Rassegna stampa 30 maggio

 

Bolzano: agli arresti domiciliari dopo aggressione, si impicca

 

Il Messaggero, 30 maggio 2005

 

Ci aveva provato inghiottendo una manciata di psicofarmaci subito dopo aver preso a martellate (o a sprangate di ferro) Stefano Capitani, 55 anni, consigliere di circoscrizione di Forza Italia e membro del comitato Ancona ovest. Paolo Costa, 59 anni, ferroviere in pensione e suonatore di flicorno nella banda di Castelferretti, è riuscito a togliersi la vita l’altra notte, due mesi e mezzo dopo l’aggressione al politico, impiccandosi nel residence di Bolzano, sua città d’origine, dove si trovava agli arresti domiciliari. A quanto pare l’uomo viveva solo, il corpo sarebbe stato trovato dai parenti che - poiché lui non poteva uscire di casa - lo accudivano e gli portavano da mangiare.

"Non ci posso credere, non me lo sarei mai aspettato - il commento dell’avvocato Raffaele Sebastianelli -. Ci sentivamo con frequenza, sembrava tranquillo, fiducioso nella possibilità di poter tornare presto libero. Certo gli arresti domiciliari gli pesavano, ma non aveva mai manifestato sconforto, non mi aveva mai detto: non ce la faccio più".

Evidentemente Paolo Costa, che i compagni musicisti hanno difeso a suon di lettere pubbliche descrivendolo come una persona mite, affabile e gentile, aveva definitivamente perso l’equilibrio. Sospettava che la moglie avesse una relazione con Capitani, di cui era una grande amica. Glielo aveva detto lei, lo aveva ribadito lui: fantasie, tra loro due non c’era nessun legame amoroso. L’ex ferroviere appassionato di giardinaggio e di letteratura non riusciva a tranquillizzarsi. La notte del 17 marzo scorso va in motorino in via della Madonnetta, ad Ancona, sotto casa di Capitani. Vuole un altro chiarimento, vuol incalzare quello che nella sua mente è diventato un rivale. Cosa sia successo all’arrivo del politico, in macchina, è ancora oggetto di indagine. Capitani ha raccontato di essere stato vittima di un agguato, di essere stato colpito di sorpresa alla testa e al viso con un corpo contundente di metallo. Costa ha parlato invece di un litigio degenerato, di una zuffa a terra dove lui avrebbe raccolto un bastone o una spranga, brancolando con la mano tra la polvere.

Il politico finì comunque all’ospedale con ferite molto gravi al capo e al viso e, prima di essere dimesso, venne sottoposto ad un intervento chirurgico allo zigomo. Costa, tornato a casa a Falconara dopo la terribile "lezione" al suo avversario, inghiottì i sonniferi e su buttò sul letto dove fu trovato dai poliziotti che erano andati ad arrestarlo. Un giorno in ospedale poi il carcere, a Montacuto.

Si era poi pentito il "martellatore". Diceva l’avvocato Sebastianelli dopo il primo incontro dietro le sbarre. "È confuso, affranto, dispiaciuto. Continua a ripetere che non sarebbe andato sotto casa di Capitani se avesse immaginato come sarebbe andata a finire. Era andato lì per confrontarsi, dopo il fallimento del matrimonio. Le rassicurazioni della moglie non avevano sgomberato i suoi dubbi, voleva un chiarimento. Invece c’è stata la rissa, ma non voleva fare del male a quell’uomo".

Costa aveva giurato di non essersi portato da casa un martello, come si era ipotizzato all’inizio dell’indagine, per colpire l’esponente forzista. Dice di aver afferrato la prima cosa che gli è capitata tra le mani, annaspando al buio tra i rifiuti di una piccola discarica di via Madonnetta, dove c’è stata l’aggressione. Una linea difensiva che gli aveva aperto le porte del carcere, anche se per ritrovarsi agli arresti domiciliari. Nonostante avesse tentato il suicidio con i psicofarmaci prima dell’arresto, in prigione era stato messo in cella con due compagni e, per quanto triste, non aveva avuto crisi acute di sconforto. L’altra notte invece il ritorno del buio, e la fine.

Enna: detenuti impiegati per recupero zona archeologica

 

La Sicilia, 30 maggio 2005

 

Restauro dei siti archeologici del territorio provinciale in occasione del cinquantesimo anniversario dell’inizio degli scavi nella zona archeologica di Morgantina ma anche "restauro sociale" con un progetto di "giustizia riparativa" che coinvolgerà i detenuti delle carceri di Enna e Piazza Armerina, i quali saranno impegnati per il recupero e la valorizzazione del patrimonio ambientale. Un’iniziativa che ha trovato una corsia preferenziale nel Dipartimento della polizia penitenziaria. La Provincia regionale ha aderito alla proposta proveniente da Letizia Bellelli, direttrice delle carceri di Enna e Piazza Armerina, per la realizzazione di progetti sperimentali nel campo del recupero e valorizzazione del patrimonio ambientale con l’utilizzo di detenuti. Un progetto che punta al reinserimento dei detenuti nella società per un impegno di grande valore socioculturale. A questo proposito è stato firmata l’intesa tra Provincia, Soprintendenza (Salvatore Scuto), carcere (Patrizia Bellelli), Associazione Sicilia soccorso volontariato (Pierluigi Tagnesi) per "promuovere progetti sperimentali finalizzati al recupero ed alla valorizzazione del patrimonio ambientale volto al reinserimento socio lavorativo dei detenuti".

