Rassegna stampa 27 marzo

 

Giustizia: 61mila detenuti e solo 15mila in misura alternativa

di Danilo Paolini

 

Avvenire, 27 marzo 2009

 

La pena dovrebbe consistere nella privazione della libertà per il periodo di tempo stabilito dal giudice, ma nelle 206 carceri italiane si sconta anche una serie di pene accessorie non previste dal codice, lesive della dignità umana.

E della Costituzione, come ha osservato il ministro della Giustizia Angelino Alfano, perché l’articolo 27 sancisce che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità". Al bando ogni buonismo di maniera, parlano i numeri: l’ultimo riepilogo nazionale del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria (Dap) riferisce di 61mila detenuti, a fronte di una capienza regolamentare complessiva di 43.169 e di un limite tollerabile di 63.623. Raggiungere e sfondare quel limite è ormai questione di giorni.

"L’andamento dei flussi fa prevedere che già entro la fine di questa settimana saremo a quota 61mila", avverte Leo Beneduci, segretario del sindacato di polizia penitenziaria Osapp. Al sovraffollamento vanno ad aggiungersi annose carenze strutturali, organizzative e di personale: mancano lo spazio, gli agenti, gli psicologi, i mediatori culturali per gli stranieri (che sono più di un terzo dell’intera popolazione carceraria), gli educatori.

I governi che si sono succeduti negli ultimi anni ne sono consapevoli. Nell’estate 2006 si tentò la strada dell’indulto, che portò alla liberazione di circa 26mila dei 60mila reclusi di allora, ma già nei primissimi giorni del 2008 il direttore del Dap Ettore Ferrara fu costretto a riconoscere che l’effetto dello sconto generalizzato di pena era svanito.

E ammonì: "La situazione sta diventando irrecuperabile, c’è un rubinetto aperto che allaga la casa e tutti guardano senza intervenire". Il rubinetto ha continuato a gocciolare e oggi siamo da capo. L’attuale esecutivo ha assicurato che non intende stare a guardare e due mesi fa ha varato, con un emendamento al decreto milleproroghe, un ambizioso piano carceri che prevede la costruzione di nuovi istituti e la ristrutturazione di quelli esistenti per realizzare 17mila ulteriori posti letto.

Per accelerare i tempi è stato nominato un commissario straordinario, il neo-direttore del Dap Franco Ionta, che entro maggio dovrà indicare dove e come costruire. I fondi necessari arriveranno dalla Cassa delle ammende (oltre 150 milioni di euro, che sarebbero stati destinati a progetti di reinserimento dei detenuti) e da investimenti di imprese private che, in cambio, riscuoteranno un canone dall’amministrazione penitenziaria. Il commissario straordinario avrà inoltre poteri speciali per accelerare l’edificazione e la ristrutturazione.

Ma l’aspetto più innovativo del piano riguarda lo sdoppiamento dei circuiti carcerari, ha spiegato Ionta: ci saranno prigioni "pesanti" per "detenuti particolarmente pericolosi, che hanno commesso crimini con violenza", e "leggere" per "coloro che sono considerati a bassa pericolosità".

I primi saranno ovviamente sottoposti a "misure di sicurezza particolarmente elevate", per gli altri invece - ha aggiunto il direttore del Dap - "si apriranno di più gli spazi di socialità, facendo sì che la cella diventi solo un luogo di riposo". Le carceri "leggere", riservate soprattutto a detenuti in attesa di giudizio per reati meno gravi, potranno anche essere stabili prefabbricati che è possibile impiantare in 8-10 mesi. Nel frattempo, però, la situazione si fa ogni giorno più grave.

La scorsa settimana i senatori Salvo Fleres (Popolo della libertà) e Pietro Marcenaro (Partito democratico) hanno visitato i penitenziari siciliani, constatando problemi di ogni tipo: a Favignana le celle si trovano 7 metri sotto il livello del mare e non hanno finestre; a Catania in pochi metri quadri stanno fino a 13 persone, alcune costrette a dormire in terra per mancanza dei letti; a Palermo quasi non esistono le attività rieducative.

Mali comuni a gran parte delle carceri, da Nord a Sud. A Torino, nella Casa Circondariale Lorusso Cotugno - ha reso noto l’Osapp -, i reclusi sono 1.600 mentre la capienza sarebbe di 923, così molti dormono su materassi sistemati sul pavimento della palestra. Bisogna tener conto, tra l’altro, che oltre 38mila dei 60mila carcerati sono ancora in attesa di giudizio. Quindi, stando alla Costituzione, sono da considerare "non colpevoli" fino alla condanna definitiva. Tutti però, imputati e condannati, scontano ingiustamente le già citate "pene accessorie" non scritte.

In un quadro del genere, la rieducazione (prevista dalla "solita" Carta costituzionale) è solo un miraggio: troppo pochi quelli che in carcere lavorano o studiano. È di questi giorni l’allarme del Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni: "In tutte le carceri della regione diminuiscono le ore retribuite per i detenuti lavoranti".

E le misure alternative al carcere coinvolgono meno di 15mila persone: poco più di 8mila affidate in prova ai servizi sociali, 1.500 in semilibertà, 4.800 in detenzione domiciliare. Troppo spesso pure il diritto alla salute resta sulla carta. E il disagio sfocia in tragedia: Giuliano D., il ventiquattrenne con problemi psichici che si è suicidato tre giorni fa nel carcere di Velletri, non rappresenta purtroppo un caso raro.

Giustizia: manca tutto, intervenire subito o vedremo il peggio

di Nello Scavo

 

Avvenire, 27 marzo 2009

 

Enrico Sbriglia, Segretario del Sindacato Direttori Penitenziari: l’organico della polizia è insufficiente, ma servono anche educatori. E soprattutto si devono fare lavorare i condannati, perché non delinquano più.

Lo diciamo da tempo e lo ribadiamo adesso, superata la soglia dei 60mila detenuti. Non si può più stare a guardare, Cigni mancato intervento è destinato a tradursi in fatti di cronaca nera, destabilizzando ulteriormente il diritto alla sicurezza". Enrico Sbriglia, direttore della Casa Circondariale di Trieste, parla di vera emergenza. Per il Segretario Nazionale del Sindacato dei direttori e dirigenti penitenziari (Sidipe), nonché responsabile della sezione Sicurezza e Diritti Umani dell’Istituto Internazionale di Studi sui Diritti dell’Uomo di Trieste (riconosciuto dall’Unesco), bisogna agire subito.

 

Su quali fronti intervenire?

Servono nuove carceri, certo. Ma intanto il personale di polizia penitenziaria in servizio è insufficiente e mal distribuito sul territorio, per non parlare della paurosa carenza di altri operatori, come gli educatori. L’assenza di reali interventi la registriamo quotidianamente, così come assistiamo al tentativo di un progressivo "sganciamento" dalle carceri da parte della polizia penitenziaria. Prima della "cura Brunetta" rilevavamo allarmanti punte di assenteismo per malattia, fenomeno che probabilmente nasconde la frustrazione e il profondo disagio degli agenti. Superata la prima fase, comincia a rifiorire la stagione dei malanni, segno di un malessere che deve preoccupare.

 

Che cosa bisogna fare per rimettere in piedi il sistema?

A pochi sembra interessare che in carceri prive di sufficienti poliziotti ed operatori inevitabilmente si favoriranno le organizzazioni criminali, le quali saranno messe nelle migliori condizioni di ricostruire le proprie file. Percepisco però che il governo sta ponendo la massima attenzione sul problema, una soluzione "secca" e risolutiva non c’è, deve esserci invece il coraggio di sperimentare strumenti nuovi e innovativi.

 

Quali?

Carceri da costruire con rapidità grazie al project financing, modificare alcune norme della legge penitenziaria in senso più ragionevole, soprattutto se si tratti di favorire misure alternative rivolte a detenuti tossicodipendenti che accettino strutturati programmi di trattamento; introdurre i braccialetti elettronici quale misura che rafforza la sorveglianza in ambito esterno per persone che comunque sarebbero poste in semilibertà, al fine di "economizzare" in controlli di polizia; e poi obbligare i Comuni a riaprire quelle che una volta erano le cosiddette "Case Mandamentali", dove venivano espiate pene brevissime, onde consentire una maggiore possibilità di applicare misure alternative.

 

L’esigenza di sicurezza espressa dai cittadini è però reale. Forse un certo "buonismo" e stato controproducente?

Non bisogna cedere né agli eccessi del "perdonismo" né agli spasmi nervosi del "securitarismo". Nelle carceri possiamo immaginare quante più attività culturali vogliamo, dal teatro ai cineforum al costante arricchimento delle biblioteche, ma quello che i detenuti chiedono veramente è di poter lavorare. Più che a pene alternative, mi piacerebbe pensare a pene "operose": apprendere un mestiere, guadagnare dalla propria fatica, poter contribuire al sostentamento delle famiglie lontane e potersi permettere una difesa legale adeguata. Questo sì che darebbe risultati immediati. Laddove ciò è stato possibile quasi mai i detenuti ritornati in libertà sono rientrati nei circuiti delinquenziali. Al contrario, così com’è, il carcere alimenta la criminalità, perché quelle che vengono scarcerate spesso non sono persone "rieducate" ai diritti e doveri di cittadinanza.

