Rassegna stampa 10 luglio

 

Giustizia: il programma dell’Unione e il coraggio di procedere

 

Il Denaro, 10 luglio 2006

 

Come ricorda Fausto Bertinotti e come sollecitano accada anche oltre 4.000 cittadini in sciopero della fame a staffetta, seguendo il Satyagraha dei Radicali, uno dei primi impegni a sostegno della riforma della giustizia deve essere la messa a calendario della discussione parlamentare su amnistia e indulto. Molti ricorderanno la marcia di Natale, in cui molti esponenti dell’attuale governo manifestarono a favore dell’amnistia che richiede il nostro sistema carcerario, domandata anche da Papa Giovanni Paolo II nella sua storica visita al Parlamento.

Le successive dichiarazioni vedono Berlusconi disponibile nel 2002 a discutere, giungendo solo all’indultino votato nell’agosto del 2003, riservato a circa 5.000 detenuti, ma che non ebbe gli effetti sperati. A tre anni da quel momento sembra avvicinarsi la speranza per molti di coloro che vivono una situazione carceraria distante anni luce dai dettati costituzionali che illudono il cittadino di poter vivere all’interno di un sistema democratico che veda cassato il concetto di pena a favore di un più sensato reinserimento sociale.

Le paure di molti nell’immaginare le strade invase da criminali devono essere mitigate da opportune campagne di informazione sul funzionamento e l’applicazione delle misure di clemenza, tese a creare un vantaggio sociale misurabile. Se la reintegrazione sociale viene minata dalle condizioni di seria invivibilità delle carceri, dovuta al sovraffollamento dettato spesso da leggi inique e disattente al divario tra reato e condanna, si deve comprendere come mentre si attui una faticosa e complessa riforma della giustizia si debba prima porre rimedio urgente al numero dei detenuti.

E certo la via non è quella della costruzione di nuove carceri, cosa che ha già fatto indignare la Corte dei Conti per la modalità con cui gli appalti erano stati gestiti dal precedente governo. Senza dimenticare che su circa 60 mila detenuti, 22 mila sono solo imputati, 20 mila stranieri, 30 mila condannati per reati connessi alla legge sulle droghe, 16 mila sono tossicodipendenti, 1.500 sono affetti da Aids. Infine, sui 90 mila ingressi in carcere nel 2005, circa la metà sono stati di stranieri.

Lettere: Napoli; dobbiamo espiare, ma non siamo bestie

 

Il Mattino, 10 luglio 2006

 

