Rassegna stampa 10 ottobre

 

Giustizia: la bozza del "pacchetto sicurezza" del Governo

di Marco Ludovico

 

Il Sole 24 Ore, 10 ottobre 2007

 

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Il pacchetto-sicurezza procede a passo lento verso il primo ok. Non senza alcune incognite da risolvere strada facendo. Primo: se i poteri rafforzati ai sindaci non rischiano di essere eccessivi, anche solo per uso smodato delle nuove prerogative. Secondo: se passa, o non ha invece obiezioni di natura giuridica, la norma che dà diritto ai prefetti di espellere per motivi di ordine pubblico cittadini comunitari, leggi criminali rumeni. In questo scenario ancora da comporre, dove nel Governo si discute anche dei problemi legati ai nuovi equilibri, forse precari, tra i primi cittadini e i prefetti, un testo di massima è ormai pronto.

È il disegno di legge "Disposizioni in materia di misure di prevenzione, tutela della sicurezza dei cittadini, ordinamento giudiziario e di contrasto della illegalità diffusa" in una quarantina di articoli. L'esame comincerà al prossimo Consiglio dei ministri di venerdì ma probabilmente si concluderà alla riunione successiva, dopo un passaggio alla Conferenza Stato-Città. Nella prima parte del testo, contributo del dicastero della Giustizia, c'è un robusto reticolo di disposizioni per rafforzare la custodia cautelare, incentivare i magistrati a lavorare in sedi disagiate e consolidare gli uffici dei tribunali al Sud.

Pene molto più dure, poi, per la contraffazione: quelle proposte vanno da uno a sei anni di carcere (nei casi più gravi da due a otto anni) e una multa da mille a 6mila euro (può passare da 3 a 15mila euro). La merce con-traffatta, inoltre, va confiscata, e si consente alle forze di polizia di fare attività sotto copertura anche in questo settore. Un'altra norma stabilisce che navi, imbarcazioni e aerei sequestrati in operazioni di polizia giudiziaria possono essere utilizzati dalle forze dell'ordine o per la loro attività o per necessità di protezione civile o ambientale.

Il Viminale, dal canto suo, con il "Capo IV - Disposizioni per il contrasto della illegalità diffusa" indica sanzioni molto più severe per lo sfruttamento dei minori: la perdita del potestà del genitore e, soprattutto, la reclusione da sei mesi a quattro anni per chi si avvale di un minore di 14 anni. In tema di esercizi pubblici, viene punita l'occupazione di "strade ordinarie" da chi lo fa "al fine di trarne profitto " e sono stabiliti i "obblighi inerenti alla pulizia e al decoro degli spazi pubblici" per gli stessi esercenti. La polizia municipale potrà accedere alla banca dati del Viminale e svolgere funzioni di polizia giudiziaria in situazioni di flagranza di reati. Tra i poteri attribuiti ai sindaci, "la vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l'ordine pubblico" e la funzione di "assicurare la cooperazione della polizia locale con le forze di polizia statali".

Ai prefetti, invece, è dato il potere di allontanamento "dal territorio nazionale per motivi di pubblica sicurezza" dei cittadini comunitari: i motivi per un atto così duro riguardano "la tutela della dignità umana o dei diritti dei cittadini ovvero l'incolumità pubblica". È un vero pugno di ferro: resta da vedere se e quanto potrà essere esercitato. In ogni caso è ammesso il ricorso al Tar contro il decreto di espulsione. Il testo, ormai definito nelle sue linee po-litiche, lascia fuori le norme sulla prostituzione, oggetto di un provvedimento a sé di cui è lecito dubitare l'immediato arrivo. I sindacati di polizia lanciano segnali positivi mentre l'opposizione boccia il pacchetto. "È un pannicello caldo: se la sicurezza fosse stata davvero una priorità per il Governo - osserva Jole Santelli (Fi) - sarebbe stata scelta la strada del decreto legge".

