Rassegna stampa 3 ottobre

 

Giustizia: appello di "Radio Carcere", no alla ex-Cirielli…

 

Radio Carcere, 3 ottobre 2005

 

"Professori universitari, magistrati e avvocati, per la prima volta uniti, dicono no al disegno di legge ex-Cirielli". L’eccezionale presa di posizione unitaria, tra figure tanto diverse e non sempre in accordo tra loro, è nata dall’adesione di un documento promosso da Radio Carcere, la rubrica di informazione su giustizia penale e detenzione a cura di Riccardo Arena. Il documento di Radio Carcere, che è stato oggi inviato al Presidente della Camera, Pierfedinando Casini e ai capigruppo politici, sottolinea l’incostituzionalità del disegno di legge in discussine alla Camera e la preoccupazione circa le conseguenze disastrose che produrrebbe sulla giustizia penale il ddl ex Cirielli. Hanno aderito all’appello di Radio Carcere tutti coloro che hanno collaborato con la rubrica di informazione che da più di tre anni informa settimanalmente su giustizia penale e detenzione, tra loro: Giorgio Lattanzi, consigliere della Corte di Cassazione e direttore della rivista Cassazione Penale, Francesco Iacoviello, magistrato della Procura generale, Francesco Puleio sostituto procuratore presso il Tribunale di Catania), Ciro Riviezzo, Giudice Tribunale di Lanciano e Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Armando Spataro, Procuratore aggiunto della Procura di Milano, Luciano Imperiali giudice del Tribunale Penale di Roma, il prof. Tullio Padovani, Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore

Studi e Perfezionamento di Pisa, il prof. Enrico Marzaduri, ordinario di procedura penale all’Università di Pisa, l’avv. Ettore Randazzo, presidente dell’Unione Nazionale Camere Penali, l’avv. Valerio Spigarelli, segretario nazionale dell’Unione Camere Penali, l’avv. Cesare Placanica ed anche Luigi Manconi, garante dei detenuti comune di Roma. Hanno inoltre aderito sia L’Associazione nazionale magistrati sia l’Unione Nazionale Camere penali che l’Associazione italiana giovani avvocati.

 

Il testo dell’appello

 

La Camera dei Deputati è impegnata nella discussione del disegno di legge n. 2055-b, chiamato ex Cirielli. Il disegno di legge in questione ha come oggetto la riforma dell’istituto della prescrizione del reato e dell’istituto della recidiva.

Questo progetto di riforma prevede, in sintesi, una drastica riduzione dei termini di prescrizione dei reati ed un incisivo inasprimento delle pene e del trattamento penitenziario per chi è stato dichiarato recidivo.

Il disegno di legge, già approvato dalla Camera e passato all’esame del Senato, ora si trova di nuovo dinanzi alla Camera e i tempi per la sua definitiva approvazione sono imminenti.

Professori universitari, giudici e avvocati hanno ampiamente argomentato sul fatto che la ex Cirielli si pone contrasto con la nostra Costituzione.

Il d.l. n. 2005-b crea infatti delle disparità di trattamento incompatibili con l’articolo 3 della Costituzione.

I termini di prescrizione per alcuni reati sono drasticamente diminuiti, mentre per altri reati sono aumentati senza una ragione logica.

Si realizza una amnistia mascherata relativa ai processi in corso, eludendo l’art. 79 Cost..

Si potrebbe determinare una probabile impunità per gli incensurati, con riferimento a quei reati i cui termini di prescrizione sono stati ridotti.

La recidiva comporta: l’inasprimento delle sanzioni e la negazione dei benefici penitenziari, impedendo che venga applicata la giusta pena al caso concreto; l’innalzamento dei termini di prescrizione. Il processo penale si sdoppia creando una irragionevole disparità di trattamento tra recidivi ed incensurati.

Radio Carcere, preso atto di tutto ciò, chiede che venga sospesa la discussione parlamentare sul disegno di legge n. 2055-B, c.d. ex Cirielli ovvero che lo stesso non venga approvato dalla Camera dei Deputati; e invita Magistrati, Avvocati, Professori e associazioni di categoria ad aderire al presente appello.