Giustizia: processi lenti; l’Italia è al 156mo posto su 181 Paesi

 

www.unita.it, 27 marzo 2009

 

Per la lentezza dei processi, l’Italia è al 156.mo posto su 181 paesi presi in considerazione dalla Banca Mondiale: nella graduatoria viene dopo Angola, Gabon, Guinea e Sao Tomè e precede Gibuti, Liberia, Sri Lanka e Trinidad.

Il dato ha suscitato lo sconcerto maggiore alla fine dello scorso gennaio in occasione dell’ apertura dell’Anno Giudiziario e giustifica gli allarmi - l’ultimo dei quali è di oggi - lanciati a ripetizione dal Consiglio d’Europa. Nel descrivere le cifre del disastro della Giustizia, il primo presidente della Cassazione Vincenzo Carbone spiegò che la classifica internazionale più attendibile sui tempi dei processi non era da ricercare in studi giuridici ma proprio nel rapporto Doing Business che la World Bank stila per fornire indicazioni alle imprese sui Paesi in cui è più vantaggioso investire. In Italia - stando allo studio - un processo civile dura in media 1.210 giorni; in Germania, che è al nono posto, 394 giorni. La Francia è al decimo con 331 giorni; il Regno Unito al 24/mo con 404 giorni; la Spagna al 54/mo con 515 giorni.

Nel Sud Italia ancora più lenti - Nel Nord Ovest una causa di lavoro dura (in primo grado) 369 giorni, nel Nord Est 609, nel Centro 591 e nel Sud 1031.

Indennizzi - Nel 2008 sono costati più 32 milioni di euro all’erario dello Stato i risarcimenti ai cittadini per la lentezza dei processi, in base alla legge Pinto.

Napoli capitale dei ritardi, Brescia virtuosa - Il capoluogo campano conduce la classifica dei tribunali più lenti: 11 mila le richieste di ‘indennizzò. Segue Roma con 3992, Potenza con 2149, Venezia con 1474, Salerno e Firenze con 1100, Catanzaro con 894, Genova con 793, Catania con 694, Ancona con 666, Milano con 661. Brescia - fanalino di coda in positivo con 561.

Durata media processo in cassazione - È di 1.140 giorni nel settore civile, 990 se dal calcolo si escludono le cause fiscali. Nel penale si aspettano 266 giorni.

Ricorsi alla corte europea per i diritti umani - Dai dati forniti alla fine di gennaio dal presidente, Jean Paul, per l’Italia le cause pendenti sono 4.200 (2.600 relative ai processi-lumaca) contro le 2.500 della Germania e le 1.289 della Gran Bretagna. Nel 2008 la lentezza dei processi è stata la causa di 51 delle 82 condanne inflitte dalla Corte all’Italia.

Ogni giorno rinviati 7 processi su dieci - Il dato, emerso da un rapporto sul processo penale pubblicato nel settembre scorso dall’ Eurispes, si riferisce ai motivi più vari: assenza del giudice titolare (12,4%), notifica all’imputato omessa o sbagliata (9,4), problemi tecnico-logistici (6,8), esigenze difensive (6,6), assenza del difensore (5).

Giustizia: Alfano; nostra riforma darà processi rapidi e giusti

 

www.giustizia.it, 27 marzo 2009

 

"L’Europa ha ragione, ha detto ciò che noi diciamo da dieci mesi. Per questo motivo, abbiamo cominciato con la riforma del processo civile e ci battiamo perché l’informatizzazione diventi la leva dell’efficienza e la regola di comunicazione nell’ambito del processo". Lo afferma il ministro della Giustizia Angelino Alfano in merito alla nota del Consiglio di Europa sulla durata dei processi.

"Il Consiglio di Europa - continua il Guardasigilli - incoraggia le autorità italiane a proseguire lungo la strada già intrapresa e dà atto al nostro governo dei notevoli sforzi compiuti con le leggi relative ai progetti di riforma dei codici di procedura civile e penale. Nell’ottica di questi precisi obiettivi, attueremo una importantissima opera di digitalizzazione, puniremo le parti che giocano a rallentare i tempi del giudizio, favoriremo la mediazione per evitare che tutto vada al contenzioso e siamo fiduciosi di riuscire a ottenere un processo giusto e rapido.

Occorreranno, quindi, soluzioni non solo per velocizzare i processi che nascono, ma anche l’immane carico di arretrato che, come uno zaino di piombo, grava sulle spalle della giustizia italiana. Peraltro, con riferimento alle indicazioni del Consiglio di Europa sulla cosiddetta legge Pinto, va sottolineato che il problema è stato già affrontato dal governo italiano che ha previsto una nuova disciplina all’interno del disegno di legge di riforma del processo penale".

"Siamo dunque lieti - conclude Alfano - dell’incoraggiamento che proviene dall’Europa, che conferma sia la nostra diagnosi sullo stato della giustizia italiana che la nostra terapia e andremo in Europa a spiegare i contenuti delle nostre riforme".

Giustizia: Roma; la cronaca dell’ennesimo errore giudiziario

di Fulvio Conti

 

www.radiocarcere.com, 27 marzo 2009

 

Cronaca di un ennesimo errore giudiziario. La storia di un altra ingiusta detenzione. Roma, 1 gennaio 2009, Gaia denuncia di essere stata violentata alla festa "Amore 09" alla Fiera di Roma. La vittima, sconvolta per la violenza e le percosse subite all’interno del bagno chimico non ricorda, si contraddice, cambia versione.

Il 23 gennaio, Davide F., ventiduenne panettiere di Fiumicino, si costituisce in questura. Il Gip decide la convalida del fermo e la concessione degli arresti domiciliari. Una decisione non condivisa dal Sindaco di Roma: "i domiciliari vengano revocati", dichiara. Il Ministro della Giustizia dispone accertamenti ispettivi: "ho immediatamente dato incarico al mio ufficio ispettivo di verificare la piena regolarità della decisione assunta".

Il 16 marzo Davide F., a seguito del così detto decreto legge "antistupri" emesso dal governo dopo l’indignazione per la concessione degli arresti domiciliari, viene condotto in carcere.

Il 21 marzo Davide F. torna in libertà. Nell’ordinanza con la quale ha revocato la custodia cautelare in carcere al ragazzo, il Gip non esclude che "la versione dei fatti di Davide F. sia vera" e "trova molti riscontri" mentre reputa "poco attendibili" le dichiarazioni della vittima e che "le lesioni più gravi non fossero volute, ma siano state invece frutto di un gesto violento, compiuto durante un rapporto consensuale, per un moto di rabbia e sotto l’effetto di sostanze stupefacenti ed alcoliche che rendevano lo stesso Davide F. poco in grado anche di valutare gli effetti del gesto".

Giustizia: stupro Caffarella, la scarcerazione anche per Loyos

 

Reuters, 27 marzo 2009

 

Il Tribunale del Riesame di Roma ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per Alexandru Isztoika Loyos, il romeno detenuto con l’accusa di calunnia e auto calunnia nell’ambito delle indagini sull’aggressione ai danni di due fidanzati adolescenti avvenuto a febbraio al parco della Caffarella, a Roma. Lo hanno riferito oggi fonti giudiziarie precisando che Loyos potrà lasciare il carcere.

Lo scorso 14 febbraio la coppia di fidanzati adolescenti era sta aggredita al parco romano della Caffarella e la ragazza, 15 anni, era stata violentata in una vicenda che ha attirato l’attenzione dei media e del mondo della politica. A pochi giorni dall’aggressione lo stesso Loyos e un altro romeno Karol Racz, erano stati arrestati con l’accusa di aver commesso la violenza e da allora sono rimasti in carcere.

I test del Dna sui campioni prelevati a Racz e Loyos nell’ambito delle indagini erano risultati negativi. La scarcerazione di Loyos segue quella di Racz avvenuta lunedì scorso. La settimana scorsa nell’ambito delle indagini sul caso sono stati arrestati due romeni, Alexandru Jean Jonut e Gavrila Oltean, 18 e 27 anni, che pochi giorni dopo hanno confessato il crimine.

Giustizia: Luciano, 59 anni, diventato cieco per una condanna

 

www.radiocarcere.com, 27 marzo 2009

 

Luciano ha 59 anni. È stato portato in carcere per un reato di 15 anni fa. Ma non basta. Luciano era malato di diabete. Una malattia che richiede la somministrazione dell’insulina, una dieta specifica e controlli giornalieri della glicemia. Quando era libero Luciano, nonostante il diabete, è riuscito sempre a stare bene. Portato in carcere Luciano non viene adeguatamente curato. La sua glicemia sale alle stelle. Il diabete gli fa gonfiare le gambe e, soprattutto, attacca la vista.

Giorno dopo giorno, mese dopo mese, Luciano vede sempre meno. La sua vista si indebolisce a tal punto, che Luciano ha bisogno di essere accompagnato da qualcuno per andare all’ora d’aria o, semplicemente, in bagno. Luciano vede prima figure appannate e poi solo ombre. Il medico del carcere alla fine visita Luciano e dispone un intervento chirurgico agli occhi. Ma è troppo tardi. Luciano è ormai completamente cieco. Ora Luciano è libero. Ha scontato la sua pena, ma è una persona non vedente. Luciano è diventato cieco per una condanna.

