Rassegna stampa 8 gennaio

 

Giustizia: 43 detenuti suicidi, numero più basso in 15 anni

 

Redattore Sociale, 8 gennaio 2008

 

Ma per effetto della diminuzione della popolazione detenuta conseguente all’indulto, registrato anche un tasso di suicidio elevato: 11,6 ogni 10 mila detenuti. 7 gli agenti che si sono tolti la vita. Dossier di Ristretti Orizzonti.

Il numero massimo di detenuti suicidi si è avuto nel 2001, con 69 casi. Mentre il numero minimo nel 1990, con 23 casi. Il tasso massimo di suicidio si è registrato nel 1982, con 17,8 suicidi ogni 10 mila detenuti, mentre il tasso minimo nel 1990, con 7,3 suicidi ogni 10 mila detenuti. Nel 2007 si è avuto il numero più basso di suicidi degli ultimi 15 anni, ma per effetto della diminuzione della popolazione detenuta conseguente all’indulto si è registrato anche un tasso di suicidio molto elevato, che non era più stato raggiunto dal 2001 (11,6 suicidi ogni 10 mila detenuti). Sono questi alcuni tra i principali dati contenuti nell’ultima elaborazione del Centro Studi Ristretti Orizzonti che va dal 1980 al 2007. Il totale dei suicidi è 1.363. La presenza media di detenuti è 44.999. Il tasso medio dei suicidi è 11,1.

Confronto con gli stati europei. Dal 1998 al 2005, il numero dei suicidi di cui si è avuta notizia è stato di 3.776 nelle carceri di Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Regno Unito, Grecia, Ungheria, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Spagna, Svezia e Svizzera.

Il tasso di suicidio nelle carcere europee, sempre dal 1998 al 2005 è stato pari al 12,4 ogni 10 mila detenuti. Mentre il tasso di suicidio in Italia, negli stessi anni, è stato pari al 10,3 ogni 10 mila detenuti.

Confronto con i dati sul suicidio nella popolazione mondiale Il tasso di suicidi nel mondo dal 1980 al 2005, in base ai dati Oms, è stato pari a 1,6 ogni 10 mila abitanti, mentre in Italia allo 0,6 ogni 10 mila abitanti. Il tasso di suicidio tra i detenuti nelle carceri europee, come già riportato, è stato del 12,4 dal 1998 al 2005. Il tasso di suicidio tra i detenuti nelle carceri italiane è pari a 11,1dal 1980 al 2007.

La polizia penitenziaria Dal 1997 al 2007 si sono suicidati 64 agenti. Il numero massimo - 10 - si è registrato nel 1997 e nel 1998, mentre il minimo - 2 - nel 2006. Nel 2007 i suicidi sono stati 7. La media del tasso di suicidi è di 1,31. Il massimo si è avuto nel 1997: 2,25. Il minimo nel 2006: 0,47.

Giustizia: 41-bis, la Corte di Strasburgo condanna l’Italia

 

Ansa, 8 gennaio 2008

 

La Corte di Strasburgo condanna l’Italia per il regime del 41-bis. A renderlo noto è l’Unione delle Camere Penali Italiane, rilevando che, con una sentenza del 27 novembre scorso finora rimasta inedita, la Corte Europea dei diritti dell’uomo censura ancora una volta il nostro Paese. La condanna, spiegano i penalisti, fa riferimento al mancato rispetto del termine di 10 giorni, come previsto per legge, per l’esame da parte del tribunale di sorveglianza competente sul ricorso del detenuto contro il provvedimento applicativo del regime di carcere duro.

La censura di Strasburgo, inoltre, afferma l’Ucpi, "si rivolge nei confronti dei decreti ministeriali fotocopia che uguali per tutti applicano le restrizioni previste dal 41 bis". I penalisti, che da tempo hanno intrapreso una battaglia contro il regime speciale previsto dal 41 bis auspicandone l’abolizione, invitano dunque, ancora una volta, le istituzioni della Repubblica a "vigilare per il rispetto della Costituzione" e le forze politiche a "battersi per la tutela dei diritti dei detenuti e per il superamento di un istituto lesivo delle più elementari regole dello stato di diritto".

Giustizia: Caso Contrada, negato il differimento della pena

 

Apcom, 8 gennaio 2008

 

Il Tribunale di sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere ha rigettato l’istanza di differimento della pena proposta per Bruno Contrada, condannato a dieci anni per concorso in associazione mafiosa. Il provvedimento è stato depositato ieri, ma la notizia è stata appresa solo oggi. La difesa dell’ex funzionario del servizio segreto civile aveva chiesto l’immediata liberazione o la detenzione domiciliare del detenuto a causa delle condizioni di salute in cui si troverebbe Contrada. Ma non sarà così e l’ex funzionario del Sisde resterà in carcere.

