Rassegna stampa 18 gennaio

 

Anno giudiziario: Pisapia; rapporto costruttivo magistrati-avvocati

 

Ansa, 18 gennaio 2005

 

Secondo l’avvocato e parlamentare di Rifondazione Comunista Giuliano Pisapia, rispetto al quadro nazionale, "dove emerge sempre di più una giustizia sull’orlo del collasso definitivo", a Milano sono emersi "aspetti positivi che è doveroso valorizzare per dar vita finalmente a quel progetto riformatore della giustizia civile e penale, il cui presupposto è il dialogo e il confronto costruttivo, e il reciproco rispetto, sia tra avvocatura e magistratura che tra politica e magistratura".

"Rispetto alla situazione desolante e sull’orlo del collasso della giustizia nel Paese - afferma Pisapia in una nota - la situazione del distretto della corte d’appello mostra segnali positivi quali: la diminuzione delle prescrizioni e un seppur lieve miglioramento dei tempi e dell’efficienza della giustizia civile e penale". Su questi miglioramenti "hanno inciso in maniera rilevante alcune delle riforme approvate nella scorsa legislatura, tra cui in particolare il rafforzamento dei riti alternativi, l’ampia depenalizzazione dei reati minori e una maggiore professionalità dei giudici di pace".

"La situazione della giustizia nel distretto della corte d’appello di Milano, in cui effettivamente si vedono delle luci pur in presenza di tante ombre - osserva l’avvocato -, è dovuto principalmente al positivo rapporto costruttivo, pur nella diversità delle posizioni e dei ruoli, che si è instaurato tra i vertici della magistratura milanese e l’avvocatura e che ha permesso di superare, a livello organizzativo, quelle situazioni di stallo giudiziario dovuto alla mancanza di riforme organiche tese e rendere la giustizia, civile e penale, nel contempo celere e efficiente e garantista per imputati e vittime dei reati".

Per Pisapia, dalla relazione del p.g. e del presidente dell’ordine degli avvocati, "è emersa la gravità di una situazione per cui, negli ultimi tre anni, non è stata approvata neppure una riforma per rendere più celeri i tempi processuali, evitando una situazione assoluta di denegata giustizia, che incide negativamente anche nei rapporti sociali ed economici e nello sviluppo del paese". "L’auspicio - conclude l’avvocato - è che quanto emerso dalla relazione del procuratore generale della cassazione e dei singoli procuratori generali presso le corti d’appello - in gran parte condivisi dai rappresentanti dell’avvocatura - determini al più presto quella svolta non più procrastinabile tesa all’approvazione di quelle riforme sulle quale è possibile un ampio consenso, sia tra i diversi operatori del diritto, sia tra maggioranza e opposizione parlamentare: dal nuovo codice penale, alla cosiddetta miniriforma del codice di procedura civile; dalle norme attuative del giusto processo alla previsioni di sanzioni penali diverse dal carcere (per esempio la detenzione domiciliare durante il week-end; lavori finalizzati al risarcimento del danno; lavori socialmente utili) che sarebbero senza dubbio il punto di partenza e il presupposto per quel confronto sereno e costruttivo, indispensabile per dare al nostro paese una giustizia degna di un paese civile e realmente al servizio dei cittadini".

Milano: Albertini incontra Castelli e Urbani, trasferire San Vittore

 

Corriere della Sera, 18 gennaio 2005

 

Un comitato tecnico per decidere il futuro di San Vittore. Decidere cioè se lasciarlo dov’è, se invece spostarlo in periferia, e in questo caso cosa fare al suo posto: tuttalpiù lasciandoci - giusto per andare incontro alla Sovrintendenza - un pezzetto della vecchia struttura magari accanto a un grattacielo o a un giardinetto pubblico, a mò di vestigia storica, per ricordare il carcere che fu.

È questa la conclusione cui è giunta la riunione avvenuta ieri a Palazzo Marino fra il sindaco Gabriele Albertini, il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, e quello ai Beni culturali Giuliano Urbani. L’incontro, di per sé, voleva rappresentare più che altro una ripresa ufficiale dei "confronti istituzionali" su un argomento che al sindaco in particolare sta a cuore da molto tempo: vale a dire, appunto, il progetto di trasferire il carcere cittadino di San Vittore in altra zona più decentrata e usarne l’area per farci qualcos’altro. Castelli e Urbani, già in passato, si erano espressi, almeno a grandi linee, favorevolmente rispetto all’idea del sindaco.