Giustizia: dalle Camere Penali; ecco le ragioni dell’astensione

di Renato Borzone

 

www.radiocarcere.com, 27 marzo 2009

 

L’astensione dalle udienze dei penalisti italiani è l’inevitabile iniziativa diretta a denunciare alla pubblica opinione l’immobilismo della politica sul piano delle riforme organiche della giustizia ed il suo pericoloso ed inutile iperattivismo sui temi della sicurezza.

Su questi ultimi è dalla scorsa estate che l’Unione delle Camere Penali denuncia pubblicamente il rischio di provvedimenti demagogici, diretti a gettare fumo negli occhi dei cittadini: ampliamento delle ipotesi di cattura obbligatoria in violazione della presunzione d’innocenza e sottraendo ogni discrezionalità al magistrato; estensione dei "doppi binari processuali" per categorie di imputati; limitazione dei benefici penitenziari; istigazioni alla delazione processuale; abuso dell’incidente probatorio per ritornare a principi inquisitori, fino alla introduzione delle "ronde" e addirittura alla proposta di limitare i colloqui dei legali in carcere, assecondando la cultura che vede nell’avvocato il favoreggiatore del proprio cliente.

I guasti di questa deriva sono visibili a tutti e si producono, purtroppo, nell’assordante silenzio della magistratura associata, che in un comunicato di ieri arriva persino a nascondere e a distorcere le ragioni della protesta dei penalisti per non assumere una posizione chiara sui provvedimenti in discussione in Parlamento.

Si riproduce dunque la dinamica già vista di una classe politica subordinata alla magistratura associata e succube della sua politica del "tanto peggio, tanto meglio". Rivive quella parte di Anm chiusa ad ogni dialogo riformatore e manifestamente schierata per conservare l’esistente, compresa la struttura di un ordinamento giudiziario ancora fondato sulla concezione, propria dello stato etico, che considera l’accusare ed il giudicare come sottofunzioni di un’unica funzione giudiziaria.

È ambiguo il tenore degli slogan di una parte dell’Anm; invocare l’efficienza disinteressandosi della qualità significa soltanto patrocinare "efficientismo" fine a sé stesso e processi esemplari: un buon viatico verso l’autoritarismo giudiziario, di cui offrono qualche esempio, anche sul campo, alcune delle vicende giudiziarie degli ultimi mesi.

La posta in gioco sulla quale l’astensione dell’avvocatura penale vuole richiamare la riflessione è chiara: è la scommessa di un "paese normale", in cui il Csm sia sottratto al ricatto delle correnti ed ai giochi di potere, la giurisdizione torni a guadagnare la propria nobiltà e la fiducia dei cittadini introducendo il giudice terzo preteso dalla Costituzione, ma soprattutto nel quale si marchi chiaramente una discontinuità con il passato.

Un passato in cui il potere della magistratura associata ha condizionato la politica (da qualunque schieramento rappresentata) fino al punto da discutere una pseudo riforma dell’ordinamento giudiziario quale quella approvata due anni fa alla stregua di un contratto collettivo di lavoro. Non è in ballo soltanto la riforma liberale e democratica della giustizia, ma anche l’assetto e l’equilibrio dei poteri di una democrazia di stampo occidentale. Prima che sia troppo tardi bisognerebbe comprenderlo.

Giustizia: gli Avvocati in "sciopero", duro scontro con l’Anm

di Riccardo Arena

 

www.radiocarcere.com, 27 marzo 2009

 

L’Unione Nazionale delle Camere Penali, preso atto della profonda crisi in cui versa la nostra Giustizia penale, ha proclamato in segno di protesta uno sciopero, o meglio, un’astensione dalle udienze. Un’astensione che durerà dal 30 marzo al 3 aprile.

Diversi e articolati sono i motivi che hanno indotto le Camere penali a questa ulteriore astensione.

Prima di tutto l’inerzia da parte del Governo nell’attuare una riforma organica della giustizia. Riforma che, secondo i penalisti, dovrebbe prevedere: "una modifica ordinamentale di carattere costituzionale basata sul principio della effettiva separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti; una riforma del Consiglio Superiore della Magistratura, sottraendolo ai giochi di corrente e all’influenza del sindacato della magistratura; un intervento sull’azione penale che, senza sacrificare il principio della sua obbligatorietà, la disciplinasse in modo da non assoggettarla all’arbitrio delle Procure della Repubblica; una riforma organica del codice di procedura penale che, mantenendo inalterata e sviluppando la struttura accusatoria del codice, ponesse fine alla strategia degli interventi disorganici e parziali, spesso fondati su contingenze emotive dettate dalle cronache giudiziarie".

Inoltre, l’Ucpi critica duramente gli interventi predisposti dal Governo in tema di sicurezza. In particolare le norme contenute nel decreto legge "antistupri". Norme che rendono obbligatoria la custodia cautelare in carcere per l’ipotesi di violenza sessuale.

Interventi legislativi che, secondo i penalisti sono: "inutili, propagandistici, finanche dannosi e, per giunta, connotati da caratteri illiberali". Nel comunicato dei penalisti, non mancano le critiche anche per l’opposizione, definita: "priva di stimoli riformatori, prigioniera della cultura del partito dei giudici e completamente appiattita sulle posizioni conservatrici dell’Associazione Nazionale Magistrati".

E proprio all’Anm, le Camere Penali lanciano un’ulteriore accusa, additandola di conservatorismo e di essere rimasta silente di fronte a certi provvedimento adottati dal Governo, come appunto quello relativo alla "sicurezza".

Immediata la replica della magistratura associata che in un comunicato precisa: "L’Anm ha sempre, e tempestivamente, fatto sentire la sua voce critica di fronte agli interventi disorganici, parziali e dettati da logiche di emergenza, che hanno caratterizzato l’iniziativa legislativa del governo".

Mentre sul fronte della riforma della Giustizia l’Anm sottolinea che: "Da tempo l’Associazione Nazionale Magistrati ha indicato la necessità e l’urgenza di una riforma organica del sistema penale che consenta di rendere effettivo il principio costituzionale della ragionevole durata del processo e ha chiesto all’avvocatura italiana di fornire il proprio contributo di esperienza e di conoscenze in questa direzione."

"Ma" - si legge nella nota - "la riforma che più sembra interessare l’Unione della Camere Penali Italiane è quella dei magistrati: separazione delle carriere; riforma del Consiglio Superiore della Magistratura; la revisione del principio di obbligatorietà dell’azione penale."

Nella replica dell’Anm non mancano ovviamente critiche all’astensione indetta dai penalisti. "Un ulteriore contributo allo sfascio della giustizia" viene definita. "L’ennesimo sciopero che provocherà il rinvio di migliaia di processi, costringerà le cancellerie a rinnovare le citazioni di tutte le parti del processo, imporrà la completa riorganizzazione dei ruoli di udienza dei tribunali."

Insomma, di fronte all’oggettivo sfascio della nostra amata giustizia, le due categorie più rappresentative di avvocati e magistrati litigano a suon di comunicati. Due fronti contrapposti che, invece di unirsi per il bene della giustizia, appaiono sempre più divisi e distanti.

Giustizia: sulla sicurezza stradale la "rivoluzione" si avvicina

 

Ansa, 27 marzo 2009

 

Fino a 15 anni di carcere, multe più salate e tanti nuovi limiti per i neopatentati. La rivoluzione si avvicina. Ieri il comitato ristretto della Commissione Trasporti ha licenziato all’unanimità il testo che prevede importanti modifiche al Codice della Strada con l’introduzione di norme più severe per chi guida sotto l’effetto di alcol e droga e per chi è principiante, multe più alte per chi non rispetta i limiti di velocità, nuove regole per le autoscuole e l’introduzione in via sperimentale della "scatola nera". Una serie di misure volte a contrastare la "piaga sociale" degli incidenti stradali, come l’ha definita il Ministro Altero Matteoli, che potrebbe essere recepita in un decreto urgente del governo.

Il testo ha visto tutti i membri della Commissione d’accordo anche perché le novità al vaglio rappresentano un approfondimento della proposta di legge che durante la scorsa legislatura era stata presentata dal capogruppo del Pd, Michele Meta, e che la Camera aveva approvato. Tuttavia, il procedimento non era mai stato portato a termine a causa dello scioglimento anticipato delle Camere. La ripresa della discussione prova che la sicurezza stradale è un argomento senza partito, sebbene l’attuale governo dimostri di avere le idee molto chiare in merito: quello di cui ha bisogno il paese è il pungo di ferro. Le novità infatti sono molte e per la maggior parte riguardano sanzioni più severe di quelle attuali. In particolare si parla di:

Lotta dura contro alcol e droga - Il testo prevede l’inasprimento delle attuali pene per chi guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti e introduce il divieto assoluto di bere alcolici (il "famoso" tasso alcolemico zero auspicato dalla Lega) per chi ha meno di 21 anni e chi è alla guida per lavoro (autisti e autotrasportatori). Inoltre, per chi è sorpreso a guidare con un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro o sotto l’effetto di droga il minimo di arresto sale dagli attuali tre mesi a sei mesi.

