Rassegna stampa 3 maggio

 

Izzo: Castelli; non bisogna agire sull’onda dell’emozione

 

Adnkronos, 3 maggio 2005

 

"Non ho mai detto nessuno parli più di amnistia, dico di riflettere attentamente, perché poi è facile parlare di liberare i detenuti, ma possono accadere anche episodi di questo genere". Lo ha dichiarato il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, nel corso della puntata di Porta a Porta che andrà in onda questa sera, in seconda serata, su Raiuno, e che tratterà la vicenda di Angelo Izzo.

"Ho inteso richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica su un tema estremamente delicato, che può portare a gravi sofferenze per cittadini innocenti", ha proseguito Castelli. "Non bisogna agire sull’onda dell’emozione. Quello dell’amnistia è un tema che riguarda in primo luogo il Parlamento e non tanto il ministro". Riguardo l’attribuzione della semi-libertà a Izzo, il ministro ha affermato che "la decisione ultima spetta al magistrato di sorveglianza, insieme al parere di psicologi, educatori e direttore del carcere", aggiungendo subito: "È ovvio che con il senno di poi è stato commesso un errore: bisogna capire se è stato un errore in buona fede, su dati oggettivi che hanno tratto in inganno tutti, o se c’è stata negligenza". E annunciando poi: "Entro 15-20 giorni avrò il rapporto degli ispettori". Intanto oggi si è venuto a sapere che fu il Tribunale di sorveglianza di Palermo a concedere la semilibertà a Izzo, il massacratore del Circeo sospettato d’aver ucciso Maria Carmela Limucciano e Valentina Maiorano, moglie e figlia di Giovanni Maiorano, l’ex collaboratore di giustizia affiliato alla ‘Sacra Corona Unità detenuto per omicidio a Palermo. Il provvedimento sarebbe stato firmato nel novembre 2004, quando Izzo era detenuto nel carcere Pagliarelli. A presiedere il tribunale di sorveglianza, in quell’occasione, era stato il presidente Pietro Cavarretta con due magistrati, un uomo e una donna. Proprio nel carcere di Pagliarelli sarebbe avvenuto l’incontro fra Izzo e Giovanni Maiorano, marito e padre delle due vittime.

I giudici del Tribunale di Sorveglianza di Palermo disposero due rinvii prima di emettere il provvedimento di semilibertà. Izzo aveva presentato l’istanza nell’aprile 2004 attraverso il suo legale, il catanese Enzo Guarnera, ex deputato della Rete. I rinvii si resero necessari per poter esaminare e approfondire la richiesta. La prima volta il massacratore del Circeo aveva chiesto la libertà condizionale, poi negata dal Tribunale; poi aveva chiesto di ottenere la semilibertà. L’istanza è stata esaminata, oltre a due giudici togati, anche da un medico psichiatra e da una psicologa. "Angelo Izzo sembrava veramente pentito", ha detto il giudice di sorveglianza Gabriella Gagliardi, commentando il provvedimento col quale, nel novembre del 2004, venne concessa la semilibertà. "Davanti al collegio - ha detto ancora - Izzo sembrava ravveduto...". Anche il giudice Pietro Cavarretta, l’altro firmatario del provvedimento di semilibertà, ha ribadito più volte che non avrebbe "mai pensato che potesse accadere una cosa del genere", e ha ricordato che Izzo "era stato sentito nell’ultima udienza del suo procedimento e lui stesso aveva analizzato il suo passato criminale, criticando tutto quello che aveva fatto. Alla fine aveva detto che era pentito di ciò che aveva fatto". Intanto oggi l’avvocato Enzo Guarnera, da due anni legale di Izzo, ha tracciato un profilo del suo assistito: "Si sentiva cambiato, e voleva che si iniziasse a parlare anche in termini propositivi". "Non voleva che si ricordasse sempre il massacro del Circeo", spiega Guarnera. "Io lo conosco da due anni e m’è sembrata una persona che voleva recuperare la dimensione normale della vita e della società. Una persona propositiva, con diversi progetti, tanto che ipotizzava d’intraprendere iniziative imprenditoriali, magari nei prossimi anni, con misure più leggere". Il legale ha citato anche una relazione stilata dall’equipe di esperti che ha seguito Izzo nella casa circondariale di Campobasso: da questi documenti, secondo Guarnera, emergerebbe "l’evoluzione di Izzo, con l’ammissione di errori e la proiezione verso un futuro diverso". Secondo l’avvocato, inoltre, sono "gratuite e pretestuose" le polemiche divampate in questi giorni sulla semilibertà. "I giudici - dice - sono stati scrupolosissimi nell’esame accurato dei documenti".

"Incontrerò Izzo domani a Campobasso, di questa vicenda per ora so solo quello che hanno scritto i giornali, nulla di più", ha poi affermato il legale. Intanto Emilio Venditti, il sindaco di Gambatesa, il piccolo centro in provincia di Campobasso dove le due donne trovate morte risiedevano, ha ricordato le due vittime: "Lo sapevamo tutti in paese che il marito della signora stava in carcere, ma mamma e figlia si erano perfettamente integrate nella nostra comunità". "La notizia della loro morte l’ho appresa in tv", ha detto ancora il sindaco. "Purtroppo ad apprendere la notizia della morte della loro compagna, in tv e senza filtro, sono stati anche i ragazzi e la gente che ha manifestato grande preoccupazione per l’accaduto".

Amnistia, domande al ministro, di Gerardo D’Ambrosio

 

L’Unità, 3 maggio 2005

 

In una intervista a Repubblica il ministro Castelli, commentando il duplice omicidio di recente scoperto e attribuito ad Angelo Izzo, già condannato all’ergastolo per i noti efferati fatti del Circeo, ha affermato che chi ha invocato e invoca ancora l’amnistia dovrebbe pensarci, perché la sicurezza dei cittadini e delle persone oneste viene prima di ogni altra cosa.

Non riesco assolutamente a comprendere cosa abbia a che vedere la vicenda di Angelo Izzo con l’amnistia. Angelo Izzo, sempre che sia lui il duplice omicida, dopo trent’anni di carcere fruiva della liberazione condizionale, beneficio che viene concesso dal Tribunale di Sorveglianza, del quale fanno parte, oltre che magistrati, esperti di vario tipo tra cui certamente un professore di criminologia. Era sottoposto pertanto alla libertà vigilata, al controllo cioè da parte dell’autorità di pubblica sicurezza, perché osservasse le prescrizioni impostegli dallo stesso Tribunale. Tra l’altro dopo cinque anni dalla pronuncia del provvedimento, se non fosse incorso in violazioni tali da importare la revoca del beneficio, Izzo sarebbe tornato a essere un libero cittadino, in quanto, trascorso detto periodo, per legge, non solo la pena ma anche la misura di sicurezza si estinguono. Se Angelo Izzo risulterà colpevole degli omicidi attribuitigli significherà solamente che la nostra organizzazione penitenziaria non possiede alcuna seria e concreta organizzazione per verificare il "ravvedimento" di delinquenti di particolare natura, quali quelli che commettono delitti a sfondo sessuale contro le persone, o comunque significherà che il giudizio espresso dal Tribunale di Sorveglianza era errato. Il problema dell’amnistia è evidentemente legato a ragioni completamente diverse e che si possono riassumere: a) nel sovraffollamento delle carceri, i detenuti sono oltre 56.000 a fronte dei 30.000 posti disponibili; b) nelle conseguenti terribili condizioni di vita dei detenuti che finiscono con l’esasperare l’effetto punitivo della pena, in contrasto con il precetto costituzionale secondo cui "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato".

Intendiamoci, sono stato e sono contrario a provvedimenti di clemenza perché sono pannicelli caldi anzi tiepidi che non risolvono e non possono risolvere i problemi carcerari né i problemi della durata eccessiva del processo penale. Tutti sanno che dopo pochi mesi le carceri sarebbero di nuovo sovraffollate, perché detti provvedimenti, facendo venir meno uno degli effetti più importanti di prevenzione della legge penale, l’ineluttabilità della pena, avrebbero un effetto criminogeno. Tutti sanno che il carico di lavoro dei magistrati si ridurrebbe solo per pochissimo tempo e che parte di quel tempo sarebbe necessario a pronunciare i provvedimenti di proscioglimento o di scarcerazione conseguenti all’applicazione dei benefici. Va però detto a chiare lettere che la maggioranza di centro destra di questa XIV legislatura, non ha fatto nulla, assolutamente nulla, né per evitare il sovraffollamento delle carceri né per scoraggiare la criminalità che negli ultimi anni, con una chiara inversione di tendenza, è vistosamente aumentata. Come ben messo in evidenza dal progetto di riforma del Codice Penale, predisposto dalla Commissione presieduta dal prof. Grosso nella precedente legislatura, occorreva innanzitutto non riservare la funzione di repressione solo al diritto penale, affidandosi alla carcerazione come unica soluzione. Occorreva ridurre gli illeciti penali e privilegiare più l’effetto dissuasivo che l’effetto punitivo delle sanzioni. Occorreva insomma trovare soluzioni alternative al carcere. Una delle soluzioni, ad esempio, sarebbe potuta essere quella di affidare a comunità terapeutiche gestite dallo Stato (considerato che molte di queste già ricevono congrui contributi da parte di enti pubblici) i tossicodipendenti condannati per delitti diversi da quelli contro la persona o da quello di appartenenza ad associazioni criminali dedite allo spaccio. Questi condannati rappresentano infatti oltre il 30% della popolazione carceraria.