Così come ha dichiarato la direttrice Bellelli, tra qualche giorno saranno quattro detenuti del carcere di Piazza Armerina che saranno utilizzati in alcuni lavori a Morgantina, poi l’esperimento interesserà anche i detenuti del carcere di Enna. Il 6 giugno saranno diversi detenuti provenienti dalle carceri di tutta la Sicilia (circa 40) a essere trasferiti a Morgantina per essere utilizzati nel recupero e la valorizzazione del patrimonio ambientale.

L’Aquila: detenuto in regime di "41 bis" si è sposato

 

Il Messaggero, 30 maggio 2005

 

Nonostante il regime duro del "41 bis" è riuscito a giurare eterna fedeltà ed amore alla sua compagna, che ha sposato all’interno del supercarcere di Preturo. Può accadere anche questo in un istituto di pena assai particolare come quello dell’Aquila, nel quale sono ospitati oltre 100 detenuti, accusati a vario titolo di aver preso parte alle organizzazioni criminali legate alla mafia, alla sacra corona unita, alla camorra, macchiandosi dei più efferati delitti. Ebbene, in uno stretto riserbo si sono svolte le nozze civili tra L.R. di 45 anni, catanese, accusato di omicidio (reato per il quale deve scontare ancora 10 anni), ed una sua conterranea, poco più giovane di lui che aveva conosciuto prima di essere arrestato.

Dopo aver superato i rigorosi controlli all’ingresso del carcere (soprattutto per quanti devono incontrare i soggetti ristretti al regime del 41 bis, ai quali è severamente vietato avere qualsiasi contatto con l’esterno) , la donna, i due testimoni ed un impiegato dell’anagrafe del Comune dell’Aquila, sono stati accompagnati in una saletta riservata, vicina a quella destinata ai colloqui. Dopo il fatidico "sì", per L.R. si sono riaperte le porte della sua stanza di massima sicurezza, per la donna quella dell’uscita ed il ritorno in Sicilia.

Una bella "vittoria" per L.R., non c’è che dire, visto che il ministero di Giustizia non molto tempo fa gli avrebbe dato anche il permesso speciale di diventare padre, grazie alla fecondazione in vitro. Un "caso", quello del matrimonio, che fa vedere l’istituto di detenzione in un’ottica positiva. Molte infatti le iniziative culturali intraprese dall’istituto penitenziario per aprirsi alla città, attraverso numerose attività culturali in favore della reintegrazione dei detenuti "comuni" nella società civile in cui i veri protagonisti sono stati i bambini delle scuole elementari e medie, verso i quali è stata svolta un’attenta opera di sensibilizzazione.

Lucera: uno spettacolo di cabaret con attori detenuti

 

Lucera Web, 30 maggio 2005

 

Anche se per un solo giorno, quello di lunedì pomeriggio, il carcere di Lucera si trasformerà in un vero e proprio teatro con tanto di attori, registi, scene e l’immancabile sipario che si aprirà proprio nei corridoi della sezione di detenzione. Come in una sorta di piccolo Teatro Margherita, a partire dalle 16.30, i detenuti dell’istituto di Piazza San Francesco si cimenteranno in un pomeriggio di cabaret che è il frutto dell’esperienza di un laboratorio teatrale curato da Ernesto Faeta in collaborazione con il professor Marino Scioscia e il maestro Pasquale Ieluzzi. Lo spettacolo prevede una parte teatrale tratta dal repertorio classico di Eduardo De Filippo e il Principe Antonio De Curtis, in arte Totò, e una musicale che prevede brani del celebre Renato Carosone.

"Questo spettacolo teatrale permetterà di sviluppare l’analisi sulle esperienze didattiche e formative che hanno caratterizzato il corrente anno scolastico e che in questa occasione portiamo a termine" - ha spiegato Davide Di Florio, il direttore del penitenziario che attualmente ospita 180 detenuti, di cui 1/3 extracomunitari. L’iniziativa teatrale - ha aggiunto - comunque si innesta in un nostro progetto molto più ampio denominato "Solidarietà e volontariato, una difficile scommessa" che compendia la vita quotidiana del nostro istituto, nel quale si confrontano le varie forme del volontariato che hanno senza dubbio reso più dinamica la quotidianità istituzionale". Numerose sono infatti le attività realizzate all’interno della struttura, da quelle psicomotorie a quelle strettamente culturali assieme al fondamentale supporto di docenti, educatori, istruttori e volontari dell’istituto. Attenzione particolare, inoltre, in questo periodo è stata data anche al progetto "Speranza", realizzato nel tentativo di recupero del patrimonio ambientale lucerino con l’ausilio di alcuni detenuti che hanno supportato gli uomini del Corpo Forestale dello Stato nelle loro attività sul territorio. "Desidero ringraziare personalmente - ha aggiunto Di Florio - tutti i volontari del laboratorio teatrale che da anni rinunciano al loro tempo libero per sostenere l’azione dell’unica figura educativa presente nel nostro istituto, ed ai poliziotti penitenziari che con la loro professionalità hanno aperto le porte ed i cancelli ai volontari ed agli animatori che operano nel nostro carcere".

