Rassegna stampa 13 luglio

 

Giustizia: bagarre al Senato, il Governo è ancora a rischio

 

Affari Italiani, 13 luglio 2007

 

Il presidente del Senato, Franco Marini, interviene in aula annunciando le decisioni della conferenza dei capigruppo ed informando che le dichiarazioni di voto finale sulla riforma dell’ordinamento giudiziario avranno luogo a partire dalle 11.30 di domani, sabato.

Prodi è ancora a rischio. Nuova prova per il governo, all’indomani della bocciatura in Senato su un sub-emendamento alla riforma Mastella proposto dall’ulivista Manzione e votato dalla Cdl. I senatori, già alle prese con la nuova votazione, sono chiamati a esprimersi sugli ultimi due emendamenti presentati all’art. 2 della riforma dell’ordinamento giudiziario.

Intanto c’è forte tensione nell’aula di Palazzo Madama. Scoppia la bagarre durante un intervento di Gerardo D’Ambrosio, ex procuratore della Repubblica di Milano. Mentre contestava un emendamento presentato da Nitto Palma (FI), la senatrice Anna Cinzia Bonfrisco (FI) dal centro dell’emiciclo si è rivolta al collega urlando: "Sei un assassino, sei un criminale. Oggi è il tuo giorno". Immediata la reazione di tutto il centrosinistra. Ci sono stati urla, strepiti e anche gesti all’indirizzo della senatrice. Il presidente di turno, Milziade Caprili, ha ripreso la senatrice e ha detto che certe parole non sono mai state pronunciate nell’aula del Senato. Nell’intervento di giovedì D’Ambrosio aveva parlato dell’indipendenza della magistratura.

Accantonato l’art. 2 della riforma dell’ordinamento giudiziario, che si voterà nel pomeriggio alla ripresa, i senatori sono alle prese con gli emendamenti all’art. 3. La decisione di accantonare l’art. 2 è stata presa per risolvere un problema di chiarezza interpretativa del testo riguardo ad una norma sugli stipendi dei magistrati, problema nato dopo l’approvazione di ieri di un emendamento. Il problema è stato sollevato da Antonino Caruso di An e riconosciuto dal presidente della Commissione Bilancio, Enrico Morando. Da qui la decisione di accantonare per meglio riscrivere la norma.

Russo Spena: se passa l’emendamento Manzione si apre crisi. "Se passasse l’emendamento Manzione io credo che il percorso sarebbe molto aspro. È evidente che uno scontro intergovernativo fra ministri che, comunque, sappiamo che non si amano, su un emendamento così delicato come l’ordinamento giudiziario può portare a una crisi di governo. Una crisi di governo aperta da destra. Rifondazione Comunista non ha mai aperto una crisi di governo, invece, questa volta proprio aperta dal centro.

Su questo credo che Mastella abbia ragione". Lo afferma il presidente dei senatori di Rifondazione Comunista, Giovanni Russo Spena. "L’ostacolo comunque mi appare superabile - prosegue - l’emendamento Manzione mi sembra sia molto lontano dall’impianto complessivo che ha costruito la commissione giustizia. Il governo dovrebbe avere una maggioranza compatta. I numeri al Senato sono quelli che sono. Abbiamo due senatori ammalati, di cui uno non potrà essere qui, mentre l’altro speriamo sia qui nel pomeriggio. E, poi, speriamo in qualche senatore a vita".

Cossiga assente. Assente in Aula il senatore a vita Francesco Cossiga perché, come spiega il suo portavoce, "mentre si apprestava a salire in auto per recarsi a Palazzo Madama è stato colto da un malore che lo ha visto accasciarsi, senza danni". Cossiga è stato soccorso dal personale della sicurezza ed è stato immediatamente portato a un ospedale dove il malore è stato considerato di lieve entità e dovuto ad un brusco e forte calo di pressione.

Manzione: io vado avanti. Restano distanti intanto le posizioni del ministro Mastella e del senatore Manzione. Lo riferisce lo stesso senatore esponente della Margherita, riferendo del colloquio telefonico con il Guardasigilli di venerdì mattina, dopo l’incontro di una ventina di minuti di giovedì sera. Entrambe le occasioni, però, non sarebbero servite ad un chiarimento in merito all’emendamento all’articolo 2 sui consigli giudiziari, nell’ambito del ddl sulla riforma dell’ordinamento giudiziario, sul quale la maggioranza è attesa al passaggio cruciale del voto in aula. "Siamo al punto di ieri - dichiara Manzione -. Mastella resta sulle sue posizioni, io sulle mie. Allo stato, non ritiro il mio emendamento".

Se in Senato il governo ponesse la questione di fiducia sul ddl Mastella sulla Giustizia, "sarebbe la soluzione migliore. Io voto la fiducia e così mi risolvono il problema. La mia è una reazione a una prevaricazione". Lo dichiara in un’intervista al Mattino Roberto Manzione, autore del sub-emendamento approvato giovedì a Palazzo Madama col parere contrario del governo. Nel frattempo, per ripensarci, "mi devono convincere nel merito, ma allora hanno sbagliato anche Brutti, Casson e tutti quelli che hanno condiviso la mia proposta".

Giustizia: Ucpi; Senatori, votate l'emendamento Manzione

 

Ansa, 13 luglio 2007

 

"Ai Senatori Avvocati chiediamo un atto di indipendenza di autonomia e di libertà". Inizia così l’appello unitario che l’Unione Camere Penali Italiane, l’Organismo Unitario dell’Avvocatura e l’Unione Nazionale Camere Civili hanno inviato stamani ai 45 senatori che esercitano la professione di avvocato, e che dovranno pronunciarsi nel pomeriggio sull’emendamento presentato dal diellino Roberto Manzione, che reintroduce gli avvocati nei consigli giudiziari.

"Ai Senatori Avvocati - prosegue la lettera - facciamo appello, nel rispetto dell’autonomia della responsabilità del mandato parlamentare, affinché non si compia un atto mortificante per la dignità dell’Avvocatura. Chiediamo di non consentire che la dignità dell’Avvocatura sia sacrificata sull’altare dell’equivoco di voler erigere ad obiettivo politico pregiudiziale quello che si presenta come un cedimento irragionevole alle pressioni dell’ANM.

