Rassegna stampa 30 novembre

 

Bologna: un detenuto di 46 anni trovato morto in cella

 

Ansa, 30 novembre 2006

 

Un uomo di 46 anni, E.B., originario di Bologna è stato trovato morto nel primo pomeriggio nella sua cella all’interno del carcere della Dozza di Bologna. Stando ad un primo esame esterno del cadavere, il detenuto sarebbe morto per cause naturali. Sul corpo non sono state trovate tracce evidenti di violenza. Del ritrovamento è stato informato il Pm di turno della Procura di Bologna, Elisabetta Melotti.

Roma: detenuto di 57 anni s'impicca in infermeria Rebibbia

 

Ansa, 30 novembre 2006

 

Un detenuto di Rebibbia, a Roma, si è ucciso la notte scorsa con la cinta di un accappatoio legata alle sbarre di una finestra. Era un italiano, aveva 57 anni. Il cadavere è stato trovato nel reparto infermeria. La salma è stata messa a disposizioni dell’autorità giudiziaria.

 

Informazioni raccolte dal Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Roma, Gianfranco Spadaccia

 

Il detenuto G.M. di 57 anni era stato trasferito dal carcere di Regina Coeli al carcere di Rebibbia Nuovo Complesso a settembre. A causa delle sue condizioni di salute - era affetto da numerose patologie e aveva difficoltà di deambulazione - era stato subito assegnato all’infermeria del carcere. Scontava una pena per reati contro il patrimonio. Era una persona sola, non usufruiva del diritto di telefonare all’esterno del carcere, né riceveva pacchi né faceva colloqui. Essendo rientrato nel diritto all’indulto, i giudici di sorveglianza stavano esaminando la sua situazione. In vista della probabile ammissione a misure alternative al carcere nei prossimi gironi avrebbe dovuto incontrare il CTU (Commissione che assiste i detenuti ammessi a queste misure).

Non aveva dato segni particolari di depressione. Ha atteso per suicidarsi un’ora della notte in cui gli altri dormivano profondamente. Non sembra possano sussistere dubbi circa il suicidio.

Giustizia: Prodi; siamo impegnati a valorizzare pene alternative

 

Asca, 30 novembre 2006

 

Il presidente del Consiglio, Romano Prodi, intervenendo oggi al 39° convegno nazionale del coordinamento enti e associazioni di volontariato penitenziario, presso l’Istituto Suore Maria Bambina, ha ringraziato i volontari che operano nelle carceri affinché i reclusi vengano recuperati alla società civile e sottolinea come il loro impegno serva a "colmare le lacune dello Stato". È quanto si legge in un comunicato di Palazzo Chigi. Il Presidente del Consiglio ha riferito di aver appreso nel pomeriggio del suicidio di un recluso nel carcere di Rebibbia. "È stato un avvenimento triste, che rimarca le difficoltà e le lacune del compito che il carcere deve svolgere". Prodi ha ricordato come, secondo la nostra Costituzione, il carcere serva in primo luogo al recupero del detenuto: "La detenzione è la misura ultima tra quelle da adottare. E bisogna sempre garantire i diritti fondamentali del condannato. Il trattamento carcerario non è un parcheggio, ma un investimento sugli esseri umani". Prodi ha infine fatto notare come il Governo da lui presieduto si sia impegnato con il suo programma a "valorizzare le pene alternative a quelle carcerarie".

Indulto: Prodi; governo se ne assume la responsabilità

 

Ansa, 30 novembre 2006

 

Prodi, a nome del governo e del ministro della Giustizia si assume la responsabilità dell’indulto e la definisce "una scelta di civiltà". "Abbiamo adottato questa norma - ha detto il presidente del Consiglio - perché non c’era alternativa vista la situazione delle carceri. L’indulto è stata una scelta di civiltà che ha ispirato il Parlamento, senza ricorrere alla depenalizzazione dei reati". Prodi ha sottolineato che il governo è impegnato "perché cambi il modello di vita nelle carceri".