In alternativa al carcere è previsto l’affidamento ai servizi sociali per attività "preferibilmente nel campo dell’assistenza alle vittime della strada e alle loro famiglie". Inoltre, se si provoca un incidente che procura la morte di qualcuno ci sarà il ritiro immediato della patente, con una sua sospensione fino a quattro anni, e se il conducente è in stato di ebbrezza o drogato ci sarà, oltre al ritiro immediato della patente con una sospensione provvisoria fino a cinque anni, anche la revoca della licenza di guida con impossibilità di conseguirne una nuova prima di cinque anni, reclusione da tre a dieci anni (pena aumentata fino a 15 anni nel caso di morte di più persone) e dopo la sentenza di condanna, anche con condizionale, confisca penale del veicolo.

Multe più alte per chi guida "veloce" - Nel documento è prevista anche l’introduzione di multe più alte per l’eccesso di velocità. A titolo esemplificativo si parla di un aumento da 370 a 500 euro delle sanzioni minime per chi supera il limiti di oltre 40 km/h e meno di 60 km/h, e da 1.458 a 2.000 euro delle sanzioni massime. Con in aggiunta la sospensione della patente da tre a sei mesi. L’aumento previsto per la multa massima per chi supera i limiti di oltre 60 km/h può inoltre arrivare fino a 3.200 euro.

Più severità verso i neopatentati - I limiti alla guida di chi ha appena preso la patente potrebbero aumentare, così come la severità nelle autoscuole, che il governo vorrebbe riformare introducendo, tra gli altri, l’obbligo di esercitazioni pratiche anche di notte o sulle autostrade. Il testo prevede inoltre che, nel primo anno dal conseguimento della patente B, il divieto attuale di superare i 100 km/h in autostrada scenda a 90 km/h e quello per le strade extraurbane principali da 90 km/h a 70 km/h, mentre la potenza massima delle auto che potranno guidare i neopatentati sale da 50 a 55Kw/t. Un’altra novità potrebbe essere il foglio rosa a 17 anni, ovvero il permesso di guidare "accompagnati" per fare esperienza prima dei 18 anni; una pratica già in uso all’estero.

Altre possibili novità - Tra le altre possibili novità, segnaliamo anche l’introduzione sperimentale della "scatola nera", che servirebbe a ricostruire la dinamica di un incidente o la condotta di guida, e il rafforzamento di progetti di educazione stradale. Persino i criteri di ripartizione dei proventi delle multe potrebbero subire delle modifiche. Ad esempio, i soldi potrebbero essere destinati a interventi per la sicurezza stradale o al rafforzamento delle dotazioni alle forze dell’ordine. Se così sarà, in cima alla lista degli acquisti ci sarebbero anche le volanti.

Giustizia: noi psicologi carcerari, "precari stabili" da 34 anni

di Vanda Scarpelli e Paola Giannelli

 

www.atlantidemagazine.it, 27 marzo 2009

 

Oltre ai precari "normali" ricordiamo la realtà di una categoria di lavoratori precari… stabili. Sono gli psicologi penitenziari del settore Adulti e Minori che operano con contratti a termine presso il Ministero della Giustizia da 34 anni, in modo stabilmente precario.

In Umbria sono 16 (tra cui un criminologo) distribuiti nei quattro istituti Penitenziari, presso gli Uffici del Servizio Sociale e del Servizio Minorile. Una parte di essi, transitata dal 2003 al Ssn, svolge il Servizio Tossicodipendenti in modo tuttora precario. L’anno 2009 è iniziato con un provvedimento del ministero della Giustizia che taglia, fino a rendere inconsistente, il servizio psicologico in carcere e addirittura sospende quello destinato ai Minori.

Questo arreca un grave danno, sia a coloro che lavorano in condizioni di "inadempienza obbligata" a causa delle già scarse risorse, sia a servizi di fondamentale importanza perché finalizzati a dare valutazioni sulla personalità e/o pericolosità delle persone detenute e ad attivare processi psichici di riabilitazione. Poiché tali obiettivi sono legati, oltre al contenimento del disagio psichico e la gestione dei detenuti, alla riduzione della recidiva, svilire questi servizi non può non comportare serie ricadute su una reale tutela della sicurezza della collettività.

La continua riduzione delle ore (in media 30% in tutti gli istituti d’Italia, compresa la nostra regione, con una presenza per ciascun esperto che varia da 10 a 30 ore mensili!) ha portato il rapporto tra detenuti-operatori esperti a 1 su 854 rendendo impossibile un lavoro già complesso che riguarda sia le valutazioni sui soggetti che la loro assistenza.

A tale proposito va rilevato che, nella attuale fase di transizione dell’assistenza psicologica dal Ministero della Giustizia al SSN, si è creato un "vuoto" di assistenza, dato dalla impossibilità ad operare da parte di questi professionisti che l’hanno finora garantita e dovrebbero continuare a farlo. Non esistono peraltro, al momento, soluzioni alternative da parte delle aziende sanitarie e questo appare particolarmente allarmante data la richiesta del Ministero della Giustizia, di un monitoraggio straordinario atto a scongiurare gesti suicidari, com’è noto 21 volte più frequenti in carcere rispetto all’esterno.

Gli esperti, psicologi e criminologi, nel settore Adulti e Minori, hanno garantito per oltre trent’anni un servizio specialistico previsto dalla legge sull’Ordinamento Penitenziario, maturando nel tempo una preziosa ed insostituibile esperienza, offrendo una qualità di lavoro estremamente qualificato. Molti di noi sono stati i pionieri di un servizio che si è man mano affinato e strutturato intorno ai dettati della Legge Gozzini che rappresentano e custodiscono diritti di cui la Costituzione Italiana è garante.

La decisione di ridurre drasticamente gli interventi specialistici mirati all’osservazione e trattamento dei detenuti e dei soggetti in esecuzione penale esterna, è inaccettabile poiché alla luce di un contesto sociale di forte disagio, che invoca la certezza della pena e l’inasprimento delle pene, dovrebbe corrispondere un’azione più incisiva che faccia della detenzione un tempo e luogo di cambiamento e crescita della persona e prevenzione, non certo di rafforzamento del suo potenziale distruttivo. Dovrebbe altresì incrementare l’attenzione verso coloro che, adulti, ma soprattutto minori, usufruiscono delle misure alternative al carcere, per garantire il corretto andamento della misura stessa e la prevenzione della recidiva.

L’Amministrazione offre un accordo di lavoro, "unilaterale" perché privo di tutele: assistenza per malattie, contributi pensionistici, ferie, retribuzione dignitosa, continuità e stabilità del rapporto: una condizione insomma di estrema fragilità professionale che non tutela noi come lavoratori e professionisti, né tutela la professionalità e il servizio per gli utenti.

Penso che sia arrivato il momento che il lungo viaggio a fianco dell’amministrazione penitenziaria giunga ad una meta contrattuale in cui le due parti abbiano parità di ascolto e venga data attenzione alle persone, alla peculiarità e utilità sociale del lavoro che svolgono da 34 anni in questo delicato ambito della giustizia, riconoscimento e tutela a professionalità altamente specialistiche.

Chiediamo pertanto alla Dirigente del Prap e dell’Usm dell’Umbria, alla Regione, ai direttori degli Istituti Penitenziari di Perugia, Terni, Spoleto e Orvieto di farsi parte attiva al fine di contribuire a risolvere questa cronica situazione di precariato.

 

Vanda Scarpelli, per gli psicologi Umbria Adulti e Minori

Paola Giannelli, Fp Cgil Umbria

Giustizia: il Sidipe scrive ad Alfano; basta con incarichi esterni

 

Ansa, 27 marzo 2009

 

Enrico Sbriglia, segretario nazionale del Sindacato dei direttori e dirigenti penitenziari (Sidipe), ha scritto una lettera al ministro della Giustizia, Angiolino Alfano, per dire "basta" agli incarichi esterni nel settore penitenziario.

"Non si comprende perché - ha scritto Sbriglia - vengano chiamati degli esterni a ricoprire incarichi nell’amministrazione penitenziaria che spetterebbero ai dirigenti in organico molti dei quali sono ancora oggi privi d’incarico e funzione". Sbriglia ha ricordato che "tale situazione è potenzialmente idonea a determinare rilevanti danni economici ai colleghi che, quando sarà firmato il contratto, risulteranno essere stati, in questi anni, privi di formali incarichi di funzione, seppure provvisori". "Confidando nell’attenzione che il presidente del Dap vorrà riservare, con atti concreti, alla dirigenza penitenziaria - ha scritto Sbriglia - auspico che anche il ministro Alfano conforti, con atti d’indirizzo politico, la legge di riforma della dirigenza penitenziaria, fortemente voluta dal Centrodestra".