Vogliamo ricordare - prosegue l’appello - che tutta l’ Avvocatura è unita per contrastare un disegno autoritario e illiberale che vuole emarginare e indebolire la funzione dell’avvocato ed assegnare alla magistratura una sorta di incontrastata primazia con effetti condizionanti non solo sull’esercizio della giurisdizione ma anche sulla vita politica del Paese, come testimonia il dibattito in corso al Senato sulla riforma dell’ordinamento giudiziario, sempre più condizionato dalle esplicite minacce del Ministro della Giustizia e dalle indebite pressioni dell’ANM".

Polizia Penitenziaria negli Uepe: comunicato delle RdB

 

Blog di Solidarietà, 13 luglio 2007

 

Nella giornata di ieri 11 luglio 2007 si è tenuto l’incontro per l’esame del Decreto interministeriale che prevede la polizia Penitenziaria negli Uepe. L’intervento dell’RdB ha sottolineato i seguenti punti: nel Decreto proposto non è stato tenuto in nessun conto le preoccupazioni degli Assistenti Sociali; anche se velatamente anche in quella sede è stato detto che tale iniziativa risponde al bisogno di sicurezza dei cittadini, altrimenti non garantita; non basta dire che gli A.S. sono bravi e sanno fare il loro dovere, per rimediare ad una perdita ingiustificata di contenuti professionali; né basta che la Dgepe li rassicuri dicendo che continueranno a fare il loro lavoro, perché nulla sarà più come prima e non è detto che le cose andranno meglio, anzi; rimangono forti perplessità perché nessuno ha spiegato come si esplicherà la titolarità del caso; non è collocato in questo contesto il ruolo della Magistratura di Sorveglianza; abbiamo ricordato come non possono essere modificati con provvedimenti amministrativi competenze e funzioni che, nella esecuzione delle misure alternative, sono previste dalla legge.

Passando all’analisi del decreto, questo è un "inguacchio" perché dice, disdice, si contraddice. L’art. 1 comma 1 è contra legem, perché la 354 è molto chiara in proposito, ed altrettanto chiaro è il regolamento di esecuzione. Vale la pena ricordare che le Misure alternative alla detenzione non sono carcere, e che per questo motivo non ne hanno le caratteristiche. All’art. 3 si parla di interpello del personale… ebbene siamo a conoscenza che in un Uepe sia già stato distaccato un Ispettore in previsione della sperimentazione. Non prendiamoci in giro.

Si prevede anche una formazione "intensiva". Che significa , che si studia sui Bignami o che le attività corsuali saranno di 12 ore? Si parla di dotazioni logistiche della Polizia Penitenziaria… Perché nulla si dice di quelle che sono indispensabili agli Assistenti Sociali? Questi ultimi vivono un costante disagio dovuto al fatto che si devono "arrangiare"… Ma questo non conta. Si parla di ruolo del Prefetto. Ma che c’entra? Mentre invece non si fa alcuna menzione del Magistrato di Sorveglianza.

Non sono definiti i rapporti sui compiti della Polizia e quelli degli Assistenti Sociali (a dire il vero nella riunione sono state espresse tante opinioni, le più disparate che vedono la Polizia Penitenziaria fare trattamento, e quelle che la vedono solo prendere il posto di Polizia e Carabinieri, e non ne è uscito fuori nessun quadro).

Campania, Puglia, Sicilia sono territori molto difficili: ha un senso sperimentare in quelle realtà? Il controllo della Polizia Penitenziaria avverrà solo in ambito cittadino. Fuori città invece vanno bene gli Assistenti Sociali? Si parla di aumenti di organico della Polizia Penitenziaria… ma del personale del Comparto Ministeri?

Tutto questo per quanto riguarda l’analisi del Decreto, che a parere di questa O.S. andrebbe assolutamente riconsiderato, se proprio non lo si vuole evitare. Ma va fatta una ulteriore considerazione: la direzione verso al quale si va è un carcere di polizia, dove anche la polizia penitenziaria subisce queste dinamiche; gli operatori sociali tutti sono schiacciati e non è vero che all’interno del carcere c’è una tranquilla convivenza, come taluno afferma. La convivenza c’è perché questi ultimi soggiacciono alle logiche cosiddette di sicurezza, e perché se e quando qualcuno ha cercato di emanciparsi l’ha pagata caramente; allora vogliamo essere valorizzati con gli strumenti che il contratto mette a disposizione; non si tratta di intervenire sul contratto del comparto ministeri, ma si tratta invece di trovare, nelle maglie dello stesso contratto tutte le opportunità che possano consentire una effettiva perequazione dei ruoli, visto che la strada da percorrere vede la polizia penitenziaria sullo stesso piano del personale restante.

Che venga riconosciuta la pari dignità tra le componenti dell’Amministrazione. Il riconoscimento del lavoro usurante. Venga riconsiderato il trattamento di missione e considerata una qualche forma di incentivo, pure prevista dal contratto. Sono mesi che è stata fatta tale richiesta e ad oggi non ci sono risposte.

Se non avremo risposte questa O.S. sosterrà i lavoratori perché possano transitare o negli Uffici di Sorveglianza in qualità di consulenti, o ad altra amministrazione.

Polizia Penitenziaria negli Uepe: comunicato del Sappe

 

Blog di Solidarietà, 13 luglio 2007

 

Si è tenuta presso il Dap, la riunione relativa al decreto interministeriale di Costituzione dei Nuclei di controllo della Polizia Penitenziaria presso gli Uepe.

La tecnica di alcune OO.SS. ha fatto sì che venisse ulteriormente procrastinata la data di inizio dell’attività presso gli Uepe. Probabilmente c’è qualche sindacato che non vuole la polizia penitenziaria in quelle strutture e con compiti di controllo, va bene che lo facciano polizia e carabinieri e non la polizia penitenziaria. Per tale ragione il Sappe ha criticato l’amministrazione circa la scelta di costituire tali nuclei presso gli Uepe.