E parte anche la frecciata di Gianfranco Fini (An) con la critica, in particolare, della carenza di risorse: "Non si possono fare le nozze con i fichi secchi e il ministro dell'Interno Giuliano Amato, del quale ho stima, mi sembra Alice nel paese delle meraviglie ". Ma per il pacchetto-sicurezza le vere insidie si nascondono innanzitutto all'interno della compagine governativa e di maggioranza.

Giustizia: sul "pacchetto sicurezza" la sinistra si ribella

 

Corriere della Sera, 10 ottobre 2007

 

La sinistra radicale boccia il "pacchetto sicurezza" del governo. Salva la parte che riguarda la criminalità organizzata, la scelta di equiparare le vittime di mafia a quelle di terrorismo. Ma respinge le altre misure, prime fra tutte quelle che concedono poteri più ampi a sindaci e prefetti. Dice "no" alle norme che raddoppiano e in alcuni casi triplicano le pene per chi produce e vende merci contraffatte, alle altre che prevedono la custodia cautelare obbligatoria anche per scippatori e ladri.

È netto il giudizio del presidente dei senatori di Rifondazione Comunista Giovanni Russo Spena quando afferma: "Il provvedimento stravolge le regole dello Stato di diritto. Questa impostazione non è condivisibile e dunque, senza modifiche sostanziali, non potrà essere votato". E Paolo Cento, che pure dell’esecutivo fa parte come sottosegretario all’Economia, aggiunge: "Mi sembra che sia una rincorsa della destra che non risolve il problema della sicurezza e se la prende con writer e lavavetri".

Nel testo, che il consiglio dei ministri esaminerà venerdì e poi invierà alla Conferenza Stato-Regioni, vengono inserite alcune modifiche al codice che consentono "operazioni sotto copertura" per individuare chi commercializza i "falsi" proprio come avviene per combattere il traffico di armi e droga.

I genitori che obbligano i bambini a mendicare saranno privati della patria potestà. Viene riscritta la lista dei reati per cui deve scattare la custodia cautelare in carcere inserendo appunto il furto, lo scippo, l’incendio boschivo, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La reclusione da sei mesi a tre anni rischiano i tifosi sorpresi, "con razzi, bombolette, petardi, materiale imbrattante o inquinante" non soltanto mentre vanno allo stadio, ma anche "nelle 24 ore antecedenti e successive alla manifestazione sportiva".

"La custodia cautelare - spiega Russo Spena - può essere disposta in casi che sono tassativamente previsti. Se togliamo al magistrato la possibilità di decidere e valutare, siamo fuori dalla Costituzione. In ogni caso non ci può essere equiparazione con i reati di mafia. Discuteremo nell’ambito delle commissioni parlamentari, ma già dico che questo testo non può passare. Io, come capogruppo, darò indicazioni per votare contro. I delinquenti devono andare in galera con pene più brevi ma certe: su questo siamo tutti d’accordo. Ma rendere automatico il carcere per scippi e furti non è accettabile".

Durissimo è poi il giudizio sui nuovi poteri di sindaci e prefetti. "Le prerogative del ministro - sottolinea Russo Spena - non possono essere trasferite. E in ogni caso sono convinto che i sindaci non debbano avere funzioni che attengono all’ordine e alla sicurezza pubblica perché si tratta di un terreno proprio delle forze dell’ordine".

Giustizia: pacchetto sicurezza... l’originale e la fotocopia

 

Il Manifesto, 10 ottobre 2007

 

La sicurezza, si dice, non è di destra né di sinistra. Vero, anzi ovvio: finché non si precisa che cosa si intende con sicurezza e come ottenerla. Da molti anni, negli Usa e in Europa (da ultimo in Italia), per sicurezza si intende solo, da destra e da sinistra, la diminuzione del rischio di vittimizzazione da microcriminalità da parte della "gente". Non è l’unico modo di declinare la sicurezza, che un tempo non lontano significava piuttosto "messa al riparo dai rischi della vita".

Sicurezza viene fatta coincidere, nel dibattito italiano attuale, con legalità. Dobbiamo dunque escludere che siano un rischio per la sicurezza i lavavetri e i mendicanti: nullum crimen sine lege. E se legge si farà, ricordiamo ciò che diceva Anatole France: la legge è uguale per tutti, vieta sia ai ricchi che ai poveri di dormire sotto i ponti.

