Rassegna stampa 8 giugno

 

Amnistia: per carceri meno invivibili, di Giuliano Pisapia

 

Liberazione, 8 giugno 2006

 

La notizia della concessione della grazia a Ovidio Bompressi ha suscitato, in molti, un senso di liberazione. Alla gioia per un provvedimento lungamente atteso, e scippato per troppo tempo dal ministro Castelli che si è rifiutato di controfirmare la decisione presa dal Presidente Ciampi (comportamento giudicato illegittimo dalla Corte Costituzionale), ha fatto immediato seguito la convinzione che la grazia a Bompressi sia anche la premessa per un analogo atto di clemenza nei confronti di Adriano Sofri (come peraltro preannunciato dal ministro Mastella, che ha però voluto ricordare che la decisione è di esclusiva competenza del Capo dello stato).

Poche le reazioni negative! Tra queste, ancora una volta, quella dell’ex Guardasigilli Castelli ("ingiustizia è fatta"): parole che confermano come, malgrado i cinque anni passati al Ministero della Giustizia, non abbia fatto tesoro delle indicazioni della Corte Costituzionale che, proprio in relazione alla posizione di Bompressi, ha voluto ribadire che la grazia ha finalità "essenzialmente umanitaria" e che la funzione di tale atto di clemenza individuale è quello di "attuare i valori costituzionali, consacrati nel terzo comma dell’art. 27 della Costituzione, garantendo soprattutto il senso di umanità, senza trascurare il profilo di rieducazione, cui debbono ispirarsi tutte le pene". Reazione, quella di Castelli, che si discosta apertamente anche dalla presa di posizione della famiglia Calabresi, che ha mostrato, come sempre, un atteggiamento di grande dignità, limitandosi a espressioni di rispetto della decisione del Presidente della Repubblica.

In questo contesto, sarebbe forse opportuno - anche per evitare polemiche strumentali - che si possa serenamente riflettere su un segnale più ampio di conciliazione rispetto a un periodo, quale quello degli anni ‘70, in cui molti giovani, da una parte e dall’altra, hanno purtroppo ritenuto che la violenza potesse essere strumento di lotta politica. Si potrebbe ad esempio pensare a un numero, significativo ancorché limitato, di grazie individuali, per chi ha già scontato numerosi anni di carcere e/o ha dato prova certa di aver compreso che la forza della democrazia è proprio quella di essere un formidabile strumento di confronto e lotta politica per cambiare la società: l’obiettivo è quello di lanciare un messaggio che possa far comprendere a tutti che quel periodo, di cui non si può cancellare la memoria, deve essere definitivamente superato (giova ricordare, a tale proposito, che, se dal 1950 al 2000 vi sono stati in media circa 500 provvedimenti di grazia all’anno, dal 2001 ad oggi questi sono stati in tutto 45).

Ma è ancor più importante ribadire, per l’ennesima volta (e con la ferma volontà di passare dalle parole ai fatti), che non è più procrastinabile - rispetto al complesso della popolazione carceraria, alle disumane condizioni detentive e alle disastrose condizioni degli uffici giudiziari - un provvedimento di amnistia e di indulto, capace di ristabilire, nelle aule di giustizia e nelle carceri, principi costituzionali che vengono quotidianamente violati. È quindi sempre più urgente riprendere a lavorare concretamente - con serietà e serenità, evitando voli pindarici, facile demagogia e fallaci illusioni e operando con sano realismo - per trovare una soluzione che possa avere quella maggioranza qualificata, prevista dalla Costituzione, per un provvedimento che renda le carceri meno invivibili e la giustizia più celere ed efficiente. Se, contemporaneamente, si opererà, come è possibile e doveroso fare, per cancellare leggi criminogene, quali quella sulla droga e la ex-Cirielli, e per creare un nuovo e più moderno sistema sanzionatorio, non solo si manterranno gli impegni presi in campagna elettorale e si attuerà il programma dell’Unione, ma sarà possibile quell’inversione di tendenza, rispetto alla politica del centrodestra, che è il presupposto, necessario ancorché non sufficiente, per una giustizia eguale per tutti e realmente al servizio di tutti. Questi, del resto, erano i nostri impegni e le nostre priorità: questi, quindi, non possono che continuare ad essere i nostri impegni e le nostre priorità!

Giustizia: che bravo il nuovo ministro, di Graziella Mascia

 

Liberazione, 8 giugno 2006

 

I fatti contano più delle parole, e in questo caso ci sono entrambi. La visita al carcere di Regina Coeli dice che finalmente questo governo si vuole occupare dei più deboli, dei senza voce. Si tratta di persone condannate dai tribunali, perché hanno commesso reati. Ma per la maggior parte sono immigrati e tossicodipendenti, in carcere per furti, scippi. Piccoli reati tipici di chi non trova aiuto in una società che rifiuta gli stranieri, e preferisce tenerli in clandestinità invece che accoglierli. Una società proibizionista, che punisce chi fuma uno spinello, ma in cui, anche per questo, i grandi trafficanti di droga si arricchiscono.

Una popolazione carceraria composta per la maggior parte di "poveri cristi", che possono al massimo essere difesi dagli avvocati d’ufficio, e moltissimi ancora in attesa di giudizio per l’inefficienza della giustizia italiana. Quando avranno scontato la pena usciranno dal carcere, ma saranno nelle stesse condizioni di prima: con il problema del lavoro, della casa, di un’accoglienza che non ci sarà. Per questo si preferisce dimenticarli, ammassarli in celle in cui, oltre allo spazio, mancano le condizioni igieniche necessarie. Gli operatori del carcere, i volontari, i cappellani parlano spesso di una grande discarica umana: luoghi dimenticati per far tacere le coscienze di quelli che stanno fuori e predicano la legalità senza determinare le condizioni per realizzarla.

