Rassegna stampa 5 febbraio

 

Indulto: fuori 25mila detenuti, nessuna "emergenza criminalità"

 

Redattore Sociale, 5 febbraio 2007

 

Nelle carceri oggi 40mila detenuti: nessun boom dei reati dopo il provvedimento di clemenza. Associazione Antigone: "Ora abrogare la Bossi-Fini, la Fini-Giovanardi e la ex-Cirielli: serve la riforma del codice penale".

Nessun incremento della criminalità dopo l"indulto, il provvedimento di clemenza approvato la scorsa estate dal Parlamento con una maggioranza trasversale: il numero dei reati non ha subito infatti rilevanti alterazioni dall’uscita dei 24.256 detenuti che hanno finora beneficiato della legge. Di più, è falsa l’impressione che un gran numero di scarcerati sia già ritornata in carcere dopo aver commesso nuovi reati: la percentuale di recidiva fra gli "indultati" è infatti pari al 10% circa, ed è inferiore a quella "fisiologica" che si riscontra fra coloro che finiscono di scontare una pena.

Sono questi i dati più significativi emersi nel corso della presentazione - presso la Sala della Sagrestia della Camera dei deputati - del terzo numero della rivista dell’Associazione Antigone, dedicata interamente al tema dell’indulto. Numeri che - ha spiegato il sottosegretario alla Giustizia Luigi Manconi, intervenuto nell’occasione - saranno ulteriormente arricchiti martedì 13, quando il Ministero renderà note al riguardo statistiche ufficiali.

Le persone che hanno riacquistato la libertà grazia alla legge fortemente auspicata dal ministro della Giustizia sono state finora 24.256, la gran parte delle quali liberata contestualmente all’entrata in vigore del provvedimento. Ogni mese, però, circa 1500 detenuti maturano i presupposti per poter usufruire dell’indulto (un residuo di pena inferiore ai tre anni) e dunque il numero complessivo di beneficiari è destinato ancora a crescere. Al 31 gennaio 2007 negli istituti di pena risiedevano 39.663 persone, contro le 61.392 del 30 maggio 2006: un calo pari ad un terzo, che ha condotto alla riduzione dell’affollamento carcerario, riportando i numeri entro il limite della legalità (nelle strutture carcerarie italiane, secondo Antigone, possono vivere circa 43mila detenuti).

Se dunque il principale obiettivo dell’indulto, quello umanitario, è stato raggiunto, ciò non toglie - affermano i rappresentanti dell’associazione - che l’approvazione della legge sia stata per molti versi caratterizzata da profonde contraddizioni, rivelandosi alla lunga un’occasione mancata sotto numerosi punti di vista. Al punto che rischia di rivelarsi solo un temporaneo palliativo se non saranno immediatamente realizzate una riforma seria del codice penale (che riduca le fattispecie di reato e le pene diversificando le sanzioni) e un’altrettanto rilevante riforma del sistema penitenziario, che si esplichi nell’approvazione delle legge istitutiva del "difensore civico nazionale delle persone private della libertà", nel riconoscimento del diritto di voto per le persone in esecuzione penale e per gli ex-detenuti, e che porti inoltre alla definizione di un nuovo ordinamento penitenziario per i minori, con l’esclusione dal circuito carcerario dei bambini figli di madri detenute. Ma a far notizia sono soprattutto le richieste riguardanti l’abrogazione di tre leggi approvate nella scorsa legislatura: la Fini-Giovanardi sulle droghe (con contestuale depenalizzazione di tutte le pratiche di consumo), la Bossi-Fini sull’immigrazione (con depenalizzazione di tutto ciò che riguarda la condizione giuridica dello straniero) e la ex-Cirielli sulla recidiva. Se ciò non verrà fatto, considerando che la gran parte dei detenuti si trovano in carcere per reati legati al consumo di sostanze stupefacenti e alla condizione di straniero privo di permesso di soggiorno, sarà "inevitabile" - secondo il presidente Patrizio Gonnella - il riproporsi della "situazione di inaccettabile affollamento delle carceri" che ha reso quasi obbligata la soluzione dell’indulto.

"Occorre ridimensionare la portata del provvedimento emergenziale dell’indulto rispetto alle riforme strutturali che il sistema penitenziario aspetta da tempo", ha spiegato Claudio Sarzotti, professore di Sociologia giuridica all’Università di Torino e responsabile scientifico dell’Osservatorio nazionale sulle condizioni detentive in Italia di Antigone, secondo cui molto di più poteva essere fatto. "Anzitutto non c’è stato alcun piano di reinserimento sociale per chi è stato scarcerato, con un sostanziale fallimento della funzione riabilitativa dell’istituzione penitenziaria, ma soprattutto è mancato quel provvedimento di amnistia che sempre, nella storia della Repubblica, aveva accompagnato l’indulto. Il fatto che poi si sia scelto di non escludere i reati dei "colletti bianchi" ha costituito per la società un segnale simbolico quanto mai negativo, anche in considerazione del fatto che i colpevoli di reati amministrativi godono per la gran parte di misure alternative alla detenzione in carcere, e dunque non concorrevano a determinare l’affollamento degli istituti di pena".

"L’amnistia è un atto necessario di civiltà - ha osservato a proposito Giovanni Russo Spena, capogruppo di Rifondazione Comunista al Senato - ma probabilmente non ce la faremo: in Parlamento non ci sono le condizioni per farlo: certamente però occorre approntare entro luglio la legge delega al Parlamento per la riforma del codice penale". "In galera va chi non dovrebbe andare, cioè stranieri e tossicodipendenti" - gli fa eco il presidente della Commissione Giustizia del Senato Cesare Salvi (L’Ulivo), che rivela, dati alla mano, come quello dell’indulto sia stato il provvedimento più impopolare del governo Prodi: "Un sondaggio riservato del mio partito segnala che la percentuale di favorevoli alla legge è attestata all’11%". Nonostante questo, però, "l’indulto era necessario: se non avessimo dovuto cercare un compromesso con l’opposizione avremmo fatto meglio", dice riferendosi alle richieste avanzate a suo tempo da Forza Italia per assicurare l’appoggio al provvedimento. "La prima buona ragione per approvare l’indulto - ha invece sostenuto il sottosegretario Manconi - non è stata l’esigenza umanitaria, ma la necessità di razionalizzare e rendere più efficiente l’intero sistema penitenziale italiano: oggi la situazione delle carceri rende possibile un intervento simile. È ora di farlo". All’ordine del giorno la riorganizzazione dei circuiti penitenziali, la distinzione fra detenuti in attesa di giudizio e condannati, il trasferimento delle competenze sanitarie fra i ministeri della Giustizia e della Salute.

