Rassegna stampa 16 aprile

 

Giustizia: in 100 giorni 30 detenuti morti, di cui 11 per suicidio

 

Adnkronos, 16 aprile 2008

 

Un dato allarmante che deve far riflettere su una situazione da tempo esasperata nelle nostre carceri. Dall’inizio del 2008 sono morti, negli istituti di pena italiani, ben 30 detenuti. Fra questi 11 sono i casi di suicidio. I dati, monitorati da "Ristretti Orizzonti", il giornale del carcere di Padova, sono stati estrapolati dal Dossier "Morire di carcere", che dal 2000 registra i casi di decessi nelle carceri italiane.

I "casi" raccolti, si precisa nel Dossier, non rappresentano la totalità delle morti che avvengono all’interno dei penitenziari italiani ma quelle che si è riusciti a ricostruire in base alle notizie della stampa e le informazioni raccolte da internet e dalle lettere dei parenti o volontari che ci sostengono. Il numero massimo di detenuti suicidi si è avuto nel 2001, con 69 casi, mentre il numero minimo si è registrato nel 1990: allora si tolsero la vita 23 persone. Nel 2007 si è avuto il numero più basso di suicidi degli ultimi 15 anni, ma per effetto della diminuzione della popolazione detenuta conseguente all’indulto si è registrato anche un tasso di suicidio molto elevato, che non era più stato raggiunto dal 2001 (11,6 suicidi ogni 10.000 detenuti).

Giustizia: quali riforme con il Pdl?... più carceri e più pene?

 

www.radiocarcere.com, 16 aprile 2008

 

Il dato elettorale è definito. Il Centrodestra ha vinto, con una schiacciante maggioranza. Ora la domanda è: quali saranno le riforme sulla giustizia? Rispondere è facile: separazione delle carriere, responsabilità dei magistrati, intercettazioni e limiti alla loro diffusione sui mass media. Ed ancora. Certezza della pena, durata del processo penale e sicurezza.

Riforme in gran parte condivise anche dell’opposizione. Sul fronte carcere, la costruzione di nuovi istituti dominerà il dibattito politico. Le riforme sulla modifica del sistema delle pene sarà presa in esame solo per incrementare le pene e non per disegnarne un quadro più ampio e più equo. Anche le misure alternative potrebbero essere intaccate dalle riforme che verranno. L’idea di una pena scontata fuori dal carcere è sempre più malvista. Il nodo centrale è come queste riforme verranno fatte e se magistratura e avvocatura sapranno guidare dal mano del legislatore. Il rischio è il fallimento definitivo della giustizia.

Giustizia: incrementare misure alternative, o rifare l’indulto

 

Il Gazzettino, 16 aprile 2008

 

Come tutti ricordiamo, nel 2006 è stata promulgata la legge che concedeva l’indulto per tre anni, praticamente a tutti i condannati o accusati. Solo pochissimi reati, infatti, furono esclusi dal provvedimento di clemenza. Secondo i dati ufficiali del Ministro della Giustizia, i detenuti scarcerati sono stati 27.000. In realtà il numero è certamente più consistente, visto che l’indulto continua anche oggi ad essere applicato dai giudici nell’atto stesso in cui pronunciano o confermano una condanna.

Si è trattato sicuramente di una misura clemenziale assai larga, tra le più larghe del periodo repubblicano che pure è stato assai generoso in materia. Si è detto tante volte che il provvedimento è sbagliato e contraddittorio. Sbagliato perché ogni indulto indiscriminato, come questo, incrementa a dismisura il circuito della criminalità, incoraggiando la delinquenza e mortificando gli osservanti. Contraddittorio perché, una volta decisa la clemenza, non c’era ragione di non adottare anche l’amnistia che avrebbe almeno consentito ai giudici di liberarsi di un pesante carico arretrato, e quindi di accelerare la risposta di giustizia, invece di obbligarli a pronunciare condanne solo sulla carta, come oggi avviene ogni giorno.

Infatti, come purtroppo non è noto a tutti, l’indulto colpisce solo la pena inflitta (ma si applica anche durante il giudizio), mentre l’amnistia estingue immediatamente il reato, oggetto del processo, liberando il giudice dal vincolo di portarlo a termine. Queste riflessioni sono state avanzate tante volte, prima e dopo il provvedimento, ma tutto è stato inutile. Le forze politiche si sono trovate costrette ad adottare la misura di clemenza a causa del sovraffollamento delle carceri che rendeva invivibile l’ambiente, e impossibile ogni prospettiva di rieducazione, finalità imposta da un preciso obbligo costituzionale.

In pratica in carcere al momento dell’indulto erano ristretti più di 60.000 detenuti, a fronte dei 43.000 che è la capienza massima regolamentare. Al momento quindi non si poteva fare altro, anche se non si possono assolvere i politici, la cui colpa maggiore consiste proprio nell’essere arrivati al punto di trovarsi costretti all’indulto, quando avrebbero dovuto affrontare ben prima l’emergenza, da molto tempo annunciata.

Ma oggi ci risiamo. Per quanto incredibile, per quanto detto, ridetto e previsto, in carcere oggi sono presenti, secondo le statistiche ufficiali del Ministero, circa 52.000 detenuti, ben 9.000 in più della capienza massima, anche se ancora circa 10.000 in meno della cifra massima di tollerabilità. Se continua così (e continuerà così, se non si interviene al più presto), fra poco più di un anno il Parlamento sarà costretto ad adottare una nuova misura di clemenza, con tanti saluti al principio della certezza della pena. A documentare l’assoluta paradossalità della situazione sta l’importante cifra di circa 9-10.000 detenuti, già beneficiari dell’indulto, e di nuovo arrestati per avere commesso un altro delitto. Si tenga presente, infatti, che una delle critiche più fondate al provvedimento consiste nel fatto che all’indulto sono stati ammessi anche i recidivi, gli abituali e i professionali, e cioè i condannati ufficialmente etichettati come socialmente pericolosi.

