Rassegna stampa 29 ottobre

 

Giustizia: Carlo Federico Grosso; correggere le leggi del Polo

 

Il Campanile, 29 ottobre 2005

 

Se il centro-sinistra andrà al governo cancellerà le leggi ad personam varate dall’attuale maggioranza. E rimetterà ordine nel pianeta giustizia. Di questo si è discusso ieri in occasione del convegno organizzato dalla fondazione "Italiani europei" a Palazzo Valentini. Il centro-sinistra si è confrontato con toghe, avvocati ed esponenti della società civile sulle piaghe che affliggono il sistema giudiziario italiano, prospettando un piano di intervento per cominciare a sanarle in caso di vittoria alle prossime elezioni politiche. Sotto accusa per l’ennesima volta le leggi ad hoc messe a punto in questi quattro anni dal governo Berlusconi.

Dalla riforma dell’ordinamento all’ex Cirielli, passando per la legge Cirami. Una serie di provvedimenti da sempre nel mirino di magistrati, avvocati e opposizione. Li hanno criticati, hanno tentato di porre rimedio in corso d’opera, hanno contrastato fortemente la loro approvazione. E ora pensano a spazzarli via alla prima occasione. "La sinistra nella prossima primavera va al governo - sostiene con certezza l’ex presidente del Csm, Carlo Federico Grosso - bisognerà dare un grandissimo segnale subito nel settore della giustizia: abrogare con forza le leggi votate da questa maggioranza parlamentare, anche se i guasti di questa legislazione non possono essere eliminati nemmeno con l’abrogazione di tutti i provvedimenti".

Ma è il primo passo, preliminare a "una riforma organica di tutta la giustizia penale", spiega Grosso. "C’è stata una legislazione mirata a singoli obiettivi – ribadisce il presidente dell’Anm, Ciro Riviezzo – ora occorre cambiare metodo di lavoro e tornare a un confronto con gli operatori del diritto". L’obiettivo non deve essere salvare imputati eccellenti, ma "una riforma che dia soluzioni opposte a quelle proposte perché sono un ritorno al passato e non una modernizzazione", insiste Riviezzo. E l’auspicio di chi con i problemi della giustizia si confronta quotidianamente è accolto e condiviso dall’opposizione. Abrogazioni a parte, "ci sarà una cosa molto semplice da fare – taglia corto il leader dei Ds, Piero Fassino – un immediato provvedimento di sospensione degli effetti di quelle leggi e contemporaneamente mettere in campo un’azione di riscrittura che ridefinisca il modo di funzionare della giustizia in Italia". Le leggi vergogna del centro-destra hanno messo a repentaglio il principio "dell’eguaglianza dei cittadini di fronte alle leggi", osserva. Un principio che l’Unione intende assolutamente ripristinare. E oltre a porre rimedio ai danni arrecati dalla Cdl, Fassino pensa anche agli altri nodi da sciogliere. Perché i problemi sono tanti, non tutti connessi a ciò che la Cdl ha fatto. Ma anche, e soprattutto, a ciò che non ha fatto. "Va potenziato il rito abbreviato", spiega il segretario della Quercia, va affrontato il tema della giustizia minorile, trasformando "i tribunali minorili in tribunali delle famiglie", bisogna "ricorrere alle forme delle pene interdittive e a strumenti amministrativi". Questo a dimostrazione che nell’Unione l’atteggiamento non è esclusivamente distruttivo, come spesso accusa l’attuale maggioranza, ma propositivo. "L’obiettivo non è rimuovere gli errori degli altri – puntualizza, infatti, il presidente diessino, Massimo D’Alema – ma risolvere i problemi del Paese". Tra le priorità, sottolinea Luciano Violante, la rapidità dei processi, la tutela delle parti offese, aumentare i finanziamenti e attribuire la valutazione delle responsabilità dei magistrati ad un organismo diverso dal Csm. Sulla stessa lunghezza d’onda, l’esponente di Rifondazione, Giuliano Pisapia. Il centro-sinistra non ha solo il compito di abrogare le leggi sbagliate, "dalla Bossi-Fini, alla Moratti, alla Gasparri, all’ordinamento giudiziario, ma di proporre norme organiche che di fatto azzerano le altre". Abrogare, costruendo.

Giustizia: privatizzare le carceri servirebbe a renderle migliori?