Altra soluzione sarebbe potuta essere quella di sostituire il carcere per i delitti colposi, carcere che peraltro non viene mai scontato per la concessione della sospensione condizionale della pena, con altre sanzioni non carcerarie ma effettive, che avrebbero certamente maggior effetto dissuasivo.

Il governo ha preferito invece affidarsi alla formulazione di un nuovo codice penale di cui, dopo quattro anni, non si sa nulla se non che amplierà i termini della legittima difesa e dell’uso legittimo delle armi. Nulla ha fatto poi questa maggioranza per tentare una riduzione dei tempi di definizione dei processi penali, che hanno raggiunto limiti ormai assolutamente intollerabili per uno stato civile e democratico, riduzione che avrebbe un effetto altamente dissuasivo sulla criminalità ed un effetto altamente positivo sulla credibilità della giustizia.

Ha preferito infatti spendere tempo ed energie per l’approvazione di leggi che non potevano portare alcun beneficio alla collettività, quali quelle sulle rogatorie, sul falso in bilancio, sulla remissione per legittimo sospetto, sulla immunità delle più alte cariche dello Stato o che tendevano a limitare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, quale quella sull’ordinamento giudiziario che, non a caso è stata rinviata al Parlamento dal Capo dello Stato, per avervi ravvisato ben quattro punti di evidente contrasto con norme costituzionali. Né ha infine pensato di destinare risorse per rendere più spedita l’applicazione di misure alternative al carcere e per aiutare i condannati a reinserirsi nel tessuto sociale, rinforzando i servizi sociali e stabilendo proficui rapporti tra questi ed il mondo del lavoro. Forse sarebbe opportuno che il ministro chiarisse, innanzitutto a se stesso, quali sono le misure alternative all’amnistia che intende adottare e quali sono le risorse economiche che è riuscito a reperire per attuarle.

Izzo in semilibertà: accuse ai giudici di Palermo

 

Corriere della Sera, 3 maggio 2005

 

Angelo Izzo libero come un falco dalle otto e trenta alle venti dal lunedì al venerdì e dalle otto e trenta alle sedici il sabato? La responsabilità non è nostra, dicono al tribunale di sorveglianza di Campobasso, la responsabilità è dei colleghi di Palermo, del tribunale di sorveglianza del capoluogo siciliano, che ha disposto la semilibertà e ha rispedito il detenuto proprio a Campobasso, dove c’è l’associazione che gli avrebbe dato lavoro, "Città futura". E in un volantino "Città futura" spiega la sua filosofia: "Hai bisogno di aiuto? Vuoi dare aiuto?".

Ecco, il dottor Antonio Mastropaolo, da vent’anni giudice di sorveglianza sulle carceri, dal 1987 presidente del tribunale di sorveglianza di Campobasso, la sua città natale, dice che non fu d’accordo allora, quando Palermo glielo rispedì, nel novembre 2004, e tantomeno è d’accordo oggi: "Per me Izzo non doveva essere messo a contatto con soggetti disadattati, come quelli che frequentavano "Città futura". Mastropaolo aggiunge che lui non avrebbe proprio concesso la semilibertà, perché oltre ad aver scontato almeno vent’anni di reclusione, il detenuto che ne usufruisce deve "aver dimostrato un mutamento di personalità". "A noi - ricorda il magistrato - Izzo aveva chiesto la liberazione condizionale e non l’aveva ottenuta. Venivano qui i suoi parenti a premere, reiteratamente, perfino uno zio generale. Ma noi non cedemmo". Del resto, per ottenere la libertà condizionale Izzo avrebbe dovuto risarcire il danno alle sue vittime, le due povere ragazze del Circeo, Rosaria Lopez che non c’è più e Donatella Colasanti, viva per miracolo, ma questo non è avvenuto. Angelo Izzo arriva per la prima volta a Campobasso alla fine degli anni ‘90. Alle spalle c’è la tragedia del Circeo e prima altre due violenze carnali ai danni di ragazze. Ha già tentato di evadere da Latina e da Paliano, è evaso da un permesso premio per compleanno nel ‘93 da Alessandria. A Campobasso finisce nella sezione di chi "collabora". Entra in contatto con Dario Saccomani, il pastore evangelico di "Città futura ", che in carcere cerca di "guardare al presente, non al passato dei detenuti".

Il comportamento di Izzo è buono e anche il tribunale di sorveglianza di Campobasso glielo riconosce se, a partire dal 2003, ogni paio di mesi gli concede permessi premio, un paio di giorni ogni volta, agli arresti domiciliari, presso un albergo. Ma durante uno di questi permessi Izzo, nell’albergo, organizza un festino e assieme a lui, per passare la notte, c’è Luca Palaia, uno dei due arrestati sabato scorso. Luca Palaia, ventunenne, con qualche precedente per rapina, che pure frequenta "Città futura". Il padre di Palaia è in carcere a Campobasso, condannato a undici anni per rapina, ricettazione, resistenza a pubblico ufficiale. Il tribunale di sorveglianza teme che lo "scandalo" legato a Luca possa generare vendette all’interno del penitenziario e promuove il trasferimento di Izzo. Siamo nella prima parte del 2004, lo scorso anno.

Angelo Izzo finisce a Palermo, carcere Pagliarelli, una punizione, allontanato da Roma, sua città di riferimento, di molti chilometri. Ma nel giro di alcuni mesi Izzo convince i giudici di sorveglianza di Palermo. Nella relazione che gli consente la semilibertà e lo spedisce a lavorare a "Città futura" si legge che "le sofferenze e le privazioni in carcere gli hanno permesso di rielaborare la propria identità, di prendere le distanze da un passato aberrante". Questa è la diagnosi e poi viene la prognosi: per il futuro si può considerare "una positiva disposizione verso la partecipazione sociale" e la semilibertà appare "misura adeguata a prevenire il pericolo di nuovi reati e a favorire il graduale reinserimento nella società". A novembre dello scorso anno Izzo è nuovamente a Campobasso. Inizia il lavoro all’associazione, ma intanto si diffonde la voce che voglia vendicarsi del giudice di sorveglianza Mastropaolo, reo di averlo spedito a Palermo. A Mastropaolo per tre mesi viene assegnata una scorta, poi le voci si ritengono infondate. "Io non l’avrei rimesso in semilibertà - dice Mastropaolo -. Da questo errore sono scaturiti due omicidi". Andrea Garibaldi

Izzo: Castelli; il giudice ha sbagliato ma in nome della legge

 

La Provincia di Como, 3 maggio 2005

 

"I giorni pari vengo attaccato perché sono stato troppo severo e i giorni dispari, sempre dalle stesse persone, perché sono stato troppo permissivo. Proprio vero, in Italia quando si parla di giustizia, la coerenza diventa un optional". Roberto Castelli, ministro lecchese della Giustizia, parla a "La Provincia" del caso di Angelo Izzo, il massacratore del Circeo che è sospettato di un duplice omicidio, avvenuto mentre si trovava in semilibertà dal carcere di Campobasso. Una vicenda che ha rilanciato nuove e antiche polemiche, sovrapponendosi al dibattito sull’amnistia appena tornato di attualità, ai suicidi nel carcere di Sulmona e, addirittura, alla richiesta di grazia avanzata da Renato Vallanzasca. Ministro Castelli, la sopravvissuta del massacro del Circeo, Donatella Colasanti, sostiene che per Izzo ci vorrebbe la pena di morte... La capisco perfettamente.