 

Usciti dal carcere oltre 9000 stranieri

 

Tra i 24.456 detenuti usciti dal carcere graze all’indulto, 9.187 sono stranieri. A comunicarlo è Antigone, che questa mattina ha presentato il suo quadrimestrale di critica del sistema penale e penitenziario dedicato all’indulto. Il dato è aggiornato al 25 ottobre 2006.

Gli stranieri in carcere prima dell’indulto erano 20.088, pari al 33% della popolazione detenuta totale, al settembre 2006 erano diventati 12.369, pari al 32%. "Ci si sarebbe potuti aspettare uno scarto maggiore fra queste due percentuali- spiega l’associazione che si occupa del mondo delle carceri- essendo i detenuti stranieri con reati ascritti di bassa gravità proporzionamente di più dei detenuti italiani". Si può allora supporre per Antigone che "data l’alta percentuale di detenuti in custodia cautelare tra gli stranieri (il 48,2% del totale dei detenuti stranieri a fine luglio) in pochi abbiano visto cessare la misura cautelare grazie all’indulto, al di fuori dei casi più ovvi, solo in situazioni giuridicamente tutelate dalla presenza di un avvocato di fiducia". Alla fine dell’estate gli stranieri più ‘fortunati’ sono stati gli africani, in settembre erano il 44% in meno, (5.421 detenuti contro i 9.711 di luglio), gli europei, 32,5% in meno (5.415 contro 8.023 di due mesi prima) e i nordamericani e sudamericani 819 contro i 1.365 detenuti di luglio (-40%).

 

Dimezzati i minori in carcere

 

Sono quasi dimezzate le presenze negli istituti penali minorili con l’effetto indulto: se a luglio gli under 18 erano 457, al 25 ottobre- secondo gli ultimi dati disponibili- sono diventati 241. "Dei 762 reati ascritti ai minori detenuti al 30 giugno - spiega il testo di Antigone - 405 erano reati contro il patrimonio, quindi principalmente rapina e furto, e 158 contro la persona".

I minori presenti negli istituti penali poi, prima del provvedimento Mastella, erano così suddivisibili: 242 stranieri, 47 ragazze, e ben 324 persone ancora in attesa di giudizio, contro le 133 condannate con sentenza definitiva. È dunque evidente, per Antigone, che "come nel caso dei detenuti minori l’incidenza di persone in custodia cautelare sull’insieme degli indultati sia ben più elevata che nel caso dei detenuti adulti". Per l’associazione che si occupa del mondo delle carceri è "segno di un’attenzione maggiore nell’applicazione dell’indulto ai minorenni, resa possibile forse anche dall’inferiore carico di lavoro".

In galera! Già finita l'illusione "dell'aria nuova"

di Adriano Sofri (Rubrica "Piccola Posta")

 

Il Foglio, 5 febbraio 2007

 

In galera! Sarà tempo, fra poco, di tirare le somme. Le inaugurazioni dell’anno giudiziario hanno attirato l’attenzione, anche loro, sulla deplorazione per l’indulto: assai meno sui dati effettivi circa i reati, che hanno ancora una volta sconfessato l’allarme e l’allarmismo (cose da tenere distinte, benché il secondo miri screanzatamente al primo) sull’indulto.

Quanto alla necessità di un’amnistia, da sempre additata dai limpidi fautori dell’indulto come un suo ovvio complemento, e come tale riconosciuta tempo fa dalla stessa associazione dei magistrati, si va ora dal silenzio alla menzione a bocca storta.

È chiaro, ahinoi, che si dovrà fare. Se si dovrà fare, si faccia, e si raddrizzi la bocca. Anche sulle leggi da raddrizzare, esse stesse condizione necessaria e dichiarata per non disperdere l’efficacia dell’indulto, si avvicina ormai il tempo di un bilancio.

E ancora. "Cane che abbaia alla luna", così si definisce Francesco Ceraudo, il presidente dell’Amapi, l’Associazione dei medici penitenziari, che ha annunciato le proprie dimissioni, dopo averle, coi suoi colleghi, provate tutte, petizioni e proteste, scioperi e incatenamenti, assalti frustrati ai media per guadagnarsi un varco, implorazioni ai politici di ogni schieramento, dopo che i tagli alla medicina penitenziaria (13 milioni) hanno, dice, messo con le spalle al muro gli operatori, e cancellato l’illusione di un’aria nuova che facesse bene alla salute dei detenuti e alla dignità di medici e personale sanitario e, di conseguenza, di tutti quelli che in carcere lavorano e vivono.

Ceraudo, che dirige il Centro Clinico di Pisa (alla cui ombra ho vissuto molti anni, sono quasi morto e provvisoriamente sopravvissuto, per dirne bene) è persuaso che la sua categoria si sia impegnata sempre più nella qualificazione professionale e nella disponibilità umana, e che sia riuscita in molte situazioni, anche le più impervie, a dare voce a chi non ce l’ha, ad affermare il primato della salute anche dove è facile che prevalgano il feticcio della sicurezza, della punizione, o semplicemente dell’inerzia e della disattenzione, e insomma di ogni genere di presunta "forza maggiore".