Ma vi sono altre questioni. Che cosa si intende per "gente", o "cittadini"? In città vivono e transitano uomini e donne, bianchi e colorati, ricchi e poveri, adulti e bambini: la sicurezza di chi si deve tutelare? Anche quella dei lavavetri, delle prostitute, dei mendicanti, o soltanto quella di chi "paga le tasse" (non molti, in Italia) e rispetta la legge (ancora, non molti in Italia)? E che dire di metà della popolazione (le donne, di tutte le fogge e colori), ben più a rischio di vittimizzazione in casa, in famiglia, che negli angoli bui della città ad opera di sconosciuti scuri di pelle?

È vero, c’è un diffuso senso di insicurezza. Indipendente, però (dicono le ricerche), dall’aumentare o diminuire dei tassi di microcriminalità. E magari sensibile alle campagne di legge e ordine: le quali spostano semplicemente questo senso di insicurezza su un bersaglio visibile e (apparentemente) aggredibile, laddove sarebbe molto più difficile fare i conti con la precarietà del lavoro, la flessibilità, il declino delle protezioni collettive, la paura di chi è diverso da noi, l’incertezza del futuro, le annunciate catastrofi ambientali, per non parlare degli infortuni sul lavoro e quelli derivanti dal traffico, per tutti noi un pericolo assai grave e costante ma cui sembriamo esserci abituati (non sarà che forse le lobby dei costruttori d’auto e dei venditori di petrolio sono più influenti sull’opinione pubblica delle temibili lobby di mendicanti, lavavetri e zingari?).

Le carceri sono piene fino all’orlo di imputati o condannati per reati riconducibili alla categoria della microcriminalità - come è sempre stato, del resto (mentre invece le persone "perbene" si pagano avvocati e prescrizione): dove è dunque l’indulgenza nei confronti di quel tipo di reati?

Lavavetri, mendicanti, rom ci mettono a disagio e sono un elemento di "degrado" delle nostre città. Ma forse ci mettono a disagio perché ci ricordano che noi stiamo meglio? E che cosa fare con il "degrado", spazzarlo via, nasconderlo alla vista, criminalizzarlo? È assai dubbio che la famosa "tolleranza zero" di Giuliani abbia veramente diminuito la criminalità a New York, se non altro perché negli stessi anni diminuì in tutte le principali città nordamericane e in tutto il paese (è assai più probabile che il calo sia da legare alla prosperità economica degli anni novanta), ma ha certo aumentato abusi ed illegalità della polizia, soprattutto nei confronti delle minoranze etniche, e diminuito il senso di coesione sociale.

Inoltre, ci si permetta di far notare, se, come dice il ministro Amato, la "ricetta" di Giuliani "non è di destra né di sinistra", non è un caso quasi straordinario che Giuliani sia proprio colui che oggi ha le maggiori probabilità di divenire il prossimo presidente degli Stati Uniti, se il partito di destra, il partito repubblicano, vincerà le elezioni? Colui insomma che si appresta ad essere il massimo alfiere della destra a livello globale? I leader del partito democratico americano potrebbero forse ritenere che alcuni leader del partito democratico italiano abbiano le idee un po’ confuse in proposito?

Siamo certo in presenza di un forte declino e crisi del legame sociale, di un aumento della solitudine di ognuno e ognuna e della diffidenza di tutti verso tutti. Le campagne odierne di legge e ordine rafforzano questo declino e accentuano questa diffidenza, orientandola verso i e le migranti.

Lo stesso rapporto sulla sicurezza del ministro Amato ha messo in luce come la criminalità immigrata sia statisticamente legata ad una condizione di irregolarità. Ma questa è appunto una "condizione", non una "qualità" dell’essere migranti; è assai difficile immigrare in Italia legalmente per cui i migranti, che sanno benissimo che c’è lavoro, ci vengono o ci rimangono irregolarmente. Tuttavia, la condizione di irregolarità in cui poi si trovano li espone ad un alto rischio di illegalità e criminalità.