Noi detenuti di Poggioreale continuiamo lo sciopero pacifico per amnistia e indulto e per le condizioni in cui viviamo in questo stabilimento. Noi sappiamo che dobbiamo espiare la nostra pena, ma non possiamo espiarla come bestie. Chiediamo i nostri diritti: 1) in una stanza di capienza di quattro detenuti ce ne sono nove; 2) per ogni stanza non può segnarsi a visita medica più di un detenuto, se un altro detenuto sta male deve aspettare il giorno seguente; 3) se per caso viene il dottore non chiama tutte le visite mediche; 4) la mattina quando viene la conta e chiedi di segnarti a visita medica o modello 13, il brigadiere ci chiede cosa dobbiamo fare, noi vorremmo sapere se il brigadiere è anche dottore; 5) noi detenuti in fornitura per un mese abbiamo un litro di lisofer diluito con acqua, un rotolo di carta igienica per ogni detenuto, uno straccio per lavare il pavimento, lo spazzolone per lavare il pavimento non lo abbiamo mai ricevuto, dobbiamo usare la scopa per spazzare e lavare e, se ci sono scope, ci viene cambiata dopo circa 3 o 4 mesi; 6) le nostre famiglie con i nostri figli stanno ore intere ad aspettare per presentare i documenti per i colloqui, e questo vale anche se piove a dirotto, o se c’è il sole che non si può respirare all’ombra; 7) quando ci chiamano per fare il colloquio, aspettiamo sette giorni per un’ora di colloquio (ma in realtà taciamo per circa 45 minuti), siamo intasati come bestie nella stalla; 8) noi chiediamo di andare dal barbiere, ma ci viene imposto che deve andare un solo detenuto per ogni cella, se in cella ci sono nove detenuti, l’ultimo deve aspettare nove mesi prima che arrivi il suo turno, sempre se va tutto bene, perché a volte il barbiere non viene proprio; 9) quando scendiamo a passeggio dovremmo fare due ore di passeggio complessive, una al mattino e una pomeridiana, ma in realtà noi come passeggio facciamo solo 45 minuti per turno; 10) quando facciamo domanda per lo psicologo e l’educatrice non siamo mai chiamati; 11) quando andiamo in chiesa e, sarebbe la casa di Gesù, non si riesce a capire se coloro che portano la parola di Dio sono religiosi o sono guardie; 12) servizi igienici per modo di dire, perché di igienico non c’è niente, ci sono celle nelle quali il gabinetto non funziona e per lo sciacquone dobbiamo usare la bacinella; 13) non si può fare una doccia dopo cinque giorni stando in una cella in nove detenuti, perché ci sono solo 2 finestre ma una non si può aprire perché ci sono nove brande, non si respira per il caldo e vi lascio immaginare come si suda; 14) i medicinali dobbiamo comprarceli noi, se vogliamo stare un po’ meglio, poi gli infermieri mancano totalmente di professionalità, e non si capisce se sono guardie, guappi o infermieri; 15) le guardie quando fanno la perquisizione buttano i nostri indumenti come stracci per tutta la stanza, quando ci arriva il pacco del colloquio, non si sa se le nostre famiglie l’hanno trovato nella spazzatura; 16) ci sono tv che non funzionano, dovrebbero essere cambiate, ma ci chiedono di metterle fuori dalla cella, ma poi ci vorrebbe molto tempo per riaverla, ci sono stanze che hanno chiesto la sostituzione della tv da quattro mesi, ma non si è mai avuto risposta; 17) a volte non si riesce a dormire e vorresti guardare la tv, ma in realtà viene spenta a mezzanotte, mentre negli altri stabilimenti penali non viene spenta; 18) per quanto riguarda il vitto: il latte è diluito con l’acqua, per nove detenuti ci danno il vitto per cinque, esempio: in nove riceviamo per cena tre confezioni di sottilette e così ci hanno portato della mozzarella acida, noi l’abbiamo dovuta buttare via, e non abbiamo mangiato il secondo; 19) a passeggio sembra di essere nel deserto, non c’è acqua e il bagno non funziona. I materassi sono da vomito e scaduti, i cuscini mi sembrano cordoli di cemento, e c’è chi la biancheria la tiene nelle ceste della frutta. I termosifoni servono per arredamento, visto che d’inverno non si accendono quasi mai; 20) vi siete mai chiesti perché si uccidono tanti detenuti? Non credo, perché bisognerebbe stare in questo inferno per capirlo. Noi possiamo dirvi che chi si uccide ha smesso di soffrire, perché viviamo da bestie. Sicuramente andremo in paradiso, visto che noi all’inferno già ci siamo, siamo a Poggioreale.

 

L.F.

Treviso: meglio stare in carcere che con te; il padre si suicida

 

Il Gazzettino, 10 luglio 2006

 

Una storia difficile, quella di M.V. in regime di detenzione domiciliare, e una vicenda famigliare alle spalle che, forse, per lui lo era ancora di più. Almeno stando al tragico epilogo.Non più tardi di qualche giorno fa, infatti, il trentacinquenne era - per così dire - scappato dagli arresti domiciliari perché -a suo dire- non sopportava più le prediche e i rimproveri del padre. Scappato, ma non irreperibile, però: il giovane, infatti, si era rivolto direttamente alla Questura dove aveva trascorso la notte. Aveva quindi preferito il carcere alla casa di famiglia. Uno strappo, più che un distacco con la casa paterna dopo l’ennesimo litigio che,forse, per l’anziano padre è stato troppo brusco. Sta di fatto che il giorno seguente l’uomo si è tolto la vita nella sua abitazione.

Il corpo senza vita del 75 enne è stato trovato sabato mattina nella sua abitazione alle porte della città da un familiare. Da oltre dieci anni l’anziano era rimasto vedovo con quell’unico figlio in casa e che nei primi mesi del 2004 era stato condannato dal Tribunale di Treviso ad una pena di poco più di due anni per ricettazione.Un duro colpo per il padre, al quale si erano aggiunti quelli della Corte d’appello e quella del tribunale di sorveglianza che ha disposto la detenzione ai domiciliari fino al termine della pena. Il 35enne era tornato a casa dallo scorso marzo. E da allora le cose non erano andate per il verso giusto: l’anziano affetto da disturbi legato alla depressione avevano reso la convivenza sempre più difficile. Fino all’ultimo episodio, che ha rotto definitivamente il sottile filo che li univa: e così il figlio, dopo l’ennesimo litigio, si è presentato in Questura dove ha trascorso la notte.