Lettere: i detenuti da varie carceri scrivono a Riccardo Arena

 

www.radiocarcere.com, 27 marzo 2009

 

Io che cerco di restare detenuto il più possibile. Caro Arena, sono un cittadino Polacco ed ho 40 anni. Da 4 anni mi trovo qui nel carcere di Civitavecchia. Un carcere in teoria grande, ma di cui è in funzione solo la metà. Di conseguenza viviamo in 3 detenuti dentro celle fatte per una sola persona. Come tutti i detenuti dormiamo su delle spugne e non su dei materassi, come tutti i detenuti siamo costretti a mangiare un vitto del carcere che è al limite della commestibilità, ma che, per chi non ha soldi, è l’unica fonte di cibo in carcere.

Ora è primavera, ma noi abbiamo passato un inverno terribile qui nel carcere di Civitavecchia. Non solo il freddo, ma anche la pioggia che si infiltrava nelle celle, creando delle piccole pozzanghere. Qui gli unici che sembrano volerci aiutare sono gli agenti… per il resto è l’indifferenza totale. In 4 anni non ho mai visto un educatore o un assistente sociale. Abbiamo anche dovuto smettere di andare a scuola. Il motivo? Non ci sono più gli insegnanti.

Insomma qui nel carcere di Civitavecchia ogni giorno è peggiore del precedente!

Quanto alla prospettiva del mio fine pena, beh dopo che mi sono separato da mia moglie non ho più una casa e una volta libero non saprei dove andare, così ho rinunciato ai giorni di liberazione anticipata, altrimenti sarei stato libero già il 24 febbraio, ma cosa me ne faccio della libertà senza una casa o un lavoro? Qui dentro almeno non mi viene la stupida idea di farla finita… ma fuori? Spero di poterti parlare presto a voce e non arrenderti mai, infatti come faremo noi detenuti senza Radiocarcere?

 

Jan, dal carcere di Civitavecchia

 

La nostra detenzione ad Alessandria. Cara Radiocarcere, ci siamo decisi a sottoscrivere così numerosi questa nostra lettera per farvi conoscere alcune problematiche che abbiamo qui nel carcere di Alessandria. Prima di tutto il magistrato di sorveglianza, che di fatto non da a nessun detenuto condannato in via definitiva la possibilità di ottenere una misura alternativa.

Spesso capita che, anche in presenza di relazioni positive dal carcere, questo magistrato rigetti le nostre richieste con le motivazioni più disparate. Sta di fatto che siamo quasi 200 i detenuti condannati in via definitiva e nessuno di noi ottiene misure alternative.

Così, anche se si parla tanto di reinserimento graduale del detenuto verso la libertà, accade che qui nel carcere di Alessandria si esce solo con il fine pena. Inoltre qui nel carcere di Alessandria non c’è per noi nessuna attività sportiva o ricreativa. C’è il campo sportivo ed anche una palestra ma di fatto non ce li fanno mai utilizzare. Infine vi volevamo segnalare che qui pur essendoci moltissimi detenuti definitivi, solo 30 detenuti posso lavorare. 30 su 200. Una mancanza grave di lavoro soprattutto per chi ha pene alte da espiare. Il lavoro, qui nel carcere di Alessandria invece di essere la regola per un condannato è un’eccezione. Speriamo nella diffusione di questa nostra lettera, affinché possiamo espiare la nostra condanna in modo utile e dignitoso.

 

60 persone detenute nel carcere San Michele di Alessandria

Sicilia: spazi adatti per incontro bambini con genitori detenuti

di Salvo Fleres (Garante dei diritti dei detenuti della Sicilia)

 

Comunicato stampa, 27 marzo 2009

 

Colloqui in carcere. Fleres: i minori devono coltivare con serenità la propria affettività con i genitori privati della libertà personale in ambienti neutri e con servizi idonei. Il senatore Salvo Fleres, Garante per i diritti dei detenuti in Sicilia, scrive al Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Franco Ionta per segnalare il problema dell’ingresso dei bambini in carcere per i colloqui con i propri genitori.

Fleres rileva che "nella maggior parte degli Istituti di pena aventi sede in Sicilia, l’entrata in carcere ed i colloqui, avvengono in ambienti in cui i bambini hanno l’esatta percezione di trovarsi in un "ambiente non bello", con tutto quello che ne consegue in termini psicologici e relazionali." Tale "situazione non è conforme alla normativa vigente e ai più recenti e autorevoli pronunciamenti pedagogici a tutela dell’infanzia e dei fanciulli.

Non tutte le carceri sono dotate di idonee aree o spazi verdi che diano la sensazione ai minori di non trovarsi all’interno di un luogo di detenzione". Fleres infine chiede a Ionta di: "esaminare la possibilità di emanare apposite disposizioni per attenuare o eliminare del tutto gli inconvenienti prospettati, predisponendo adeguati ed idonei spazi e servizi per i colloqui al fine di non determinare traumi e impatti negativi nei soggetti minori che devono coltivare con serenità la propria affettività con genitori privati della libertà personale.

Mantova: detenuti costretti a dormire per terra, è emergenza

 

La Gazzetta di Mantova, 27 marzo 2009

 

Detenuti pigiati come sardine, fino a dodici-tredici in celle che a malapena ne conterrebbero otto, costretti a dormire su un materasso steso sul pavimento perché non c’è più una branda disponibile e non ci sarebbe comunque lo spazio per sistemarla. E tra qualche settimana comincerà la stagione calda, le celle diventeranno dei forni e i detenuti dovranno fare i turni per respirare una boccata d’aria alla finestra. Così, assieme ai disagi, aumenterà il rischio sanitario.

É tornata l’emergenza sovraffollamento in via Poma: i detenuti sono 210, contro una massima capienza di 120-130 posti. "Una situazione tragica, se si pensa che non si vede una soluzione, né a breve né a lungo termine e le cose potrebbero peggiorare ancora" spiega Raffaele Donnarumma, sovrintendente della polizia penitenziaria e rappresentante sindacale per la Cisl.

Anche nell’estate di tre anni fa il carcere scoppiava, c’erano più di 190 detenuti. Finché il tanto discusso indulto aveva alleggerito la situazione. Ma che si trattasse solo di un provvedimento tampone, lo sapevano tutti. "Adesso il sovraffollamento è ancora peggio rispetto al periodo pre-indulto - sottolinea Donnarumma - ai problemi di disagio e di pericolo sanitario per i detenuti c’è anche un rischio per la sicurezza: abbiamo sette, al massimo otto agenti per turno.

Il che la mattina, quando è presente anche il personale degli uffici, è sostenibile. Ma se la sera scoppia una rissa? O anche solo un detenuto deve essere scortato in ospedale, come succede abbastanza spesso?". Secondo il rappresentante sindacale ci vorrebbero almeno dieci agenti di polizia penitenziaria per ogni turno. Ed è quello che è stato fatto presente in un recente incontro dei rappresentanti sindacali con il provveditore. La risposta? "Non possiamo mandare nuovi agenti". I tagli hanno colpito anche il ministero della giustizia. Il problema è che al momento non si vedono sbocchi.

Messina: carcere Gazzi; provincia chiede intervento ministero

di Emanuele Rigano

 

www.tempostretto.it, 27 marzo 2009

 

Approvata la mozione di Tonino Calabrò. Emendamento di Cerreti: "Si autorizzi una commissione ispettiva che si occupi di verificare le condizioni igienico-sanitarie".

Il consiglio provinciale ha approvato ieri in aula una mozione sulle condizioni del carcere di Gazzi, primo firmatario Tonino Calabrò (Democratici-Autonomisti). Il consigliere autonomista ha portato a conoscenza il consiglio della protesta dei detenuti, che per più giorni hanno battuto con decisione sulle inferriate, allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica e le Istituzioni rispetto alle gravi carenze della struttura. Al suo interno sono ospitati più di 400 detenuti (mentre la struttura ne può contenere circa la metà), tra i quali vi sono anche soggetti diversamente abili, per i quali i disagi descritti risultano certamente amplificati.

Nello specifico esisterebbero celle di dimensione 2 x 4 metri, occupate da sei o sette persone e "cubicoli" occupati da tre persone con letti a castello (ivi compresi i carenti servizi igienici). Al sovraffollamento si aggiungono le pessime condizioni igienico sanitarie, dovute alla presenza di servizi assolutamente inadeguati, senza opportuna suddivisione all’interno delle singole celle già piccole e anguste, oltre che come detto sovraffollate.

Da tempo inoltre, non vengono riparati gli impianti di riscaldamento e ciò comporta ulteriori problemi di salute agli abitanti del carcere. E nel periodo estivo non esistono impianti di climatizzazione. All’esterno della struttura non esiste un locale adeguato per l’attesa dei familiari che vi si recano per i colloqui con i congiunti e sono costretti ad attendere per ore sotto una tettoia in balia degli agenti atmosferici.

I disagi ambientali riportati, non riguardino soltanto coloro che sono reclusi all’interno della struttura, ma anche il personale impiegato che svolge giornalmente con spirito di abnegazione il proprio servizio. Per tutti questi motivi, Calabrò ha chiesto l’impegno dell’Amministrazione Provinciale, affinché si faccia portatrice del problema nei confronti dell’intera deputazione nazionale messinese. Inoltre si è chiesto al presidente della Provincia, di intervenire presso il Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, affinché venga messo approfonditamente conoscenza della problematica del carcere di "Gazzi" con le possibili e relative soluzioni di merito.