I medici penitenziari, dice, seguono con passione l’evoluzione della coscienza pubblica che sottrae alle camere oscure della soggezione o dell’incompetenza le storie dei malati e dei loro cari, e rivendica una qualità degna della vita. Nelle carceri la malattia si aggiunge alla durezza e all’umiliazione della reclusione corporale, e le camere oscure sono doppiamente oscure.

"Alla sofferenza della malattia" dice Ceraudo "si sommano lo spavento e l’incertezza, il senso di colpa e di abbandono, l’angoscia di cedere il controllo di sé senza sapere di chi fidarsi. È terribile affrontare la galera da malati, è ancora più terribile, eppure è troppo frequente ammalarsi in galera, paventando l’ignoto, l’inimicizia o la derisione o il disprezzo, paventando la morte, o una sopravvivenza menomata e mutilata, la mancanza delle cure, il dolore ignorato.

Ceraudo ringrazia Marco Pannella, "sincero interprete degli abissi di bisogno del carcere", e dichiara la sua delusione al "governo Prodi, al ministro Mastella, al sottosegretario Manconi, al capo del Dap Ferrara". Ricorda le parole di Giovanni Conso: "Il riconoscimento della salute come fondamentale diritto dell’individuo che la Costituzione ha assunto l’impegno di tutelare, ha segnato una svolta senza più possibilità di ritornare indietro", e chiosa amaramente che il taglio indiscriminato delle risorse precipita irreparabilmente indietro quell’impegno.

I medici penitenziari fanno appello al presidente Napolitano, quale garante della Costituzione e personalmente sensibile al suo dettato rispetto alla funzione della pena. Le dimissioni, conclude Ceraudo, sono "un gesto umile che non scalfirà la sensibilità di nessuno, ma è carico di mortificazione verso un silenzio istituzionale che non so spiegarmi". Beh, qualcuno glielo spieghi, per favore.

Giustizia: pene più severe per i reati commessi negli stadi

 

Ansa, 5 febbraio 2007

 

Vertice oggi a Palazzo Chigi per esaminare le proposte del Governo contro la violenza negli stadi. A partecipare alla riunione saranno i ministri dell’ interno Giuliano Amato, dello sport Giovanna Melandri e il sottosegretario alla Giustizia Luigi Scotti (al posto del guardasigilli Mastella, influenzato), con i vertici sportivi.

Tra le ipotesi che sarebbero all’esame dei tecnici del Viminale, la possibilità inasprire le pene per i reati commessi negli stadi, quella di allargare il campo di applicazione del Daspo (il divieto, cioè, di entrare negli impianti sportivi) e l’ipotesi di regolamentare la chiusura degli stadi.

Tali indiscrezioni, ha precisato il Viminale, "non esprimono la posizione del Governo". Nel corso della riunione di oggi, secondo quanto si apprende, si potrebbe valutare anche la possibilità di fermare il calcio ancora per un’altra domenica.

Il governo. Nell’ufficio del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Enrico Letta, oltre ai ministri Melandri, Amato e al sottosegretario Scotti, ci saranno il capo della polizia Gianni De Gennaro, il presidente del Coni Gianni Petrucci e il presidente della Figc Luca Pancalli. L’incontro servirà per fornire a Prodi, impegnato in una visita di Governo in Lussemburgo fino a questa sera, una serie di ipotesi di intervento, con l’obiettivo di arrivare al prossimo Consiglio dei ministri, previsto per venerdì prossimo, un pacchetto di proposte legislative pronte. Se però fosse necessario, si potrebbe decidere di tenere durante la settimana un Consiglio dei ministri straordinario.

Le ipotesi. tra le ipotesi all’esame dei tecnici dei tre dicasteri interessati, quella di prevedere aggravanti, con conseguente inasprimento delle pene. Il ministero della giustizia starebbe valutando se intervenire con misure preventive di carattere amministrativo o in campo penale, pensando appunto ad aggravanti ad hoc se violenze, incendi, risse o lesioni vengono compiute negli stadi. Un intervento però che, secondo i tecnici di via Arenula, rischierebbe di tagliare fuori i minori. Anche al ministero dello Sport si pensa ad un inasprimento delle pene.

Il "Daspo" preventivo. tra le proposte che circolano al Viminale c’è quella di una sorta di "Daspo preventivo", l’allargamento cioè del campo di applicazione del divieto di entrare negli stadi; ma anche l’ipotesi di regolamentare la chiusura degli stadi, in modo che non si tratti più di una misura eccezionale: potrebbe cioè diventare la regola il fatto che, nel corso del campionato, ci possano essere diverse partite giocate a porte chiuse. E si pensa anche a dare più forza al parere dell’osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive che si riunisce una settimana prima di ogni partita e, con una valutazione da 1 a 3, indica gli incontri a rischio.

Giustizia: Mastella; contro ogni tipo discriminazione razziale

 

Agi, 5 febbraio 2007

 

"A voce alta e con determinazione bisogna opporsi a qualsiasi forma di discriminazione razziale e odio per il diverso". È il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, a sottolinearlo nel giorno in cui si celebra la liberazione dei prigionieri dal lager di Auschwitz.

"È necessario non dimenticare il passato - ribadisce il guardasigilli - perché la memoria diventi un messaggio forte e chiaro che parli alle generazioni presenti e future. L’orrore di quello che è stato non deve più ritornare. Anche l’impegno del governo in questa direzione è fondamentale: il disegno di legge sull’antisemitismo che il Consiglio dei ministri, all’unanimità, ha licenziato venerdì 26 gennaio è un passo importante in questa battaglia di cultura e civiltà fondamentale per una convivenza sociale improntata al rispetto reciproco, al dialogo e al confronto".

Giustizia: Coisp; petizione contro ex terroristi nelle istituzioni

 

Sesto Potere, 5 febbraio 2007

 

"Modificare la legge elettorale e il codice penale per evitare che nelle Istituzioni possano trovare spazio ex terroristi, e che personaggi che hanno in passato combattuto contro lo Stato possano restare impuniti". Lo chiede il sindacato di Polizia Coisp, che sta promuovendo in tutta Italia una petizione per giungere ad una proposta di legge di iniziativa popolare in tal senso.