Ma all’abbattimento della storica prigione di piazza Filangeri si è sempre opposta con decisione la Sovrintendenza regionale ai Beni artistici, che considera tuttora San Vittore un patrimonio architettonico da tutelare. E se alcuni, come la Lega già un anno e mezzo fa, avevano appoggiato l’idea del sindaco, c’erano altri, come il comitato di quartiere Pattinano, a sottolineare che "questa parte di città ha preso forma intorno al carcere e noi ci batteremo contro le ruspe"; o altri ancora, che vorrebbero un trasferimento dei detenuti altrove, ma anche la salvaguardia dell’edifico e della sua famosa struttura radiale; per non parlare naturalmente di quanti dentro San Vittore vivono e lavorano, e che da un trasloco vedrebbero compromessa tutta una serie di fattori che rendono San Vittore piuttosto unico: dalla relativa vicinanza al tribunale fino alla relativa comodità dei colloqui per i parenti dei detenuti.

Fra i progetti esposti a più riprese dal sindaco c’è quello di farci un parco. Nel 2002 il Comune aveva anche individuato l’area dove spostare la prigione, trasformandola in una "cittadella della giustizia": 36 ettari in via Forze Armate, vicino alla caserma Perrucchetti. "Ma la vecchia struttura non si tocca", disse la Sovrintendenza. E il vincolo è ancora lì.

L’ex direttore del carcere, Luigi Pagano, oggi provveditore di tutte le carceri lombarde, non si è mai schierato per un fronte o per l’altro: "Quel che conta non sono i simboli ma i progetti concreti. È su quelli che bisogna esprimersi". Senza contare che dentro San Vittore, da anni, è in corso una ristrutturazione già approdata finora al rifacimento di uno dei sei raggi: lavori il cui seguito procede a rilento, ma che un trasloco - vien fatto notare - vanificherebbe del tutto anche nella loro parte già conclusa. Ora la riunione di ieri ha deciso che, per valutare tutte le ipotesi in campo, si insedierà appunto un "comitato tecnico" di cui faranno parte Comune, Regione, nonché i due ministeri della Giustizia e dei Beni culturali. Un’idea di cui si è iniziato a discutere, per "accontentare" la Sovrintendenza, sarebbe quella accennata all’inizio: spostare il carcere, ma lasciandone lì qualche pezzo di muro come ricordo. Basterà?

Cosenza: lavoro per gli ex detenuti, "il pregiudizio li penalizza"

 

Giornale di Calabria, 18 gennaio 2005

 

È il pregiudizio nei confronti di un ex detenuto la principale difficoltà incontrata da coloro che, dopo la scarcerazione, tentano di reinserirsi nel mondo del lavoro. È quanto emerge da una indagine dell’Associazione Nour onlus di Cosenza compiuta nelle carceri ed in ambienti dove vivono ex detenuti.

Il 48% del campione - secondo quanto emerge dall’indagine - costituito da persone che hanno cercato di reinserirsi nel mondo del lavoro dopo l’esperienza carceraria, ha dichiarato come principale difficoltà il pregiudizio nei confronti di un ex detenuto, oltre alla mancanza di fiducia e affidabilità e la disponibilità ad offrire solo lavori con retribuzione molto bassa e non regolari. Il 29% del campione intervistato ha dichiarato che già dal primo tentativo di inserimento nel mondo del lavoro, prima della detenzione in carcere, aveva incontrato difficoltà di inserimento lavorativo. Il 53% del sottocampione, sul punto, ha indicato tra le principali cause, la mancanza del titolo di studio, il 40% del sottocampione, la mancanza di una qualifica professionale specifica, ed il restante del sottocampione, la mancanza di esperienza lavorativa.