Bravo ministro. Nel giorno della Repubblica lei ha voluto dire che questo governo si occuperà dei detenuti perché si occuperà di tutti i deboli. Dei disoccupati, di quelli che lavorano in nero, dei giovani che vorrebbero un lavoro qualificato e non precario. E ha detto anche agli agenti di polizia penitenziaria che noi, che abbiamo a cuore il recupero di chi ha sbagliato, sappiamo anche che spesso è solo il loro lavoro che può rendere meno dura la vita di chi sta dentro.

Bravo ministro. Con un gesto simbolico lei ha ricordato a tutti che la Costituzione che celebriamo contiene anche un art. 27 che parla di senso di umanità nel comminare la pena e la sua finalità di recupero. Ha ricordato ai Castelli, ai Gasparri, ai tanti responsabili di questo stato di cose che la fede a cui dicono di ispirarsi chiede comprensione e perdono e non logiche vendicative.

Le parole che lei ha speso per un provvedimento di amnistia e indulto questa volta fanno sperare che non ci sarà un’altra delusione, come avvenne dopo la visita del Papa in parlamento.

Abbiamo presenti le difficoltà, la necessità di raggiungere un quorum molto alto, i due terzi degli aventi diritto, ma la commissione giustizia aveva elaborato un testo, a fine legislatura, che incontrava un largo consenso. Oggi serve un sovrappiù di impegno, una determinazione per portare la proposta in aula con una larga maggioranza. La sua iniziativa a Regina Coeli e l’impegno assunto dal presidente della Camera ci dicono che questa volta ce la possiamo fare.

Amnistia: Fassino, ci vuole prudenza, coerenza e sincerità

 

Ansa, 8 giugno 2006

 

Sull’amnistia il segretario Ds Piero Fassino consiglia, dagli studi di "Porta a porta", "prudenza, coerenza e sincerità" per evitare di suscitare false aspettative nella popolazione carceraria. "Quando fui ministro della Giustizia - ricorda il leader della Quercia - proposi l’amnistia, ma poi andammo a verificare la disponibilità in Parlamento e scoprimmo che quasi tutti si tiravano indietro. Non vorrei che ora ricominciasse il gioco del cerino e quindi chi dice sì, lo dica solo dopo aver accertato la posizione dei propri parlamentari". Per Fassino l’amnistia "è utile se accompagnata da misure strutturali su due problemi: la vita nelle carceri e i tempi dei processi".

Amnistia: Bossi; la galera a oltranza non fa bene a nessuno

 

Ansa, 8 giugno 2006

 

Umberto Bossi conferma di essere disponibile all’amnistia: "Sono sempre stato sempre più morbido di Castelli, anche sulla grazia a Bompressi. Sono sicuro che la galera a oltranza non fa bene a nessuno", dice in un’intervista al "Corriere della Sera". Bossi parla anche del deputato della Rosa nel Pugno Sergio D’Elia, al centro delle polemiche per il suo passato di terrorista. "Io non faccio queste polemiche. Chi ha i voti fa quello che vuole. Decide la gente. Come sempre".

Amnistia: Mantovano; sì ad ampio dibattito in esecutivo

 

Ansa, 8 giugno 2006

 

"Condivido l’opportunità che la posizione di An in tema di amnistia e indulto sia discussa approfonditamente al prossimo Esecutivo del Partito, fissato per mercoledì. Anche perché posizioni apparentemente distanti potrebbero trovare composizione nell’esame della situazione di fatto delle carceri italiane e delle prospettive per arginare l’emergenza". Lo sostiene Alfredo Mantovano (An), convinto che, al termine dell’approfondimento,"la condivisione di questi aspetti potrebbe ben tradursi in una mozione da presentare in Parlamento, che rifletta la posizione del Partito nel suo insieme". "Il contributo che la Destra italiana può offrire al dibattito sul punto -dice Mantovano- deve considerare con attenzione: gli effetti (non straordinari) che passati provvedimenti di clemenza hanno prodotto sul congestionamento degli istituti di pena; la necessità di proseguire nel lavoro di potenziamento dell’edilizia penitenziaria, avviato negli ultimi 5 anni; l’opportunità di un provvedimento d’insieme sulle vittime dei reati, e in particolare sulle vittime del dovere, che solo per poco non si è riusciti a licenziare prima dello scioglimento delle Camere; il fatto che i primi interlocutori del ministro della Giustizia non sono i detenuti, ma tutti gli operatori del pianeta giudiziario, a cominciare dalla polizia penitenziaria". "Solo in subordine a questo -conclude- si potrebbero esaminare, senza pregiudiziali, misure-tampone tese ad alleggerire il carico della popolazione carceraria: con tutte le cautele necessarie e fatto salvo quanto sopra".

Amnistia: Gasparri; no resta posizione ufficiale di An

 

Ansa, 8 giugno 2006

 

"Sull’amnistia la posizione che Alleanza Nazionale ha più volte ufficialmente espresso in Parlamento, è ovviamente quella del no": lo afferma Maurizio Gasparri dell’Esecutivo di Alleanza Nazionale. "Tale giudizio negativo ha riguardato anche l’ipotesi di indulto. Indubbiamente in un grande e libero partito è più che lecito registrare posizioni diverse. Ma Alleanza Nazionale in quanto tale, ha sempre assunto una posizione molto precisa a difesa dei principi di legge e di ordine. Anche la discussione che si è riaperta - prosegue Gasparri - non potrà non vedere il nostro partito attestato su queste posizioni che sono quelle che i nostri militanti, il nostro elettorato e l’opinione pubblica si aspettano vengano interpretate e sostenute con determinazione e convinzione in Parlamento e nel Paese".

Amnistia: Forza Italia frena, Unione ha vedute confuse

 

Ansa, 8 giugno 2006

 

Forza Italia frena sull’amnistia, altri esponenti della Casa delle Libertà invitano alla cautela ma osservazioni arrivano anche da forze della stessa maggioranza. Non è quindi bastato il cauto ottimismo del ministro della Giustizia Clemente Mastella sulla possibilità che in Parlamento si trovi un "ampio consenso" anche sulla base delle aperture mostrate da Silvio Berlusconi, di alcuni "autorevoli dirigenti di An", e dallo stesso leader della Lega, Umberto Bossi. Sandro Bondi, coordinatore nazionale azzurro, condivide le preoccupazioni di Franco Frattini, vice presidente della Commissione Europea, che mette in guardia l’Italia dal rischio di una "brutta figura in Europa". "In questo confuso avvio di legislatura del governo Prodi - dice Bondi - risalta la differenza di vedute su temi fondamentali all’interno della maggioranza.