La mozione è stata approvata con due emendamenti. Il primo firmato Carlo Cerreti (capogruppo Mpa), che ha chiesto di impegnare Ricevuto ad attivarsi affinché venga autorizzata una commissione ispettiva che si occupi di verificare le condizioni igienico-sanitarie e le attività socio-riabilitative all’interno delle carceri presenti nella provincia Messinese, composta dai capigruppo consiliari del comune e della provincia di Messina, o suoi delegati.

Il secondo proposto da Francesco Andaloro (capogruppo Rifondazione), con il quale si chiede l’impegno a rendere fruibili i locali non utilizzati nel carcere di Gazzi e tutte le strutture ultimate da anni nel nostro Paese. Per l’Amministrazione provinciale ha risposto l’assessore ai rapporti con il consiglio Michele Bisignano, che ha informato l’aula di una serie di iniziative già avviate.

Tra queste, quella organizzata dall’assessore provinciale al Lavoro, Renato Fichera, in collaborazione con il Ministero della Giustizia-Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria Ufficio Esecuzione Penale esterna di Messina, Idea-lavoro ed Italia Lavoro, che il 29 aprile si confronteranno in un convegno sulle: "misure alternative a Messina-percorsi di reinserimento lavorativo". All’appuntamento parteciperà, tra gli altri, il Provveditore penitenziario generale per la Sicilia, Orazio Faramo, che farà anche visita alla Casa Circondariale di Gazzi per valutarne le condizioni. Prevista la presenza anche del senatore Salvo Fleres, garante dei detenuti per la Regione Sicilia.

Cagliari: al carcere minorile carenza organico agenti del 40%

di Cristiana Sarritzu

 

Sardegna Oggi, 27 marzo 2009

 

Sotto pressione da mesi gli agenti di Polizia penitenziaria dell’Istituto Penale Minorile di Quartucciu. Con carenze numeriche del 40%, su 47 agenti in organico 28 i presenti: nessun agente a sostituire chi è andato in pensione o è stato trasferito altrove. Le sollecitazioni del direttore Giuseppe Zoccheddu non hanno mai ricevuto risposta e gli agenti con ferie e giorni di riposo arretrati sono allo stremo. Tutto a posto invece sul lato del personale educativo e amministrativo.

Addio ferie e giorni di riposo. "Su quarantasette agenti in organico", esclama Giuseppe Zoccheddu, direttore dell’Istituto, "ne sono rimasti soltanto ventotto ". Sei mesi così. Si lavora nell’incertezza ."Ci sono giorni che non sappiamo se riusciremo a coprire i turni e a garantire le attività educative in programma". Il carcere minorile oggi ospita venti giovani per lo più extracomunitari, con culture e lingue diverse.

Per assicurare una convivenza armoniosa e il normale svolgimento delle attività finalizzate al recupero: giardinaggio, laboratorio di pelletteria, studio e teatro, deve essere presente un certo numero di agenti che, senza risposo e ferie adeguate rischia lo stress cronico. Aumentano le assenze per malattia, con conseguenti disagi per i detenuti. " Il personale", sottolinea il direttore, "si sta facendo in quattro per mantenere un normale equilibrio, non ci sono state risse, ma non siamo riusciti a garantire la continuità nelle attività quotidiane".

Quando la maggior parte del tempo si trascorre chiusi tra quattro mura, basta poco per mettere in crisi l’armonia di un gruppo tra l’altro così eterogeneo: non parlano la stessa lingua. "Gli agenti non possono permettersi di lavorare in condizioni di stress psico-fisico", ribadisce Zoccheddu, "in un carcere non si deve agire impulsivamente".

Secondo don Ettore Cannavera, cappellano del carcere minorile e fondatore della comunità di recupero La Collina per giovani adulti in misura detentiva alternativa al carcere, il personale di polizia penitenziaria, dovrebbe ricevere anche il sostegno psicologico di un esperto che consenta di elaborare i vissuti emotivi: un incontro di gruppo a cadenza mensile con un supervisore. "È la prassi da noi in comunità".

Il personale di polizia nelle carceri è sottoposto a continue tensioni, non può agire impulsivamente, e in un istituto penale per minori dove sono predominanti le finalità riabilitative, aumenta il senso di responsabilità. "Il corpo di polizia è sensibile e affronta i ragazzi con autorità paterna", osserva Lella Melis, presidente dell’associazione di volontariato Oltre le Sbarre. Non mancano però, a differenza degli istituti penali per adulti, educatori e psicologi. Cinque gli educatori disponibili e venti i minori tutti di sesso maschile, sottoposti a misure restrittive nell’Istituto di Quartucciu.

Udine: convegno con Massimo Pavarini; "reinserire è arduo"

 

Messaggero Veneto, 27 marzo 2009

 

Reinserimento? Inclusione? Carcere buono? Detenuti che "arricchiscono" umanamente quelli che stanno fuori? Non la pensa proprio così Massimo Pavarini, ordinario di Diritto penitenziario e di Istituzioni di diritto penale della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna, intervenuto all’incontro al Visionario.

In verità, prima del suo intervento, qualche dubbio era stato espresso anche dal direttore del carcere di Udine, Macrí: "Non so - aveva detto - fino a che punto possiamo portare avanti i progetti sul reinserimento, visto che, purtroppo, c’è una forte recidiva". Pavarini ha tenuto un intervento controcorrente rispetto al politically correct: "I detenuti purtroppo sono segnati da deficit, quali il basso livello di istruzione, la scarsa cultura, la mancanza di formazione professionale. Ora, non basta ridurre i deficit per fare inclusione sociale. Questa è da annoverare fra le pietose bugie, in questo modo non si include nessuno".

I dati sembrerebbero confermare che in buona parte dei casi non c’è reinserimento: ammonta, infatti, all’86 per cento il tasso di recidività. Il professore, che da trent’anni frequenta il sistema carcerario, ha manifestato dunque qualche dubbio sull’efficacia anche dei salvagenti lavorativi: "Forse, se potessi scegliere, lancerei qualche salvagente ad altri che non trovano lavoro prima che ai detenuti". Il docente ha, dunque, un po’ riportato tutti all’amara realtà ricordando che "viviamo in un sistema punitivo: il sistema penale, per definizione, non include, ma esclude. Il diritto penale è lo strumento di conservazione della realtà.

Possiamo limitare, contenere la durezza del diritto penale, ma c’è. Come società civile diamo mandato al diritto, ai giudici, all’amministrazione penale, di punire i delinquenti". Pavarini non ha nascosto di pensarla sulla stessa linea del sociologo Durkheim: "Le cattive condotte vanno censurate. Perché la gente ha bisogno di conferme normative, ossia che il male va punito e il bene premiato. Sono elementi di coesione sociale, altrimenti il sistema salterebbe".

Udine: presentato "Evasioni!", film girato assieme ai detenuti

di Irene Giurovich

 

Messaggero Veneto, 27 marzo 2009

 

Doveva essere la panacea. La boccata d’ossigeno per far respirare le carceri. Ma l’effetto-indulto si è scontrato con la realtà: la casa circondariale di via Spalato è di nuovo tornata ai livelli numerici del pre-indulto. I detenuti sono 208 di cui oltre il 75 per cento è composto da stranieri.

"Dopo un anno siamo tornati come prima, se non peggio", è l’amaro responso del direttore Francesco Macrí, intervenuto all’incontro su Percorsi di reinserimento tra sicurezza e trattamento , promosso al Visionario dal Css, Teatro Stabile di innovazione del Fvg, in collaborazione con Provincia e Cec. I problemi di convivenza stritolano via Spalato. "In una camera in cui dovrebbero stare tre carcerati - ammette Macrí - siamo costretti a metterne anche sei, sette. Ci dispiace, ma non abbiamo alternative".

All’interno della Casa Circondariale operano due associazioni di volontariato, Icaro e Speranza , che tengono i contatti fra detenuti e mondo esterno e assistono in maniera complessiva la popolazione dietro le sbarre. I progetti pro-carcerati proliferano: da quelli promossi da Comune e Provincia a quelli finanziati dalla Regione con il cui contribuito si è potuto realizzare il cortometraggio, presentato al Visionario, Evasioni!, di cinquanta minuti: un laboratorio video-teatrale curato dal codirettore artistico del Css, Rita Maffei. "È stata portata avanti un’attività capillare di corsi e laboratori - ha spiegato Maffei - legati alla formazione e all’espressione artistica.

Il laboratorio video teatrale è l’espressione artistica che ci ha permesso di realizzare un prodotto che costringesse i detenuti a esprimersi. Personalmente, la relazione con loro mi ha arricchito e ha riconfermato anche nella mia professione", ha aggiunto.

L’unica evasione concessa è quella della mente, e allora Evasioni!, che ha partecipato alla sezione Corti dal carcere della XI edizione del MedFilm festival di Roma nel 2008, si presenta come un assaggio di tanti materiali girato quasi interamente dagli stessi protagonisti, nell’assoluta libertà di scelta di temi e modalità espressive. A elogiare i percorsi di inclusione sociale e reinserimento sono stati il sindaco di Udine, Furio Honsell, e l’assessore alle Politiche sociali di palazzo Belgrado, Adriano Piuzzi: il primo cittadino, che ha richiamato le strategie di Lisbona sulle politiche anti-isolamento, ha ribadito la fattibilità di percorsi individualizzati e personali da ritagliare sul singolo detenuto e ha anche ricordato quando, a Torino, come docente si recava nel carcere per gli esami di informatica.

