Rassegna stampa 15 novembre

 

Indulto: Prodi; voluto dalla maggioranza del Parlamento

 

Agi, 15 novembre 2006

 

Il provvedimento sull’indulto "è stato voluto da una larga maggioranza del Parlamento" e non è vero che grazie alla legge sono usciti dalle carceri il doppio dei detenuti previsti. Lo afferma il presidente del Consiglio, Romano Prodi, commentando le polemiche suscitate dopo che il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha fornito i dati sulle scarcerazioni. "No - ha detto Prodi - non si tratta del doppio" rispetto a quanto previsto. "L’indulto - ha aggiunto - è stato dovuto ad una assoluta necessità e vorrei ancora una volta sottolineare che è stato deciso dalla maggioranza e dalla minoranza insieme". "Quando uno prende una decisione - ha concluso - ne subisce le conseguenze: è stato un atto del Parlamento approvato a larga maggioranza".

Indulto: Melchiorre; dati disomogenei hanno creato confusione

 

Apcom, 15 novembre 2006

 

È stata la "disomogeneità" dei dati sommati a creare "confusione" sul numero dei detenuti scarcerati per effetto dell’indulto. Lo precisa, in una nota, il sottosegretario alla Giustizia Daniela Melchiorre, che ha firmato la nota trasmessa alla commissione Giustizia del Senato, dalla quale risultava un numero doppio rispetto alle previsioni di persone che hanno lasciato le carceri grazie al provvedimento di clemenza. La Melchiorre conferma ora che "sono 15.500 circa le persone scarcerate per effetto diretto dell’indulto all’entrata in vigore del provvedimento", ai quali si aggiungono i "circa 2.000" che ne hanno beneficiato nel trimestre successivo. "Le diverse maggiori cifre contenute nella nota inviata alla commissione Giustizia del Senato - aggiunge il sottosegretario - conseguono all’erroneo computo, nel totale, di dati disomogenei fra di loro, che includono anche quanti hanno ottenuto la revoca della custodia cautelare per decisione dell’autorità giudiziaria. Si tratta - precisa ancora Melchiorre - di persone che erano detenute per reati non compresi nell’indulto o di persone sottoposte a misure provvisorie di custodia cautelare, all’incirca 7.000 persone".

Indulto: Brutti; i dati del Dap sono approssimativi e confusi

 

Apcom, 15 novembre 2006

 

"Le cifre relative all’indulto, per altro approssimative e confuse, che sono state inviate al Senato dal Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria e sulle quali si stanno costruendo versioni allarmistiche, non corrispondono alla realtà dei fatti". Lo afferma in una nota il senatore Massimo Brutti, responsabile Giustizia Ds, che spiega: "Non è questo il numero delle persone che sono effettivamente uscite dalle carceri italiani per effetto dell’indulto". "Infatti, - spiega - una parte assai consistente delle persone calcolate dal Dap erano già fuori dalle carceri perché agli arresti domiciliari con permesso di lavoro, perché in affidamento in prova ai servizi sociali, perché in semilibertà". "Il Dap - sottolinea Brutti - dovrebbe fornire dati più precisi, tenendo conto del fatto che già in base alle leggi vigenti e prima dell’indulto era assai alto il numero dei detenuti a vario titolo scarcerati prima di aver esaurito l’espiazione della pena detentiva. Sarebbe utile una ricognizione più puntuale per fornire dati veritieri all’opinione pubblica e forse ciò eviterebbe le strumentalizzazioni alle quali stiamo assistendo".

Indulto: Dap; scarcerate 17.449 persone con pena definitiva

 

Comunicato stampa, 15 novembre 2006

 