Un’amnistia, nonostante la buona volontà del ministro Mastella, accompagnata da un minore controllo dei flussi migratori, sarebbe un provvedimento inutile anche per mitigare il problema del sovraffollamento delle carceri". Il coordinatore di Fi ritiene "facile prevedere che l’arrivo in Italia di un gran numero di persone prive di un lavoro finirebbe per fornire mano d’opera alla criminalità organizzata. Con la conseguenza che le carceri tornerebbero a riempirsi in tempi brevissimi. Un dibattito che non tenesse conto anche di questi profili rischierebbe di impantanarsi in uno sterile dibattito ideologico". Più esplicito è l’ex presidente del Senato, Marcello Pera, che prende le distanze dalla "intempestiva" iniziativa del ministro del Guardasigilli.

"Mastella non può non ricordare - osserva - che in molte circostanze del recente passato tentativi di approvazione dell’amnistia sono stati vanificati. Sarebbe stato molto più prudente e forse più responsabile se Mastella si fosse garantito prima una fattibilità dell’amnistia, piuttosto che annunciarla ai carcerati". L’Udc, favorevole su amnistia e indulto, continua a invitare alla prudenza. Il vicesegretario Erminia Mazzoni ribadisce che la linea del partito "non cambia" purché l’atto di clemenza sia "accompagnato da misure strutturali". L’annuncio del ministro Mastella, invece, "assume i connotati della propaganda, come confermano le stesse preoccupazioni espresse dal segretario dei Ds Fassino.

Il centrosinistra deve farsi carico per recuperare unità all’interno del Parlamento per la maggioranza qualificata necessaria". Il senatore Maurizio Eufemi dice a Mastella che un provvedimento di amnistia va "meditato e valutato attentamente con grande pacatezza, senso di responsabilità e rispetto delle vittime di un periodo tanto problematico e buio della nostra storia, così da evitare l’impressione di avallare frettolosi colpi di spugna e soluzioni di comodo".

L’Italia dei Valori insiste nel ritenere necessaria prima a "una adeguata riforma della giustizia - osserva Antonio Borghesi, Responsabile Nazionale Economia - con leggi che permettano di colpire e giudicare più rapidamente le persone rinviate a giudizio o condannate in primo grado (anche con una riduzione dei gradi di giudizio e con il ricorso a soluzioni informatiche per i processi). Quando queste misure saranno rese effettive, allora si può pensare ad un provvedimento di clemenza, anche ad un’amnistia". Olga D’Antona (Ulivo), dice di non essere contraria ma precisa: "sarò ben attenta a valutare il testo che ci sottoporranno all’esame per vedere quali reati saranno inseriti nel provvedimento di clemenza Mi auguro che vengano valutati i diversi casi e non si mettano in circolazione persone di estrema pericolosità".

Amnistia: medici penitenziari; è atto di medicina preventiva

 

Ansa, 8 giugno 2006

 

L’amnistia è un "atto inderogabile di medicina preventiva", per "decongestionare ambienti che al momento attuale non sono vivibili", da compiere con urgenza anche in considerazione del fatto che "le carceri scoppiano" e che i mesi estivi sono i più critici per la vita carceraria. L’appello è di Francesco Ceraudo, presidente dell’Amapi, l’associazione dei medici dell’amministrazione penitenziaria italiana che terrà il proprio congresso a Gubbio dall’8 al 10 giugno. Il tema dell’amnistia sarà proprio al centro del congresso dei medici penitenziari insieme alla denuncia di una situazione definita "drammatica" in cui vivono 61.000 detenuti: "20.000 tossicodipendenti, 21.500 extracomunitari, 8.600 affetti da epatite virale cronica, 4.000 sieropositivi per Hiv, 14.500 disturbati mentali" per i quali, inoltre, "le preoccupanti condizioni di sovraffollamento creano un clima difficile di convivenza".

Un vero e proprio "bollettino di guerra", segnato anche dai dati relativi ai suicidi dietro le sbarre, che nel 2005 sono stati 57 suicidi, e dai tanti episodi di tentato suicidio e di autolesionismo, di "una realtà che medici e infermieri - spiega Ceraudo - si trovano a gestire tra mille difficoltà, con scarsissimi mezzi e con risorse sempre più esigue". "I detenuti - aggiunge il presidente dell’Amapi - dopo aver perso la libertà rischiano di perdere la salute", anche perché "molti detenuti seriamente malati continuano a permanere in carcere nonostante il giudizio di assoluta incompatibilità". Al congresso di Gubbio, nel quale si discuterà anche della necessità di recuperare i "gravissimi ritardi" sul piano legislativo per "conferire ai medici e infermieri che lavorano nelle strutture penitenziarie dignità professionale e tutela dai rischi, sono stati invitati anche il ministro della giustizia Clemente Mastella ed il sottosegretario Luigi Manconi.

Amnistia: Osapp, le solite chiacchiere di giugno…

 

Ansa, 8 giugno 2006

 

"Chiacchiere di giugno": così l’Osapp (organizzazione sindacale della polizia penitenziaria) commenta le polemiche sorte attorno alla proposta di promulgare un’ amnistia. Per il sindacato "non c’ è nulla di strano" in questo "copione estivo", ma la situazione, rispetto al passato, è ancora più preoccupante: "Questa volta - è scritto in una nota - nelle carceri italiane ci sono oltre 63 mila detenuti in crescita e non i soliti 50 mila, e a fronteggiarne le esigenze anche di sopravvivenza è essenzialmente la polizia penitenziaria, che da oltre dieci anni non riceve aiuti dal Ministero della Giustizia" né per quanto riguarda gli incrementi di organico né per la riorganizzazione di competenze, incarichi e servizi. "Il ministro Mastella - è la conclusione della nota firmata dal segretario generale Leo Beneduci - potrà essere un buon ministro della giustizia, forse il primo dopo lunghi anni, purché agisca da subito e nel concreto".