Il rientro in Italia di Oreste Scalzone, l’ex leader di "Potere Operaio" e di "Autonomia Operaia", condannato a 16 anni di reclusione per associazione sovversiva, banda armata e rapine, dopo 25 anni di latitanza a Parigi, è la goccia che ha fatto traboccare il vaso dei poliziotti del Coisp.

"Per questo - fa sapere Franco Maccari, segretario generale del sindacato - è necessario modificare il Codice Penale. È necessario, cioè, prevedere che il periodo di latitanza sia considerato causa di sospensione del tempo di prescrizione del reato e che questo ricominci a decorrere nel momento in cui personaggi come Scalzone fanno rientro in Italia per sottoporsi al giudizio di un Tribunale e scontare le pene a cui sono stati condannati".

"Il Coisp - continua Maccari - chiederà inoltre che sia modificata anche la legge elettorale, per evitare che personaggi come Sergio D’Elia possano rivestire cariche istituzionali. Come sostenuto più volte dal ministro Antonio Di Pietro, serve una legge che preveda che non possono essere inseriti nelle liste elettorali soggetti che siano stati condannati con sentenze passate in giudicato, anche se riabilitati". "Lo sconcerto tra i poliziotti e tra i cittadini è forte - conclude Maccari - mentre la classe politica sembra essere disattenta a questioni cruciali come queste. Staremo a vedere se, chi ci rappresenta, avrà il coraggio di ignorare la volontà dei servitori dello Stato e di tutti i cittadini".

Milano: Ass. Calamandrana denuncia violenze contro detenuto

 

Redattore Sociale, 5 febbraio 2007

 

A San Vittore si sarebbe verificato un episodio che coinvolge agenti penitenziari. I volontari che prestano servizio in prigione chiedono alle autorità competenti di indagare: "Manca la consapevolezza dell’illegalità dei maltrattamenti".

Violenza fisica e insulti razziali ai danni di un detenuto del carcere di San Vittore. È la denuncia del gruppo Calamandrana, riferita a un recente episodio in cui sarebbero coinvolti alcuni agenti di polizia penitenziaria. Il gruppo chiede quindi che sul fatto indaghino le autorità competenti. "Abbiamo constatato che quando in carcere si viene a conoscenza di episodi di violenza su detenuti, si crea un clima di silenzio - scrive il gruppo - poiché molti pensano che è meglio non dire nulla: i detenuti non parlano perché non avendo strumenti per difendersi, hanno paura del peggio, i volontari temono di danneggiare i detenuti o considerano normale prassi carceraria la violenza fisica e morale sui detenuti.

A noi sembra invece che se le illegalità rimangono nell’ombra possono continuare a ripetersi. Non c’è sufficiente consapevolezza dell’illegalità di ogni azione violenta sui detenuti e non si conosce abbastanza l’ammonimento della Costituzione secondo cui "è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà" (articolo 13, quarto comma). Anche se può sembrare superfluo, vogliamo qui ricordare che fra i compiti della polizia penitenziaria c’è anche quello di partecipare al trattamento rieducativo dei detenuti (legge 395/1990 articolo 5 comma 2)".

Il gruppo Calamandrana precisa che "nel gergo carcerario viene chiamata "squadretta" un gruppo preciso di agenti penitenziari, che viene collegato alla triste piaga dei pestaggi". E chiede che chi ne ha l’autorità faccia chiarezza sul fenomeno. Ecco alcune domande urgenti: "La competenza delle "squadrette locali" è il ristabilimento dell’ordine turbato o la somministrazione di punizioni aggiuntive extragiudiziali? Delle sue uscite "la squadretta" redige un verbale? Se sì, a chi ne viene inviata copia? La magistratura di sorveglianza viene informata? Perché i componenti della "squadretta" indossano i guanti? Il personale medico che stila certificati compiacenti, tacendo le cause dei danni fisici, è da considerare connivente? Circa i detenuti che testimoniano su violenze inflitte ad altri: come evitare che subiscano ritorsioni (rapporti o trasferimenti)? Come esporre querela per gli insulti subìti durante i pestaggi? (a tema razziale, religioso, sessuale). La direzione fa sempre indagini quando ci sono sospetti di reati di violenza, i risultati di queste indagini come possono essere resi pubblici? La loro pubblicazione potrebbe influire sull’immagine che si ha del carcere come luogo dove si rispetta la legalità?".

A sostegno di queste affermazioni, il gruppo riporta alcune considerazioni di Valerio Onida - presidente emerito della Corte Costituzionale, ora membro dello Sportello giuridico del carcere di Bollate - tratte dall’articolo "Restrizioni e legalità", apparso sulla rivista "Carcere e Diritti", n. 4-5 luglio-ottobre 2006. "Nulla come la condizione carceraria evoca l’esigenza e la necessità di assicurare la piena legalità - scrive Onida - poiché non solo "l’imperio" della legge non si ferma alle porte del carcere, ma, al contrario, dietro quelle porte la legge si impone più che mai. Naturalmente, perché questo "imperio" si realizzi, non basta che le leggi ci siano: occorre che esse siano, in concreto, applicate e rispettate. E che, quando qualcuno le vìola, operino effettivamente i rimedi, i meccanismi di riparazione o sanzione previsti.

Ecco perché lo sforzo di affermare e salvaguardare la legalità, anche nelle carceri, non si può esaurire nella induzione di norme: questa è solo la premessa, mentre poi occorre preoccuparsi di adeguare la realtà a ciò che le norme prescrivono, cioè di creare le condizioni - materiali (risorse), organizzative (personale con relativi adeguati poteri, compiti e responsabilità), culturali (formazione degli operatori, rottura dell’isolamento rispetto alla società) - perché le leggi non restino sulla carta e si attuino gli obiettivi cui esse tendono".