Le motivazioni della condanna in Cassazione. Sono molte e ricche di riscontri le testimonianze dei pentiti contro Bruno Contrada, testimonianze che hanno avuto un peso decisivo sulla sua condanna per concorso esterno in associazione mafiosa, pronunciata dalla Corte d’appello di Palermo nel febbraio del 2006. Poi confermata poco più di un anno dopo dalla Cassazione. Non solo. Contro di lui non c’è stata nessuna cospirazione per incastrarlo.

Ecco perché il 10 maggio scorso, la sesta sezione penale della Suprema corte ha confermato la condanna all’ex numero due del Sisde. Le motivazioni, scritte in 67 pagine, sono state rese note soltanto oggi con il deposito della sentenza 542.

Lettere: il carcere è sempre di più "la casa degli ultimi"

 

Blog di Solidarietà, 8 gennaio 2008

 

Ho letto un articolo di Rina Gagliardi sulle carceri. Tra le altre considerazioni profonde e umanissime di questa straordinaria scrittrice e giornalista, ne estraggo una che riguarda l’indulto votato a grande maggioranza in Parlamento e trasversalmente maledetto da un’eguale grandissima maggioranza.

Dal carcere di Rebibbia, che scoppiava con i suoi 1.500 detenuti, sono usciti con l’indulto 700 detenuti, riducendo il numero degli "ospiti" a 800. Oggi sono oltre 1.200. L’aumento è dovuto al ritorno in carcere di coloro che hanno goduto dell’indulto? No perché i dati ufficiali dicono che essi rappresentano il 10%, quindi il totale dovrebbe essere 880. Allora è la criminalità che è aumentata? No perché i dati ufficiali (malgrado l’allarmismo politico - mediatico di chi vuole uno stato di polizia) dicono che è in diminuzione soprattutto per i reati più gravi. A cosa è dovuto, dunque, questo aumento? Forse anche i ricchi e potenti delinquenti vengono messi in carcere, ristabilendo il principio che la legge è uguale per tutti? No!

La maggior parte dei 320 nuovi entrati sono a Rebibbia per gli effetti delle leggi sull’immigrazione e sulle droghe, o sono delinquenti minori e poveri che non possono permettersi di avere un’adeguata difesa. Povertà e leggi che questo governo di molto centro e poca sinistra, tiene, colpevolmente, ancora in vigore.

Lettere: la giornata di Antonio nel carcere di Secondigliano

 

www.radiocarcere.com, 8 gennaio 2008

 

Le nostre giornate nel carcere di Secondigliano sono tutte uguali. Così basta raccontarne una, per raccontarle tutte. Alle ore 7 vengono aperti i blindati. Alle 8 passano gli agenti a fare la conta, ovvero l’appello dei detenuti presenti in cella. Arrivano e urlano: "Contaaa!". Noi scendiamo dalle brande, indossiamo i pantaloni lunghi e aspettiamo i piedi.

Dopo la conta passa il carrello del latte. Bianco tendete al marroncino. Alle 9 ci fanno uscire dalla cella per l’ora d’aria, che dura fino alle 10 e 30. Poi torniamo in cella. Alle 11 e 30 passa il carrello con il pranzo, sulla cui bontà non faccio commenti.

Alle 13 ci fanno fare un’altra ora d’aria, fino alle 14 e 30. Dopo di che ci fanno tornare in cella e possiamo dire che la nostra giornata è finita. Se non che, verso le 15. "Conta!!" un’altra volta. E si ripete la scena del mattino. Vero le 18 passa il carrello per la cena, sempre che non sia domenica o giorni festivi perché in questi casi la cena non arriva.

Alle 20 ancora: "Conta!" e si ripete per la terza volta il teatrino di prima. Dopo le 20 ci accendono i televisori in cella e ci spengono le luci. Così se uno di noi volesse leggere un libro non può farlo, perché la cella è buia. Allora ti butti sulla branda e cerchi di dormire, aspettando un giorno che sarà uguale a quello passato. È difficile trovare qualcosa di "rieducativo" in anni passati così.

 

Antonio dal carcere di Secondigliano

Umbria: provvedere all'attuazione della legge sul Garante

 

Asca, 8 gennaio 2008

 

"Adempiere sollecitamente all’elezione del Garante dei detenuti, secondo quanto previsto dalla legge regionale 13 del 2006". Lo chiede il presidente del Consiglio regionale dell’Umbria, Mauro Tippolotti, in una lettera inviata ai presidenti dei gruppi consiliari e, per conoscenza, alla presidente della Regione Umbria, Maria Rita Lorenzetti.

