Rassegna stampa 5 luglio

 

Giustizia: Di Pietro a Prodi; riforma ordinamento da cambiare

 

Corriere della Sera, 5 luglio 2007

 

Al Senato, al termine del secondo round tra i ministri Di Pietro e Mastella, il Guardasigilli tira le somme di una giornata molto agitata durante la quale il responsabile delle Infrastrutture ha anche scritto una lunga lettera a Prodi in difesa dell’autonomia dei magistrati. Dice dunque Clemente Mastella: "Di Pietro si deve chiarire con se stesso, non è mica lui il ministro della Giustizia. Il testo dell’ordinamento giudiziario varato dalla commissione è l’unico punto di equilibrio possibile. Questa è la situazione, e così andiamo avanti con la possibilità di qualche modifica".

Mastella parla così perché il suo gruppo, l’Udeur, e l’Ulivo (a firma Massimo Brutti e Marina Magistrelli) hanno presentato emendamenti fotocopia che potrebbero mettere pace tra i contendenti. Di che si tratta? Le preoccupazioni di Di Pietro, che teme una rigidità per il passaggio dalla funzione di giudice a quella di pm (e viceversa), potrebbe rientrare grazie a una modifica di poche righe: l’incompatibilità regionale "non si applica nel caso in cui il magistrato, che chiede il passaggio alle funzioni requirenti, abbia svolto negli ultimi 5 anni funzioni esclusivamente civili o del lavoro". La regola, ovviamente, varrebbe per il percorso inverso.

La "valvola di sfogo del civile", che piace anche ai magistrati, potrebbe chiudere la partita giocata all’interno della maggioranza. Ieri, dopo aver annunciato che l’Idv non avrebbe votato la riforma "Mastella", frutto di un "inciucio", Di Pietro ha scritto a Prodi, al Guardasigilli e al ministro Chiti per chiedere formalmente "emendamenti correttivi" sui punti che, a suo parere, sono inaccettabili: "Gli inopinati vincoli al passaggio di funzioni per i magistrati, l’organizzazione della procura sottratta alla valutazione degli organi di autogoverno, la presenza degli avvocati nei consigli giudiziari per le valutazioni dei magistrati".

Tuttavia, come ha fatto notare il presidente della commissione Giustizia, Cesare Salvi, due delle tre richieste di modifica formulate da Di Pietro siano inesatte: "Di Pietro non deve offendere il Parlamento e la sua maggioranza. Non c’è stato alcun inciucio. E poi dovrebbe leggere bene il testo perché gli avvocati non sono più inseriti nei consigli giudiziari e la questione degli uffici di procura è stata stralciata".

Di Pietro, però, non ha mollato la presa per tutta la giornata: "Il governo ha il dovere di lasciar lavorare i magistrati e mi dispiace di essere rimasto solo a difenderli". La resa dei conti, dopo il voto sulle pregiudiziali incassato ieri dalla maggioranza, è prevista per la prossima settimana quando verranno messi in votazione gli emendamenti (compresi quelli presentati dall’Idv). Solo allora si saprà se la "valvola di sfogo del civile" mette d’accordo tutti. Di sicuro avrà qualcosa da ridire Roberto Manzione (Ulivo) che segnala la problematica dei passaggi dal civile al penale nei piccoli uffici giudiziari dove le incompatibilità sono numerose e insidiose.

E nelle stesse ore finisce con una mediazione anche la polemica scoppiata alla Camera sull’istituzione di una commissione monocamerale di inchiesta sulle intercettazioni. La parte che riguarda l’indagine sull’operato della magistratura è stata smussata dal relatore, Paola Balducci (verdi): "Quali siano l’ampiezza del fenomeno e l’utilizzazione delle intercettazioni da parte della magistratura...".

Giustizia: Rossi (Anm); queste le ragioni della nostra protesta

 

Ansa, 5 luglio 2007

 

"Come è stato mille volte ripetuto la legge di riforma dell’ordinamento Giudiziario, che porta il nome dell’ex Ministro Castelli, significa paralisi della giustizia e deliberata mortificazione della magistratura. I magistrati italiani hanno dunque, a mio avviso, un vitale interesse a che la legge Castelli non rientri in vigore e che sia approvata, entro il 31 luglio 2007, una nuova legge di riforma". A dirlo è il segretario dimissionario della Anm, Nello Rossi, che in una nota riapre il dialogo fra governo, maggioranza e toghe.

"Il disegno di legge Mastella - scrive infatti Rossi - aveva dalla sua il merito di essere un progetto organico, condivisibile nell’impostazione di fondo, anche se non privo di criticità che l’Associazione dei magistrati aveva puntualmente rappresentato ai parlamentari di tutte le forze politiche.

Ci attendevamo - scrive Rossi - che nella Commissione giustizia del Senato le ragioni da noi esposte venissero ascoltate e discusse e che il progetto di legge fosse migliorato nei punti indicati come critici. Il disegno di legge - afferma il magistrato - è stato invece peggiorato su questioni decisive (nonostante che il Ministro della giustizia abbia coerentemente riproposto in Commissione su punti cruciali alcune scelte positive del suo disegno di legge)".

"Così è avvenuto - spiega Rossi - nella disciplina del passaggio di funzioni da giudice a pubblico ministero (e viceversa), laddove, nei lavori della Commissione giustizia del Senato si è sostituito all’obbligo di cambiare distretto all’atto del passaggio di funzioni, il ben più gravoso obbligo di cambiare addirittura regione (senza neppure distinguere il caso dei passaggi all’esercizio di funzioni giudicanti civili).