"L’articolo 35 della legge penitenziaria 354 del 1975 - scrive ancora Onida - sancisce il "diritto di reclamo" del detenuto, che può rivolgersi a diverse autorità. Prima ancora che dalle leggi, la condizione dei detenuti è presa in considerazione dalla Costituzione. Infatti la Costituzione stabilisce i princìpi e le regole essenziali della legalità, i diritti ‘inviolabili’ delle persone e i loro doveri inderogabili. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato (articolo 27, terzo comma).

Tutte le norme ricordate muovono da una premessa fondamentale: il detenuto è una persona, la cui dignità e i cui diritti - naturalmente quei diritti che non sono momentaneamente compressi o limitati per effetto della pena - debbono essere salvaguardati e difesi. Anzi, la situazione di restrizione della libertà in cui il detenuto si trova lo rende più debole, per così dire più esposto: come ha detto la Corte costituzionale, "quanto più (…) la persona, trovandosi in stato di soggezione, è esposta al possibile pericolo di abusi, tanto più rigorosa deve essere l’attenzione per evitare che questi si verifichino" (sentenza 526 del 2000). Per questo la Costituzione ammonisce che "è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà" (articolo 13, quarto comma).

"Chi conosce la situazione concreta nelle carceri italiane - riflette Onida - ne parla spesso in termini drammatici. Il sovraffollamento, la vetustà di molte strutture, le carenze di personale e di risorse, la difficoltà di organizzare e di assicurare ai detenuti il lavoro, tanti fattori negativi che pesano. Può sembrare allora illusione o pura retorica, in questa situazione, parlare dei diritti dei detenuti e della loro protezione costituzionale.

Ma non lo è: pur con tutte le difficoltà che le situazioni di fatto possono offrire, è essenziale mantenere chiaro - e battersi per attuarlo - il principio per cui il carcere non deve essere luogo di sopraffazione o di degradazione della personalità, ma luogo in cui persone, rispettate come tali, che scontano una pena legalmente inflitta, sono messe in grado di cercare e di percorrere la via del loro riscatto e del loro reingresso nella comunità dei liberi. È necessario, prima di tutto, crederci. Per informazioni, segnalazioni e adesioni ci si può rivolgere a Gruppo Calamandrana, e-mail: gruppocalamandrana@email.it; sito internet: http://calamandrana.interfree.it.

Minori: ministro Fioroni; al via un piano contro il bullismo

 

Redattore Sociale, 5 febbraio 2007

 

Venti osservatori permanenti, un numero verde nazionale, un sito internet, una campagna nazionale di informazione ma anche sanzioni più severe e nuovi percorsi di recupero. Sono i punti chiave del piano nazionale presentato oggi a Roma.

Venti osservatori permanenti, un numero verde nazionale, un sito internet, una campagna nazionale di informazione ma anche sanzioni più severe e nuovi percorsi di recupero. Sono i punti chiave del piano nazionale contro il bullismo presentato oggi a Roma dal ministro della Pubblica istruzione Giuseppe Fioroni.

Il piano, sintetizzato in una direttiva di tredici pagine inviata a tutte le scuole, è frutto della consultazione avviata dal ministero con i dirigenti scolastici, i docenti, i rappresentanti dei genitori e degli studenti ma anche con gli enti locali, le Asl e le organizzazioni del terzo settore. Le linee guida contenute nella direttiva sintetizzano le oltre 520 proposte giunte al ministero dal mese di novembre, nel tentativo di coinvolgere tutti gli attori sociali nella definizione degli interventi da attuare all’interno delle istituzioni scolastiche. Un coinvolgimento che, ha spiegato il ministro, non può essere estemporaneo. "La scuola - ha detto Fioroni - può vincere questa battaglia solo se ha la consapevolezza di lavorare in rete", e "se si attua un progetto educativo in cui tutti devono fare la propria parte". In quel "tutti" il ministro include, oltre ai centri educativi e alle famiglie, anche i media e in particolare le televisioni generaliste.

Per questo a Rai e Mediaset il ministro ha rivolto un appello affinché si vada oltre "la politica del bollino" per la tutela dei minori per cui spesso "la tv è la baby sitter per eccellenza". Secondo Fioroni mettere il bollino sui programmi è "un pannicello caldo", l’espressione di una programmazione che "punta alla quantità dell’auditel" mentre "dalle tv generaliste bisognerebbe aspettarsi un auditel di qualità che impedisca che i nostri nipoti quando torniamo a casa ci accolgano con le mosse del wrestling".

Oltre alle tv, il piano del ministero chiama in causa anche internet e i videogiochi, "non per fare la Cina delle censure", ha sottolineato il ministro, ma per avviare un percorso di educazione alla fruizione mediale che superi i modelli di affermazione del sé attraverso l’uso della violenza. Un primo atto concreto in questo senso è stata la firma, a margine della conferenza stampa di presentazione del piano nazionale, di un protocollo d’intesa con l’Aesvi, l’Associazione Editori Software Videoludico Italiana. Tra le misure previste anche l’avvio di una campagna di sensibilizzazione per educare i genitori alla scelta dei videogiochi sulla base della classificazione Pegi, il codice di autoregolamentazione adottato a livello europeo dalle principali case produttrici.

Il richiamo a un’azione integrale, a un’offensiva educativa che metta in rete i vari soggetti coinvolti alla formazione dei ragazzi, non sminuisce nel piano le azioni da attuare a livello delle singole scuole che sono chiamate a una responsabilità specifica. La direttiva lascia infatti che sia ciascuna scuola a "ricercare la strategia educativa più idonea nell’azione promozionale di educazione alla cittadinanza e di prevenzione del disagio, che potrà trovare espressione nel Piano dell’offerta formativa". Lo stesso richiamo alla responsabilità dei singoli docenti e studenti che il ministro Fioroni ha fatto denunciando le molte volte in cui, di fronte a episodi di violenza contro un disabile o un ragazzo debole, "decine di docenti e studenti si sono girati dall’altra parte e non hanno parlato" ignorando che "la gravità dell’omissione è pari a quella della violenza".