Tra gli altri, hanno già aderito al presente appello: l’Associazione Nazionale Magistrati, l’Unione Nazionale Camere Penali, l’Associazione Italiana Giovani Avvocati, il professor Tullio Padovani, il professor Enrico Marzaduri, il consigliere Giorgio Lattanzi, il consigliere Francesco Puleio, il cons. Ciro Riviezzo, il cons. Armando Spataro, il Cons. Francesco Iacoviello, il Cons. Luciano Imperiali, il prof. Tullio Padovani, il prof. Enrico Marzaduri, l’avv. Ettore Randazzo, l’avv. Valerio Spigarelli.

 

Radio Carcere: 06.488781, 335.435172, radiocarcere@radioradicale.it

Giustizia: aggiornamento iniziativa sul "disastro carcerario"

 

Comunicato stampa, 3 ottobre 2005

 

Un primo obiettivo concreto è stato raggiunto dall’iniziativa di digiuno e mobilitazione iniziata il 12 settembre e che coinvolge ormai circa 150 tra volontari, associazioni e singoli cittadini. La conferenza dei capigruppo della Camera ha iscritto all’ordine del giorno la proposta di legge tesa a istituire l’Ufficio nazionale del Garante delle presone private della libertà, come da noi richiesto al presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, al quale va dato atto di aver dato seguito all’impegno preso. Naturalmente questo è solo il primo e preliminare passo. Molti altri dovranno seguirne per l’approvazione effettiva della proposta nei pochi mesi che separano dalla fine della legislatura. Proprio per questo la nostra mobilitazione continuerà nelle prossime settimane, sia per seguire e sollecitare l’iter delle proposte da noi sostenute, sia per chiedere incontri e precisi impegni sull’emergenza carceri da parte delle forze politiche per la prossima legislatura e per i programmi elettorali, in direzione di una seria e vera svolta in materia penale e penitenziaria.

Considerato inoltre che prosegue celermente l’iter la proposta di legge cosiddetta ex Cirielli, fortemente voluta dalla maggioranza di governo e considerata dall’opposizione una "cripto-amnistia permanente", secondo la definizione di Franco Cordero, quando invece produrrà effetti devastanti di notevole incremento della popolazione detenuta e - tanto per cambiare - di forte penalizzazione delle fasce sociali più deboli. "Una legge di classe" l’ha giustamente definita il presidente di Antigone Patrizio Gonnella (che ha digiunato nei giorni 29 - 30 settembre e 1° ottobre), aggiungendo che "la destra ha ormai codificato il principio che la legge non è uguale per tutti".

Il rischio è che, a giudicare dai commenti politici di queste settimane, anche dall’opposizione si propenda per una sorta di egualitarismo al ribasso, con tutti in galera, anziché con un programma di contrasto al sovraffollamento e alle logiche di "tolleranza zero" e con l’incentivazione delle misure alternative e con supporti al reinserimento sociale.

A Lodi si terrà una conferenza stampa sui problemi del carcere. Qui sotto una lettera che ne illustra le ragioni dell’assessore Andrea Ferrari, che annuncia anche una giornata di digiuno collettivo per giovedì 6 ottobre a Lodi. La maggior parte del gruppo di volontari del carcere di Lodi aderisce all’appello lanciato da Sergio Segio su "Il disastro carcerario e la disattenzione della politica". Per illustrare la situazione anche con riferimento alla struttura di Lodi abbiamo convocato una conferenza stampa per martedì 4 ottobre alle ore 11.00 davanti alla struttura di Lodi in via Cagnola 2. All’appello seguirà, per la giornata di giovedì, uno sciopero della fame di un giorno cui aderiranno i volontari e tutti quelli che condividono l’iniziativa di denuncia. Ti prego di farmi sapere per mail (andrea.ferrari@comune.lodi.it) o per telefono o sms 335.5361187) se intendi aderire all’appello e al digiuno di giovedì. Sarebbe bello annunciare in conferenza stampa un alto numero di adesioni, per questo ti chiedo, nel caso tu condivida l’iniziativa, di mandare l’adesione al più presto. Una situazione che anche a Lodi rischia di diventare esplosiva anche per alcuni recenti atteggiamenti della direzione che non sembrano aiutare a mantenere quel clima di serenità che aveva fino ad oggi caratterizzato la struttura di Lodi (allego articolo uscito su il Cittadino dell’ultimo venerdì e firmato dal direttore Ferruccio Pallavera: "Oggi Uomini liberi esce ridotto nel numero degli articoli e delle pagine perché, ci è stato detto, la nuova direzione del carcere ha optato per una ferma censura. Sono anni ormai "Il Cittadino" ospita nelle proprie pagine gli scritti, traboccanti di umanità, dei reclusi nella Casa circondariale di Lodi. Tanti giornalini e pubblicazioni sono nati in anni recenti nelle carceri della penisola, ma in Italia solo gli scritti dei detenuti di Lodi finiscono sul principale quotidiano del territorio. Questo ha acceso sulla struttura di via Cagnola i fari della stampa nazionale e internazionale, e ancora in questi giorni "L’Eco della stampa" ci ha fatto pervenire gli articoli di lode apparsi su rotocalchi e periodici prestigiosi, nei quali si descrive come "esemplare l’iniziativa di Lodi". Il rapporto di collaborazione instaurato tra "Uomini liberi" e "Il Cittadino" è stato meraviglioso. Ha dato frutti positivi e ha finito per trasformarsi in un rapporto propositivo tra il carcere, la città e l’intero territorio. È stato un rapporto costruito nel tempo, con difficoltà e in salita, ma oggi esiste, è bello e ricco di contenuti. È sufficiente un attimo per distruggere una creatura realizzata nel corso di anni. Noi ci auguriamo che la direzione della Casa circondariale prima di assumere decisioni come quelle della pesante censura su "Uomini liberi" soppesi al meglio cosa significa, per il territorio del Lodigiano, un’iniziativa come questa. Ferruccio Pallavera"). Grazie e ciao, Andrea Ferrari. Prosegue intanto anche oggi e domani il digiuno di don Luigi Ciotti.