"La mia richiesta - spiega il presidente Tippolotti - nasce anche dalla sollecitazione rivoltami dai rappresentanti per l’Umbria dell’associazione ‘Liberà, nel corso di un incontro che si è svolto il 12 dicembre scorso". "Per profonda convinzione personale - aggiunge - ritengo che sia un segno di grande civiltà istituzionale e sociale occuparsi attivamente delle condizioni di vita e dei diritti dei detenuti". Nella lettera, Tippolotti ricorda che l’Assemblea di Palazzo Cesaroni (secondo quanto previsto dall’articolo 10 della legge) avrebbe dovuto eleggere "entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge stessa" la figura istituzionale del garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale.

Cagliari: libri in dono ai detenuti, raccolti più di 250 volumi

di Matteo Bordiga

 

L’Unione Sarda, 8 gennaio 2008

 

Tra quattro mura giorno dopo giorno sempre più strette, la morsa dell’apatia intorpidisce le emozioni di individui tutti uguali. "Persone buttate sui letti e impegnate ventiquattro ore a fare sempre, esattamente la stessa cosa: il nulla più assoluto", come sottolinea Alessandra Bertocchi, educatrice sociale e coordinatrice del comitato "Oltre il carcere".

Se la prigione dovrebbe rivestire una funzione di recupero, aiutando i reclusi a reinserirsi nella società, non si capisce come le sgangherate carceri italiane possano riuscire in questo intento. Nello specifico, l’educatrice si domanda se la struttura cagliaritana di Buoncammino, dove la completa assenza di attività ricreative aiuta i detenuti "semplicemente a morire ogni giorno un po’ di più", possa ambire a diventare un luogo di detenzione "costruttiva".

Nell’attesa che cambi finalmente l’approccio culturale alla struttura-carcere, qualcosa di concreto la possono fare i cittadini. È il motto che anima da tempo le iniziative del comitato "Oltre il carcere", in prima linea nel difendere la dignità e nel raccogliere le emergenze dei detenuti cagliaritani e non.

L’ultima trovata, che consisteva nell’invitare i cittadini ad acquistare, in alcune librerie "alleate", dei libri a prezzi scontati da destinare poi ai carcerati di Buoncammino e Quartucciu, ha riscosso un ampio successo. "Per dire la verità, siamo andati oltre le più ottimistiche previsioni", fa notare Bertocchi, "perché abbiamo raccolto circa 250 volumi: non ci saremmo certo aspettati un tale slancio di generosità da parte dei cagliaritani".

Segno che, quando stimolato, lo spirito di solidarietà della gente viene fuori. Eccome: "In tanti ci hanno fatto i complimenti per la campagna "Chi legge è uguale per tutti", invitandoci a replicare e a moltiplicare simili iniziative", prosegue la coordinatrice del comitato. "È bello e gratificante essere ringraziati dagli stessi cittadini, ai quali abbiamo dato in questo modo la possibilità di esprimere la loro vocazione altruistica".

Le librerie presso le quali acquistare i volumi (di ogni genere, anno ed editore) con il 20 per cento di sconto erano "Primalibri" di Quartu, "Tiziano", "Bastione" e le tre librerie "Zonza" di Cagliari. La promozione era attiva dall’8 dicembre fino al giorno dell’Epifania. La casa editrice Domus de Janas si è particolarmente distinta per avere regalato una grande quantità di cruciverba in sardo e di libri di enigmistica.

"Con sconti così competitivi e con la possibilità di acquistare anche più di un titolo, i cittadini hanno risposto molto bene all’invito", osserva Alessandra Bertocchi, "e in questo modo potremo riempire gli scaffali di Buoncammino e del carcere minorile di Quartucciu con tanti testi di narrativa, che sono andati per la maggiore, ma pure di poesia".

Se infatti la scelta degli acquirenti è caduta soprattutto sui romanzi degli autori sardi di ultima generazione, da proporre a chi non ha avuto modo di seguire dal vivo l’ascesa dei vari Niffoi, Soriga, Agus e Fois, non sono mancate anche originali variazioni sul tema. Specialmente di matrice poetica: "I versi sono molto amati dai detenuti", ricorda Bertocchi, "perché vengono fruiti di getto, in maniera impulsiva. Vengono consumati ed interiorizzati in breve tempo". Rappresentano una sorta di lampo di vita che attraversa le sbarre, scardinando la monotonia del grigiore quotidiano con il quale i carcerati fanno i conti.