Ha anche promesso che "il Comune raddoppierà l’impegno", ricordando di aver indirizzato ai servizi sociali ex detenuti che non trovavano lavoro. Anche l’assessore Piuzzi si è prodigato in due casi per riuscire a collocare ex detenuti in cerca di occupazione. Risultato: hanno intrapreso la strada delle cooperative sociali.

Pordenone: "Colori e sapori del nostro mondo verso il mondo"

 

Messaggero Veneto, 27 marzo 2009

 

Dietro un piatto, una ricetta, c’è la storia di un luogo di una persona, storia di vita "normale", quotidiana. E questo diventa un valore, se a raccogliere la ricetta è chi della vita normale conosce poco: i detenuti. L’originale iniziativa "Colori e sapori del nostro mondo verso il mondo" è una piccola pubblicazione realizzata dai detenuti della Casa Circondariale di Pordenone, in collaborazione con l’azienda per i servizi sanitari numero 6 e la Regione Friuli Venezia Giulia.

"L’idea - spiega il direttore dell’istituto, Alberto Quagliotto - è nata nell’ambito di un’iniziativa che ogni anno l’azienda sanitaria tiene in carcere. Si tratta di percorsi formativi di promozione alla salute, tra quali c’è anche un corso sulla sicurezza alimentare. Partendo da quegli argomenti si è pensato di mettere insieme, coinvolgendo ciascun detenuto, delle ricette che rappresentassero la loro provenienza". Italiane e internazionali, ce n’è per tutti i gusti: "Più di trenta pagine - prosegue il direttore - in cui ogni partecipante ha scritto un paio di ricette".

L’aspetto divertente è che la preparazione di questo insolito menù ha richiesto un’interazione con l’esterno. "Naturalmente non tutti sanno cucinare, per cui molte ricette sono nate durante le visite di mogli e fidanzate" aggiunge il direttore. Poi c’è chi ha particolare doti creative e ha corredato le parole ad immagini disegnando il piatto in questione. "L’obiettivo è di far vedere ai detenuti stessi che esistono stili diversi da quelli che loro conoscevano, farli entrare in un’ottica diversa usando un linguaggio, quello della cucina, che diventa anche strumento di integrazione" dice Quagliotto. E non è la prima volta che i detenuti di Pordenone si cimentano con l’arte culinaria. A carnevale, ad esempio, hanno preparato da soli i dolci tipici del periodo. Il libro - che sarà distribuito gratuitamente - sarà presentato lunedì alle 11, presso la Casa Circondariale. All’incontro sarà presente anche il consigliere regionale Giorgio Baiutti.

Pavia: come ogni primavera, la Uisp ripropone il "Vivicittà"

 

La Provincia Pavese, 27 marzo 2009

 

Puntuale come ogni primavera, la Uisp ripropone il "Vivicittà", manifestazione internazionale di corsa su strada, che si svolge in contemporanea in 40 città italiane e in una ventina di sedi estere. Sabato si correrà all’interno del carcere di Voghera, così come avverrà in altri 16 istituti di pena sparsi sul territorio italiano. Gli organizzatori dell’Atletica Pavese Voghera, sostenuti dall’Uisp territoriale e dal Comitato soci Coop cittadino, appronteranno un percorso di 400 metri ricavato ne campo da calcio del penitenziario di via Prati Nuovi, da ripetersi sei volte, per permettere così la partecipazione dei detenuti, affiancati da una trentina di atleti esterni.

A tutti i partecipanti verrà consegnata la maglietta ufficiale del Vivicittà; saranno premiati i primi classificati di ogni gara. L’iniziativa non finirà qui, perché la stessa manifestazione si terrà anche al carcere di Torre del Gallo, a Pavia, il 2 maggio prossimo. Al "Vivicittà" nelle carceri, seguiranno altre iniziative attualmente in fase di progettazione.

Padova: colombe di Pasqua del "Due Palazzi", fino al 6 aprile

 

Il Mattino di Padova, 27 marzo 2009

 

C’è tempo fino al 6 aprile per prenotare le speciali colombe di Pasqua prodotte nel laboratorio di pasticceria del carcere Due Palazzi (nella foto). Già famosi per i "panettoni di Giotto" i detenuti pasticceri seguiti dal Consorzio Rebus stanno confezionando migliaia di colombe.

Quest’anno per ogni prenotazione sul sito "www.idolcidigiotto.it" un euro andrà devoluto a sostegno del Banco Alimentare e dell’Ail di Padova, l’associazione italiana per la lotta contro le leucemie. Ieri la pasticceria del carcere ha ospitato il maestro spagnolo di cucina Albert Adrià, che con il fratello Ferran guida il ristorante più famoso del mondo, El Bulli sulla Costa Brava. Sarà proposta la degustazione della colomba.

Milano: e dopo "Folsom Prison"... arriva "San Vittore Prison"

 

www.allaradio.org, 27 marzo 2009

 

Dopo "At Folsom Prison" del mitico Johnny Cash, un altro concerto nelle carceri dal titolo similare: "San Vittore Prison", performing il gruppo musicale dei Fonix. Sabato 28 marzo ore 14, sale quindi "on stage" il progetto ideato dal Direttore Responsabile"progetto carcere" Alberto Sabbadini, insieme a Tiziana Grilli (Responsabile Attività dei carceri di San Vittore e Monza). Abbiamo fatto due chiacchiere con Alberto, che ci racconta il backstage delle attività ricreative a San Vittore.

 

Quali sono le attività ricreative in carcere?

Come Csi Centro Sportivo Italiano - Comitato di Milano - è ormai da più di un decennio che organizziamo i nostri campionati di calcio a 7 prevedendo la partecipazione della squadra dei S. Victory Boys, i ragazzi detenuti di S. Vittore. L’obiettivo è sempre stato quello di permettere a dei ragazzi che sicuramente hanno commesso degli errori gravi di non sentirsi emarginati ma partecipi di un percorso educativo, di recupero e di rispetto delle regole attraverso lo Sport.

 

Che tipo di risposta avete dai detenuti?

La risposta dei detenuti a tali iniziative è stata senza dubbio entusiasmante anche perché per loro è sicuramente uno dei rari momenti di contatto con la realtà esterna ed inoltre tale attività è, all’interno del Carcere una situazione di "privilegio" per i detenuti partecipanti, scelti con un criterio non solo calcistico ma anche di recupero educativo e di percorso di reinserimento nella società civile. Al termine di ogni gara avviene anche un rinfresco offerto dalle squadre Csi ed è sicuramente un quarto d’ora significativo e carico di emozione per tutti.

Immigrazione: un kit educativo su migrazione e asilo nell’Ue

 

Ansa, 27 marzo 2009

 

Un nuovo kit educativo su migrazione e asilo è stato presentato oggi a Bruxelles. Il kit, chiamato "Non solo numeri", è stato ideato per informare i giovani sui temi della migrazione e dell’asilo nell’Unione Europea. Il kit è il risultato di una collaborazione tra l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) ed è finanziato dalla Commissione Europea grazie al Fondo Europeo per i Rifugiati.

L’obiettivo del kit è fornire una conoscenza più approfondita delle tematiche riguardanti migranti, richiedenti asilo e rifugiati nell’Unione Europea. "Non solo numeri", inoltre, mira a sostenere gli sforzi dell’Ue per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle difficoltà dei nuovi arrivati e per combattere la discriminazione e il pregiudizio.

Attraverso dei brevi filmati e un manuale per l’insegnante facile da usare, il kit fornisce dei suggerimenti su come pianificare lezioni, attività di apprendimento e altri esercizi educativi, che possono essere svolti sia all’interno dell’aula scolastica che non.

"Nonostante la migrazione all’interno dell’Ue sia spesso descritta attraverso statistiche anonime, il contesto e le cause della migrazione sono diverse e di natura individuale," ha affermato il Rappresentante regionale a Bruxelles dell’Oim, Bernd Hemingway. "I giovani spesso mancano di una più ampia conoscenza e degli strumenti necessari per analizzare e sviluppare opinioni sulla migrazione e sull’asilo, basate su informazioni corrette."

Il kit è indirizzato a ragazzi di età compresa tra i 12 e i 18 anni. È composto da un DVD, un manuale per l’insegnante, tradotto e disponibile all’uso in 20 lingue europee e divulgato in 24 Stati membri: Austria, Belgio, Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Regno Unito.

"Noi speriamo che il kit Non solo numeri stimoli un dibattito informato fra i giovani" afferma Judith Kumin, Direttore dell’Ufficio per l’Europa dell’Unhcr. "Il kit inoltre costituisce un’ulteriore risorsa per gli insegnanti e gli altri educatori, aiutandoli a trattare temi e problemi che spesso affrontano in classe". Il kit è disponibile nella versione italiana ed è possibile richiederne copia, fino ad esaurimento scorte, a: itaropi@unhcr.org.