"La novità - sostiene il presidente della Nour onlus, Franco Felice - dovrebbe stare proprio nello spirito di collaborazione tra le parti sociali, cioè tra portatori di interessi per loro natura divergenti e spesso contrastanti". L’indagine ha avuto inizio con uno studio conoscitivo all’interno dei Penitenziari della provincia di Cosenza, ed in particolar modo in quello di Rossano, promossa dall’Osservatorio regionale sul lavoro sommerso e curata per la Nour onlus dalla sociologa Carmen D’ Onofrio.

L’indagine era finalizzata a rilevare, tra l’altro, il fabbisogno formativo dei detenuti, allo scopo di promuove azioni di formazione dirette a consentire reali sbocchi lavorativi sia all’interno che all’esterno dei luoghi di detenzione. "In particolare - aggiunge il presidente della onlus, Franco Felice Capone, da una parte bisognerebbe preparare le nuove generazioni a svolgere con competenza le funzioni che il nuovo modo di fare impresa e di fare economia richiede; dall’altra, predisporre percorsi di riqualificazione per coloro che non trovano più posto nel sistema produttivo, oppure in certi settori del sistema produttivo, ma sono ancora in grado di dare un contributo attivo in altri settori, oppure in altri comparti del sistema economico-sociale".

Milano: nasce "Belli dentro", sit-com televisiva sul carcere

 

Redattore Sociale, 18 gennaio 2005

 

Perché non raccontare il carcere strappando un sorriso? Se lo sono chiesti i redattori de "il due", il giornale del carcere milanese di San Vittore, inventandosi una sit-com televisiva sulla vita dietro le sbarre. Lo spunto è piaciuto ad alcuni comici di Zelig e Colorado Cafè, che stanno lavorando a "Belli dentro", una serie di trenta episodi che, secondo le prime indiscrezioni, dovrebbe andare in onda sulle reti Mediaset a partire da metà febbraio.

Se ne sa ancora poco, ma tra qualche settimana uno spaccato ironico e leggero della vita dei carcerati di San Vittore dovrebbe approdare sul piccolo schermo. "Abbiamo pensato di proporre una situation-comedy (o sit-com, un programma seriale ambientato sempre nello stesso posto, ndr) che si svolgesse in carcere", spiega Emilia Patruno, direttrice de "il due", il giornale del carcere di San Vittore che da anni raccoglie la vita, le storie e i pensieri di chi vive dietro le sbarre. "I detenuti che scrivono sul nostro giornale hanno collaborato direttamente con gli autori di Zelig e Colorado Cafè, per raccontare la vita del carcere e il sul lato più divertente", spiega la Patruno.

I racconti dei detenuti hanno fornito lo spunto per definire il soggetto e il contesto delle storie, mentre la redazione della sceneggiatura vera e propria spetterà agli autori, che seguiranno un taglio inedito. "Finora la comunicazione della realtà carceraria è stata intonata su un registro drammatico - dice Emilia Patrono -.

Per questo sarà molto importante parlare di questi temi con un approccio più simpatico e leggero, utilizzando un tono che non colpevolizzi nessuno". I detenuti del tubo catodico, infatti, avranno la voce e la simpatia di alcuni tra i nomi più noti delle trasmissioni Zelig e Colorado Cafè, sui quali tuttavia c’è ancora il massimo riserbo.

Porto Azzurro: la sezione semiliberi e la solidarietà natalizia

 

L’Isola, 18 gennaio 2005

 

Mi ha colpita l’articolo apparso su "L’isola" del 7 dicembre scorso, che rende conto dell’ultima seduta del Consiglio comunale di Porto Azzurro. L’assemblea consiliare approva, (contraria l’opposizione), la proposta dell’apertura di una casa da gioco a Porto Azzurro e conclude alla quasi unanimità (un solo astenuto) con un ordine del giorno che esprime l’intenzione di avanzare all’autorità carceraria e al Ministero competente la richiesta di soppressione della "sezione semiliberi" del Carcere, "al fine di evitare situazioni conflittuali e di reciproco nocumento fra popolazione locale e detenuti semiliberi".