Insomma andiamo verso una nuova clemenza, e non servirà gridare all’irrazionalità, e sottolineare lo sconcerto dell’opinione pubblica. Del resto, come sottolineano i sostenitori della tesi che l’indulto non fu un errore, ma una misura necessitata, non può trascurarsi che senza la clemenza, oggi i detenuti sarebbero assai più di 70.000, un numero assolutamente al di là di ogni limite di tollerabilità.

Ma si può fare qualcosa? Certamente, ma va fatta subito, se si vogliono evitare misure necessitate, giustificate solo dalla pura mancanza di alternative. Anzitutto occorre costruire nuovi stabilimenti, completare ed adattare quelli costruiti e non ancora in funzione (ce ne sono) e assumere un numero adeguato di agenti di polizia penitenziaria. Occorrono carceri per almeno altri 15-20.000 detenuti, e ovviamente il numero necessario di preposti alla sorveglianza. Costerà caro, ma è indispensabile, e non basterà. Perché occorrono, e subito, misure adeguate di riforma del sistema penale. Oggi in carcere sono presenti soprattutto extracomunitari condannati o imputati per violazione della Bossi-Fini e condannati e imputati per spaccio di stupefacenti. È possibile rivedere al ribasso le sanzioni relative. Occorre infine intervenire sui benefici penitenziari, incrementandone i limiti di ammissibilità specie in materia di affidamento e di detenzione domiciliare.

Certo, se si interviene nel senso indicato, sarà minore la forza deterrente della pena, e la certezza della sanzione sarà ancora più lontana di oggi. Ma proprio per questo si dice che la politica è l’arte dell’equilibrio e del possibile. Sta al Governo e al nuovo Parlamento scegliere, tra le diverse opzioni, la migliore e la più praticabile.

Giustizia: Laratta (Pd); l’indulto? sciagura per Centrosinistra

 

Asca, 16 aprile 2008

 

"L’indulto di Mastella è stata una grande sciagura per il Centro-Sinistra. Così pure l’incapacità di comunicare di Prodi e del suo staff. E i ministri in piazza a protestare. Tre ragioni che hanno ostacolato l’avanzata del Pd. Che ha ottenuto un buon risultato di partenza, grazie a Veltroni e al suo coraggio. Ci hanno votato le nuove generazioni, danneggiato i poteri locali, mentre in troppi sono stati a guardare. Ma ora si parte per una sfida nuova e avvincente". Lo ha dichiarato l’on. Franco Laratta, del Pd, rieletto alla Camera dei Deputati.

Giustizia: Palamara (Anm); no a riforme punitive per magistrati

 

Ansa, 16 aprile 2008

 

Niente riforme punitive per i magistrati, ma interventi per restituire efficienza al sistema giustizia. L’altola viene dall’Associazione Nazionale Magistrati all’indomani delle elezioni politiche che hanno visto la vittoria del Pdl. "Aspettiamo di vedere cosa intende fare la nuova maggioranza. Ma quel che è certo è che non vogliamo riforme punitive" dice il segretario del "sindacato delle toghe", Luca Palamara.

Come la separazione delle carriere? "Sulla separazione delle carriere la nostra posizione è molto chiara: siamo contrari perché significa sottrarre il Pm alla cultura della giurisdizione". L’Anm resta intransigente anche sul rispetto dell’autonomia e dell’indipendenza dei giudici: "Sono valori irrinunciabili, il cui corollario è il dovere di professionalità e l’assunzione di responsabilità da parte dei magistrati".

Le riforme che i magistrati vogliono sono quelle "funzionali al processo, che realmente possano migliorare la resa della giustizia; per tre anni abbiamo discusso di ordinamento giudiziario, ora bisogna pensare a interventi migliorativi del funzionamento del processo", sottolinea Palamara. Interventi indicati nelle linee guida per un progetto sulla giustizia messo a punto dall’Anm appena quindici giorni fa: snellimento dei riti, riforma delle fattispecie penali, modifica del processo contro i contumaci e gli irreperibili, revisione delle circoscrizioni giudiziarie. Se non si seguirà la strada delle riforme per dare efficienza, se si metteranno in discussione autonomia e indipendenza con riforme punitive per le toghe "si tornerà a una situazione non accettabile per la magistratura", avverte il segretario dell’Anm.

Giustizia: Dominioni (Ucpi); ora il Pdl deve separare le carriere

 

Ansa, 16 aprile 2008

 

"In campagna elettorale abbiamo sentito tutte le componenti della nuova maggioranza parlare di separazione delle carriere. Ora dare all’ordinamento un assetto democratico e liberale è un dovere nei confronti del Paese". All’indomani delle elezioni è il presidente dell’Unione delle Camere Penali, Oreste Dominioni, a richiamare il Pdl al rispetto degli impegni elettorali. "Con dichiarazioni impegnative in campagna elettorale, lo schieramento che ha vinto le consultazioni ha acquisito consenso - sottolinea il leader dei penalisti - e ora deve rispondere con i fatti alle promesse".

