesi. Il penitenziario da cui i due sono fuggiti è considerato uno dei più moderni d’Europa e ospita circa 800 detenuti.

 

 

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