Forse sarebbe stato più opportuno costituirli presso gli uffici di sorveglianza, alle dirette dipendenze del magistrato di sorveglianza. Cioè, delle vere e proprie sezioni di polizia penitenziaria per la cura di tutto ciò che attiene all’esecuzione, compresa il necessario raccordo con il giudice dell’esecuzione. In ogni caso, il Sappe ha dichiarato la sua piena e totale disponibilità a partire subito, fermo restando una successiva verifica dopo il periodo di prova con conseguente modifica del decreto interministeriale.

Varese: agli indultati cinquecento euro al mese per sei mesi

 

Varese News, 13 luglio 2007

 

Una goccia nel mare, ma serve anche quella. Provincia di Varese, Comuni di Varese e Busto Arsizio e Provveditorato Regionale per la Lombardia - Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria - Ministero della Giustizia hanno presentato e sottoscritto nella sala Neoclassica di Villa Recalcati il protocollo d’intesa che dà l’avvio in provincia di Varese al progetto "LI.So.La.": Liberati per Indulto: Sostegno al reinserimento Lavorativo.

L’obiettivo è quello di favorire il reinserimento sociale e lavorativo delle persone beneficiarie dell’indulto ed evitare la loro ricaduta attraverso la realizzazione di una serie di interventi d’inserimento socio-lavorativi finanziati dalla Cassa Ammende del Ministero della Giustizia e dalla Regione Lombardia, che prevedono la creazione di "borse lavoro" da 500 euro mensili per sei mesi: una scelta pensata per dare un appoggio economico che sia al di sotto del valore di una pensione minima ("per non scontentare chi ha lavorato una vita legalmente e prende due lire", ha spiegato Antonio Nastasio, rappresentante del provveditorato regionale) e con una durata limitata. Il coordinamento provinciale potrà poi stabilire se ridurre e adattare sia lo stanziamento dei fondi sia la lunghezza dell’erogazione del contributo.

Il progetto prevede, tramite il coinvolgimento delle Province, dei Comuni e delle associazioni, il sostegno nella ricerca del lavoro e il supporto all’inserimento lavorativo per coloro che si sono trovati in difficoltà sotto il profilo socio economico e professionale. È prevista anche la creazione di una vera e propria "cabina di regia", in collaborazione con l’amministrazione penitenziaria e le istituzioni locali. In tutto il territorio lombardo sono 103 gli inserimenti lavorativi predisposti, ma a fronte delle numerose richieste, il finanziamento è già stato quasi raddoppiato.

Per la provincia di Varese lo stanziamento interesserà tre progetti nel Comune di Busto Arsizio e due a Varese, per un importo complessivo di 15 mila euro. I Comuni e gli istituti penitenziari sono tenuti a presentare alla Provincia tutti i documenti necessari e l’amministrazione provinciale attiverà i servizi per l’orientamento, l’avviamento e l’accompagnamento al lavoro, qualora fosse necessario. Costituiscono criterio di priorità per l’ammissione al progetto, una situazione di svantaggio economico e sociale. L’accesso alle risorse sarà subordinato alla stipula di un apposito contratto, tra il datore di lavoro e la direzione dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna.

A godere della controversa legge sull’indulto sono stati fino ad ora 163 detenuti nel carcere di Busto Arsizio e 42 a Varese, con una prevalenza netta di cittadini stranieri. Il decreto è progressivo, quindi anche nei prossimi mesi continueranno ad esserci detenuti che escono perché maturano i termini previsti dalla legge: "L’emergenza è superata - ha fatto notare l’assessore bustese Luigi Chierichetti -, ma siamo stati abbandonati per mesi dalle istituzioni centrali, che ancora una volta hanno preso un provvedimento senza tener conto delle ricadute sui territori: i primi giorni di applicazione ci siamo trovati intorno ad un tavolo senza sapere cosa fare e senza che nessuno sapesse dirci nulla. Ben vengano queste borse lavoro, noi comunque ci siamo dati da fare per arginare il problema nei primi mesi, con l’aiuto dell’associazione Volgiter e della Casa Onesimo, e in carcere sono già in atto 3 o 4 progetti volti all’integrazione e all’aiuto di chi, una volta fuori, non ha punti di riferimento".

Sulla stessa lunghezza d’onda l’assessore provinciale Rienzo Azzi: "Ci siamo sentiti sì abbandonati, ma non siamo stati con le mani in mano - ha spiegato - e abbiamo già avviato progetti di reinserimento. La novità importante di queste borse lavoro sta nel fatto che pare si sia capito finalmente che le aziende vanno aiutate nell’intraprendere un percorso che a molti appare "rischioso" ma che può dare buoni frutti se aiutato dalle istituzioni". Soddisfatto Gregorio Navarro, assessore del Comune di Varese: "Accogliamo questo aiuto con l’auspicio che questo tipo di politiche venga incrementato - ha detto - per far diventare quello che per ora è solo un desiderio di integrazione positiva una volontà concreta. Spero che Stato e istituzioni prendano sempre più rischi in questo senso".

Cagliari: bimbo di 4 mesi al "Buoncammino" con la madre

 

Agi, 13 luglio 2007

 

"Un bimbo di quattro mesi, figlio di una slava, madre di altre due gemelline di un anno e otto mesi si trova nel carcere di Buoncammino da oltre 20 giorni". Lo denuncia la consigliera regionale socialista Maria Grazia Caligaris (Sdi-RnP), segretaria della Commissione "Diritti Civili", dopo una visita stamane nell’istituto penitenziario, dove si è intrattenuta con altri cinque detenuti che le avevano chiesto un colloquio.

"La giovane donna, che ha subito il processo per direttissima per furto, essendo stata colta in flagranza di reato in una casa di Calasetta, ha rinunciato al processo d’appello e avrebbe quindi diritto alla scarcerazione", spiega Caligaris. "Dopo venti giorni però si trova ancora in cella con il neonato, mentre le altre due bimbe, per le quali nutre forte preoccupazione e ansia, si trovano con il padre nel campo nomadi di Carbonia".