 

L’opinione on-line, 29 ottobre 2005

 

Le prigioni, in Italia, si ritagliano periodicamente uno spazio nel dibattito politico. Destra e sinistra, pur vantando posizioni distanti sull’argomento, viaggiano a braccetto su un punto: è compito dello Stato gestire i luoghi di detenzione dei malviventi. Discutono della forma, ma non della sostanza. Il che è normale, dopotutto: se pensiamo che lo Stato debba fornirci protezione, la nostra mente corre alla sicurezza e alla giustizia, polizia e carceri. Eppure siamo sicuri che tutto ciò sia inevitabile? L’esternazione del ministro Castelli secondo il quale le prigioni italiane "rischiano di scoppiare" entro il 2007, qualora il trend di crescita della popolazione carceraria dovesse mantenersi costante, ci permette di ricamare una riflessione su un tema spesso adatto a far zampillare pregiudizi gridati.

Anzitutto, prima di poter indovinare una soluzione al problema, occorre perlustrare il tema più a fondo: lo Stato non riesce più a gestire oculatamente gli istituti di correzione, per due motivi: una politica più repressiva nei confronti del crimine e la limitazione delle risorse finanziarie. Negli ultimi anni, sostiene Castelli, la popolazione carceraria ha registrato una crescita piuttosto evidente: circa 2.000 detenuti in più all’anno, risultanti dalla differenza fra le 86.000 entrate e le 84.000 dimissioni. La spesa pubblica però ha bisogno di una tosatura. Anche il dicastero della Giustizia, dunque, parteciperà al progetto di tagli richiesti ai ministeri. Va da sé allora che, mentre i contribuenti desiderano vedere chi delinque in gattabuia, ci si potrebbe rifugiare, in linea teorica, nell’edificazione di nuove prigioni. Tuttavia, il reperimento di fondi appare difficile, giacché la maggioranza dell’opinione pubblica sembra orientata a un taglio delle tasse e della spesa pubblica. È di fronte a questo scenario indubbiamente complesso, che è emersa, da qualche decennio, un’alternativa affilata, innovativa ed efficiente: la privatizzazione delle carceri, fenomeno in costante espansione.

In Gran Bretagna esistono 11 prigioni private, mentre in Australia la cifra si ferma a sette. Negli Stati Uniti, invece, come racconta diligentemente nel suo saggio "Private Prisons: Quality corrections at a lower cost" Adrian T. Moore, studioso del Reason Public Policy Institute, sono presenti più di 100 prigioni private in più di 27 stati, le quali ospitano oltre 100 mila detenuti, di ogni livello di sicurezza. Il risparmio sui costi operativi, secondo quattordici studi indipendenti, si aggira fra il 10 e il 15 %. Un esempio palmare di questo dato positivo? Uno studio sulle prigioni del Wisconsin ha posto a confronto un penitenziario privato, il Prairie Correctional Facility, e uno di stato, il Jackson Correctional Institution, i quali hanno quasi la stessa popolazione carceraria e sono vicini geograficamente. Risultato? I costi giornalieri del penitenziario privato erano inferiori del 23% a quelli della prigione statale. Non solo. Le carceri, quando affidate alle cure dei privati, vengono costruite in tempi molto più bassi rispetto a quelle statali (due anni e mezzo per queste ultime, meno della metà per le prime) e a costi ridotti, con risparmi che scivolerebbero intorno al 30-40%.

Secondo Moore, questa capacità di falciare le spese sgorga dalla competizione. Per ottenere congrui contratti, un’impresa dev’essere efficiente e, soprattutto, deve puntare sull’innovazione. Deve "fare le cose diversamente" da come venivano fatte prima. Ovvero, sviluppare nuove tecniche di management e ridurre il costo del lavoro, nuove modalità di monitoraggio nonché implementare e migliorare lo sfruttamento delle strutture carcerarie. Tuttavia, affinché il mercato riesca a funzionare anche in questo settore, lo Stato, avverte Moore, deve mantenere competitivo il processo di contrattazione, perché è solo la concorrenza a punire l’inefficienza e l’inerzia. L’efficienza del settore privato, però, non rimane confinata allo sbriciolamento dei costi di gestione. Anche la qualità dei servizi interni agli istituti di correzione ha tratto beneficio dalla privatizzazione, tranquillizzando così anche i più garantisti. Su 50 carceri private che operano da un tempo sufficiente per ottenere l’imprimatur dell’ACA (American Correctional Association), 29 si sono guadagnate la sua approvazione.

