Rassegna stampa 24 ottobre

 

Per carità di patria: Castelli, le carceri e la logica del secchio

di Andrea Boraschi e Luigi Manconi

 

L’Unità, 24 ottobre 2005

 

Immaginate un tubo che perde, che rischia di allagare una casa; l’acqua cresce e la situazione si fa sempre più difficile. Chiamate un idraulico? Cercate qualcuno che possa, con la massima sollecitudine, riparare il condotto fallato? Ecco, c’è un uomo, in Italia, che ha deciso di destinare i soldi per l’idraulico all’acquisto di quanti più secchi possibile. Non intende riparare la tubatura, no; preferisce arrabattarsi alla meglio mentre l’emergenza non viene neppure attenuata. Questo signore fa il ministro, si chiama Roberto Castelli, è persino ingegnere. Certo, sembra strano e contrario a ogni logica, ma è esattamente così.

E per darne prova, ricorriamo alla fonte autentica del pensiero leghista. Era il 14 ottobre, si parlava di tagli alla finanziaria, e il quotidiano La Padania riportava che Castelli si era espresso come segue: la giustizia, "contrariamente agli anni passati, parteciperà al sacrificio e ai tagli chiesti a tutti i ministeri (...) il bilancio dello Stato per il 2006 diminuirà, e anche il bilancio della giustizia diminuirà nella stessa misura". Poi, cambio di scena: "Intervenendo in commissione Giustizia a Palazzo Madama il ministro ha sottolineato come la complessiva tenuta del sistema penitenziario rischierebbe di saltare intorno alla metà del 2007, senza adeguate risorse finanziarie. Negli ultimi anni, ha sottolineato Castelli, si è registrato mediamente un incremento della popolazione detenuta pari a circa 2.000 detenuti all’anno, risultante dalla differenza fra circa 86.000 nuovi ingressi annui e 84.000 dimissioni, sempre annue". E ancora: "Nel corso dei primi sei mesi del 2005, il trend di crescita della popolazione detenuta è improvvisamente aumentato, facendo registrare ben 4.000 detenuti in più nel primo semestre". Già a metà della lettura, affiora qualche perplessità: "complessiva tenuta del sistema penitenziario"?

Di cosa stiamo parlando, di grazia? Era appena lo scorso agosto, quando le presenze negli istituti di pena italiani fanno registrare un record assoluto nella storia dell’Italia repubblicana: quasi 60.000 detenuti. Questo, mentre - com’è noto - il sistema italiano potrebbe ospitarne circa 40.000. Bella tenuta, non c’è che dire. Ma c’è dell’altro. Prosegue la Padania: "Il Guardasigilli ha ricordato che durante tutti gli anni ‘90, fatta eccezione per Bollate, non è stata programmata la realizzazione di nessuna nuova struttura penitenziaria, e considerando che le nuove strutture penitenziarie progettate nel corso di questa legislatura non potranno essere realizzate e utilizzate almeno prima di 10 anni, l’unico versante su cui è possibile agire è quello della riapertura di alcuni reparti di strutture penitenziarie attualmente chiusi perché obsoleti, previo il loro adeguamento strutturale". Poi Castelli ha affermato che "la crescente presenza di immigrati provenienti da paesi extracomunitari che delinquono ha avuto un ruolo significativo nell’incremento della popolazione detenuta".

E fermiamoci qui, per carità di patria: sorvoliamo sulla prosa padana, e torniamo all’approccio iniziale. E a quel signore che, quando un tubo si rompe e perde acqua, non lo ripara, non lo sostituisce e nemmeno chiude la falla. Piuttosto, compra molti secchi. E, dunque, se gli ingressi nelle carceri italiane sono in crescita, se la situazione si fa insostenibile, come si procede? Si adottano misure di riforma del codice penale che possano ridurre gli ingressi? O forse si facilita e si promuove l’accesso alla misure sanzionatorie alternative? O magari si evita di approvare leggi che inaspriscano le pene per i recidivi (lo stesso Castelli ha ammesso, in questi giorni, che la "ex-Cirielli" è destinata ad aggravare ulteriormente le condizioni di affollamento nei nostri istituti di pena)? E ancora: a qualcuno verrebbe mai in mente di legalizzare il consumo di droghe leggere? O, più in generale, di adottare una linea politica antitetica a quella criminogena contenuta nel "disegno di legge Fini" sulle droghe, di cui Giovanardi si appresta a far approvare uno stralcio? Chi penserebbe mai a simili e ragionevolissime soluzioni?

Chi si preoccuperebbe di riparare la perdita, il guasto a monte? Castelli & co. sono affezionati alle misure tampone, che in genere sono peggio del buco. Con logica elementare rispondono: se l’acqua in uscita dalla nostra falla aumenta, bisogna aumentare i secchi; se aumentano i detenuti, va da sé, bisogna pure aumentare le carceri. Semplice. Troppo semplice: perché il problema dell’affollamento penitenziario è ben lungi dall’essere affrontato, non diciamo risolto. Non basterà "riammodernare" vecchie strutture già rivelatesi incompatibili con la detenzione, non basterà mettere in cantiere nuove opere che non potranno essere pronte prima di dieci/quindici anni. L’emergenza è adesso: e per l’emergenza non si prevedono soluzioni. Che poi il carcere, così gestito, finisca col rivelarsi fatalmente un luogo di ulteriore emarginazione; e che nella situazione propria dell’affollamento (condizioni igieniche spesso pessime, carenze di personale medico, di psicologi, di educatori; e, ancora, strutture fatiscenti, servizi inadeguati) si finisca per accrescere il potenziale di delinquenza: questo, evidentemente, sembra non preoccupare.