Giustizia: Castelli; sulla ex-Cirielli l’Anm si informi meglio…

 

Apcom, 3 ottobre 2005

 

"Fino ad ora l’unica istituzione che ha avanzato la richiesta per ottenere i dati sull’impatto della cosiddetta ex Cirielli è stata la Presidenza della Repubblica a cui lo scorso 29 settembre ho trasmesso le risultanze dell’indagine statistica svolta dagli uffici del Ministero". Lo ha dichiarato il Ministro della Giustizia, Roberto Castelli, replicando a quanto affermato dall’Associazione Nazionale Magistrati e dall’ex Presidente dell’Anm Edmondo Bruti Liberati. "Nessun’altra istituzione ha finora presentato tale richiesta - afferma Castelli - e quindi chi mi accusa di inadempienza dovrebbe informarsi meglio. Peraltro la notizia della trasmissione dei dati al Presidente Ciampi è stata resa pubblica il giorno seguente, 30 settembre, ma forse l’Anm non vi ha prestato attenzione".

Giustizia: da An arriva un coro di no all’amnistia e all’indulto

 

Corriere di Como, 3 ottobre 2005

 

Un coro di no. Unanime, deciso e inequivocabile. No all’amnistia, no all’indulto. È quanto emerso ieri dall’incontro organizzato all’Hotel Palace di Como da Alleanza Nazionale, che ha fatto sedere allo stesso tavolo Giuseppe Valentino, sottosegretario alla Giustizia, Renato Papa, presidente della Camera Penale di Como e Lecco, Vittorio Nessi, sostituto procuratore del Tribunale di Como e Alessio Butti, deputato di Alleanza Nazionale.

