Rassegna stampa 27 ottobre

 

Roma: Nieri; dopo morte detenuto legge regionale sul carcere

 

Asca, 27 ottobre 2005

 

"L’ennesimo detenuto morto, questa volta a Regina Coeli, non ci può lasciare inerti - dichiara Luigi Nieri, Assessore al Bilancio, programmazione economico-finanziaria e partecipazione della Regione Lazio -. Morire in carcere a due giorni dall’ingresso nell’istituto è assurdo. Quanto denunciato dal Garante comunale dei detenuti Luigi Manconi ci deve suggerire azioni immediate. Per questo farò quanto nelle mie possibilità affinchè la proposta di legge in materia di interventi a favore dei detenuti reclusi nelle carceri laziali venga al più presto posta all’ordine del giorno del Consiglio". "Il detenuto morto - aggiunge Nieri - era un tossicodipendente. Si continua a morire in galera per problemi di salute o di tossicodipendenza. La proposta di legge presentata prevede l’immediata assunzione di responsabilità e di competenza della Regione Lazio nella delicata materia della sanità penitenziaria. Da anni assistiamo a una tergiversazione sull’applicazione della Riforma Bindi che trasferiva alle Regioni la gestione della medicina penitenziaria. Ora è arrivato il momento, a partire dal Lazio, di dare attuazione a quella riforma".

"Ci vorrebbe Totò" - Piccola posta, di Adriano Sofri

 

Il Foglio, 27 ottobre 2005

 

Ieri, nella parte diurna del carcere dalla quale ora sono escluso, c’è stato un concerto, il primo al quale non abbia assistito. Nicola Costanti e la sua band hanno cantato e suonato le loro canzoni più belle, sui testi poetici e lunatici di Marco Brogi. A cominciare da quella che dà il titolo all’album (10 pezzi, prodotto da Alabianca): Robin Hood si è sposato e vende la foresta, Paperino è fuori stanza, non risponde, non c’è. Nicola ha ricevuto due Premi Tenco, uno nel 2003 come miglior artista emergente – anche per i cantautori l’emergenza non finisce mai. Brogi fa il giornalista a Poggibonsi. C’è anche una canzone che affronta fin dal titolo la situazione politica e i nostri compiti: "Ci vorrebbe Totò". A Pisa, capienza massima 190, insuperabile 220, ieri si è battuto il record di tutti i tempi: 390. Nei giorni scorsi è venuta la notizia di un taglio di 122 milioni di euro destinati in teoria alla costruzione di nuove galere. Le autorità competenti hanno commentato che bisognerà utilizzare meglio gli spazi. È un’idea. Però architetti geometri psicologi direttori e brigadieri non ce la faranno. Ci vorrebbe Totò.

Giustizia: Santelli; essenziale ruolo di associazioni e volontari

 

Adnkronos, 27 ottobre 2005

 

È "essenziale" il ruolo svolto nel mondo carcerario da associazioni culturali, volontari, cooperative sociali. "Abbiamo bisogno -ha rilevato il sottosegretario alla Giustizia Jole Santelli intervenendo alla presentazione del libro fotografico Regina Coeli - di persone che si impegnano e lavorano, che investono in questo settore perché credono che anche un’esperienza negativa possa trasformarsi in qualcosa di positivo". Lo Stato "deve fare qualche passo indietro e deve avere l’umiltà di chiedere aiuto alla società, alle cooperative di volontari, al mondo del lavoro e all’impresa". Questo, sottolinea Jole Santelli, il modo migliore per "affrontare le emergenze tra cui la grande sfida di capire come si trasforma il modello carcerario italiano, con una popolazione differente, che parla più lingue. È importante fare uno sforzo di comprensione, perché generalmente qui dentro viene anticipato di qualche anno ciò che accadrà fuori". Il volume (Herald editore), fa parte della collana "Quaderni dal carcere" e comprende una serie di fotografie di vita quotidiana dei detenuti scattate all’interno del penitenziario romano.