Nelle aspettative degli avvocati c’è una "grande riforma della giustizia; la separazione delle carriere ne è l’architrave, ma ci vuole anche una nuova normativa per il Csm, che non deve essere più condizionato da logiche correntizie, e un intervento sui magistrati fuori ruolo: non si deve più consentire ai giudici di ricoprire incarichi politici per rompere il connubio tra magistratura e politica, a vantaggio della reciproca autonomia".

Ma non basta: bisogna anche "sbloccare il rinnovamento dell’avvocatura, riformare i codici e avviare una politica di sicurezza che non sia fondata sulle espulsioni e sulle limitazioni delle libertà democratiche; non si deve usare la propria forza - dice Dominioni pensando soprattutto al peso assunto nella coalizione dalla Lega Nord - per ripercorrere itinerari già praticati con l’effetto di rendere meschino il Paese".

Giustizia: Osapp; il Pdl si impegni per il sistema penitenziario

 

Adnkronos, 16 aprile 2008

 

L’Organizzazione Sindacale Autonoma di Polizia Penitenziaria (Osapp) esprime "vivissime felicitazioni alle compagini del Pdl e della Lega per l’esito elettorale" ma adesso alle parole "devono seguire i fatti", soprattutto per quanto riguarda la riforma del sistema penitenziario. Il risultato delle elezioni - afferma Leo Beneduci, segretario generale - "dovrebbe consentire al Paese un lungo periodo di stabilità politica".

E - ribadisce l’Osapp in una nota - "tra le riforme essenziali di cui lo stato ed i cittadini necessitano" ci sono, "non ultime, quelle riguardanti il carcere e soprattutto la riforma e la riorganizzazione della polizia penitenziaria, sulle cui spalle notevolmente immiserite il sistema penitenziario si basa pressoché esclusivamente". L’Osapp auspica "una riforma in grado di restituire, ai 42.000 donne e uomini in uniforme nelle carceri italiane, dignità e funzionalità istituzionali pari a quelle della altre forze di polizia".

Giustizia: chi rappresenterà il Terzo Settore in Parlamento?

 

Redattore Sociale, 16 aprile 2008

 

Nel non profit italiano si accende il dibattito sul ruolo del terzo settore nel nuovo quadro politico. Tra preoccupazioni, crisi di rappresentanza e riflessioni sul da farsi, le voci di 11 protagonisti.

Il Terzo Settore è in crisi? È in crisi la sua rappresentanza, e il suo rapporto con la politica? Sì, ma non da ora e tra ciò che le elezioni hanno rilevato c’è il fatto che quella crisi è in atto da tempo. È il filo conduttore delle riflessioni di 11 protagonisti del non profit italiano, cattolico e laico, da noi intervistati ieri in uno speciale sul dopo voto. Di seguito le sintesi degli interventi, a cominciare dalla riflessione del presidente della Comunità di Capodarco, pubblicata integralmente sul suo blog www.vinicioalbanesi.it.

Albanesi (Comunità di Capodarco): "Il sociale tra i mercenari e l’esercito della salvezza". "Il voto dimostra che l’attenzione alla popolazione precaria (poveri, anziani, immigrati) è un non-problema per il futuro. Ora cresceranno le aziende sociali, che parteciperanno ai bandi offrendo, al massimo ribasso, i servizi richiesti. E l’elemosina, con il suo esercito della salvezza, tornerà con prepotenza. Una logica da combattere, anche se in solitudine".

Marelli (Ong Italiane): "Le istanze del terzo settore non sono rappresentate nel nuovo Parlamento. Non ci sentiamo in difficoltà, ma ora dobbiamo metterci alla ricerca di nuovi interlocutori". "Nel governo ci sia una delega alla cooperazione".

Barbetta (Università Cattolica): "Il terzo settore ha perso peso perché si è concentrato più sull’erogazione di servizi che sull’animazione del territorio". Ma con la politica "la crisi è iniziata da tempo: il voto non la dovrebbe peggiorare".

Marcon (Lunaria): "Questo voto ha reso evidente la crisi del terzo settore. Relegato al ruolo di gestore di servizi pubblici e stretto in logiche imprenditoriali, dopo gli anni 90 ha perso sensibilità, capacità d’incidere sulla società, di farsi portavoce di bisogni fino a stimolare la produzione di leggi".

Beni (Arci): "Scenario preoccupante: prevale l’idea (perdente) di una società tutta affidata ai proclami del leader e alle soluzioni calate dall’alto. Ora le responsabilità del terzo settore aumentano".

Olivero (Acli): "Non ho paura: il Terzo Settore ha un propria politicità, indipendentemente da appoggi, finanziamenti o benedizioni. Il nostro ruolo non è l’opposizione né il collateralismo".

Biggeri (Fondazione Responsabilità Etica): "Il risultato? Una spinta a un nuovo attivismo del Terzo Settore. Ora la sfida è iniziare a dialogare con i grandi partiti".

Colmegna (Casa della Carità): "La gente ha paura, ma i problemi sociali restano, e vanno affrontati cercando di abbassare la conflittualità".

Pasini (Fondazione Zancan): "Il Terzo Settore agisca in rete, altrimenti scadrà verso l’assistenzialismo".

Pagano (Anmic): "Il governo aumenti le pensioni di invalidità, o perderà consenso e sarà travolto. Nessun rischio di marginalizzazione del Terzo Settore".

Barbieri (Fish): "Il Terzo Settore si è presentato alla politica come il soggetto cui delegare, con un po’ di beneficenza, le questioni sociali del paese. Ecco perché è destinato a morire".