"Inoltre, frequentemente le poesie ispirano componimenti spontanei", conclude la coordinatrice, "spingendo i reclusi a scrivere di proprio pugno per sprigionare, finalmente, un turbine di sentimenti repressi". Un’emotività costretta in uno spazio angusto per il corpo e, di conseguenza, per lo spirito.

Bologna: il Garante; servono libri in arabo per i detenuti

 

L’Espresso, 8 gennaio 2008

 

Libri, giornali e riviste in arabo. Li chiedono da tempo i detenuti del carcere della Dozza originari dei paesi arabi, che vorrebbero ingannare il tempo leggendo ma nelle biblioteche non trovano nulla per loro. Si tratta di richieste che vanno avanti da molto tempo, ma che negli ultimi mesi si sono intensificate, arrivando anche a 20-30 domande in tutto avanzate con specifiche lettere scritte. È per questo che Desi Bruno, garante delle persone private della libertà personale del Comune, dopo aver tentato tutte le strade, ha deciso di lanciare un appello a istituzioni, associazioni e cittadini tutti perché i libri in arabo di possano trovare e vadano a rimpinguare gli scaffali delle biblioteche del carcere della Dozza.

"Sono libri introvabili e costosissimi, io ho già provato a fare il giro di tutte le biblioteche cittadine - spiega Bruno - ma ce ne sono pochissimi in città e quei pochi che hanno le biblioteche se li tengono stretti". L’idea di comprarli, poi, prosegue Bruno, è impraticabile, "visto quanto costano i libri in lingua straniera, araba in particolare, e vista la difficoltà di reperire fondi per questo". Eppure, di richieste ce ne sono tante, dice il garante delle persone private della libertà personale. "C’è sempre stata richiesta, ma nell’ultimo anno è molto cresciuta - afferma ancora Bruno - è comprensibile se pensiamo che oggi alla Dozza c’è un 66% di detenuti stranieri, per la grande maggioranza magrebini".

Biella: una giornata dedicata al reinserimento dei detenuti

 

Asca, 8 gennaio 2008

 

Una giornata dedicata al tema del reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti. "Libertà con dignità", questo il titolo della giornata, è stata promossa dalla provincia di Biella e dal "Gol" (gruppo operativo locale), rete che si occupa di condividere la programmazione e la realizzazione delle politiche sociali a sostegno dei detenuti, degli ex detenuti e delle loro famiglie. "Non è stato un lavoro facile - ha detto il presidente della provincia, Sergio Scaramal - ma, grazie all’impegno di coloro che aderiscono al Gol, oggi l’amministrazione provinciale offre una casa alle speranze di chi certamente ha sbagliato ma deve poter avere una seconda opportunità".

L’incontro ha rappresentato anche l’occasione per l’inaugurazione della mostra di opere dei detenuti biellesi: dipinti, manufatti e abiti realizzati durante i corsi che si tengono all’interno della casa circondariale. Ai partecipanti sono state illustrate le tappe fondamentali del percorso svolto finora dal Gol: "Il percorso che questa rete integrata di soggetti pubblici e privati ha compiuto fino a oggi - ha detto l’assessore provinciale alle Politiche sociali, Flavio Como - è virtuoso: nel rispetto dell’autonomia di ciascuno, infatti, si sono raggiunti risultati condivisi in linea con gli obiettivi comuni da cui si era partiti".

Immigrazione: in nuovo decreto niente sconti su sicurezza

di Marco Gasparini

 

Italia Oggi, 8 gennaio 2008

 

Dall’allargamento dell’Ue una stretta sulle norme che disciplinano la libera circolazione e il rilascio dei permessi di soggiorno per i cittadini comunitari e i loro familiari presenti sul territorio nazionale. Il giro di vite è contenuto in uno schema di dlgs approvato in via preliminare dal consiglio dei ministri di fine anno a integrazione del decreto legge n. 249/2007 in materia di espulsioni dovute a ragioni imperative di pubblica sicurezza e di terrorismo.

Il testo, messo a punto dai ministri delle politiche europee, Emma Bonino, e dell’interno, Giuliano Amato, modifica in più punti le disposizioni di attuazione (dlgs n. 30 del 6 febbraio scorso) della direttiva 2004/38/ Ce. Le nuove misure, si legge nella relazione illustrativa del provvedimento, sono destinate a porre ulteriori argini al fenomeno dell’immigrazione clandestina proprio a seguito dell’ingresso di stranieri provenienti da stati (in prevalenza dell’Est europeo) recentemente ammessi a far parte dell’Unione.

L’acquisizione del nuovo e più favorevole status giuridico applicato ai neo-cittadini rispetto alle disposizioni molto meno elastiche riservate agli extracomunitari, comporta infatti, secondo l’esecutivo, il rischio di una possibile "mascheratura" dei soggiorni con finalità illegali o comunque contrarie all’ordine pubblico.