Infine, questi benedetti stranieri. Vediamo i dati del Viminale: "delle persone arrestate e denunciate in Italia che, lo scorso anno, sono state 611.283 (...), gli extracomunitari con permesso di soggiorno sono stati 96". Non è un errore: non mancano uno o due o tre zeri. È proprio così: 96. Appena 96 su complessivamente 611.283 arrestati e denunciati nel corso di un anno. Appena 96 su oltre 2 milioni e 700mila stranieri regolarmente presenti nel nostro territorio nazionale. Un tasso di delinquenza incredibilmente basso; molto più basso di quello registrato tra la popolazione italiana e, soprattutto, tra gli immigrati irregolari. E pensando a questi ultimi, accostandoli a quei 96 arrestati o denunciati tra coloro che godono del permesso di soggiorno, sorge l’ultima domanda: per caso il tasso di delinquenza avrà mai a che fare con la capacità politica di gestire l’immigrazione? Per caso, la capacità di regolarizzare, integrare, accogliere può rivelarsi utile a ridurre la criminalità, specie la microcriminalità, e magari potrà contribuire a svuotare un po’ le carceri? È una domanda semplice semplice, da modesti artigiani o, se volete, da piccoli idraulici. Scrivere a: abuondiritto@abuondiritto.it

Giustizia: Brescia; le pene alternative non sono un cedimento

 

Giornale di Brescia, 24 ottobre 2005

 

La comunità chiede e può costruire sicurezza. La legge dice che deve impegnarsi per il recupero di chi ha sbagliato: l’ideale di una "giustizia riparativa", attenta alla sofferenza delle vittime e alla rieducazione del colpevole, ha bisogno di una cooperazione ampia per tradursi in percorsi efficaci. Il convegno che ha affollato ieri l’aula magna di Giurisprudenza ("Non solo carcere per affermare la giustizia. La corresponsabilità della comunità locale") indica che il cantiere è aperto. La legge regionale 8 del febbraio scorso chiama in causa le Asl, gli enti locali, il terzo settore e il volontariato, nell’impegno di ridurre il ricorso al carcere e favorire il reinserimento dei detenuti. Nei Paesi europei le sperimentazioni avanzano, come hanno testimoniato mons. Giuseppe Merisi, Luisa Gandini e Antonio Buonatesta.

Un gruppo di lavoro dell’Amministrazione penitenziaria studia i possibili percorsi di giustizia riparativa: con 60mila presenze, il carcere è "un mondo in crisi", come dice la presidente Maria Pia Giuffrida, e risulta spesso deresponsabilizzante per i condannati. Le misure alternative non devono essere viste come rinuncia dello Stato ad esigere l’applicazione della pena. Tra le possibili sperimentazioni è importante la "mediazione penale" , che facilita l’incontro tra il colpevole e la vittima. Perché sia utile alle parti occorrono operatori preparati e norme di supporto per chi ha subito il reato. Hanno un valore educativo le pene pecuniarie e quelle che impongono un lavoro di pubblica utilità. Carlo Alberto Romano, docente di Criminologia e presidente dell’associazione Carcere e territorio, ha parlato della necessità di sviluppare progetti in stretta sinergia, ricavando dalle buone prassi modelli estensibili. Nel Distretto della Corte d’appello di Brescia sono 808 le persone soggette a misure alternative. L’orientamento del Tribunale di sorveglianza, rappresentato dalla presidente Monica Lazzaroni, punta - non senza difficoltà - alla ricerca della prescrizione più significativa, "non afflittiva". Caritas, Wwf, Lipu, parrocchie: questi i riferimenti dell’Ufficio per le esecuzioni penali esterne, ma diventa difficile avviare un percorso di responsabilizzazione a molti anni di distanza dal reato. La sottolineatura è della direttrice Severina Panarello. Due educatori per 600 detenuti: è la non facile situazione di Brescia, ma i problemi non sono solo all’interno del carcere. Sui pregiudizi che permangono si è soffermata la direttrice della Casa circondariale e della Casa di reclusione di Verziano, Maria Grazia Bregoli. I Piani di zona sono un’occasione importante per costruire sinergia, secondo Luca Massari della Conferenza del volontariato. I Comuni - per il presidente dell’Anci Lombardia Aurelio Ferrari - possono fornire minialloggi per la fase del reinserimento e coinvolgere i potenziali datori di lavoro. Due gli obiettivi indicati dal sindaco Paolo Corsini in apertura del convegno (coordinato dal delegato regionale dei cappellani Virgilio Balducchi e dal giornalista Fabio Pizzul): l’ampliamento di Verziano e la nomina di un Garante dei diritti delle persone private della libertà personale. Una "crescita della coscienza della comunità" è stata auspicata dal vescovo ausiliare, mons. Francesco Beschi. Le convenzioni consentono di mettere a punto progetti mirati: ne ha parlato la presidente del Consiglio provinciale Paola Vilardi. Per la creazione di "tavoli comuni di discussione" si è espresso Luigi Pagano, provveditore del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria lombarda. La cultura è strumento importante ai fini del reinserimento: il preside di Giurisprudenza, Antonello Calore, ha parlato di un progetto per portare in carcere lo studio universitario. Voluta da tutte le parti politiche e finanziata, la legge 8 sollecita la corresponsabilità. Mancano educatori e Antonella Maiolo, sottosegretario alla presidenza della Regione per i diritti del cittadino, ha annunciato un bando a supporto delle coop che s’impegnano nella formazione di operatori.