Lettere: Napoli; non potete avere un’idea di quei lager

 

Il Mattino, 8 giugno 2006

 

Trovandomi a Napoli per motivi di salute, sono venuto a conoscenza da un articolo del Mattino che a distanza di anni continuano le morti sospette e i suicidi nel carcere di Secondigliano. Io sono nato nel 1940 a Galatina, dove vivo tuttora con mia moglie e due figli. Per torto o per ragione ho trascorso molti anni della mia vita nelle carceri italiane passandone alcuni nel carcere-lager di Secondigliano; anche per me il pensiero più frequente era quello del suicidio, non consumatosi grazie all’amore verso la mia famiglia che, in tal caso, si sarebbe distrutta.

In quegli anni d’inferno ho scritto di nascosto, giorno per giorno, tutto quello che accadeva, pur sapendo che se uno solo di quei fogli fosse finito nelle mani di una guardia per me sarebbe stata la fine. Uscito di prigione, tutti quegli appunti sono diventati un libro-denuncia, mai pubblicato, in parte a causa dei miei problemi di salute ma anche poiché rivolgendomi altrove avvertivo sempre, dall’altra parte, la paura di quello che sarebbe potuto accadere a causa delle denunce contenute.

La situazione a Secondigliano é molto più drammatica di quanto una mente umana possa mai immaginare ed é per questo che vi prego di prendere seriamente in considerazione questa mia lettera. Sono malato di tumore e non so quanto mi resterà da vivere, ma vorrei far in modo che le mie sofferenze e i rischi corsi per scrivere questo testo possano realmente servire affinché si metta fine a tutto questo.

 

Mario Scrimieri - Galatina (Le)

 

Sono di Agrigento. Il mio corpo è chiuso in una cella di Poggioreale, solo il mio pensiero fa compagnia alla mia libertà. Nessuno può imprigionarlo. Dostoievski e Voltaire dissero che "la civiltà di un popolo si vede da come sono gestiti i carcerati". Non chiedo né amnistia né indulto né inciuci, chiedo solamente di poter godere di quei diritti che i miei e i vostri avi hanno raggiunto dopo 4.000 anni di guerre e di ipocrisie.

 

Ettore Annense - Napoli

 

Egregio direttore, mi sarebbe piaciuto starmene un po’ in disparte, buono e tranquillo nella mia piccola cella a Secondigliano, ma purtroppo non fa parte del mio carattere subire in silenzio ogni giorno un abuso diverso. Ho sporto denuncia a ministri, magistrati di sorveglianza, alla direttrice sulle differenze di prezzo negli spacci di Secondigliano e Poggioreale. Invano. Non è conflitto d’interessi negarci la così detta "fornitura ministeriale"? Siamo costretti a comprare a nostre spese le medicine e anche scope, detersivi, carta igienica e molte altre cose. Io sono affetto da diabete, discopatia e lombosciatalgia, quindi esente da ticket: perché non mi lasciano entrare i farmaci da fuori? Infine, e non per ultimo: l’igiene nelle varie infermerie del carcere è da terzo mondo.

 

Luigi Giamè - Napoli

 

Com’è possibile che per avere un colloquio nel carcere di Poggioreale ci vogliono ben otto ore, pur essendo del posto? Il caos è totale, dovuto a sovraffollamento, mancanza di personale, strutture inadeguate, igiene precaria. Ho moglie e figli piccoli e, per non sottoporli a disagi, a volte sono costretto a rinunciare al colloquio. Tutto questo nell’indifferenza quasi totale.

 

Davide Pisano - Napoli

 

Dalle carceri napoletane sono arrivate altre lettere. Dal Padiglione Livorno di Poggioreale, Aniello Esposito, Roberto Fermo e Maurizio Russo protestano per i prezzi alti dei generi di prima necessità, e per quantità, qualità e igiene insoddisfacenti del vitto. Vincenzo Casaretti, da Secondigliano, denuncia le cure inadeguate per i suoi mali (diabete, problemi cardiaci, ipertensione). Francesco Esposito, ancora da Secondigliano, chiede invece aiuto per evitare lo sfratto alla sua famiglia, in via Salita Vetriera 23.

Com’è ovvio, non siamo in grado di valutare l’entità dei gravissimi guasti illustrati, ma sappiamo due cose. La prima: la parola più ricorrente adoperata da deputati che sono entrati in quei penitenziari è "inferno". La seconda: da anni pubblichiamo lettere simili a queste e non è mai arrivata la minima smentita o rettifica.

È vero, la civiltà di un paese si giudica anche dalle sue carceri. Il nuovo ministro della Giustizia, Mastella, di certo ne è consapevole. Al di là della discussione sull’amnistia, vedremo che cosa farà. I detenuti non vanno illusi, come hanno ammonito i cappellani delle carceri.

Rovigo: progetto per il reinserimento dei nomadi detenuti

 

Il Gazzettino, 8 giugno 2006

 

Parte da Rovigo un progetto pilota per il recupero e il reinserimento sociale dei detenuti rivolta, particolarmente, alla comunità dei nomadi, Rom e Sinti. Per quella che si presenta come la prima esperienza del genere sul territorio nazionale è stata costituita una cooperativa sociale in grado di reperire direttamente occasioni di lavoro per i detenuti dimessi di etnia nomade in convenzione con enti e istituzioni sul territorio. Primo passo di un progetto denominato "Profondo zingaro" è la cooperativa Sastri, che punta a valorizzare le risorse culturali delle diverse identità recluse attraverso laboratori di produzione finalizzati a uno sbocco commerciale con la riscoperta di abilità artigianali come via privilegiata al lavoro. Entro giugno dovrebbe essere siglato anche il protocollo di intesa per le dimissioni dal carcere, con la definizione dei percorsi preparatori (5-6 mesi) all’inserimento lavorativo.