La stima effettuata dall’Ufficio Statistica del Dap, relativa al numero delle persone che sarebbero fuoriuscite dagli istituti di pena è stata puntualmente rispettata. Lo riferisce una nota del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria in merito ai dati sull’indulto riferiti dalle agenzie. La stima era riferita agli effetti di scarcerazione che si sarebbero prodotti immediatamente dopo l’approvazione della legge, relativamente ai detenuti definitivi. L’ultima rilevazione statistica riferita al testo del disegno di legge poi approvato faceva attestare le immediate scarcerazioni a 15.750. Tale stima è stata confermata, perché il numero dei definiti che hanno immediatamente fruito dell’indulto si aggira intorno alle 15.500 unità. A costoro si sono poi aggiunti circa 2000 reclusi che hanno via via maturato il fine-pena per l’applicazione del beneficio. Il numero complessivo delle persone che sono state scarcerate perché hanno beneficiato dell’indulto è dunque pari a 17.449 unità, ed ha confermato in pieno la stima effettuata. Al solo scopo di far comprendere le diverse cifre battute nelle agenzie si precisa altresì che altre 7.178 persone che erano in custodia cautelare, in epoca coincidente al trimestre di applicazione dell’indulto, hanno ricevuto la revoca della custodia cautelare. Di queste 4456 avevano anche un titolo definitivo e 2.722 erano sottoposte unicamente a misura provvisoria. Costoro non potevano rientrare nella stima richiesta perché la loro liberazione non è conseguente alla applicazione dell’indulto, ma è frutto di una scelta discrezionale dell’autorità giudiziaria. Va peraltro rappresentato che la gran parte di questi scarcerati, sarebbero comunque usciti dal carcere, perché appartenenti a quella detenzione c.d. di flusso, che comporta un transito trimestrale dagli istituti di pena di circa 10-15 mila persone, che rimangono detenute per una media di circa 90 giorni. 

Giustizia: è caos sui dati dell’indulto, l’ira di Prodi

 

La Stampa, 15 novembre 2006

 

È giallo sui numeri degli scarcerati che hanno usufruito dell’indulto. Le prime cifre fornite dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Dap, secondo cui, dal primo agosto al nove novembre, sono stati scarcerati oltre 24.000 detenuti, cioè il doppio rispetto alle stime ipotizzate dal governo, creano un caso politico con gli stessi esponenti della maggioranza che chiedono di fare chiarezza. Mentre An e Lega, che l’indulto non hanno votato, denunciano che "il governo ha mentito al Parlamento". A fine serata, dopo che persino da Algeri il presidente del Consiglio, Romano Prodi, aveva contestato i dati del Dap, è arrivata la terza versione: i detenuti che hanno subito usufruito dell’indulto sono poco più di diciassettemila. Ma anche con la terza versione, il giallo dei numeri non è stato risolto. L’altro giorno, alla commissione Giustizia del Senato che aveva chiesto al Guardasigilli di conoscere i dati sull’indulto, era arrivata una lettera del sottosegretario Daniela Melchiorre con i dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Dap, secondo cui i detenuti usciti dal carcere grazie all’indulto erano il doppio di quelli preventivati. Le stime iniziali, infatti, ipotizzavano che ne sarebbero usciti 12.756, e invece, fino al 9 novembre, sono stati 24.543, ai quali si dovevano aggiungere altri 4.964, scarcerati per misure alternative alla detenzione (secondo il Sappe, un sindacato della polizia penitenziaria, questo continua ad essere il dato reale). I numeri forniti dal sottosegretario Melchiorre, però, sono stati contestati dal senatore diesse Felice Casson: "C’è un errore materiale, aritmetico perché la somma dei 17.418 detenuti definitivi che sono stati scarcerati e dei 2.704 in carcere per custodia cautelare non fa 24.543". A rettifica, risponde ieri, con una seconda lettera, Daniela Melchiorre, confermando che "sarebbero usciti 24.543 detenuti", senza però specificare null’altro. I senatori della maggioranza della commissione (Felice Casson e Massimo Brutti, Ds, Peppino Di Lello, Rifondazione) non sono soddisfatti e chiedono dati certi, non ipotetici. In sostanza, è la loro tesi, i dati non sono stati "disaggregati": "Molti dei detenuti che risultano usciti, già non erano più in prigione quando è entrato in vigore l’indulto, il primo agosto, e si trovavano o in regime di semilibertà, o agli arresti domiciliari o in affidamento sociale". Da Algeri, anche Romano Prodi fa sentire la sua voce: "I detenuti che hanno beneficiato dell’indulto non sono il doppio delle stime iniziali. Il provvedimento di clemenza è stato voluto da una larga maggioranza del Parlamento". Dopo la "scomunica" del presidente del Consiglio, il Dap fornisce i nuovi numeri: "Le ultime stime elaborate dagli uffici facevano attestare le immediate scarcerazioni a 15.750. Tale stima è stata confermata perché il numero dei definitivi che hanno immediatamente fruito dell’indulto si aggira intorno a 15.500. A costoro si sono poi aggiunti circa 2.000 reclusi che hanno via via maturato il fine pena per l’applicazione del beneficio". E i numeri che non tornano? "Altre 7.178 persone - chiarisce il Dap - che erano in custodia cautelare in epoca coincidente al trimestre di applicazione dell’indulto, hanno ricevuto la revoca della custodia cautelare". Il Guardasigilli Mastella sconfessa la sua sottosegretaria: "Ha ragione Prodi, i dati che riguardano l’indulto si riferiscono, secondo il Dap, a circa 17 mila detenuti che ne hanno beneficiato. Non si possono sommare le pere con i carciofi. Un’ingenuità tecnica degli uffici di un sottosegretario ha creato un equivoco immediatamente chiarito". Fa ammenda Daniela Melchiorre: ""Le diverse maggiori cifre contenute nella nota inviata alla Commissione Giustizia del Senato conseguono all’erroneo computo, nel totale, di dati disomogenei fra di loro, che includono anche quanti hanno ottenuto la revoca della custodia cautelare per decisione dell’autorità giudiziaria". 