Indulto: Mastella; dopo il voto ho sofferto un po’ di solitudine

 

Apcom, 30 novembre 2006

 

"Un po’ di solitudine l’ho sofferta" e anche tra gli esponenti della Chiesa "alcuni mi sono stati vicini ma non sono stati tantissimi". Il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, intervenendo al 39° Congresso degli enti di volontariato penitenziario, ricorda il difficile passaggio dell’approvazione dell’indulto, una scelta dalla quale hanno prese le distanze anche esponenti della sua maggioranza.

"Non ho mai visto - osserva ironicamente il Guardasigilli - che uno surrogasse altri 705, perché tanti sono stati quelli che l’hanno votato, come se dipendesse solo da me la responsabilità di un atto che è del Parlamento e non del Governo". Perciò Mastella ha ringraziato pubblicamente il presidente del Consiglio che, intervenendo prima di lui ha voluto condividere la responsabilità di quella scelta.

Indulto: Mastella a cappellani carceri; sopperite a negligenze

 

Ansa, 30 novembre 2006

 

"Senza il vostro senso di responsabilità, avremmo avuto maggiori problemi subito dopo l’approvazione dell’indulto da parte del Parlamento". Il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, si rivolge così ai cappellani delle carceri nella chiesa di Santa Lucia del Gonfalone, a Roma, dove monsignor Giorgio Caniato, ispettore generale dei cappellani, ha chiamato a raccolta i delegati dei 240 sacerdoti che quotidianamente assistono e seguono i detenuti. Mastella arriva alla seconda giornata del consiglio pastorale a metà mattinata, dopo che il nuovo capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Ettore Ferrara, ha ascoltato tante richieste e assicurato maggiore attenzione alle condizioni di chi si trova negli ospedali psichiatrici giudiziari, delle detenute madri e degli stranieri. Il Guardasigilli esordisce con un ringraziamento particolare ai cappellani perché - dice - "subito dopo l’indulto tutti si sono preoccupati delle percentuali dei detenuti che ne avrebbero beneficiato e non di cosa fare per chi esce. Voi avete sopperito a negligenze e a insufficienze". Poi l’annuncio di una prossima visita del Papa in una delle carceri italiane: "Proprio ieri ho invitato il Pontefice e lui ha dato la sua disponibilità ". Applausi. Alcuni cappellani, come don Leonardo Basilissi per le carceri toscane o padre Enrico Schirru per quelle siciliane, si lasciano sfuggire a gran voce la speranza che la visita non sia nuovamente nel carcere romano di Regina Coeli: "Magari il Santo Padre potesse fare un viaggio più lungo", esclamano. Fotografie, strette di mano con il ministro ma anche tante domande. I cappellani conoscono da vicino la realtà dei detenuti. Dopo l’indulto ci sarà anche l’amnistia?, chiedono. Mastella allarga le braccia: "No, di amnistia non se ne parla. È vero, la chiedono anche i magistrati, ma non credo che ci sia più la volontà del Parlamento di raccogliere i due terzi dei voti dopo i clamori che ci sono stati per l’indulto". Poi sollecita i cappellani a mettere nero su bianco e a inviargli "indicazioni utili" per umanizzare le carceri. Un’ occasione, questa, per mandare qualche frecciata al suo predecessore Roberto Castelli: "È stato sempre detto che bisognava costruire nuove carceri, ma in cinque anni - afferma Mastella - non ne è stato realizzato neanche uno". Infine un annuncio: "Per recuperare un po’ di soldi, visti i tagli alla giustizia delle precedenti finanziarie, si pensa di vendere due o tre carceri che già da tempo sono chiuse". Una misura, questa, che si aggiunge a un progetto di ampliamento e ristrutturazione per disporre di 1400 nuovi posti in sei penitenziari

Giustizia: Mastella invita Papa Benedetto XVI a visitare carcere

 

Ansa, 30 novembre 2006

 

"Ho chiesto al Santo Padre di venire a visitare un carcere. E Benedetto XVI si è detto disponibile". Questo l’invito che il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, ha rivolto stamani al Papa durante un breve colloquio all’aeroporto di Fiumicino, prima che il pontefice partisse alla volta della Turchia. Il Guardasigilli, conversando con i cronisti a margine del convegno all’Università di Roma Tre, ha riferito di aver rivolto i propri auguri al pontefice: "Lo accompagnavo laicamente con la mia presenza in aeroporto e cristianamente con la preghiera".