Su questo e su altri aspetti - argomenta quindi il segretario della Anm - si è dunque concentrata la nostra critica argomentata e la nostra protesta". "Il rispetto che nutriamo verso il Parlamento non ci impedisce - dice Rossi - di indicare, con chiarezza e ragionatamente, impostazioni e soluzioni che riteniamo errate e dannose. Il nostro augurio è quindi che i lavori parlamentari d’aula possano modificare alcune scelte della Commissione giustizia e fornire risposte positive alle questioni che abbiamo posto. Di questo discuterà il Comitato direttivo centrale dell’Associazione convocato per martedì 10 luglio"

Giustizia: nota del ministero sulla riforma dell’Ordinamento

 

www.giustizia.it, 5 luglio 2007

 

La riforma dell’ordinamento giudiziario, così come elaborata dal governo, è stata frutto di un percorso durante il quale anche la magistratura ha avuto più volte occasione di esprimere consensi, che ha pubblicamente manifestato.

Il disegno di legge che oggi è all’attenzione dell’aula del Senato - precisa una nota del ministero della Giustizia - è stato elaborato all’interno di un comitato ristretto nominato dalla Commissione Giustizia e successivamente approvato dalla stessa Commissione con l’impegno di tutti i gruppi della maggioranza. L’impegno del governo a sostenere il proprio testo, anche in questa sede, risulta in modo certo e inequivocabile da tutti gli atti parlamentari.

La protesta dei magistrati che campeggia oggi su numerosi quotidiani sembra, dunque, volta a criticare, come appare anche da alcune interviste di loro autorevoli esponenti, non già l’azione del governo, e quindi il testo del ministro Mastella, ma il ddl così come elaborato e licenziato dalla Commissione Giustizia del Senato. Un testo che, comunque, tenendo conto dei numeri parlamentari molto precari anche per il venir meno da qualche tempo dell’apporto di un senatore eletto nelle liste del ministro delle Infrastrutture e delle libere volontà che si sono manifestate in Commissione, rappresenta l’unico punto di equilibrio possibile oggi in Parlamento.

Giustizia: Bruti Liberati (Md); no a sciopero, sì a dei correttivi

 

Corriere della Sera, 5 luglio 2007

 

"Io e altri colleghi ci siamo opposti alla proclamazione dello sciopero che ci sembrava un gesto eccessivo. Abbiamo convenuto, invece, sulle dimissioni della giunta dell’Anm, un gesto simbolico, per protestare contro questo atteggiamento ingiustamente punitivo nei confronti dei magistrati". Con queste parole, quando al Senato già fioccano gli emendamenti sull’ordinamento giudiziario, Edmondo Bruti Liberati (procuratore aggiunto a Milano e leader storico di Magistratura democratica), rappresenta il difficile passaggio in cui si trovano giudici e pm che ora rischiano anche un effetto boomerang innescato proprio dalla loro protesta. Col rischio che il 31 luglio, in assenza di una nuova legge, entri in vigore la riforma Castelli della Cdl.

 

Tra i magistrati, si dice che con le ultime modifiche il testo Mastella sia peggiore della legge Castelli.

"È una boutade. Il nucleo centrale della riforma Castelli, il meccanismo dei concorsi, non c’è più".

 

L’Anm, però, è di nuovo convocata per decidere sullo sciopero.

"Finché la situazione sarà fluida io mi opporrò allo sciopero dei magistrati che è una scelta molto grave e deve essere fatta in casi assolutamente eccezionali. Noi, orgogliosamente, ci distinguiamo dagli avvocati delle Camere penali che hanno accumulato molti giorni di sciopero in un anno. Rimango di questa opinione finché c’è uno spiraglio di apertura".

 

C’è il rischio che, il 31 luglio, i magistrati si ritrovino con la riforma Castelli che entra in vigore?

"Lo temo fortemente. Mi auguro che in Senato si adottino quei correttivi modesti che abbiamo richiesto e che comunque si approvi un testo. Vogliamo chiudere in modo equo ed efficiente sull’ordinamento giudiziario. L’incertezza dura da 5 anni e non può durare".

 

Vi soddisfa l’emendamento dell’Ulivo e dell’Udeur su una "valvola di sfogo" nel civile per i pm che vogliono passare alla giudicante (e viceversa) pur restando nella stessa regione?

"È un buon punto di sintesi".

Giustizia: superiamo la "legge Castelli" e poi possiamo discutere

di Edmondo Bruti Liberati (Magistratura Democratica)

 

www.radiocarcere.com, 5 luglio 2007

 

L’ordinamento giudiziario non è una legge qualunque, poiché disciplina non una struttura burocratica, ma uno dei poteri dello Stato: per questo ogni prospettiva di riforma si è confrontata, a partire dagli anni ‘80, con tensioni ricorrenti tra magistratura e sistema politico. Ma la legge di ordinamento giudiziario condiziona anche la qualità ed efficienza del servizio giustizia e dunque la effettività della tutela dei diritti delle persone.

Nella scorsa legislatura la riforma dell’ordinamento giudiziario, partita male, è andata avanti ancor peggio a suon di maxi-emendamenti.

Gli esiti della riforma: contraddittori. Una incisiva e buona modifica del sistema disciplinare e una cattiva mediazione sull’assetto interno delle procure. I nodi principali però sono stati rinviati di un anno: il disegno di legge Mastella ha avuto un difficile iter parlamentare e oggi giunge al dibattito in aula, dopo aver subito non poche modifiche in commissione. Il nucleo dell’ordinamento Castelli, il farraginoso, incostituzionale ed impraticabile sistema dei concorsi, è abbandonato.