Il ministro Amato è autore, insieme al ministro Ferrero, di un ben intenzionato disegno di legge sull’immigrazione, che si pone proprio l’obiettivo di aumentare le possibilità di essere in Italia regolarmente. Come mai, quindi, nessuno del governo ci ha spiegato che si sta facendo una cosa molto importante per combattere la criminalità immigrata e cioè cercare di rendere la condizione (giuridica) di irregolarità una condizione più rara? E come mai si sente dire che si cerca di rallentare l’iter di approvazione di quel disegno di legge? Non sarà che non si riesce neppure a capire quando si cerca di fare qualcosa di buono?

Tutto ciò non tanto non è di sinistra, ma non è sopratutto produttivo di maggiore (percezione di) sicurezza: è vero, semmai, il contrario, perché contribuisce a rafforzare pregiudizi, paura, xenofobia.

Se, nel tempo breve, può sembrare che faccia gioco governare per mezzo dell’insicurezza e della paura, chi viene governato non ci guadagna niente, né maggior sicurezza, né maggior fiducia nelle istituzioni, né, quindi, maggior legame sociale. E se chi governa è, poveretto, di sinistra, non ci guadagna niente neppure lui, perché in fin dei conti, come ha detto un esperto della destra, fra l’originale e la fotocopia, gli elettori sceglieranno sempre l’originale!

 

La redazione della rivista"Studi sulla questione criminale": Dario Melossi, Giuseppe Mosconi, Massimo Pavarini, Tamar Pitch) e la redazione (Giuseppe Campesi, Alessandro De Giorgi, Monia Giovannetti, Lucia Re, Stanislao Rinaldi, Alvise Sbraccia, Vincenzo Scalìa, Francesca Vianello.

Hanno aderito Stefano Rodotà, Ota De Leonardìs, Luigi Ferrajoli, Danilo Zoìo, Emilio Santoro, Franco Prina, Luigi Pannarale, Franca Faccioli Alessandro Margara, Mauro Bove, Amedeo Conino, Maurizio Oliviero, Giovanni Marini, Mariarosaria Marella, Grazia Zuffa, Stefano Anastasia, Mercedes Frias, Alessandra Facchi e molti altri.

Giustizia: Veltroni boccia l’indulto, ha prodotto effetti negativi

di Maria Paola Milanesio

 

Il Mattino, 10 ottobre 2007

 

È un "no" che ha il sapore della sconfitta, dell’amarezza che lascia ogni occasione che crediamo di aver sprecato. "Ho visto le conseguenze dell’ indulto nella mia città, a Roma, e non sono state positive. Ne capisco le ragioni, posso intenderne il senso, ma gli effetti sono stati negativi. La sicurezza è un valore assoluto per tutti i cittadini, in particolare per i più deboli". Walter Veltroni così in un’intervista a Gente nelle vesti di sindaco, ma le sue parole creano imbarazzo nelle file del futuro Pd di cui sarà consacrato leader nelle primarie di domenica.

Al 18 settembre - secondo i dati diffusi dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria - erano 26.752 i detenuti usciti dal carcere grazie all’indulto; tra questi 6.194, il 22%, sono rientrati in cella. Quanto basta perché gli istituti penitenziari siano tornati a toccare quota 46.118 detenuti, contro una capienza ottimale di 43.140; subito dopo l’approvazione dell’indulto si era scesi a 38.847. Ma se non si fosse intervenuti la prospettiva era di arrivare in pochi mesi a 70mila carcerati, cifra insostenibile.

Per questo, l’indulto ha finito per diventare quasi un atto dovuto per evitare più disastrose conseguenze. Certo è che in molti circondari i reati sono aumentati nel trimestre agosto-ottobre 2006. E Roma, dove Veltroni è sindaco, è tra questi: si è passati da 29.668 reati a 33.382; analoga la situazione per Napoli (da 24.394 a 44.034) e Palermo (da 7.393 a 8.098), Inevitabile, allora, che anche quei 2/3 di parlamentari che hanno detto sì all’indulto si interroghino sulle conseguenze di quella decisione.