"Ancora una volta - osserva l’esponente socialista - non si è riusciti a trovare una soluzione alternativa al carcere per una creatura che ha diritto a condizioni di vita che un istituto come Buocammino, nonostante la cella-nido, non può garantire, anche perché si trovano nella sezione femminile, in attesa che riapra la sezione di Nuoro, molte detenute".

Milano: l'Unione Europea finanzia la cultura per i detenuti

 

Vita, 13 luglio 2007

 

"Teatro Dentro", corso per operatori, formatori, docenti universitari, assistenti sociali che lavorano con i detenuti. Le attività di educazione formale e non formale in contesti detentivi necessitano, attualmente, di una più definita e condivisa capacità, negli operatori istituzionali e non, di articolare, declinare e descrivere in modo adeguato e funzionale gli apprendimenti delle persone detenute inserite in percorsi formativi; si rende oggi necessario saper esplicitare gli elementi di cambiamento significativi nei percorsi individuali anche in relazione ai programmi alternativi alla detenzione o di preparazione all’uscita.

Focus dello stage che si è tenuto a Milano tra giugno e luglio è favorire negli operatori che lavorano a vario titolo nelle carceri europee, capacità osservative e di valutazione dei processi di cambiamento e di empowerment stimolati da attività non formali a matrice artistica nelle persone detenute, e orientate a sostenere la progettazione congiunta (in collaborazione con gli attori istituzionali preposti all’elaborazione di relazioni di sintesi del percorso detentivo) di percorsi individualizzati di reinserimento socio-professionale.

Bologna: i ragazzi dell’Ipm ai "Mondiali antirazzisti" dell'Uisp

 

Ansa, 13 luglio 2007

 

Nell’ambito della manifestazione "Mondiali antirazzisti" (www.mondialiantirazzisti.com) che si svolge quest’anno a Casalecchio di Reno (Bologna) promossa dalla Uisp, sabato 14 luglio si svolgerà in istituto una partita di calcio tra una selezione di giovani provenienti da vari paesi che partecipano alla manifestazione e i ragazzi dell’istituto penale minorenni di Bologna.

I mondiali antirazzisti fanno della promozione dei valori dello sport, dell’attenzione ai problemi sociali, della lotta alla discriminazione e al razzismo i propri obiettivi. 204 squadre di calcetto più quelle di basket e pallavolo, ragazzi e ragazze provenienti da oltre cinquanta paesi partecipano ad una manifestazione che è una festa per tutte le squadre non solo per chi arriva in finale. La partita fra i ragazzi detenuti e una selezione di giovani che partecipano alla manifestazione accompagnati da dirigenti UISP, rappresenta un ulteriore segnale di attenzione ai valori dell’integrazione e della solidarietà.

Firenze: a Sollicciano ora c’è un "giardino" aperto alla città

 

Redattore Sociale, 13 luglio 2007

 

Inaugurato nel carcere fiorentino il "Giardino degli incontri", ultimo progetto dell’architetto Giovanni Michelacci. A disposizione dei detenuti un edificio per i colloqui con i familiari e le attività culturali, un’area verde, il teatro.

Un giardino di frontiera, un progetto che era per molti, "al limite del possibile": è invece realtà, oggi, il "Giardino degli incontri", un giardino ‘aperto alla città’ dentro il recinto murario del carcere di Sollicciano. È stato inaugurato il 26 giugno scorso un progetto concepito circa 20 anni fa da un gruppo di detenuti del penitenziario fiorentino, raccolto e sostenuto negli anni dall’architetto Giovanni Michelucci, che lavorò a quello che fu il suo ultimo progetto: creare un’area per accogliere i detenuti e i familiari che si ritrovano nel momento dei colloqui, uno spazio a disposizione dei bambini detenuti insieme alle madri. Dare vita quindi ad una struttura che possa far sentire il carcere meno distante, meno isolato dalla realtà e dalla comunità in cui è inserito. Il progetto partì nel 1985, grazie all’impegno di Michelucci con l’idea di sfruttare un’ampia

area abbandonata nella zona del carcere, e con l’intenzione di dare ai detenuti un ambiente migliore in cui trascorrere del tempo con i familiari di avvicinare il carcere alla città, creando un giardino con caratteristiche urbane. Nel 1990 Giovanni Michelucci - che morì quello stesso anno - e Corrado Marcetti elaborarono il progetto di massima e si arrivò nel 1992, con l’intervento del collegio degli ingegneri di Firenze, al progetto definitivo, che tuttavia cadde nel vuoto senza concrete possibilità di realizzazione.

Nel 1998 la situazione si sbloccò, e grazie all’intervento di Alessandro Margara, allora Direttore dell’amministrazione penitenziaria e di Franco Corleone, allora sottosegretario al Ministero di Grazia e Giustizia con delega al carcere, il progetto viene finanziato dal Ministero dei Lavori Pubblici. "L’attenzione principale da parte dei detenuti che idearono nella seconda metà degli anni ‘80 la proposta, era rivolta soprattutto ai bambini, a quelli in visita al genitore detenuto come a quelli salvaguardati dal trauma dell’incontro nel parlatorio di un carcere o a quelli, fino a 3 anni, conviventi in una cella del carcere con la madre - sottolinea la Fondazione Michelucci - malgrado la legge che prevede in questi casi la scarcerazione delle madri". Giovanni Michelucci accolse dunque con entusiasmo la sfida di un intervento progettuale aperto alla città dentro il recinto murario del carcere. Scrisse a proposito: "Furono proprio alcuni detenuti che proposero di progettare dentro il carcere un giardino per la città. Così nacque quella esperienza che considero tuttora tra le più belle e significative della mia vita e che prese il nome di Giardino degli Incontri ...". Oggi il Giardino degli incontri si propone di consentire una diversa configurazione di rapporti per i detenuti e per la città. Su una superficie complessiva di circa 4950 mq, "la nuova realizzazione - spiegano dalla Fondazione - è costituita da un edificio per i colloqui e le visite, un grande ambiente caratterizzato da un’architettura conviviale ed una spazialità fluida, con una successione di situazioni d’incontro liberamente disposte e disegnate attorno alle radici degli alberi-pilastro, con gli elementi di seduta rimarcati da tessere di ceramica colorata, un giardino con un ramo d’acqua, il verde e il pergolato come giunture di memoria col paesaggio toscano, un teatro all’aperto che aggiunge una nuova scena alla crescita del teatro in carcere".