In tema di ordinamento giudiziario, vi sono questioni, anche di grande rilievo che possono essere in futuro agevolmente corrette, una volta verificata la impraticabilità o gli effetti negativi (mi riferisco ad alcuni aspetti dell’accesso in magistratura e alla organizzazione interna delle procure). Vi sono invece pezzi di sistema, come quello della carriera e dei concorsi, nei quali anche la sola introduzione di dinamiche foriere di tensioni e distorsioni interne porta a situazioni non facilmente reversibili. Del pari irreversibile sarebbe stata una disciplina del passaggio di funzioni tra giudici e pm che, dopo un breve periodo transitorio, avrebbe portato alla separazione delle carriere.

Il ddl che il Senato si appresta ad esaminare ha un fondamentale pregio: evita la entrata in vigore dell’ordinamento Castelli, modificandone in radice i punti fondamentali. È abbandonato il sistema dei concorsi ; modificata la Scuola della magistratura, attraverso un riequilibrio in favore del Csm, della composizione del Comitato direttivo e con la possibilità di organizzare le tre sedi secondo competenze differenziate.

Per i Consigli giudiziari l’apertura alla avvocatura, dopo alcune vistose oscillazioni nel corso del dibattito in commissione, si è assestata su una posizione di equilibrio: contributo della avvocatura su tutti i problemi di organizzazione ivi compresa quella, delicatissima delle tabelle di formazione degli uffici, ma composizione ristretta ai soli togati per le delibere sulle valutazioni della professionalità.

È stato valorizzato il contributo fornito dalle osservazioni scritte che il Consiglio dell’ordine degli avvocati può far pervenire in occasione delle valutazioni di professionalità dei magistrati. Si tratta di osservazioni che entrano a costituire il fascicolo che sarà trasmesso al Csm, competente per la decisione conclusiva; se lo strumento sarà valorizzato dai Consigli dell’ordine si apre la strada ad una incisiva rottura di logiche corporative, senza incappare in problemi di tensioni personali e di situazioni di incompatibilità.

Rimane il punto dolente del passaggio di funzioni tra giudici e pm. È inopportuno il passaggio di funzione nell’ambito dello stesso tribunale; ma poi si è voluto estendere il regime di incompatibilità al distretto, il che pare manifestamente eccessivo e da ultimo si prospetta una ulteriore estensione alla dimensione della regione.

È stato utilmente proposto, il temperamento che permetterebbe il passaggio tra pm/giudice (e viceversa) quando si tratti di funzioni giudicanti civili; in questo caso tutte le valutazioni di opportunità e anche di sola immagine cadrebbero. Potremmo giungere al risultato forse non di un buon ordinamento giudiziario, che in questo contesto non è realistico, ma di un ordinamento giudiziario che superi le forzature più rigide della legge Castelli, chiudendo finalmente una fase turbolenta e lasciando aperta la possibilità di ulteriori aggiustamenti dopo una fase di sperimentazione. Non è il libro dei sogni, ma un auspicio concreto che dovrebbe essere preso in considerazioni da tutti coloro che ricordino che l’ordinamento giudiziario è uno strumento per la effettività della tutela dei diritti.

Polizia Penitenziaria in Uepe: lettera da Ordine Assistenti Sociali

 

Blog di Solidarietà, 5 luglio 2007

 

L’Ordine Nazionale degli Assistenti Sociali scrive al Ministro Mastella e ai vertici del Dap in merito alla bozza di Decreto Interministeriale.

 

Al Sig. Ministro

On. Clemente Mastella

Ministero della Giustizia

 

Al Dott. Ettore Ferrara

Capo del Dipartimento

Amministrazione Penitenziaria

Largo Luigi Daga, 2

00164 Roma - RM

 

Al Consigliere

Riccardo Turrini Vita

Direttore Generale

Esecuzione Penale Esterna

del Dip.to Amm.ne Penitenziaria

Largo Luigi Daga, 2

00164 Roma - RM

 

Questo Ordine professionale, facendo seguito agli incontri intercorsi con le SS.LL. in merito alla bozza di decreto che prevede l’inserimento della Polizia Penitenziaria con funzioni di controllo delle persone sottoposte a misure alternative e, preso atto della prosecuzione delle consultazioni su tale decreto, ritiene di dover evidenziare alcune considerazioni relativamente al novellato testo del provvedimento normativo in questione.

· Conferma quanto espresso in occasione dei succitati incontri, riguardo alla valutazione positiva dei risultati ottenuti dal servizio sociale nella gestione delle misure alternative (a fronte delle ben note carenze di risorse) e, in particolare, dell’affidamento in prova al servizio sociale. È alla luce di tali risultati che emergono perplessità circa gli obiettivi che si intende perseguire con la riforma in corso.

Prende atto delle modifiche apportate alla bozza di decreto, anche in accoglimento delle osservazioni e richieste avanzate, sia da questo Ordine professionale, sia dagli assistenti sociali degli Uepe. Rileva, tuttavia, che permangono degli aspetti ancora non sufficientemente chiariti, in particolare rispetto a:

- titolarità della gestione del caso e ruolo del previsto "responsabile del nucleo di verifica";

- titolarità del monitoraggio e della valutazione della fase di sperimentazione;

- criteri sui quali si baserà tale valutazione.