Giustizia: indagine Istat; nel 2003 più delitti, boom delle truffe

 

Giornale di Vicenza, 24 ottobre 2005

 

La riforma sui tempi delle prescrizioni, la legge "ex Cirielli", resta congelata, in attesa di approfondimenti sugli effetti che potrebbe avere, dopo l’allarme lanciato dalla Cassazione e i dati parziali presentati al Parlamento dal ministro della Giustizia Castelli. Nonostante il presidente del Consiglio Berlusconi abbia spronato il Polo ad approvare la legge, l’esame del provvedimento è slittato alla prossima settimana e "non ci sarà alcuna inversione dell’ordine del giorno dei lavori della Camera", ha riferito il ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi. La polemica politica nel frattempo continua. Giovanardi si è detto convinto che il Polo voterà compatto ma il presidente della Margherita, Rutelli chiede alla coalizione di Berlusconi di fermarsi: "Spero che la maggioranza rinunci a questo proposito inquietante. Provate ad andare a dire agli italiani, o alle forze dell’ordine, che decine di migliaia di procedimenti aperti passano in cavalleria per l’esigenza di salvare un politico potente". Ieri inoltre il presidente dell’Unione Camere Penali, Ettore Randazzo, ha definito "pessimo" il disegno di legge: "È profondamente ingiusto e per certi versi incostituzionale, sotto diversi profili che riguardano la prescrizione accorciata per i reati di media gravità".

Intanto l’Istat ha ha pubblicato le statistiche giudiziarie penali del 2003. Emerge che nel corso dell’anno in questione, i delitti denunciati sono risultati 2.456.887 con un incremento del 10,1% circa rispetto a 2002. A lievitare sono state soprattutto le truffe, con un incremento del 245,8%. Aumentati anche gli omicidi (11,4%), le lesioni dolose (6,8%) e le rapine (4,4%). Una flessione si registra invece per lo sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, per l’omicidio colposo e per alcune tipologie di furto. Nella maggior parte dei casi (il 74%), tuttavia, al momento della denuncia l’autore è risultato ignoto.Tale percentuale varia comunque sensibilmente a seconda del tipo di delitto: per i furti essa è pari addirittura al 95,9%. Le persone denunciate sono state 773.986 (768.771 nel 2002), di cui 18.344 (il 2,4%) minorenni. La regione con il più elevato numero di delitti è la Lombardia (411.955); seguono il Lazio (280.810), la Campania (223.349), il Piemonte (218.796) e l’Emilia-Romagna (207.643).

Prendendo in esame l’intervallo tra la data di un delitto e quella della sentenza, l’Istat registra una durata complessiva di 35 mesi per il primo grado e di 65 per l’appello. Tra gli uffici giudiziari penali - rileva l’istituto - nel 2003 sono stati quelli di procura ad avere il carico di lavoro più elevato; inoltre il giudice di pace ha visto aumentare la sua attività in campo penale. Alla fine del 2003 i procedimenti pendenti erano 3.412.275 presso i tribunali e 19.351 quelli presso i tribunali per i minorenni. Registrato un consistente aumento dell’attività del giudice di pace in campo penale. Nel 2003 gli "entrati dallo stato di libertà" negli istituti penitenziari per adulti sono stati 81.790 (81.185 nel 2002); di questi gli stranieri rappresentano il 38,9% (31.852 ingressi) del totale, mentre circa l’8,7% (7.150 ingressi) sono femmine. Esaminando poi il numero dei presenti distinti per posizione giuridica, si legge nel rapporto, i condannati sono 32.865 e rappresentano circa il 60,6% dei presenti. La percentuale dei tossicodipendenti presenti è risultata pari al 26,4% (14.332 unità) sul totale dei detenuti.

Caserta: partita di calcio tra magistrati e militari reclusi

 

Caserta News, 24 ottobre 2005

 

Nel più vasto quadro di un progetto globale che intende configurare l’attività del carcere militare come "sorgente educativa", nasce una singolare iniziativa sportiva che si è concretizzata con l’iscrizione al campionato regionale di calcio di III categoria della squadra dell'Organizzazione Penitenziaria Militare - Carcere Militare di Santa Maria Capua Vetere. Caso unico, probabilmente, in tutta Europa, la squadra è composta da personale di custodia e personale recluso nella struttura carceraria militare. L’attività s’inserisce nell’ottica globale delle attività trattamentali e di reinserimento sociale che vengono svolte a favore dei detenuti ed al fine di concepire la restrizione come "iter di rieducazione e rivalutazione dei vissuti personali". "È l’esempio di come una simbiosi, tra educatori/vigilatori e reclusi uniti nell’attività sportiva – afferma il tenente colonnello Antonio Dello Monaco - possa essere realizzata nel comune disegno di recupero". La partita inaugurale che precederà l’inizio del campionato si disputerà il 24 ottobre 2005 alle ore 14,30 tra il Footbal Club Procura S. Maria C.V. e le Forze dell’Ordine, proprio sul campo di calcio del Carcere Militare. La sfida calcistica, quindi, vedrà protagonisti sul terreno di gioco le componenti della cultura della legalità e coloro che stanno ripercorrendone il cammino. Gentili ospiti della Magistratura, della Amministrazione Locale, Provinciale e Regionale, nonché dell’ambiente sportivo e militare, saranno presenti all’evento.

Vicenza: Cgil; il carcere di San Pio X al limite della sicurezza

 

Il Gazzettino, 24 ottobre 2005

 

Non migliorano la condizioni del carcere di Vicenza, visitato ieri da una delegazione della Cgil. A più di anno dalla denuncia del sindacato sullo stato fatiscente della casa circondariale di San Pio X, la situazione sembra essere ancora al limite della sicurezza. Infiltrazioni d’acqua sulle passerelle di controllo, vicino a fili dell’alta tensione scoperti e sistemi elettronici anti-evasione fuori uso sembrano essere le principali carenze strutturali. Ma i sindacati denunciano anche i problemi del personale delle carceri, che deve controllare un numero doppio di detenuti rispetto alla reale capienza, che soffre di un sott’organico per i trasferimenti dei detenuti e che lavora in locali simili a loculi che d’estate diventano forni. Infine, l’assistenza sanitaria, che resta all’interno del carcere, nonostante la legge abbia dato la delega degli interventi alle strutture pubbliche.