Nuoro: no a trasferimento per studi, protesta ergastolano

 

Ansa, 30 novembre 2006

 

Un detenuto della sezione di elevato indice di vigilanza del carcere di Badu ‘e Carros, Carmelo Musumeci, ha annunciato con una lettera che attuerà lo sciopero della fame dal primo dicembre per protestare contro il divieto impostogli dall’Amministrazione penitenziaria di proseguire gli studi universitari a Firenze. Musumeci, che ha 51 anni ed è nato ad Aci Sant’Antonio (Catania), è stato condannato il 4 luglio 1995 all’ergastolo quale mandante dell’omicidio di Alessio Gozzani, ex portiere della Carrarese, avvenuto nell’aprile del 1991.

Durante la detenzione in vari penitenziari, Musumeci ha ripreso gli studi, terminando le scuole superiori e laureandosi in Servizi Giuridici all’Università di Firenze con una tesi in sociologia del diritto dal titolo "Vivere l’ergastolo", discussa con il prof. Emilio Santoro. L’ergastolano, dopo aver ottenuto una borsa di studio, aveva presentato richiesta alla Direzione dell’Amministrazione penitenziaria per poter continuare gli studi per conseguire la laurea in Scienze giuridiche a Firenze. Il Dap ha imposto, invece, la prosecuzione degli studi nell’ateneo di Sassari, nonostante il Magistrato di Sorveglianza avesse autorizzato la continuazione degli studi in Toscana per rispettare il principio della continuità didattica.

"Le cose non si ottengono solo con la speranza, bisogna lottare per averle, anche rischiando di stare peggio e io - scrive Musumeci - sono disposto a rischiare e a soffrire. Il destino non è immutabile, può essere modificato ed io ho deciso di farlo: desidero continuare e finire gli studi con l’Università di Firenze e desidero essere trasferito in un carcere vicino a casa. La vittoria dipende da me, il buon senso, la legge per una volta è dalla mia parte, non posso perdere, tutto quello che devo fare è non mangiare, non è difficile e se perdo e muoio di fame, ho vinto perché ho lottato". "Da venerdì primo dicembre - conclude Musumeci - inizierò uno sciopero della fame ad oltranza fin quando non mi sarà data la possibilità di studiare e finire il percorso iniziato con l’Università di Firenze e fin quando non sarò trasferito in un carcere vicino a casa come è previsto dalla legge sulla territorializzazione della pena".

Abruzzo: è "emergenza carceri", si salva soltanto Vasto

 

Il messaggero, 30 novembre 2006

 

Sovraffollamento, spazi angusti, condizioni igieniche pessime, scarsi interventi in materia di formazione e lavoro: sono questi i nodi cruciali degli istituti penitenziari abruzzesi. È quanto emerge dal dossier "Dentro ogni carcere, Antigone nei 208 istituti di pena italiani" presentato ieri a Pescara e realizzato dalla più importante associazione italiana per i diritti dei detenuti. Il volume curato da Laura Astarita, Paola Bonatelli e Susanna Marietti, edito da Carrocci, è una sorta di "guida Michelin" sulle carceri italiane, e mette a fuoco luci ed ombre delle carceri di Abruzzo e Molise prima e dopo l’indulto.

Cinquanta volontari di Antigone hanno visitato gli istituti regionali per tutto il 2005, osservando celle, sezioni, spazi aperti, quantità e qualità dell’assistenza sanitaria e delle attività di reinserimento, formulando questionari, raccogliendo dati, informazioni utili sulla realtà carceraria. Secondo il dossier tutti gli istituti, con l’eccezione di Sulmona, la cui situazione di particolare sovraffollamento (cioè 412 detenuti su 270 consentiti) obbliga a un maggior numero di educatori, risentono della carenza di personale tra polizia penitenziaria ed educatori. La legge sull’indulto ha infatti "alleggerito" la popolazione di alcuni istituti come quello aquilano, ma non ha eliminato il problema del sovraffollamento.