Al contrario, delle circa 5.000 prigioni pubbliche, solo 416 sono accreditate dall’ACA. Questa discrepanza è comprensibile se ci si rende conto che, per i penitenziari privati, ottenere un importante riconoscimento come quello dell’ACA rappresenta un credito da spendere per dimostrare di aver migliorato la qualità e, di conseguenza, per strappare un contratto. Un particolare non irrilevante: il tasso di recidività è del 17% dopo aver alloggiato in un carcere privato, mentre in quelli pubblici si aggira sul 24%. Più mercato, più sicurezza: i cittadini potrebbero dormire sonni più tranquilli. Non male, anche per coloro che vivono con più disagio la liberalizzazione anche in questo settore. Molte obiezioni sono state sollevate di fronte alla possibilità che le prigioni vengano gestite secondo una logica di profitto. Eppure questi argomenti non lambiscono un fatto: sarà sempre più difficile che lo Stato riesca a gestire il sistema carcerario. Più tasse, più prigioni o meno tasse e prigioni private. Sta a noi scegliere che strada prendere.

Foggia: sul carcere sindaco chiede incontro a presidente regione

 

Teleradioerre, 29 ottobre 2005

 

Un incontro urgente con i parlamentari locali e il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola è stato chiesto dall’assessore ai diritti dell’uomo del Comune di Foggia Michele Del Carmine per affrontare le problematiche connesse all’istituto penitenziario di Foggia, che ospita attualmente 650 detenuti creando una situazione di sovraffollamento difficilmente gestibile dal personale in organico, sottoposto a un eccessivo carico di lavoro. Intanto, è all’attenzione dell’assessorato l’idea di istituire il Garante dei diritti dei detenuti, una figura di riferimento per i carcerati, una sorta di mediatore per la salvaguardia dei diritti fondamentali come il lavoro, la salute, la cultura. La delibera sarà presto presentata in Giunta. Migliorare le condizioni di vita all’interno del carcere, favorire il reinserimento lavorativo e l’inclusione sociale sono gli obiettivi che si è posto l’assessorato anche con iniziative già avviate. Sono state promosse attività ludiche come corsi di yoga, rappresentazioni teatrali, presentazioni di libri, mostre di quadri, ma si sta cercando anche di attuare progetti di inclusione sociale di soggetti definiti a rischio e di ex detenuti con borse lavoro per la manutenzione del verde, mediante la convenzione con il Tribunale per lavori di pubblica utilità, con percorsi di orientamento ed inserimento lavorativo nell’ambito del Programma Pon Sicurezza. "Questi progetti-pilota devono costituire non l’eccezionalità, ma la quotidianità. – afferma Del Carmine - Prevenzione e inserimento sono la via maestra per ridurre l’incidenza della recidiva, per rendere la società più giusta, ed anche la città più sicura".

Palermo: a giudizio sette agenti penitenziaria per maltrattamenti

 

Ansa, 29 ottobre 2005

 

Sette agenti di polizia penitenziaria sono stati rinviati a giudizio dal Gup Bruno Fasciana perché accusati di avere picchiato e maltrattato detenuti sottoposti a programmi di collaborazione. Si tratta di agenti che erano in servizio nell’istituto di pena di Pagliarelli, a Palermo, e gli imputati fanno parte del Gom (Gruppo operativo mobile), il reparto specializzato della polizia penitenziaria che sorveglia la struttura in cui si trovano i collaboratori di giustizia o i detenuti che stanno per avviare collaborazioni o le hanno chiuse con la giustizia. Si tratta di Stefano Danzè, di 36 anni; Salvatore Luigi De Blasi, di 34; Matteo Longobucco, di 47; Alfonso Muscariello, di 39; Gavino Pintore, di 43; Domenico Restivo, di 32 e Bernardo Salvato, di 34. Tutti sono appartenenti al Gom ed erano in servizio al reparto Eolo. Il processo si aprirà il 7 febbraio 2006 davanti ai giudici della prima sezione del tribunale. I capi d’imputazione contestati dai pm Nino Di Matteo e Fabrizio Vanorio e le accuse riscontrate dai carabinieri del nucleo operativo, che hanno condotto l’indagine, riguardano diversi episodi di maltrattamento. Secondo gli inquirenti oltre a sottoporre i detenuti ad una serie di privazioni e misure di rigore non previste dal regime penitenziario, gli imputati avrebbero abusato del loro potere per picchiare i "pentiti" e in alcuni casi li avrebbero continuamente offesi per via della loro collaborazione con le autorità giudiziarie. I primi episodi denunciati dai pentiti risalgono al 2000 e sono andati avanti fino al 2002. Secondo gli inquirenti, gli agenti hanno minacciato di morte, provocato lesioni fisiche e attuato un "regime carcerario arbitrario" nei confronti di 11 detenuti che hanno presentato le denunce di aggressione, querelando gli uomini del Gom. Fra i collaboratori aggrediti figura vi è Calogero Pulci, che ha contribuito con le proprie dichiarazioni a diverse indagini sulle cosche mafiose di Palermo e Caltanissetta.