Foggia: i detenuti protestano per i mancati permessi

 

Gazzetta del Sud, 30 maggio 2005

 

Da un gruppo di detenuti del carcere foggiano riceviamo questa lettera. "Stiamo scontando la pena in condizioni ingiuste perché vengono negati i nostri diritti. Un detenuto che non ha mai avuto rapporti disciplinari può, dopo aver scontato un quarto della pena, usufruire di un permesso premio facendo istanza al magistrato di sorveglianza e con il parere favorevole del direttore del carcere. Ma, nel nostro caso, il direttore esprime sempre parere contrario. Attualmente ci sono detenuti che non avendo riportato alcuna sanzione disciplinari hanno diritto di usufruire di questo beneficio, che però viene negato.

Un altro diritto che non ci viene riconosciuto è quello della liberazione anticipata: tanti detenuti la attendono invano da mesi, altri addirittura da anni. Ci troviamo quindi a vivere giorno per giorno con una tensione nervosa che cresce e ci chiediamo chi tutela i nostri diritti. Molti di noi hanno presentato istanza per un colloquio con il magistrato di Sorveglianza ma finora non c’è stata alcuna risposta. Senza tralasciare poi altri aspetti, quali il fatto che ci è stata tolta la palestra, ridotto il vestiario che possiamo tenere in cella, o il problema del vitto: ci viene negato il cibo portatoci dai familiari, possiamo comprare solo un chilo di pasta a settimana e non possiamo far uso del frigorifero che c’è in sezione".

Udine: un vademecum sui diritti e i doveri dei carcerati

 

Il Gazzettino, 30 maggio 2005

 

Una guida ai diritti e ai doveri dei detenuti all’interno del carcere, tradotta in sette lingue: oltre all’italiano, anche lo spagnolo, l’inglese, il francese, l’arabo, il serbo e l’albanese. È la nuova iniziativa dell’assessorato alle politiche sociali guidato da Fabrizio Cigolot, nell’ambito del progetto europeo Maqram-Maqôr (Equal), che è stata presentata questa mattina nella Casa circondariale di via Spalato, alla presenza dei direttori dei carceri di Udine e di Tolmezzo, Francesco Macrì e Silvia Della Branca, e di Maurizio Battistutta, presidente dell’Associazione di volontariato penitenziario "Icaro". "Con questa azione - ha spiegato Cigolot - vogliamo favorire all’interno del carcere la conoscenza delle regole della vita quotidiana, del codice di comportamento, delle opportunità formative e lavorative, per facilitare l’informazione e le comunicazioni tra i detenuti. Puntando a valorizzare, dunque, quella che è la dimensione rieducativa della pena".

Ed è proprio su questa dimensione che si è soffermato anche il consigliere provinciale dei Verdi Franco Corleone, già Sottosegretario alla giustizia, che nel suo intervento ha sottolineato come l’iniziativa sia "utile per consentire la conoscenza dei principi costituzionali e dell’ordinamento penitenziario fondati sulla concezione della pena non come vendetta, ma come possibilità di reinserimento sociale". L’associazione Icaro, che è uno degli oltre 40 partner del progetto Equal, ha gestito la realizzazione della guida, proprio come unica associazione del territorio che si occupa di questo particolare tipo di volontariato, coordinando gli operatori nell’assistenza ai detenuti. Detenuti che per circa la metà, sia a Udine che a Tolmezzo, sono stranieri.

Stati Uniti: il business delle carceri, articolo di Noam Chomsky

 

Le Monde Diplomatique, 30 maggio 2005

 

Perché l’intolleranza contro il crimine è diventata il punto centrale dei programmi politici: un intervento di Chomsky. Negli ultimi 20 anni è cambiato tutto. Fino ad allora i livelli di crimine e di incarcerazione negli Stati Uniti erano compatibili rispetto a quelli degli altri paesi industrializzati, fatta eccezione per le morti da arma da fuoco, anche se ovviamente questo è dovuto al fatto che la nostra è la cultura della pistola, che rende le armi da fuoco incredibilmente accessibili. La situazione è cambiata nel 1980, il livello di crimini commessi non si è alzato anzi è diminuito, ma quello di incarcerazione è triplicato e ha continuato a crescere anche durante l’amministrazione Clinton.

Dal punto di vista statistico questi dati non hanno paragone con quelli degli altri paesi, forse si avvicinano Russia o Cina, ma nessun altro. La paura del crimine raggiunge livelli del tutto sconcertanti e questo porta a un altrettanto sconcertante livello di incarcerazione. L’altro aspetto che differenzia gli Stati Uniti è che il crimine è il punto centrale dei programmi politici, l’intolleranza e la durezza contro il crimine sono uno strumento politico fondamentale.

L’intolleranza ha un valore ideologico, infatti siamo l’unico paese occidentale, a parte Nigeria, Cina e Arabia Saudita, con pena di morte per i minorenni. La pena di morte in se stessa ci associa ai governi dei paesi non democratici. Siamo arrivati al punto in cui in Nord Carolina invocano la pena di morte per omicidio accidentale dovuto a guida in stato di ubriachezza. E tutto ciò è accaduto negli ultimi 20 anni, nonostante i crimini commessi siano diminuiti. Questi sono stati gli anni del neoliberalismo e i programmi proposti da Reagan sono un tentativo di imporre agli Stati Uniti una struttura socio-economica da Terzo mondo.

Questi programmi, che la società occidentale ha imposto ai paesi del Terzo mondo ma non ha mai accettato per se stessa, il "neoliberalismo" sta tentando di imporli anche alle società ricche. E l’Europa sta seguendo a ruota. Gran Bretagna, Germania e Francia stanno seguendo questa strada e cercando di concentrare nelle mani di una piccola minoranza tutta la ricchezza, lasciando la grande maggioranza della popolazione al di fuori di qualsiasi beneficio economico e sociale.