I riflettori erano puntati su un unico tema: amnistia e indulto. Tema sul quale, come anticipato, è emersa chiara la posizione contraria di tutti i relatori. Il primo no è arrivato da Butti, che ha aperto i lavori osservando come questi provvedimenti siano "la sconfitta di uno Stato che rinuncia a far scontare una pena che ha dato". Parole ancor più nette, ancor più taglienti sono state pronunciate da Renato Papa. Il presidente della Camera Penale di Como e Lecco ha definito i provvedimenti di clemenza "inutili", all’atto pratico, poiché non risolvono né l’intasamento della giustizia né il sovraffollamento delle carceri e addirittura "indecenti" sotto il profilo etico e sociale. Papa ha anche illustrato i dati di una ricerca svolta dal Centro Studi di Diritto Penale Europeo di Como, che dimostra come nel resto dell’Europa amnistia e indulto siano strumenti o non contemplati o utilizzati in casi rari ed eccezionali. "Chi finisce in carcere, secondo le procedure e le garanzie offerte dal nostro sistema, ha commesso reati molto gravi o è recidivo - ha spiegato poi il sostituto procuratore Vittorio Nessi - Pensare di concedere un ulteriore beneficio a questi soggetti non è pietà, ma autolesionismo". A chi sostiene che amnistia e indulto servano a rimediare ad una paralisi di pendenze processuali, Nessi ribatte che "bisogna pretendere produttività per smaltire gli arretrati: arretrati che, nella Procura di Como, non esistono. Grazie ad un ritmo di lavoro efficace, ma non sovrumano, riusciamo a gestire tutti i fascicoli". Il pubblico ministero ha chiuso l’intervento esprimendo una posizione sui cosiddetti reati bagattellari, crimini cioè considerati in qualche misura minori. "Per me esistono solo reati o comportamenti corretti: se un reato è tale, non può essere bagattellare". Giuseppe Valentino, sottosegretario alla Giustizia, dopo aver accennato al tema della certezza della pena e sollevato la questione della validità degli strumenti con cui viene valutato il recupero di un detenuto durante la pena stessa, ha infine osservato che "esistono, a volte, contingenze storiche che giustificano un provvedimento di amnistia o indulto. Ma non è il nostro caso, non oggi. Non vedo nulla che possa giustificare l’utilizzo di questi strumenti. Bisogna piuttosto investire in cultura per cancellare la convivenza con il crimine che ormai, le persone perbene, hanno sviluppato. Dico no all’amnistia, perché penso anche ad Abele, non solo a Caino. Troppa gente soffre per i reati commessi".

Entusiasta, Butti, al termine dell’incontro. "Alleanza Nazionale - ha detto - ancora una volta ha posto sul tappeto un tema avvertito dalla gente. La nostra posizione è perfettamente riassunta dalla metafora di Caino e Abele utilizzata da Valentino: noi stiamo con chi subisce i crimini e vogliamo pene certe e più severe per chi li commette. Sono contrario all’amnistia e all’indulto, e ne sono ancor più convinto dopo aver sentito gli interventi di due tecnici super partes come Renato Papa e Vittorio Nessi".

Forlì: l’inserimento lavorativo di persone in esecuzione penale

 

Sesto Potere, 3 ottobre 2005

 

Nella riforma penitenziaria il lavoro è diretto a promuovere il reinserimento sociale di chi sta scontando una pena e deve essere organizzato secondo metodi analoghi a quelli del lavoro nella società libera. La persona in esecuzione penale può lavorare all’interno o all’esterno del carcere; per accedere al lavoro esterno, la persona deve essere ammessa ad una misura alternativa. Le principali misure alternative sono l’affidamento in prova ai servizi sociali, la detenzione domiciliare, la semilibertà. La persona in esecuzione penale può essere ammessa a svolgere lavoro all’esterno, anche durante la detenzione, su disposizione del Direttore del carcere con autorizzazione del Magistrato di Sorveglianza.

Al riguardo la Provincia di Forlì-Cesena ha presentato oggi ai mass media un vademecum dal titolo: "I vantaggi dell’inserimento lavorativo di persone in esecuzione penale". Tale vademecum, rientra nelle azioni previste nel "Protocollo d’intesa per lo sviluppo di una linea di servizi di orientamento, formazione, accompagnamento al lavoro a favore di adulti sottoposti a misure penali limitative della libertà e per il coordinamento e l’integrazione con le funzioni sociali".

Il vademecum, realizzato dall’Ente di Formazione Téchne Consorzio per la Formazione Professionale di Forlì-Cesena e finanziato con il contributo del Fondo Sociale Europeo (Obiettivo 3 Misura B1), rappresenta una guida utilissima, a disposizione soprattutto dei titolari di imprese, per conoscere tutti i vantaggi dell’inserimento lavorativo di persone in esecuzione penale.

"Questo Vademecum è pensato al servizio del mondo del lavoro per consentire all’imprenditore di conoscere meglio una realtà lontana dall’esperienza quotidiana: il pianeta carcere. Oggi l’inserimento lavorativo nell’impresa di persone in esecuzione penale è più semplice e affidabile, perché c’è una Rete sociale, pubblica e privata, che può sostenere e seguire le esigenze dell’impresa e dei suoi lavoratori": hanno in buona sostanza dichiarato Margherita Collareta (assessore provinciale Politiche per l’Istruzione e la Formazione) e Alberto Manni (assessore provinciale Politiche del Welfare e Sicurezza del Cittadino).