"Non ne posso più, mio padre è assillante, fatemi restare qua" aveva detto. L’indomani mattina il Tribunale di Venezia emetteva un provvedimento restrittivo e nei confronti di M.V. è immediatamente scattato un altro ordine di arresto per la sospensione della misura domiciliare. L’uomo infatti non avrebbe potuto andarsene dall’abitazione e soprattutto trascorrere "fuori casa" un’intera notte.

Rovigo: il Coordinamento dei volontari porta il carcere in piazza

 

Comunicato stampa, 10 luglio 2006

 

Venerdì prossimo 14 luglio alle ore 21,00 si terrà a Rovigo nella piazza principale Vittorio Emanuele II la manifestazione "Il carcere in piazza (per non dimenticare)", organizzata dal Coordinamento dei volontari della Casa Circondariale di Rovigo in collaborazione con gli assessorati alle politiche sociali del comune e provincia e al carcere cittadino. Sarà una serata di riflessione, musica, poesia e racconti sulla condizione carceraria condotta dalla giornalista del Tg2 Daniela De Robert, lei stessa volontaria a Rebibbia e autrice del libro "Sembrano proprio come noi. Frammenti di vita prigioniera". Alcuni detenuti ristretti nell’istituto polesano presenteranno dei brani teatrali, mentre gli attori Andrea Bagno e Sara Piffer leggeranno pagine del libro della De Robert e di altri autori. Il tutto sarà condito dalla musica del cantautore trevigiano Alberto Cantone accompagnato dalla sua band.

Una serata voluta dai volontari polesani aderenti al Coordinamento che desiderano far arrivare gli echi dell’umanità carcerata anche a coloro che non hanno coscienza e conoscenza di questa dolorosa realtà, evidenziando la presenza del carcere di via verdi come luogo della città e non separato, come lo è ancora oggi.

"Sono circa 7.800 i volontari che continuativamente entrano nelle carceri italiane nel corso dell’anno, una presenza numerosa che finora non è servita per modificare i drammi che dentro le mura si consumano - rileva Livio Ferrari - un sovraffollamento che ai primi di giugno ha superato le 62.000 presenza nei 207 istituti per adulti, che hanno una capienza complessiva per circa 42.000 posti, cifra record di sempre per il nostro Paese. Con l’arrivo del caldo dell’estate, come accade da troppi anni, aumenta l’emergenza in quanto le celle diventano invivibili sia dal punto di vista umano e soprattutto igienico". "I volontari - conclude Ferrari - chiedono al nuovo Parlamento un segnale che superi le inutili e illusorie promesse partorite negli anni precedenti; bisogna fare qualcosa di concreto per ridurre la presenza di detenuti nelle carceri italiane, diminuendo così violenze e morti che tutti i giorni segnano questi luoghi di vendetta, di cui il mondo politico deve sentire la responsabilità oggettiva". Anche l’istituto di Rovigo vive i gravi problemi del sovraffollamento, circa 80-85 detenuti nella sezione maschile, a fronte di una capienza di 45 posti, e circa 35 nella sezione femminile, con situazioni drammatiche come il suicidio avvenuto poche settimane addietro.

 

Coordinamento dei volontari della Casa Circondariale di Rovigo

Via Mure Soccorso, 5 - 45100 Rovigo

Tel. 0425.200009 - Fax 0425.28385

Vicenza: progetto carcere, i detenuti parlano al CSI

 

Giornale di Vicenza, 10 luglio 2006

 

Un tardo pomeriggio di allenamento con una squadra del campionato dilettanti del CSI di Vicenza, la cena e un dibattito tra amici sulle problematiche del carcere. È questa la formula ormai rodata ripetuta anche qualche giorno fa a San Giorgio di Perlena con due ospiti della casa circondariale di San Pio X di Vicenza. Ad accompagnarli il presidente del CSI di Vicenza, Enrico Mastella, assieme a Maurizio Ruzzenenti del CSI di Verona e presidente dell’associazione Progetto Carcere 663.