"Io, come presidente della commissione giustizia della Camera, mi sono astenuto e non me ne pento", dice Giuseppe Pisicchio, Idv, partito da sempre contrario all’indulto. "Ma certo Veltroni pone un problema, perché vanno valutati gli effetti di quella decisione. Già nella prossima settimana proporrò all’ufficio di presidenza della commissione di istituire una sorta di monitoraggio permanente sull’indulto. Ma stiamo attenti a non esagerare con l’allarme sociale, attribuendo a quel gesto di clemenza tutti i mali".

Cesare Salvi, Sd e omologo di Pisicchio al Senato, è stato invece molto netto nei giorni scorsi tanto da definire l’indulto "un micidiale errore bipartisan di inizio legislatura". "Se la posizione di Veltroni non è una acrobazia verbale, la salutiamo con piacere: meglio tardi che mai", è la frecciata di Silvana Mura, Idv.

"L’indulto è stato una misura straordinaria a cui avrebbe dovuto fare seguito una ferma e responsabile azione di governo nei settori della sicurezza e della giustizia. Penso che Veltroni, nella sua veste di candidato leader del Pd, dovrebbe farsi carico di immaginare delle risposte, trovare delle soluzioni e non fermarsi alla critica", spiega Erminia Mazzoni, Udc. Anche in Forza Italia qualche pentimento: se il leader Silvio Berlusconi ha assicurato che tornerebbe a dire sì perché "le carceri stavano per scoppiare", l’ex ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu ha espresso tutto il suo rammarico per quel voto.

Lettere: una riflessione sulla "Gozzini" dal carcere di Prato

 

Ristretti Orizzonti, 10 ottobre 2007

 

Dopo l’arresto dell’ex brigatista, si sente oggi un gran parlare su quella che è la legge Gozzini, approvata ventuno anni fa, per la concessione dei benefici (permessi, semilibertà, affidamento) ai detenuti che abbiano scontato parte della pena che gli è stata inflitta.

Alla base di questa legge, il pensiero da parte del legislatore di collegare la funzione della pena alle esigenze della Costituzione, art. 27 comma 3: "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato".

Il nostro è uno Stato di diritto, non è uno stato vendicativo, punisce chi commette un reato, ma allo stesso tempo cerca di recuperare la persona. Indubbiamente, nella nostra società, è forte il senso di insicurezza da parte dei cittadini, la cui percezione è amplificata dai mass media.

Prima dell’approvazione della legge, nel 1986 (chi ha una certa età o chi ha letto e si è informato lo sa bene), la vita all’interno delle strutture carcerarie era diventata critica: frequenti erano le risse, gli scontri e le discussioni tra i detenuti e non solo. Il clima era pesante per tutti, si era persa la speranza per il futuro, la situazione stava degenerando. L’approvazione della legge e la concessione del beneficio della liberazione anticipata, che premia coloro che hanno un buon comportamento e gli permette di avere una speranza per il proseguo del percorso, ha permesso di superare queste problematiche contribuendo a creare un clima maggiormente sereno di convivenza. Ha permesso inoltre, agli operatori, di svolgere il loro compito per costruire insieme al detenuto, per colui che lo vuole, una nuova vita e un positivo ed efficace reinserimento all’interno della società.

I mass media (giornali e televisioni), in questi giorni, danno una visione unilaterale della questione, mettendo in evidenza principalmente colui che commette il reato avendo usufruito dei benefici e non dando una visione globale del discorso, poiché tantissimi sono coloro che grazie al percorso trattamentale sono riusciti a ricostruirsi una vita e a ritornare al loro ruolo di cittadini. Indubbiamente grave è il fatto di ricommettere un reato da parte dell’individuo, ma allo stesso tempo non è giusto discriminare e colpire tutti coloro che desiderano e si impegnano per rifarsi una vita o ritornare accanto alle loro famiglie e ai loro figli.

I dati statistici (non vogliono essere una fredda determinazione di tutto), ci aiutano ad avere una visuale maggiormente oggettiva della situazione: la percentuale di recidiva per coloro che non hanno usufruito del percorso di trattamento è del 70%, mentre si riduce all’11% per coloro che hanno beneficiato della "Legge Gozzini". Inoltre nei primi mesi del 2007, la percentuale di coloro che sono tornati a delinquere (sono uscite più di 7000 persone) è dello 0,14%.