Per questa ragione tutti i cittadini comunitari che intendano restare in Italia per ragioni diverse da quelle strettamente turistiche o di visita saranno obbligati a presentarsi a un ufficio di polizia dove dovranno "dichiarare la propria presenza" secondo modalità stabilite con un decreto ministeriale ad hoc entro un mese dall’entrata in vigore della legge.

In caso contrario scatterà la presunzione automatica di un soggiorno superiore al limite dei tre mesi con l’obbligo conseguente per l’interessato di provare il contrario. Ciò significa che se la posizione è irregolare (il permesso non è stato chiesto, oppure è scaduto) anche il cittadino comunitario e suoi familiari, a maggior ragione nell’ipotesi in cui non facciano parte dell’Ue, saranno soggetti a un provvedimento di allontanamento adottato dal prefetto competente in base al luogo di residenza o dimora.

Per accelerare le procedure di espulsione l’atto sarà accompagnato da una sintesi trasposta in un formulario e tradotta nella lingua di appartenenza o altrimenti in francese, inglese, spagnolo o tedesco. L’ordinanza comporta l’obbligo per il destinatario di lasciare il Paese entro un termine non inferiore a un mese e di presentarsi al consolato italiano dello stato di provenienza per far vidimare un documento che ne attesti l’avvenuta esecuzione. Il decreto fissa in proposito sanzioni molto pesanti. A mancato allontanamento viene, infatti, punito con l’arresto da uno a sei mesi e l’applicazione di un’ammenda compresa tra 200 e 2.000 euro. Ulteriori limitazioni sono poi previste per quei comportamenti ritenuti lesivi sotto il profilo della sicurezza e dell’ordine pubblico.

Droghe: l’eroina torna ad uccidere, nel 2008 già 13 i morti 

di Lodovico Poletto

 

La Stampa, 8 gennaio 2008

 

Anno 2008: si torna a morire di eroina. Tredici overdosi letali dall’inizio dell’anno in tutta Italia; molti ricoveri in ospedale con tossicodipendenti salvati in extremis grazie ad una iniezione di Narcan. E il sospetto che questa mattanza non sia un caso.

Il 2008, infatti, è indicato dagli esperti dell’antidroga come l’anno in cui verrà messa in circolazione eroina di ottima qualità, grazie alle produzioni di oppiacei dei due anni precedenti, - specialmente quelle dell’Afghanistan - giudicate eccezionali. Prima di finire sul mercato come prodotto finito l’eroina, però, ha bisogno di tempi lunghi, dovuti al trasporto dai luoghi di produzione alle raffinerie, alla lavorazione e infine al complesso tragitto che i carichi devono compiere prima di sbarcare in Europa.

La conseguenza di questi "raccolti eccezionali" è logica: tossicodipendenti storici, oppure già malati e con il fisico debilitato, non riescono a reggere l’impatto con una sostanza tanto potente. E il cuore cede. Chi si occupa di lotta agli stupefacenti da tanti anni, come il vicequestore Alberto Somma, responsabile della sezione "narcotici" della Squadra Mobile di Torino, queste cose le sa: "Non si muore per dosi di stupefacente tagliato male, al massimo si possono contrarre infezioni. Si muore per droga sparata in vena troppo pura".

È proprio in questo filone che si inseriscono i tre decessi per overdose registrati nei giorni scorsi tra Roma e Tivoli e che hanno fatto parlare per la prima volta di "eroina killer". E sempre nella stessa scia si collocano le morti registrate in Campania, a Firenze e anche le due, delle ultime 48 ore, in Piemonte.

Qui la prima vittima è un trentottenne di Torino, morto in casa della compagna. "Non faceva uso di stupefacenti da tempo" ha raccontato al donna ai poliziotti. Quella prima dose dell’anno gli è stata fatale. La seconda vittima è un quarantenne di Chivasso, nell’hinterland torinese, trovato cadavere nel pomeriggio di ieri. In un cestino dell’immondizia accanto al letto c’erano una siringa e resti di una dose di eroina.

Fermare il fenomeno, dunque, diventa complicato. I sequestri operati dalle forze dell’ordine non bloccano che una piccola parte della droga immessa ogni anno sul mercato. Si stima infatti che in Italia, ogni anno, arrivino circa 40 tonnellate di eroina: più dell’80% della produzione è di origine afghana; un 10% arriva da Myanmar, l’ex Birmania.