Questa è l’esatta situazione in cui si trovano i paesi del Terzo mondo dopo lo sfruttamento da parte delle nazioni occidentali ed è la stessa cosa che succede oggi negli Usa. Si assiste alla trasformazione di segmenti di popolazione in classi futili, che non producono profitto. E cosa si fa con queste classi definite classi pericolose? Le si rinchiude in prigione e si terrorizzano tutti gli altri che in prigione non ci sono ancora. È la struttura che conta.

Struttura da Terzo mondo non vuol dire povertà da Terzo mondo, anche se negli Usa esiste questa povertà e queste classi coincidono con i neri e i latini. Il terrore è una strategia che ha sempre funzionato, qualsiasi dittatura ce lo insegna. La verità è che contrariamente a quanto raccontano le fantasie sugli Stati Uniti, create dalla propaganda europea che beneficia da questa situazione, gli Stati Uniti non sono in buone condizioni ma stanno vivendo ciò che si definisce "social recession".

Negli Usa soltanto le istituzioni private, come le Università, pubblicano ricerche sulle condizioni sociali di vita della popolazione, e questi indicano che mentre fino alla metà degli anni 70 le condizioni di vita stavano migliorando, negli ultimi trent’anni sono progressivamente peggiorate: gli stipendi medi si sono abbassati anche se si lavora molto di più; i benefici sociali sono quasi inesistenti, i servizi sociali sono latenti, non c’è nessun servizio sanitario, più di 50.000 persone non hanno nessuna assicurazione sulla salute, la povertà infantile è a livelli impressionanti. Per controllare questa situazione ci sono diversi strumenti. Uno è la propaganda. I bambini dall’età di due anni si nutrono di propaganda televisiva che gli fa credere che l’unica cosa importante nella vita è acquistare merci di nessun reale valore. L’altro strumento è il terrore, le persone nel mio vicinato hanno paura di qualunque cosa. Le comunità vivono segregate l’una dall’altra.

L’incarcerazione a questo punto è una forma di controllo sociale. Sempre più le prigioni sono piene di persone che non hanno commesso crimini contro altre persone, semplicemente se un ragazzo di colore viene trovato in possesso di marijuana viene spedito in carcere

La guerra alla droga è servita deliberatamente come strumento per incriminare le minoranze. L’uso di sostanze che danno dipendenza andava infatti diminuendo tra le persone benestanti e aumentando tra le classi disagiate; dichiarare guerra alla droga voleva dire attaccare le classi povere

La guerra alla droga è un’altra forma di controllo sociale, le sentenze di condanna per uso di droga parlano chiaro, la proporzione tra quelle per consumo di crack rispetto a quelle per consumo di cocaina è di 100 a 1. In oltre il "sistema industriale delle carceri" è una delle industrie con crescita più alta degli Stati Uniti. Non solo per quanto riguarda l’aspetto immobiliare, ma anche per l’alta tecnologia impiegata all’interno delle carceri.

Le prigioni sono privatizzate e producono lavoro a basso costo, come nei vecchi tempi, come in Cina per molti grandi gruppi. È una parte sostanziale dell’economia soprattutto nelle zone rurali. Ci sono innumerevoli conseguenze a tutto ciò, incarcerando interi gruppi urbani e spaventando gli altri produci brutalità perché le persone vogliono essere protette e allora diventi sempre più punitivo e risolvi queste istanze semplicemente uccidendo persone.

Nuoro: vignette censurate a Musumeci; la replica del direttore

 

L’Unione Sarda, 30 maggio 2005

 

Un’altra censura colpisce il detenuto che due anni fa a Badu ‘e Carros non poté stampare il suo calendario satirico? La notizia arriva dallo stesso ergastolano, Carmelo Musumeci, che in una lettera denuncia un "silenzio diniego" e critica Paolo Sanna, direttore che nei giorni scorsi ha ribadito l’impegno a risolvere i problemi con il personale e lavorare per aprire il carcere all’esterno. Invece avrebbe in sostanza bloccato la partecipazione di Musumeci alla rassegna "Crack-Fumetti dirompenti" in programma dal 10 al 12 giugno a Roma.

"Vorrei sapere perché ancora una volta il direttore mi abbia impedito (non ha avuto neppure l’umiltà di rispondermi) - scrive l’ergastolano - di stampare le mie vignette. Eppure, da un precedente direttore sono stato autorizzato a svolgere con il mio computer attività intellettuali, artigianali ed artistiche. La verità è che le dichiarazioni di Paolo Sanna sono propagandistiche. Qui è sempre la solita vita: stiamo bene se lasciamo ogni speranza di stare meglio".