Assieme a Sergio Merendino, segretario provinciale della funzione pubblica, accompagnato da Giampiero Pegoraro, coordinatore regionale e da Raffaele De Vito, responsabile locale, a visitare le celle di San Pio X c’era anche Francesco Quinti, responsabile nazionale Cgil della polizia penitenziaria. La presenza di Quinti rientra nell’iniziativa della Cgil sulla costituzione di un dossier sullo stato delle carceri italiane, monitorizzate con una serie di visite. Negli ultimi giorni, prima di Vicenza, la delegazione regionale ha esaminato gli istituti di pena di Venezia, Treviso e Belluno. Le mancanze d’organico sembrano essere comuni a tutti i penitenziari regionali, con punte di disagio più alte a Venezia e più lievi a Treviso, mentre Vicenza si pone al secondo posto.

"Il problema principale sono i tagli ai fondi per le carceri, a cominciare dai 5 milioni di euro di fondo presi dalla finanziaria del 2001, fino alla riduzioni operate da quella del 2005", ha detto Quinti. Per i sindacati sarebbero quindi necessari degli investimenti immediati per risolvere una situazione destinata a peggiorare. In Italia, attualmente il 30% dei carcerati è extracomunitario, il 50% tossicodipendenti. Una situazione che rispecchia quella della casa circondariale vicentina, che ha una capienza di 150 persone e ne ospita circa 290. In una cella da un posto ci sono in media 3 reclusi.

Pisa: riapertura del Centro d’ascolto dell'Associazione Controluce

 

Comunicato Stampa, 24 ottobre 2005

 

Sono un volontario dell’associazione Controluce di Pisa e volevo segnalare, se possibile, la riattivazione del Centro d’Ascolto dell’associazione a cui possono rivolgersi detenuti in permesso, ex-detenuti e famigliari dei detenuti. Lo sportello è aperto tutti i Giovedì dalle ore 10.30 alle ore 13, presso la sede dell’associazione in via G. Garibaldi, 33. L’associazione Controluce, che opera ormai da diversi anni nella città di Pisa, ha come finalità lo studio e la conoscenza della realtà penitenziaria; l’informazione della comunità sociale e civile sui problemi carcerari, il sostegno morale e materiale ai detenuti finalizzato al loro reinserimento sociale. Per maggiori informazioni è possibile contattare l’associazione: tel: 050.580005 fax: 050.552838 mail: asscontroluce@tiscalinet.it

 

Ugo André Loïc Rizzi

Informazione: Radio Maria alza il volume sui detenuti

 

Il Giornale, 24 ottobre 2005

 

Se quanti seguono quasi per dovere (perché "lo fanno tutti") programmi come "Il Grande Fratello" "L’isola dei famosi" "La talpa", e altra immondizia catodica, si sintonizzassero ogni tanto su Radio Maria (Maria la madre di Gesù, non la moglie di Costanzo), trasformerebbero la loro bruta e beota serata in un momento dello spirito, in una pausa di riflessione della coscienza, e apprenderebbero cose di grande valore etico e sociale.

Io lo faccio tutti i giorni; la mattina, per dispormi ad affrontare con pazienza cristiana il prossimo (se non fosse per padre Livio, avrei già rotto la testa a qualcuno) la sera, per disintossicarmi da avvelenamento cartaceo e televisivo (credetemi, non ne posso più di Manuela Arcuri, Antonella Clerici, Simona Ventura, Vittorio Cecchi Gori, Al Bano eccetera, ma la mia attività, purtroppo, non può prescindere dai mezzi di informazione). Accendo la mia brava radio, e mi sembra d’esser tornato agli anni Sessanta, coi suoi ritmi di vita più lenti. Qualche giorno fa, appunto su questa emittente, ho ascoltato una interessantissima, per quanto amara, trasmissione. Il programma va in onda il 3° lunedì di ogni mese, alle ore 22,45, e si intitola "Fili di speranza da una finestra sul carcere", lo conduce Federico Quaglini, e si occupa della condizione dei detenuti in Italia.

Esso prevede tre momenti: nel primo, si commentano notizie di volta in volta pubblicate dalla stampa e su internet riguardanti il pianeta carcere; nel secondo, si offre ai parenti e agli amici dei detenuti la possibilità di mandar loro un saluto; nel terzo, si prega in diretta con gli ascoltatori, e si leggono alcune lettere dei carcerati giunte in redazione, tra le più interessanti e toccanti.

Il programma è molto seguito, troppo per qualcuno, e siccome in giro ci sono parecchi 666 o anticristo, alcuni hanno sparso la notizia che in realtà la rubrica serva per "lanciare messaggi" ai galeotti. Qualcosa di vero c’è in questa calunnia: il messaggio viene lanciato, sì, ma è quello di non abbandonare la speranza, di aprire il cuore a Dio e di riconciliarsi con la società. Lunedì scorso, il conduttore ha commentato una riflessione che il cardinale Renato Martino (presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace) ha fatto ai padri Sinodali riuniti in Vaticano. Egli ha coraggiosamente denunciato le condizioni di grave violazione del diritto nelle carceri italiane, annunciando la pubblicazione di un documento.

Quali sono queste violazioni? Ebbene, in molti, moltissimi istituti di pena italiani, a causa della pachidermica burocrazia penitenziaria, dello stato di fatiscenza delle strutture, e, non ultimo, della "chiusura" alla parola di Dio di qualche direttore, è impedito ai detenuti di assistere alle funzioni religiose, di confessarsi e di comunicarsi. Mancano i luoghi dove celebrare la messa, mancano i cappellani, e se qualche sacerdote ha la fortuna di poter celebrare, deve fare i conti con gli "addobbi" e le suppellettili: per altare una scrivania o un tavolaccio, per ampolline bottigliette vuote di Coca-Cola. Centinaia di carcerati inviano lettere a "Radio Maria", segnalando la cosa,ma - al di là del sostegno morale (che pure è basilare) - Radio Maria che può fare? Radio Maria deve essere lo Stato italiano, Radio Maria devono essere le nostre istituzioni, Radio Maria devono essere i politici che abbiamo votato o che voteremo. Radio Maria dobbiamo essere noi, quando invece di sederci come selvaggi annoiati davanti alla televisione, accendiamo la radio, ascoltiamo, e ci impegniamo, ma veramente, a far valere il diritto calpestato.