Alla presentazione del libro, svoltasi all’interno del carcere romano, sono intervenuti tra gli altri l’autore, Pino Rampolla, il capo e il vice capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Giovanni Tinebra ed Emilio di Somma, l’attore Enrico Montesano e il direttore del penitenziario, Mauro Mariani. Le fotografie di Rampolla "non accusano e non nascondono". Sono istantanee che "colgono la vita di tutti i giorni. Queste fotografie - ha rilevato Tinebra - sembrano dirci che la vita scorre anche qui a Regina Coeli, a pochi passi dal centro della capitale". A giudizio del direttore Mauro Mariani, le fotografie che compongono il libro Regina Coeli "sono il miglior modo per gettare un ponte tra il mondo del carcere e la società".

Napoli: nasce un Osservatorio per i diritti dei detenuti

 

Agi, 27 ottobre 2005

 

Nasce a Napoli uno sportello per i diritti dei detenuti che sarà curato dall’Osservatorio permanente sul carcere del Comune. Lo ha annunciato l’assessore alla Trasparenza, Roberto De Masi, che oggi ha visitato il carcere di Poggioreale insieme ad una delegazione dell’Osservatorio. "Lo sportello per i diritti dei detenuti è il primo risultato della collaborazione con il provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria che ha dimostrato una apertura positiva e si tratta di un momento importante per affrontare, in modo nuovo, il rapporto tra la città e le proprie carceri" commenta De Masi, aggiungendo che "i detenuti potranno scrivere all’Osservatorio segnalare problemi legati alla condizione carceraria, sui quali ci attiveremo nei confronti dell’Amministrazione penitenziaria. A tal fine è stato distribuito, durante la visita, il primo materiale informativo sull’iniziativa". L’Osservatorio invierà, nei prossimi giorni, una relazione sulle visite effettuate presso gli Istituti cittadini (prima di Poggioreale, una delegazione si era già recata in visita all’ospedale psichiatrico giudiziario) al Sindaco, al presidente del Consiglio comunale, ai capigruppo, ed alla Commissione comunale competente, per sollecitare l’apertura di una discussione che coinvolga anche il Consiglio comunale.

Roma: i medici di Emergency entrano a Rebibbia

 

Ansa, 27 ottobre 2005

 

Una accordo siglato tra il Provveditorato regionale del Lazio e l’associazione Emergency, renderà presto possibile per la prima volta un intervento dei medici di Emergency nei penitenziari italiani: tra gli altri, il nuovo complesso dell’istituto romano di Rebibbia, che ospita oltre 1.600 detenuti. "L’intervento di Emergency a Rebibbia - ha spiegato l’associazione umanitaria in un comunicato - è motivato dallo stato di conclamata emergenza in cui versa l’assistenza sanitaria nelle carceri italiane, per la totale insufficienza di uomini e mezzi, aggravata dal cronico affollamento degli istituti". In attesa di sottoscrivere il Protocollo di Intesa, rende noto Emergency nel comunicato, è già stato realizzato un primo soddisfacente intervento, concordato con la Direzione dell’istituto e i responsabili di medicina penitenziaria, che ha previsto l’attuazione di un test cutaneo (screening tubercolare) su tutti i detenuti dell’istituto di pena, iniziato a giugno del 2005 e destinato a concludersi entro la fine di novembre. "L’adesione al test, naturalmente volontaria - ha spiegato l’associazione - è stata superiore ad ogni aspettativa: ha accettato, infatti, oltre il 90 per cento dei detenuti". Dopo il carcere, è previsto l’intervento di Emergency a sostegno dei migranti, da sviluppare in collaborazione con il Servizio sanitario nazionale.

Asti: Osapp; gravi problemi alla casa circondariale

 

Ansa, 27 ottobre 2005

 

Turni di servizio mal programmati, condizioni igieniche precarie, telecamere insufficienti a garantire la sicurezza: sono le principali carenze del carcere di Asti, secondo la denuncia fatta dal sindacato autonomo di polizia penitenziaria Osapp, ripresa dall’on. Sandro Delmastro delle Vedove in un’interrogazione al ministro della Giustizia. "Nel carcere di Asti - sostiene Gerardo Romano, segretario regionale dell’Osapp - ci sono innumerevoli e preoccupanti problemi, a cominciare dai turni di servizio, non programmati in maniera equa ed omogenea, con agenti che godono di tutti i festivi e prefestivi liberi e altri che non fruiscono di neppure un festivo al mese. Critiche anche le condizioni di lavoro - sostiene l’Osapp - le sezioni detentive sono dislocate in modo dispersivo, l’igiene e la salubrità sono inesistenti. Inoltre, è insufficiente il numero delle telecamere e il muro di cinta versa in condizioni precarie, le garitte sono così sporche da potere ospitare solo delle piccionaie, e non degli esseri umani".

