Rassegna stampa 9 aprile

 

Giustizia: Roma; marcia di Pasqua contro la pena di morte

 

Nessuno Tocchi Caino, 9 aprile 2007

 

Promuovono la Marcia di Pasqua per la moratoria Onu delle esecuzioni capitali: Nessuno tocchi Caino, Partito Radicale Nonviolento Transnazionale, Comunità di Sant’Egidio, Radicali Italiani, con il Patrocinio della Regione Lazio, del Comune di Roma e dell’Anci.

Obiettivi. L’iniziativa vuole rafforzare, con un invito a tutte le cittadine e i cittadini a partecipare, l’impegno espresso dal Parlamento italiano all’unanimità e del Governo italiano a presentare la risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali all’Assemblea Generale dell’Onu in corso e conquistare così un nuovo diritto umano e civile per l’umanità intera. Marco Pannella, su questo obiettivo, è in sciopero della fame dal 21 marzo.

 

Appello al Governo italiano per una moratoria delle esecuzioni

 

Noi pensiamo che l’umanità deve andare avanti, e l’abolizione della pena di morte non è solo una necessità dell’individuo, il rafforzamento ulteriore della sua sfera di inviolabilità, ma sempre più una necessità storica e universale, il punto di approdo della nostra epoca, il punto di incontro di civiltà diverse.

"Nessuno tocchi Caino", è scritto nel Libro, e questo antico imperativo per noi vuol dire che lo Stato non può disporre della vita dei suoi cittadini. Di fronte ad una criminalità che colpisce tutti in maniera intollerabile, sono molti a chiedere di mantenere o di reintrodurre la pena capitale, ma in questo modo il profondo senso di giustizia che li anima è mal riposto.

L’abolizione della pena di morte è sempre più un punto di vista anche della comunità internazionale. La Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite, il 20 aprile del 2005, per il nono anno consecutivo, ha stabilito che l’abolizione della pena di morte "contribuisce al rafforzamento della dignità umana e al progresso dei diritti dell’uomo", ed ha chiesto agli Stati mantenitori di "stabilire una moratoria delle esecuzioni in vista della definitiva abolizione della pena di morte".

I Tribunali istituiti dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per giudicare il genocidio, lo stupro etnico, le fosse comuni ed altri gravi crimini commessi nella ex Jugoslavia e in Ruanda e lo stesso Statuto del Tribunale internazionale permanente per i crimini contro l’umanità, escludono tutti il ricorso alla pena capitale. Mentre essa è prevista, all’interno di alcuni Stati, per reati infinitamente meno gravi.

Noi, sottoscritti, chiediamo al Governo italiano di presentare quest’anno all’Assemblea generale dell’Onu una risoluzione per istituire una moratoria universale delle esecuzioni, in vista della completa abolizione della pena di morte. Dopo l’abolizione della schiavitù e l’interdizione della tortura, il diritto a non essere uccisi a seguito di una misura giudiziaria può essere un altro comune denominatore, una nuova e irriducibile dimensione dell’essere umano che fa di tutti noi un’unica comunità.

 

Prodi aderisce a marcia di Pasqua

 

Il presidente del Consiglio Romano Prodi ha dato la sua adesione "convinta e forte" alla marcia per la moratoria Onu delle esecuzioni capitali in programma la domenica di Pasqua a Roma. "Si tratta - dichiara il premier in una nota - di un’iniziativa importante e non solo simbolica a favore della richiesta di moratoria Onu delle esecuzioni in tutto il mondo, proposta che il Governo ha avanzato da tempo all’assemblea delle Nazioni Unite".

Il presidente del Consiglio indirizza dunque il suo "plauso agli organizzatori ed ai tantissimi ministri, politici e cittadini che sfileranno per le strade della Capitale. Manifestazioni come questa - conclude Prodi - rappresentano al meglio la coscienza democratica di un Paese che vuole contribuire attivamente a una convivenza globale di pace".

 

Messaggio vicepresidente consiglio Rutelli

 

Francesco Rutelli, Vice Presidente del Consiglio dei Ministri, ha indirizzato a Radicali Italiani il seguente messaggio: "Ho appreso dagli organi di stampa dell’iniziativa promossa dai Radicali italiani di tenere domenica prossima la "Marcia di Pasqua" per la moratoria Onu delle esecuzioni capitali. Iniziativa alla quale rivolgo i miei più sinceri auguri di riuscita, nella speranza che possa rappresentare un ulteriore prezioso sostegno alla battaglia che da anni i radicali, così come la Comunità di Sant’Egidio e moltissime associazioni e movimenti di ispirazione civile ed umanitaria, stanno conducendo.