Critica è anche la situazione di Teramo dove i detenuti sono un centinaio in più del consentito, non è migliore a Lanciano 284 su 202, a Vasto 237 su 198 a Pescara 302 su 298, a Chieti 107 su 92 e Sulmona. La popolazione detenuta ha caratteristiche molto varie, data la diversa tipologia degli istituti. Gli stranieri (prevalentemente maghrebini e albanesi) variano dal 15% di Sulmona al 50% di Pescara e i tossicodipendenti in alcuni casi arrivano a superare la metà dei detenuti. Quasi tutti gli istituti sembrano offrire una discreta assistenza sanitaria, in particolare Pescara per i buoni rapporti con la Asl, l’ospedale locale e con il Sert.

Grave è invece la condizione delle strutture e quindi gli spazi fisici all’interno della maggior parte degli istituti: celle, bagni, docce e passeggi avrebbero urgente bisogno di ristrutturazioni; in tale contesto l’ipotesi di adeguamento al nuovo regolamento penitenziario sembra ancora lontana. Ma il dato più allarmante è, secondo Antigone l’assenza di programmi di reinserimento e socializzazione. "La presenza della società esterna tramite attività di volontariato in istituto,-ha spiegato Antonio Marchesi docente dell’Università di Teramo e osservatore per Antigone-, è quasi del tutto inesistente, così come gli interventi degli enti locali in materia di formazione, lavoro e attività ricreative". Ma in un quadro generale negativo non mancano i buoni esempi come il carcere di Vasto che secondo Antigone sarebbe il più "vivibile", i detenuti infatti hanno ha disposizione corsi scolastici e spazi di preghiera per cattolici e musulmani, e la possibilità di svolgere attività socialmente utili come la pulizia della spiaggia.

Milano: apre "casa a custodia attenuata" per detenute madri

 

Redattore Sociale, 30 novembre 2006

 

Nell’ambito di una nuova politica dell’inclusione sociale, la provincia di Milano ha elaborato e sta per lanciare una serie di progetti mirati, tra cui l’apertura di una "casa a custodia attenuata", dove si avvierà dal prossimo mese una sperimentazione di un servizio educativo per le madri detenute con figli fino a tre anni. Il progetto è nato da una collaborazione tra il ministero della Giustizia, quello dell’Istruzione universitaria e della Ricerca, la regione Lombardia, la provincia e il comune di Milano. Le iniziative promosse all’interno di questo progetto generale sono state presentate oggi a Roma in un convegno organizzato dal Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, dal titolo emblematico "Bambini fuori. Liberiamo l’infanzia reclusa".

Al convegno hanno partecipato questa mattina anche il sottosegretario alla Giustizia, Luigi Manconi e il ministro per la Famiglia, Rosy Bindi. Il progetto rientra appunto in una più vasta articolazione di interventi che secondo i responsabili dell’amministrazione provinciale di Milano, dovrebbero portare a una nuova dimensione dell’inclusione.

In particolare la novità presentata oggi a proposito di carcere riguarda l’apertura della casa a custodia attenuata per le madri detenute. La provincia di Milano a messo a disposizione una palazzina nel proprio complesso di viale Piceno proprio per allestire la casa nella quale sperimentare il servizio educativo per le madri detenute. Il progetto di massima prevede in particolare la crescita adeguata dei bambini fuori da un contesto di limitazione della libertà, una sana relazione tra madre e figlio, un sostegno educativo interno che si affianca a quello del personale dell’Amministrazione penitenziaria. Dovunque c’è un legame vero, autentico, lì c’è una famiglia che merita la tutela delle istituzioni".

Questo ha detto oggi il sottosegretario alla Giustizia, Luigi Manconi, intervenendo al convegno sulla tutela dei figli minori di madri detenute. "Le forme della famiglia - ha detto Manconi - sono tante, diverse e contraddittorie, ma noi non abbiamo il compito di giudicarle secondo le nostre scelte culturali, politiche o religiose: dobbiamo valutarle per quella che è la sostanza di quel legame. E lì dove c’è relazione autentica lì deve esserci tutela, lì ci sono i diritti da riconoscere e garantire".