Anche per questo a livello nazionale verrà avviata una campagna di comunicazione differenziata rivolta agli studenti, ai dirigenti scolastici, ai docenti, al personale Ata e alle famiglie, con azioni mirate a seconda del grado di scuola. A livello regionale l’azione sarà gestita dei venti Osservatori permanenti, istituiti con fondi specifici presso ogni ufficio scolastico regionale, con il compito di promuovere le buone pratiche presenti a livello territoriale con la collaborazione degli enti locali.

Altri due strumenti che, nelle intenzioni del Ministero, dovrebbero riuscire a rompere la solitudine a cui spesso sono sottoposte le vittime del bullismo, saranno il sito web (www.smontailbullo.it) e il numero verde nazionale 800.669696. Il sito raccogliere tutte le informazioni utili provenienti dagli osservatori regionali ma anche dal numero verde. Quest’ultimo, istituito presso la sede del ministero, sarà attivo dal lunedì al venerdì, con dieci postazioni di ascolto seguite da una task force di esperti.

Pesaro: allarme nelle carceri, la situazione è al collasso

 

Corriere Adriatico, 5 febbraio 2007

 

"La situazione nelle carceri di Pesaro e di Fossombrone è al collasso. In entrambe le strutture si registra una carenza estrema di organico di polizia penitenziaria su cui non si riesce a mettere un freno. È da tempo che eravamo in emergenza, ma negli ultimi mesi il quadro è ulteriormente peggiorato". A lanciare un grido di allarme che dovrà essere raccolto da chi di dovere è Aldo Di Giacomo, consigliere regionale del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria, il Sappe.

Di Giacomo spiega come mai la situazione nella casa circondariale di Villa Fastiggi e nel carcere di Fossombrone sia peggiorata: "A Pesaro, oltre ai trenta agenti in meno rispetto a quanto stabilito dalle piante organiche del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria di Roma, nell’arco del 2006 ci sono stati quattro pensionamenti che non sono stati rimpiazzati.

Nel 2007, poi, andranno in pensione altri nove agenti con la conseguenza che la carenza diverrà ancora più grave. Questo a Pesaro, ma anche a Fossombrone il quadro non è certo positivo: nel 2006 i pensionamenti sono stati quattro, ma nel 2007 se ne andranno ad aggiungere altri sette. Ben si comprende come in una situazione in cui il personale è sotto organico il lavoro si svolge in condizioni di maggior pericolo".

Dalle colonne del nostro giornale denunciammo l’anno passato alcune aggressioni ai danni di agenti di polizia penitenziaria. Episodi deprecabili che speriamo non debbano più ad accadere ma che non sono purtroppo estranei alla vita carceraria delle varie strutture del nostro Paese.

A Pesaro e Fossombrone livello di guardia, dunque. Nonostante l’indulto deciso dal governo Prodi che ha diminuito sensibilmente il sovraffollamento di detenuti che caratterizzava le due carceri pesaresi come la maggior parte di quelle italiane. "Sì, ma la situazione non è certo migliorata - controbatte Di Giacomo -. Ci sono meno detenuti ma la carenza di agenti di polizia penitenziaria permane. A testimoniare che il quadro non è divenuto più roseo le ore di straordinario che sono rimaste invariate rispetto al passato: 30.000 in un anno solamente a Pesaro a dimostrare come il lavoro degli agenti debba essere alacre. A Fossombrone le cifre sono più o meno le medesime".

Di Giacomo si sta muovendo per porre un freno a una situazione che lui e il sindacato che rappresenta (il Sappe è il maggiore in Italia nella categoria) considera in continuo peggioramento: "Proprio in questi giorni sto completando una relazione da mandare al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria di Roma che fino ad ora si è dimostrata sorda alle nostre richieste. Gli organici di agenti di polizia penitenziaria non sono completi e a far riflettere è il fatto che né a breve né a medio termine sono previsti arrivi a rendere la situazione meno drammatica. L’anno passato mi recai personalmente dal sindaco di Pesaro Luca Ceriscioli, dal presidente della Provincia Palmiro Ucchielli, dal prefetto e dal presidente della Regione Marche. Prospettai loro la situazione delle carceri pesaresi e marchigiane più in generale sperando che qualcosa potesse cambiare. Purtroppo a distanza di mesi nulla è mutato, anche se non è colpa loro. Le responsabilità vanno ricercate nel fatto che il Dipartimento è sordo ai nostri inviti. Riformuleremo le nostre richieste al ministro Clemente Mastella".

 

Ridistribuire gli agenti

 

"Meno carcerati per via dell’indulto, ma gli agenti non sono abbastanza". Diamo un po’ di numeri. Aldo Di Giacomo, consigliere regionale del sindacato autonomo di polizia penitenziaria fa sapere che nella casa circondariale di Villa Fastiggi i detenuti sono centocinquanta circa. Gli agenti sono invece centotrentaquattro, trentacinque in meno di quanto stabilito dalle piante organiche del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria di Roma.

Nella struttura carceraria di Fossombrone i detenuti sono centoquaranta a fronte di centotrentatre agenti, trenta in meno del dovuto. Come mai questa carenza? "Questo avviene perché la maggior parte degli agenti sono originari del sud Italia - fa sapere Di Giacomo -. Molti chiedono di tornare a casa con la conseguenza che gli organici nelle carceri del centro-nord sono carenti, mentre nel meridione c’è un intollerabile sovraffollamento". Urge una ridistribuzione, vero Di Giacomo?

Verona: il Csi cerca studenti… da mandare in carcere

 

L’Arena di Verona, 5 febbraio 2007

 

Parte anche quest’anno il progetto carcere-scuola promosso dal centro sportivo italiano. L’iniziativa, giunta alla sua diciottesima edizione grazie al gruppo di volontari che rientrano nel gruppo progetto carcere 663, vedrà la partecipazione di oltre cinquanta istituti veronesi di scuola superiore. Saranno più di mille gli studenti che varcheranno l’ingresso della casa circondariale di Montorio. Le attività sportive, caratterizzate il più delle volte da veri e propri tornei di calcio, prenderanno il via a metà marzo per concludersi nei primi giorni di giugno. Ma per poter fare in modo che tutto fili liscio, il coordinatore del progetto Maurizio Ruzzenenti lancia un appello: servono volontari accompagnatori.