Insomma il problema sta nell’uso in carcere di computer, scanner e stampante che già nel 2003 bloccò il famoso calendario. Problema comunque superato: "La domanda è stata redatta il 14 maggio dal detenuto - spiega Paolo Sanna - io ho firmato il consenso il 17 e lunedì (oggi per chi legge, n.d.c.) sarà possibile stampare le vignette con il controllo di un agente. Vorrei poi ricordare che i detenuti nella condizione di Musumeci sono autorizzati ad utilizzare il computer solo per studio e lavoro. Non essendo la manifestazione fumettistica finalizzata a nessuna di queste attività, stiamo forzando la legge un’autorizzazione eccezionale". Luca Urgu

Catanzaro: convenzione con Provincia e coop. "Araba Fenice"

 

Quotidiano di Calabria, 30 maggio 2005

 

Da un luogo di degrado si vogliono lanciare segnali forti, come legalità e rispetto delle regole, perché gli istituti di pena, devono essere considerati luoghi dove i detenuti, oltre ad espiare la pena, devono avere la possibilità di rivalutare se stessi, attraverso la conoscenza e il sapere, imparando un mestiere, un’arte, affinché possano essere reinseriti nella società come persone migliori, autonome e in grado di mantenere le loro famiglie. Questo in sintesi il senso della convenzione firmata ieri mattina (nelle foto il momento della firma e alcuni momenti significativi della giornata) dal direttore della Casa circondariale di Catanzaro, Agazio Mellace, dal presidente della Provincia, Michele Traversa e dal legale rappresentante della cooperativa Araba Fenice, Giuseppe Focaccio, per la realizzazione di un progetto lavorativo che vedrà impegnati, dal prossimo primo giugno, sei detenuti, per la durata di sei mesi. è la prima volta che i detenuti dell’Istituto di pena di Siano, escono all’esterno per lavorare.

I prescelti, quasi tutti in situazione di fine pena, selezionati secondo criteri stabiliti dalla legge penitenziaria art. 21 e secondo un percorso di valutazione da parte degli operatori penitenziari, verranno impiegati dalla cooperativa "Araba fenice" che li assume e gestisce la loro attività finanziata dalla Provincia, per un totale di 36.600,00 euro, con la mansione di operai presso l’Azienda vivaistica Condoleo di Belcastro. Un esempio questo, di come, da un paio di anni a questa parte, la direzione della Casa circondariale di Siano, con il supporto del Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria della Calabria, intenda avviare un processo di rinnovamento teso alla realizzazione di un carcere più funzionale e capace di creare posti di lavoro all’interno della struttura e di offrire valide prospettive occupazionali e di inserimento una volta scontata la pena.

Tutto è iniziato con interventi di pulizia e ristrutturazione all’esterno dell’edificio (realizzato nel 1993, che versava in stato di abbandono), sono state piantate 180 piante di alto fusto donate dall’Ente provinciale, per poi continuare all’interno, tinteggiato e abbellito con murales alle pareti, realizzati dagli stessi detenuti, fino a raggiungere un percorso progettuale finalizzato al recupero delle persone detenute, attraverso la scolarizzazione, il lavoro, la formazione professionale, le attività ricreative, non trascurando i rapporti con le famiglie.

La sinergia con gli enti istituzionali, favorisce e facilita queste finalità, ne sono convinti i vertici della direzione che hanno espresso la propria gratitudine al presidente Traversa il quale ha saputo recepire immediatamente il messaggio lanciato dalla Casa circondariale, facendosi promotore di altre iniziative orientate verso la possibilità di inserimento nel mondo del lavoro dei detenuti. La convenzione, infatti, concretizza i contenuti di un protocollo d’intesa sottoscritto il primo febbraio, tra il Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria e la Provincia, il cui obiettivo è l’inserimento dei detenuti in attività di formazione professionale e lavorativa.

All’appuntamento di ieri, oltre al provveditore dell’amministrazione penitenziaria regionale, Paolo Quattrone, erano presenti: il vice direttore, Roberto Romaniello, il comandante e il vice comandante della polizia penitenziaria, Nazareno Iannello e Francesco Aloi, e molti altri operatori penitenziari che direttamente si occupano delle attività dei detenuti, divisi nei due settori quello di Alta sicurezza, dove attualmente sono in 25, che devono scontare pene per reati maggiori; Media sicurezza dove ci sono circa 170 ospiti, e i collaboratori di giustizia. Tutti, comunque, destinatari di interventi di natura trattamentale.

Degno di nota il laboratorio di ceramica, realizzato nel circuito di Alta sicurezza, dove i detenuti dopo un corso di formazione tenuto dalla scuola d’arte di Squillace, danno vita a dei veri capolavori in ceramica molto apprezzati dall’imprenditoria calabrese che ne fa richiesta, anche attraverso il sito www.casacircondarialecatanzaro.it. Nel 2004 sono stati prodotti circa 10.000 pezzi di ceramica. Anche il settore falegnameria e restauro sta offrendo opportunità concrete; il Comune di Catanzaro, infatti, formalizzerà una commessa di panchine in legno. L’obiettivo del provveditore Quattrone, è quello di creare una rete imprenditoriale fra i 12 istituti penitenziari della Calabria verso i quali si è avviato un interessante processo di rinnovamento per dare contenuto al proponimento che "dal carcere deve partire un messaggio di speranza per chi vuole uscire dalla criminalità e di svolta per chi della criminalità ha fatto il proprio modello di vita".