Tutto ciò se l’amministrazione carceraria non provvederà a "regimare (termine tecnico infelicemente usato per indicare attività che riguardano esseri umani, anche se detenuti) l’operazione di reinserimento in tutti i suoi dettagli". Cosa s’intende con questa richiesta? Maggiore collaborazione con l’amministrazione penitenziaria. Richiesta giusta allora, collaborazione auspicabile ed auspicata mi sembra, ad esempio, dal dottor Zottola, educatore del Carcere di Porto Azzurro, che dichiara di ricercare un rapporto sempre più stretto e una maggiore collaborazione con le amministrazioni locali, esse pure coinvolte a norma di legge nel processo di reinserimento lavorativo e sociale dei detenuti (vedi l’intervista a Zottola che si legge sullo stesso numero e nella stessa pagina dell’articolo in questione).

Ma il tono minaccioso della richiesta di soppressione della sezione di semiliberi è qualcosa di preoccupante ed assolutamente non condivisibile, indegno, a mio parere, di un paese civile, e minimamente solidale. Eppure ha trovato tutti d’accordo. È davvero doloroso constatare che, quando ci sono da affrontare certi temi sociali impegnativi ma che, spesso, la maggior parte dei "benpensanti" avverte come estranei e fastidiosi, i politici, di destra e di sinistra, anziché ricercare con lungimirante condivisione d’impegno soluzioni adeguate, vadano armoniosamente a braccetto nell’arroccata difesa del proprio orticello.

Il reinserimento dei detenuti può forse interessare a una società diffidente, egoista e chiusa in se stessa? E, soprattutto, una politica che si interessi di affrontare questo problema (e magari trasformarlo in occasione positiva) può portare voti e trovare consenso? In un’ isola che ospita, d’estate, oltre duemila lavoratori, danno così fastidio quei dieci detenuti semiliberi che svolgono un lavoro? (A Porto Azzurro sono 4, con una percentuale dello 0,03%). Fra l’altro i datori di lavoro sono solitamente soddisfatti, esiste anche una normativa che prevede sgravi fiscali per chi assume un detenuto e, inoltre, chi esce in semilibertà ha già in mano un’offerta di lavoro ed è considerato idoneo per usufruire di questo beneficio dal parere rigoroso di un’équipe trattamentale e del magistrato competente. Insomma la nostra comunità si lamenta perché una persona detenuta è autorizzata ad uscire dal carcere per lavorare e vivere onestamente. Meglio sarebbe allora se uscisse e tornasse a delinquere? Forse sì, almeno si potrebbe rimettere dentro... Un problema di meno!

Una vita spezzata, che cerca di risalire la china e spera in un riscatto personale e familiare a chi interessa? Che cosa... Sono fatti nostri? Noi a Porto Azzurro vogliamo più quattrini e un bel casinò, che ci porterà tanta gente "per bene", mica quattro scalcagnati usciti di galera che, per di più, hanno la pretesa di trovare lavoro, e magari un alloggio... E la Chiesa?

Che cosa dice la comunità parrocchiale di Porto Azzurro? Dove sono i cristiani e la loro attenzione privilegiata per "gli ultimi"? È diventato così distratto il nostro cristianesimo, così tiepido da non scaldare più il cuore di nessuno? Un’ultima domanda agli amministratori di Porto Azzurro. Vi rendete conto di come "sparate" di questo tipo possono portare amarezza e disperazione non solo fra i semiliberi, ma anche fra chi è in attesa della semilibertà, con i rischi di destabilizzazione che ciò comporta in un’istituzione chiusa come il Carcere?

 

Licia Baldi, presidente Associazione "Dialogo" volontariato Carcere

Pescara: da giunta regionale fondi per risocializzazione detenuti

 

Asca, 18 gennaio 2005

 

Nell’ambito degli interventi per favorire la risocializzazione dei detenuti, la Giunta regionale d’Abruzzo ha approvato il piano di riparto dei fondi. Le risorse saranno erogate a quelle associazioni culturali coinvolte, che ne hanno fatto richiesta. L’importo è pari a 50 mila euro. La spesa sarà liquidata dal dirigente del Servizio Promozione Culturale con apposita e successiva determina. Sono 7 le associazioni abruzzesi che attraverso la loro attività si occuperanno del reinserimento dei detenuti, in base a quanto prevede la Legge Regionale n. 123 del 1997.