Nelle pagine del libretto si possono trovare le informazioni essenziali su: quali passi compiere per inserire una persona in esecuzione penale sul luogo di lavoro; quali servizi ci sono per l’azienda ed i lavoratori; quali vantaggi economici ci sono per l’azienda; a chi ci si deve rivolgere.

I vantaggi dell’inserimento lavorativo? Innanzitutto combattere la marginalità e l’isolamento sociale di chi sta scontando un debito con la giustizia è un obiettivo che riguarda tutti: se le nostre città avranno meno sacche di marginalità, tutti noi potremo viverci meglio e più sicuri, e usufruire delle potenzialità che ogni persona può mettere a disposizione della comunità.

Le imprese del nostro territorio possono avere un ruolo importante: proprio come soggetto economico attento al profitto, l’imprenditore può avvantaggiare se stesso e la comunità offrendo un lavoro che sia utile all’impresa (per la mano d’opera e per le agevolazioni), utile alla riabilitazione di chi sta scontando una pena, utile alla sicurezza e al benessere di noi tutti. Tutte le imprese che assumono detenuti per lavoro interno sono destinatarie di benefici come: credito di imposta e benefici contributivi sino ai 6 mesi successivi alla scarcerazione: sgravi contributivi e agevolazione fiscale mensile (516,46 euro come credito di imposta).

Chi può essere assunto? I detenuti per i quali l’équipe degli operatori penitenziari abbia formulato una prognosi favorevole al reinserimento nell’ambiente sociale. L’inizio dell’attività lavorativa avviene dopo l’approvazione del Magistrato di Sorveglianza.

Tipo di lavoro? Il detenuto non può di norma svolgere lavoro notturno; se in misura alternativa può svolgere sia lavoro notturno sia a rotazione purché programmati ed autorizzati dal Magistrato di Sorveglianza. Il rapporto di lavoro prevede anche lavoro temporaneo che deve essere programmato in modo da non comportare lunghi periodi di inattività. Sia al detenuto sia alla persona in misura alternativa può applicarsi qualsiasi tipo di contratto previsto dalla normativa vigente. Il datore di lavoro potrà beneficiare degli sgravi fiscali e contributivi previsti dalle normative vigenti.

Genova: dall'archivio storico; 40 anni fa una fabbrica nel carcere

 

Secolo XIX, 3 ottobre 2005

 

Alla presenza di alti magistrati genovesi e di alti funzionari del ministero di Grazia e giustizia giunti da Roma è stato inaugurato nell’interno delle carceri di Marassi uno stabilimento per il montaggio di apparecchiature elettriche, dalle valvole termoelettriche, alle prese, agli interruttori, ai campanelli. L’iniziativa è complessa: da una parte l’industriale ing. Luigi Bassani, cavaliere del lavoro, presidente dell’omonima società per azioni, dall’altro lo stesso ministero di Grazia e giustizia che ha consentito l’impianto dello stabilimento.

Nel perimetro del luogo di pena è sorto lo stabilimento grande e arioso, con finestre vere, di quelle che non danno a chi è dentro, impegnato alla filettatrice o alla saldatrice, l’idea di trovarsi in un carcere. E a vederli, gli stessi lavoratori, non sembrano detenuti. I sorveglianti sono tali in quanto tecnici che la società distacca dal suo stabilimento principale di Varese: i turni di lavoro sono del tutto normali, con la sola eccezione che durante il sabato il detenuto deve soddisfare quei compiti o quei bisogni che l’operaio comune svolge a fine lavoro come il taglio dei capelli o della barba. Lo stabilimento - attrezzato come una moderna fabbrica civile - è in grado di occupare da centocinquanta a centottanta operai e come tale è il più grande dei diciotto che la società Bassani ha già realizzato in altrettanti luoghi di pena. Il lavoro è il più grande rieducatore del detenuto: si tratta d’un concetto ormai scientificamente accertato dagli esperti di criminologia e i tecnici della società Bassani lo hanno constatato durante i quindici e più anni di attività nelle case di pena italiane.

Perugia: un carcere appena inaugurato e già da rifare

 

Il Messaggero, 3 ottobre 2005

 

Niente autobus per raggiungere il supercarcere di Capanne. Nonostante le richieste del Comune, della Caritas e degli operatori penitenziari, la linea che avrebbe dovuto portare al carcere i familiari dei detenuti e il personale senza automobile, si fermerà a Castel del Piano.