Immigrazione: Rif. Com.; "I centri di soggiorno peggio dei lager"

 

Il Messaggero, 30 maggio 2005

 

I centri di permanenza temporanea (Cpt) per gli stranieri privi di permesso di soggiorno sono veri e propri lager. Lo hanno detto ieri l’onorevole Giovanni Russo Spena, l’assessore regionale alle Politiche Sociali, Elisabetta Mura, ed il segretario della federazione del Partito di Rifondazione Comunista, Giulio Petrilli, condannando l’istituzione dei centri, uno dei quali dovrebbe sorgere nelle vicinanze del carcere di Preturo dove sono rinchiusi numerosi detenuti soggetti al regime "duro" del 41 bis. L’onorevole Spena, tra i primi parlamentari a visitare i centri, ha parlato di vere e proprie carceri in cui ogni giorno si consumano atti di autolesionismo ed in cui le condizioni di vita sono disumane. È stato infatti lo stesso Spena a rivelare che inizialmente era stato chiesto dal Ministero di Giustizia e dell’Interno di realizzare il Cpt all’interno del recinto del carcere aquilano, diniego poi avanzato dal direttore dell’istituto penitenziario. Spena ha chiamato in causa il Presidente della Regione Del Turco a prendere posizione il più presto possibile per scongiurare la realizzazione del progetto. Strutture costose, è stato detto (ogni immigrato irregolare costa allo Stato 50 euro al giorno e solo una piccola parte viene rimpatriato) inefficaci e rischiose. Mura ha annunciato che già da martedì investirà la Giunta del problema. Infine sono stati denunciati i limiti della legge "Bossi-Fini" che secondo Rifondazione ha prodotto clandestinità, impedendo ai flussi di immigrati necessari per il lavoro in Italia, di poter venire.

La Spezia: detenuto albanese fugge scalando mura di cinta

 

Ansa, 30 maggio 2005

 

Un ladro acrobata detenuto nel carcere spezzino di via Fontevivo è evaso nel pomeriggio di ieri scavalcando le mura di cinta. Si tratta di un ragazzo di diciannove anni, albanese, che avrebbe dovuto scontare ancora due anni per una serie di precedenti per furto: il giovane è specialista nelle scalate alle facciate dei palazzi. Questa sua abilità gli è servita per scomparire nel nulla nel giro di pochi secondi mentre usufruiva dell’ora di uscita in cortile.

Il giovane ha eluso la sorveglianza ed è sparito dietro il muro. Da ieri pomeriggio si è scatenata una caccia all’uomo, con l’ausilio di polizia, carabinieri, polizia carceraria. Dietro la casa circondariale c’è una collina ricca di abitazioni ma anche di spazi verdi. Un elicottero ha sorvolato per ore la zona, ma Ervin Shahaj, questo il nome dell’evaso, non è stato trovato. Nelle ore notturne è stato richiesto l’aiuto di un mezzo dei vigili del fuoco dotato di un potente faro per setacciare la macchia verde. Le ricerche proseguono, ma fino ad ora senza risultato.

Sanremo: detenuto in permesso in fin di vita per ustioni

 

Secolo XIX, 30 maggio 2005

 

Ha bussato alla Croce verde di Ventimiglia con il volto che sembrava una maschera di fuoco, così come le braccia e buona parte del tronco. Con le poche parola di italiano che conosce, ha detto ai militi: "Mi sono bruciato con l’alcol, aiutatemi". Caricato sull’ambulanza è stato trasportato all’ospedale di Bordighera e un’ora più tardi è stato disposto il trasferimento d’urgenza al centro ustionati del San Martino di Genova. Le sue condizioni sarebbero molto gravi. Vittima del misterioso episodio avvenuto sabato notte - un marocchino di 30 anni, Xahab Bonezoueri. Sembra si tratti di un piccolo pregiudicato, detenuto al carcere dell’Armea e in regime di permesso. Cos’è almeno sarebbe scritto sui documenti che aveva con sé. Date le circostanze e la necessità di prestargli i primi soccorsi, non è stato possibile fare luce sulla vicenda. L’impressione è che non si tratti di una disgrazia, né di una forma estrema di autolesionismo.

Il sospetto è che il nordafricano sia stato vittima di un’aggressione e che gli autori del gesto gli abbiano appiccato il fuoco. A giudicare dalle ustioni riportate e dallo stato in cui si è presentato alla Croce verde, è da ritenere che il fatto si sia consumato nella città di confine. Un regolamento di conti? Questa sarebbe l’ipotesi più accreditata cui stanno lavorando le forze dell’ordine, anche se al momento sfugge il contesto in cui potrebbe essere maturata la sconcertante vicenda.

Pisa: Saccardi (Ds): mantenere attenzione su questione carceraria

 

Ansa, 30 maggio 2005

 

"Occorre mantenere desta l’attenzione sulla questione carceraria, perché su tanti casi umani di detenuti anonimi non cali l’oblio e non si chiuda la possibilità, per tutti, di un positivo reinserimento sociale". Lo ha detto Severino Saccardi, del gruppo Ds in consiglio regionale della Toscana, che questa mattina ha visitato il carcere Don Bosco di Pisa, dove è recluso Adriano Sofri. Nell’incontro con l’ex leader di Lotta Continua, Saccardi ha affrontato i temi della mancata amnistia, del sovraffollamento delle carceri e dei problemi legati al reinserimento e alla rieducazione dei detenuti.

Pisa: Cobas; "troppo bassi gli stipendi dei carcerati"

 

Ansa, 30 maggio 2005

 

In corso una vertenza nazionale all’interno delle carceri italiane. La confederazione Cobas e l’associazione dei detenuti Papillon Rebibbia, di Roma, si occupano di problemi che investono oltre 11 mila detenuti lavoranti all’interno degli istituti di pena, al servizio dell’amministrazione penitenziaria. "Gli stipendi dei carcerati - spiegano i portavoce Cobas di Pisa - oltre ad essere bassi, quasi sempre part-time, sono fermi al giugno 1993 da quando l’apposita commissione del ministero della Giustizia ha smesso di riunirsi. La situazione va aggiornata. Per questo ci rivolgiamo anche ai detenuti di Volterra e di tutta la Toscana". La Confederazione Cobas presta assistenza legale a tutti quanti decideranno di far ricorso. I detenuti ed ex detenuti lavoranti devono inviare (anche attraverso i loro familiari) una lettera alla sede provinciale dei Cobas, in via S. Lorenzo n. 38, 56100 Pisa, telefono 050.8312172, e-mail: confcobaspisa@inwind.it.