"La nostra struttura - spiega Fabrizio Cacciabue, direttore della Casa circondariale di Rovigo - ospita mediamente dai 10 ai 15 soggetti di etnia nomade, adulti e minori. Fino ad oggi non erano mai stati individuati programmi specifici per il loro reinserimento sociale. Questo progetto punta invece a percorsi mirati di risocializzazione in grado di aprire ai soggetti, una volta dimessi dal carcere, la prospettiva di un lavoro dignitoso in linea con mestieri tradizionali alla cultura delle loro comunità". La costituzione della cooperativa Sastri anticipa nei tempi il completamento del progetto che la casa circondariale sta portando avanti.

"Ma è un segnale rivolto a enti e istituzioni perché si rendano disponibili con risorse e occasioni di lavoro - sottolinea Cacciabue - Restano da individuare le modalità di esecuzione dei laboratori e quelle di collaborazione con gli enti". Assimpresa e Asm si sono già rese disponibile a sostenere progetti di inserimento dei nomadi dimessi in lavori come il recupero di rottami o manutenzione delle aree urbane. "Lavori - commenta Luca Silvestrone, presidente della cooperativa Sastri - in qualche modo collegati con mestieri tradizionali delle loro comunità, quali la lavorazione dei metalli o l’artigianato. Nel futuro potrebbe anche esserci il recupero delle attività legate alla cultura del cavallo".

L’iniziativa, che ha raccolto il sostegno di Comune, Provincia e Regione, non esclude la possibilità di mettere sul mercato i prodotti dei vari laboratori attivati dal carcere. Il progetto si avvale al momento della collaborazione di Ada, l’associazione per i diritti degli anziani di Pordenone, e dell’Opera nomadi, che dovrebbe fornire al progetto i mediatori culturali per le attività. In questa veste erano presenti alla presentazione della cooperativa due membri della comunità sinti polesana: Lucrezia Broidic e Roberto Hudorovic. "Il fattore qualificante del progetto - sottolinea Giovanni Rampogna, presidente di Ada - è la rieducazione del detenuto attraverso il lavoro". Le modalità del progetto, che comprende anche attività di scolarizzazione prima della dimissione dal carcere, dovrebbero essere poi applicabili anche a soggetti non nomadi e quindi "esportate" in altre strutture di restrizione.

Livorno: apre sportello del centro per l’impiego in carcere

 

Redattore Sociale, 8 giugno 2006

 

Uno sportello permanente del Centro per l’impiego all’interno del carcere: sarà attivato presso la casa circondariale Le Sughere di Livorno, con l’obiettivo di ricostruire i percorsi formativi del detenuto, progettare attività di studio e di formazione utili al momento del suo reinserimento nella società. Il progetto nasce sulla base del protocollo d’intesa ("Attivazione di servizi di orientamento al lavoro, alla formazione professionale e all’auto imprenditorialità) sottoscritto nei giorni scorsi da Provincia di Livorno, Direzione della Casa circondariale e Centro territoriale permanente per l’istruzione degli adulti del Distretto 20. I contenuti del protocollo sono stati illustrati alla stampa giovedì scorso 1° giugno dall’assessore al lavoro, Marcello Canovaro, alla presenza della coordinatrice del Ctp / Distretto 20, Stefania Birindelli, del coordinatore dei servizi educativi del carcere, Lucio Coronelli e della responsabile dei servizi innovativi del Centro per l’impiego, Enza Abbate. Il progetto prevede il collegamento dell’istituto di pena al sistema dei servizi di rete della Provincia e l’apertura di uno sportello permanente del Centro per l’impiego.

"L’obiettivo - ha sottolineato l’assessore Canovaro - è quello di creare le condizioni affinché i detenuti possano acquisire un’adeguata formazione che possa servire loro al momento dell’uscita dal carcere. Per questo stiamo valutando l’ipotesi di sperimentare forme di introduzione assistita nei luoghi di lavoro, tramite voucher individuali o borse-lavoro, dirette ad un gruppo di detenuti in condizioni di "fine pena", per facilitare il loro reinserimento in una realtà lavorativa". All’interno del carcere operatori del Centro per l’impiego avranno il compito di ricostruire il percorso d’istruzione compiuto dalla persona, rilevando gli ulteriori bisogni formativi del detenuto per programmare un’attività che ne potenzi le competenze personali. Il progetto, di durata biennale, punta a definire un bagaglio di competenze professionali reali e "certificate", che seguiranno la persona in eventuali spostamenti presso altre carceri e di cui il detenuto potrà avvalersi una volta rientrato a tutti gli effetti nella società. Aule, laboratori e "cantieri scuola-formazione", interni al carcere, favoriranno inoltre la realizzazione di attività formative differenziate, connesse alle opportunità occupazionali del territorio.

Giustizia: Capece; il Sappe è favorevole all’amnistia

 

Redattore Sociale, 8 giugno 2006

 

"Il Sappe è favorevole all’amnistia". Lo ha ribadito oggi nell’incontro con il Ministro Mastella il Segretario Generale del Sindacato della Polizia Penitenziaria Donato Capece. "Non per ragioni ideologiche, ma perché è l’unico provvedimento attuabile per ricondurre a livelli di civiltà le nostre carceri. - ha motivato - Con l’approvazione della legge ex Cirielli si incrementerà ulteriormente la già vertiginosa cifra dei 62.000 detenuti attuali (sono previsti 4.000 detenuti in più alla fine del prossimo anno e saranno oltre 70.000 nel 2008). Questo sovraffollamento, che non è degno di un Paese civile, ricade principalmente sul Personale di Polizia Penitenziaria, che è impiegato nelle sezioni detentive 24 ore su 24, 365 giorni all’anno, con notevole stress psico-fisico ormai in una irreversibile inferiorità numerica rispetto ai detenuti presenti".

