Rassegna stampa 23 febbraio

 

Venezia: a proposito di lavoro e e di normativa penitenziaria

 

Il Gazzettino, 23 febbraio 2006

 

La normativa penitenziaria prevede che i detenuti che si comportano bene possano fruire, dopo aver scontato buona parte delle pena e, a discrezione del Magistrato di Sorveglianza, di misure alternative: ad esempio, quella della semilibertà (uscire di mattino, rientrare di pomeriggio), purché abbiano un lavoro da fare. Questa misura è importantissima perché si prefigge di "riabituare" il detenuto a tentare di rifarsi un percorso di vita. La cooperativa Rio Terà dei Pensieri, per propria scelta, svolge la propria attività di formazione e di produzione solo "dentro" alle carceri, al fine di permettere ad alcuni "ristretti" (sempre pochi) almeno di uscire dalle celle dove sono rinchiusi 20-22 ore al giorno ed andare nei laboratori. Ovviamente il tempo passa anche per loro ed anche per loro arriva il momento che possono chiedere di andare in semilibertà.

A questo scopo, dal settembre 1996, si è sottoscritto un protocollo di collaborazione con la Direzione Generale di Amav (ora Vesta). Un accordo socialmente importante perché, senza tanti bla-bla-bla concretamente "si da una mano" a delle persone per reintegrarli gradualmente nella società civile. Quindi da una parte un’Azienda orientata al conseguimento di risultati economici che non dimentica gli aspetti sociali e dall’altra parte una Cooperativa che persegue obiettivi di integrazione sociale in un’ottica produttiva-assistenziale. Dal 2003 l’allora Vice Direttore Generale (dott. Maurizio Calligaro) a ritenuto opportuno fissare un tetto alle ore da fare: 13mila e la cooperativa sempre ha rispettato il "tetto" delle 13.000 ore!

Sennonché con lettera dell’11 luglio e successivamente nell’incontro del 28 luglio 2005, la nuova dirigenza Vesta ci comunicava che la Cooperativa aveva esaurito il budget annuale. premesso che non era vero, in soldoni, questa comunicazione significa che dei 9 "semiliberi" in servizio ben 7 dovevano tornare e restare in cella!

Stupirsi era il minimo: umanamente come si fa a rinchiudere 7 persone che stanno esercitando un loro diritto, quello della semilibertà. Ovviamente, si chiede e si ottiene un incontro all’Assessore alle Politiche Sociali, Delia Murer, e al Capo Gabinetto del Sindaco (dott. Maurizio Calligaro) per illustrare la "propostaccia" di Vesta ed entrambi ci assicurano che sentiranno Vesta e che nulla sarebbe cambiato rispetto al passato (le 13.000 ore). Capito male? Malgrado le assicurazioni avute in Comune, Vesta riconferma la sua posizione: 5mila ore e non 13mila. Si è riscritto al Comune. Oggi l’assessore alle Politiche Sociali ha fissato un incontro. Con l’occasione facciamo presente: che Vesta paga alla Cooperativa dal 2002 10 euro per ogni ora lavorata (e non si è mai lagnato) mentre il compenso concordato con il Consorzio Zorzetto (di cui si fa parte) è di 14 euro/ora per i parchi e di 15,5 euro/ora per le strade; che la fruizione della semilibertà è un bene così prezioso che la Cooperativa, nell’anno 2005, fra entrate ed uscite ha sopportato una perdita di euro 3470,73; che non si comprende la disparità di trattamento tra le due cooperative che hanno a che fare con i "semiliberi" in Vesta. Perché noi 3 persone e gli altri 6? che comprendiamo le difficoltà economiche di Vesta ma è impensabile che siano decise 8.000 ore anche per il 2006. Trattasi di 80.000 euro! che senso ha di dover pagare 200 euro al mese per l’affitto di un vecchio container-spogliatoio di cui, di norma, dovrebbe farsi carico l’azienda?

 

Raffaele Lavorato, volontario della Coop. Rio Terà dei Pensieri

Lazio: garante regionale dona cinque computer ai detenuti

 

Comunicato stampa, 23 febbraio 2006

 

Cinque personal computer, donati ad altrettante carceri del Lazio, per favorire non solo le attività didattiche all’interno dei vari istituti, ma anche per supportare la normale attività quotidiana dietro le sbarre. La donazione è arrivata dal Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti Angiolo Marroni.