Lei - lei sola - ha tutto il diritto di dire quelle cose. Io no, non posso dirlo e non condivido neppure questa posizione. Ma non posso certo commentare le parole di una persona che ha subìto simili sofferenze. E adesso ci risiamo. Izzo è tornato ad essere il mostro da prima pagina. La cosa più curiosa è che finora non è stato adottato alcun provvedimento. Tutti noi abbiamo dato per scontata l’intera vicenda ma, evidententemente, la magistratura sta ancora indagando per ricostruire l’accaduto. Però il problema resta, signor ministro. Angelo Izzo, pur condannato all’ergastolo, era in regime di semilibertà. Lo stesso "Osservatore romano" ieri parlava di "sconcertante libertà concessa a un ergastolano"... non voglio certo entrare in polemica con il giornale della Santa Sede, ci mancherebbe altro.

Da parte mia, tuttavia, preferisco attenermi a una linea prudente. Ovvero? Sicuramente io ho sempre operato con maggior riguardo e attenzione nei confronti delle vittime e dei loro parenti. Sono sempre stato dalla parte di Abele e non da quella di Caino. Ma il mio agire deve avvenire in un quadro realistico. Si riferisce ai permessi ai detenuti? Certo. Le norme premiali, come vengono definite, esistono in tutto il mondo. Il problema è un altro: bisogna appurare se il magistrato incaricato di decidere su questi premi sbaglia in buona o cattiva fede. Nel caso di Izzo? Vale lo stesso ragionamento.

Bisognerà controllare il percorso penitenziario del detenuto, esaminare le ragioni che hanno indotto il magistrato a concedere la semilibertà e verificare la fondatezza di queste motivazioni. Ma è altro che mi preoccupa, in questo momento. Che cosa? La coerenza di chi è chiamato a commentare questi episodi. Un giorno sì e l’altro pure vengo accusato dalla sinistra di voler violare l’autonomia della magistratura e poi in Commissione Antimafia - incredibilmente anche con i voti della maggioranza - vengo censurato da una relazione del commissario diessino Maritati per non essere intervenuto sui magistrati di sorveglianza che hanno cancellato ben 70 detenzioni sulla base del 41bis. Non solo. Passano un paio di giorni e quelle stesse persone mi attaccano sui giornali per i suicidi avvenuti a Sulmona, che secondo loro sarebbe un carcere troppo duro.

E pensare che non ci sono neppure detenuti a 41bis. Ah, benedetta coerenza... E la grazia a Vallanzasca? Beh, lì almeno esiste una diversità di opinione sulla concessione o meno di un provvedimento. C’è un’istruttoria in corso, vedremo. Quello che non capisco è come lo stesso individuo possa dire il giorno prima una cosa e il giorno dopo la cosa esattamente contraria. Però sono difficili da capire, dal di fuori, le ragioni della concessione della semilibertà ad Izzo... Per me sarebbe facile, visto il clima non idilliaco con la categoria, sottolineare che il ministro non c’entra nulla e che è tutta colpa del giudice di sorveglianza. Ma io non sono abituato a buttare addosso la croce a una persona.

Sostengo, e lo ribadisco, che un magistrato di sorveglianza può sbagliare perché nessuno è infallibile. E con il senno di poi è ovvio che, in questo caso, è stato commesso un errore. Ora bisogna stabilire se ha agito in buona fede o per negligenza. Lo appureremo, statene certi. Possiamo sperare in maggiore rigidità per il futuro? Sono già intervenuto più volte con provvedimenti disciplinari contro la concessione dei permessi facili. Io non sono per lasciare i malviventi in libertà, come si vorrebbe con indulti ed amnistie per un banale conto matematico.

Non bisogna intervenire sull’onda dell’emozione. Vorrei invece una verifica scrupolosa do ogni singolo caso. È davvero tanto malata questa giustizia? Ci sono luci e ombre. Le ombre sono rappresentate dalla riforma dell’ordinamento giudiziario che non va in porto, nonostante le rassicurazioni di facciata. Le luci dalle due leggi delega che ci accingiamo a varare in settimana sul diritto fallimentare e sul codice di procedura civile. Poi toccherà al codice di procedura penale, visto che i lavori della Commissione sono ormai ultimati. Tra un mese potrò dire di aver fatto tutto quanto mi ero ripromesso. Toccherà poi al Parlamento decidere nel merito. Le mie proposte sono tutte lì sul tavolo. Ernesto Galigani

Castelli difende i benefici, da ripensare solo l’applicazione

 

Repubblica, 3 maggio 2005

 

Il caso Izzo "non mette in discussione l’attuale impianto normativo, ma le modalità con cui vengono applicati i benefici". È questo il parere del ministro della Giustizia, espresso stamane alla trasmissione ‘Radio anch’iò. Dopo aver premesso che la prudenza è d’obbligo, visto che si è ancora in fase di indagine, il Guardasigilli ha sottolineato come "è facile parlare col senno di poi. Quello che bisogna capire è se vi sia stata negligenza o leggerezza o se ci sono state delle circostanze che hanno condotto il magistrato" a prendere un determinato provvedimento. Ciò che sembra al momento è che il tragico "errore sia stato commesso in buona fede".

"Mi pare - ha detto ancora Castelli - che non tanto vada cambiata la legge quanto l’atteggiamento culturale di alcuni operatori" che rischiano di essere troppo "indulgenti". Il ministro ha quindi ricordato: "Abbiamo circa 50.000 detenuti in esecuzione penale esterna, nella stragrande maggioranza dei casi tutto funziona. Poi ci sono episodi tremendi che ci fanno pensare".

"Raccomanderei di non cedere allo stato d’animo del momento", ha continuato Castelli, ricordando come le recenti polemiche seguite ai suicidi avvenuti nel carcere di Sulmona appena pochi giorni fa avevano mosso sentimenti opposti a quelli scaturiti dal caso Izzo, con la richiesta di scarcerare un grande numero di detenuti. "Bisogna mantenere la testa fredda - ha concluso - ragionare con calma".

Castelli: non metto in discussione benefici o amnistia

 

L’Unità, 3 maggio 2005

 

Il Guardasigilli Roberto Castelli fa un passo indietro rispetto alle polemiche sull’amnistia che aveva scatenato a partire dal caso Izzo, il massacratore del Circeo tornato a uccidere. Il caso Izzo, dice martedì il ministro della Giustizia, "non mette in discussione l’attuale impianto normativo, ma le modalità con cui vengono applicati i benefici". Così rettifica parlando alla trasmissione "Radio anch’io". Dopo aver premesso che la prudenza è d’obbligo, visto che si è ancora in fase di indagine, il Guardasigilli ha anche notato "è facile parlare col senno di poi. Quello che bisogna capire è se vi sia stata negligenza o leggerezza o se ci sono state delle circostanze che hanno condotto il magistrato" a prendere un determinato provvedimento. Ciò che sembra al momento è che il tragico "errore sia stato commesso in buona fede".

Ieri sera nella trasmissione di Bruno Vespa la sua posizione era risultata più dura, sia sull’errore del giudice sia sulle misure premiali rispetto alla pena detentiva. Il caso Izzo infatti aveva dato il là a Castelli per un’arringa contro i progetti di amnistia. "Vengo accusato di operare un giorno e l’altro pure contro l’autonomia della magistratura", ha detto il ministro, sottolineando di voler invece contrastare "l’atmosfera di natura culturale", che porta a considerare i detenuti "comunque redenti" e a considerare più i loro diritti rispetto a quelli dei cittadini. Sul caso specifico di Izzo il ministro aveva aggiunto: "Bisogna capire se le procedure e le informazioni date al magistrato di sorveglianza sono state corrette".Quanto alle perplessità suscitate dal compito che Izzo svolgeva nell’associazione "Città futura", Castelli ha detto: "Siamo di fronte a persone che poiché hanno vissuto il dramma del delitto sono in grado di aiutare meglio gli altri rispetto a chi non l’ha vissuto. È chiaro, comunque, che in questo caso c’è stato un errore".

Il ministro Castelli si dice "disponibile a misurarsi" con interventi di clemenza purché sia "per argomenti alti e nobili" come ad esempio "chiudere un periodo storico". Si dice invece assolutamente contrario "a fare uscire tutti i detenuti come sostiene Marco Pannella". "Quella non è amnistia, ma una resa dello Stato", sostiene Castelli. E cita come esempio "nobile" "la grande e nobile amnistia del mio predecessore Togliatti". Un tema sul quale discutere, secondo Castelli, potrebbe essere "l’approvazione della nuova Costituzione. Oppure la pacificazione degli opposti schieramenti, che per ora non vedo. Se riuscissimo ad entrare in un bipolarismo compiuto - afferma - si potrebbe ragionare di amnistia".

Nessuna disponibilità, inoltre all’argomento dell’intasamento delle aule processuali e alla lentezza del sistema giudiziario. Per Castelli sarebbe come abdicare al compito dello Stato dire che si scarcerano i detenuti in attesa di giudizio perché non si riesce a fare i processi. Il Guardasigilli sottolinea per altro che "nei penitenziari ci sono oggi 58.000 detenuti; non era mai accaduto prima. Mi preoccupo, ma non posso risolvere un problema mio scaricandolo sui cittadini".