Il Governo italiano sta promovendo in sede internazionale questa posizione, grazie all’impegno diretto del Presidente del Consiglio, del Ministro degli Esteri e dei Sottosegretari agli Affari Esteri, operando con il massimo sforzo per sensibilizzare gli Stati membri delle Nazioni Unite contro la barbarie della pena di morte.

Abbiamo dimostrato di considerare l’approdo alla moratoria Onu come un obiettivo irrinunciabile e prioritario, mettendo in campo tutti i mezzi pubblici e diplomatici di cui disponiamo. Sapete bene quanto le finalità della vostra iniziativa siano in sintonia anche con il mio pensiero e il mio impegno politico. Spero che tutto questo lavoro possa finalmente giungere al tanto atteso pronunciamento, che le nazioni devono al rispetto pieno della dignità e dei diritti dell’uomo".

 

Messaggio Bertinotti per marcia di Pasqua

 

"Quella per la moratoria delle esecuzioni capitali è una delle battaglie più importanti del nostro tempo". È quanto scrive il presidente della Camera Fausto Bertinotti nel messaggio alla segretaria di Radicali italiani, Rita Bernardini.

"In occasione della Marcia di Pasqua per la moratoria ONU delle esecuzioni capitali, promossa dai Radicali Italiani in collaborazione con il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale, l’associazione Nessuno tocchi Caino e la Comunità di Sant’Egidio, sono lieto di far pervenire a Lei, cara Segretaria, ed a tutti coloro che vi prendono parte il mio saluto più cordiale. L’impegno per la moratoria e l’abolizione della pena capitale, cui anche il Parlamento italiano sta assicurando il proprio forte e convinto contributo, rappresenta - sottolinea Bertinotti - una delle battaglie più importanti del nostro tempo. Una battaglia che si snoda attraverso un percorso difficile e denso di ostacoli, ma sul quale è doveroso muoversi con determinazione in vista dell’obiettivo alto ed esigente che lo segna: il pieno rispetto della dignità dell’uomo e dei diritti che su di essa si radicano. Lungo questo cammino - prosegue - è essenziale l’azione di sensibilizzazione e di proposta dei movimenti e delle associazioni da tempo impegnati nel nostro Paese per la promozione e la difesa dei diritti umani, della quale la manifestazione odierna ci offre una nuova e coraggiosa testimonianza. Nell’esprimere il mio vivo apprezzamento per l’iniziativa, desidero rivolgere a tutti i partecipanti - conclude il presidente della Camera - i miei più sinceri auguri per il suo pieno successo".

Giustizia: a proposito dei giornalisti e dei detenuti, di Luca Sofri

 

Wittgenstein, 9 aprile 2007

 

Oggi, forse inosservato, il giornalismo italiano ha fatto un ulteriore passettino per allontanarsi dalla correttezza: piccolo, ma significativo. Succede questo, in Italia. Che quando avviene un arresto che fa notizia, i giornali non possono ovviamente ottenere di intervistare immediatamente l’arrestato, per ragioni di cautela dell’inchiesta. Prima ci deve essere un interrogatorio, almeno. Ma succede anche che, per altrettanto giuste ragioni di tutela dei detenuti, questi possano essere sempre visitati da deputati o consiglieri regionali che si vogliano sincerare delle loro condizioni, e delle condizioni di detenzione nelle carceri.

Queste due buone norme si sono presto aggrovigliate generando una pratica per cui subito dopo l’arresto i giornali si accordano con dei deputati in visita - quando addirittura non chiedono loro di andare in visita per loro conto - e poi ne raccolgono il racconto fuori dal carcere. E in questa forma, di racconto di seconda mano, lo pubblicano.

Sarebbe giusto che i deputati non si prestassero a questo traffico di favori, e che andassero in carcere solo per le ragioni di cui sopra, con discrezione e riferendo solo le cose che è giusto sapere sul regime di detenzione. Ma separare questi dalla crusca di quelli a cui piace apparire sui giornali il giorno dopo, è impossibile, quindi pazienza e ci si affidi alla coscienza dei singoli. Ma oggi è successa una cosa nuova, su Repubblica (ma poteva cominciare benissimo qualcun altro, secondo me, vista l’aria): Repubblica oggi ha un’intervista con Fiorani in carcere. Un’intervista. Con le domande in grassetto, e le risposte, eccetera. Un’intervista.