Giustizia: nasce a Milano il "Cantiere per un nuovo Welfare"

 

Redattore Sociale, 16 aprile 2008

 

È nato ufficialmente l’8 aprile il "Cantiere per un Patto costituente di un nuovo Welfare", con la presentazione alla stampa, presso la sede delle Acli Provinciali di Milano.

Tra i promotori dell’iniziativa figurano parecchie, qualificate, organizzazioni del terzo settore e del volontariato italiani: Casa della Carità, Cnca, Ceas, Cgm, la rivista "Vita", Acli, Alea, Antigone, Erit, Federserd, Fict, Fish, Forum Droghe, Lila, Lunaria, Movi. Ma sono numerose le organizzazioni di rilevanza locale e le persone che hanno già sottoscritto l’appello da cui ha preso avvio la raccolta delle adesioni.

Con questa iniziativa, i promotori intendono costituire non un nuovo "cartello", bensì uno spazio di riflessione e di iniziativa politica sui temi del welfare, dei diritti di cittadinanza e della sicurezza sociale, esprimere un pensiero politico che sia in grado di incidere in modo significativo sulle politiche nazionali e locali.

I soggetti che hanno sottoscritto l’appello ritengono che non sia più rinviabile un riconoscimento pieno, da parte della politica e degli altri attori sociali, della soggettività politica del terzo settore e del volontariato e della funzione pubblica da essi svolta; inoltre, chiedono con forza che la questione sociale sia assunta da tutti come la questione più importante che ha di fronte il Paese.

L’iniziativa, infatti, nasce anche dall’insoddisfazione che le organizzazioni sociali provano nei confronti del mondo politico e delle istituzioni, dal rischio che le organizzazioni civiche siano chiamate solo a svolgere compiti di controllo sociale e non valorizzate per il proprio patrimonio di valori e di competenze e che la tutela dei diritti e la risposta ai bisogni sociali rimangano ai margini dei programmi politici e dell’azione di governo.

Il Cantiere vuole appunto cambiare questo stato di cose attraverso un vasto coinvolgimento di persone e organizzazioni. Un sito web dedicato - accessibile all’indirizzo www.cantierewelfare.org e anche attraverso il link predisposto sui siti delle organizzazioni aderenti - permetterà di creare un vero e proprio forum aperto a tutti, mentre continuerà ad essere diffuso l’appello per la raccolta di nuove adesioni. In tarda primavera è previsto un evento pubblico in cui, sulla base delle riflessioni e delle proposte pervenute, verrà presentata una vera e propria piattaforma sul welfare.

Napoli: nuovo rigetto dal Tribunale, e Contrada resta in cella

 

Ansa, 16 aprile 2008

 

Brutte notizie per Bruno Contrada: ieri il Tribunale di Sorveglianza di Napoli ha respinto l’istanza di scarcerazione dell’ex funzionario del Sisde, presentata dal suo legale, l’avvocato Giuseppe Lipera. Contrada, che ha 77 anni ed è detenuto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, è stato condannato a dieci anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Gravemente malato, come dimostrano numerose perizie mediche presentate dalla difesa, Contrada aveva rivolto un appello ai giudici: "Sono stato sempre un servitore dello Stato, ora lasciatemi morire a casa mia". Ma il Tribunale di Sorveglianza ha rigettato la richiesta di scarcerazione ritenendo compatibile con la detenzione lo stato di salute dell’ex funzionario del Sisde. L’avvocato Lipera ha già annunciato che presenterà ricorso in Cassazione contro il mancato accoglimento della richiesta di differimento della pena.

Bari: "Dentro & Fuori"... due incontri con le scuole elementari

 

www.barilive.it, 16 aprile 2008

 

Prosegue il percorso di conoscenza e di confronto promosso dall’Agenzia per la Lotta non Repressiva alla Criminalità Organizzata del Comune di Bari in collaborazione con l’Ufficio Esecuzione Penale Esterno (Uepe), l’Ufficio Scolastico Provinciale e l’Associazione Nazionale Magistrati. Nell’ambito delle attività del progetto "Dentro & Fuori", nei giorni 16, 19, 22 e 23 aprile prossimi le classi pilota degli Istituti scolastici di II grado coinvolti nel percorso formativo (Romanazzi, Calamandrei, De Lilla, Tridente, Lenoci, Perotti, Majorana e Panetti) effettueranno delle visite presso la Casa circondariale di Bari.

Nel corso degli incontri gli studenti avranno l’occasione di confrontarsi direttamente con i detenuti, gli operatori carcerari, gli educatori, gli psicologi e gli operatori sanitari affrontando argomenti legati all’ordinamento penitenziario, la salute (con particolare riferimento alle tossicodipendenze), l’istruzione, la religione, il lavoro e i rapporti con le famiglie d’origine.

Il progetto Dentro & Fuori, come noto, ha l’obiettivo di tracciare un percorso educativo sui valori della legalità, della sicurezza, della giustizia e del rispetto delle regole facendo concretamente conoscere i rischi e le conseguenze legate alla drammatica scelta della devianza e del crimine. Parallelamente, giovedì 17 e venerdì 18 aprile, nella sala congressi del Multicinema Galleria, si terranno le ultime due tavole rotonde del progetto, rivolte agli studenti e ai docenti delle scuole elementari Bonghi Santo Spirito, Cep I Cirielli, CEP IV Grimaldi, Mazzini, De Amicis, Japigia I e Umberto I - San Nicola.