Ritiene assolutamente necessario il coinvolgimento, nella fase di monitoraggio e valutazione, di esperti e di personale di servizio sociale operanti nel settore della Giustizia, per consentire valutazioni di risultato che tengano conto di tutti gli aspetti del complesso ambito di intervento.

Confidando in una concreta attenzione a quanto sopra esposto e, rinnovando la disponibilità ad offrire la propria consulenza, per garantire che il processo di riforma in atto tuteli la specificità di competenze e strumenti di intervento del servizio sociale, si porgono distinti saluti.

 

Il Vicepresidente

Franca Dente

Lettere: detenuti, da varie carceri, scrivono a Riccardo Arena

 

www.radiocarcere.com, 5 luglio 2007

 

Andrea S.

"Caro Riccardo, la sensazione è che a Catania qualcosa non va. Il Tribunale del Riesame ha ripristinato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di A.S. accusato dell’omicidio nei confronti del diciassettenne indagato per la morte dell’ispettore Filippo Raciti. Il Gip Alessandra Chierego aveva fu revocato l’ordine di custodia cautelare in seguito ad una dettagliata perizia dei carabinieri del Ris di Parma. Difficile capire.

Difficile capire perché il Tribunale contesti la perizia del Ris. Il Tribunale evidentemente ha ritenuto la perizia non convincente è ha ripristinato la misura. Il Ris, i superesperti della polizia, coloro che hanno brillantemente risolto decine di gialli, hanno sbagliato. Strano. Si ha la sensazione che la Procura brancoli nel buio e cerchi un capro espiatorio. Si ha la sensazione che il povero ragazzo sia finito in uno strano meccanismo che lo vuole in carcere. Sensazione che sembra trovare conferma in quell’altra decisione sempre del Tribunale del riesame con cui si teneva in carcere il presunto omicida perché si era comportato male in carcere. Si ha la sensazione che la giustizia e il diritto non siano più di casa a Catania."

 

Carmine dal carcere di Pisa

"Caro Arena, ho 42 anni e mi trovo in carcere dal 1992. Il mio fine pena è mai, ovvero ho l’ergastolo, il carcere a vita. O meglio lo avevo, ma non perché mi hanno ridotto la pena, ma perché mi è stata diagnosticata una grave malattia che forse ridurrà la mia pena e la mia vita. Ho un tumore all’intestino. Devo fare la chemioterapia e forse essere operato. Per questa ragione ho fatto istanza di differimento della pena per motivi di salute. Ma mi è stata rigettata. Ora aspetto una nuova udienza e le confesso che sono preoccupato perché la mia malattia non consente di certo tempi lunghi, non mi permette attese. Porgo distinti saluti."

 

Gioacchino, dall’Opg di Reggio Emilia

"Caro Arena, sono uno di quei c.d. matti che stanno chiusi dentro un ex manicomio criminale. Io sono fortunato rispetto ad altri perché sono chiuso in quello di Reggio Emilia, dove il mangiare è abbastanza buono e dove gli psichiatri sono bravi. Ci lavano e chi non ha vestiti, viene vestito. Certo siamo sempre chiusi in cella… sempre chiusi… ora dalla mia celle le scrivo per chiederle alcune cose. Ma l’ergastolo sarà abolito con il nuovo codice penale che stanno preparando? Ed è vero che la pena a 30 anni verrà ridotta a 18? Inoltre vorrei sapere è vero che uno chiuso in un Opg può andare in una casa famiglia? Grazie per quello che fate. Voi che date attenzione anche a uno come me. Dalla mia cella dell’Opg di Reggio Emilia un grande saluto a Radio Carcere".

 

4 persone detenute nel carcere Rebibbia di Roma

"Cara Radio Carcere, la situazione nel carcere Rebibbia di Roma, e soprattutto in alcuni reparti come il nostro non è buona. Qualche giorno fa un detenuto si è impiccato, un altro solo per aver chiesto la sera un medico perché stava male, è stato malmenato. Questo solo alcune delle ultime notizie dal carcere di Rebibbia. Per il resto il diritto alla salute sembra rimanere privilegio di pochi. Il medico viene a visitarci in cella solo il mercoledì, sempre che non abbia altro da fare altrimenti se ne riparla la settimana dopo. E se hai bisogno di qualcosa un giorno che non è mercoledì ti attacchi!

Parlano tanto dei progetti che fanno per noi in carcere. Ma è propaganda. Sono iniziative che riguardano solo pochi detenuti. Noi abbiamo tante volte fatto richiesta di essere sottoposti ad attività rieducative ma non ci hanno mai risposto. O forse siamo noi che non abbiamo capito, perché è possibile che a Rebibbia la parola rieducazione significhi stare tutto il giorno chiuso in cella, per poi passeggiare un’oretta nel cortile!"

 

Gaetano, dal carcere Pagliarelli di Palermo

"Caro Riccardo, sono 5 anni che sto qui nel carcere Pagliarelli di Palermo e la mia condanna è l’ergastolo, ovvero fine pena mai. Dovrò stare tutta la vita in galera. Per questa ragione ho chiesto al Ministero della Giustizia un trasferimento in un altro carcere ovvero in una casa di reclusione, dove sono attrezzati per far scontare pene lunghe come la mia. Qui per me non c’è lavoro, non c’è niente… tutta la vita così non posso resistere… la farò finita prima. Chiedo solo di scontare questa mia terribile condanna in un carcere che sia adeguato per ospitare degli ergastolani… chiedo solo questo. Non lasciatemi impazzire in cella!"