Indulto: Sappe; complessivamente liberi 24mila detenuti

 

Comunicato stampa, 15 novembre 2006

 

"Non comprendiamo se si vuole volutamente fare confusione sull’indulto. I soggetti usciti dagli istituti penitenziari per adulti per effetto dell’indulto sono, alla data del 10.11.2006, ben 24.564. Di questi, poco più del 70% (17.427) erano definitivi puri, il 18% (definitivi misti, cioè con altri fatti a carico) 4.429 e il resto sono usciti per revoca di misura cautelare a seguito di indulto: 2.708. La matematica non è un opinione: sono 24.564. Ha ragione probabilmente il ministro Mastella: è stato presso che compatto il fronte politico a favore dell’indulto ma ora in pochi ammettono di averlo votato. Almeno non si alterino le cifre per sfuggire da precise responsabilità ed anzi Governo e Parlamento si diano ora da fare per interventi strutturali al sistema penitenziario nazionale". È il commento della Segreteria Generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria Sappe, il più rappresentativo della Polizia Penitenziaria con oltre 12mila iscritti, circa le polemiche sui dati relativi ai detenuti usciti per effetto dell’indulto. "È opportuno" aggiunge il SAPPE "che per non vanificare in pochi mesi questo atto di clemenza Governo e Parlamento prendano con urgenza provvedimenti concreti di potenziamento dell’area penale esterna, che tengano in carcere chi veramente deve starci ed incrementando quindi gli organici di Polizia Penitenziaria cui affidare i compiti di controllo sull’esecuzione penale; un maggior ricorso alle misure alternative alla detenzione non legato ad automatismi ma a un concetto davvero premiale; una legge sugli extracomunitari che permetta espulsioni più facili piuttosto che la detenzione in Italia (a livello nazionale erano - pre indulto - il 30% - circa 20mila ? i detenuti stranieri, percentuale che si raddoppia negli Istituti del Nord Italia). È davvero necessario ripensare il carcere. Bisogna adottare con urgenza rimedi di fondo al sistema penitenziario, come chiesto anche dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano. All’approvazione dell’indulto dunque devono seguire interventi strutturali sull’esecuzione della pena, che garantiscano la giusta sanzione a chi commette reati soprattutto a tutela delle vittime della criminalità e che rendano la pena uno strumento efficace per ripagare la società del reato commesso. "Adesso auspichiamo che Governo e Parlamento assumano i provvedimenti di competenza" conclude il SAPPE, "a cominciare dalla riassunzione in servizio dei circa 530 agenti di polizia penitenziaria ausiliari, licenziati a fine 2005 e dall’individuazione di provvedimenti legislativi che potenzino maggiormente l’area penale esterna.

Lombardia: Pagano; il problema-chiave è il reinserimento

 

Il Giornale, 15 novembre 2006

 

"L’indulto, in termini numerici, e nell’immediato, ha riparato al dramma della carceri lombarde, ormai sovraffollate e al limite del collasso. Ma il problema si riproporrà, se non troviamo soluzioni alternative, e non cerchiamo di favorire l’inserimento sociale dei detenuti". Per Luigi Pagano, provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria, i dati sui primi mesi dall’entrata in vigore del provvedimento sono "confortanti". Eppure, qualche ombra resta.