Firmata da un giornalista di Repubblica la cui sola premura è di riferire in apertura che "Fiorani parla attraverso l’onorevole Pierluigi Mantini". E poi via con i grassetti, domanda, risposta, tutto virgolettato, e firmato da un giornalista che non c’era. E dalla prossima volta, faranno tutti così, per non essere da meno"

Padova: in ospedale un "reparto bunker" solo per i detenuti

 

Il Gazzettino, 9 aprile 2007

 

La richiesta è arrivata all’unisono da Salvatore Pirruccio, direttore del carcere Due Palazzi, e da Antonella Reale, responsabile della Casa circondariale di Padova. Perché l’esigenza è la stessa, sia che si parli di soggetti in attesa di giudizio, sia che ci si riferisca a quelli che hanno una pena definitiva da scontare. Ad accogliere l’istanza di avere al più presto un "reparto-bunker", riservato cioè ai detenuti, sono stati il Comune, l’Ulss 16 e l’Azienda ospedaliera. Pertanto in tempi stretti verrà allestita la struttura all’ultimo piano dell’Ospedale Sant’Antonio.

Promotore dell’iniziativa è stato Claudio Sinigaglia, assessore ai Servizi sociali, che ha messo a punto un Piano triennale proprio dedicato al pianeta-carcere, che sarà discusso durante la prossima seduta del consiglio comunale. Nell’ambito delle priorità da realizzare, c’è appunto questa, perché la situazione attuale è davvero difficile da gestire. Quando un prigioniero si ammala viene portato nell’infermeria del carcere, ma se le sue condizioni richiedono un ricovero, il paziente viene accompagnato in un normale reparto di medicina o di chirurgia, a seconda delle necessità, e collocato in una stanza dove ci sono anche gli altri malati. Il detenuto solitamente viene ammanettato al letto e la sua sorveglianza è garantita notte e giorno da tre agenti per ogni turno: uno rimane al capezzale, il secondo si piazza in corridoio e l’altro resta in reparto, provocando disagi anche nel funzionamento normale di una corsia di ospedale. Tutto ciò, poi, implica un dispendio enorme di risorse, tenuto conto che il numero delle guardie carcerarie è già di per sé estremamente ridotto.

Nell’"ala bunker" che a breve verrà realizzata, invece, troveranno posto solamente pazienti provenienti dal carcere e quindi il numero dei "controllori" potrà essere ridotto, anche perché ci saranno le inferriate alle finestre e cancelli anti fuga all’ingresso. In linea di massima dovrebbero essere due le stanze adibite a questa funzione e per renderle idonee a ospitare persone in regime di detenzione dovranno essere spesi circa 10 mila euro: oltre alle chiusure in metallo, infatti, servono le telecamere di sorveglianza. Il risparmio, però, è garantito, perché il numero dei sorveglianti potrà essere dimezzato.

"È una richiesta che viene portata avanti da anni - ha ricordato Sinigaglia - Tempo fa esisteva un reparto-bunker che è stato eliminato perché fatiscente. Adesso averne uno diventa un’esigenza importante: ogni detenuto ricoverato deve essere sorvegliato 24 ore su 24, con un enorme spreco di risorse. A detta dei direttori, basta lo spicchio di un piano di uno degli ospedali padovani, ovviamente dove sia possibile assicurare la massima sicurezza, sia per i reclusi, che per il resto dei pazienti. Mi auguro che, in tempi stretti,, Ulss 16 e Azienda provvedano. Il Comune in questo caso si limita fare da portavoce alla richiesta. Invece noi come amministrazione abbiamo messo a punto un piano triennale di interventi, per il reinserimento nel tessuto sociale di chi ha scontato la pena, in modo da ridurre i casi di recidiva, che è del 70% se non si attivano progetti di recupero e di qualificazione professionale". Al circondariale l’80% della popolazione carceraria è costituita da stranieri, molti dei quali sono tossicodipendenti che necessitano di ricoveri frequenti.