Giustizia: troppi benefici, nessuna certezza della pena

 

La Provincia di Como, 3 maggio 2005

 

Giustizialisti o garantisti? Il dibattito alla luce di quanto accaduto in questi giorni è più che mai attuale. È giusto infatti che il massacratore del Circeo Angelo Izzo venga lasciato in regime di semilibertà o che "il boss del Brenta" Renato Vallanzasca venga dato un permesso di tre ore per visitare la madre? Per l’opinionista Massimo Fini il problema della giustizia in Italia non è tanto nel "concedere o meno i benefici", ma quello di assicurare a chi infrange la legge "la certezza della pena". Allora Fini, Izzo, il massacratore del Circeo, che godeva di un regime di semilibertà è ora accusato di aver ucciso due donne. Com’è possibile che succedano fatti del genere?

"In generale il nostro ordinamento ha creato un eccesso di benefici ai detenuti. Ciò avviene per una serie di motivi, primo fra tutti, una situazione carceraria da terzo mondo. Il problema credo sia proprio questo: rendere umana la carcerazione. I fatti di cronaca dimostrano che gli sconti di pena o i benefici servono a poco con certe persone". È contrario quindi all’amnistia proposta dal papa Giovanni Paolo II tornata in auge in questi ultimi giorni? "L’amnistia e gli indulti servono a poco. Nel giro di due anni la maggioranza degli ex detenuti tornerebbe a delinquere e la situazione ritornerebbe identica a quella di oggi.

L’amnistia sarebbe deleteria sotto un altro punto di vista: e cioè che si abbatte il principio della certezza della pena che non deve essere né feroce né esemplare ma deve essere soltanto rispettata. Il vero nodo è ridurre la lunghezza dei processi. Buona parte dei detenuti è in attesa di giudizio. Quanto ai benefici non sono altro che un atto di discrezionalità del magistrato di sorveglianza". In questi giorni abbiamo assistito a due casi destinati a far discutere: quello del mostro del Circeo Angelo Izzo e il permesso dato Vallanzasca. Che cosa ne pensa?

"Tra Izzo e Vallanzasca c’è un abisso. Vallanzasca è stato un bandito ma ora è una persona normale. Izzo è uno psicolabile ed è ancora un uomo molto pericoloso. Del resto bisogna dare atto che in alcuni casi è difficile prendere delle decisioni senza essere smentiti dopo poco tempo. È impossibile infatti fissare dei canoni precisi per concedere o meno i benefici". Insomma Vallanzasca a suo avviso aveva tutti i diritti di chiedere un permesso. "Vallanzasca ha già scontato diversi anni carcere. Non trovo così scandaloso il fatto che chieda tre ore di permesso per vedere la mamma novantenne. È molto più strana la semilibertà di Izzo, ammesso che sia colpevole del duplice omicidio di cui viene accusato". Sarebbe favorevole a concedere la grazia al boss del Brenta? "Se la pena deve tendere alla rieducazione del condannato direi che con Vallanzasca l’obiettivo è stato raggiunto. Se uscisse dal carcere sarebbe un buon cittadino. E poi Vallanzasca si è limitato a chiederla e personalmente se fosse per me potrebbe anche ottenerla. Di sicuro la merita la merita più lui di chi come Adriano Sofri la pretende senza nemmeno chiederla". Mario Cagnetta

Vallanzasca: la madre; prima di morire voglio vederlo fuori

 

L’Unione Sarda, 3 maggio 2005

 

È la grazia per il figlio detenuto da 35 anni l’ultimo, grande desiderio di Maria P., l’anziana madre di Renato Vallanzasca, ex indiscusso capo della banda della Comasina e maestro dell’evasione, che sta scontando quattro ergastoli e 260 anni di galera come condanna di una lunga lista di crimini, e che giovedì scorso ha presentato formale istanza per il provvedimento di clemenza. A riaccendere le speranze di questa donna, 89 anni e i postumi di un ictus appena superato, ma una voce forte e decisa, è stata l’inattesa possibilità di riabbracciare suo figlio, quel "bel René" che non vedeva da quattro anni perché non era in grado di andarlo a trovare fino nel carcere di massima sicurezza di Voghera, a causa delle precarie condizioni di salute.

Ieri, non solo ha potuto riabbracciarlo, ma sotto gli occhi degli agenti di polizia penitenziaria che lo scortavano ha potuto pranzare con lui e con Antonella, l’amica di famiglia che si occupa di lei: un piacere che, alla madre, non toccava da oltre trent’anni, da quando, cioè, la polizia mise fine alle scorribande criminali della famigerata banda che aveva terrorizzato Milano (e non solo) con rapine e spaccio di droga negli anni Settanta.

"È tanto che aspettavo...", pare abbia detto, emozionata, la vecchia signora Maria quando ha visto il suo Renato sulla soglia. E giù lacrime e sorrisi, lei e quel figlio il cui nome fa ancora paura. "Se qualcuno avesse visto il temibile Vallanzasca rimanere tre ore piegato su sua madre a baciarle le mani, a incoraggiarla a mangiare un po’ di più dicendole di farlo per lui - spiega Antonella 56 anni, amica di famiglia e, da alcuni mesi, legata sentimentalmente al detenuto - avrebbe capito che quel Vallanzasca non c’è più. E d’altra parte cosa volete che rimanga di una persona dopo 35 anni di carcere duro?".

E lei, la mammetta, come la chiama ancora Renè, che dice? "Certo che sono contenta - commenta sbrigativamente, con voce squillante, al citofono, la signora Maria, dopo aver mandato via i giornalisti - E ora speriamo nella grazia". Maria, infatti, ha un desiderio, un’ossessione che quasi le impedisce di lasciare questa vita. "Vorrei morire - ha detto - ma prima devo vedere mio figlio libero. È come se l’ossessione di poterlo vedere di nuovo fuori - spiega Antonella - le desse l’energia di continuare.

Dopo l’ictus, ad esempio, avrebbe dovuto rimanere in osservazione, ma quando è venuto giovedì, il giorno in cui Renato le telefona dal carcere, non ha voluto saperne di restare". Renato Vallanzasca, accusato di sette omicidi, tre sequestri di persona e tre evasioni, è detenuto nel carcere di Voghera, in regime duro contro il quale ha protestato di recente, anche con uno sciopero della fame: nei giorni scorsi il quotidiano Libero ha pubblicato una sua lettera al presidente Ciampi. Poi, giovedì scorso, all’ufficio matricola del carcere di Voghera ha presentato l’istanza formale di grazia, partita per il Ministero venerdì. Ora, Vallanzasca può solo attendere e sperare. "Quando parlo ai detenuti di lui - dice Antonella, che lavora in una cooperativa che si occupa del recupero dei carcerati - i ragazzi stanno attenti. Perché Renato è rimasto un’icona, in quel mondo. E quando spiego loro come lavora al computer, nel carcere, e che loro devono trovarsi, allo stesso modo, un’occupazione per dimostrare ciò che sanno fare, mi danno retta".

Vallanzasca: Castelli, grazia presentata legittimamente

 

Adnkronos, 3 maggio 2005

 

"Attualmente non posso esprimere nessun giudizio, c’è tutta un’istruttoria da compiere. Valuteremo se questo detenuto che ha presentato legittimamente domanda di grazia, a parere mio ma soprattutto degli uffici del Ministero, meriti che questa domanda venga inoltrata al Capo dello Stato". Il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, commenta così l’ufficializzazione della richiesta di grazia da parte di Renato Vallanzasca

Sulmona: trasferiti 40 detenuti dell’alta sicurezza

 

Il Messaggero, 3 maggio 2005

 

Sono ripresi i trasferimenti dei detenuti più a rischio dal Carcere di Via Limaccio; ieri almeno una quarantina hanno lasciato Sulmona diretti verso altri Istituti. Sono detenuti che erano sottoposti ad un regime di alta sicurezza e che presentavano precedenti atti di autolesionismo o con problemi di carattere psicologico. La decisione di spostare questi soggetti è stata assunta da Sebastiano Ardita, capo della Direzione generale dei detenuti del Dap, che si trova a Sulmona per far luce, con una ispezione, che dovrebbe concludersi nella prossima settimana, sulle cause di questa assurda catena di suicidi. E proprio su questo drammatica vicenda abbiamo una testimonianza importante: quella dell’avvocato Fabiana Gubitoso dell’Aquila, legale di Francesco Vedruccio. Lasciamo a lei la parola. "Ormai da anni - scrive - frequento la Casa di Reclusione di Sulmona. Nonostante le 10 sezioni non si presenta come un istituto sovraffollato". Entrando nel tema aggiunge: "Gli episodi di autolesionismo non devono far cadere in un passaparola fatto di "superstizioni popolari", accuse di "infiltrazioni mafiose", o addirittura di "istigazioni al suicidio" di cui riecheggiano le notizie sui i media. Il Vedruccio, che, da ultimo, il 22 marzo u.s. si era visto rigettare una richiesta di sospensione pena e detenzione domiciliare, era da tempo affetto da dolori e difficoltà deambulatorie dettate da postumi di ferita d’arma da fuoco alla gamba sinistra, soffriva inoltre di forte depressione, nonché di anoressia. Quest’ultima, nel 2003, gli aveva fatto perdere 35 kg".