Roma: ieri... una insolita "passeggiata" dentro Regina Coeli

 

Asca, 5 luglio 2007

 

Le urla inquietanti dei detenuti dalle loro "gabbie" per impressionare il gruppo di visitatori e per rompere la noia dietro le sbarre. La vista dall’alto del cortile dove i cittadini della prigione camminano in cerchio per l’ora d’aria. E quella brutta sensazione di sentirsi un po’ come dei turisti in visita allo zoo.

La visita al carcere romano di Regina Coeli che ho fatto oggi è andata più o meno come me l’aspettavo: qualche brivido, nel vedere per la prima volta dall’interno di una prigione i detenuti dentro le loro celle, ma interessantissima, nella consapevolezza che, teoricamente (!), non ricapiterà una simile occasione.

Il tour carcerario è stato permesso dall’occasione dei lavori di ristrutturazione di alcune sezioni dell’istituto penitenziario che oggi, dopo l’indulto, ha una popolazione solo poco superiore a quella consentita: 950 contro 907. I lavori, finanziati dalla Regione Lazio, porteranno acqua calda nei bagni e per questo noi giornalisti siamo stati invitati a fare un giro nei bracci interni. La visita è impressionante fin dai primi passi. Dal portone d’ingresso ci immettiamo in un lungo corridoio intervallato da diverse cancellate di ferro battuto pesante. La prima tappa è una sorta di piazza interna costruita dentro ad una struttura ottagonale.

Tutto intorno, su tre piani, le celle che guardano verso l’interno con i carcerati dentro. Sembra la prigione del film "Nel nome del padre" e le urla dei detenuti sono impressionanti. La visita prosegue. Eccoci nelle sezioni. Per arrivarci si salgono le scale e si vede il cortile interno dove i "galeotti" rompono la monotonia passeggiando e facendo due chiacchiere.

Ogni sezione ha tre piani con celle disposte su due corridoi uno di fronte all’altro. Tra loro uno spazio vuoto ed una rete metallica per evitare che qualcuno si getti di sotto. Le celle di questa zona non hanno il bagno in camera. Ci sono due letti a castello con tre brande ciascuno, un tavolino ed una piccola cucina. Me le aspettavo così, ma vederle di persona è impressionante.

 

Qualche numero su Regina Coeli

 

Dei 950 detenuti il 60% è costituito da cittadini stranieri, un terzo dei quali di origine rumena. I tossicodipendenti sono il 30% del totale, i sieropositivi sono solo 40 mentre 12 sono i malati di Aids. Centocinquanta i detenuti condannati in via definitiva a fronte di 20-30 arrivi quotidiani.

Catania: uccisione Filippo Raciti; parla A.S., il ragazzo accusato

 

Liberazione, 5 luglio 2007

 

"È dura starsene qui in galera quando sai che sei innocente, quando sei certo che le prove contro di te sono inesistenti. Io non ho ammazzato nessuno, eppure sono sei mesi che sto qui dentro. Non ho più fiducia in questi giudici". È la prima volta che A.S., il minore accusato della morte dell’ispettore di polizia Filippo Raciti - oggi diventerà maggiorenne e "qualcuno" potrà finalmente rendere pubblico il suo nome - parla direttamente a un giornale. È uno sfogo il suo, un vero e proprio S.O.S.

E dire che fino a qualche giorno fa sembrava tutto risolto. Nel giro di 24 ore è infatti passato dalla gioia assoluta - quando ha saputo che il Giudice per le indagini preliminari aveva deciso di scagionarlo dall’accusa di omicidio - alla delusione più nera dovuta alla decisione del Pm che in un giorno ha ribaltato la decisione del Gip decidendo di incriminarlo di nuovo per omicidio. Poche, troppo poche 24 ore per digerire la delusione, una doccia fredda da cui è difficile riprendersi.

 

Come ti senti?

In questo momento non bene. Non ce la faccio più, è difficile, molto difficile starsene in una prigione quando sai che sei innocente. Durante questi cinque mesi ho avuto alti e bassi. Ho tanto bisogno della mia famiglia, da troppo tempo sono lontano da loro, mi mancano i miei amici, la mia casa, le mie cose, la libertà. Con loro, i miei genitori intendo, mi sento colpevole. Colpevole anche se non c’entro nulla.

 

Come passi le giornate?

Ora faccio un corso di cucina e di gelateria. Un giorno cucinerò anche per i miei avvocati e per i miei genitori. Intanto sto facendo un corso di computer per prendere la patente europea. Poi seguo le lezioni di scuola e ho presentato domanda per fare l’esame del quarto anno di elettronica. Leggo molto. Prima di tutto "I ragazzi della via Paal" e altri libri di avventura.

 

Cosa ricordi di quella maledetta sera del 2 febbraio? Tu hai partecipato agli scontri?

Sì, ho partecipato agli scontri, era inevitabile. C’è stato un momento in cui mi trovavo nella curva nord, sono stati lanciati lacrimogeni e si è creato il caos. Però i cancelli erano chiusi e noi abbiamo fatto di tutto pur di scappare di lì. Abbiamo lanciato oggetti ma non contro la polizia, volevamo solo uscire da quella trappola.

 

Ad un certo punto si è parlato di una tua confessione, i pm sostenevano che in un video si vedeva un tuo sì alla domanda "sei stato tu?" rivolta da un tuo amico. Come è andata?