Pesaro: "Liberi di Giocare", dalla fiction si è passati alla realtà

 

www.pesarosport.com, 16 aprile 2008

 

Liberi di giocare. Così si chiamava la fiction Rai girata a Pesaro che qualche mese fa aveva appassionato mezza Italia con una storia di carcerati e di pallone. Ma la finzione della macchina da presa e del piccolo schermo è divenuta realtà. Questo grazie al Villa Pesaro che martedì è entrato nella casa circondariale di Villa Fastiggi per giocare una partita amichevole con alcuni detenuti.

Un’iniziativa lodevole quella messa in piedi dalla società del presidente Claudio Pandolfi e del co-presidente Giuliano Castellucci. Un sogno divenuto realtà grazie all’interessamento del provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria Raffaele Iannace e al direttore in missione Francesco Cacciola, oltre che grazie alla disponibilità del commissario Riccardo Secci. I "villani" per un giorno hanno svestito i panni dell’agonismo (sono primi in classifica nel girone A di prima categoria e domenica vanno a giocare la sfida decisivo a Tavoleto, in casa della seconda) per giocare contro gli "abitanti" della casa circondariale di Pesaro in un match dai forti contenuti sociali. Un modo per far uscire i detenuti, omaggiati con magliette, palloni e sorrisi a iosa, dall’isolamento del carcere. Bravi.

"Ogni volta che passavo davanti alla struttura detentiva di Villa Fastiggi per andare al campo pensavo sempre la stessa cosa - ha fatto sapere il dirigente del Villa Pesaro Giancarlo Carboni detto "Jachi" -: chissà se un giorno potremo entrare a disputare una partita con i detenuti. Poi quest’anno, grazie a un dirigente del nostro settore giovanile che è agente di Polizia Penitenziaria, ci siamo messi in contatto con la direzione del carcere ed è nata questa possibilità. La partita non voleva essere un modo per noi del Villa di ottenere pubblicità, ma il tentativo di mostrare ai nostri ragazzi cosa significa vivere in prigione e soprattutto un modo per far uscire, anche se solo per un pomeriggio, i detenuti dall’isolamento della vita carceraria".

Per la cronaca, la partita - seguitissima dai detenuti nelle celle sovrastanti il campo in terra battuta nel bel mezzo della struttura - si è conclusa 3-2 per i giocatori del Villa Pesaro. I 14 rappresentanti della Casa Circondariale di Pesaro si sono comunque comportati in maniera egregia, dimostrando discrete doti tecniche unite a doti fisiche fuori dal comune.

Due boati hanno accompagnato i gol della squadra multietnica formata dopo un’attenta selezione interna operata da un detenuto italiano. Una festa per chi non ha il dono prezioso della libertà, come ha giustamente sottolineato il commissario Riccardo Secci, lo zelante comandante del reparto di polizia penitenziaria della struttura detentiva di Villa Fastiggi: "Lo sport è un valore fondamentale per i detenuti.

Nella nostra Casa Circondariale vengono già organizzati laboratori di falegnameria, corsi di formazione, lavori teatrali, ma questa partita di pallone potrebbe non rimanere isolata. Chissà che in futuro non si possa ripetere l’esperienza magari organizzando un quadrangolare con una squadra anche di agenti di polizia penitenziaria". Speriamo. Intanto il Villa Pesaro, gli agenti di polizia penitenziaria di Villa Fastiggi e i detenuti hanno fatto gol… tutti assieme.

Torino: una mostra fotografica allestita all’interno del carcere…

 

Asca, 16 aprile 2008

 

"Sic transit", così passa e trascorre il tempo dell’uomo, di ciascun uomo e donna, tra un "dentro" e un "fuori", aldilà di ciò che fa e di ciò che diventa nel tempo la sua vita.

Il progetto "Sic transit" prende avvio nel 2002 con una serie di ritratti fotografici realizzati da Maria Crocco all’interno del carcere torinese Le Vallette. Si è sviluppato nel tempo fino a comprendere oltre cinquanta immagini di uomini e donne eseguiti in parte in carcere e in parte fuori, coinvolgendo persone incontrate o conosciute per caso che vivono in stato di libertà.

In entrambi i casi gli scatti sono stati realizzati in uno spazio chiuso e privo di connotazioni ambientali, a creare una sequenza di volti in cui non è possibile distinguere "chi è dentro da chi è fuori". L’artista ha scelto di operare all’interno dei codici e delle convenzioni della ritrattistica fotografica, di cui assume il tradizionale taglio a tre quarti enfatizzato dall’uso del bianco e nero, sottraendo però a essa la possibilità di funzionare come strumento di identificazione e di controllo sociale. L’obiettivo fotografico giunge così a definire la cornice di uno spazio "liberato", sebbene non neutro, in cui i gesti, le espressioni, gli sguardi, le ombre, costituiscono la sintassi di un linguaggio stratificato, da cui emerge la dimensione relazionale della soggettività.

Al pubblico resta il compito di esplorare questa geografia di segni cristallizzata nella posa, e da essi cercare gli indizi per ricostruire le storie dei soggetti ritratti, nel tentativo, innescato dalla natura stessa del progetto, di indovinarne le identità. Chi dentro e chi fuori? Un gioco che non può che partire e concludersi nel riconoscimento e nella negoziazione degli stereotipi con cui ciascuno declina il processo di identificazione dell’altro da sé.