Roma: raccolta di fondi per aiutare i bambini in carcere

 

Redattore Sociale, 30 maggio 2005

 

"Belli come il sole", progetto volto a sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema dei bambini da 0 a 3 anni che vivono con le proprie madri in carcere, anima una delle piazze più suggestive della città, piazza Damiano Sauli, dove sabato 4 giugno. A partire dalle ore 20 numerosi artisti si alterneranno sul palco: dagli attori Valerio Mastandrea (residente da sempre nel quartiere della Garbatella) e Lele Vannoli ai cantanti Francesco di Giacomo (che presenterà in anteprima il suo ultimo lavoro "Scombatto", performance di teatro e musica), Marina Rei, Daniele Groff, 24grana, Claudia Ficorelli; dai cabarettisti Stefano Fabrizi e Andrea Rivera ad altre sorprese dell’ultima ora. Alcuni di loro hanno già preso parte, rigorosamente a titolo gratuito, ad altre iniziative promosse da Belli come il sole all’interno di Rebibbia. L’evento, promosso dall’Associazione "Il Pavone" nell’ambito del progetto, sarà l’occasione per una raccolta-fondi per realizzare progetti concreti finalizzati a far si che i bambini non varchino più le porte del carcere. Nel corso della serata verranno rese note le modalità attraverso le quali è possibile sin da ora contribuire concretamente alla raccolta fondi; chi volesse farlo fin d’ora può utilizzare il conto corrente bancario24286/36 intestato a Ass. Cult. Il Pavone – Belli come il sole.

Usa: rubò un televisore, scarcerato dopo 35 anni

 

Corriere della Sera, 30 maggio 2005

 

Un uomo di 65 anni è stato liberato da un carcere americano dopo aver trascorso 35 anni in prigione per avere rubato un televisore. Junior Allen, 65 anni, nel 1970 era stato condannato all’ergastolo per essere penetrato nell’abitazione di una donna di 87 anni in Carolina del nord rubando un televisore in bianco e nero da 19 pollici del valore di 140 dollari. Ma dopo il 1970 la pena massima per questo tipo di reato è stata portata a tre anni. Allen, appena uscito dal carcere di Hillsborough ha detto che il suo desiderio maggiore è quello "di lasciare il Nord Carolina prima possibile". Allen è stato rilasciato in libertà condizionata: se si comporterà bene nei prossimi cinque anni la sua libertà diventerà definitiva. Allen era giunto nella Nord Carolina dalla Georgia per lavorare come bracciante agricolo. "Non credo che sia stata fatta giustizia nel mio caso - ha detto Allen - 35 anni per aver rubato una tv mi sembrano troppi".

Multiculturalità: premio Mostafa Souhir a rivista "Bota Shqiptare"

 

Redattore Sociale, 30 maggio 2005

 

Ha vinto il premio Mostafa Souhir 2005 per la multiculturalità nei media la rivista "Bota Shqiptare" (mondo albanese, in italiano) testata giornalistica nata a Roma nel 1999 per favorire il dialogo della comunità albanese con quella italiana, ad oggi una vera e propria casa editrice gestita dal fondatore Roland Seiko, che produce anche il bollettino Shqiptari i Italise ("l’albanese d’Italia"). Un lavoro che, come l’intero processo di integrazione e di convivenza con gli immigrati, va sostenuto con molta perseveranza, e che deve coinvolgere tutte le realtà della società italiana, come ha sostenuto nel suo intervento Lucia De Siervo, assessore all’immigrazione del Comune di Firenze, che ha consegnato il premio.

"Le oltre 100 realtà di media multiculturali attivi in Italia, tra radio, giornali e tv, oltre a svolgere un servizio di interesse pubblico fondamentale per le comunità, rappresentano un luogo di discussione e scambio tra i migranti e gli altri gruppi di origine etnica minoritaria, così come tra le comunità minoritarie e quelle maggioritarie, promovendo il pluralismo culturale e informativo in ambito mediale", ha dichiarato Anna Meli, coordinatrice del Comitato Promotore del Premio Mostafa Souhir. Il Premio è alla sua seconda edizione e quest’anno è stato costituita una Piattaforma nazionale dei Media Multiculturali Italiani, che nei prossimi mesi lavorerà alla elaborazione di strategie di lavoro comune per il futuro, soprattutto in riferimento al mondo dei mass media a larga diffusione, degli enti locali e della società civile.

Al "Altri-Others" è andata la menzione speciale per la qualità editoriale, la capacità di promuovere la comunicazione multiculturale e l’attenzione verso le seconde generazioni di immigrati, mentre alle testate Asylum Post, Extra e Ristretti Orizzonti la menzione speciale per il coraggio dei temi trattati presentando rispettivamente le dure realtà dei rifugiati in Italia e degli immigrati nelle carceri di Matera e Padova. Menzione speciale giovani infine alla cinese He Jinchuan. Premio alla carriera è stato conferito a Farid Adly, giornalista di Popolare Network da venti anni, fondatore dell’agenzia stampa Anbamed e collaboratore di diversi quotidiani, tra cui il Corriere della Sera e Il Manifesto. Sono stati riconosciuti il suo impegno civile, il suo coraggio, la sua capacità di lavorare per un’informazione coerente, nella continua ricerca del dialogo interculturale in Italia.