Il resto viene prodotto da altri Paesi del sud est asiatico. I carichi finiscono poi in mano agli spacciatori. Per lo più si tratta di pusher di origine maghrebina: spesso cani sciolti che sono riusciti a monopolizzare lo spaccio al minuto di questi stupefacenti, che erano giudicati "in fase di declino". Il motivo del calo di interesse? Il costo al dettaglio della cocaina è sceso drasticamente e sul mercato sono comparsi prodotti più "appetibili": dall’ecstasy, alle anfetamine a micidiali mix di sostanze sintetiche.

Droghe: Federserd; ma l'eroina killer non è un disservizio

 

Notiziario Aduc, 8 gennaio 2008

 

I recenti decessi per overdose da eroina ‘hanno ragioni plurime e non possono essere commentati con false affermazioni su specifiche insufficienze dei Servizi per le tossicodipendenze o evocando improbabili epidemie: così Federserd, la federazione nazionale dei Sert, interviene nel dibattito sull’eroina killer che durante le feste ha funestato soprattutto la capitale.

"Quello che è vero - afferma il presidente nazionale di Federserd, Alfio Lucchini, insieme al responsabile del Lazio Claudio Leonardi - è la constatazione dell’impotenza delle istituzioni e della politica". Secondo l’organizzazione ognuno deve fare la sua parte, ma in modo coordinato: "la salute pubblica garantisca servizi reali sia ambulatoriali sia residenziali, i servizi sociali attuino i piani di zona e utilizzino i fondi che la riforma sociale del 2000 ha assegnato ai Comuni anche per prevenire i fenomeni di abuso e dipendenza".

Federserd invita poi a "non pensare sempre a quello che non c’è" e cita le narco-sale, strutture che "opportunamente attrezzate e organizzate con personale adeguatamente formato possono offrire un ottimo sostegno alla riduzione del dannò ma che ‘ora non ci sono e la cui attuazione non risolverà i problemi relativi alla terapia dei tossicodipendenti che si fa nei Sert".

Droghe: Barra (Cri); distribuiamo l'eroina in pasticche...

di Marco Giovannelli

 

Il Messaggero, 8 gennaio 2008

 

Eroina in pillole per curare i tossicodipendenti, quelli che non rispondono a nessun tipo di terapia. Massimo Barra (presidente della Croce rossa italiana e fondatore di Villa Maraini) ha proposto alla Regione di avviare una sperimentazione con l’uso della diacetilmorfina, il nome della preparazione chimica dell’eroina.

"Usiamo il nome scientifico così sarà più facile comprendere che stiamo parlando di un farmaco per curare i tossicomani - dice il medico - altrimenti parlando più semplicemente di eroina possiamo cadere in troppi equivoci". Barra ha chiamato a sostenere l’iniziativa Paolo Nencini (professore di farmacologia alla Sapienza, Carla Rossi (docente di statistica medica a Tor Vergata e membro dell’Osservatorio sulle droghe dell’Unione europea), Ignazio Marcozzi Rozzi (presidente dell’Agenzia comunale per le tossicodipendenze), Sandro Libianchi (responsabile del Sert di Rebibbia) e altri esperti. Al presidente della Regione Piero Marrazzo è stato chiesto un incontro per spiegare in dettaglio la sperimentazione proposta, la prima in Italia.

Marrazzo ha delegato l’assessore regionale alla sanità e l’incontro c’è stato nei giorni scorsi: "C’è stato uno scambio di opinioni, niente di più racconta Barra -. Mi sembra però che c’è un pregiudizio di natura ideologia sul progetto e mi sembra difficile che ci sia l’interesse a passare a un post giudizio sull’efficacia della proposta e della ricerca scientifica.

È un peccato perché l’idea non prevede nemmeno il "disturbo" che può provocare l’uso della siringa come potrebbe avvenire nelle stanze del buco ma solo la somministrazione orale e controllata del farmaco".

In Svizzera, Germania ma anche in Canada e Australia, la sperimentazione è stata avviata da anni. Nel Lazio, in pratica, nei centri specializzati e protetti individuati, verrebbe distribuita gratis l’eroina in pasticche. Un migliaio di tossicomani che hanno fallito tutti i trattamenti farmacologici e nelle comunità terapeutiche, verrebbero divisi in due gruppi, uno che sarà curato con il diacetilmorfina e l’altro con il metadone. Non è stata fatta nessuna stima dei costi della sperimentazione ma per Barra dovrebbero essere contenuti: "I Sert ci sono, gli specialisti pure e l’eroina sintetica non costa molto".