 

Provveditore, quanto durerà la "primavera" dei penitenziari?

"La situazione delle carceri è migliorata dopo l’indulto. Ma dobbiamo evitare il riaffollamento. Altrimenti, nel giro di un anno ci ritroveremo ad affrontare le stesse emergenze".

 

Quale percorso consiglia?

"Il problema è quello di lavorare bene in prospettiva per il reinserimento dei detenuti, attraverso le attività di formazione e le attività scolastiche. Ma soprattutto, non bisogna lavorare sull’onda dell’emergenza, ma farlo sistematicamente affinché le persone che escono dal carcere non tornino a delinquere".

 

Qualcuno propone che per fare fronte al problema del sovraffollamento, si costruiscano nuove carceri.

"Preferisco non entrare nella polemica relativa alla necessità di nuove strutture. Da un lato, perché il nostro patrimonio carcerario, al di là delle carceri di San Vittore e Brescia, è piuttosto nuovo. E poi perché per certe realtà - e penso innanzitutto alla tossicodipendenza - il carcere forse ha fatto il suo tempo".

 

Dunque?

"L’appello è quello che le istituzioni lavorino assieme, così come è accaduto nel momento dell’emergenza. La collaborazione tra le strutture penitenziarie, le autorità giudiziarie, le questure, gli educatori e assistenti sociali, può favorire il ritorno dei detenuti nell’ambito sociale, ed evitare pericolosi contraccolpi. Dobbiamo gettare le basi per un circuito penitenziario regionale dove le caratteristiche di ogni singolo istituto o ufficio abbiano linee di indirizzo e di intervento comuni".

Indulto: non sono solo numeri, ci sono uomini e storie vere

 

Vita, 15 novembre 2006

 

Giornali e tv continuano a sbattere il mostro in prima pagina. A questo si aggiunge la confusione sui numeri. Ma la stragrande maggioranza degli indultati, comunque, sta cercando di rifarsi una vita Scoppiano le polemiche sui numeri. Dell’indulto avrebbero beneficiato oltre 29 mila detenuti. Il dato, fornito dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, è stato trasmesso dal sottosegretario alla Giustizia Daniela Melchiorre alla Commissione Giustizia del Senato. E comprende sia i 24.543 detenuti che sono tornati in libertà per effetto dell’indulto sia i 4.964 che hanno potuto usufruire, con il provvedimento di clemenza, delle misure alternative al carcere. Ma non basta, perché anche così, i conti non tornano. Il dato riferito dal ministero dei 24.543 detenuti scarcerati, aggiornato al 9 novembre, sarebbe infatti il frutto di un calcolo "sbagliato", che risulta evidente in una prima lettera del sottosegretario: quella che la commissione Giustizia ha protocollato ieri. Tanto che il senatore dei Ds Felice Casson ha chiesto al sottosegretario oggi presente in commissione Luigi Scotti ulteriori spiegazioni. "Gli abbiamo chiesto cioè - racconta Casson - di avere i dati disaggregati di quanti sono quelli che risultano usciti dal carcere da fine luglio ad oggi, quanti quelli in semilibertà e quanti agli arresti domiciliari. Con somme e numeri esatti". "Abbiamo chiesto insomma - aggiunge Casson - dei dati attendibili e chiari E li abbiamo chiesti prima che i ministri dell’Interno Amato e della Giustizia Mastella vengano qui a fare la loro audizione al Senato proprio sul tema dell’indulto...". Sta di fatto che, al di là dei conti e degli allarmismi mediatici, dei 24 (o 29) mila indultati, a oltre due mesi dal provvedimento, solo tre su cento sono tornati a commettere un reato. Se ne ricava così un tasso di recidiva quasi insignificante rispetto allo standard del 75%. La percentuale relativa agli indultati si riduce ulteriormente scorporando il dato degli stranieri sprovvisti di permesso, recidivi sì, ma colpevoli "di un mero illecito amministrativo", fa notare il sottosegretario alla Giustizia, Luigi Manconi. Tale fedele fotografia in questi mesi è stata per lo più taciuta dai maggiori media nazionali che hanno dato in pasto all’opinione pubblica succulenti piatti di cronaca giudiziaria con protagonista proprio quel 2,8% di indultati ricaduti nella delinquenza. Fiction. Le cose non stanno così. Maria Pia Brunato, garante dei diritti dei detenuti a Torino, non ha più un attimo libero. Negli ultimi sessanta giorni l’affluenza verso il suo ufficio si è moltiplicata per cento. "Lavoro, è questa la richiesta che mi sento fare ogni giorno. Ma quello che più mi ha colpito è il loro spirito costruttivo. Non sono affatto sprovveduti, molti *-hanno già elaborato un piano di vita", rileva la Brunato. Non dissimile la situazione a Bologna. Dove la pari grado Desi Bruno conferma: "Questi si vogliono sistemare". Operazione complicata. Povertà e malattia, sono due assidui compagni di viaggio. "Piuttosto che tornare in carcere mi metto a mangiare pane", interviene Allaj Gentian, albanese di 32 anni. Un curriculum all’insegna di droga, rapine e spaccio. Negli ultimi nove anni questi i domicili conosciuti: nell’ordine, i penitenziari di Padova, Vicenza, Gorizia e Brescia. "Mi rimane poco tempo, però ho un progetto, che non è più un sogno: una famiglia". La strada l’ha trovata grazie alla cooperativa padovana Giotto, "un lavoro da giardiniere: 800 euro al mese", e a suo cugino, che lo ospita ad Abano Terme, "ma mi sento di troppo a vivere con sua moglie e i bambini in una casa di tre stanze".