Livorno: il medico legale di Genova al Gup; "Lonzi è stato aggredito"

 

La Nazione, 29 ottobre 2005

 

Per il dottor Marco Salvi, medico legale della Asl di Genova consulente di Maria Ciuffi, madre del detenuto Marcello Lonzi, le ferite riscontrate sul cadavere del giovane non sarebbero compatibili con l’ipotesi di un malore e di una conseguente caduta al suolo: piuttosto farebbero pensare che il giovane fosse stato vittima di una aggressione. La consulenza è stata depositata dal legale Vittorio Trupiano al gup Rubini in opposizione della richiesta di archiviazione del procedimento contro il pm Roberto Pennisi denunciato dalla Ciuffi con il medico legale che fece l’autopsia ed un poliziotto.

Reggio Emilia: i giardini dell’affettività realizzati dai detenuti

 

Emilia Net, 29 ottobre 2005

 

"I Giardini dell’Affettività". Uno spazione verde realizzato dai detenuti all’interno della casa circondariale La Pulce, per poter accogliere i propri famigliari in un ambiente più accogliente e meno traumatico soprattutto per i bambini.

Un contatto più umano con i propri famigliari, in particolare con i propri figli. È in questo contesto che , all’interno della casa circondariale di Reggio, sono stati realizzati i "I Giardini dell’Affettività". Uno spazio verde, all’aperto, realizzato all’interno del carcere, in un ottica rieducativa e di reinserimento sociale dei detenuti . Da oggi gli stessi detenuti potranno incontrare figli, famigliari e parenti in un ambiente accogliente , arredato con panchine, gazebo, un piccolo laghetto, piante e giochi. I bimbi potranno così parlare e giocare con i loro genitori come se fossero in uno dei tanti parchi cittadini e non un penitenziario, evitando possibili traumi.

" I Giardini dell’affettività" sono stati realizzati da un gruppo di detenuti, attraverso un corso finanziato dall’assessorato alla Formazione Professionale della Provincia e gestito da Enaip e Fondazione Don Magnani. All’inaugurazione hanno preso parte, tra gli altri, il sindaco Graziano Del Rio e Don Giuseppe Dossetti. Bambini e genitori sono stati intrattenuti da animatori e clown che si sono esibiti in diversi spettacoli. Alla fine della mattinata, ad ogni bimbo è stato offerto un piccolo dono e un rinfresco organizzato dalla Quinta circoscrizione e dai volontari della Caritas.

Droghe: il Consiglio dei ministri approva lo stralcio del "ddl Fini"

 

Redattore Sociale, 29 ottobre 2005

 

Il ministro Giovanardi, delegato alle politiche antidroga, ha relazionato stamattina in Consiglio dei ministri sulla IV Conferenza nazionale sulle tossicodipendenze prevista a Palermo dal 5 al 7 dicembre. Oltre a un aggiornamento sull’organizzazione e il programma Giovanardi ha anche fatto riferimento alla vicenda che in questi giorni ha suscitato le critiche di buona parte degli operatori privati e di tutti quelli pubblici attraverso il loro organismo di rappresentanza (Federserd), che hanno dichiarato di non voler partecipare a Palermo: lo stralcio del disegno di legge "Fini" per la riforma del testo unico sulle tossicodipendenze.