Ne dà notizia l’assessore alla Promozione Culturale, Bruno Sabatini. Gli interventi saranno realizzati all’interno delle case circondariali di L’Aquila, Pescara, Teramo, Avezzano, Sulmona. "I progetti presentati all’attenzione della Regione afferma l’assessore - riguardano la realizzazione di svariati interventi culturali afferenti diverse discipline, quali la musica, il teatro, il cinema, ed iniziative rivolte alla popolazione carceraria straniera, che è presente in numero rilevante nei penitenziari abruzzesi, così da stimolare relazioni tra sistemi culturali diversi".

Le associazioni che si occuperanno dei detenuti sono: l’Associazione Orchestrale Benedetto Marcello (Te), l’Associazione Cinematografica Multimediale Gaetano Braga (Pe), l’Istituto Musicale Gaetano Braga (Te), l’Associazione Teatrale l’Uovo (Aq), le Associazioni Orizzonte (Francavilla a Mare), l’Associazione Musicale Accademia (Tagliacozzo), la Cooperativa Sociale di Mediatori Culturali Interazione. "La Regione afferma Sabatini riconosce e promuove tutte quelle iniziative che, come recita la L.R. n.123 del 1997, sono finalizzate alla risocializzazione della popolazione carceraria".

Vicenza: storie di vita e di sport, Ernest ex detenuto e calciatore

 

Giornale di Vicenza, 18 gennaio 2005

 

"Grazie amici. Il periodo brutto ora è passato e sono qui per ringraziarvi perché la vostra disponibilità ed amicizia mi hanno permesso di ritornare a vivere. Voglio esprimervi tutta la mia gratitudine e vi chiedo di continuare su questa strada anche con altre persone che come me hanno sbagliato" .

Parla correttamente l’italiano Ernest Port Onuawuchi, quarantenne nigeriano, arrivato in Italia con regolare permesso di soggiorno una decina di anni or sono. La sua è una storia comune a tanti altri extracomunitari anche se Ernest, il sorriso sempre stampato sul volto, è un po' speciale, sa legare e farsi benvolere da tutti.

Ernest aveva trovato un lavoro in una ditta di legnami del padovano. "Sbagliando tutto", come ammette ora, era finito nel giro dello spaccio delle droghe leggere e sulla "soffiata" di un suo ex-cliente, si era beccato una condanna a 10 anni di carcere. Portato al Due Palazzi di Padova, Ernest poco tempo dopo è stato trasferito nel carcere di San Pio X di Vicenza dal quale è uscito in questi giorni, dopo aver pagato il proprio debito con la giustizia.

In carcere Ernest ha avuto la fortuna di poter contare sull’aiuto dei volontari coniugi Carmignato grazie ai quali ha superato momenti di grande difficoltà quindi si è specializzato nei lavori di giardinaggio, lavoro che oggi svolge per una ditta di Montecchio Maggiore.

La storia con lo Spes Setteca è iniziata grazie al Csi-Centro sportivo italiano di Vicenza. Al termine di una partita giocata nel campo di Settecà, Ernest aveva chiesto di poter prendere parte agli allenamenti con la locale società Spes che disputa il campionato di calcio dei dilettanti del Csi.

L’attaccante nigeriano lega subito con i compagni e Gianluca Cattin, dirigente giocatore dello Spes, a nome della squadra inoltra alla direzione della casa circondariale una lettera con cui "...richiede a nome della squadra che il signor Ernest Onuawuchi possa partecipare agli allenamenti della squadra stessa. Questa richiesta nasce dal fatto che abbiamo avuto la possibilità di conoscere Ernest in occasione di alcuni incontri sociali e sportivi e potuto così apprezzarne le sue qualità morali. Ci farebbe quindi piacere invitarlo in modo continuativo presso la nostra realtà sportiva. Si valuterà in seguito, a seconda dei desideri di Ernest e delle necessità della squadra, di tesserarlo per le partite di campionato, quantomeno casalinghe".

Enrico Mastella, presidente del Csi di Vicenza nonché responsabile per Vicenza del Progetto sport/carcere 663 sotto l’egida dell’assessorato alle Politiche sociali della Regione ha provveduto a trasmettere la richiesta al magistrato di sorveglianza Lorenza Omarchi, al direttore del carcere di Vicenza Salvatore Erminio ed agli educatori del San Pio X.