Questa condizione, unita ad un tentativo di suicidio a Palermo avevano indotto i sanitari di quel carcere a sollecitare un trasferimento più vicino alla famiglia per quel conforto che poteva dare.

"Una spiegazione di quanto accaduto - scrive Fabiana Gubitoso - pertanto non va cercata nella responsabilità di agenti o nell’eventuale carenza di controlli, bensì è da ricondursi ad un malessere personale, espresso sicuramente nel peggiore dei modi, dettato in primis dallo status di detenuto, nonché dai limitati, difficili e/o carenti rapporti con i familiari e dalla diversità di vedute con i Magistrati chiamati a concedere brevi permessi o altri benefici alternativi alla detenzione".

L’avvocato Fabiana Gubitoso affronta poi il tema del trasferimento dei detenuti e, giustamente, lo liquida come un semplice spostamento del problema. "Abbiamo una struttura di massima sicurezza, una delle migliori sul territorio nazionale - conclude - e se una critica si può fare all’Istituto sulmonese che la si faccia in maniera costruttiva". E chiede aumenti di personale specialistico. Chiude la sua lettera con una frase emblematica: "L’espiazione di una condanna segue un sentiero tortuoso in cui anche la più piccola difficoltà può diventare insuperabile". Un pensiero su cui riflettere e a fondo.

Sulmona: trasferiti i detenuti con problemi psicologici

 

Il Tempo, 3 maggio 2005

 

Alleggerire la pressione sull’istituto di pena, permettere agli operatori di lavorare in condizioni meno angoscianti, limitare il pericolo di ulteriori fenomeni emulativi da parte dei reclusi. Sono le parole d’ordine che hanno spinto l’amministrazione penitenziaria a decidere i primi trasferimenti di detenuti dal supercarcere di Sulmona, individuati tra quelli con difficili situazioni psicologiche, reagendo così alla catena di suicidi che ha funestato la struttura abruzzese. Ieri sono partiti per altre destinazioni i primi due soggetti: nel pomeriggio due detenuti comuni, con alle spalle atti di autolesionismo, sono stati portati in altri due penitenziari abruzzesi, Teramo e L’Aquila.

Nei prossimi giorni, probabilmente già domani, dovrebbero essere trasferiti circa 30 altri detenuti, sia comuni che in regime di alta sicurezza, con destinazioni in diverse carceri sparse su tutto il territorio. Il capo della direzione generale detenuti e trattamento del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Sebastiano Ardita, incaricato di condurre un’inchiesta straordinaria, sta continuando a valutare decine di situazioni a rischio, tra coloro che hanno problemi psicologici o che in passato sono stati protagonisti di episodi autolesionistici. Non hanno perso tempo dunque, il Ministero di Giustizia e il Dap nell’affrontare una situazione che, a detta del ministro Castelli, era diventata "intollerabile", dopo il sesto suicidio nell’arco di un anno e mezzo, il terzo dall’inizio del 2005. È stato accolto l’appello che proveniva dalla direzione del carcere e dai vertici interni dell’area medica, sulla necessità di ridurre l’eccessivo numero di detenuti "difficili". Intanto ieri pomeriggio l’autopsia sul corpo dell’ultimo detenuto suicida, Francesco Vedruccio, ha confermato la morte per soffocamento da impiccagione.

Porto Azzurro: detenuti e volontari a pulire le Fortezze

 

Elba Oggi, 3 maggio 2005

 

Non si poteva sbagliare, i detenuti del carcere di Porto Azzurro, volontari d’eccezione per la giornata di pulizia delle Fortezze medicee, indossavano, per così dire, le "maglie della società".

Maglie nere con il timbro "visto per censura", o con il calendario "fatto in cella" con i giorni smarcati sul muro. Un modo per sdrammatizzare la loro difficile condizione, ma anche per promuovere i prodotti artigianali, e del commercio equo e solidale, della Cooperativa San Giacomo, la cooperativa sociale che si occupa del reinserimento lavorativo dei detenuti.

Una iniziativa, quella di sabato 30 aprile, nata dalla reciproca apertura del Carcere di Porto Azzurro, delle Istituzioni Locali e del territorio. Dopo anni di diffidenza, dimenticanze, strade separate. I dodici detenuti ammessi alla giornata di volontariato hanno usufruito delle ore di permesso premio concesse dal magistrato di sorveglianza, altri hanno beneficiato del cosiddetto art. 21 del codice penitenziario, che permette loro di poter lavorare, durante il giorno, anche al di fuori delle mura del carcere. I ragazzi di Porto Azzurro hanno concentro i loro sforzi soprattutto nell’area archeologica della Linguella, ripulendo da erbacce e rifiuti uno dei salotti buoni di Portoferraio. "Una giornata molto particolare - commentano soddisfatti - mista di impegno e divertimento."

Alcuni di loro conoscevano già le Fortezze medicee, per altri è stata una specie di gita scolastica, con tanto di visita al museo della Linguella. Ad illustrare la storia di Portoferraio una guida turistica particolare: l’assessore alla cultura Nunzio Marotti che, insieme al direttore del carcere Carlo Mazzerbo, il responsabile dell’area educativa Domenico Zottola, e la Cosimo de’ Medici srl ha reso possibile questa giornata di solidarietà e collaborazione. Al fianco dei detenuti, accompagnati dagli agenti della Polizia Penitenziaria, anche molte altre associazioni e istituzioni hanno dato il loro contributo ecologista, come le squadre SAF dei Vigili del Fuoco, i rocciatori di Pioneering in the World, Legambiente, Dialogo. Con le apposite attrezzature, sulle sassose tracce del Mago Chiò, i volontari si sono calati lungo le pareti togliendo i cespugli rinsecchiti che pendevano in brutta vista. All’ora di pranzo grigliata di carne e verdure per tutti, poi di nuovo a lavoro.

"Un primo passo - ha dichiarato l’assessore Marotti - verso una maggiore integrazione tra carcere e società". Anche il Sindaco Peria, in visita con la famiglia sui bastioni medicei, ha espresso riconoscenza per l’opera di tutti i volontari. Nel prossimo consiglio comunale di Portoferraio è stato inserito all’ordine del giorno la partecipazione del Comune alla Cooperativa San Giacomo. "Una adesione importantissima, quella dei comuni - ha dichiarato Domenico Zottola - che può aprire nuove prospettive di lavoro, e soprattutto di lavoro socialmente utile, per i detenuti di Porto Azzurro." Elena Maestrini

 

Comunicato stampa Casa di Reclusione di Porto Azzurro

 

La Casa di Reclusione di Porto Azzurro esprime apprezzamento per l’organizzazione della giornata di pulizia promossa dalla società "Cosimo dè Medici" in collaborazione con il Comune di Portoferraio. Ai tanti volontari si sono affiancati alcuni detenuti della Casa di Reclusione che hanno messo a disposizione una giornata di permesso a servizio della città di Portoferraio.

Un’opportunità che è stata colta dall’Amministrazione penitenziaria che vede questa collaborazione come un elemento importante nel percorso rieducativi delle persone detenute. Un’iniziativa che esprime anche la volontà di tradurre nel concreto l’accordo siglato tra Ministero dell’Ambiente ed Amministrazione Penitenziaria per l’impiego di detenuti nell’opera di salvaguardia e tutela ambientale. Per i reclusi che vi hanno partecipato. la pulizia dell’area della Linguella e delle Fortezze Medicee ha significato un’occasione di socializzazione e di scoperta dell’importante patrimonio storico e culturale.