Non ho mai confessato niente. Il ragazzo con cui parlavo alla Squadra Mobile non era neanche mio amico, l’ho conosciuto quel pomeriggio dopo che sono venuti a prendermi a casa. Sono certo che il video non è stato visto nella sua interezza.

 

Cosa ti aspetti dal processo?

Voglio dimostrare di non essere un criminale, non sono affatto il mostro che sin dall’inizio i magistrati hanno voluto fare apparire. Non ho molta fiducia nei magistrati. Non più. Io sono innocente, eppure loro vanno avanti contro di me. Prima mi avevano dato ragione, avevano riconosciuto la mia innocenza ora sono tornati indietro. Tutto questo nonostante la perizia dei Ris che mi scagiona e nonostante ci sia già stata la decisione del Gip che aveva deciso di scarcerarmi.

 

Perché vuoi il processo a porte aperte?

È una decisione che ho preso insieme ai miei avvocati, vorrei tanto che il mio processo si celebrasse fuori dalla Sicilia, mi sentirei più tutelato. Perché qui è un ambiente che non mi sembra sereno. Mi sembra che ce l’abbiano con me. Sembra che vogliano un colpevole qualsiasi. Di certo non sono stato io. Non so come sia andata, né me lo so spiegare. Ho sentito dell’ipotesi della macchina, ma non sono competente per dire come sia potuto succedere. Io adesso vorrei potermi godere la mia famiglia, voglio assaporare la libertà i divertimenti con i miei amici.

 

Cosa vorresti dire alla moglie di Filippo Raciti?

Mi dispiace per quello che è accaduto a suo marito, provo sofferenza per i figli che devono crescere senza un padre, ma io non ho fatto nulla per provocare tutto questo dolore. Comunque mi sento di dire alla signora Raciti di tenere duro. Ho letto che lei non vuole un colpevole qualsiasi, ma il vero colpevole. Io la penso esattamente come lei.

Immigrazione: Istat; la popolazione sale grazie agli stranieri

 

Reuters, 5 luglio 2007

 

Erano oltre 59 milioni le persone ufficialmente residenti in Italia alla fine del 2006, con un aumento dello 0,6% rispetto all’anno precedente che, per l’Istat, è dovuto in gran parte all’ingresso di immigrati, ma anche alle rettifiche dei dati del censimento del 2001.

La popolazione complessiva, al 31 dicembre del 2006 era di 59 milioni 131.287 persone, indica il comunicato dell’Istituto nazionale di Statistica, con un aumento di 379.576 persone rispetto alla stessa data del 2005. Una crescita che le cifre spiegano solo in minima parte con l’aumento delle nascite - o il calo dei decessi - dei residenti, visto che la variazione positiva è di 2.118 unità.

La parte del leone invece, spiega l’Istat, la fa "il saldo del movimento migratorio con l’estero", pari a 222.410 persone in più sul territorio nazionale (solo il 14% di esse sono italiani che tornano in patria) ma anche l’incremento "dovuto alle rettifiche post-censuarie e al saldo interno", pari a 115.048 unità in più.

L’area in cui la popolazione è cresciuta di più è il Centro Italia, con un aumento di 219.247 persone, pari all’1,9%, mentre il Sud ha perso 7.845 residenti, cioè lo 0,1% in meno.

In generale, la popolazione delle grandi città (quelle che contano oltre 250mila abitanti) cala, anche se leggermente, eccezion fatta per Roma (più 8.226 abitanti) e Verona (più 1.304). Il calo maggiore di abitanti si registra invece a Napoli (meno 9.103).

Continua invece la tendenza all’incremento del tasso di fecondità, a cui secondo gli esperti statistici contribuiscono "in modo rilevante" gli immigrati. Nel 2006 il tasso di fecondità è stato di 1,25 figli per donna.

Secondo l’Istat, infine, il 99,4% dei residenti in Italia vive in famiglia - le "famiglie anagrafiche", in cui rientrano anche le coppie di fatto e le "nuove famiglie" -, con un numero medio di componenti per famiglia di 2,5 persone. Il resto della popolazione vive invece nelle cosiddette "convivenze anagrafiche", cioè caserme, case di riposo, carceri e conventi.

Immigrazione: An raccoglie firme contro ddl Amato-Ferrero

 

Redattore Sociale, 5 luglio 2007

 

Nel mirino di An la figura dello "sponsor", che permetterà "di far arrivare in Italia anche chi un lavoro non ha nessuna intenzione di trovarlo". È no sulla "auto-sponsorizzazione".

Il governo Prodi è "irresponsabile sul tema dell’immigrazione e per questo faremo una durissima opposizione in Parlamento sul ddl Amato-Ferrero per evitare che la nostra legge venga smantellata. Se non ci riusciamo ricorreremo al referendum".

Gianfranco Fini va all’attacco del disegno di legge delega sull’immigrazione firmato dai ministri Amato e Ferrero per riformare la legge che porta anche il suo nome (la cosiddetta Bossi-Fini). Durante una conferenza stampa di tutta la Cdl al Senato per illustrare un pamphlet di Alfredo Mantovano (ex sottosegretario all’Interno e attuale senatore di An) che mette a confronto la Bossi-Fini con l’attuale normativa dell’esecutivo, il leader di An contesta sia il contenuto del ddl che lo strumento della delega "che rivela la volontà di non confrontarsi veramente in Parlamento".