Giustizia: Mastella; i reati in un anno sono diminuiti del 10%

 

Il Mattino, 15 novembre 2006

 

Al ministero della Giustizia si susseguono le riunioni. Ne finisce una e ne inizia un’altro. Clemente Mastella è costretto ad andare in aula al Senato perché lì il centrodestra sta per provare le spallata e il ministro è senatore con licenza (nel senso che Prodi gli ha concesso di restare in carica come parlamentare mentre a tutti gli altri ha imposto di dimettersi) e deve restare inchiodato a Palazzo Madama perché ogni voto può essere decisivo. determinante. Ma il clima che tira poco distante, al dicastero di via Arenula, lo si vede da come si comporta il titolare nello scranno senatoriale: si muove, sbraita, s’attacca a telefono, incrocia le braccia, poi no, le mette sulle guancia, poi ci ripensa, sbuffa, si volta verso destra, popi verso sinistra. Riprende la cornetta del telefono, afferra il celullare, chiama, telefona, si mette la mano davanti alla bocca per non far vedere che cosa dice. Insomma, Mastella è impaziente. freme. Frigge, vorrebbe stare altrove a mettere a posto quest’ennesima frittata che s’è fatta sulla storia dell’indulto. Un nervo scoperto. Perché quello che non sopporta Mastellone da Ceppaloni è che l’indulto in Parlamento l’hanno votato l’80% delle forze politiche. Ma a difenderlo fuori è rimasto solo lui. E quello che lo manda in bestia sono soprattutto i dati, sbandierati ovunque, che l’indulto abbia creato allarme sociale. I dati del Dap, il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, dicono il contrario. Almeno per ora. Nei primi dati disponibili, quelli relativi al trimestre luglio-settembre (l’indulto è entrato in vigore il primo agosto) i reati ascritti ai soggetti rientrati in carcere è diminuito. E non di poco: di oltre il dieci per cento. E di quella quota incidono soprattutto i reati di fede pubblica (scesi all’1,27% del totale) contro l’amministrazione della giustizia (sono ora lo 0,67%), quello relativo alla legge sulle armi (fermi allo 0,53%), quelli relativi al libro terzo delle contravvenzioni (0,37%). Sono invece aumentati i reati sulla legge della droga (saliti all’1,77%) e quelli contro il patrimonio (cresciuti all’1,15% del complessivo dei reati commessi). Ma il saldo comunque è negativo. Nel senso che mentre i reati contestati da luglio a settembre 2005 erano 22.313, nello stesso periodo del 2006 erano scesi a 20.053. In pratica, 2.2260 in meno rispetto all’anno precedente. Da questi dati, dunque, se ne ricava che l’indulto non avrebbe avuto un effetto devastante. Almeno da un punto di vista sociale. Si dirà: bè, a guardare l’emergenza Napoli e comunque di tutto il Sud, non si direbbe. Non si direbbe? In effetti anche su questo i dati del Dap non confermano un legame stretto tra indulto e ripreso della criminalità. O almeno le differenze non sono così pesanti. Per esempio sono scesi si casi in cui viene contestati il reato di associazione mafiosa scesi da 214 casi a 165. Diminuiti anche i casi che riguardano da legge sulla roga (da 6389 a 6140), sulle armi (da 1769 a 1352) e persino quelli relativi all’ordine pubblico (da 494 a 447). Calati anche quelli relativi all’incolumità pubblica (da 181 a 148). Sono invece incrementati, e non di poco, i casi di reati contro il patrimonio (da 12553 a 14032) e quelli contro la persona (da 4013 a 4123). Numeri, numeri, numeri. Sono quelli sui quali si arrovella Clemente Mastella. Vorrebbe che fossero chiari a tutti, anche perché ormai anche se si ruba una caramella in Italia la si addebita al conto dell’indulto. Le cifre smentiscono tutto. I tecnici del ministero gli continuano a far notare che in realtà l’indulto ha inciso poco sulla delinquenza. Ogni anno, fanno notare al Dap, per esempio, il flusso di visitatori delle carceri è di 88mila persona. Ogni anno, in pratica, più persone di uno stadio Olimpico pieno come un uovo entrano in carcere. Ovviamente non tutte restano dentro. Ma l’indulto ha inciso per poco se sono usciti dal carcere in agosto solo 15mila persone per effetto diretto dell’indulto e altre duemila nei mesi successivi. "E allora? Che vogliono?" si domanda da settimane Mastella. Se lo chiede. Guarda i numeri e se lo continua a domandare. E continua a non spiegarsi come mai anche le cifre gli danno ragione ma tre quarti d’Italia gli dà torto. È la stessa sindrome che colpì Silvio Berlusconi: quando era premier gli davano del matto perché diceva che l’euro non aveva fatto lievitare i prezzi. E portava come prova i dati dell’Istat. L’allora opposizione gli rimproverava di non capire più in che Paese viveva. Se non vuole impazzire sarebbe meglio che anche Mastella non s’affidi ai soli dati, ma si comincia a fare qualche domanda.