Le intenzioni dei soggetti coinvolti è di continuare in questa collaborazione, per rafforzare – come affermano le leggi italiane - il legame fra carcere e territorio, favorendo iniziative utili alla rieducazione dei condannati e al reinserimento sociale degli stessi. In tal senso, appare importante l’azione di tutti gli operatori carcerari (direzione, area educativa, polizia penitenziaria, volontari) ai quali va il ringraziamento per la riuscita anche di questa iniziativa. L’iniziativa pienamente in linea con le indicazioni del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria Giovanni Tenebra e del Provveditore della Toscana Massimo De Pascalis, agli occhi dei numerosi turisti presenti nelle Fortezze Medicee e dei rappresentanti degli Enti Locali, tra cui il Sindaco di Portoferraio Roberto Peria e l’assessore Nunzio Marotti, è parsa particolarmente significativa anche per la presenza della Polizia Penitenziaria, non con funzioni di tipo custodiale, essendo i detenuti ammessi al lavoro all’esterno senza la scorta o in permesso premio, quanto per la chiara adesione al progetto sociale e rieducativo con compiti di rappresentanza ed organizzativi. L’iniziativa che si prefigge di non avere il carattere della occasionalità rappresenta un concreto passo in avanti anche nell’applicazione concreta della convenzione stipulata nel passato mese di giugno tra il Ministro della Giustizia e il Ministro dell’Ambiente ed alla quale ha aderito il Parco Nazionale per l’Arcipelago Toscano.

Da ricordare, infine, l’importante realtà rappresentata dalla cooperativa sociale "San Giacomo" che procura lavoro ai detenuti all’interno ed all’esterno della struttura penitenziaria di Porto Azzurro e che, nella giornata di pulizia, ha offerto le simpatiche magliette dalla stessa prodotte ("visto con censura").

Enna: la Corrida arriva in carcere, i concorrenti sono detenuti

 

Vivi Enna, 3 maggio 2005

 

Altra occasione ricreativa per i detenuti del Carcere di Enna che venerdì 6 maggio parteciperanno ad un’edizione tutta speciale della "Corrida", in cui i concorrenti saranno proprio i detenuti. L’idea è nata da un’associazione che da tempo opera nel sociale, la "San Vincenzo de Paoli" che tramite gli assistenti volontari Mario Savoca e Maria Di Marco ha organizzato l’evento. A partecipare a quest’iniziativa saranno circa 18 concorrenti che metteranno in scena diversi spettacoli, che vanno dal cabaret, alle poesie, dal ballo e ovviamente al canto, la parte musicale verrà curata da un gruppo musicale ennese l’A.D. Orchestra dei maestri Debole e Fasola, mentre a presentare sarà Carmelo Danzè. La proposta di partecipare alla Corrida è stata accolta con grande entusiasmo dai detenuti, che in questo modo trovano l’occasione per rendere meno pesante la loro reclusione; va ricordato che anche in altre occasioni i detenuti hanno avuto il piacere di assistere a iniziative ricreative organizzate sempre dall’associazione "San Vincenzo de Paoli" che da diverso tempo segue le persone che stanno scontando la loro pena.

La Corrida non sarà una competizione affinché vinca qualcuno, perché tutti i concorrenti saranno premiati con targhe e coppe offerte dagli sponsor; per l’iniziativa i volontari vogliono ringraziare la direttrice della Casa Circondariale di Enna dott.ssa Letizia Bellelli, la dott.ssa Miccichè, educatrice del carcere e tutto il personale che è sempre stato disponibile ad una attenta e diretta collaborazione in questo tipo di iniziative con il loro importante lavoro, ma l’applauso principale deve essere per i detenuti che si cimenteranno in questa divertente esperienza, con l’augurio che l’associazione "San Vincenzo de Paoli" continui a seguire queste persone bisognose di aiuto e che in un momento della loro vita hanno sbagliato e che stanno cercando di recuperare credibilità dall’esterno.

Roma: Rebbiba, diploma ai detenuti del corso di pizzaiolo

 

Europa Cristiana, 3 maggio 2005

 

Venerdì 6 maggio 2005 alle ore 15.30 presso l’area verde del nuovo Complesso del Carcere di Rebibbia - via Raffaele Majetti, 70 a Roma - ci sarà la consegna del diploma di pizzaiolo ai partecipanti della prima edizione del corso di Rebibbias. Che pizza! L’ iniziativa, rivolta ai detenuti del carcere romano, è nata dal "Progetto Ristorazione" delle cooperative sociali Men at Work e E-team con il patrocinio dell’ Assessorato alle politiche sociali e per la Famiglia della Provincia di Roma con l’Associazione Pizzerie Italiane e la Scuola Nazionale della Pizza. All’evento parteciperanno l’Assessore ai Servizi Sociali e alle politiche della Famiglia della Provincia di Roma, l’onorevole Claudio Cecchini e il Presidente dell’Associazione Pizzaioli Italiani Angelo Iezzi. La Stampa che si deve accreditare per l’ingresso in istituto per il 6 maggio si deve raccordare con la segreteria della Direzione della Casa al numero 06.43980202 almeno due giorni prima. Dal 3 novembre 2003, presso la Casa Circondariale Nuovo Complesso di Rebibbia è stata affidata la gestione del servizio per la produzione dei pasti dei detenuti all’Associazione Temporanea d’Impresa (Ati) formata dalle cooperative sociali romane Men at Work e E-Team. L’Ati ha organizzato finora, all’interno del carcere, due corsi per Addetti ai Servizi di Ristorazione, rivolti ai detenuti aspiranti al lavoro di addetti di cucina un corso di formazione più specialistico - pizzaiolo alla teglia – rivolto ad una parte del gruppo dei detenuti attualmente in forza nella cucina. Partner tecnico del progetto é l’Associazione Pizzaioli italiani. Gli obiettivi sono quelli di: creare un gruppo di lavoro specializzato che possa essere impiegato nel settore pizzeria all’interno della cucina detenuti; aumentare l’offerta di sopravitto per tutti i detenuti reclusi al Nuovo Complesso; offrire ai singoli partecipanti al percorso formativo la possibilità di spendere anche all’esterno, una volta scontata la pena detentiva, le competenze acquisite in un settore di facile occupazionalità (anche autonoma); creare le basi per una continuità lavorativa all’esterno, per quei detenuti prossimi all’uscita, che potrebbero essere impiegati in una attività esterna, intrapresa appositamente dalla Cooperativa.

Empoli: concerto-spettacolo degli Yo Yo Mundi

 

Comunicato stampa, 3 maggio 2005

 

Nell’area a verde della custodia attenuata di Empoli giovedì 5 maggio alle 16. "Viaggio intorno alla mia, nostra stanza": concerto-spettacolo degli Yo Yo Mundi. Verrà registrato un coro con le ragazze per elaborare una nuova versione della canzone che ha dato il titolo a questa iniziativa

Per la prima volta un gruppo musicale propone di regalare un pomeriggio di spettacolo-concerto alle ospiti della Casa Circondariale femminile a custodia attenuata di Empoli. Il Comune di Empoli, la direzione della struttura, Publiservizi S.p.A. in collaborazione con la redazione del giornale Ragazze Fuori, hanno contribuito all’organizzazione di questa iniziativa ed il gruppo originario di Aqui Terme, gli Yo Yo Mundi, sarà ad Empoli giovedì 5 maggio alle 16. La giornata che prende il nome da una loro canzone, Viaggio intorno alla mia, nostra stanza, è nata dall’esigenza di portare la musica all’interno del carcere, provando, per un giorno, a fare il gioco del mondo al contrario: trasformare il dentro in fuori. In questa occasione il gruppo coinvolgerà le ragazze della struttura in un coro per elaborare una nuova versione della canzone che ha dato il titolo all’iniziativa, Viaggio intorno alla mia stanza. La canzone, una volta ultimata, sarà utilizzata in altre occasioni per raccontare a più persone questa giornata trascorsa nel carcere di Empoli. Un altro obiettivo è riuscire a produrre un diario-documentario con le testimonianze delle ragazze, se il tempo a disposizione lo permetterà.

La canzone Viaggio intorno alla mia stanza è una canzone di amore, speranza, che racconta di un "viaggio immobile" compiuto dal protagonista all’interno della sua stanza. Un minimo frammento di vita possibile e al contempo, la grande urgenza di comunicare al mondo esterno il desiderio di non vivere soltanto per non essere dimenticati. Non solo festa, dunque, ma provare con le canzoni a muovere il pensiero, a lasciare un segno significativo in questo luogo chiuso di questa piccola vagabonda carovana di stimoli, idee, attenzione, energia e note colorate, come si definiscono gli Yo Yo Mundi.

Questa prima iniziativa, apre quella che sarà la stagione estiva di eventi all’interno della Casa Circondariale di Empoli. Iniziative che prenderanno il via nella prima metà di giugno. Musica, teatro, cinema, giochi sportivi, incontri con attori. Un solo obiettivo: riportare all’attenzione della cittadinanza e del territorio questo piccolo ma importante carcere. Saranno organizzati dieci eventi, per la prima volta, aperti al pubblico esterno, su prenotazione entro una data di scadenza.