"Per i detenuti che sono in semilibertà - afferma Mastella - è un’occasione per conoscere ambienti nuovi e sani; per i nostri atleti (che sono cittadini, padri e lavoratori) è un modo per capire che il carcere esiste e che tra quelle mura ci sono uomini come loro; uomini - continua il presidente del Csi berico - che hanno sbagliato, l’hanno capito, hanno pagato e prima o poi dovranno ricostruirsi una vita".

In questo caso lo sport diventa un mezzo per educare ed informare e soprattutto un’occasione di inclusione sociale anche per gli adulti. Il Csi di Vicenza lavora con il carcere da almeno sette anni e il progetto prevede che tutte le settimane due insegnanti di educazione fisica del CSI svolgono all’interno dei corsi di fitness; poi tutti i mesi la selezione del campionato dilettanti di calcio entra per una partita con i detenuti; a questo si aggiungono le periodiche visite all’esterno da parte di qualche ospite della casa circondariale e il progetto "Carcere, Sport e Scuola" che vede coinvolti i ragazzi maggiorenni delle scuole medie superiori della provincia. Il progetto è finanziato dalla Regione Veneto, assessorato alle Politiche Sociali.

Vasto: nasce una cooperativa che dà lavoro ai detenuti

 

www.giustizia.it, 10 luglio 2006

 

La cooperativa "Goccia", promossa dalla Caritas di Chieti-Vasto, assume con contratto part-time cinque detenuti per la gestione dell’azienda agricola nata nell’ambito della casa circondariale di Vasto. Il tutto grazie ad una convenzione biennale che prevede il comodato d’uso di terreno demaniale. Il progetto "Con...te...stare", presentato dal direttore dell’istituto penitenziario Massimo Di Rienzo e dal responsabile della Caritas diocesana Ermanno Di Bonaventura, si avvale di alta tecnologia e tradizioni grazie a impianti moderni. Inoltre, con il contributo dell’otto per mille, apre nei prossimi mesi una casa di accoglienza che ha come duplice scopo quello di ospitare i parenti dei reclusi e gli stessi detenuti che, una volta scontata la pena, hanno bisogno di un centro di prima accoglienza per entrare nella fase di reinserimento sociale, offrendo loro una concreta possibilità di riscatto.

Droghe: le prime vittime della legge Fini-Giovanardi

 

La Repubblica, 10 luglio 2006

 

Dalla mezzanotte del 9 maggio 2006, avere in tasca (o in macchina o in casa) un piccolo quantitativo di cannabis, può essere più pericoloso della detenzione di un’arma da guerra o di un omicidio colposo.

Per 13 anni, da quando un referendum popolare con una schiacciante maggioranza (55,3 a 44,7) aveva depenalizzato il consumo, andare in giro con un po’ di marijuana o averla in casa è stato normale per milioni di giovani. Anche una scorta consistente, tenuta in casa o portata in vacanza, non era considerata reato dalla magistratura, coerentemente al risultato referendario, in quanto evidentemente destinata all’uso personale. D’altra parte, la parte più avveduta e professionale delle Forze dell’ordine aveva ed ha tutti gli strumenti tecnici (intercettazioni, telecamere nascoste, videofonini) e le leggi per perseguire gli spacciatori grandi e piccoli perché la vendita anche di piccole quantità era e resta un reato duramente perseguito. Oltre 300.000 arresti dal 1993 al 2005.

Dal 9 maggio, tutto è cambiato. Il 31 marzo, una commissione di tossicologi nominata dal ministro Storace, ha fornito un documento piuttosto vago al governo. E ai primi di aprile, il ministro Giovanardi ha fissato i quantitativi: al di sotto, una sanzione di polizia, al di sopra, un gravissimo reato e il processo penale, da 1 a 6 anni di carcere. I limiti, 5 grammi di cannabis di media qualità, sono i più bassi del mondo.

"Non vivo mica sulla luna", disse Fini in campagna elettorale, "nessuno finirà in prigione per uno spinello, al massimo gli verrà tolto qualche punto dalla patente".

"Lo dico alle famiglie e ai ragazzi", aggiunse il 3 aprile Giovanardi, "chi verrà fermato con una quantità superiore, non avrà nulla di cui preoccuparsi. Se ne starà tranquillo a casa, ad aspettare i risultati delle analisi".