"È un progetto praticabile nell’ambito del riequilibrio di quella "fame" di oppiacei che ha il tossicomane - spiega Barra -. Ho avuto remore sulla sperimentazione fin quando l’eroina era somministratile solo in fiale perché poteva rappresentare una situazione additiva di piacere. Ora però c’è la diacetilmorfina per uso orale che potrebbe produrre significativi cambiamenti nelle applicazioni terapeutiche. L’assorbimento della morfine per via orale, libera un metabolita particolarmente attivo nel riequilibrio del tossicomane che senza eroina ha dipendenza e quindi ha bisogno di altri oppiacei".

Nella relazione che accompagna la richiesta di incontro con Marrazzo, sono state fornite anche alcune cifre sulla tossicodipendenza a Roma. Lo scorso anno erano stati stimati nella capitale 20/25mila tossicodipendenti dei quali 9.013 sono in carico ai servizi pubblici e 4.165 nel privato sociale. Molto più, sempre secondo le stime, è il numero di assuntori non tossicodipendenti. Il numero di decessi per overdose a Roma e provincia ha raggiunto nel 2006 80 casi.

Secondo i dati del ministero dell’Interno, solo la metà dei casi di decesso è riconducibile con certezza all’abuso di sostanze stupefacenti e di questi la grandissima maggioranza di casi è legata all’eroina. Lo scorso anno il dipartimento di epidemiologia della Asl RmE, studiò 41 casi di morte: 10 erano avvenuti in pazienti in trattamento (metadone o comunità terapeutiche), 31 in persone non seguivano più nessun trattamento. Di quest’ultime il 50 per cento aveva abbandonato i Sert o le comunità.

La proposta di Barra potrebbe provocare delle reazioni negative ma anche in questo caso il medico non si preoccupa: "Se consideriamo il tossicomane un peccatore e un depravato possiamo abbandonarlo lasciandolo continuare a delinquere e tutto il resto. Ma se c’è qualcuno che si turba di queste situazioni, allora la sperimentazione dovrebbe interessare tutti. Non sono sicuro che l’eroina per via orale funzioni ma sono sicuro che ci sono le condizioni per sperimentarla. È un dubbio scientifico che abbiamo in molti che va studiato".

Sul fronte della droga, il consigliere regionale Donato Robilotta ieri ha avanzato una provocazione: "C’è chi propone la distribuzione gratuita e garantita dell’eroina, io chiedo il drug test tutti i consiglieri". "Di fronte alla morte di tanti ragazzi avvenuta in questi giorni, serve più sensibilità e una discussione seria e proposte efficaci superando posizioni ideologiche e repressive", ha risposto Enzo Foschi, consigliere regionale del Partito democratico.

Droghe: Padova; arrivano i cancelli di ferro anti-spaccio

 

Notiziario Aduc, 8 gennaio 2008

 

Nuove misure di sicurezza contro lo spaccio di droga nell’area del quartiere di via Anelli, dove oltre un anno fa l’amministrazione comunale aveva fatto erigere un muro antispaccio e successivamente ha completato lo sgombero delle sei palazzine del complesso Serenissima, nei cui appartamenti vivevano soprattutto immigrati extracomunitari. Alle spalle del centro commerciale Giotto sono stati montati infatti due cancelli in acciaio che, una volta in funzione, limiteranno l’accesso nella strada privata che porta al parcheggio, noto alle cronache per essere diventato nuovo centro di spaccio di droga. "Siamo soddisfatti per questa iniziativa - commenta Paolo Manfrin, portavoce del comitato di cittadini del quartiere - adesso ci attendiamo che venga chiusa un’altra strada, la vicina via Manara, dove due palazzine stanno manifestando gli stessi sintomi di degrado che portò alla decisione di sgomberare il complesso Serenissima".

Sul futuro urbanistico delle sei palazzine di via Anelli, svuotate completamente ormai da sei mesi, la sorte non è ancora decisa. Dal Comune si fa sapere che la decisione se espropriare i proprietari ed abbatterle o procedere ad un progetto di riqualificazione, ancora lontano dall’essere attuativo, verrà presa non prima del 2009.

Svizzera: le critiche del Comitato europeo anti-tortura

 

Swiss Info, 8 gennaio 2008

 

Il Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa ha espresso dure critiche nei confronti della polizia di Ginevra, accusata di ricorrere a maltrattamenti durante gli arresti. Gli esperti hanno inoltre rimproverato le pratiche in vigore in alcune prigioni elvetiche e il trattamento destinato ai detenuti minorenni. "Con l’eccezione della polizia di Ginevra, la delegazione non ha raccolto alcuna prova di trattamenti fisici dannosi e deliberati", scrive il Consiglio d’Europa nel suo rapporto preliminare, sulla base di una visita in Svizzera effettuata dai suoi esperti dal 24 settembre al 5 ottobre scorso.