Il ritratto si fa così specchio dello sguardo, luogo nel quale paure e certezze si trovano parimenti riflesse, a raccontare, attraverso l’altro, la nostra stessa storia.

 

La mostra

 

"I detenuti - scrive l’artista - sono individui un tempo liberi, la cui identità, per un periodo a volte lungo decine di anni, cambia radicalmente: il dato personale, individuale, esiste a quel punto solo più per se stessi e per la loro cittadella fortificata e sorvegliata, mentre per il resto del mondo scompaiono del tutto. Una condizione di invisibilità e separazione che a volte non è così diversa, seppure più eclatante, da molte realtà di vita al di fuori delle mura".

Il progetto si pone l’obiettivo di creare una permeabilità e una circolazione tra situazioni di vita, luoghi e sistemi - di pensiero, di regole, di codici - declinati tra "un dentro e un fuori". Per questa ragione l’evento espositivo si articola in due tappe: la prima, a Torino, con l’allestimento di trenta ritratti in un’area di ampio accesso dei detenuti all’interno del carcere Le Vallette, dove il progetto ha avuto inizio. La seconda mostra, in programma nell’autunno, si terrà a Roma in collaborazione con la Fondazione Volume!, da oltre dieci anni attiva nell’ambito dell’arte contemporanea con mostre di artisti internazionali, pubblicazioni e azioni di sostegno a progetti di ricerca.

L’inaugurazione e la durata della mostra torinese coincide con la settimana in cui ha luogo lo spettacolo teatrale "Teatro di guerra" realizzato da un gruppo di detenuti con la direzione artistica di Claudio Montagna e C.A.S.T. (Consulenza Animazione Spettacoli Teatrali), un progetto sostenuto dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Torino che si è scelto di affiancare alla mostra offrendo la possibilità al pubblico di partecipare a entrambi gli eventi.

 

Sic Transit. Un progetto fotografico di Maria Crocco

 

Inaugurazione 16 aprile alle ore 20.00; 16, 17, 18, 21 e 22 aprile 2008 / in concomitanza con lo spettacolo teatrale "Teatro di guerra" a cura di C.A.S.T. (Consulenza Animazione Spettacoli Teatrali). Promosso da: A. Titolo, Torino (Giorgina Bertolino, Francesca Comisso) e la Fondazione Volume!, Roma. Orari mostra: ore 20.00, all’ingresso della Casa Circondariale.

Ingresso: per ragioni di sicurezza è necessario prenotarsi quanto prima all’indirizzo mail prenotazioni.sictransit@gmail.com o telefonando al numero 333.4800530 e segnalare nome, cognome, data e luogo di nascita, indicando il giorno prescelto per la visita. In occasione della visita alla mostra, è possibile, su richiesta, assistere allo spettacolo teatrale in programma negli stessi giorni della mostra. Per ulteriori informazioni 339.8052996

Alcune opere in mostra entreranno a far parte della collezione di UniCredit, Gruppo impegnato in un progetto strategico di promozione dei giovani talenti e dei linguaggi della contemporaneità.

Torino: "Tagliare la corda", con il teatro si può anche evadere

 

La Stampa, 16 aprile 2008

 

Per cinque serate le porte della Casa Circondariale "Lorusso e Cutugno", in via Pianezza 300, si aprono alla città e i detenuti potranno "evadere" attraverso il teatro. "Teatro di Guerra" è il titolo della pièce che sarà messa in scena a partire da questa sera, alle 20, e proposto in replica fino a martedì 22, dagli attori della VI Sezione del Padiglione A del carcere, per la regia di Claudio Montagna di Cast.

Lo spettacolo è il risultato di un’attività teatrale promossa e sostenuta da diversi anni dall’Assessorato alla cultura della Città di Torino e realizzata in accordo con la Direzione del carcere. Attività che ha permesso di far entrare in contatto cittadini e detenuti, portandoli a confrontarsi sui difficili temi della detenzione, del reato, della pena, ma anche del lavoro e del reinserimento nella società. Proprio in questa direzione è significativo il coinvolgimento di diverse Associazioni di Categoria che, insieme al carcere, desiderano individuare forme di rapporto e collaborazione. L’appuntamento di Cast vuole andare oltre al semplice piacere di assistere ad uno spettacolo o all’emozione di accedere in un luogo di reclusione, il teatro diventa un veicolo per rinnovare il patto sociale tra detenuti e cittadini e stimolare al cambiamento.

"Teatro di Guerra" è la storia di uno strano esercito in un accampamento decisamente poco bellico, dove però nessuno riesce a trovare la pace, perché nella guerra finta, è finta anche la tregua. Per il tema affrontato diventa particolarmente significativa la presenza nelle varie serate del Comando Brigata Alpina Taurinense e del Comando Regione Militare Nord. Gli appuntamenti in carcere riprenderanno ad ottobre, con la nuova stagione promossa in collaborazione con la Compagnia di San Paolo. Prenotazioni 011.837846.

Droghe: Oms; in 115 milioni hanno disturbi mentali "correlati"

 

Dire, 16 aprile 2008

 

Oltre 150 milioni di persone al mondo soffrono di depressione, 50 milioni di epilessia, 25 milioni di schizofrenia, 24 milioni di Alzheimer, mentre oltre 115 milioni hanno disturbi mentali legati all’abuso di alcol o droghe. Ogni anno quasi un milione di persone si toglie la vita per problemi legati a disabilità mentali, una stima al ribasso dal momento che mancano i dati relativi alla quasi totalità dell’Africa e a numerosi paesi tra Medio Oriente e Sud-est asiatico. È partita da numeri e percentuali la relazione che Benedetto Saraceno, direttore del dipartimento di Salute mentale dell’Organizzazione Mondiale della Salute (Oms), ha presentato oggi a Rimini in occasione dell’apertura del meeting internazionale "Rafforzare i sistemi di salute mentale nei paesi a basso e medio reddito".