Il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria nei giorni di martedì e giovedì ha così concesso al recluso Onuawuchi, in regime di semi-libertà, di poter posticipare il rientro al fine di poter prendere parte agli allenamenti di calcio a Settecà.

"Al primo allenamento ero convinto che si dovesse lottare per la coppa dei campioni - racconta divertito Ernest - perchè il mister Bigarella ci ha fatto fare un’ora di "ripetute" e di preparazione atletica e soli 10 minuti con il pallone. Poi mi sono abituato" .

Gli si sono quindi aperte le porte del carcere per consentirgli di lavorare in una cooperativa di giardinaggio, un privilegio purtroppo che pochi reclusi hanno la fortuna di poter avere. Da uomo libero Ernest, che ha trovato casa a Recoaro, si è ricordato dei suoi ex compagni di squadra e con il presidente Mastella si è presentato alla fine dell’allenamento con un cabaret di paste ed alcune bottiglie di vino per un saluto e gli auguri natalizi. "Qui da noi le porte per te sono sempre aperte, vieni ad allenarti quando vuoi" , hanno detto in coro i calciatori dello Spes. "...non mancheranno neppure "le "ripetute", ha aggiunto mister Biga.

Nuoro: trecento libri raccolti nelle librerie e regalati ai detenuti

 

Redattore Sociale, 18 gennaio 2005

 

Sono quasi trecento i volumi raccolti nelle librerie di Nuoro aderenti all’iniziativa "Liberamente - regala un libro a un detenuto, gli donerai la libertà di un sogno" e che presto verranno inviati al carcere cittadino di Badu ‘e Carros.

Il sindaco del capoluogo barbaricino, Mario Zidda, e l’assessore comunale ai Servizi sociali, Graziano Pintori, hanno voluto ringraziare i nuoresi che, raccogliendo l’invito della amministrazione comunale, hanno contribuito al successo del progetto, nato in collaborazione con la direzione del carcere nuorese, la biblioteca Satta e alcune librerie cittadine per dare un segno tangibile di attenzione al problema delle condizioni della vita dei detenuti.

L’iniziativa è ancora in corso: chi va in libreria può acquistare un libro scontato che poi l’amministrazione si preoccuperà di consegnare alla biblioteca del carcere.

Enna: doni della Croce Rossa per i familiari dei detenuti

 

La Sicilia, 18 gennaio 2005

 

Accoglienza dei familiari dei detenuti, ristretti nella casa circondariale ennese, da parte della Croce Rossa con i suoi volontari del soccorso nel quadro dei progetti di solidarietà 2004 - 2005. Circa 90 le persone contattate nei giorni di colloquio, mentre ai bambini sono stati dati dei giocattoli, agli adulti sono stati regalati dei dolciumi. Inoltre è stata organizzata una tombola presso la casa di riposo "Principe di Piemonte" con la donazione di premi e di regali che sono stati offerti dai commercianti e capi di abbigliamento offerto dal Comitato della Cri per circa quaranta ospiti, fornendo inoltre una cena. Donazione di beni di consumo come biscotti, carne, alimentari, oggettistica anche presso la Casa di accoglienza "Boccone del Povero" di Calascibetta.

Inoltre è stata fornita assistenza materiale e morale a un disabile, che è stato adottato dai volontari del soccorso di Enna. I familiari oltre a ringraziare i volontari per i doni ricevuti, hanno voluto puntualizzare la loro gratitudine per il sostegno umano e caloroso loro. Un ringraziamento particolare è stato fatto alla direttrice della casa circondariale ennese Letizia Bellelli, per aver reso possibile l’ingresso dei volontari nella struttura carceraria e quindi, l’attività degli stessi in favore delle famiglie dei detenuti. Importanti attività organizzate dall’Ispettore provinciale Mario Petralia e di gruppo Luigi Botte, promotori dell’iniziativa, assieme ai loro delegati Gaetano Russo e Adele Gallone, nel quadro di un progetto umanitario, che è stato approvato ed autorizzato dal commissario provinciale della Cri Angiolo Alerci e dal commissario locale Saverio Gravina e dell’ispettore regionale dei volontari Francesco La Monica.