I cinque computer sono stati donati, in accordo con i direttori delle singole strutture, alle carceri di Latina, Velletri, Regina Coeli, Rebibbia Penale e Rebibbia Femminile.

A Velletri, in particolare, il computer sarà utilizzato per la gestione della biblioteca del carcere a Latina il pc servirà per le esigenze della sezione femminile che per quella maschile. A Regina Coeli del computer usufruiranno i detenuti iscritti alla scuola media, mentre a Rebibbia Penale sarà a disposizione per gli studenti Universitari. Infine, a Rebibbia femminile il computer servirà a supportare le attività della sezione.

In questo suo primo anni di attività il Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti ha investito molto sul binomio nuove tecnologie - recupero sociale dei detenuti. In questa ottica vanno inquadrate, fra l’altro, le donazioni di arredi scolastici e materiali informatici al carcere minorile di Casal del Marmo e l’organizzazione, nello stesso istituto, di un corso per computer.

"L’iniziativa di donare computer alle carcere della Regione - ha detto il Garante Regionale dei Diritti dei detenuti Angiolo Marroni - si inserisce in un contesto di continuità con l’attività che da un anno questo Ufficio esercita nelle carceri del Lazio con la presenza settimanale dei suoi collaboratori. Da questa presenza, e in particolare dalle centinaia di colloqui avuti con i detenuti, si è colta netta l’istanza dei reclusi di non sentirsi esclusi dal resto del mondo. Una istanza che passa anche attraverso piccoli gesti, come può essere la donazione di un computer da utilizzare per sostenere attività particolari come il supporto agli insegnamenti scolastici e universitari o la gestione dei volumi di una biblioteca interna".

Viterbo: le carenze di organico e il reparto detenuti all'ospedale

 

Il Tempo, 23 febbraio 2006

 

"Le organizzazioni sindacali della Polizia Penitenziaria dell’istituto di Viterbo, a seguito dell’ennesima presa di posizione dell’Amministrazione Centrale che sta imponendo al personale (già sott’organico di 128 unità) l’ultima sferzata che porterà al collasso totale la situazione presso il carcere di Mammagialla, hanno dichiarato lo stato di agitazione generale". Comincia così la "dichiarazione di guerra" dei sindacati della Penitenziaria in seguito all’apertura del reparto detenuti a Belcolle.

"Anche se passata in sordina - affermano infatti - si è, di fatto, attuata l’apertura del reparto. La strategia dell’Amministrazione è quella di farci passare la cosa un poco alla volta, inizialmente per i soli piantonamenti dell’istituto di Viterbo effettuati con lo stesso personale dell’istituto. Dove prima servivano 2 unità, ora per garantire la sicurezza dei piantonamenti presso il nuovo reparto ne servono circa 5, cosa attuata contro la volontà dei sindacati". A far precipitare la situazione la "determinazione dell’Amministrazione del 17 febbraio: con una provveditoriale s’intende aprire il reparto a pieno regime, con la caratteristica specifica di effettuare piantonamenti a detenuti con patologie infettive acute. Tutto ciò senza pianificare un piano di controlli sanitari per il personale che lavorerà nel reparto, come predisposto dalla normativa; senza la contrattazione per la costituzione dei gruppi che devono ruotare ogni 15 giorni per poi sottoporsi ad accertamenti sanitari, come da normativa; ad oggi delle 28 unità necessarie (ma per i sindacati le unità necessarie sono 30) alla gestione del nuovo servizio, fisicamente ne sono state recepite solo 16, asserendo che le altre verranno. Ma noi - affermano i sindacati - conosciamo le promesse della nostra amministrazione". Le organizzazioni si riservano, secondo gli sviluppi della situazione, di attuare azioni più decise. "Facciamo presente - concludono - che il polo detentivo di Viterbo per ampiezza, tipologia e pericolosità della popolazione detenuta nel Lazio è secondo, se non pari, solo a Rebibbia; ci lavorano circa 400 persone, ci sono oltre 600 detenuti che, come nelle altre situazioni delle carceri italiane, hanno problemi di sovraffollamento e di gestione". I sindacati chiedono l’intervento delle istituzioni provinciali e di tutti i partiti politici.