La Segreteria Generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria ha evidenziato anche come a nulla sia servito il famoso indultino: "nelle previsioni avrebbe dovuto prevedere l’uscita dal carcere di almeno 9000 persone. Nei fatti, però, i detenuti che ne hanno beneficiato sono stati meno della metà, appena 4.000. E mentre loro uscivano, il loro posto veniva rimpiazzato in fretta". "Il sovraffollamento delle carceri - rileva il Sappe - è diventato un’emergenza del Paese e può essere tamponato solo con un provvedimento di clemenza. Subito dopo, però, sono necessari ben altro interventi di carattere strutturale che non facciano rimanere l’amnistia un puro e semplice palliativo che fra qualche mese avrà già perso la sua efficacia. In altre parole, parliamo di potenziamento dell’area penale esterna e un maggior ricorso alle misure alternative alla detenzione, che tengano in carcere chi veramente deve starci, e una legge sugli extracomunitari che permetta espulsioni più facili piuttosto che la detenzione in Italia (a livello nazionale sono il 30% - circa 20mila - i detenuti stranieri, percentuale che si raddoppia negli Istituti del Nord)".

Milano: avvocati gratis nelle carceri anche a processo concluso

 

Redattore Sociale, 8 giugno 2006

 

Un servizio di consulenza legale gratuita per i condannati detenuti nelle carceri milanesi che non possono permettersi di pagare un avvocato e non conoscono il sistema giuridico italiano. È questo l’obiettivo dell’iniziativa, unica in Italia, presentata oggi a Milano e promossa dal Tribunale di sorveglianza di Milano, dagli istituti penitenziari di San Vittore, Bollate e Opera e dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Milano. L’iniziativa permette a chi è stato condannato in modo definitivo per reati "bagatellari" (cioè non gravi) di poter accedere, se ne ha il diritto, ad una serie di benefici che vanno dalla semilibertà all’affidamento in prova ai servizi sociali o alla detenzione domiciliare. Il servizio è stato ideato per rendere "funzionanti" i diritti di quei detenuti condannati che, non avendo i soldi per pagarsi un suo avvocato, non possono affidarsi all’assistenza di un avvocato d’ufficio perché lo Stato italiano non lo prevede. Infatti, come ha spiegato Giuseppe Fiorella, consigliere dell’Ordine degli avvocati di Milano, quando "la pena è in fase di esecuzione generalmente i legali credono di aver esaurito il proprio compito".

Il servizio dovrebbe essere attivato a settembre, grazie al lavoro volontario di circa 280 avvocati, iscritti nel registro dei difensori d’ufficio, che hanno aderito al progetto. Dopo un corso di formazione che durerà fino a fine luglio, saranno loro a tenere i colloqui gratuiti con i detenuti indigenti allo scopo di informarli sui loro diritti e sulle azioni giuridiche a cui possono accedere.

L’iniziativa, secondo Giuseppe Grechi, presidente della Corte d’Appello di Milano, rappresenta "un modello che in futuro potrebbe essere istituzionalizzato a livello legislativo". Il progetto sarebbe molto utile anche per arginare il problema del sovraffollamento delle carceri milanesi che ospitano circa 4mila detenuti, la metà dei quali sono condannati per reati sociali, cioè semplici, che portano a condanne brevi. Molti di questi detenuti sono stranieri o tossicodipendenti. "L’iniziativa- ha sottolineato Giovanna di Rosa, Magistrato di sorveglianza di Milano, tra i promotori del progetto- nasce da un’esperienza pratica, da un contatto diretto con la realtà penitenziaria". Non conoscere il sistema giuridico italiano e spesso anche la lingua, infatti, "limita la possibilità di rendere effettivo il ruolo rieducativo della pena", ha aggiunto Di Rosa.

Trento: corsi di storia dell’arte, protagonisti i detenuti

 

L’Adige, 8 giugno 2006

 

Una decorazione in perfetto stile futurista. Deperiano, per l’esattezza. A fine anno, la sala maschile dei colloqui della casa circondariale di via Prati si veste a nuovo. E saranno gli stessi detenuti, pennello e tavolozza alla mano, ad affrescarne le austere pareti, realizzando una grande e vivace opera murale. A partire dai primi di luglio, venti fra i carcerati ospitati presso la struttura di via Prati seguiranno il corso di storia dell’arte tenuto da Denise Bernabè, collaboratrice della didattica del Mart. Nove lezioni riservate all’approfondimento dei principali movimenti artistici del Novecento (articolate in momenti teorici e pratici) e alcuni incontri dedicati all’analisi della vita e delle opere di Fortunato Depero saranno il giusto preludio allo studio dei bozzetti preparatori necessari alla terza fase del progetto: la messa in opera della grande decorazione.

Il lavoro sarà inaugurato a dicembre e, in occasione della vernice, dovrebbe essere allestita, all’interno del carcere, una mostra dei lavori realizzati dai detenuti nel corso del laboratorio promosso lo scorso anno. Dall’ottima riuscita del primo esperimento, e dall’intesa crescente fra la sezione didattica del museo e la direzione della casa circondariale nasce dunque un nuovo, ambizioso progetto. Nel segno dell’arte convergono gli obiettivi delle due istituzioni, e con loro, delle donne che le rappresentano: risolute, coraggiose, entrambe innamorate di una professione totalizzante; convinte che molto ancora vi sia da fare per abbattere le resistenze di un territorio "refrattario nei confronti della cultura e del sociale, ostile a percepire e ad accettare presenze che pur fanno parte del corpo civile".