La richiesta era stata avanzata nei giorni immediatamente precedenti il via alle operazioni di trasferimento dei detenuti. E a molti era parsa una soluzione ottimale sia per i parenti dei carcerati in visita, ma anche per i volontari che operano all’interno della struttura o per il personale. Un numero veramente esiguo, però, per giustificare l’allungamento di una corsa di autobus. Allora è stato chiesto all’Apm di istituire una corsa speciale per i giorni di visita al supercarcere. La risposta non è ancora giunta, ma l’esito non dovrebbe essere diverso.

Il carcere di Capanne ha compiuto tre mesi di vita (oltre ai 15 anni che ci sono voluti per costruirlo), ma già vengono segnalate alcune carenze. Ad esempio l’ingresso. Molti avvocati hanno fatto presente l’incongruenza del sistema di riconoscimento. Il portone si trova al piano strada. La garitta di controllo 3 metri più in alto. Ogni volta che un avvocato si presenta per un colloquio deve suonare e l’agente deve scendere per controllare i documenti. Non era meglio, in fase di progettazione, quindi, pensare ad una postazione sul piano strada, con vetro blindato (visto che il controllo è stato messo in alto per questioni di sicurezza, dicono)? La risposta è sì; ma è stato anche detto che la torretta di controllo verrà abbattuta e rifatta più in basso. Per una struttura che è stata costruita nell’arco di 15 anni, forse ci si poteva pensare prima.

Ma il supercarcere di Capanne è all’avanguardia anche per altre dotazioni. Come ad esempio i campi da gioco. Purtroppo per le prime settimane di operatività (ancora adesso non si sa bene) all’interno dell’istituto non si trova un pallone da calcio.

Il carcere di Capanne è il più grande dell’Umbria, con una superficie totale di 40 ettari, 23 dei quali adibiti ad area verde. Proprio per sfruttare queste particolarità, partirà a breve un progetto per destinare 12 ettari ad orticoltura, per una piantagione di ulivi, un frutteto e all’apicoltura. Prevista anche la sistemazione di tre laboratori di circa 200 metri quadrati ciascuno collegati alle attività ortofrutticole e alla lavorazione delle olive e alla produzione del miele. Al progetto parteciperanno quattordici detenuti, solo dopo aver seguito degli specifici corsi professionali tenuti da diverse cooperative aderenti all’iniziativa. La facoltà di Agraria di Perugia ha dato la propria disponibilità per seguire l’iniziativa. Collegati al progetto anche alcune "attività trattamentali": cioè corsi professionali di giardinaggio, finalizzati alla manutenzione delle aiuole del carcere, e per panificatori. Senza dimenticare che all’interno del carcere funziona la scuola. Attualmente si trovano ristretti nel carcere di Perugia - Capanne: 12 uomini, 7 donne (nel centro diagnostico terapeutico di Perugia) 212 uomini e 51 donne a Capanne (il 60 per cento è composto da immigrati).

Cagliari: commissione per valutare bisogno formativo dei detenuti

 

Redattore Sociale, 3 ottobre 2005

 

La Regione Autonoma della Sardegna costituirà una commissione di esperti con il compito di analizzare e valutare il fabbisogno formativo specifico delle persone raggiunte da provvedimenti penali, con particolare attenzione ai minori a cui vi faranno parte i rappresentanti delle istituzioni interessate (Giustizia minorile, Giustizia adulti, Assessorato regionale del Lavoro, Associazioni di volontariato). La novità è emersa nel corso di un incontro tra l’Assessore regionale del Lavoro Maddalena Salerno e i funzionari dell’Assessorato del Lavoro con alcuni rappresentanti dell’amministrazione giudiziaria, fra i quali il presidente del Tribunale di Sorveglianza di Cagliari Leonardo Bonsignore, il direttore dell’Istituto Penitenziario Minorile di Quartucciu Giuseppe Zoccheddu, i responsabili del Centro di Giustizia Minorile di Cagliari, l’avvocato Federico Palomba esperto in problematiche giudiziarie minorili e don Ettore Cannavera responsabile della Comunità La Collina di Serdiana. L’incontro, convocato dall’Assessore Salerno, era finalizzato alla definizione di un programma integrato di interventi formativi e di inserimento lavorativo in favore di minori e adulti raggiunti da provvedimenti penali e in stato di detenzione o soggetti a misure alternative.