Associazione Papillon: "Non passi la ex – Cirielli"…

 

Lettera all’Associazione, 27 ottobre 2005

 

Per il CSM la ex Cirielli, viola la Costituzione. La viola, perché introduce meccanismi che porteranno a un irragionevole disparità di trattamento degli imputati, come nel differente calcolo della prescrizione, non in base al reato, ma a seconda delle caratteristiche penali dell’imputato. In poche parole, chi è recidivo...se la può benissimo prendere in quel posto. Mentre chi è alla prima condanna, avrà accorciati i termini della scadenza. Mi sembrava che l’art 27 della Costituzione dicesse ben altro. Comunque quello a cui si assiste è altamente pericoloso. Questa legge, creata dalla maggioranza di centrodestra esclusivamente per assistere i propri personaggi che sono rimasti impigliati nella rete della "giustizia", porterà un ennesimo disastro alle carceri Italiane. Poiché come da indagine di Antigone, l’incremento dei detenuti sarà esponenziale, non vedo come si possa fare fronte a l’emergenza "entrate in galera" che si verificheranno. Ma questo ai vari tecnici della politica non interessa. L’importante è comunque evidenziare sempre di più il loro potere sull’opposizione e continuare i loro sporchi giochi di "ruolo".

Tutto ciò è assolutamente scandaloso. Non eravamo tutti uguali davanti alla legge? La maggioranza ha comunque bisogno di mostrare i denti ancora una volta. E i denti li mostrano i cani che hanno paura, che ringhiano e che però stanno per mordere. Che ne sarà di tutti coloro che sono da anni detenuti e che finalmente sono entrati nei termini per usufruire delle legge Gozzini, che verrà drasticamente diminuita per coloro con la recidiva? Che ne sarà dei vari percorsi intrapresi da detenuti? Che ne sarà delle loro famiglie che li hanno per anni aspettati, quando si sentiranno dire al colloquio: miei cari, dovevo usufruire del primo permesso dopo 10 anni di prigione, ma per una legge fatta per agevolare pochi, ci rimetteremo in tanti e io...sono tra i tanti. Quindi non verrò più a casa in permesso, ma dovrò aspettare altri 4 o 5 anni e poi ritentare...magari sarò più fortunato. Ecco questo è un esempio di ciò che accadrà ai tanti recidivi che sono già in carcere. Questo accadrà! Allora? Allora mi auguro soltanto che l’opposizione partitocratica, che è l’unica in questo momento storico della Giustizia Italiana che può farlo, possa veramente alzare la voce per una Giustizia di tutti e non di pochi.

 

Michelino

Viterbo: chiude la mensa del carcere, cinque lavoratori a casa

 

Il Messaggero, 27 ottobre 2005

 

Cinque posti di lavoro a rischio per una guerra tra poveri fatta di appalti, subappalti e interessi di bottega. Da una parte la ditta che ha in subappalto la ristorazione delle undici case circondariali laziali - compresa appunto quella viterbese di Mammagialla - che si è vista sospendere il servizio per "sospette inefficienze" dopo nemmeno due mesi d’insediamento; dall’altra quarantotto lavoratori che rischiano il posto di lavoro, cinque dei quali appunto prestano servizio nel carcere di Viterbo. E, da un’altra parte ancora, il Ministero dell’Interno che, a quanto sembra, ha sposato l’idea di interrompere il servizio mensa per la guardie carcerarie per sostituirlo con duttilissimi buoni-pasto. Una situazione intrigata, che vede però sulla graticola, restando nei confini della Tuscia, cinque lavoratori viterbesi che da lunedì scorso sono rimasti a casa, con la scure della disoccupazione che si agita sopra le loro teste. Con il rischio concreto inoltre, di non ricevere nemmeno più i trattamenti di fine rapporto e le ultime mensilità. Su questa situazione non hanno tardato ad arrivare gli strali di Rifondazione comunista che minaccia battaglia e la solidarietà delle tre sigle sindacali, pronte ad "azioni congiunte per salvaguardare gli interessi di cinque lavoratori viterbesi", che si vanno ad unire a quelli degli altri quarantatre disseminati in tutto il Lazio.