"Saranno un centinaio gli incontri che verranno promossi", spiega Ruzzenenti, "e di conseguenza serviranno veri e propri accompagnatori che indichino agli studenti delle scuole superiori come ci si muove durante le visite". L’appello per rintracciare accompagnatori per il carcere lanciato dal coordinatore è rivolto in particolare agli studenti e studentesse, delle facoltà di scienze motorie e dell’educazione. Ma per diventare accompagnatori o forse è meglio dire mediatori, tra due mondi diversi vale a dire tra chi sta dentro e chi sta fuori, serve seguire un corso che è stato ideato e messo a punto sempre dai volontari di Progetto carcere 663.

Si tratta di partecipare ad un corso teorico di 20 ore alle quali si aggiunge un tirocinio pratico. Ai partecipanti verrà in seguito consegnato un attestato di partecipazione. Ma perché proprio un corso per chi vuole diventare volontario all’interno del carcere? "Per definizione il carcere è un luogo di espiazione", fa notare Ruzzenenti, "ma dal punto di vista umano è una via di recupero di conseguenza serve un approccio diverso. È utile conoscere come è la struttura operativa, di come opera il volontariato e ancora più utile capire le motivazioni che spingono a volere aiutare chi sta affrontando un momento di difficoltà vera della propria esistenza".

Progetto carcere 663 nasce nel 1986, è una diretta conseguenza di un’iniziativa voluta sempre negli stessi anni dal Csi (Centro sportivo italiano) che vede nella promozione allo sport un modo per avvicinare ma anche per rieducare. In progetto carcere 663 si sviluppa la volontà di far conoscere ai giovani la realtà del carcere e di far uscire qualche ora chi sta dentro, soprattutto attraverso incontri sportivi. Tra gli studenti che in tutti questi anni hanno partecipato all’iniziativa carcere-scuola, è emerso che l’obiettivo di fare informazione per abbattere i pregiudizi, creare una cultura della tolleranza e di accoglienza, è possibile. Chi fosse interessato a far parte di questa edizione può inviare il proprio curriculum a Maurizio Ruzzenenti, via Tagliamento 8, 37123 Verona, entro il 15 febbraio.

Milano: al via recupero del teatro interno a Ipm "Beccaria"

 

Ansa, 5 febbraio 2007

 

Grazie ai fondi derivanti dal progetto Equal IPM di scena, con il sostegno della direzione dell’istituto penale minorile lombardo e la collaborazione della polizia penitenziaria, sono stati attivati i lavori di recupero e ristrutturazione del teatro interno del Beccaria di Milano.

Alle diverse fasi di lavoro partecipano gli stessi minori ristretti presso la casa circondariale. Sarà in questo modo possibile restituire uno spazio dove sia possibile seguire i corsi di teatro e mettere in scena gli spettacoli. Inoltre la cooperativa Puntozero, che da oltre dieci anni pratica attività teatrali all’interno della struttura, concretizza i suoi corsi insegnando ai ragazzi i mestieri di macchinista teatrale, tecnico delle luci, sarto, fonico, operatore di ripresa. Per la prossima primavera, infine, è prevista la messa in scena dell’Antigone di Sofocle.

Firenze: l’Arci organizza "A piede libero nel parco 2007"

 

Toscana Tv, 5 febbraio 2007

 

L’Arci di Firenze e i Circoli Arci dei comuni di Signa e Lastra a Signa organizzano la quarta edizione di "A Piede Libero nel Parco", settimana dedicata alle tematiche del reinserimento dei detenuti. Da questa settimana, a Signa, Lastra a Signa e Sesto Fiorentino ospitano due appuntamenti di confronto sulle alternative alla detenzione, il 9 e 10 Febbraio a Villa Caruso a Lastra a Signa e a Villa Castelletti a Signa, e la mostra (presso lo spazio "La Soffitta", Unione Operaia di Colonnata a Sesto Fiorentino) dei lavori dei detenuti che hanno frequentato il laboratorio di pittura nel carcere di Sollicciano curato dal pittore fiorentino Mario Cini.

Durante le due giornate di dibattito di "A Piede Libero nel Parco", associazioni, enti locali, Regione, istituzioni penitenziarie discuteranno sullo stato attuale dei percorsi di applicazione delle misure alternative in Toscana e a Firenze, e sul ruolo delle istituzioni locali e del terzo settore. "Dopo l’indulto - spiega Alberto Bresci, della segreteria dell’Arci di Firenze - è più che mai necessario superare l’emergenza e sostenere l’impegno degli enti locali e della Regione nelle attività di supporto al reinserimento dei detenuti, che in questi anni hanno subito gli effetti dei tagli alla spesa sociale". "Gli stessi provvedimenti di sostegno che hanno accompagnato l’indulto - denuncia Alberto Bresci - sono stati tardivi ed economicamente insufficienti per aiutare Comuni e Province ad affrontare lo svuotamento dei penitenziari".

Ai due dibattiti, parteciperanno rappresentanti dell’associazionismo penitenziario, gli assessori alle politiche sociali della Regione Toscana e della Provincia di Firenze, Gianni Salvadori e Alessia Ballini, l’assessore all’accoglienza e all’integrazione del comune di Firenze Lucia De Siervo, il presidente della Fondazione Michelucci Alessandro Margara, il Garante dei diritti dei detenuti del comune di Firenze Franco Corleone, Gianfranco Politi direttore area educativa Sollicciano, la consigliera regionale Alessia Petraglia, i sindaci di Lastra a Signa e Signa, Carlo Nannetti e Florestano Bitossi. Mentre dal 18 febbraio sino al 7 marzo prossimi, (orari, feriali: h 21/23; festivi 10,30/1230 - 17/19; lunedì chiuso) lo spazio "La Soffitta" presso l’Unione Operaia di Colonnata in piazza Rapisardi a Sesto Fiorentino accoglierà i lavori dei detenuti che hanno frequentato il laboratorio di pittura, "Ricostruirsi Creando", nel carcere di Sollicciano curato Mario Cini.