Dal periodo in cui il progetto del Giardino fu ideato e redatto, diverse cose sono cambiate: "non solo il regolamento penitenziario ma anche gli indici di affollamento - rilevano - la composizione della popolazione detenuta sempre più multietnica, povera, legata alla disagio e ai problemi vissuti dalle comunità di nuova immigrazione. Lontananza delle famiglie e povertà incidono sulla condizione di detenzione, spesso rendono rari o inesistenti i colloqui con i propri cari e le relazioni affettive. Sono maturati molti nuovi problemi ed altre necessità per le quali una struttura versatile come il Giardino degli incontri, con il suo padiglione coperto - utilizzabile non solo per i colloqui ma anche per attività culturali, esposizioni e incontri - l’area verde e il teatro all’aperto con la struttura di servizio, può dare il suo contributo di spazi e di opportunità".

Libri: "La mia prigione", di Fabrizio Corona (Cairo Editore)

 

Affari Italiani, 13 luglio 2007

 

Il "Grand Hotel" Potenza e la topaia San Vittore. Gli amici dentro il carcere e i nemici fuori. L’avversione per il pm Woodcock (che chiama sarcasticamente "Hanry Love") e il feeling con Di Maio. I retroscena di tanti scoop, gli alti e bassi con Nina Moric, qualche sassolino dalle scarpe. Tanti momenti di cinismo assoluto, pochi di debolezza. Con una "piccola penna bic, fedele compagna di questa tragedia", Fabrizio Corona ha messo nero su bianco 80 giorni di prigione (e molto di più) nel suo secondo libro: "La mia prigione", 154 pagine con foto inedite pubblicate nei prossimi giorni da Cairo Editore, per la cifra di 4.90 euro. Il re di Vallettopoli è freddo, spietato, a tratti delirante e persino umoristico, alla Woody Allen. Ecco alcune "chicche".

 

12 marzo - l’arresto

 

Corona trova sempre il modo di sdrammatizzare i fatti più crudi: "Io Fabrizio Corona, figlio del grande giornalista Vittorio, stavo per entrare in galera. Per consolarmi mi ripetevo: sei oggi non vai dietro le sbarre, non sei nessuno". E infatti, la prima richiesta è stata: "La cella di Savoia è libera?". Sempre sul suo predecessore: "Nel carcere di Potenza, oltre al sottoscritto, c’è stato un altro re: Vittorio Emanuele di Savoia. (...) Mi dicono che piangeva spesso, che una notte è caduto dal letto a castello rischiando di farsi davvero male e ancora oggi è una barzelletta per tutti".

 

I libri: una novità

 

In galera a Potenza, Fabrizio ha avuto tempo di dedicarsi a un’attività inedita, la lettura: "Il carcere ti cambia, anche in positivo. Io, per esempio, oltre ad aver modificato il look, in galera ho letto il mio primo libro: "Gomorra" di Roberto Saviano".

 

Un boss per amico

 

Dietro le sbarre ha conosciuto personaggi di varia umanità. "I., detto il Numero Uno, 45 anni, in carcere perché accusato da un pentito. L’ho conquistato regalandogli un profumo Bulgari. (...) I. mi ha insegnato tanto. Grazie a lui oggi so come si monta un kalashnikov e come si ruba un auto". Poi c’era S. Che gli dice: "Fabri, tu hai il cuore freddo come me, anzi sei senza cuore. Potresti davvero fare il delinquente".

 

Detenuti Vip

 

Tutti trattano bene il neo detenuto: "Mi rispetta persino N., quello famosissimo delle Bestie di Satana, condannato a 30 anni". Con un altro recluso vip, sempre a San Vittore, parla di Italia e malagiustizia. Si tratta di "Guido Iezzi, il capo della sicurezza del caso Telecom. Ha 33 anni come me ed è distrutto. (...) "Stefano Ricucci, Vittorio Emanuele, Mike Bongiorno, Danilo Coppola, Giampiero Fiorani, Enzo Tortora, Callisto Tanzi. In Italia chi non va in carcere non conta un cazzo. Oggi tocca a me".

 

Il caso Sircana

 

Corona guarda la tv. I tg parlano solo di lui, in particolare del caso Sircana. "Io? Che non so nemmeno che cosa sia un portavoce". "Un mio fotografo", ricorda, "mi telefona per dirmi che aveva fatto le foto a un politico con un trans. Io credevo che si trattasse di Prodi. Ma lo scoop non mi convince e non voglio quelle foto. Se fossi un estorsore, avrei fatto i salti di gioia. E invece ho lasciato che il mio fotografo svendesse il servizio a un’altra agenzia. (...) Perché quella telefonata era nei miei atti?".

 

Pm, look e invidia

 

Su Woodcock e Iannuzzi, Corona spara a zero, ma dà anche consigli di stile: "Ricordo che nei giorni d’inchiesta erano sempre molto eleganti. Certo se avessero indossato qualcosa della linea "I Coronàs" sarebbero stati molto, ma molto più fighi". Secondo Corona, Woodcock "da giovane aveva un sogno: lanciare una linea di intimo chiamata Hanry Love: ecco perché lo chiamo così". "Nella mia follia ho anche pensato che durante quest’inchiesta Hanry Love si sia incattivito nei miei confronti proprio quando ho lanciato la linea di intimo "I Coronàs"".

 

Simona e Lele

 

"So che lei ha sparato merda su di me", si sfoga l’autore di "La mia prigione", "ma la Ventura è la stessa che pochi mesi prima che venissi arrestato mi aveva invitato a casa sua a Milano. (...) Mi aveva chiesto di darle informazioni su Cristina Parodi e sui suoi spostamenti. Quando vedeva e se incontrava persone diverse dal marito Giorgio Gori". Corona racconta che Simona gli disse: "Dammi una mano e vedrai che presto ti farò fare lo scoop della vita. (...). "Non sono gay, frocio né bisex. A Lele Mora voglio solo bene".