Lunedì, al loro primo incontro, Forgione e Belli hanno condiviso le ambizioni e le difficoltà della gestione di un’azione di tale portata: "Simili iniziative evidenziano l’utilità pubblica dell’arte e del museo. Collaborare con situazioni come le vostre è da più di vent’anni il mio sogno: l’espressione artistica è un limbo in cui si ricompongono certe conflittualità del sociale e l’esperienza dell’arte conferisce attitudini positive". Concorda, Antonella Forgione, sui benefici di un simile intervento: "Facciamo molta fatica ad offrire ai detenuti modelli positivi e attività di qualità. Le proposte formative rivolte ai carcerati rischiano spesso di uniformarsi all’idea di miseria e povertà che molti hanno del carcere. Al contrario, questa è certamente un’esperienza determinante per i detenuti, a livello pedagogico e terapeutico: un lavoro sulla persona e sulla personalità che darà modo ai ragazzi di acquisire fiducia in se stessi". Esprimersi, confrontarsi con la realtà, e proiettarsi verso l’esterno. Questo l’obiettivo di un progetto che dovrebbe coronarsi, per lo meno nella volontà dei suoi sostenitori, nella concessione di un permesso premio un po’ speciale: l’opportunità di trasferirsi, per qualche ora, nelle sale del museo. Per vedere, una volta almeno, il volto più vero dell’arte di recente avvicinata: le audaci novità dell’avanguardia, e l’ardire di chi espresse la propria aggressività, la propria denuncia, la ribellione verso il mondo e verso la società attraverso l’arte e la creatività.

Avezzano: i problemi del carcere sul tavolo di Mastella

 

Il Tempo, 8 giugno 2006

 

Il neo eletto senatore di Forza Italia Filippo Piccone e l’on. Rodolfo De Laurentiis (Udc) scendono in campo per il carcere di Avezzano. Due interpellanze urgenti sono state, infatti, presentate dai parlamentari marsicani al Ministro della Giustizia Clemente Mastella. Piccone chiede "se ritenga o meno di rivedere la posizione ministeriale, preferendo il mantenimento di una sezione di arresto nell’attesa e durante i lavori di ristrutturazione e, qualora non fosse possibile, almeno di ricollocare temporaneamente e sino a nuova riapertura dell’istituto, sul territorio di Avezzano il personale vario". Il senatore Piccone chiede, inoltre, di "verificare se i fondi e la ristrutturazione risultano depositati nell’Ufficio beni e servizi edilizia carceraria e se e quando possono essere utilizzati. È altresì noto - continua Piccone - che negli anni 2002-2003 furono spesi circa 30 mila euro per un progetto di ristrutturazione dei due piani detentivi dell’istituto. Sempre nel 2002 e 2003 sono stati eseguiti dei lavori di ristrutturazione a norma di legge in una parte dell’istituto. Nella zona sottostante tali uffici è collocata una sezione detentiva in buono stato strutturale ove potrebbe essere collocata una sezione di arresto di massimo 12 unità. Il mantenimento è già stato richiesto al Ministero di Giustizia considerato che la casa circondariale di Avezzano gestisce oltre il 50% degli arresti effettuati in tutta la Provincia dell’Aquila".

L’on. Rodolfo De Laurentiis chiede al Ministro che i lavori di ristrutturazione del carcere avvengano "in costanza d’esercizio, cioè senza penalizzare i lavoratori e i detenuti dell’importante struttura, ipotizzando anche l’apertura di almeno un’ala dell’edificio, così da mantenerlo operativo". De Laurentiis chiede che vengano indicate le date di inizio e termine lavori, nonché quella di riapertura. Secondo il parlamentare Udc, la chiusura del carcere produce danni notevoli a tutto l’impianto giudiziario, con ripercussioni sul personale occupato, sull’indotto economico e sulla presenza della popolazione carceraria. Il comprensorio di Avezzano, da un punto di vista giudiziario, infatti, è il terzo d’Abruzzo, e la struttura del carcere è strettamente funzionale alla mole di lavoro che si svolge nell’ambito marsicano. Il numero di processi, imputazioni e arresti rendono indispensabile, secondo De Laurentiis, accanto al Tribunale di Avezzano, la presenza di una struttura carceraria. "Laddove il problema fosse di carattere esclusivamente economico - sottolinea - si fa presente che i necessari interventi di ristrutturazione erano già stati approvati nella precedente legislatura e l’amministrazione comunale di Avezzano è pronta ad assicurare il proprio contributo".

Lettere: Messina; sono un detenuto in regime di semilibertà

 

Ristretti Orizzonti, 8 giugno 2006

 

Mi chiamo Francesco Cavazza sono un detenuto in regime di semilibertà a Messina. Mi rivolgo a lei, per denunciarle la grave situazione psicologica che sto vivendo. Da oltre dieci anni a causa della legislazione italiana sull’uso delle droghe,subisco grossi problemi giudiziari, perché alcuni giudici hanno ritenuto giusto che il mio possesso di quantitativi inferiori al kg .di droghe leggere, (Marijuana, Hashish) non servisse al mio uso personale, infliggendomi condanne per spaccio. Ho accumulato condanne per quattro anni, solo perché ho il vizio di far uso di marijuana e hashish.

Alla luce delle nuove leggi che il (ex Cirielli, legge Fini contro la droga), che il Parlamento ha approvato, la situazione già devastante per la mia persona, sicuramente peggiorerà, in quanto perderò anche il beneficio della semilibertà. Sono veramente disperato e, disposto anche a morire, se queste nuove leggi verranno applicate al mio caso. Mi vergogno di essere nato italiano, mi sento un perseguitato dallo stato dittatoriale che mi rappresenta, solo perché ho il vizio di fumare droghe leggere. Allora perché non perseguire anche i consumatori di alcool, tabacco, caffè, barbiturici, etc. Non mi ritengo un pericolo sociale, sono un onesto lavoratore e pago tutte le tasse, non faccio danno a nessuno. Vivo sulla mia pelle tutti i giorni violazioni e abusi dal sistema penitenziario, con condizioni igienico- sanitario pessime ( a dividermi gli spazi con insetti di ogni tipo, topi e rettili).

Giustizia: Sappe incontra il nuovo ministro della giustizia

 

Comunicato stampa, 8 giugno 2006

 

Questa mattina i componenti la Segreteria Generale del Sappe - Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, il più rappresentativo della Polizia penitenziaria con 12mila iscritti, hanno incontrato al Ministero della Giustizia il nuovo Ministro Guardasigilli Clemente Mastella. L’incontro, franco e cordiale, è stato incentrato sugli argomenti che, a nostro avviso, devono essere al più presto posti all’ordine del giorno dell’agenda del Ministro della Giustizia nonché di Governo e Parlamento: le priorità per il Corpo di Polizia Penitenziaria e per il sistema carcere.