Organizzato dall’associazione riminese Cittadinanza in collaborazione con l’Oms, con il contributo della Regione Emilia-Romagna e con il patrocinio di Ministero della Salute e di Comune e Provincia di Rimini. fino a venerdì 18 aprile il meeting metterà a confronto le autorità di 15 paesi a basso reddito - dall’Albania all’Uganda, dal Bangladesh alla Giamaica - e i referenti di agenzie sanitarie e Ong nazionali e internazionali, con l’obiettivo di facilitare lo scambio di conoscenze e buone pratiche, individuare gli strumenti necessari per sviluppare i sistemi nazionali di salute mentale ed estendere le cure ai 400 milioni di persone con disturbi psichici che non hanno accesso a servizi sanitari e spesso vivono nell’isolamento.

"Esiste una relazione fra povertà e salute mentale - ha spiegato Saraceno analizzando i dati sulla diffusione dei disturbi mentali -. La povertà può essere un fattore scatenante o un fattore di rischio per la depressione, il suicidio, l’abuso di alcool e sostanze illecite, il ritardo mentale. Per altre patologie la povertà contribuisce al peggioramento delle condizioni, come succede con la schizofrenia".

Nel mondo solo il 9% dei 450 milioni di persone con disturbi mentali riceve cure adeguate. Il restante 91% vive in gran parte nei paesi poveri. Qui alla salute mentale è riservato tra l’1,54% e il 2,78% del totale del budget sanitario (contro il 6,89% dei paesi ad alto reddito), psichiatri e infermieri specializzati spesso sono solo uno ogni 100.000 abitanti e oltre l’85% dei malati con gravi patologie non riceve alcun tipo di cura.

"Le risorse per la salute mentale globale sono scarse, distribuite iniquamente e utilizzate in maniera inefficiente - ha continuato Saraceno - Nei paesi a basso e medio reddito la situazione è poi peggiore perché povertà, scarse risorse umane disponibili, mancanza di servizi, ma anche stigma e discriminazione impediscono la presa di coscienza della dimensione del problema e la conseguente realizzazione di sistemi di cura adeguati".

Dopo l’analisi dettagliata del fenomeno, Benedetto Saraceno è passato alla presentazione del programma Mhgap (Mental Health Global Action Programme), elaborato dall’Oms per aumentare l’attenzione dei governi verso le malattie mentali e i disturbi correlati ad alcol e droghe.

"Ridurre il numero delle persone con disturbi mentali non curati si può - ha aggiunto Saraceno -. Bisogna aumentare la consapevolezza dei governi che devono investire di più in salute mentale. Bisogna formare più operatori sanitari nella gestione dei problemi psichiatrici. Bisogna educare le comunità a una maggiore tolleranza e una minore discriminazione. E bisogna spostare l’asse degli interventi dai tradizionali ospedali psichiatrici ai servizi comunitari".

Ma è possibile realizzare un sistema globale di salute mentale? "L’Oms si è posta tre obiettivi prioritari. Innanzitutto promuovere ed estendere la tutela dei diritti dei malati psichiatrici. Quindi sensibilizzare i governi e impegnarci insieme alle autorità sanitarie nazionali, alle agenzie internazionali, alle Ong e alla società civile per realizzare un’organizzazione dei servizi non centrata sull’ospedale ma diffusa sul territorio.

Infine promuovere globalmente una politica seria per ridurre l’abuso di alcol, che causa disturbi mentali e disastrosi effetti sociali".

Droghe: 19enne uccisa dall’ecstasy, arrestato lo spacciatore

 

Il Giorno, 16 aprile 2008

 

Sono state due pasticche di ecstasy acquistate in discoteca da un ventitreenne di Lecco a uccidere Kristel Marcarini, la 19enne di Clusone (BG) morta ieri mattina agli Ospedali Riuniti di Bergamo dopo due giorni di coma. In serata i carabinieri della compagnia di Clusone hanno eseguito un decreto di fermo a carico del giovane, M.P., 23 anni, residente nella provincia di Lecco, che sabato notte, avrebbe venduto alla ragazza le pasticche all’interno della discoteca Fluid di Orio al Serio, in provincia di Bergamo.

L’inchiesta condotta dai Carabinieri e coordinata dal pubblico ministero Mauro Clerici, è stata avviata dopo il ricovero in ospedale della ragazza, le cui condizioni, già nella giornata di domenica, erano apparse molto gravi. Le indagini hanno permesso ai militari di ricostruire la serata trascorsa da Kristel Marcarini insieme ad alcune amiche nel locale alle porte di Bergamo, che, peraltro, era già stato chiuso più volte dagli stessi carabinieri, proprio a causa delle attività di spaccio di stupefacenti.

Il giovane arrestato, già pregiudicato per reati legati allo spaccio di stupefacenti, al momento è rinchiuso nel carcere di Lecco. Per le stesse ipotesi di reato i carabinieri hanno denunciato a piede libero un altro giovane lecchese, anche lui di 23 anni, che al momento della cessione delle due pasticche si trovava in compagnia dell’arrestato.