Pisa: lezioni in carcere per gli studenti universitari

 

Redattore Sociale, 23 febbraio 2006

 

"Cittadino, individuo, persona. Antiche e nuove discriminazioni". È un tema forte e carico di significati quello del ciclo di seminari promosso dalla Facoltà di Lettere e Filosofia nell’ambito del Polo Universitario Penitenziario di Pisa, che accoglie al momento 14 studenti detenuti. La prima lezione del ciclo parte oggi nei locali del Polo presso la casa circondariale Don Bosco (via Don Bosco, 43, ore 15.30) e affronterà il tema, scelto dalla Facoltà insieme agli studenti, dal punto di vista storico. "È la prima volta che si fa spazio ad iniziative di questo genere, di alto livello - osserva Orlando Olmo, educatore al Don Bosco -. L’idea è partita dal preside di Lettere e Filosofia con l’intento di individuare un tema generale, com’è appunto quello scelto, suscettibile di essere approfondito da molteplici prospettive, capace di interessare e coinvolgere non solo gli studenti iscritti a Lettere ma anche quelli delle altre Facoltà".

Agli studenti di Lettere che parteciperanno con regolarità ai seminari saranno riconosciuti crediti formativi. Ed è probabile che siano riconosciuti anche dalle altre Facoltà ai loro studenti che scelgano di seguire il ciclo di lezioni. Il tema centrale, che oggi è dunque centrato sulla storia, sarà di volta in volta elaborato in varie ottiche - antropologica, filosofica, teologica, sociologica, psicanalitica, economica, giuridica, letteraria, cinematografica e urbanistica - in un insieme di circa dieci incontri con cadenza quindicinale fino al prossimo luglio. Il seminario di oggi sarà introdotto dalle relazioni di Cesare Letta, docente di Storia Romana all’ateneo pisano, che terrà una lezione su "Diritti politici, dignità personale e garanzie giudiziarie nel mondo romano" e di Cristina Cassina, docente di Storia Contemporanea, che approfondirà "I numeri e la ragione: alcune considerazioni sulla storia della cittadinanza politica in Francia (1789-1870)". L’obiettivo è riuscire a coinvolgere quanto più possibile nell’iniziativa tutti i docenti già in possesso dell’autorizzazione per entrare in carcere per i colloqui continuativi con gli studenti del Polo. Chi non è ancora autorizzato, può comunque presentare domanda alla direzione del carcere, utilizzando il modello che potrà fornirgli il rappresentante della propria Facoltà all’interno del Polo. Per la facoltà di Lettere si può fare riferimento al Prof. Cesare Letta (c.letta@sta.unipi.it).

Genova: un museo virtuale per i detenuti di Marassi

 

Secolo XIX, 23 febbraio 2006

 

Domani, negli spazi scolastici del carcere di Marassi, con il consenso del direttore della struttura, Salvatore Mazzeo, si svolgerà una lezione particolare. Il tema, infatti, riguarderà le chiavi di lettura delle opere che attualmente sono esposte a Palazzo Ducale nella mostra Romantici e Macchiaioli. Giuseppe Mazzini e la grande pittura europea, toccando argomenti inerenti la storia dell’arte, il contesto storico di Mazzini e la lettura simbolica delle opere in mostra. La particolarità della lezione sta nel fatto che gli studenti, e cioè i detenuti che seguono il corso Grafica pubblicitaria del liceo Ruffini, attivato in carcere già da diversi anni, potranno vedere i quadri e soffermarsi sulle opere oggetto della lezione grazie a un cd-rom interattivo che permetterà loro di effettuare un viaggio virtuale all’interno della mostra. Il cd-rom è stato realizzato grazie alla collaborazione tra Pierangelo Fontana, di Palazzo Ducale, e l’insegnante di storia dell’arte Mirella Cannata e permette non solo di osservare i quadri, ma di "camminare" da una sala all’altra della mostra di Palazzo Ducale apprezzando così anche l’ordine nel quale le opere sono state esposte e il modo in cui la mostra è stata allestita.

Varese: immigrato cerca di mettersi in regola, finisce in carcere

 

Varese News, 23 febbraio 2006

 

Va in Commissariato per farsi regolarizzare e finisce dritto in carcere. È successo oggi ad un ragazzo albanese di 19 anni, arrestato negli uffici del Commissariato di Polizia di Varese. Il giovane era fuggito da un istituto quando era ancora minorenne, e non sapeva che sul suo capo pendeva un provvedimento d’espulsione emesso dalla Prefettura.

Così, quando si è recato in Commissariato per farsi mettere in regola, un breve controllo è bastato a gli agenti per accertare la sua posizione, ammanettarlo senza troppe cerimonie e condurle ai Miogni in attesa di giudizio. Di questo passo, la voglia di mettersi in regola passerà anche a chi non ha nulla da nascondere: non si sa mai.