 

Le babbucce di Carlo

 

Corona si infuria con il Tg5 per la storia della rissa in carcere col suo dentista: "Dovranno pagarmi tanti di quei soldi che Carlo Rossella perderà di colpo la sua super abbronzatura e dovrà vendere tutte le sue ridicole babbucce".

 

Mike e la fede perduta

 

Un giorno Fabrizio viene a "sapere una cosa sconvolgente. La mia cella a San Vittore è la stessa di Mike Bongiorno. Lui era stato in questa precisa cella più di 60 anni fa. Incredibile". In cella Corona cerca la fede, senza un gran successo: "Leggo i Salmi, ma a dire il vero, volendo essere onesto, devo ammettere che non mi sono avvicinato molto alla religione. Questo mi addolora".

 

Bellezza, sesso e foto

 

Fabrizio cura sempre il suo aspetto fisico e i piaceri del corpo: "Oggi la prima parte della giornata la voglio dedicare alla beauty. Mi depilo con il gel braccia e schiena. Ho deciso di tornare al top. Via tutti i peli vecchi: pelle nuova vita nuova!". "Nei primi 25 giorni non avevo mai avuto un’erezione. Non mi mancava il sesso. (...) Oggi fanno 46 e credo di essermi masturbato 3 volte. Ero preoccupato di aver perso ogni mio istinto". L’auto-scoop: "Fotografarmi in carcere era un ottimo scoop. Significava che ero vivo. Ancora il Numero Uno".

 

Lettera a Nina

 

Un giorno la odia, l’altro la ama. In una lettera le scrive: "Forse hai un altro, uno nuovo, magari quel Danilo, o magari Marco, Raffaello. O chi sa chi. E hai deciso di darmi il colpo di grazia. Tu con i tuoi soldi messi da parte, e io impotente".

Immigrazione: Ferrero; nuova legge entro sei mesi… spero

 

Redattore Sociale, 13 luglio 2007

 

Subito l’accesso ai servizi sanitari, per l’assistenza sociale dovranno aspettare due anni. Parte del Fondo di inclusione al "superamento dei ghetti urbani".

"Spero che la proposta di legge Amato-Ferrero venga approvata entro sei mesi, finalmente avremo sul tema immigrati una legge civile, per gestire la materia in maniera civile. Concluso l’iter pre-parlamentare, la prossima settimana la proposta sarà assegnata ad uno dei due rami del parlamento. Il maggior punto di contrasto rispetto all’attuale legge Bossi-Fini è che adesso chi entra in Italia lo fa soprattutto in modo clandestino, mentre noi puntiamo ad un incontro legale e regolare tra la domanda e l’offerta di lavoro".

Lo ha dichiarato il ministro della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero, oggi a Roma, a margine della conferenza stampa con cui si è celebrata la conclusione del progetto-pilota "Laboratorio di cittadinanza", comprendente corsi di lingua italiana ed educazione civica che si sono tenuti in due moschee della capitale. Il ministro ha inoltre auspicato che il fondo di inclusione per gli immigrati, corrispondente alla quota di 50 milioni di euro, e quello per i minori non accompagnati, attualmente inseriti nella finanziaria, diventino legge, e quindi elementi stabili.

Ferrero ha precisato che dieci milioni del primo fondo saranno destinati ai corsi di italiano e di educazione civica per gli immigrati, mentre la maggior parte sarà riservata al "superamento dei ghetti urbani". Come quelli di Padova, ha precisato, dove lunedì si terrà "la cerimonia di chiusura del complesso di via Anelli, con duecento famiglie che saranno ricollocate in città. Lo stesso avverrà a Brescia".

Con la proposta di legge Amato-Ferrero, ha continuato, è previsto "l’accesso pieno al welfare. Ai servizi sanitari gli immigrati potranno accedere subito, mentre per l’assistenza sociale dovranno aspettare due anni. Non vuol dire - ha tenuto a precisare - che essi hanno più diritti degli italiani, ma che pagheranno le tasse gratis per due anni, per avere un diritto che gli italiani hanno gratuitamente fin dalla nascita".

Droghe: don Battaglia (Fict); un fiume in piena, già tracimato

 

Redattore Sociale, 13 luglio 2007

 

Mimmo Battaglia: "Obbligatorio lavorare su più fronti. È stata minata la resistenza sociale al fenomeno e ciò ha favorito un consenso maggiore verso alcune sostanze".

"Leggendo la relazione annuale al Parlamento sullo stato della tossicodipendenza in Italia, la sensazione che si prova è quella di un fiume in piena che ha già tracimato, lo dicevamo lo scorso anno, lo ripetiamo con grande senso di pessimismo ora: se aumenta il consumo e si riduce la quantità dei servizi contro esso rivolti e nel contempo decade la sua qualità, la battaglia è persa".

Così Mimmo Battaglia, presidente della Fict, che commenta la relazione al Parlamento sulle droghe. Per Battaglia, "la situazione è aggravata inoltre dalla facile accessibilità alle sostanze che registrano una progressiva e costante diminuzione di prezzo, mentre noi, da più parti, continuiamo a pensare in termini di ‘leggero e pesante".

Il mercato fiorisce, si irrobustisce, è pronto a qualsiasi richiesta, manifestando così una profonda flessibilità e una capillare diffusione per ciò che concerne la distribuzione. Inoltre è stata minata la resistenza sociale al fenomeno e ciò ha favorito un consenso maggiore verso alcune sostanze, per cui cocaina e marijuana aumentano a dismisura perché non più percepite come dannose. Ma d’altra parte, il consumo di eroina, forse tappa finale delle dipendenze, non si riduce ormai da tre anni, e ciò che cambia è la via di assunzione".