Droghe: dibattito Tv, poliziotto aggredisce esponente Radicale

 

Agenzia Radicale, 16 aprile 2008

 

Michele Bortoluzzi, 40 anni, membro della Giunta Nazionale di Radicali Italiani e Segretario dell’Associazione Radicale Veneta Loris Fortuna, è uscito dagli studi di Canale Italia la notte passata alle 2,30 in barella, trasportato al nosocomio di Padova per un sospetto trauma cranico procurato da una testata sferrata da un ospite del dibattito condotto dal giornalista Gianluca Versace. L’aggressore, invitato in qualità "di poliziotto, membro di scorte, e responsabile di una sigla del Sindacato di Polizia" ha inveito contro i Radicali, quali "Partito della marijuana, dei drogati". All’obiezione del Segretario dell’Associazione Fortuna, nel dibattito acceso, il poliziotto ha reagito con una testata sull’arcata sopracciliare a Michele Bortoluzzi.

Bortoluzzi, ghandianamente, ha alzato la fronte insanguinata ed ha continuato a parlare, pur in evidente stato di difficoltà, fino all’arrivo dell’ambulanza che lo ha trasportato all’ospedale, dove è stato dimesso dopo alcuni controlli. L’episodio va stigmatizzato: Bortoluzzi, nel suo intervento iniziale alla trasmissione, aveva infatti pregato tutti di cercare di trovare le comuni ragioni sul sostegno al Governo Italiano incaricato dai cittadini, al di là del voto dato a destra o sinistra, pregando tutti di mantenere il dibattito su un piano costruttivo. L’aggressione continua ai Radicali, le invettive "partito dei drogati, avete rovinato l’Italia", e il clima che si è creato in studio hanno portato all’accensione di un dibattito al quale ovviamente il dirigente radicale ha cercato di mettere un freno, spiegando le ragioni di 50 anni di storia radicale.

Queste ragioni, evidentemente, non sono gradite ad una parte che si sente oggi molto sicura di poter applicare la legalità in una forma nuova, con meno inibizioni, senza limiti, aggredendo e minacciando il più debole. In merito all’increscioso episodio, la Segretaria di Radicali Italiani, Rita Bernardini, si è detta preoccupata per questo segnale di intolleranza verso chi la pensa in modo diverso dai forcaioli, punizionisti e proibizionisti e preannuncia una manifestazione per la mattina del 24 aprile a Roma, in Piazza Cavour, quando si riuniranno le Sezioni Unite della Cassazione per pronunciarsi in modo univoco sulla punibilità o meno della coltivazione domestica di marijuana.

Droghe: Canada; bando per azienda coltivatrice di marijuana

 

Notiziario Aduc, 16 aprile 2008

 

Health Canada, il Sistema Sanitario pubblico canadese, cerca qualcuno disposto a coltivare la marijuana per scopi terapeutici. Il Dipartimento presto bandirà una gara per coltivare e distribuire la marijuana, attualmente prodotta a Flin Flon dalla compagnia Prairie Plant System Inc. L’azienda vincitrice dovrà produrre una qualità di erba che dovrà essere approvata per uso medico e che sarà disponibile il prossimo autunno.

Nel 2000 fu raggiunto l’accordo tra il ministero della Salute e la Prairie, poi rinnovato ogni sei mesi. La compagnia non ha ancora deciso se parteciperà alla gara, anche se probabilmente lo farà, come ha dichiarato il portavoce.

Cina: Amnesty; pena di morte, media di 22 esecuzioni al giorno

 

Associated Press, 16 aprile 2008

 

La Cina esegue in media 22 condanne a morte al giorno: lo afferma Amnesty International nel suo rapporto sulla pena di morte nel 2007, chiedendo ai partecipanti alle Olimpiadi di Pechino 2008 di far pressione sul regime per l’abolizione della pena capitale. "Primo paese per le condanne a morte, la Cina ha la medaglia d’oro per le esecuzioni. Secondo stime attendibili, la Cina mette a morte in segreto circa 22 detenuti al giorno.

Da qui ai giochi olimpici, saranno stati 374", ha dichiarato la direttrice dell’organizzazione per i diritti umani in GB, Kate Allen, aggiungendo: "Tutti coloro che saranno coinvolti nei Giochi dovrebbero fare pressione sulla Cina affinché riveli i numeri dell’uso della pena capitale, perché riduca il numero di circa 60 reati per cui è prevista, e si diriga verso l’abolizione".

Secondo Amnesty, nel 2007 il regime di Pechino ha messo a morte almeno 470 persone, ma questo secondo gli scarsi dati pubblici: per l’organizzazione sarebbero circa 8.000 le condanne eseguite ogni anno. Pechino ed altri paesi, si afferma, devono togliere il segreto che avvolge le esecuzioni: "molti governi dicono che questa pratica ha il sostegno dell’opinione pubblica. La gente ha quindi il diritto di sapere cosa viene fatto in loro nome".

Il Rapporto Death Sentences and Executions in 2007 afferma che nel mondo almeno 1.252 persone sono state giustiziate nel 2007, in 24 paesi (ma si teme siano moltissime di più), mentre le condanne pronunciate sono state 3.347 in 51 paesi. Circa 27.500 persone sono attualmente nel braccio della morte. L’organizzazione esprime grave preoccupazione per l’aumento delle esecuzioni non solo in Cina, ma anche Mongolia, Vietnam, Iran, Arabia Saudita e Pakistan. L’88% di tutte le condanne a morte è stata eseguita in cinque paesi: Cina, Arabia Saudita, Iran, Pakistan e Usa.

 

 

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