Napoli: ricordo del prof. Luigi Iandoli, una vita per i detenuti

 

Il Mattino, 9 aprile 2007

 

Ricorre oggi un anno dalla scomparsa del professore Luigi Iandoli e in suo ricordo si terrà un convegno su "Filosofia e quotidianità". L’incontro si svolgerà mercoledì 11 aprile, alle 16, nell’ex carcere borbonico cittadino. Iandoli, docente di filosofia e storia nei licei, per molto tempo ha insegnato al Liceo Classico Convitto "Colletta" di Avellino: presidente della sezione di Avellino della Società Filosofica, si è sempre occupato di promuovere temi filosofici.

Ha mostrato particolare attenzione alla realtà carceraria, tenendo per diversi anni dei corsi, insieme a Pino Ferraro, professore d’etica dell’Università "Federico II" di Napoli, nella Casa circondariale di Bellizzi. Attività, quest’ultima, che oggi continua la moglie Mirella Napodano. "Gigi intendeva utilizzare la filosofia per vivere meglio - spiega Giovanni Sasso, presidente della sezione di Avellino della Società filosofica - e per creare condizioni di stabilità interiore. Accanto a questo tipo di ricerca, che lo vedeva impegnato in vari incontri, affiancava un percorso sui grandi problemi esistenziali in una situazione di particolare sofferenza come quella carceraria".

Il convegno sarà aperto da Alberta De Simone, presidente della Provincia di Avellino, Giuseppe Galasso, sindaco di Avellino, monsignor Francesco Marino, vescovo di Avellino ed Eugenio Salvatore, assessore alla cultura della Provincia di Avellino. Gli interventi saranno affidati ad Ottavio Di Grazia, docente universitario, Pino Ferraro, Cristina Mallardo, direttrice Casa circondariale di Bellizzi, Salvatore Mazza, attore, Giovanni Sasso e Angelina Aldorasi, Michele Cardellicchio e Giuseppe Gesa, dirigenti scolastici. Molte le associazioni coinvolte tra le quali Antigone, Centro Studi Tempi Nuovi, Centro Studi Guido Dorso, Caritas diocesana di Avellino, Casa di accoglienza don Tonino Bello, Gruppo Volontari Carcere Bellizzi Irpino, Centro Donna e Zia Lidia social club.

Opera: ieri il cardinale Tettamanzi ha incontrato i detenuti

 

Ansa, 9 aprile 2007

 

Persone che hanno ucciso o compiuto atti di violenza, spacciatori e trafficanti di droga, rapinatori: è questa umanità difficile e sofferta che il cardinale Dionigi Tettamanzi ha incontrato nel carcere di Opera in occasione della Pasqua. Se uno dei precetti della Chiesa è quello di assistere chi ha bisogno, l’arcivescovo di Milano ha assolto questo compito con umanità e sensibilità.

Circa 200 detenuti comuni (cioè non sottoposti a misure restrittive o di sorveglianza particolare), uomini e donne, hanno ascoltato con attenzione le sue parole, incentrate sui temi del perdono, della speranza e della libertà interiore, con una commozione non ostentata. Visitate un paio di sezioni Tettamanzi, accompagnato dal direttore Antonio Porcino e dal commissario comandante Amerigo Fusco, ha attraversato la terza galleria coperta di murales, disegnati dai detenuti, fino al teatro trasformato per l’occasione in una cappella.

Un portavoce dei detenuti ha detto come chi vive dietro le sbarre "farà tesoro delle sue parole e che la speranza è che politici e magistrati accolgano le sue richieste di perdono e recupero perché quello che abbiamo nella testa e nel cuore è più di quanto scritto nelle aride carte. Non bisogna interrompere il dialogo iniziato con l’indulto".

Quindi alcuni carcerati hanno letto brani del Vangelo. Poi il cardinale ha celebrato l’omelia incentrata sui valori della speranza, del perdono, della libertà interiore e della solidarietà: "Non si può vivere senza speranza - ha più volte sottolineato l’arcivescovo -.

Voi carissimi sorelle e fratelli non siete soli, perché Gesù è con voi tutti e con ciascuno di voi uno per uno. Quando state soffrendo e siete pieni di sconforto, se tutto vi crolla addosso, sappiate che il Signore è qui con voi e io dichiaro la mia vicinanza e quella della comunità cristiana a voi.

Fra noi e fra voi deve esistere una profonda solidarietà, anche voi dovete essere solidali con i compagni e le famiglie e bisogna guardare con fiducia e coraggio in avanti". Quindi sono intervenuti il cappellano penitenziario, don Marcellino, e il direttore Porcino che ha spiegato "che solo collaborando tutti si può migliorare la qualità della vita di Opera". Tettamanzi ha promesso di tornare ed è uscito dalla sala fra gli applausi.