Terni: concerto in carcere del coro della Polizia Municipale

 

Corriere dell’Umbria, 3 ottobre 2005

 

L’integrazione ormai suggellata tra il territorio, le amministrazioni locali ed il volontariato hanno nuovamente permesso la realizzazione di un evento nella Casa Circondariale di Terni. Il giorno 30 settembre si è tenuto un concerto del Coro della Polizia Municipale di Terni in favore della popolazione detenuta. Il coro che si è costituto 10 anni fa ha voluto festeggiare il decennale offrendo ai detenuti un concerto in collaborazione con l’istituto Musicale "G. Briccialdi" di Terni.

La valenza sociale dell’iniziativa appare emblematica e significativa giacché si riappropria dei valori più profondi che la storia del nostro Paese ci ha tramandato: solidarietà, comprensione, umanità. I coristi quasi tutti appartenenti al corpo della polizia municipale urbani hanno proposto un repertorio di brani musicali di Bach, Paganini, Strauss, Rossini e Verdi, magistralmente diretti dal Maestro Daria Della Croce. Il coinvolgimento è stato generale e qualche piccolo disagio iniziale si è subito dissipato in un crescendo di emozioni che magistralmente è stato accompagnato e cadenzato dal programma del concerto. L’iniziativa davvero unica: le forze dell’ordine - seppure in una veste del tutto singolare - che esprimono un così elevato esempio di solidarietà a coloro che soffrono il disagio della privazione della libertà, restituendogliene un po’ pur sulle ali della musica e del canto. Allo spettacolo erano presenti oltre ai detenuti ed al personale della Casa Circondariale il Capitano della Polizia municipale, Dr. Alessandra Pirro. Il concerto si è inserito nelle molteplici attività trattamentali e artistiche che anche quest’anno si sono svolte nell’Istituto di Terni. I lunghi applausi hanno determinato la replica del motivo finale, il celebre "va pensiero" dal Nabucco di Giuseppe Verdi. Il direttore dell’istituto, al termine del concerto ha illustrato agli ospiti alcune delle più significative realizzazioni artistiche presenti all’interno del complesso penitenziario e che lo caratterizzano. Ha quindi espresso i più vivi complimenti e i ringraziamenti per un concerto di così elevata qualità e per l’iniziativa donando al Corpo della Polizia Municipale un’opera artistica realizzata dai detenuti e che riproduce il logo del coro.

Droghe: tossicodipendenti in aumento, calano presenze in comunità

 

Adnkronos, 3 ottobre 2005

 

Cresce il volume del mercato degli stupefacenti, aumenta in proporzione il numero dei tossicodipendenti, ma nelle strutture che forniscono assistenza il numero dei pazienti è in calo. La Relazione annuale sulle tossicodipendenze in Italia, stilata dal Dipartimento Nazionale per le Politiche Antidroga e pubblicata alla fine di giugno, evidenzia infatti che il 26% degli italiani tra i 15 e i 44 anni ha fatto uso di cannabis, il 5,4% di cocaina, l’1,2% di eroina e il 3,4% di amfetamino-derivati.

Ma, a fronte di un aumento delle persone che fanno uso di droghe, quelli che si rivolgono ai Servizi per le Tossicodipendenze (Sert) e alle comunità di recupero sono sempre di meno. Secondo i dati del ministero della Salute, nel corso del 2004 presso le strutture del cosiddetto privato sociale sono state infatti inviate 17.143 persone, contro le 19.542 del 2001. E anche il loro numero è diminuito: se nel 2001 erano 1.302, oggi se ne contano invece 1.230.

 

Mancanza di fondi e terapia lunga, cause crisi per strutture accoglienza

 

Alla Comunità Incontro di don Piero Gelmini, una delle più grandi d’Italia, con centri in tutte le regioni, il calo dei ricoveri viene spiegato con il fatto che queste non propongono solo un’assistenza di tipo farmacologico, bensì un vero e proprio percorso di vita: "Si tratta di un cammino più faticoso - dice all’Adnkronos un responsabile della comunità - e richiede una determinazione che non tutti riescono a trovare. Purtroppo al giorno d’oggi la vita stessa è vissuta come consumo, e così l’opportunità di riappropriarsene non è percepita come un valore per cui impegnarsi a fondo".