Continua Battaglia: "Pensiamo che sia il momento di dirsi con chiarezza alcune cose: è ormai obbligatorio lavorare su più fronti. Il fronte del recupero, le nostre armi, una volta buone, oggi sono arrugginite, spuntate, tutti i servizi sono in sofferenza: I Ser.T. per mancanza e quantità di organico: aumentano i medici, si riducono le figure di supporto psico-sociali e questo in fondo ci fa pensare che il mantenimento a metadone o buprenorfina sia l’obiettivo principale. Le Comunità, d’altro lato, ridotte di numero su tutto il territorio nazionale, sono asfittiche per mancanza di risorse economiche e di invii da parte dei servizi pubblici, in nome di budget sempre risicati. Anche questa è schizofrenia!"

"Il secondo punto che merita attenzione - continua - è la prevenzione che, come dice bene il ministro Ferrero, si deve avvalere di strumenti adeguati al mondo giovanile coniugando i diritti di libertà con i doveri collettivi e le responsabilità personali. Sappiamo bene quanto la paura non sia un deterrente! Mentre è importante per i giovani costruire scenari nuovi e condivisi. Ma ancora pensiamo che occorrono misure per evitare alla collettività i danni provocati dai soggetti assuntori.

È tristemente famoso l’episodio dei bambini morti nel pulmino, sono sotto gli occhi di tutti le morti del sabato sera che coinvolgono persone innocenti, ma nessuno si sofferma sui danni provocati dai soggetti che hanno responsabilità pubbliche: medici, infermieri, piloti, politici, insegnanti e così via, eppure nessun articolo della Costituzione afferma e difende la liberà di drogarsi! Allora possiamo spingerci più in là?

Possiamo affermare che norme e controlli per la limitazione dell’uso si rendono necessari per i soggetti che ricoprono posti di responsabilità? Possiamo pensare che l’uso personale ormai depenalizzato non deve essere in alcun modo normalizzato? Si possono attuare sanzioni amministrative che limitino il danno su gli altri e riducano il consenso sociale?"

Conclude il presidente della Fict: "Inoltre vivo e lavoro in Calabria dove la ‘ndragheta fa da padrona. È possibile che il problema delle sostanze, allarme sociale di dimensioni inaudite, si leghi all’allarme sulla criminalità organizzata e che le forze contro di esse convergano? Aspettiamo con ansia la nuova legge, alla stesura della quale vogliamo contribuire, condividiamo il taglio del Ministro Ferrero che invita tutti a recedere da posizioni ideologiche ma… restiamo pessimisti!!

Forse potremmo aprire uno spiraglio alla speranza se la questione droga non interessasse solo gli esperti del settore e se la nostra società consumistica e additiva riprendesse in mano la responsabilità socialmente inderogabile dell’educazione, che non può essere demandata a scuola e Stato ma è carico di noi tutti. Perché è proprio l’educazione che è in grado di rendere più umana l’umanità e più civile la civiltà. Ma sul problema educativo noi adulti abbiamo da tempo abdicato ed è proprio da qui che, con fatica e responsabilità, è necessario ripartire!"

Droghe: Umberto Veronesi; il proibizionismo non funziona

 

Notiziario Aduc, 13 luglio 2007

 

"Il proibizionismo non funziona. Punto e basta. Questa è la risposta semplice e sintetica all’aumento del consumo di droga in Italia". A dirlo è l’oncologo Umberto Veronesi, direttore scientifico dell’Istituto europeo di oncologia, commentando i dati della relazione del ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero resi noti ieri.

"Tutti sanno - ha continuato Veronesi, a margine della presentazione della nuova Commissione oncologica nazionale del ministero della Salute, avvenuta oggi a Roma - che io sono da sempre un antiproibizionista".

"In un Paese "normale", per dirla alla D’Alema, non dovrei ringraziare il prof. Veronesi per la sua dichiarazione così semplice e così definitiva". Comincia così una nota di Rita Bernardini, segretaria dei Radicali italiani, in replica alla frase "il proibizionismo non funziona", pronunciata oggi dall’oncologo Umberto Veronesi, a proposito dei dati della Relazione al Parlamento sulle droghe, diffusa ieri dal ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero. "Vivendo in Italia lo devo fare, perché il prof. Veronesi è uno dei pochi esponenti della comunità scientifica che, qualunque sia il ruolo ricoperto nel frangente, non smette di ricordare a tutti che il re proibizionista è nudo: lo fece nel novembre 2000 a Genova, in occasione della terza conferenza nazionale sulla droga, nella veste di ministro della Salute; l’ha fatto oggi; lo farà domani".

La segretaria dei Radicali ricorda come "nella favola, bastò un solo grido del bambino per trasformare i sudditi del re in cittadini consapevoli. Purtroppo il regno del proibizionismo su alcune droghe è molto più potente,incombente e pervasivo dei re delle favole.".

Droghe: la Camera contraria ai "test" per i parlamentari

 

Notiziario Aduc, 13 luglio 2007

 

In Commissione Affari Costituzionali si è delineato un orientamento contrario alla pdl 2356 presentata dall’ex Presidente Pierferdinando Casini anche alla luce di una trasmissione televisiva sull’uso di sostanze psicotrope da parte di alcuni deputati. Il relatore, Marco Boato ha osservato che "si tratta di un provvedimento manifesto con il quale si vuole dare una risposta meramente demagogica all’allarme suscitato nella opinione pubblica". Ha poi sostenuto che la questione non può essere affrontata in modo non conforme al dettato costituzionale per quanto riguarda la tutela delle immunità parlamentari e ha preannunciato emendamenti soppressivi dell’articolo 1 e 2 della proposta di legge. Boato ha, quindi, chiesto che se la Commissione vorrà andare avanti nell’esame di questo progetto normativo si dia poi mandato al relatore a riferire in senso contrario in Assemblea.

Stati Uniti: le carceri sono un business da miliardi di dollari

 

Affari Italiani, 13 luglio 2007

 

Carceri americane, statali, federali o private. Un business da miliardi di dollari, un mercato di grandi profitti per le multinazionali che rischia di essere esportato anche in Europa, oltre che ad Abu Ghraib e a Guantanamo. Affari incontra Elisabetta Grande, docente di diritto comparato e autrice de "Il grande strike" (Sellerio).