Saranno coinvolti l’assessorato alle dipendenze, alle Politiche Giovanili e l’ufficio Cultura del Comune di Empoli, la direzione della struttura, l’Arci Empolese-Valdelsa, la Mediateca regionale Toscana, la Uisp, e tutto il ricco programma delle iniziative sarà inserito anche nel cartellone della manifestazione empolese Luci della città.

Ancona: detenuto tenta il suicidio dando fuoco al materasso

 

Corriere Adriatico, 3 maggio 2005

 

Un detenuto del carcere di Montacuto, S.G., di Napoli, 45 anni, ha tentato nella mattina di domenica primo maggio di appiccare un incendio dando fuoco al materasso della sua branda nella cella in cui si trovava in isolamento. L’uomo, che deve scontare una condanna fino al 2008 per spaccio di droga, è rimasto illeso. S. G. era stato trasferito ad Ancona dal carcere di Fossombrone (Pesaro Urbino) nel dicembre scorso; da sabato scorso si trovava in isolamento dopo aver compiuto gesti autolesionistici (l’uomo, tra l’altro sarebbe sieropositivo), circostanza che aveva determinato il provvedimento al fine di un controllo più stretto del detenuto. Domenica mattina, per protesta, il quarantacinquenne ha appiccato il fuoco - sembra con il suo accendino - al materasso, che, essendo realizzato con materiale ignifugo, non ha preso fuoco. Dal giaciglio si è però sprigionato del denso fumo nero, motivo per cui i medici, nel verificare le condizioni di salute del detenuto, hanno valutato la possibilità di ricoverare l’uomo in osservazione, necessario nel caso in cui avesse inalato del fumo. Le condizioni generali di S.G., comunque, secondo fonti del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, sono buone. L’uomo è stato visitato dai medici del carcere e dai sanitari del 118 accorsi sul posto.

Florida: bracciale gps a vita per maniaci pedofili scarcerati

 

Ansa, 3 maggio 2005

 

In Florida da oggi chi commette gravi atti sessuali contro minori di dodici anni riceverà una condanna minima a 25 anni di carcere. Una nuova legge, firmata oggi dal governatore Jeb Bush, è stata approvata a tempo di record dal congresso della Florida sull’onda emotiva suscitata dal rapimento e dalla uccisione della piccola Jessica Lunsford. Jessica, che aveva nove anni, era stata trovata morta il 19 marzo scorso dopo essere scomparsa improvvisamente da casa alcuni giorni prima. Un molestatore sessuale registrato ha confessato il crimine. Il 22 aprile scorso il Congresso della Florida ha approvato a grande velocità la legge. Le nuove norme prevedono d’ora in poi la applicazione a vita di bracciali GPS, in grado di segnalare costantemente la loro posizione, a tutti i molestatori sessuali di minorenni quando vengono scarcerati. Mark Lunsford, padre della bimba uccisa, è stato uno dei promotori della legge. Era presente oggi alla firma (indossava una cravatta con immagini di Jessica) ed è stato abbracciato dal governatore Bush. "La Florida aveva già leggi dure contro questo tipo di orribili crimini - ha detto il governatore - da oggi sono diventate ancora più severe".

Giachetti: per Cdl più urgenti promozioni dei direttori che i suicidi

 

Apcom, 3 maggio 2005

 

"È vero che non c’è mai fine al peggio ma, mentre nelle carceri italiane esplode il record dei suicidi e del sovraffollamento, il Polo manda in scena alla Camera un mondo parallelo in cui si discute e si approva un ddl che interviene solo sullo status giuridico ed economico dei dirigenti e smantella, di fatto, i servizi sociali di sostegno". E’ quanto sostiene Roberto Giachetti della Margherita in merito alla legge, all’esame dell’Aula di Montecitorio, che prevede una nuova disciplina dell’ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria. "Di fronte alla situazione delle carceri appare quantomeno strano - afferma in una nota l’esponente Dl - che si decida di partire a porre rimedio dalle posizioni dei dirigenti, tralasciando la formazione, la condizione di detenuti e guardie carcerarie, l’aggiornamento". "La perla di questo provvedimento, denunciata dai sindacati, è quella di mettere in moto 570 promozioni per 360 posti a disposizione, provocando anche qui un sovraffollamento ma di tutt’altro genere. E’ questa la percezione della realtà dalle parti del centrodestra? C’è da rimanere - conclude Giachetti - veramente allibiti".

Vibo Valentia: Progetto Alfa, ceramica come finestra sul mondo

 

Il Quotidiano di Calabria, 3 maggio 2005

 

Carcere come luogo di effettiva rieducazione, una "sosta obbligata" da cui voltare pagina, redimersi per poi ripartire e dare il meglio di se stessi nella società.

Questo alla base del progetto "Alfa", avviato dalla Caritas diocesana nello scorso mese di novembre presso il penitenziario di località Castelluccio e che è giunto nella sua fase più importante: la creazione di preziosi manufatti in ceramica, pronti per essere messi sul mercato.

L’interessante iniziativa è stata illustrata ieri mattina dal presidente della Caritas, don Bruno Cannatelli, e dal suo vice, Antonio Morelli, quest’ultimo anche attivo leader dell’associazione di volontariato carcerario "Insieme". "Progetto Alfa - ha spiegato innanzitutto il professore Morelli - come inizio di una avventura nuova per i detenuti, che possa contribuire a farli sentire come esseri non da custodire ma da recuperare". L’idea, che ha trovato subito accoglienza da parte della direttrice del penitenziario Rachele Catalano, è stata finanziata con i fondi dell’otto per mille e vede coinvolti nel laboratorio di ceramica allestito nei locali del "Castelluccio" otto detenuti (altri due, in semilibertà, sono impiegati rispettivamente nei lavori della chiesa di Vena di Jonadi e presso la struttura di accoglienza de "Il Samaritano").

Venticinquemila euro la spesa sostenuta per avviare e portare a termine l’attività. Sotto la guida del valido maestro Nicola Bertuccio, gli otto detenuti hanno imparato a impastare, modellare, lavorare al tornio, infornare e infine decorare gli artistici oggetti in terracotta (fatta arrivare in panetti di due chilogrammi ciascuno da Firenze). E così, sui tavoli da lavoro e nelle vetrine appositamente allestite, si possono ammirare delle bottiglie e dei vasi in maiolica con figure ispirate all’antica Grecia, crateri, zuppiere con motivi etruschi, anfore, simpatici salvadanai a forma di porcellini, lampade perfettamente realizzate al tornio, le classiche "figure del sole", portacandele, soprammobili di varie misure. Un patrimonio d’arte che testimonia la ricchezza e l’inventiva di queste persone che sono coscienti di dovere pagare un debito con la società, ma che chiedono un’opportunità di dimostrare che sono cambiati, che vogliono tenere vivo quel filo che li lega con l’esterno. "Quei prodotti - aggiunge don Cannatelli - dovranno essere istituzionalizzati. Per arrivare a questo occorre collocarli nel mercato esterno, creare una vetrina che dia visibilità ai detenuti e li faccia sentire parte integrante della società". Tra le iniziative in tal senso, le esposizioni al San Leonardo (a luglio) e a Mileto (in agosto, in occasione della festa patronale, e a settembre-ottobre durante il congresso eucaristico). "Previste anche delle esposizioni a Vibo durante il mercato del sabato - aggiunge il presidente della Caritas - Non è escluso che in queste occasioni sia presente anche uno dei detenuti che hanno lavorato al progetto". Ma non basta.

Nelle intenzioni dei due massimi responsabili della Caritas anche una bottega permanente con i prodotti artistici che usciranno dalla casa circondariale. Un primo importante passo, dunque, è stato compiuto. Il frutto del certosino lavoro è lì. Adesso bisogna porlo sul mercato. Una fase che richiede l’apporto anche delle istituzioni, alle quali la Caritas fa appello. "Il detenuto non deve essere visto come un animale in gabbia - conclude Morelli - Rischia di inferocirsi. Al contrario, occorre guardare a lui come ad uno che ha sbagliato, ma che può avere sempre quello scatto di orgoglio e di ravvedimento che gli permetta di tornare tra noi, persona nuova". Modellare la ceramica, plasmare il proprio vissuto, voltarlo e rivoltarlo per scoprire il buono che c’è sempre in ciascuno di loro. Questo è il progetto Alfa.