Accusa Fini: "È francamente irresponsabile quello che sta facendo il governo nel senso che l’immigrazione é una risorsa quando é controllata, quando garantisce l’integrazione e quando c’è un effettiva responsabilità". Ma quando "si cancella la distinzione tra l’immigrato clandestino e l’immigrato che é qui regolarmente - prosegue - si alimenta un clima di xenofobia e si determinano le condizioni per incrementare un’insicurezza diffusa, soprattutto al nord come ha detto ieri il capo della polizia Manganelli".

Nel mirino del leader di An c’è soprattutto il ripristino della figura dello ‘sponsor’ che permetterà "di far arrivare in Italia anche chi un lavoro non ha nessuna intenzione di trovarlo". Così, continua, faremo "del nostro Paese l’anello debole nell’Unione europea con una politica all’insegna di un generico dovere di accoglienza e solidarietà".

La sinistra, aggiunge, commette "un errore culturale derivato dal pregiudizio ideologico che chiunque può entrare in Italia". Ma quello che é "ancora più intollerabile" oltre al tentativo di "smantellare la nostra legge", sottolinea Fini, é che si scelga lo strumento della delega "per evitare un confronto approfondito in Parlamento, dove noi invece faremo tutto quello che é in nostro potere, fino ad arrivare alla raccolta delle le firme per il referendum". Stessi toni dagli altri esponenti della Cdl. Il capogruppo di

Forza Italia, Renato Schifani, dice che la l’opposizione spiegherà al Paese che con il ddl Amato-Ferrero "si tenta di demolire il contrasto alla sicurezza" e assicura che l’opposizione si "muoverà all’unisono in Parlamento". Una vera e propria "opera di deregulation quella del governo Prodi", aggiunge il suo collega Gaetano Quaqliarello.

Alfredo Mantovano infine aggiunge che "nei confronti degli immigrati regolari non c’è alcuna discriminazione, ma la materia é delicata ed esige un confronto sui dati concreti". Alla conferenza mancavano i senatori dell’Udc e della Lega, ma solo perché, spiegano i presenti, "in aula si esamina la riforma dell’ordinamento giudiziario e D’Onofrio, membro della commissione Giustizia e Castelli, ex guardasigilli, non possono mancare".

An ha già raccolto circa 2.000 firme per contrastare il disegno di legge Amato-Ferrero. Lo hanno annunciato Luigi Celori, consigliere di An alla Regione Lazio, Piergiorgio Benvenuti capogruppo di An a Palazzo Valentini, e Sergio Marchi consigliere di An al Comune di Roma. "Attraverso il sito www.destramoderna.it e con i nostri banchetti presenti in vari punti su Roma abbiamo ottenuto già circa duemila adesioni, a dimostrazione - fanno sapere - che il suddetto disegno di legge non riflette la volontà dei cittadini e non risponde alle esigenze di sicurezza a cui è particolarmente sensibile la popolazione".

"Non ci convincono- continuano i tre esponenti di via della Scrofa - i capisaldi del disegno di legge Amato e Ferrero, che definiamo dannoso, buonista e figlio della cultura di sinistra. In particolar modo, contestiamo "l’auto-sponsorizzazione", la clausola in base a cui lo straniero potrà entrare in Italia dichiarando di essere in possesso di risorse finanziare adeguate. Come se non sapessimo - sottolineano - quanto è alto da noi il costo della vita". È evidente per Celori, Benvenuti e Marchi, che "l’approvazione di questa nuova legge aprirebbe nuove porte all’immigrazione clandestina e alla criminalità organizzata".

Immigrazione: fondi per la cooperazione destinati anche ai Cpt

 

Redattore Sociale, 5 luglio 2007

 

Gli esperti della campagna "Sbilanciamoci" hanno presentato questa mattina a Roma il Libro Bianco 2007. Tra le incongruità rilevate, anche il finanziamento dei Centri di permanenza temporanea.

Gli esperti di cooperazione internazionale e aiuto allo sviluppo della campagna "Sbilanciamoci" hanno presentato questa mattina a Roma il Libro Bianco 2007 (vedi lancio precedente). Dall’analisi dei dati, oltre al giudizio sul tipo di cooperazione che l’Italia sta praticando in questo periodo, nel libro si trovano anche parecchi spunti per capire le destinazioni dei fondi stanziati.

Una delle scoperte di "Sbilanciamoci" relative ai fondi per la cooperazione degli anni passati riguarda per esempio i Cpt, i Centri di permanenza temporanei per gli immigrati che vengono contestati ormai da anni e che dovrebbero essere superati con le nuove normative. Ebbene, spulciando i dati forniti dagli enti preposti, "Sbilanciamoci" ha scoperto che nel 2003 e nel 2004 una parte dei fondi per la cooperazione internazionale dell’Italia sono stati destinati proprio ai Cpt.

In particolare, si legge nel Libro Bianco 2007, si tratta di 17,8 milioni di euro nel 2003 e di 9,3 milioni erogati nel 2004 sui capitoli di spesa 2356 e 7352 del ministero dell’Interno relativi alle leggi 563/1995 (attività di controllo della frontiera marittima nella regione Puglia) e 189/2002 (la legge Bossi-Fini). Siccome le somme stanziate devono essere resocontate all’Ocse al livello internazionale, nei report istituzionali le attività finanziate sono descritte come "management costs for government reception centres" e "new reception centres".

Secondo "Sbilanciamoci" si tratta comunque solo di una parte dei fondi destinati a queste attività, anche se non risulta chiaro come si possano ascrivere questi stanziamenti sotto la voce APS, ovvero Aiuti ai paesi in via di sviluppo. Una delle ipotesi che viene avanzata nel libro di Sbilanciamoci riguarda la costruzione dei Cpt in Libia.