A fare da aprifila è la Cisl-Fisascat, che già due mesi fa denunciò il rischio dei cinque cuochi (quattro donne e un uomo) di Mammagialla che si trovavano a fare i conti con il fallimento della ditta appaltatrice, poi rimpiazzata dall’Euroservice di Roma, che da lunedì scorso è stata sospesa dal servizio. "Sotto c’è una volontà ben precisa da parte del Ministero degli Interni - tuona il segretario generale, Giorgio Petroselli - di cessare il servizio mensa nelle carceri per rimpiazzarlo con più economici buoni pasto, che possono essere utilizzati dalle guardie anche per fare la spesa. Tutto questo a discapito dei lavoratori, cinque a Viterbo e quarantotto in tutto, che non hanno più un lavoro. Il servizio è stato sospeso a Roma, a Regina Coeli, perché dicono che il cibo era avariato, ma qui a Viterbo non mi risulta che ci siano stati problemi". Da qui l’intervento di Petroselli per sbloccare la situazione: "Scriveremo al Prefetto per cercare di fare chiarezza e per avere una risposta concreta". Solidarietà ad oltranza giunge anche dalle categorie della Cgil e Uil per bocca dei loro segretari, Massimo Venanzi e Giancarlo Turchetti, pronti a "fare fronte compatto con la Cisl" e intenzionati ad "andare fino in fondo in questa vicenda".

Secca anche la presa di posizione di Rc: "Siamo sconcertati - attacca il segretario del partito di Bertinotti, Mario Ricci - perché sono ormai diversi anni che le operatrici e gli operatori della mensa di Mammagialla vengono sballottati da un’azienda all’altra, fino ad arrivare a questo punto. Bisogna dire basta: i cinque lavoratori e lavoratrici devono mantenere il loro posto di lavoro e il servizio mensa non deve cessare. Visto che il problema è diffuso non solo a Viterbo ma in tutto il Lazio, abbiamo già attivato il nostro capogruppo alla Pisana, Ivano Pedruzzi, e il consigliere Enrico Luciani. Siamo pronti ad intraprendere tutte le forme di lotta necessarie".

Torino: premiazione del concorso letterario "Casalini"

 

La Stampa, 27 ottobre 2005

 

"La prima volta che uccisi un uomo, lo feci per difendere mia sorella". La dichiarazione, scritta e firmata da un detenuto, può sembrare una confessione, ma non è. Trattasi, al contrario, di fiction, o meglio, di mera invenzione letteraria. La frase citata apre, infatti, "Terra promessa", il racconto vincitore del Premio Letterario Nazionale "Emanuele Casalini", riservato a opere di detenuti e detenute italiani. L’iniziativa, promossa dalla Società San Vincenzo de Paoli e dall’Unitre, è ospitata ogni anno in un differente istituto di pena della penisola: per questa quarta edizione, la premiazione si è svolta ieri nel carcere delle Vallette. Una cerimonia intensa, quella presentata dal regista Alberto Negro, con numerosi interventi dello staff promotore, che ha insistito sull’"urgenza di creare legami tra la città e il carcere, favorire la comunicazione, abbattere il muro d’indifferenza e, a volte, d’ipocrisia, che separa i detenuti dal resto del mondo". "In carcere non è facile vivere né scrivere: perciò momenti come questi sono tanto significativi - ha commentato Pietro Buffa, direttore delle Vallette - è come abbassare un ponte levatoio e rompere l’isolamento". L’isolamento, per una manciata di ore almeno, è stato messo in scacco e il silenzio ha lasciato il posto alle parole. Quelle scritte dagli oltre 350 poeti e narratori che hanno inviato le loro opere alla giuria, presieduta da Ernesto Ferrero, e quelle pronunciate da alcuni dei vincitori, presenti alla premiazione. Poche e semplici parole, per il vincitore della sezione prosa, Francesco Di Pasquale, che bissa il successo dello scorso anno e commenta: "Iniziative così permettono di recuperare, se possibile, un po’ di fiducia nella vita e anche di cancellare lo stereotipo del carcerato steso a letto per tutto il giorno a fare nulla".