Usa: aumentano i detenuti, ormai sono 2,2 milioni gli americani in cella

 

Ansa, 24 ottobre 2005

 

La popolazione delle carceri americane continua a crescere, sia pure a ritmi ridotti rispetto agli anni passati. Alla fine del 2004, secondo un rapporto del ministero della giustizia, gli americani dietro le sbarre erano 2.267.787, con un incremento dell’1,9% rispetto al 2003. In media, nell’ultimo decennio, l’incremento annuo dei detenuti era stato del 3,2%. I neri sono il 41% del totale dei detenuti, mentre il 34% è costituito da bianchi e il 19% da ispanici. I detenuti condannati - 1,4 milioni circa - si trovano nelle carceri federali e statali, mentre in quelle locali ci sono 713 mila persone e altre 102 mila si trovano nel circuito dei minorenni. Il Federal Bureau of Prisons controlla il sistema carcerario più vasto, con 180 mila detenuti nel 2004, seguito dagli stati del Texas (168 mila), California (166 mila), Florida e New York (85 mila).

Biella: tre indagati per il suicidio di un detenuto marocchino

 

La Stampa, 24 ottobre 2005

 

Tre indagati per il suicidio di un marocchino in carcere: un medico del carcere e due agenti di polizia penitenziaria sono accusati dalla procura di non aver adeguatamente assistito il detenuto del quale erano noti i suoi problemi psichiatrici. La morte dell’extracomunitario risale a qualche mese fa. Una prima volta l’uomo aveva cercato di togliersi la vita e poi di frequente aveva espresso il desiderio di mettere in atto il tragico gesto. Per questo motivo era stato sottoposto ad uno speciale regime di sorveglianza, che di fatto prevedeva un’assidua frequentazione con il personale del carcere: assistenza medica e colloqui con gli agenti, anche più volte al giorno. Questo non ha però impedito che il marocchino venisse trovato morto nella sua cella: si era impiccato, con una corda stretta intorno al collo. L’inchiesta della procura, scattata automaticamente, avrebbe rilevato delle carenze nell’assistenza all’extracomunitario. "Un’accusa a nostro avviso senza prove - sostiene un avvocato difensore -. L’uomo si è ucciso nell’intervallo tra un colloquio e l’altro: un atto premeditato che non si poteva evitare se non con un’assistenza continua, cosa impossibile".

Biella: visita di Vittorio Agnoletto; emergenza sanità in carcere

 

La Stampa, 24 ottobre 2005

 

Blitz fra i detenuti, ieri pomeriggio, per Vittorio Agnoletto. Il medico ed europarlamentare, leader dei no-global, ha visitato il carcere sulla scia delle polemiche per il regolamento e per i libri "sequestrati", che nei mesi scorsi avevano ispirato anche un turbolento corteo per le vie di Biella. Più che dai libri, però, Agnoletto è preoccupato dalla situazione sanitaria: "Mancano farmaci come il Tavor, il Maalox, la Tachipirina, e le visite mediche continuano ad accumularsi: il 18 ottobre ce n’erano 32 in agenda, e ne sono state fatte 6; l’altro giorno c’erano 40 richieste e sono state fatte 7 visite". Accompagnato dal consigliere comunale di Rifondazione Simona Pisciotta e da Gianfranco Barile, di "Sprigioniamo i diritti", Agnoletto ha raccontato che c’è un detenuto "politico" che aspetta da 3 anni una visita oculistica. Anche l’infettivologo e lo psichiatra andrebbero in carcere troppo raramente: "È molto poco chiara la convenzione fra Casa circondariale e Asl".

Ieri il direttore era assente, ed era sostituito dalla collega di Ivrea: "Capisco che era sabato pomeriggio - incalza Agnoletto -, ma su molte cose nessuno ha saputo darci spiegazioni. Il carcere è sovraffollato come tutti (150 posti e 296 ospiti), ma sicuramente decente e vivibile: avrebbe buone potenzialità se fosse gestito in modo più adeguato e se avesse più personale". I "politici", ad esempio, trascorrono l’ora d’aria in mezzo ai piccioni (vivi e morti), che non riescono a uscire dalla rete protettiva. "Quanto ai libri - conclude Agnoletto -, ora pare che i detenuti possano tenerne in cella 20. Ma è una concessione discrezionale, perché il nuovo regolamento, in attesa di approvazione al Ministero, parla di 4, e il comandante e la direttrice hanno detto che non verrà modificato".

Sulmona: contro Pisanu anarchici protestano davanti al carcere

 

Il Messaggero, 24 ottobre 2005

 

Il carcere di via Lamaccio di nuovo sotto i riflettori, ma questa volta questi ultimi sono accesi solo fuori dove un gruppo di anarchici, una ventina, ha manifestato ieri per contestare l’articolo 270 bis del codice penale e l’ultimo decreto anti-terrorismo del ministro Pisanu. Una protesta che si è estrinsecata soltanto nella distribuzione di volantini, musica e slogan nei quali veniva richiesta la liberazione di alcuni loro compagni detenuti nel carcere sulmonese anche con cartelloni inneggianti alla libertà per gl’immigrati. I manifestanti di Lecce, Pescara e Sulmona sostengono che da maggio sarebbero più di 100 gl’indagati per associazione sovversiva con finalità di terrorismo; una situazione, sostengono, che si è determina dall’inasprimento derivato dal decreto anti-terrorismo del ministro Pisanu. Una manifestazione che è stata tenuta sotto costante osservazione della Polizia.