"Tanto più - scrivono ancora i rappresentanti di Sbilanciamoci - che, nonostante il Viminale abbia più volte dichiarato di aver finanziato i Cpt libici, tale voce non risulta da nessuna parte nel bilancio del ministero". Per questo è stata già avanzata una richiesta di chiarimento alla Direzione Centrale dei Servizi Civili per l’immigrazione e l’asilo. Ma finora non si sono avute risposte.

Droghe: Napoli; prevenzione nelle scuole attraverso lo sport

 

Notiziario Aduc, 5 luglio 2007

 

Sport contro la droga. È il nome di un progetto della prefettura di Napoli che coinvolgerà gli studenti di cinque scuole medie di primo grado della città partenopea. L’iniziativa sarà presentata domani alle 12.30 dal prefetto Alessandro Pansa nell’Ufficio territoriale del governo del capoluogo partenopeo.

Si tratta di un progetto di prevenzione, si legge in una nota, che intende utilizzare lo sport contro la droga, individuando l’attività sportiva come momento di aggregazione ma anche di crescita culturale. E così accanto al calcio e alla pallacanestro, ci sarà la possibilità di esercitarsi in discipline sportive difficilmente praticabili quali l’immersione subacquea.

Nel progetto è prevista la possibilità di scoprire anche la parte sedentaria ma non meno affascinante dello sport: quella giornalistica. Sono così in programma incontri con giornalisti televisivi e della carta stampata che introdurranno i giovani nel mondo dello sport commentato.

Alla presentazione del progetto parteciperanno il senatore Pirastu del comitato Sport contro droga, l’assessore Ponticelli del comune di Napoli, il comandante dei carabinieri della regione Campania, Mottola, il questore Oscar Fioriolli, il comandante del gruppo tecnico della Guardia di finanza, Attolino, il comandante della Capitaneria porto, Stefanini, il dirigente dell’ amministrazione penitenziaria, Giordano, il comandante provinciale Vvf, Bosenzio, il direttore regionale scolastico, Bottino, il preside della università Parthenope, Vito, i presidenti regionali di Coni e Ussi e i presidi delle 5 scuole interessate al progetto.

Parteciperanno, inoltre, i campioni olimpici Masala e Cuomo e i campioni d’Italia under 19 di rugby D’Apice, Massaro, Velotti e De Falco.

Gran Bretagna: morto per overdose il conte Von Bismark

 

Notiziario Aduc, 5 luglio 2007

 

Un’overdose di eroina ha stroncato all’età di 44 anni uno dei personaggi più eccentrici della Londra bohemien, il conte Gottfried von Bismark, blasonato discendente del Cancelliere di ferro dell’Impero Germanico.

Stravagante nello stile di vita, famoso per gli eccessi di alcool e droga, esibizionista nella sua omosessualità ostentata con abiti femminili, calze a rete e rossetto. Della compostezza aristocratica tipica della famiglia, l’estroso conte aveva ereditato soltanto le maniere impeccabili richieste nelle occasioni formali. Nella sfera privata, all’etichetta della nobiltà preferiva, invece, la vita notturna e le feste scatenate a ritmo di musica e stupefacenti. Una condotta border line pericolosa che gli è costata la vita.

Secondo gli infermieri che lo hanno trovato cadavere nel suo appartamento di Soule Square a Chelsea, la causa della morte è dovuta molto probabilmente ad una overdose di eroina. Gli accessori rinvenuti sul pavimento della sua casa convaliderebbero l’ipotesi.

Un destino bizzarro quello di Gottfried, che sembra dar ragione alle malelingue che da tempo lo dipingevano come la vittima di una maledizione. A tormentare la sua giovinezza, c’era stata, infatti, la morte di un’amica e compagna di corso, Olivia Channon, figlia dell’allora ministro conservatore Paul Channon, stroncata all’età di 22 anni da un’overdose di eroina alla fine di un party organizzato dal conte nel suo appartamento di Oxford per celebrare la fine dell’anno accademico. Una nottata sopra le righe al sapore di champagne e sherry, dalla quale lo stesso rampollo non si riprese facilmente.

L’ombra dello scandalo lo perseguitò a lungo anche dopo il processo, nonostante l’assoluzione da qualsiasi possibile coinvolgimento nella tragedia. Il giovane studente se la cavò allora con una semplice multa di 80 sterline per possesso di droga, ma il suo futuro di mente brillante e promettente venne definitivamente compromesso. Il padre, principe Ferdinand von Bismark, lo richiamò subito in patria, sottoponendolo a una cura di disintossicazione in una delle più costose cliniche di Amburgo.

In seguito a una carriera nel business delle telecomunicazioni in una Germania riunificata - esperienza conclusasi con il crack della Telemonde, compagnia statunitense per cui lavorava - dal 2002 Gottfried si trasferì nuovamente in Inghilterra. Nella capitale, ha lavorato come presidente della AIM Partners. Il suo nome, cronache mondane a parte, era ricomparso nelle pagine della stampa britannica nell’agosto di un anno fa.

Un’altra morte nel suo appartamento a Chelsea, un ennesimo scandalo. A fine serata, l’amico Anthony Casey scivola dal balcone: una caduta da 18 metri di altezza che lo uccide all’istante. Nelle sue tasche, 5,4 mg di cocaina, cinque volte il peso di una dose letale.

 

 

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