Di Pasquale ha dedicato il premio a Elena Gorini, l’insegnante del carcere di Vigevano che lo ha aiutato a "disciplinare il suo talento". Dedica polemica, invece, per il quarantenne Lorenzo Minarelli, vincitore della sezione poesia con l’amara ballata "Niente fuoco coi bambini": al momento degli applausi, Minarelli ha rivolto un pensiero "a quel giudice che mi ha messo dentro per reati commessi quindici anni fa, sicché ho potuto vedere mia madre morta solo dopo che era già stata chiusa nella bara". Una voce non isolata, la sua. Molti degli scritti, infatti, raccontano l’amara odissea carceraria, tra immigrati clandestini che sognavano una vita migliore nel nostro Paese, madri che devono separarsi dai figli. Disperati che decidono di farla finita con un’esistenza di riti sempre uguali, dove una "traduzione" diventa il solo, penoso diversivo. Li racconta il secondo classificato, Filippo Romeo, quei viaggi di 20 ore, stipati in una colletta del "blindato" dove "c’è lo spazio, più o meno, per ospitare un cucciolo di pastore tedesco" e "con le mani legate da quei ferri crudeli che non ti danno agio neppure di soffiarti il naso": pressappoco, "un autotreno pieno di maiali".

Olanda: a fuoco centro detenzione per immigrati; 11 morti, 15 feriti

 

La Repubblica, 27 ottobre 2005

 

Undici persone sono morte nell’incendio scoppiato nel centro di detenzione temporanea dell’aeroporto di Schiphol, tra Amsterdam e l’Aja. Quindici i feriti. Secondo il sindaco della cittadina, si trattava di persone in attesa di essere espulse dal Paese perché con i documenti non in regola o coinvolte nel traffico di droga. L’incendio é divampato poco dopo mezzanotte per cause non ancora accertate e sono state necessarie molte ore per domarlo. Alcuni dei detenuti superstiti hanno detto ad una radio olandese che gli agenti di custodia, in un primo momento, non hanno creduto all’allarme lanciato da alcuni dei reclusi. "Battevamo sulle porte e gridavamo mentre i locali si riempivano di fumo, ma inizialmente ci hanno ignorato", hanno riferito, mentre le autorità hanno informato che sarà svolta un’inchiesta da parte di responsabili estranei alla struttura. Nel centro al momento dell’incendio erano ospitate 350 persone. Secondo la gendarmeria, 43 di queste si trovavano nella parte dello stabile che ha preso fuoco. I superstiti sono stati trasferiti in parte nell’ala dove le fiamme non si sono propagate e in parte in una prigione vicina.

Australia: 200 immigrati detenuti in carcere per sbaglio

 

Tg Com, 27 ottobre 2005

 

Potrebbero essere oltre duecento le persone rinchiuse per sbaglio nei campi di detenzione australiani dal Dipartimento dell’Immigrazione. Alcuni di questi detenuti pare siano in carcere da oltre sei anni. Secondo alcune indiscrezioni persino sette bambini sarebbero stati imprigionati per periodi superiori a un anno. Anche nel loro caso è probabile che si sia trattato di un errore giudiziario. Al vaglio della magistratura si hanno attualmente 222 casi. Le indagini che stabiliranno se gli immigrati abbiano o meno il diritto di residenza in Australia si concluderanno, però, solo il prossimo anno. Diverse le ragioni alla base del possibile errore giudiziario: in 51 casi è citata l’errata applicazione della legge; 14 volte si tratterebbe di un errore del Dipartimento nel descrivere lo status dell’immigrante; per 37 persone, infine, la sentenza avrebbe potuto essere differente, considerati casi simili che hanno ricevuto sentenza ben diversa dal carcere. Il portavoce per l’Immigrazione dell’opposizione, Tony Burke, ha dichiarato che gli immigrati coinvolti nel caso "sono individui che non hanno fatto nulla di male e che hanno avuto la vita rovinata da un governo che è tanto incompetente da non sapere nemmeno quando si devono mettere le persone in un centro detenzione e quando no". Burke ha anche colto l’occasione per chiedere le dimissioni del ministro per l’Immigrazione, Amanda Vanstone. Il ministro, in questi giorni in Cina, non ha finora rilasciato dichiarazioni in merito al caso.

 

 

Precedente Home Su Successiva