Civitavecchia: senza stipendio le addette alla mensa del carcere

 

Il Messaggero, 24 ottobre 2005

 

Prosegue ormai da alcuni giorni lo stato di agitazione dei lavoratori del servizio mensa degli istituti penitenziari di Civitavecchia. Da oltre cinque mesi infatti le sette dipendenti, così come altri sessanta colleghi, non percepiscono lo stipendio. A peggiorare la situazione giovedì scorso il ministero di Grazia e Giustizia ha rescisso l’appalto mensa alla società Euroservice srl in tutta la Regione Lazio per la mancata retribuzione dei lavoratori, che però a questo punto non sanno quale sarà il proprio futuro. A scendere in campo a fianco dei lavoratori è la Filcams-Cgil che ha già inviato solleciti al ministero per velocizzare la soluzione del problema. Una soluzione che potrebbe non essere imminente dal momento che la Euroservice era già la seconda ditta in graduatoria e pertanto piuttosto che affidare l’appalto alla terza azienda, il ministero potrebbe indire una nuova gara. "Comunque vadano le cose - si legge in una nota del segretario Filcams Fausto Quattrini - per queste lavoratrici continua il calvario per il recupero sia delle spettanze, che delle mensilità di fine rapporto visto che è la quarta azienda che al termine dell’appalto non eroga quanto dovuto". Entro la prossima settimana verranno stabilite nuove forme di protesta per tutelare al meglio le sette dipendenti. Intanto solidarietà alle cuoche del carcere di Aurelia arriva anche dal circolo "Pelosi" di Rifondazione comunista, il cui segretario Gino Lorenti Garcia ha già allertato sulla vicenda i rappresentanti regionali, il Capogruppo Ivano Peduzzi e il Consigliere Enrico Luciani i quali si stanno adoperando per affrontare la situazione. "Sono ormai anni che gli operatori della mensa della Casa Circondariale d’Aurelia vengono sballottati da un’azienda all’altra - dice Garcia -. Spesso le ditte vincitrici d’appalto sono scomparse senza pagare stipendi e Tfr. A questo stato di cose è necessario dire basta: i lavoratori hanno il diritto di mantenere il loro posto di lavoro e il servizio non deve cessare. Bisogna mettere un freno alla truffa degli appalti".

Sanremo: agente aggredito da un detenuto, i sindacati accusano

 

Secolo XIX, 24 ottobre 2005

 

Un giovane agente in servizio nel carcere di valle Armea è stato aggredito da un detenuto, rendendo necessario il suo trasporto all’ospedale: i medici del pronto soccorso gli hanno riscontrato ferite giudicate guaribili in 7 giorni. L’episodio ha innescato l’immediata e dura presa di posizione della segreteria regionale del Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria già protagonista di analoghe e ripetute proteste. "Quello che è successo non arriva per caso - scrive il Sappe - Da tempo denunciamo la situazione del carcere, ancora nel settembre scorso avevamo svolto un’ispezione da cui erano emerse condizioni di rischio, in particolare il sovraffollamento, con la popolazione detenuta gestita a stento dagli operatori di polizia, che sempre in minor numero affrontano con grande spirito di sacrificio i turni lavorativi. Viene disattesa anche la legge 626 del 1994 sulla sicurezza e la tutela dei lavoratori" E ancora: "Avevamo fatto notare l’assoluta necessità di aumentare e rendere efficaci tutti i dispositivi di sicurezza in dotazione al personale, compresi gli apparati di comunicazione tra i reparti e gli agenti e i loro diretti superiori, visto che risulterebbero inefficaci e obsoleti". Il Sappe riprende anche la sua aperta contestazione nei confronti della direzione del carcere, e degli attuali criteri di gestione. A giudizio del sindacato autonomo di polizia penitenziaria "la conduzione dell’istituto appare ogni giorno sempre più grigia e confusa da una serie di attività ricreative, sportive e culturali date ai detenuti,sui quali il non ricco numero di agenti ha difficoltà a svolgere una sorveglianza mirata alla sicurezza di tutti, cittadini compresi".

Secondo il Sappe "si inizia a sfiorare addirittura la delegittimazione del poliziotto durante le sue funzioni, perché si sente impotente di fronte alle continue vessazioni da subire. E nemmeno il regolamento penitenziario disciplinare trova un’idonea ed efficiente applicazione".

Droghe: Capezzone; governo manderà in galera per pochi spinelli

 

Apcom, 24 ottobre 2005

 

"Mi spiace che, nel pieno di una stagione in cui è stato lui, con coraggio e linearità, ad assumere posizioni laiche (dai referendum ai pacs), difendendo la virtualità di una destra liberale alla Aznar, oggi, invece, sia proprio Gianfranco Fini a rialzare la bandiera di una stretta proibizionista sulle droghe". È quanto afferma Daniele Capezzone, segretario di Radicali italiani in merito alle dichiarazioni del vice premier sul ddl del governo sulle tossicodipendenze. "Deve essere chiaro che, se sarà confermata l’intenzione di una accelerazione per approvare con corsia preferenziale gli articoli più restrittivi del disegno di legge governativo sulla droga - sottolinea Capezzone -, questo si tradurrà nella galera, nel carcere (con la sola alternativa della comunità di recupero: il che è paradossale) per chiunque venga trovato in possesso di sette-otto spinelli. Insomma, potenziale carcere o potenziale comunità di recupero per centinaia di migliaia, o forse per qualche milione di italiani". "Contro tutto questo - conclude il segretario radicale -, proporrò al Congresso di Radicali italiani, che si apre il prossimo week-end, una mobilitazione straordinaria, che appare ormai improcrastinabile".