Nella città di Calvino, i collaboratori del Comitato per la prevenzione della tortura (CPT) hanno raccolto testimonianze concernenti calci e pugni, così come l’utilizzo di tecniche di strangolamento destinate a far rigurgitare eventuali stupefacenti al momento dell’interrogatorio. "Diverse persone interpellate hanno chiaramente indicato di aver subito tali trattamenti mentre erano a terra e sotto controllo", rileva il CPT. Per gli esperti, "questi atti sono semplicemente inaccettabili e devono essere sanzionati".

Ad Aarau, nel Cantone Argovia, dei detenuti sono sistemati per mezz’ora in uno sgabuzzino di 2,3 mq, situato nel seminterrato, senza finestra e senza sistema di ventilazione, denuncia il CPT. "Un luogo che offre queste caratteristiche non è appropriato per una detenzione, anche se di corta durata", sottolinea. In generale, i locali di fermi preventivi visitati in numerosi cantoni erano conformi e le condizioni di detenzione sono state qualificate "buone e molto buone" nella maggior parte dei siti considerati, precisa il CPT.

La delegazione si è invece detta "preoccupata" per la situazione dei minorenni detenuti dalla polizia, dopo essere stata informata di alcuni casi in Vallese, Argovia e Zurigo, dove i minori sono stati interrogati in assenza di un adulto di fiducia o hanno firmato da soli i processi verbali degli interrogatori. Gli esperti rilevano infine che alcune persone recluse nei penitenziari di Lenzburg (Argovia), Pöschwies (Zurigo) e Thorberg (Berna) avrebbero soggiornato per lunghi periodi nelle unità di sicurezza, "in condizioni vicine alla messa in isolamento, senza un regime di detenzione degno di questo nome".

Il rapporto completo della visita sarà trasmesso in primavera al Consiglio federale (governo), il quale avrà sei mesi di tempo per replicare. Il CPT ha ad ogni modo già invitato la Confederazione a prendere le misure necessarie per far sì che gli occupanti delle cellule disciplinari nelle prigioni di Aarau, Champ-Dollon (Ginevra) e Zurigo beneficino di almeno un’ora di esercizio all’aria aperta, e questo già a partire dal primo giorno di detenzione.

GB: la castrazione chimica vale uno sconto di pena

 

La Repubblica, 8 gennaio 2008

 

Due detenuti accusati di stupro accettano la somministrazione di farmaci specifici che abbassano i livelli di testosterone. Analoga sperimentazione avviata in Canada, Olanda, Svezia e Germania.

Due detenuti britannici che stanno scontando una pena detentiva per stupro hanno accettato di sottoporsi alla "castrazione chimica" in cambio della scarcerazione anticipata. Prenderanno una serie di farmaci (sotto forma di pillole e di iniezioni) che dovrebbero ridurre in modo drastico la loro libido e annullare così il rischio di commettere nuovamente reati sessuali.

La castrazione chimica porta ad un notevole abbassamento dei livelli di testosterone o addirittura al suo annullamento se si usano sistematicamente certe iniezioni vendute in Gran Bretagna sotto il nome di leuprorelin. Secondo gli esperti, questo trattamento dovrebbe funzionare soprattutto con le persone che hanno commesso stupri e atti di pedofilia e che, quando sono fortemente eccitate, tendono a sadismo, necrofilia, voyeurismo e esibizionismo.

Il ministero degli Interni britannico ha approvato l’adozione della castrazione chimica l’anno scorso e ha mandato a tutte le persone incarcerate per reati a sfondo sessuale una lettera dove si spiega che i farmaci usati "riducono i livelli dell’ormone maschile testosterone" e "l’effetto è una diminuzione dell’interesse sessuale e dell’eccitamento". "Sarete ancora in grado - prosegue la missiva - di avere rapporti intimi ma sarà molto più difficile. È comunque possibile calibrare il dosaggio in modo che possiate ancora fare sesso con un partner".

La condizione di castrazione chimica è mantenuta soltanto se si continua con la somministrazione dei farmaci e qui nasce il problema: non sono infatti previsti controlli per accertare se gli stupratori e i pedofili che hanno accettato il programma proseguono o no con la cura anti-libido. I conservatori, principale forza di opposizione, hanno bocciato senza riserve l’iniziativa: a loro avviso "chi commette reati di natura sessuale deve essere punito e il miglior trattamento è far sì che rimanga in prigione".

Qualche esperto britannico si oppone all’introduzione della castrazione chimica - già usata in Paesi come Canada, Olanda, Svezia e Germania - nella convinzione che i reati sessuali non abbiano una base fisiologica ma derivino invece da "uno stile di vita".

 

 

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