L’assegnazione dei premi ha concluso la due giorni del 1° meeting italiano sui media multiculturali organizzato dall’ong Cospe (Cooperazione per lo sviluppo dei paesi emergenti), che si è svolto a Firenze il 27 e 28 maggio presso la stazione Leopolda: un’occasione per far incontrare tante delle realtà editoriali multi culturali della radio, la Tv, la carta stampata e il web attive in Italia sui temi dell’intercultura. Le produzioni partecipanti, ideate e realizzate da cittadini di origine immigrata, che hanno concorso all’assegnazione del premio, sono state 31. La metà sono bilingue o pubblicate in più di due lingue. Tra le 16 lingue utilizzate, gli articoli parlano soprattutto albanese, arabo, francese e inglese. Le candidature provengono da 10 regioni (nord, centro, sud), rispecchiando la dislocazione delle comunità di origine immigrata sul territorio nazionale. I contenuti espressi sono molto vari, dalle informazioni di servizio per le comunità immigrate, alle analisi generali di carattere interculturale e sociologico, alle informazioni sui paesi esteri ad uso del pubblico italiano. Per la sezione giovani hanno concorso 15 candidati, con altrettante esperienze che parlano diversi linguaggi espressivi: giornalini, racconti, elaborati scolastici.

Gorizia: tesi di laurea su giornale dal carcere "l’Eco di Gorizia"

 

Comunicato Stampa, 30 maggio 2005

 

Grazie ad un’illuminata iniziativa della Comunità Arcobaleno e alla disponibilità della direzione della Casa Circondariale, lo scorso venerdì Sara Previt, giovane neolaureata presso la locale sede dell’Università di Udine, ha potuto presentare la propria tesi di laurea ai suoi "ispiratori": in una stanza della prigione ha incontrato infatti la redazione de "L’Eco di Gorizia", il giornale curato dai detenuti che consente a migliaia di persone di ascoltare una voce altrimenti marginale e lontana, quella di chi vive la dura realtà della reclusione. Il momento è stato davvero emozionante per tutti i presenti, che hanno espresso con le parole e con il sorriso la gioia di aver visto il frutto del proprio lavoro trasformato in riflessione accademica e scientifica.

Successivamente la tesi è stata presentata lo scorso giovedì nella sala conferenze della Biblioteca Statale Isontina, dedicata appunto alla comunicazione sociale in ambienti di reclusione ed in particolare al trimestrale della Casa Circondariale della nostra città. Sono intervenute circa cento persone, tra le quali molti colleghi di Università dell’autrice. Ha preso la parola per primo l’Arcivescovo mons. Dino De Antoni, che ha sottolineato il significato del rapporto tra giornale del carcere e Voce Isontina, il settimanale diocesano che lo ospita e che permette all’"Eco" di raggiungere le case e le famiglie anche dei non addetti ai lavori.

Il prof. Francesco Pira, docente di Comunicazioni Sociali presso l’Università di Udine a Gorizia e relatore della tesi ha sottolineato l’importanza di questo settore ed ha rilevato il coraggio e l’opportunità di uscire dai soliti schemi per valorizzare nuovi orizzonti comunicativi: in questo senso una tesi su carcere e comunicazione non rappresenta soltanto un percorso originale, ma anche l’inizio di un modo nuovo di intendere le relazioni fra le persone. Ha infine offerto la propria disponibilità a realizzare in Gorizia ambiti di formazione ad un giornalismo attento ai valori ed alla dignità dell’essere umano. Don Alberto De Nadai ha opportunamente richiamato il ruolo della Comunità Arcobaleno nella prevenzione, accompagnamento e accoglienza dei goriziani che per un motivo o per l’altro si sono trovati implicati nella vita della Casa Circondariale; ha anche detto che la paura dell’altro non è un buon punto di partenza per la costruzione di una società a misura d’uomo, perché la sopravvalutazione della ricerca di sicurezza può portare all’invocazione di un pericoloso "ordine" contrario alla libertà di espressione e di movimento. È stata poi la volta di Sara che ha presentato con delicatezza e grande competenza il proprio lavoro: da un’analisi del ruolo e dell’attuale senso dell’istituzione carceraria è passata ad approfondire le tematiche relative alla comunicazione sociale, descrivendo infine quei particolari "strumenti" che sono i giornali di carcere e soffermandosi specificamente sulla breve ma intensa storia dell’"Eco di Gorizia". Il direttore della Casa Circondariale di Gorizia dott. Attinà si è fatto interprete dei sentimenti di gratitudine dei detenuti e di tutti i presenti, rilevando l’importanza di una valorizzazione accademica e scientifica di un "media" realizzato con pochi mezzi e poche persone recluse in Via Barzellini.

Non è mancato un ringraziamento particolare a Edy Canavese e Silvia Di Dio, le due volontarie che con la settimanale e fedele presenza rendono possibile la scelta dei temi, l’elaborazione degli articoli e il rapporto con il settimanale diocesano che cura per il momento l’impaginazione e la diffusione. Al termine la dott.ssa Chiara Obit ha illustrato gli altri programmi che la Comunità Arcobaleno sta realizzando o ha cominciato ad avviare presso la struttura carceraria.

 

 

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