Napoli un libro come un album di famiglia da dietro le sbarre

 

Il Mattino, 15 novembre 2006

 

Quasi tutti i racconti hanno un punto in comune, è quello che focalizza il momento in cui comincia il precipizio, la discesa inarrestabile verso strade pericolose; e poi i ricordi, i rimpianti, la disperazione, l’alienazione del carcere, la consapevolezza di una vita sospesa. I detenuti che hanno risposto al bando proposto dall’Unicef e dal Provveditorato delle Amministrazioni carcerarie della Campania sul tema "La mia vita in famiglia: ieri come figlio, oggi come adulto…e domani?" hanno delineato uno scenario dolente dove si coglie soprattutto l’amarezza di dover fare una sorta di redde rationem con la propria famiglia. La raccolta di scritti, con il titolo "Il padre di mio figlio….che sarei io", Graus editore, viene presentata stamattina nell’Auditorium della Regione, al Centro direzionale. "Una società civile - sottolinea Margherita Dini Ciacci, presidente comitato campano Unicef - deve affrontare il problema della detenzione, comprendere le conseguenze che porterà sui figli dei reclusi e difenderne i diritti". L’iniziativa ha interessato 18 penitenziari regionali e viene presentata come una importante occasione, attraverso storie che hanno un finale ancora da costruire, per cogliere meglio lo spaccato di un universo che suscita sempre reazioni contrastanti. Diversi i temi proposti per gli elaborati: una verifica del vissuto fatta non solo di ricordi ma anche di emozioni provate durante l’infanzia e l’adolescenza. Del recupero del ruolo genitoriale, moderati da Pietro Gargano, parleranno Antonio Sclavi, Rosa D’Amelio, Corrado Gabriele;Tommaso Contestabile, Angelica Di Giovanni, Paolo Giannino, Luigi Lo Presto e Dolorosa Franzese. L’attore Mario Porfito leggerà alcuni brani. I lavori saranno aperti dal video "Le ali tarpate" della Golden Officina.