Applicare la legge fornisce un servizio utile alla collettività. La razionalità ci fa capire che questa legge è utile, ma soprattutto "necessaria"; lo Stato, se da una parte ti punisce per il male che hai fatto dall’altra parte ti garantisce che, se tu cambi, è pronto a darti una mano a ritornare a far parte del corpo sociale. Si può e si deve sempre migliorare, ma mai tornare indietro a situazioni errate.

 

Blakçori Lulzim, detenuto a Prato

Caso Rignano: la Cassazione; non ci sono prove di abuso

 

Ansa, 10 ottobre 2007

 

Roma, 9 ottobre - I sintomi di disagio manifestati dai bambini dell’asilo di Rignano Flaminio non sono "un elemento decisivo da cui dedurre l’abuso sessuale". Lo scrive la Cassazione nella sentenza n. 37147 nella quale spiega perchè, il 18 settembre scorso, ha deciso di confermare la libertà per cinque indagati nell’ambito dell’inchiesta sui presunti abusi avvenuti nella scuola materna, dichiarando inammissibile il ricorso del pm di Tivoli contro l’ordinanza del riesame di Roma del 9 maggio scorso. "Costituisce un ragionamento circolare e non corretto - rileva la Suprema corte - ritenere che i sintomi siano la prova dell’abuso e che l’abuso sia la spiegazione dei sintomi"

Ed ancora. Se sui bambini dell’asilo Olga Rovere di Rignano Flaminio vi sono stati abusi sessuali bisogna cercare al di fuori della scuola. Lo sottolinea la terza Sezione penale della Cassazione nelle motivazioni, depositate oggi con le quali spiega il perché le maestre accusate di abusi sui bambini devono rimanere in libertà.

In particolare la Suprema Corte, sentenza 37147, smontando pezzo dopo pezzo la tesi accusatoria, dice chiaramente che, "allo stato delle investigazioni, è consentito rilevare che, se vi sono state violenze sessuali (ipotesi non scartata dal Tribunale), esse sono state perpetrate con modalità differenti da quelle riferite nelle denunce".

In ogni caso gli ‘ermellini’, pur difendendo la "buona fede" dei genitori dei bambini, non possono fare a meno di rilevare "la possibilità che gli adulti abbiano influito con domande suggestive sulla spontaneità del racconto dei bambini almeno in due casi nei quali - scrive piazza Cavour - i giudici del Tribunale hanno rilevato atteggiamenti prevaricatori (precisamente nelle videoregistrazioni) evidenziando una forte e tenace pressione dei genitori sui minori e una forte opera di induzione e di suggerimento nelle risposte"

Agrigento: la Cgil denuncia gravi carenze nel carcere

di Giuseppe Recca

 

La Sicilia, 10 ottobre 2007

 

Grave denuncia del coordinamento provinciale di Polizia penitenziaria Cgil - Fp. La Casa circondariale di Sciacca presenta carenze in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro e l’organizzazione sindacale ha chiesto una urgente ispezione delle autorità preposte. Si tratta dell’ennesima segnalazione di degrado in cui versa la struttura carceraria saccente, ospitata da decenni in un ex convento. È un immobile di notevole valore storico ed artistico, ma nei confronti del quali non è possibile intervenire con iniziative strutturali importanti, per cui continua a versare in uno stato di degrado che non lo rende vivibile come struttura carceraria e nemmeno fruibile come edificio monumentale.

Il segretario provinciale della Cgil Polizia penitenziaria, Calogero Speziale, al termine di una riunione dei lavoratori, ha diffuso una richiesta di intervento urgente al Provveditorato regionale di Palermo, al prefetto di Agrigento, alla direzione della Casa circondariale di Sciacca, alle segreterie nazionali della Cgil, al fine di sottolineare l’esigenza di effettuare urgenti interventi che garantiscono la sicurezza dei lavoratori e dei detenuti: "Gli impianti non sono adeguati alla legge 626 - dice Speziale - il personale opera in condizioni di grave rischio, sono tutti preoccupati gli agenti in servizio. La cosa ancora più grave è che non ci sono fondi utili a possibili interventi risolutivi di pertinenza della stessa direzione, che con senso di responsabilità e nell’interesse della continuità funzionale dell’istituto, ha più volte segnalato ai superiori uffici tali deficienze, senza però avere riscontri".