Il progetto della casa per detenute a Milano partirà prima di Natale con alcuni obiettivi molto chiari: migliorare le condizioni di vita delle madri detenute e dei loro bambini, la fruizione da parte dei bambini dei servizi educativi per la prima infanzia che il comune di Milano renderà disponibili, l’utilizzo dei servizi socio-sanitari territoriali della regione Lombardia, la preparazione e l’accompagnamento del processo di separazione al compimento del terzo anno d’età dei bambini. Si prevedono poi anche percorsi di reinserimento e recupero sociale delle madri detenute tramite progetti di istruzione, formazione, accompagnamento al lavoro e mediazione linguistica e culturale.

Cuneo: carcere e lavoro, se ne parla domani in Provincia

 

Targato CN, 30 novembre 2006

 

È in programma domani mattina alle 9.30 presso il centro incontri della Provincia il convegno dal titolo "Carcere e territorio: due realtà che collaborano". Scopo della conferenza, che si svolgerà in parte sotto forma di tavola rotonda, è di far conoscere al pubblico i dati e diffondere i risultati sulle esperienze di lavoro e formazione in carcere. Con questo fine sarà presentato il 23esimo quaderno della collana edita dalla Provincia che si occupa di quanto viene fatto sul territorio da servizi, agenzie e associazioni e dai Gol, i Gruppi operativi locali. "La presenza di ben quattro sedi di reclusione in provincia di Cuneo - spiega l’assessore Viglione - indica quanto il problema sia rilevante per le comunità locali della provincia, nel tentativo di inserire tali realtà nel tessuto civico,economico e sociale delle città ospitanti, che coinvolge tutte le espressioni sociali, dalle amministrazioni pubbliche agli attori economici, dalle organizzazioni sociali ai singoli cittadini".

Il quaderno della Provincia vuole fornire una testimonianza dell’impegno delle amministrazioni locali in questi anni per favorire il reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti ed ex-detenuti delle carceri. "Già dalla fine degli anni ‘80 - dice Viglione - la Provincia ha promosso l’inserimento lavorativo dei detenuti ed ex-detenuti, attraverso la disponibilità di alcune borse lavoro. L’impegno è poi proseguito attraverso il coordinamento delle attività dei Cilo, favorendo una progettualità in tale settore e l’aggregazione delle realtà territoriali in progetti di portata più ampia, come le iniziative comunitarie, in stretto raccordo con le iniziative regionali. L’arrivo delle nuove competenze in materia di formazione professionale e di politiche del lavoro verso la fine degli anni ‘90, con la nascita dei Centri per l’impiego provinciali su cinque bacini territoriali, quattro dei quali sede di istituzione

carceraria, ha fornito l’occasione per una stabilizzazione delle iniziative, che sono diventate parte integrante della programmazione provinciale nelle due materie. L’attività di organizzazione e di collegamento delle iniziative dei Gol è proseguita mantenendo nella nuova organizzazione una sede provinciale di coordinamento delle iniziative locali, che collabora con il livello regionale nell’azione di promozione e di impulso di tali attività. L’azione della Provincia - conclude poi l’Assessore -, è poi proseguita anche sul versante più prettamente politico attraverso le iniziative volute dal presidente Raffaele Costa, volte a sensibilizzare le imprese ed il mondo produttivo locale nel fornire occasioni di lavoro interno ai detenuti reclusi negli istituti cuneesi e la costituzione di una commissione territoriale per affrontare tali tematiche".

Interverranno nei lavori il presidente della Provincia Raffaele Costa, Stefano Viglione, assessore al Lavoro e Formazione Professionale, Carla Martoglio dell’assessorato Politiche Sociali della Regione, Aldo Fabozzi,provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria piemontese e valostana. Parteciperanno invece alla tavola rotonda Giuseppe Forte, direttore della Casa circondariale di Cuneo, Caterina Venantini, direttrice dell’Ufficio esecuzione penale esterna di Cuneo, Erio Ambrosino, assessore ai Servizi socio-educativi del Comune di Cuneo, Ivana Brignolo Miroglio, assessore Informagiovani del Comune di Alba, Roberto Russo, assessore al Lavoro del Comune di Bra, Alida Anelli, assessore ai Servizi sociali del Comune di Saluzzo, Maurizio Bergia,assessore Politiche sociali di Fossano.