Uno stralcio che proprio ieri sera è stato ufficializzato dal Dipartimento nazionale per la lotta alla droga e dovrebbe essere a breve depositato dalle Commissioni Sanità e Giustizia del Senato (v. il sito www.fuoriluogo.it). Il Consiglio dei ministri, si legge nel comunicato, "ha condiviso le linee indicate dal Ministro auspicando che l’evento si svolga in un clima di costruttiva collaborazione con le Regioni, gli Enti locali e tutti gli operatori pubblici e privati del settore". Quanto allo stralcio del disegno di legge il Consiglio ha precisato come esso "debba essere oggetto di approfondimento durante i lavori della Conferenza di Palermo, prima della discussione in Aula". Un via libera alla Conferenza, insomma, e, a quanto sembra leggendo tra le righe, anche l’appello a un ripensamento da parte di chi ha deciso di "boicottare" la Conferenza.

Firenze: dai detenuti di Sollicciano arriva un appello e una lettera

 

Dentro e fuori le mura, 29 ottobre 2005

 

Tanto per ribadire la insostenibile situazione sanitaria è emerso il caso di una detenuta che ha parlato della sua bambina che è rinchiusa dentro Sollicciano con lei (nella sezione nido al femminile) e che ha la scabbia. Per settimane non è riuscita ad avere la crema che serviva alla bimba, il pediatra si è presentato dopo 40 giorni e ha pure detto che la bimba stava bene. Pochi giorni dopo sono comparsi con chiarezza i segni della scabbia. Appello dei detenuti a sostenere la protesta: dal giorno 10 ottobre siamo in agitazione e abbiamo messo in atto una serie di manifestazioni e di proteste pacifiche!

Dopo l’astensione dalla spesa, oggi ci siamo chiusi a tempo indeterminato dentro alle nostre celle rifiutando le ore d’aria per restare sepolti vivi come questa politica ci vorrebbe. Il presidente Casini, ha risposto al nostro appello per la discussione di indulto e amnistia in Parlamento, lavandosene le mani e lasciandoci gabbati e contenti. La nostra protesta continuerà ad oltranza e ci serve la vostra solidarietà, sperando di vedervi e soprattutto di sentirvi qui sotto le mura di Sollicciano. Revocheremo poi il mandato dei nostri avvocati e ne nomineremo uno soltanto così salteranno tutti i processi e i Tribunali si bloccheranno, visto che un solo avvocato non potrà essere presente a tutti i processi risultando legittimamente impedito. Siamo certi che ci aiuterete, chiedendo, con noi, indulto e amnistia. Grazie!

 

Commissione interna dei detenuti di Sollicciano

 

Di seguito la lettera del detenuto che minaccia di togliersi la vita: "Il sottoscritto I.M., attualmente detenuto presso la C.C. di Sollicciano, intende rendere nota la sua forma di protesta, oltre che partecipare a quella già presa e sostenuta da tutti gli altri detenuti di questo istituto. Approfittando di una sua già maturata in precedenza, decisione, di porre fine alla disperazione, all’angoscia continua, ai soprusi giudiziari, alla perenne situazione insostenibile di dipendere da magistrati incompetenti, da alcuni operatori i quali per alcuni versi non hanno modo di operare come dovrebbero, in altri usano giudizi del tutto arbitrari evidenziando un potere che non gli compete, con disastrosi effetti che si riversano spesso sulle famiglie di questi detenuti. In questa confusione o meglio disorganizzazione, nemmeno il personale più onesto nel svolgere le proprie mansioni ha modo di operare, a tutto questo si aggiunga il menefreghismo abbietto e vergognoso del mondo politico che nulla fa per porre rimedio ad una situazione carceraria da terzo mondo, tutto questo dicevo mi ha portato alla decisione di passare a miglior vita sperando che questo serva per la causa che i miei compagni di sventura in tutti i carceri italiani stanno perorando, ancora più sperando che questo mio gesto possa fare vergognare alcuni e responsabilizzarne altri. Mi toglierò la vita se quantomeno per questa data non sarà messa in discussione la legge sull’indulto e l’amnistia. Tengo comunque a precisare che numerosi compagni mi hanno pregato di non mettere in opera quanto da me deciso, ma come ripeto era comunque una decisione presa a posteriori. Perciò sarà chi alla fine dovrà affrontare tutti questi problemi per i quali lottiamo a dimostrare se la mia vita vale almeno l’attenzione per risolvere questa vergognosa situazione che loro stessi hanno creato. Nell’occasione vorrei ringraziare comunque le poche persone che all’interno di questa struttura hanno tentato, pur senza mezzi efficaci o per meglio dire senza potere, di farmi uscire da questa triste e angosciosa vicenda. Cordialmente.