Modica (RG): timori per la chiusura del penitenziario

 

La Sicilia, 3 maggio 2005

 

Ventilata chiusura della Casa circondariale di Piano del Gesù: interviene il senatore Riccardo Minardo. C’è preoccupazione in città a vari livelli, anche se ancora non è stata data notizia ufficiale in merito. Il parlamentare ibleo, facendosi carico del problema, incontrerà oggi a Roma il sottosegretario di Stato alla Giustizia, Pasquale Giuliano, al quale ha chiesto anche la convocazione urgente di una conferenza di servizi. Lo scopo è quello di avere tutti i chiarimenti sulla vicenda, che non sta mancando di creare disagi ed incertezze in città.

Tra l’altro c’è anche lo stato d’agitazione proclamato dagli avvocati modicani, che potrebbe anche sfociare nell’astensione dalle udienze penali. "Sono sempre più insistenti e consistenti le voci - rileva il senatore Minardo - circa la concreta eventualità della chiusura della Casa circondariale di Modica Alta, fatto che potrebbe avvenire tacitamente in tempi brevi, in concomitanza con il trasferimento dei detenuti in occasione dei lavori di ristrutturazione della struttura e della chiesetta attigua. E’ necessario pertanto avere dei chiarimenti immediati dall’amministrazione penitenziaria, in quanto la situazione d’incertezza attuale non giova a nessuno. La mia richiesta di convocazione di un’urgente conferenza di servizio si reputa necessaria anche per avere maggiori delucidazioni sull’iter del progetto per la realizzazione di una nuova struttura carceraria in contrada Catanzarello".

Il parlamentare ibleo ha anche invitato il sottosegretario Giuliano a porre la giusta attenzione alla problematica, in quanto l’eventuale perdita dell’importante presidio giudiziario comporterebbe grave nocumento al territorio e al suo comprensorio, agli operatori sociali, ai magistrati e agli avvocati, nonché agli stessi detenuti e alle loro famiglie". Nell’incontro di oggi, tra l’altro, il senatore Minardo affronterà con il rappresentante del governo il problema del reperimento dei fondi per eseguire alcuni lavori propedeutici nel carcere di Piano del Gesù a Modica Alta. Ovviamente si annette grande importanza nel contesto dell’intera problematica anche alla realizzazione del nuovo carcere. che dovrebbe sorgere in un’area messa di proprietà del Comune che è stata messa a disposizione già da tempo del ministero della Giustizia e risulta vincolata nella "variante" al Piano regolatore generale che a breve sarà approvata dal commissario regionale ad acta. Giorgio Buscema

Giustizia: Castelli; ad oggi i detenuti sono oltre 58 mila

 

Ansa, 3 maggio 2005

 

Nelle carceri italiane ci sono attualmente più di 58 mila detenuti. Lo ha detto il ministro della Giustizia Roberto Castelli partecipando alla trasmissione Porta a Porta. "Non era mai accaduto ed è un dato che mi preoccupa. Ma non posso risolvere un problema mio, del ministro guardasigilli scaricandolo sui cittadini", ha detto il ministro riferendosi ad un eventuale provvedimento di amnistia. Far uscire la gente dal carcere perché non si riesce a giudicarla non è un’amnistia. "Ad un provvedimento del genere - ha aggiunto - voterei sempre no".

Angelo Izzo, interrogato, ammette il duplice omicidio

 

Adnkronos, 3 maggio 2005

 

"Angelo Izzo ha confessato il duplice omicidio" ma ha negato la violenza sessuale. A rivelarlo, al termine dell’interrogatorio che si è svolto oggi pomeriggio nel carcere di Campobasso, è stato il suo legale Enzo Guarnera. Izzo è stato interrogato dal procuratore capo, Mario Mercone, e dal sostituto, Rita Caracuzzo. "Izzo ha ammesso le proprie responsabilità in ordine al duplice omicidio di Maria Carmela Linciano e di sua figlia 14enne Valentina Maiorano (moglie e figlia dell’ex pentito della Sacra Corona Unita Giovanni Maiorano, ndr), escludendo ogni responsabilità in merito alla violenza sessuale" ha spiegato il legale. "Si è riservato di spiegare meglio - ha precisato Guarnera - tutte le circostanze tra alcuni giorni quando sarà più sereno. Oggi si è limitato a fare una spontanea dichiarazione, il verbale si è chiuso in due minuti poi siamo rimasti a parlare con i magistrati".

Nel comunicato della Procura della Repubblica di Campobasso si legge che insieme al "massacratore del Circeo" sono indagati Guido Palladino e Luca Palaia "per i reati di: omicidio premeditato aggravato, violenza sessuale e occultamento di cadavere".

"I parziali e preliminari esiti delle autopsie - continua il comunicato - rilevano, quale causa di morte, l’asfissia da soffocamento conseguente all’occlusione di varie vie aeree con sacchetto di plastica sigillato con nastro da imballaggio. Sono altresì presenti sul cadavere di Maria Carmela Linciano segni di contusioni alla testa e alla gamba sinistra. Sulla salma di Valentina Maiorano, minore di 14 anni, si evidenzia un graffio alla spalla sinistra".

"Vengono effettuate ulteriori ricerche utili alle indagini sulla scena del delitto. La donna e la ragazza erano occultate entrambe in un’unica fossa ricoperta con strati di terra e polvere di calce: all’interno di sacchi di plastica di colore verde, avevano i polsi bloccati dietro la schiena con manette", conclude il documento. Intanto è scontro tra i giudici di Palermo e del Molise. Francesco Pinello presidente del Tribunale di sorveglianza del capoluogo siciliano accusa infatti il suo omologo di Campobasso di aver riferito "fatti e circostanze non rispondenti alla verità" in merito alla semilibertà concessa a Izzo. "Non è mio costume accedere ai pettegolezzi. Non appena avrò acquisito le dichiarazioni - ha annunciato il magistrato - valuterò le circostanze, e in caso siano ravvisabili estremi penali o disciplinari riferirò nelle sedi opportune".

Camera approva legge Meduri, Sappe proclama stato di agitazione

 

Comunicato Stampa, 3 maggio 2005

 

"La Segreteria Generale del Sappe, appena appreso dell’approvazione del d.d.L. Meduri alla Camera dei Deputati, esprime la propria netta e totale contrarietà verso l’ennesimo provvedimento ingiusto e ingiustificato che va a privilegiare una piccola minoranza all’interno dell’Amministrazione Penitenziaria (500 persone circa) rispetto ai 60.000 e passa operatori del settore." A dichiararlo è la Segretaria Generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, che con 13 mila iscritti ed il 40% di rappresentatività è l’Organizzazione più rappresentativa del mondo penitenziario, commentando la votazione di questa sera alla Camera dei Deputati del disegno di legge Meduri sulle carriere dei direttori penitenziari.

"L’attuale maggioranza parlamentare, lo stesso Governo ed i vertici del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, che ne sono l’espressione, che hanno appoggiato il provvedimento hanno dimostrato, ancora una volta, di prestare più attenzione alle élite che non indistintamente a tutte le Categorie. In particolare, si concedono tali ingiustificati privilegi di categoria in una situazione carceraria sull’orlo del collasso, dove entro fine anno più di 600 agenti ausiliari di Polizia Penitenziaria attualmente in servizio saranno licenziati, dove le carceri sono sovraffollate e fatiscenti, dove le carriere del Personale di Polizia sono statiche e mortificanti oltre che disallineate con le altre Forze di Polizia.

Dove i trasferimenti per assistenza dei familiari disabili vengono rifiutati, dove ci si rifiuta anche soltanto di valutare un provvedimento di amnistia e i suicidi di detenuti sono in allarmante aumento e purtroppo altrettanto lo sono le evasioni. E dove i Funzionari della Polizia Penitenziaria vengono mortificati e relegati in compiti e funzioni assolutamente insignificanti.

In questa stessa situazione l’attuale maggioranza parlamentare si sta assumendo la responsabilità di regalare letteralmente privilegi economici e di carriera ad una parte di una categoria di dirigenti del Comparto Ministeri che, dall’oggi al domani, si troveranno ad essere equiparati alla carriera prefettizia e diplomatica, sottraendosi, senza alcuna giustificazione, ad ogni forma di contrattazione collettiva. Il Sappe, nello stigmatizzare le scelte governative e del Dap, esprime tutta la propria delusione rispetto ad una maggioranza di centro-destra che, per assicurarsi 500 voti, ha sortito l’effetto di perderne sicuramente almeno 60 mila!

La Segreteria Generale del Sappe, proclamando lo stato di agitazione della Polizia Penitenziaria, dichiara che farà riferimento a tutte le forze politiche e parlamentari che dimostreranno concreta attenzione e sensibilità a tutti quei problemi che l’attuale Governo ha ormai definitivamente disatteso".

 

Segreteria Generale Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria

Via Trionfale, 79/A - 00136 Roma

Telefono 06/3975901 - Fax 39733669

 

 

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