La Casa circondariale sulla carta risulta funzionale, necessita di un immediato rifacimento dell’impiantistica, nonché di un rifacimento murale in armonia alle norme di sicurezza. La relazione illustra una situazione drammatica e riporta l’attenzione sulla necessità di realizzare una nuova Casa circondariale. Il progetto era stato messo da parte e solo di recente avrebbe recuperato posizioni.

Porto Azzurro: un laboratorio di biologia dentro il carcere

 

In Toscana, 10 ottobre 2007

 

I detenuti della struttura elbana potranno seguire un percorso di studio in ambito biologico-scientifico, con lezioni frontali e laboratori. Iniziativa lanciata dall’Istituto di biologia ed ecologia marina di Piombino

I detenuti del carcere di Porto Azzurro - Forte San Giacomo - saranno coinvolti in corsi di biologia per tutto l’anno 2008. La struttura elbana, non nuova a questi percorsi di studio, allarga adesso la propria scelta formativa anche all’ambito biologico scientifico. Autore dell’iniziativa è il professor Roberto Bedini, direttore dell’istituto di biologia ed ecologia marina di Piombino. Un progetto che ha trovato piena adesione da parte della direzione carceraria a iniziare dal responsabile della casa di reclusione di Forte San Giacomo, Carlo Mazzerbo. Saranno organizzate dieci lezioni con altrettanti laboratori nei quali sarà messo in pratica quello che è stato detto nelle lezioni frontali.

Gli spazi saranno quelli dedicati dal carcere e il materiale con le attrezzature necessarie sarà portato dall’istituto di Piombino. "È la prima volta in Italia che si organizza un corso di questo tipo all’interno del carcere - sottolinea Bedini - Non so quante persone verranno ai corsi e chi parteciperà, ma sarà sicuramente un momento di socializzazione importante. E questa attività è al di fuori della convenzione stipulata con il comune di Porto Azzurro che prevede una serie di attività con le scuole, come ad esempio una visita al museo "Cives" a Piombino". Sulla paternità dell’iniziativa il professore di Piombino racconta come l’idea sia venuta "a me e al direttore del carcere Carlo Mazzerbo mentre stavamo parlando dei tempi in cui lui era direttore del carcere di Gorgona e ci è venuta in mente l’idea di questo corso di biologia che ci è sembrata subito una cosa importante".

A sostegno delle parole di Bedini ci sono anche quelle del direttore della casa circondariale di Porto Azzurro, Carlo Mazzerbo: "È un’ottima iniziativa venuta in mente ad una persona come il professor Bedini che ha sempre lavorato con le scuole, questa scelta non fa che rafforzare l’impegno scolastico all’interno della struttura carceraria; sarà possibile a tutti i detenuti di partecipare". Sono quindi 170 i potenziali alunni. Il corso sarà istituito in accordo con gli educatori del carcere e con il sindaco di Porto Azzurro, Maurizio Papi, prenderà il via nel gennaio 2008 e verrà strutturato insieme agli studenti elbani sperando che diventi un modo per raggiungere l’obiettivo del reintegro delle persone detenute.

Treviso: con i computer di "Informatica senza frontiere"...

 

Punto Informatico, 10 ottobre 2007

 

Sono 80 soci in tutta Italia, sono membri del Club Bit di Unindustria e da poco più di un anno sono i motori della onlus Informatici Senza Frontiere, la cui attività ha ora raggiunto il carcere trevigiano di Santa Bona grazie anche alla collaborazione del Centro Territoriale Permanente che si occupa della formazione scolastica all’interno del carcere.