 

Dentro e Fuori le Mura

Avezzano: detenuto si impiccò, prosciolte cinque persone

 

Il Messaggero, 29 ottobre 2005

 

Il giovane extracomunitario che qualche tempo fa fu trovato morto nella casa circondariale di pena del San Nicola di Avezzano si suicidò, impiccandosi con un lenzuolo annodato attorno al collo, come del resto le circostanze facevano supporre. Lo ha stabilito la perizia di parte disposta dal Tribunale di Avezzano e richiesta dall’avvocato Leonardo Casciere dopo le contraddittorie escussioni dei due periti di parte. Per quella morte erano stati indagati due detenuti e tre agenti. Che ora sono stati prosciolti. Certo l’episodio suscitò all’epoca qualche perplessità dal momento che l’extracomunitario si impiccò dopo una lite in cella. L’altro avvocato difensore è stato Roberto Verdecchia.

Brescia: la "tentazione illegalità" per chi non arriva a fine mese...

 

Giornale di Brescia, 29 ottobre 2005

 

Spacciatori per necessità. Per problemi legati alla mancanza di denaro e alla vita sempre più costosa. Una figura nuova emerge nel variegato mondo dello spaccio della cocaina, "polvere" non più consumata soltanto dai vip nei festini o al night. Tra i consumatori ci sono operai e studenti e reperire la "bamba" è sempre più facile. Ultimamente, addirittura, il prezzo della coca è calato al punto che le dosi sono diventati accessibili anche alle fasce meno abbienti.

Oltre allo spaccio - ora il pusher viene contattato telefonicamente o via internet - cambiano i ruoli. In più occasioni quest’anno gli agenti dell’antidroga della squadra Mobile si sono imbattuti in persone incensurate, che non avevano mai avuto guai con la giustizia. Operai, artigiani, studenti, disoccupati, trovati con un buon quantitativo di cocaina da rivendere o solo da consegnare. La risposta è stata quasi sempre la stessa. "Sono costretto a spacciare. Devo pagare il mutuo. Non ce la faccio con lo stipendio di 1.200 euro al mese". E così chi da tempo coltivava il "vizietto" dello sniffo si è tramutato in spacciatore. Ma non mancano i pusher, pochi per la verità, che non fanno uso di droga.

Giovedì mattina in via Trento, la Mobile ha fatto scattare le manette ai polsi di un incensurato. Nel bar gestito da sua moglie - estranea alla vicenda - consegnava dosi di cocaina. Anche in questo caso, ha appurato la polizia, i problemi economici hanno spinto il barista ad arrotondare in modo illegale. Nel retro del bar, insieme alle bottiglie e alle brioche, teneva la coca. La polizia è intervenuta alle 11 del mattino dopo una decina di giorni di appostamento. Nel bar c’erano 10 bustine contenenti in tutto 15 grammi ad alto tasso di purezza.

Armando Romano, 56 anni. catanzarese residente a Bovezzo, è stato definito "uno spacciatore intermedio" dal funzionario della Mobile Carmine Grassi. E in via Trento la polizia è giunta seguendo alcuni bresciani che gravitano sul Carmine e che fanno uso di cocaina. In un luogo frequentato come un bar, dove si agisce senza dare troppo nell’occhio, dopo segnali convenzionali avveniva la consegna della dose a persone che oltre a farne uso, ricavavano altre dosi tagliando lo stupefacente per aumentarne peso e valore.

Il calabrese è in carcere. Il questore dovrà decidere se disporre o meno la chiusura temporanea del locale con licenza che risulta intestata alla moglie.

E proprio il questore di Brescia Gaetano Chiusolo analizza il fenomeno dello spacciatore-incensurato sempre più diffuso anche nella nostra città: "Non si tratta di un fenomeno solo bresciano. Questo comportamento può rappresentare un disagio sociale, ma ogni volta prendiamo in esame anche un’altra ipotesi, quella che sinora a chi spaccia sia sempre andata bene. Ci troviamo sempre più frequentemente di fronte a persone che diventano complici dell’illegalità e non è facile individuare perché si tratta di incensurati, insospettabili. Ai miei poliziotti ho chiesto maggiori sforzi, più controlli nei luoghi di aggregazione per garantire sicurezza ai cittadini".

 

 

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