Pescara: muore suicida la figlia dell'ex "boss" Felice Maniero

 

La Repubblica, 23 febbraio 2006

 

Eva Maniero, figlia del boss della mala del Brenta Felice Maniero, è stata trovata morta questa mattina a Pescara nel cortile di un signorile palazzo del centro. La donna, che da tempo viveva in città sotto copertura, si è suicidata gettandosi dalla mansarda del suo condominio, all’angolo tra via Carducci e via Parini. Dopo i primi rilievi la Polizia scientifica ha subito escluso ogni ipotesi di reato confermando che si è trattato di suicidio. Gli investigatori ritengono che la donna, di trent’anni, si sia uccisa dopo aver fatto uso di droga. Eva Maniero viveva nel capoluogo abruzzese sotto il programma di protezione previsto per i familiari dei pentiti. Infatti il padre, ex boss della mala del Brenta, era diventato da tempo collaboratore di giustizia. I primi esami sul corpo della ragazza, che indossava il pigiama e un paio di infradito, hanno messo in evidenza numerose escoriazioni. Nulla però ha indotto gli investigatori a pensare a un avvenimento diverso dal suicidio. Al momento continuano gli accertamenti della polizia nell’appartamento della Maniero, che non ha lasciato alcun biglietto per spiegare il suo gesto. Intanto l’autorità giudiziaria ha disposto l’autopsia.

Firenze: un concorso sulla globalizzazione per i detenuti

 

Asca, 23 febbraio 2006

 

Pensieri, poesie, disegni e altre produzioni artistiche sui temi della globalizzazione. Nei prossimi mesi i detenuti del carcere di Sollicciano a Firenze si cimenteranno in un concorso promosso dall’associazione "Input" che ha come titolo "Le parole del mondo". L’idea è nata oggi, all’interno del penitenziario fiorentino, in occasione della presentazione del libro World’s Words (le parole del mondo, appunto), pubblicato da Input e realizzato dal giornalista Gian Guido Folloni (ex direttore dell’Avvenire e poi senatore e ministro) e dall’europarlamentare Lapo Pistelli, fondatore di Input. Il volume contiene fotografie scattate nei quattro angoli del pianeta, associate a un dizionario della globalizzazione formato da 25 parole dalla a alla z tradotte in inglese, italiano, cinese, russo, arabo e swahili. Al termine dell’incontro il direttore di Input Giovanni Carta ha lanciato un’idea che è stata subito raccolta con favore dagli educatori, dal personale e dalla direzione del carcere: un vero e proprio concorso di opere scritte e visive sui temi della globalizzazione. Tutti i detenuti di Sollicciano sono invitati a produrre testi scritti, poesie, disegni, collage, pitture sui temi della globalizzazione e sulle parole proposte dal libro World’s Words. I lavori saranno raccolti entro il 16 maggio e saranno presentati nel mese di giugno, all’interno e all’esterno del carcere, con mostre e altre iniziative.

Riccione: arriva Armando Punzo e la Compagnia della Fortezza

 

Notiziario Turismo, 23 febbraio 2006

 

Dal 4 al 12 marzo Armando Punzo e la Compagnia della Fortezza (nata nel 1988 all’interno del carcere di massima sicurezza di Volterra) saranno protagonisti a Riccione di spettacoli, mostre, video-teatro, laboratori. L’esperienza unica della Compagnia della Fortezza, che utilizza la condizione di detenzione come mezzo e strumento di ricerca ed espressione, è stata scelta come monografia d’autore di una rassegna proposta dal Teatro degli Dei, dall’Associazione culturale l’Arboreto e dal Comune di Riccione. Per nove giorni, il Palazzo del Turismo ospiterà una mostra fotografica "Elogio della libertà" - il Pasolini della Compagnia della Fortezzà di Stefano Vaja, nonchè una permanente di video-teatro, documentazione degli spettacoli realizzati dai detenuti della Compagnia. Dal 6 al 10 marzo, nella sede dell’Arboreto - Teatro Dimora a Mondaino (0541.25777, info www.arboreto.org) si terrà il laboratorio condotto da Punzo "La forza del dubbio", incentrato sulla messa in scena de "L’opera da tre soldi" di Bertold Brecht. Il 10 marzo, al Teatro del Mare di Riccione (0541/690904) andrà in scena lo spettacolo autobiografico "Il libro della vita - assolo per voce ed anima", in cui Mimoum El Barouni, attore della Fortezza, guidato da Punzo, racconta la sua vita, fatta di mondo berbero, rabbia, poesia. Il pomeriggio dell’11 marzo, nel Palazzo del Turismo, ci sarà un incontro sull’esperienza di Volterra con Punzo, mentre la sera, al teatro del Mare, verrà presentato "Sing Sing Cabaret - Scena da I Pescecani" - concerto spettacolo con i detenuti attori e il gruppo rock "Ceramiche lineari". La mattina del 12, lo spettacolo con El Barouni sarà proposto nella Casa Circondariale di Rimini.