Droghe: Boato-Agnoletto-Corleone; cambiare la legge Fini

 

Ansa, 30 novembre 2006

 

La legge sulla droga cosiddetta Fini-Giovanardi và cambiata in modo radicale. Lo sostengono gli aderenti al Forum Droghe che oggi a Milano hanno rilanciato le loro ragioni promuovendo un’iniziativa denominata "Dal penale al sociale". Marco Boato, primo firmatario di una proposta di legge in tal senso, insieme a Vittorio Agnoletto, Franco Corleone e ad altri esponenti del fronte antiproibizionista, in una conferenza stampa alla Camera del Lavoro hanno ribadito i motivi per i quali, a loro avviso, "è assolutamente necessario" superare l’attuale legge sulla droga.

"È tempo che nel Paese si apra un dibattito serio sul tema droga - ha spiegato Marco Boato -. È tempo che si capisca che con la logica della tolleranza zero non si arriverà mai a nulla. La tolleranza zero va applicata, con rigore assoluto, nei confronto dei trafficanti. Ma per coloro che sono vittime della droga l’unica logica da seguire è quella di educare, prevenire, curare".

Secondo il Cartello, la legge Fini-Giovanardi và abrogata, e sostituita con un nuovo testo - già approdato alle commissioni Giustizia e Affari Sociali - in base al quale vengono create sanzioni alternative al carcere. "Bisogna rimettere il tema della depenalizzazione al centro dell’iniziativa non solo politica, ma anche sociale e culturale - ha concluso Boato -. La nostra proposta porta a cancellare l’equiparazione tra droghe leggere e droghe pesanti, e modifica il sistema sanzionatorio arrivando a prevedere misure alternative al carcere".

Droghe: Ferrero; basta con le tabelle, sia il giudice a decidere

 

Ansa, 30 novembre 2006

 

Le tabelle con le quantità massime di droga consentite per uso personale senza incorrere nelle sanzioni penali sono "una sciocchezza e non aiutano a definire il confine fra spaccio e consumo", bisogna invece tornare alla discrezionalità del giudice: il ministro della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero, a Strasburgo per illustrare ai partner europei le linee italiane in materia di lotta al traffico e al consumo di sostanze stupefacenti, rende noto uno dei punti centrali della riforma della legge in materia di droga, attualmente allo studio del governo.

Un punto che, secondo lo stesso Ferrero, potrebbe aiutare anche a uscire dall’impasse che si è creata all’interno della maggioranza di governo in merito alla questione. Le tabelle, introdotte dal precedente governo - a corredo del decreto sulle Olimpiadi di Torino con il quale era stata rivista la normativa anti-droga - avevano fissato un limite preciso, per ciascuna sostanza, al di sopra del quale si configura lo spaccio, con le conseguenti sanzioni penali, e al di sotto il consumo, che prevede attualmente solo sanzioni amministrative.

Soglie considerate da più parti, all’interno della nuova maggioranza di centrosinistra e del nuovo governo, troppo basse per la cannabis, con il rischio per molti ragazzi, consumatori di hashish e marijuana, di finire in carcere. Per questo, con un decreto, il ministro della Salute Livia Turco ha raddoppiato, pochi giorni fa, le quantità massime consentite di derivati della cannabis. Con la conseguenza però di irritare una parte dell’Unione, quella più moderata, che in un documento aveva preso posizione contro questa modifica delle tabelle.

Per Ferrero, quindi, abolire le tabelle all’interno di una nuova legge organica sulla droga avrebbe l’effetto anche di recuperare il consenso di quella parte dell’Unione "diffidente". Il ministro si dice convinto che la differenza tra spaccio e consumo non può essere stabilita in base alle quantità di droga, ma deve essere il magistrato - così come accadeva prima - a decidere di volta in volta se la persona che si trova davanti è un consumatore o uno spacciatore. "Il magistrato ha gli strumenti per stabilirlo" precisa il ministro. Che poi aggiunge: "Il punto vero è punire lo spaccio da una parte, informare e prevenire il consumo dall’altra". "Dobbiamo prendere atto - afferma - che in Italia le politiche di pesante penalizzazione del consumo non hanno funzionato". Bisogna, quindi, superare la Fini-Giovanardi, che "era centrata sul contrasto ai consumatori" e concentrarsi sulla "lotta senza quartiere al narcotraffico".