Verona: dichiara falso nome, ma è quello di un latitante...

 

L’Arena di Verona, 9 aprile 2007

 

Salvato da quello che molti stranieri che conducono una vita illegale temono: l’Afis, ovvero il cartellino foto segnaletico. E per lui, cittadino del Senegal di 26 anni, la sorpresa nell’uovo di Pasqua è stata la scarcerazione. Già, perché due settimane fa, fermato in Piemonte al confine con l’Italia senza documenti, diede un nome e una data di nascita a caso. E caso, o meglio sfortuna, volle che fossero le generalità di un suo connazionale ricercato perché destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Una vicenda legata all’introduzione di giovani clandestine da avviare alla prostituzione con la quale lui non c’entrava proprio nulla. Ma in carcere per quel nome che non era il suo ci è finito comunque e l’altro giorno il sostituto procuratore di turno, Fabrizio Celenza, ha affrontato il problema di quella "falsa" omonimia in grado però di tenere dietro le sbarre un innocente. E dopo aver verificato che non vi era corrispondenza tra l’alias del ricercato e il soggetto in carcere ha disposto la sua liberazione.

Una vicenda inusuale che tuttavia mostra un lato debole: la verifica dell’identità sulla base di un cartellino foto segnaletico dovrebbe poter essere immediata. Questo avrebbe permesso alle forze dell’ordine che hanno effettuato l’arresto di verificare in poche ore che si trattava della persona sbagliata perché, nonostante il nome e l’anno di nascita, in realtà le impronte e l’immagine non corrispondevano per nulla. Solo che ad accorgersi dell’errore è stato il gip piemontese che su rogatoria ha sentito il senegalese fermato a Bardonecchia.

Se n’è accorto ma per poter liberare l’uomo detenuto ingiustamente serviva la conferma che non si trattasse proprio di colui che quel nome l’aveva usato come primo di una serie di alias. Da qui la trasmissione degli atti a Verona, procura che aveva chiesto la misura, e la verifica della sua estraneità all’addebito più grave che gli si contestava. Le altre inosservanze alla nostra legge (l’esser senza documenti e l’aver dato false generalità) non avrebbero consentito l’arresto.

Droghe: da Regione Toscana 30mila euro contro la cocaina

 

Notiziario Aduc, 9 aprile 2007

 

È di trentamila euro il finanziamento assegnato dalla Regione Toscana alla Società della Salute per il Progetto Cocaina. Lo scorso 6 aprile l’esecutivo, presieduto dal presidente Graziano Cioni, ha approvato l’atto formale con cui è stato ricevuto lo stanziamento destinato a portare a termine un progetto finalizzato all’approfondimento della dipendenza da cocaina. I fondi serviranno per tre azioni: la costituzione di un gruppo di esperti medici che, in una tre giorni di incontri, lavorerà per individuare i più promettenti trattamenti farmacologici per la cura della dipendenza da cocaina; un corso di formazione per gli operatori sociosanitari che si dovranno occupare di persone dipendenti da cocaina con approfondimenti mirati; l’attivazione, in autunno, di una campagna di prevenzione della dipendenza da cocaina.

Nella stessa seduta, l’esecutivo della Società della Salute ha approvato la delibera per la costituzione di un gruppo tecnico di lavoro formato da operatori pubblici e privati (Comune di Firenze, Asl, Progetto Arcobaleno, Centro di Solidarietà di Firenze, Associazione Insieme, Progetto Villa Lorenzi) finalizzato al monitoraggio del fenomeno delle dipendenze con l’obiettivo di definire una conseguente proposta strategica. Il gruppo avrà tempo fino al 31 dicembre 2007 per portare a termine questo compito.

Usa: Guantanamo; 13 detenuti in sciopero della fame

 

Agr, 9 aprile 2007

 

Protestano contro le condizioni della detenzione a Guantanamo i detenuti del carcere cubano in sciopero della fame avviato nel 2005. Sono arrivati a 13 i prigionieri che hanno scelto questa forma di protesta e che sono quotidianamente sottoposti ad alimentazione forzata attraverso sonde introdotte direttamente nello stomaco. Gli scioperi della fame non sono una novità a Guantanamo: il primo iniziò nel 2002 e il movimento si è ampliato nell’estate del 2005, arrivando ad un massimo di 131 partecipanti nel settembre dello stesso anno.

 

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