 

Non solo numeri

 

Il kit si compone di un Dvd, un manuale per l’insegnante e ad alcune fotocard che dovrebbero consentire agli alunni di sviluppare proprie opinioni e punti di vista partendo da informazioni equilibrate e sotto la guida dei propri insegnanti. Il Dvd è stato pensato per essere utilizzato in combinazione con alcuni esercizi creativi, che possono essere svolti sia nei tempi e nell’ordine proposti dal kit, sia utilizzati come lezioni a sé o come parte integrante di materie specifiche come storia, geografia, arte.

Immigrazione: Milano; 10 milioni per sicurezza di campi rom

di Chiara Campo

 

Il Giornale, 27 marzo 2009

 

Il sindaco ottiene dal governo altri fondi: "Serviranno ad evitare l’occupazione delle aree dismesse in città" Nuove regole con portieri, badge d’ingresso e presidi fissi . La prossima settimana vertice tra sindaco e prefetto

Bingo: Milano incassa dieci milioni tondi. Tutti quelli che il sindaco aveva chiesto al ministro dell’Interno Roberto Maroni per mettere mano ai dodici campi regolari della città e far scattare il nuovo regolamento scritto un mese e mezzo fa dal prefetto Gian Valerio Lombardi d’intesa con il Comune. Non solo. Dopo l’incontro con il ministro martedì a Roma, Letizia Moratti riferisce che sono in arrivo ulteriori fondi, che serviranno a "mettere in sicurezza alcune aree dismesse della città ed evitare che vengano occupate". L’elenco, precisa, verrà deciso insieme agli assessori competenti, poi "presenteremo il nostro progetto al Ministero e Maroni ha già assicurato che Milano avrà la massima attenzione".

Sui fondi in arrivo per i campi rom il sindaco ha riferito ieri in giunta, assente l’assessore leghista Massimiliano Orsatti, l’unico che nelle settimane scorse aveva polemizzato sui finanziamenti per le aree nomadi. "Maroni è un ministro della Lega - si limita a constatare la Moratti - e con lui abbiamo trovato l’accordo e non ci sono mai state polemiche. Poi ognuno è libero di marcare un pò di più la propria identità politica". Incassati i dieci milioni "partiamo subito", il sindaco ha già appuntamento la prossima settimana con il prefetto per partire con la messa in sicurezza dei campi. Il regolamento prevede infatti una sorta di "portierato" sociale all’ingresso delle aree, la dotazione di badge per gli ospiti, sanzioni fino a 500 euro per chi non rispetta le norme e "fino alla revoca dell’autorizzazione per chi non rispetta il patto", ricorda il sindaco. Le famiglie dovranno mandare i figli a scuola, chi non lavora dovrà seguire percorsi di formazione offerti dal Comune e accettare il reinserimento lavorativo, chi verrà scoperto già in possesso di un alloggio sarà allontanato. Ma, è chiaro, "il regolamento parla dei dodici campi esistenti e non ne prevede altri, semmai il sindaco può restringerli, vedremo come sarà rispettato il patto". Il vicesindaco Riccardo De Corato aveva precisato che fatto il regolamento, "non bastano i vigili per metterlo in atto, serve una presenza costante di polizia e carabinieri impegnata su queste aree". E il ministro, riferisce il sindaco, "ha assicurato che ci sarà la massima attenzione anche sul tema delle forze dell’ordine". L’assessore alle Politiche sociali Mariolina Moioli anticipa che "i soldi del governo verranno usati per la messa in sicurezza ma anche per avviare le famiglie verso l’autonomia. "Fra i campi più a rischio il primo è via Novara. Non si possono lasciare le persone in quelle condizioni, sarà il primo su cui interverremo". Il capogruppo della Lega Matteo Salvini non molla, e dà un’interpretazione diversa dei fondi: "Bene perché arrivano da Roma a Milano, ma dovranno essere usati per liberare le aree dismesse poi, solo se ne avanzano, per sistemare i campi regolari". E ieri la polizia a Rho ha demolito un’area abusiva dove erano state costruite ville, caseggiati e una piscina.

Stati Uniti: a New York chi usa droghe non andrà più in cella

di Ennio Caretto

 

Associated Press, 27 marzo 2009

 

Presto, nello stato di New York, nella maggiore parte dei casi assumere droghe non sarà più un crimine punito con il carcere. Chi ne venisse sorpreso in possesso per la prima volta - e sovente anche i recidivi - potrebbe finire semplicemente in terapia. Dipenderà dai giudici, non più obbligati dalla legge a condannare ad almeno un anno di prigione quanti hanno o usano quantità minime di cocaina ed eroina. Lo annuncia in prima pagina il New York Times, riferendo che il governatore David Paterson e il Parlamento statale, controllato dai democratici, hanno raggiunto un accordo di principio per depenalizzare in parte le droghe, eccetto nei casi più gravi o nei casi di violenza. Al principio della detenzione, sancito da una severa legge del ‘73, che verrà abrogata, subentrerà il principio della cura. Rimarranno naturalmente in vigore le leggi contro i produttori e gli spacciatori.

Svolta epocale - Secondo il New York Times, che ha messo la notizia in prima pagina, sarà una svolta epocale. La legge del ‘73, detta Legge Rockefeller dall’allora governatore, varata in reazione a una epidemia di eroina nella Grande Mela, è tra le più dure degli Stati Uniti: includeva come massimo della pena per chi le assumesse addirittura l’ergastolo, che fu però abrogato nel 2004. Per usufruire della nuova legge, che si applicherà anche ad alcuni di quanti attualmente detenuti nelle carceri statali, gli incriminati dovranno dichiararsi colpevoli. Ma per loro il prezzo di fallire la cura sarebbe molto alto: il giudice potrebbe ricorrere al carcere. Per evitarlo il più possibile, Paterson finanzierà le cliniche di disintossicazione con 50 milioni di dollari: "Le droghe vanno combattute con più umanità" ha dichiarato "sono sicuro che altri stati ci seguiranno".

I contrari - Alcuni procuratori distrettuali si sono detti contrari alla riforma, affermando che la legge del ‘73 ha ridotto il numero dei tossicomani e dei crimini nella Grande Mela e nello stato di New York. Ma i democratici, i cui sforzi per depenalizzare in parte le droghe furono vanificati dai repubblicani fino a quest’anno, ribattono che la riforma ridurrà ancora di più l’affollamento delle carceri e le relative spese (un detenuto costa 45 mila dollari l’anno). Aggiungono che, a parte i narcotrafficanti, le droghe sono "innanzitutto un problema di salute pubblica", e perciò condurranno anche una campagna contro di esse. La svolta aiuterebbe il movimento per la legalizzazione delle droghe leggere come la marijuana, per cui si batte anche il noto finanziere George Soros. L’uso della marijuana a fini medici è già autorizzato in alcuni stati americani.

Romania: concerto di raccolta fondi, per un italiano detenuto

 

La Nuova Ferrara, 27 marzo 2009

 

Un gruppo di amici di Erik Benetti ha organizzato uno spettacolo per raccogliere fondi in favore della famiglia del ragazzo. Si tratta di un concerto con due band locali, "Alabona" e "Mercanti e Servi" che si terrà domenica 29 alle 21 al Teatro De Micheli di Copparo, con il patrocinio dell’Arci di Ferrara. Da quasi un anno Erik Benetti si trova costretto in Romania, dove sta scontando una condanna a due anni di reclusione per sfruttamento della prostituzione. Per gli amici Erik "è stato e continua ad essere vittima di una giustizia ingiusta, che procede con regole incomprensibili, con meccanismi difficili da immaginare per chi come noi vive in uno Stato di diritto".

La condanna, sostengono, è arrivata al termine di un processo rapido "fatto facendo a memo delle prove, accontendandosi dei semplici sospetti". Adesso Erik e la sua famiglia stanno aspettando l’esito del processo, iniziato mesi ma continuamente rinviato: "Al momento non si sa nemmeno quando ci sarà la prossima udienza" lamentano gli amici.

"Pur nella tragicità del momento - afferma Nicola Santolini, uno degli amici - Erik ha avuto la fortuna di conoscere padre Pierangelo e di aver trovato nel seminario don Orione di Iashi (dove sconta la condanna) un rifugio e degli amici. In quella comunità ha trovato nuove motivazioni per ritornare ad essere quella persona positiva e concreta che è sempre stata anche se oggettivamente l’incertezza è tanta".

Ma se l’appello confermerà la sentenza di primo grado Erik ritornerebbe in carcere e questa eventualità spaventa amici e famigliari, poiché Erik "il primo mese di detenzione Erik lo passò in una cella di tre metri per due con altri detenuti in condizioni igieniche pietose, tanto che dovette intervenire il nostro Consolato per risolvere la situazione.

Nonostante l’incertezza, bisogna sforzarsi di essere positivi come lui - a sentirlo per telefono, prima o poi tutto volgerà al meglio - e cercare di fargli sentire la nostra vicinanza in tutti i modi possibili". L’iniziativa del concerto ha questo scopo e vuole "anche aiutare la sua famiglia a sostenere le enormi spese legali che deve sopportare".

 

 

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