Lo annuncia la stessa onlus che spiega come, con l’appoggio degli educatori dell’Amministrazione Penitenziaria, dalla fine dello scorso anno si è iniziata la riorganizzazione informatica delle due biblioteche, una per ciascuna sezione del carcere, e si è dato vita a qualche intervento di sistemazione dei computer utilizzati dagli insegnanti del Centro Territoriale per le loro attività.

"In particolare - spiega la onlus - un volontario dell’associazione Informatici Senza Frontiere ha prestato per mesi il proprio lavoro e la propria esperienza per ricatalogare i circa 3mila libri delle biblioteche, dall’etichettatura di ogni singolo volume alla sistemazione del database in Access. È stato, inoltre, installato un gruppo di continuità per computer nella biblioteca del Penale, mentre quella del Giudiziario è stata dotata sia di un pc, sia di un gruppo di continuità, nonché della necessaria formazione all’utilizzo del database dell’addetto al servizio". Si tratta di una iniziativa autofinanziata dalla onlus che entro fine anno dovrebbe concludersi con il completamento della catalogazione. Si sta già peraltro progettando un programma di formazione dei detenuti, finalizzato al reinserimento nel mondo del lavoro, per il quale l’utilizzo dell’informatica è un requisito fondamentale.

"Informatici Senza Frontiere, che ha anche donato un pc a un giovane uscito dal carcere minorile trevigiano - conclude la nota - è impegnata con la realizzazione di altri progetti di informatizzazione in Congo, in Uganda, in Kenya, alla Casa dell’Ospitalità di Mestre per persone senza fissa dimora e altri ancora che hanno bisogno di finanziatori e di persone convinte che anche un computer possa migliorare la qualità della vita di persone e di comunità".

Verona: si inaugura venerdì la mostra "Tra Mura Les"

 

L’Arena di Verona, 10 ottobre 2007

 

Una settimana di riflessione sul carcere, sul fatto che è ancora sovraffollato nonostante l’applicazione dell’indulto, che non sia ancora servito da un centro d’ascolto (progetto di cui si parla da anni ma senza approdare a nessuna soluzione concreta nonostante un piano approvato e finanziato), dove gli educatori sono tanti quanti erano negli anni Novanta mentre si sta cercando di avviare con il Comune la figura del garante per le persone detenute.

È la proposta di "Tra Mura Les", che si inaugura venerdì al Centro turistico giovanile, in via Santa Maria in Chiavica 7, fino al 21 ottobre, la tradizionale rassegna di opere realizzate dai detenuti di Montorio grazie ai corsi finanziati dalla Regione Veneto. Quadri, sculture e opere in ceramica per esprimere il mondo dietro le sbarre, ma anche poesie e racconti.

A tutto questo si affiancano altri eventi: il percorso didattico denominato "L’immagine riflessa" (mostra di sensibilizzazione nell’ambito del progetto "Raccontamela giusta"), e un incontro, venerdì 19 ottobre, alle 18, nella sala conferenze della basilica di San Zeno per la presentazione di tre esperienze di carcere e di nuovi percorsi narrati in tre libri firmati da Marco Alianello, Vincenzo Andraous ed Emanuele Palmieri.

Roberto Sandrini, presidente dell’associazione di volontariato per il carcere "La Fraternità" sottolinea come alla legge sull’indulto non siano seguiti provvedimenti adeguati per reinserire gli ex detenuti nel tessuto sociale o per incentivare le misure alternative alla detenzione. Così le carceri, dopo un iniziale alleggerimento, hanno continuato a riempirsi.

I numeri li ha forniti Maurizio Mazzi, volontario della Fraternità: dell’indulto nel Veneto hanno beneficiato dall’anno scorso 1415 detenuti, di cui 668 italiani. Le revoche per la recidiva sono state 275, di cui 128 relative a italiani.

In Veneto le recidive, cioè chi torna in carcere per reati commessi dopo aver beneficiato dell’indulto, sono pari al 16,8 per cento mentre in generale, chi viene rilasciato a fine pena torna a compiere reati raggiungendo la percentuale del 70 per cento. Intanto Montorio è ancora sovraffollato. Al 30 giugno i detenuti erano 668 di cui 200 italiani. Le donne sono circa il quattro per cento.

 

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