Che è poi uno dei quattro pilastri della strategia anti-droga su cui, secondo il ministro, dovrà basarsi la nuova normativa allo studio del governo. Gli altri sono la prevenzione, la cura e la riabilitazione, la riduzione del danno. Nella prevenzione, un posto importante, per Ferrero, deve avere l’informazione "per rendere consapevole la popolazione, ma soprattutto i giovani, dei rischi che derivano dall’uso di sostanze". Quanto alla riduzione del danno e alle strategie di cura, secondo Ferrero "ci vuole un approccio scientifico" e le sperimentazioni "vanno verificate", ma bisogna partire dal concetto che "non c’è un modello di riduzione del danno o di cura ideale, valido in assoluto".

Ferrero ha parlato anche del fenomeno del crollo del prezzo delle sostanze, segnalato dall’Osservatorio europeo di Lisbona nel suo ultimo rapporto: "La conseguenza più pesante - spiega - alla quale stiamo assistendo anche in Italia è che i grandi narcotrafficanti stanno lanciando sul mercato la cocaina a prezzi stracciati. Il rischio è quello di avere generazioni che passano all’utilizzo di coca grazie a questo". Anche per questo motivo, secondo il ministro "è assolutamente necessario che la lotta al traffico da un lato e l’informazione sulla pericolosità delle sostanze dall’altro siano al centro della nostra politica". Infine l’alcol, un problema che preoccupa molto il ministro, il quale fa notare come in Europa l’allarme su questo fronte sia più forte di quello sulle droghe. Ferrero punta in particolare il dito contro le cosiddette bevande-esca, cioè a basso tenore alcolico, che "possono portare all’assuefazione". "Nella consulta sull’alcol - afferma - stiamo discutendo della possibilità di proibire la pubblicità per gli alcolici, così come, mi dicono, avviene già in Francia".

Usa: 7 milioni di persone in carcere, libertà vigilata o condizionale

 

Apcom, 30 novembre 2006

 

Alla fine dello scorso anno, un numero record di cittadini americani, 7 milioni, era detenuto in carcere, in libertà vigilata o su condizionale. La proporzione rispetto al totale della popolazione è elevata: 1 adulto ogni 32. Di questi 7 milioni, 2,2 milioni erano dietro alle sbarre, un aumento del 2,7% rispetto al 2004 secondo quanto pubblicato ieri nel rapporto annuale del dipartimento di Giustizia americano.

Oltre 4 milioni di persone erano in libertà vigilata e 784.208 avevano ottenuto la liberazione condizionale. È aumentato il numero delle scarcerazioni, ma con esso anche quello degli ingressi in carcere. Il numero di uomini risulta ancora nettamente superiore a quello delle donne in prigione, anche se la popolazione delle carceri femminili è in forte aumento: nel corso dell’ultimo anno ha registrato un incremento del 2,6%, contro l’1,9% di quella maschile.

Persistono le disparità razziali: nella fascia di età tra i 25 e i 29 anni, l’8,1% della popolazione maschile afro americana (1 ogni 13) è in carcere. Il dato è molto più elevato rispetto al 2,6% degli uomini ispanici e l’1,1% dei bianchi. Lo stesso avviene tra la popolazione femminile: le donne afro americane hanno il doppio delle probabilità di essere incarcerate rispetto a quelle ispaniche, e il triplo rispetto alle donne bianche.

Alcuni stati hanno registrato cambiamenti notevoli nel corso del 2005: in Dakota del Sud la popolazione carceraria è aumentata dell’11%, più che in ogni altro Stato dell’Unione. Subito dopo vengono Montana e Kentucky, con un incremento rispettivamente del 10,4% e del 7,9 per cento. Sul fronte opposto, la Georgia ha registrato il calo più importante: nel 2005 i detenuti sono diminuiti del 4,6 per cento.

 

 

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