Ravenna: Gherardo Colombo parla dei delitti e delle pene

 

Corriere della Romagna, 24 ottobre 2005

 

Nell’immaginario comune ce lo figuriamo, più giovane di dieci anni ma quasi identico a oggi, in una foto ormai celebre, al centro fra Antonio Di Pietro e Francesco Saverio Borrelli mentre cammina nei corridoi della Procura di Milano. Un flash divenuto uno dei simboli di Tangentopoli. Più recentemente, lo abbiamo visto impegnato in un dibattimento assieme ad Ilda Bocassini, interrotto da una legge. Il "Gherardo Colombo che non ti aspetti" ha intrattenuto venerdì sera, con un approccio finemente "filosofico", il pubblico presente ad una conferenza dal titolo di "sapore illuministico": "Dei delitti e delle pene: la sofferenza redime? L’isolamento aiuta la socializzazione?".La citazione dell’opera di Cesare Beccaria è stata, in effetti, l’ideale fil rouge per un forum sul dramma di chi perde la libertà dopo aver commesso un reato. Ma anche sullo stato d’animo di chi partecipa alla prassi di giustizia: il giudice, l’avvocato, l’operatore che lavora all’interno del carcere. Questo il tono dell’iniziativa, dove si è potuto sentire l’avvocato Ermanno Cicognani, vicepresidente della Camera Penale, ammettere di "preferire la difesa dell’imputato rispetto alla parte lesa. Il coinvolgimento emotivo è diverso. È dura accettare la possibilità di perdere un processo dalla parte di chi chiede giustizia, e che può vedere invece aggiungersi una seconda frustrazione".Il giudice di Ravenna Anna Mori, che testimonia come "capiti di dover sanzionare, dopo anni di processo, una persona "diversa" da quella che ha commesso il reato, perché l’esperienza di vita lo ha già redento. O chi, in un accesso d’ira, compie un atto di cui il pentimento è già una condanna. Oppure - prosegue - è sempre più frequente il caso dello ‘stranierò. Mi è capitato di dover condannare un uomo che ha trovato la moglie in flagrante adulterio. Nel suo paese è un reato gravissimo. È stato lui, dopo averla picchiata, a chiamare i carabinieri. Quando lo hanno arrestato, credeva in un errore".L’esperienza della bibliotecaria del carcere di Ravenna, Maria Angela Borlotti, che riporta la realtà di "sessanta madri che vivono la loro detenzione assieme ai loro bambini. Con la Provincia cercheremo di far nascere anche una sezione di biblioteca scolastica, per loro".Infine il giudice di Cassazione, Colombo: "Da una parte, c’è la necessità di soddisfare chi ha subìto un torto, di attribuire una pena a chi ha sbagliato. Dall’altra, l’approccio filosofico di chi vede nell’uomo, in quanto tale, possessore di diritti inalienabili. Non ci crede nessuno - arringa -, ma c’è chi ruba per fame. Dobbiamo dargli il carcere o da mangiare? Non tutti quelli che compiono un reato sono delinquenti, e per loro non dobbiamo mai smettere di cercare nuove alternative di pena rispetto alla detenzione. Il carcere, sì, potrebbe renderli malviventi".

Forlì: la Croce Rossa Italiana fornisce i farmaci per i detenuti

 

Corriere di Forlì, 24 ottobre 2005

 

La croce Rossa entra nel carcere. E lo fa per portare ai detenuti i farmaci. È stato firmato ieri mattina, infatti, l’accordo fra la direttrice della casa circondariale, Rosa Alba Casella, e la responsabile della sezione femminile della Cri, Maria Teresa Turci Fratesi, con il quale le volontarie si impegnano ad acquistare i medicinali di fascia "C", vale a dire antinfiammatori, analgesici, ansiolitici, ecc. per i carcerati che ne avranno bisogno. "La prassi è questa - afferma la presidente - il medico del carcere ci invia tramite fax la prescrizione dei farmaci necessari.

Due nostre incaricate si recano in farmacia ad acquistarli e li consegnano di persona al medico responsabile". Le iniziative organizzate dalla Cri nel corso dell’anno hanno consentito la raccolta di fondi necessari per sostenere progetti di carattere socio - assistenziale. "L’idea - spiega Rosa Alba casella, direttrice del carcere - nasce dal fatto che all’inizio dell’anno è stato siglato l’accordo con la Regione per l’invio di farmaci di fascia "A" e "H" ai detenuti. Restavano fuori quelli a carico del paziente. Considerato che la maggior parte della popolazione detenuta è costituita da stranieri, privi di una famiglia all’esterno e con scarse possibilità economiche, l’acquisto di questi farmaci, che sono fra i più costosi, cominciava ad essere un problema".

I posti di lavoro all’interno della casa circondariale sono sempre più limitati per permettere a tutti i detenuti più numerosi negli ultimi tre mesi di avere a disposizione denaro sufficiente per munirsi di questi medicinali. Non è la prima volta che la Sezione Femminile della Croce Rossa entra nel carcere per dare un sostegno, ma questo accordo rappresenta un unicum sul territorio regionale. Il documento sottoscritto dalle parti è un atto di collaborazione che non le vincola dal punto di vista legale. "È chiaro che i medici s’impegneranno a fare richiesta di farmaci generici che possano coprire più patologie - conclude Casella - la casa circondariale si è sempre impegnata a passare questi farmaci ai propri ospiti, ma nell’ultimo periodo le richieste sono diventate più frequenti perché il numero dei detenuti è cresciuto".

Informazione: edizione straordinaria Radio Carcere su ex-Cirielli

 

Comunicato Stampa, 24 ottobre 2005

 

Domani, martedì 25 ottobre, con il quotidiano "Il Foglio" troverete un’edizione straordinaria della pagina di Radio Carcere (a cura di Riccardo Arena), dedicata interamente al disegno di legge ex Cirielli.