Ma il calo non dipende solo dalle motivazioni psicologiche dei tossicodipendenti. Alla Fict (Federazione Italiana Comunità Terapeutiche), che conta 47 centri in 17 regioni, puntano l’indice contro la mancanza di fondi: "Dal 2003 al 2004 – spiegano - il numero dei ricoverati nelle nostre strutture residenziali è diminuito da 5.960 a 4.994. Questo perché la maggior parte dei tossicodipendenti entra in comunità essendovi stata inviata dai Ser.T., che pagano il ricovero e che hanno un budget limitato: proprio per questo chiediamo che vi sia pari dignità tra il servizio pubblico e il privato sociale".

 

Il fenomeno più preoccupante é l’emergenza-cocaina

 

Ancora oggi i soggetti in cura presso le comunità di recupero sono soprattutto eroinomani (44%), ma è consistente la percentuale di poliabuso (29%) e cresce il numero dei dipendenti da cocaina (10%). A tale proposito, i recenti episodi di cronaca, legati alle vicende della modella Kate Moss e dell’attore Paolo Calissano, hanno riportato al centro dell’attenzione un fenomeno che negli ultimi anni è schizzato ai massimi storici: secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, infatti, il consumo di cocaina in Italia è aumentato dell’80% nel triennio 1999-2002.

La dipendenza dalla polvere bianca ha caratteristiche molto diverse dalle altre tossicodipendenze, e per questo proprio la settimana scorsa il ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi ha annunciato che per combatterla è in arrivo un progetto che prevede l’istituzione di centri specializzati: si tratta di un’iniziativa del Dipartimento Nazionale per le Politiche Antidroga, che dislocherà sul territorio nazionale una ventina di strutture, con una maggiore concentrazione laddove il consumo di cocaina è maggiormente diffuso.

 

Le comunità di recupero verso la specializzazione delle strutture

 

Ma anche le comunità si stanno adeguando per fronteggiare questa emergenza. La Fict ha già predisposto 4 strutture ad hoc, che si trovano a Firenze, a Bologna, a Modena e a Mestre. "Ormai la cocaina non è più una droga d’élite - spiega un responsabile della Federazione - e il suo consumo si è esteso a tutte le fasce sociali. Si comincia ad usarla il sabato sera, per divertimento, e poi si diventa schiavi. La difficoltà principale sta nel fatto che spesso il cocainomane non percepisce se stesso come un malato, e arriva a chiedere aiuto solo quando sta molto male".

La specializzazione delle strutture è una tendenza recente delle comunità terapeutiche, messa in risalto da una recente indagine del Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza: oltre alle comunità per madri e figli sono nate anche quelle per coppie, ed aumentano quelle per persone con doppia diagnosi droga-alcol, in cui i tempi della presa a carico vengono allungati.

Un esperimento particolarmente interessante è stato poi avviato a Castelfranco Emilia, dove a marzo è nato il primo carcere per detenuti tossicodipendenti in collaborazione con la comunità di San Patrignano: un’iniziativa nata dalla considerazione che ben il 27,1% della popolazione carceraria italiana è tossicodipendente.

 

Età dei tossicodipendenti cala sempre di più, importante la prevenzione

 

Infine, un ultimo problema riguarda l’età dei tossicodipendenti, che tendono ad avvicinarsi agli stupefacenti sempre più presto: secondo la Relazione annuale sulle tossicodipendenze, infatti, negli ultimi 5 anni la media dell’età in cui avviene il primo contatto con la droga è passata dai 25 - 34 anni ai 15-19 anni, e sempre dalla Relazione emerge che uno studente su tre ha provato la droga almeno una volta, con una particolare incidenza nella fascia dei quindicenni.

Don Antonio Mazzi, fondatore della comunità Exodus, spiega che proprio per questo è necessario studiare delle forme di intervento pensate appositamente per i giovanissimi: "Le nostre nuove strutture - dice all’Adnkronos - assomigliano sempre di più a degli oratori, dove i ragazzi, oltre alle cure, ricevono una proposta pedagogica che va dalle iniziative culturali all’attività sportiva. E comunque è importante lavorare anche sulla prevenzione, educandoli a vivere il tempo libero in maniera costruttiva".

 

 

Precedente Home Su Successiva