"Abbiamo sottolineato al Ministro Mastella" dichiara il Segretario Generale Donato Capece "che è necessaria una chiara e netta inversione di tendenza sulle problematiche penitenziarie rispetto al recente passato. Le carceri del nostro Paese sono sovraffollate anche a causa di una miope politica della sicurezza fatta dal precedente governo che si è solo preoccupato di "sbattere" in carcere più persone possibili, senza chiedersi se il carcere era in condizione di recepirle e di avviare un percorso di recupero sociale che sia adeguato ai tempi."

Il Sappe ha chiesto a Mastella di individuare: una soluzione legislativa utile alla riassunzione in servizio dei circa 530 agenti di polizia penitenziaria ausiliari, licenziati a fine 2005; la garanzia che una eventuale manovra finanziaria bis non penalizzi nuovamente la Polizia Penitenziaria; l’urgente calendarizzazione della proposte di legge sul riordino delle carriere del Personale delle Forze di Polizia, già approvato dalla Camera dei Deputati nel febbraio del 2006; una Delega al Governo per la riforma del Corpo (proposta On. Pecorella), che prevede anche l’istituzione della Direzione Generale della Polizia Penitenziaria.

Livorno: presso l’Uepe possibile il Servizio Civile Volontario

 

Comunicato stampa, 8 giugno 2006

 

"Facile Toscana" è un progetto, accreditato dall’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e contenuto nel bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 39 del 23/05/2006. Il progetto prevede l’inserimento di 28 Volontari nei vari Uffici di Esecuzione Penale Esterna (ex CSSA) della Toscana, di cui 4 a Livorno. Si tratta di un’occasione significativa per i giovani che vogliono realizzare un’esperienza concreta nell’ambito delle situazioni di disagio, acquisendo nel contempo una buona conoscenza delle risorse e dei servizi territoriali, oltre che abilità e competenze, anche nell’ambito della metodologia di lavoro nel sociale (lavoro di rete, lavoro di gruppo). Molte Università riconoscono inoltre il servizio prestato come credito formativo. Il lavoro si svolge in affiancamento con gli operatori degli Uffici di Esecuzione Penale Esterna, dopo un periodo formativo di uno - due mesi.

Qualche numero: Numero posti per Volontari a Livorno, senza vitto e alloggio: 4. Durata: 12 mesi. Numero minimo ore giornaliere di impegno: 6. Numero massimo ore settimanali di impegno: 36. Numero giorni settimanali di impegno: 5 minimo; 6 massimo. È previsto un rimborso mensile di 433,80 euro. Il termine per la presentazione delle domande è fissato alle ore 14,00 del 23 giugno 2006. La domanda va presentata in carta semplice su modello prestampato reperibile sul sito www.serviziocivile.it. Possono presentare domanda tutti i ragazzi e le ragazze di età compresa tra i 18 e i 28 anni che siano in possesso della cittadinanza italiana e godano dei diritti civili e politici. Venerdì 16 giugno alle ore 12.00, gli operatori dell’Ufficio Esecuzione Penale Esterna terranno un incontro di approfondimento per gli interessati (piazza Dante, 19/20).

Sito internet Ufficio Nazionale Servizio Civile www.serviziocivile.it

Sito Ufficio Esecuzione Penale Esterna Firenze www.comune.firenze.it/soggetti/cssafi/

Ufficio Esecuzione Penale Esterna di Livorno - Piazza Dante 19/20 - Tel. 0586.408362 - e-mail cssa.livorno@giustizia.it

Reggio Emilia: partita tra Caritas e detenuti della Pulce

 

Redacon, 8 giugno 2006

 

Entrare in carcere incute un certo timore anche se solo per poche ore. Un grande cancello metallico divide la libertà dalla prigionia. Dopo accurati controlli, abbiamo varcato questa soglia alle ore 13.00; siamo transitati nel piazzale che aveva ospitato la terza delle "giornate giovani" e ci siamo soffermati in uno spogliatoio per cambiarci. Non bastasse il sole cocente, la nostra divisa completamente nera non ha protetto di certo dalla calura estiva e dava l’idea di un corso addestramento arbitri, più che di una squadra di calcio. Almeno il nero ci ha snelliti e sembravamo una squadra seria. Dopo aver varcato altri cancelli, siamo entrati nel cuore del carcere. Sul pavimento la scritta "viva la pace e la libertà" e una ventina di detenuti ci ha accolto gentilmente. Fra le grate assolate delle celle, qualche detenuto in cerca di un po’ d’aria cercava di sporgersi, dall’alto scrutava il campo da gioco e sicuramente sarebbe voluto essere fra i disputanti dell’incontro. La rappresentanza dei detenuti è stata scelta in base ai meriti acquisiti in carcere mediante buone azioni, per cui vi erano giocatori discreti ed altri meno. Qualche battuta su chi avrebbe fatto il "libero" e si è iniziato a giocare molto intensamente. Si capiva che la partita sarebbe stata molto dura e particolarmente sentita. La nostra squadra, capitanata da Don Emanuele Benatti e da Isacco della Caritas, non ha demeritato, ha giocato bene nonostante il caldo ed il completo da gioco non certo estivo. Il risultato finale è stato a nostro favore, ma lo scopo dell’incontro è stato quello di dare un sorriso a chi sta scontando una pena, poche ore di serenità non sono niente per chi è costretto a vivere in una triste cella assolata, ma in tutti noi c’è stata la percezione di aver contribuito almeno un pochino a far passare un pomeriggio diverso dalla solita giornata di prigionia. A fine partita, mi ha fatto molto piacere il percepire di aver fatto qualcosa di veramente utile ed il ringraziamento ricevuto dai detenuti, ci ha fatto promettere che al più presto vi saranno altre occasioni di incontro.

 

 

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