"Un eccesso di zelo" è il commento dello stesso Giovanardi sugli ex-commilitoni - era nell’Arma - che il 16 maggio sbattono in galera due giovani a Catanzaro arrestati per tre grammi di marijuana, una quantità inferiore ai limiti previsti.

Storia simile in quei giorni per due ragazzi di Ponte (Benevento), che vanno in auto a Napoli per acquistare un pò di fumo: hanno 50 euro, nella celebre Scampia offrono il 5x4: se compri 4 stecchette (da un grammo circa se va bene), una in regalo. Sulla strada del ritorno, ecco i carabinieri. I giovani candidamente ammettono, i militari pesano la droga in una farmacia notturna, con plastica e tara, e fa, alla grossa, una ventina di grammi. Alle 2 di notte, perquisizione in casa dei genitori terrorizzati. Negativa, ma i due vengono rinchiusi in una cella. "Probabilmente la quantità era molto minore" dice l’avvocato Alessandro Rillo, che ha poi ottenuto la scarcerazione.

La soluzione per evitare guai sembrerebbe fare acquisti più frequenti e piccoli. Ma non è così semplice. Roma, Villa Borghese, 12 maggio, in pieno giorno: una sedicenne acquista un altro po' di hascisc da tre maghrebini, da cui aveva già comprato. Si fida. Viene violentata e picchiata per ore. Tre anni fa, nell’atmosfera festosa del capodanno un giovane di Genova era andato nei vicoli: trovato morto con la gola tagliata.

Attualmente sono 1.500 a settimana i fermati, perquisiti, segnalati per cannabis. Una quota non ancora quantificabile, ma decisamente superiore al 10 per cento, viene denunciata penalmente per detenzione di quantità superiori ai limiti. Una spesa a partire da 8.000 euro per le famiglie: 4.000 per il penalista e 4.000 per il perito chimico, che deve fare un’analisi sulla droga sequestrata.

 

Storie di "fumo", da Schifano a Antonioni

 

Estate 1966. All’aeroporto di Fiumicino, vengono arrestati per un po' di hascish, il pittore Mario Schifano e la baronessa Afdera Franchetti, ex-moglie di Henry Fonda. È il primo scandalo droga nell’Italia del pre- 68. La legge è implacabile: due anni di carcere per un grammo di "fumo". Così Pierre Clementi, star internazionale dopo il film "Bella di giorno" di Buñuel, con Catherine Deneuve, passa più di 400 giorni in prigione, prima di uscire grazie a una nuova legge sulla carcerazione preventiva. A Positano, nel 1970, vengono arrestati l’attore di western all’italiana William Berger ("Sartana") insieme alla moglie Carol, per 0,9 gr. di marijuana. La donna viene rinchiusa nel manicomio giudiziario di Pozzuoli dove muore per cure inadeguate. A Londra, negli stessi anni, il regista Michelangelo Antonioni viene arrestato per cannabis: subito processato, condannato a una semplice multa e rilasciato. All’estero si sta più attenti. In Italia invece, dal 1967 al 1975, migliaia di arresti e condanne a due anni per pochi grammi di hascish.

Svizzera: incendio nel carcere di Ginevra, morti due detenuti

 

Swiss Info, 10 luglio 2006

 

Sono entrambi morti i due detenuti rimasti feriti e intossicati dopo che uno di loro aveva appiccato intenzionalmente il fuoco nella cella della prigione ginevrina di Champ-Dollon in cui si trovava. Il prigioniero all’origine del rogo è deceduto ieri sera al CHUV di Losanna per le gravi ferite riportate. L’altro detenuto, che occupava una cella situata al piano superiore, è rimasto intossicato dal fumo ed è deceduto questo pomeriggio.

"Ho appreso la notizia della morte del secondo detenuto oggi verso le 17:00", ha indicato all’ATS Fabrizio Bervini, vicedirettore dell’Ufficio penitenziario. "Questa situazione è vissuta molto difficilmente da tutto il personale di Champ-Dollon", ha detto. "Garantire l’integrità fisica dei prigionieri fa parte del nostro compito". Le autorità penitenziarie ignorano al momento come abbia fatto il piromane, un uomo di 38 anni che soffriva di gravi turbe psichiche, ad appiccare l’incendio nella sua cella. "L’inchiesta giudiziaria in corso non ha finora dato esiti", ha indicato Bervini.

 

 

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