Iraq: accuse incappucciato di Abu Ghraib, smentita del governo

 

Il Mattino, 23 febbraio 2006

 

Roma. Un atto d’accusa, nei confronti di contractors italiani in Iraq, è partito dall’incappucciato di Abu Ghraib, Ali Shalal Al Kaisi, la cui foto ha fatto il giro del mondo diventando uno dei simboli delle torture nel carcere in cui gli americani detengono i presunti terroristi. In una intervista a "Rainews24" realizzata da Sigfrido Ranucci, mandata oggi in onda, Al Kaisi racconta delle sevizie subite nel carcere dove sarebbero stati presenti anche alcuni italiani che avrebbero agito come gli aguzzini americani. Ali, cui è stato negato il visto per venire in Italia, fa riferimento alla testimonianza di un ex diplomatico iracheno, Haitham Abu Ghaith, secondo il quale agli interrogatori avrebbero partecipato gli italiani. La clamorosa intervista ha spinto Palazzo Chigi a diffondere in serata una breve nota: "Al governo non risulta la presenza di cittadini italiani ad Abu Grahib. E comunque il governo esclude in maniera tassativa che possa trattarsi di militari o di pubblici funzionari". Tutte le carceri in Iraq, sostiene l’ex detenuto, sono sotto il controllo degli americani. Due compagnie private, la Caci International e la Titan Corp, avevano contratti con mercenari di diverse nazionalità: tra questi vi erano anche degli italiani, colpevoli, secondo la testimonianza cui fa riferimento Ali Shalal Al Kaissi, di aver commesso le stesse torture compiute dagli americani. Al Kaissi è un insegnante di religione: "Mi hanno messo - racconta - in una stanza piena di escrementi come facevano con altri e dalla porta mi chiedevano se fossi sunnita o sciita. Poi se ero anche antisemita... Mi domandavano se considerassi gli americani occupanti o liberatori e di segnalare persone che odiavano gli americani. Io non avevo niente da dire. Altri sotto tortura hanno fatto nomi di innocenti". "Nel 2003 prima di essere arrestato - continua Shalal - avevo subito un’operazione chirurgica alla mano. Gli americani hanno usato questa ferita come strumento di pressione. Mi dicevano: se collabori ti possiamo aiutare a far diventare la mano come prima con un intervento chirurgico. Invece la mia mano è stata schiacciata. Dopo 15 giorni di prigionia mi hanno tolto dalla cella, mi hanno messo una coperta con dei buchi, mi hanno legato con del filo elettrico e messo su una scatola di cartone. Per tre giorni mi hanno colpito con scosse elettriche. La persona che mi torturava parlava la lingua araba molto bene. Si è presentato con una musica in sottofondo, mi diceva che aveva già lavorato a Gaza e che aveva fatto parlare molte persone. Ogni volta che usavano gli elettrodi sentivo gli occhi che fuoriuscivano dalle orbite. Una scossa è stata talmente forte che mi sono morso la lingua e ho cominciato a sanguinare". Il racconto prosegue con le torture inflitte a molti religiosi, spogliati, vestiti da donne, costretti a ballare, violentati. Ali riferisce anche di aver udito il lamento di molte donne che, mentre subivano violenza sessuale invocavano l’aiuto dei prigionieri. Dopo essere stato rilasciato, Alì, che accusa gli italiani di avere anche rubato soldi e reperti archeologici, aveva denunciato le torture alle autorità irachene, ma nessuno gli aveva creduto perché le foto dell’orrore dovevano ancora essere pubblicate. Il giornalista Ranucci lo ha incontrato ad Amman in Giordania dove ha fondato l’Associazione delle vittime delle prigioni americane.

 

 

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