"A Piede Libero nel Parco - aggiunge Francesca Chiavacci, presidentessa dell’Arci di Firenze - consolida l’impegno dell’Arci e dei suoi circoli per il reinserimento dei detenuti". "Un impegno - conclude Francesca Chiavacci - spesso poco visibile ma non per questo importante per una realtà complessa come gli istituti penitenziari dell’area fiorentina". A Piede Libero del Parco ‘07 si avvale del patrocinio dei Comuni di Lastra a Signa, Comune di Signa, Comune di Firenze, Comune di Scandicci, Regione Toscana, Provincia di Firenze.

Droghe: Corleone; l’allarme di Amato è solo strumentale

 

Ansa, 5 febbraio 2007

 

"Lanciare l’allarme come ha fatto Amato è strumentale, tutte le politiche proibizioniste sono basate sulle emergenze": Franco Corleone, che proprio oggi ha cominciato un digiuno "di dialogo" affinché il Parlamento comincia a discutere le proposte di riforma della normativa sulla droga, commenta così le parole del ministro dell’interno sui consumi di cocaina.

"Amato farebbe bene a cambiare innanzitutto la Bossi-Fini - afferma l’ex sottosegretario - come dottor Sottile sta fallendo e dimostra una velleità di creare problemi al governo". È, quello del titolare del Viminale - continua Corleone - un modo "vecchio" di affrontare la questione delle tossicodipendenze, che dimostra un’incapacità di affrontare i nodi strutturali del problema in maniera razionale". Semmai, il problema cocaina, "se è vero - puntualizza - dimostra il fallimento del proibizionismo e della Fini-Giovanardi, una legge che il governo avrebbe dovuto già abrogare". "Speriamo - conclude Corleone - che non si aspetti il 28 febbraio, anniversario della legge, perché cominci la discussione in Parlamento delle proposte, e che si cominci invece a parlare dei problemi concreti e delle soluzioni".

Droghe: molte adesioni al digiuno a staffetta di Corleone

 

Ansa, 5 febbraio 2007

 

Molte le adesioni al digiuno a staffetta, avviato da Franco Corleone il 2 febbraio scorso, per sollecitare il Parlamento affinché proceda immediatamente all’incardinamento della proposta di legge Boato sul tema delle droghe e delle tossicodipendenze (A.C. n. 34), e alla nomina dei relatori nelle due Commissioni congiunte alla Camera, Giustizia e Affari Sociali.

Da domani, 6 febbraio, digiuneranno: Riccardo De facci, Milano, CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza); Susanna Ronconi, Torino, Forum Droghe; Andrea Boraschi, Roma, A Buon Diritto (Associazione per le libertà). E sono già decine le persone che hanno fatto pervenire la propria adesione, e che si alterneranno nei prossimi giorni in questa iniziativa di pressione e di dialogo.

La proposta Boato è stata presentata alla Camera dei Deputati all’inizio della legislatura ed è stata assegnata in sede congiunta alla Commissione Giustizia e alla Commissione Affari Sociali il 20 settembre 2006. Da allora però è rimasta chiusa in un cassetto. La proposta, che è in linea con il programma dell’Unione sul tema, ha raccolto le firme di parlamentari di tutto il centro-sinistra e sta tuttora raccogliendo numerose adesioni tra i parlamentari.

Il 23 gennaio scorso si è tenuta a Roma, presso la sala stampa della Camera, una conferenza stampa alla quale hanno partecipato vari parlamentari firmatari della proposta - tra cui Marco Boato, Carlo Leoni, Ruggero Ruggeri, Daniele Farina, Cinzia Dato, Tana De Zulueta - ed altrettanti esponenti della società civile e delle associazioni, operatori pubblici, consumatori ed altri soggetti che hanno dato vita in questi anni al movimento per l’abrogazione della legge Fini-Giovanardi e per la riforma della politica delle droghe.

In quella sede associazioni e operatori presenti avevano chiesto la decisione dell’incardinamento della proposta Boato con la nomina dei relatori e tutte le procedure per garantire un esame approfondito del testo ed una discussione nel Parlamento e nel Paese, entro una settimana. Qualora nessun segnale fosse giunto, si sarebbe dato vita a un movimento di protesta. E così è stato. Per i promotori, l’incardinamento della legge e la nomina dei relatori è un obiettivo minimo, ma in difesa della possibilità di discussione e dibattito per le decisioni che il Parlamento deve assumere. Informazioni e adesioni: digiuno@fuoriluogo.it

Egitto: Ong denuncia; 12-14 mila in carcere senza processo

 

Ansa, 5 febbraio 2007

 

Nelle carceri egiziane ci sono fra le 12 e le 14 mila persone detenute senza processo, alcune da oltre quindici anni.Lo denuncia l’Organizzazione egiziana per i diritti umani (Eohr). Molti dei detenuti, afferma l’organizzazione non governativa, hanno già ottenuto un ordine di scarcerazione, ma vengono trattenuti in base alle leggi speciali, in vigore in Egitto dal 1981, dopo l’assassinio dell’allora presidente Anwar Sadat.

Con un comunicato sul suo sito l’organizzazione chiede l’immediato rilascio di chi non sia stato incriminato e di chi abbia ormai scontato la pena. L’Eohr chiede anche che vengano revocate le leggi speciali, che sono state prolungate lo scorso anno dal parlamento, in attesa della stesura di una legge contro il terrorismo. In base a queste leggi speciali, chiunque può essere detenuto a tempo indeterminato, senza incriminazione o processo. Migliaia di sospetti fondamentalisti islamici sono in carcere in base a queste norme.

 

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