 

Professoressa Grande, chi guadagna sul business carcerario e in che modo?

"La carcerazione massiccia è fonte di forti profitti per i grandi gruppi societari, oltre che garantire i consensi agli esponenti politici. In America il numero di carcerati rinchiusi in prigioni gestite da società private cresce senza sosta ( fra il 1995 e il 2000 due terzi dei penitenziari di nuova istituzione erano privati), e il costo pagato dal governo federale, statale o locale alla società privata che gestisce la struttura, ammonta all’incirca a 22.000 dollari l’anno per letto carcerario. E i poveri, che costituiscono l’80- 90% della popolazione carceraria, si trasformano così da soggetti inutili se in libertà a figure economicamente redditizie quando prigionieri, capaci di consumare beni e servizi forniti da multinazionali che non avrebbe mai potuto consumare da libero, perché troppo povero per farlo".

 

Sono soltanto ragioni economiche che hanno spinto alla massiccia costruzione di istituti detentivi privati, statali e federali?

"Il governo federale non avrebbe mai potuto permettersi di soddisfare le nuove esigenze di incarcerazione di massa senza il ricorso all’edilizia privata ed alla conseguente gestione privata delle carceri. Di fronte alla necessità di incarcerare più soggetti, determinata dalla politica penale della "tolleranza zero", i governi, federale e statali, non avevano che una via: rivolgersi al privato".

 

Sappiamo anche che uno dei business portabandiera degli Stati Uniti sono gli avvocati. Quanto ha inciso per l’aumento dei carceri?

"Gli avvocati americani, che, se capaci, guadagnano mediamente sui 400 dollari l’ora, hanno spesso interesse a veder concluso il procedimento penale in fase preliminare, ossia con una dichiarazione di colpevolezza da parte dell’imputato, poiché sarà più facile per loro incassare una cifra ridotta da molti clienti ai quali si sono dedicate poche ore di lavoro, piuttosto che una cifra consistente da pochi clienti a cui si sono dedicate molte ore di lavoro. Quindi la forte spinta verso il patteggiamento della pena da parte degli avvocati comporta un incremento delle condanne penali e quindi del numero dei carcerati".

 

Perché esiste la propensione per pene detentive irreversibili anche per reati diversi dall’omicidio?

"Sono in particolare le leggi "three strikes and you are out" (da cui il titolo del libro, "Il terzo strike", ndr), ossia quelle leggi che al terzo sbaglio ti buttano fuori dal gioco del vivere civile, ad imporre pene altissime, spesso a vita, per chi commette reati di scarsa rilevanza, realizzati però da chi delinque ripetutamente: ossia il recidivo.

Si tratta di una filosofia della pena che colpisce la piccola criminalità di strada, quella che crea allarme sociale (la cosiddetta criminalità predatoria), in maniera particolarmente feroce, nell’ottica non di rieducare il condannato, bensì di escluderlo dalla società il più a lungo possibile, eventualmente anche per sempre. È una filosofia che, oltre a mostrare la su ferocia nei confronti dei più deboli, si è dimostrata fallace. In America, infatti, nonostante l’impressionante aumento del numero di carcerati, da due anni a questa parte i reati (in particolare quelli violenti) sono in aumento".

 

Il sistema carcerario è stato esportato anche e Guantanamo e in Iraq?

"Ciò che è stato esportato a Guantanamo e in Iraq sono i metodi crudeli e la violenza sistematica applicati nelle prigioni americane. Chi conosce quel mondo non si è certo stupito delle rivelazioni mediatiche su Abu Graib, che è un qualsiasi carcere americano, specialmente se privatamente gestito".

 

Ha probabilità di successo la sua esportazione in Europa?

"La tolleranza zero ha già trovato ampia eco in Europa e i dati sugli aumenti del numero di carcerati in Inghilterra o in Spagna lo dimostrano. Anche la privatizzazione delle carceri è un fenomeno che si diffonde un po’ ovunque per i motivi su esposti e legati all’incremento del numero dei carcerati".

 

Confronti. Il volume d’affari per la guerra in Iraq è comparabile a quello del business carcerario?

"Gli attori dei due "affari" sono i medesimi, anche se i relativi volumi sono ovviamente differenti. Al 2003, momento a cui risalgono gli ultimi dati disponibili, la spesa per il solo sistema penitenziario era di 50 miliardi di dollari, cifra non comparabile con la spesa militare in Iraq, ma pur sempre consistente ed in buona misura destinata alle stesse tasche".

 

E qual è il volume d’affari dei condannati a morte?

"I condannati a morte costano moltissimo al contribuente americano per i lunghi tempi di attesa, dovuti anche alla possibilità di impugnare più volte la condanna stessa. Il costo della pena di morte è stato uno degli argomenti più usati dal governatore Mario Cuomo per spiegare il suo veto all’approvazione di leggi dello Stato di New York che ne volevano l’introduzione ( in seguito, tuttavia, ottenuta). La pena di morte, dal forte valore simbolico di un diritto duro nei confronti dei criminali, non è tuttavia funzionale rispetto al business carcerario, che privilegia ovviamente i condannati all’ergastolo".

 

In quanti casi l’ammissione di colpevolezza è solo un espediente per non incorrere nella pena richiesta dall’accusa nei casi di innocenza?

"L’ammissione di colpevolezza è molto spesso una scelta obbligata per chi si difende dall’accusa di aver commesso un reato. Ciò soprattutto se si tratta di un imputato povero (ed il 90% degli imputati si dichiara indigente), al quale il sistema americano non garantisce la possibilità di far conto su un difensore capace e quindi di dimostrare in giudizio la sua innocenza. Un grande comparatista dei nostri tempi, Rudolph Schlesinger, diceva che se fosse stato colpevole avrebbe voluto essere giudicato dal sistema americano, ma se fosse stato innocente avrebbe di gran lunga preferito uno qualunque dei sistemi europei continentali".

 

 

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