In questo numero:

1. Chi difende la Cirielli e perché: editoriale di Gaetano Pecorella.

2. Chi è contro la Cirielli e perché: editoriale di Nello Rossi.

3. L’iter parlamentare della Cirielli, il suo contenuto, la critica di Radio Carcere.

4. I dati dell’effetto Cirielli forniti dalla Cassazione, dall’Associazione Nazionale Magistrati di Milano, confrontati con quelli del Ministero della Giustizia.

5. i dati sull’effetto Cirielli nelle carceri

6. Di chi è la colpa della Cirielli: editoriale di Emile (misterioso editorialista).

7. Le Associazioni delle Vittime che dicono No alla Cirielli.

8. I nomi dei giuristi che dicono No alla Cirielli.

Roma: Manconi visita il quindicenne che ha ucciso i genitori

 

Redattore Sociale, 24 ottobre 2005

 

Luigi Manconi, garante dei detenuti di Roma ha visitato stamane l’adolescente che, alcuni giorni fa, si è reso responsabile dell’omicidio dei propri genitori. "Nella mia qualità di Garante dei Diritti delle persone private della libertà ho avuto modo, questa mattina, di verificare direttamente e personalmente le condizioni in cui si trova recluso", ha detto. "All’interno dell’istituto di pena minorile di Casal del Marmo, ho potuto parlare della sua vicenda con la direttrice del carcere, col comandante degli agenti di polizia penitenziaria e con una delle psicologhe. Credo di poter dire che il ragazzo è assistito e tutelato come richiesto dalla sua particolare e drammatica condizione; e che la sollecitudine e la professionalità della direzione e del personale dell’istituto rappresentino una risorsa preziosa per il difficile cammino di recupero che lo attende". "Le decisioni ulteriori spettano solo ed esclusivamente alla magistratura, che so seguire il caso con grande attenzione; e che so capace di valutare con scrupolo quali siano le scelte più opportune. – ha aggiunto - Senza voler in alcun modo interferire col lavoro dei magistrati, mi limito a sottolineare come la legge consenta che il ragazzo – fatte salve tutte le necessarie esigenze di sicurezza - possa seguire un adeguato percorso terapeutico in una struttura diversa da quella del carcere".

Milano: convegno a San Vittore su carcere e comunicazione

 

Ansa, 24 ottobre 2005

 

Carcere e comunicazione: su questo tema, per iniziativa del Gruppo cronisti lombardi, si è svolto oggi nel carcere di San Vittore un convegno con l’obiettivo di analizzare un fenomeno diffusosi negli ultimi anni negli istituti penitenziari della Lombardia: la nascita di giornali attraverso i quali i detenuti possono tentare una sorta di evasione con la parola, raccontando quanto succede nei luoghi dove la libertà personale è cancellata. Nell’incontro, al quale hanno partecipato operatori carcerari, giornalisti e detenuti, si è parlato appunto delle iniziative che attraverso i giornali del carcere - alcuni dei quali con testate significative come "Uomini liberi" o "Controsenso", "Facce e maschere" e "Oblò" - consentono a molti detenuti di raccontare esperienze, fatti e stati d’animo vissuti nelle strutture in cui stanno scontando la loro pena. Durante il dibattito è intervenuto anche un detenuto con una pesante condanna sulle spalle. L’uomo ha raccontato che dal suo lavoro di giornalista in carcere ha ricevuto e riceve "gratificazioni che mi terrò per sempre". Ed ha aggiunto che sapere che c’è "gente che ascolta, leggendo i nostri problemi, le nostre ansie", alleggerisce il peso "della detenzione". Al convegno, in veste di relatori, hanno partecipato il provveditore dell’amministrazione penitenziaria della Lombardia Luigi Pagano, Francesca Valenti, direttrice dell’ufficio detenuti del provveditorato regionale, Roberta Cossia, giudice di sorveglianza di Milano, don Virginio Colmegna, direttore della Casa della Carità, Antonella Maiolo, sottosegretario agli affari sociali della Regione Lombardia con delega alle carcere, e diversi giornalisti, tra cui l’ex direttore della Gazzetta dello Sport Candido Cannavò, autore negli ultimi tempi di libri in materia carceraria. Luigi Pagano ha annunciato il varo di un tour per i cronisti in tutte le carceri della Lombardia, con lo scopo di far conoscere la effettiva situazione del "pianete" penitenziario.

Giustizia: Osapp, da Vitali solo promesse e niente fatti

 

Ansa, 24 ottobre 2005

 

"Dal sottosegretario Vitali è venuto tanto fumo e niente arrosto". La critica al sottosegretario alla Giustizia è dell’Organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria (Osapp) secondo cui "dopo l’intesa siglata da Vitali con Sappe, Sinappe e Fsa, per l’assunzione di 500 ausiliari e per uno stanziamento di 5milioni di euro, non è accaduto proprio un bel niente". "Come volevasi dimostrare - afferma Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp - nella prossima finanziaria non c’è nulla che riguardi la polizia penitenziaria. Gli unici stanziamenti (6 milioni di euro circa) sono per il personale tecnico-amministrativo, vale a dire educatori ed assistenti sociali. I detenuti sono arrivati a quota 60 mila. Servirebbero almeno 3 mila agenti in più. Se passerà la "ex Cirielli", le carceri saranno ancora più sovraffollate. La politica di questo governo è stata fallimentare, dal momento che si è tradotta in più detenuti e meno agenti". "Ad ulteriore riprova che -quelle di Vitali sono proposte elettorali - aggiunge l’Osapp - non ci sfugge il fatto che il sottosegretario andrà il 24 ottobre prossimo a visitare il carcere dell’Ucciardone, proprio su invito dei tre sindacati con cui ha siglato l’intesa, il mese scorso, che non si è tradotta in nulla di concreto". "Sollecitiamo invece l’on. Vitali - conclude Beneduci - a visitare le carceri di Brescia, Bergamo e Monza, dove il sovraffollamento è tale che le grida di allarme arrivano dalla popolazione detenuta".

 

 

Precedente Home Su Successiva