Thailandia: webcam installata nella camera della morte

 

Punto Informatico, 18 gennaio 2005

 

Esporre su Internet la diretta delle esecuzioni di Stato è il progetto delle autorità thailandesi che ha spinto Amnesty International a condannare ancora una volta le pratiche della "giustizia locale".

Una condanna che ha aperto una polemica accesissima. Il Governo ha infatti immediatamente reagito alla denuncia smentendo l’intenzione di voler pubblicare in Internet le riprese delle esecuzioni e sottolineando invece di voler mettere a disposizione di tutti soltanto le immagini dei detenuti che entrano nella camera della morte, il luogo dove i condannati vengono terminati. In seguito saranno messi a disposizione non i feed live delle esecuzioni ma le foto degli uccisi.

La risposta del Governo ha a sua volta attivato le proteste dei detenuti e non solo di quelle decine di reclusi che si trovano nel braccio della morte in attesa dell’esecuzione. Il timore dei detenuti infatti è che questo sia il primo passo per violare ogni riservatezza, per quanta ce ne può essere in prigione. Una petizione che viene firmata in queste ore nel penitenziario centrale di Bang Khwang boccia i progetti internet del Governo e afferma che riprendere i detenuti con web cam significa condannarli due volte.

Tutto questo ha spinto ad intervenire Kitti Limchaiki, il ministro della Giustizia, secondo cui i timori dei reclusi sono ingiustificati perché, anzi, mostrare via Internet le condizioni del carcere è una garanzia di buon trattamento per i detenuti stessi e contribuisce ad allontanare ogni possibile abuso da parte del personale di sorveglianza.

Anche il suo Ministero, così come la Direzione Carceraria, ha sottolineato che trasmettere in diretta online le esecuzioni costituirebbe una violazione della costituzione e dunque non si può fare. Ma la Direzione ha ribadito comunque la propria intenzione di portare on line "la vita dei reclusi".

"Voglio - ha dichiarato il direttore Nathee - che i funzionari e i detenuti che violano le regole della prigione sappiano che c’è gente là fuori che li guarda. Questo riguarda tanto i detenuti coinvolti nel gioco d’azzardo quanto i funzionari lassisti o negligenti ed inoltre impedisce a beni vietati di entrare nella prigione. Allo stesso tempo ciò consentirà alla gente di vedere quanto è difficile la vita in prigione, cosa che funzionerà come un deterrente per chi intende violare la legge".

Va detto che negli Usa la web cam puntata dentro i penitenziari non è più una novità. La più celebre e contestata è quella di Anderson County nel Tennessee. Anche lo sceriffo locale la considera un deterrente.

Algeria: grazia e sconti pena per 5.000 detenuti

 

Ats, 18 gennaio 2005

 

Il presidente algerino Abdelaziz Bouteflika ha disposto misure di riduzione totale o parziale della pena per 5.065 detenuti, in occasione dell’Aid el Adha, la festa del sacrificio celebrata il 20 gennaio. Lo rende noto un comunicato della presidenza.

Dalle misure di grazia, precisa il comunicato, sono escluse le persone condannate per atti di terrorismo e sovversione, attentato alla sicurezza dello stato, omicidio, parricidio, infanticidio, violenze volontarie su famigliari, stupro, attentato al pudore con violenza, incendio volontario, incesto, storno di denaro pubblico o privato, corruzione, contrabbando, furto aggravato e traffico di stupefacenti.

Foggia: progetto di formazione-lavoro per detenuti forestali

 

Teleradio Erre, 18 gennaio 2005

 

Impareranno ad avvistare e spegnere gli incendi boschivi, a difendere il patrimonio ambientale e anche come si fa un’attività di rimboschimento. 45 detenuti delle case circondariali di Foggia, Lucera e San Severo potranno frequentare un corso di formazione- lavoro promosso, nell’ambito del progetto "Speranza", dal Ministero della Giustizia, dipartimento amministrazione penitenziaria, in collaborazione con il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, Corpo Forestale dello Stato e Ispettorato Ripartimentale delle Foreste.

Il corso, che partirà entro la fine di questo mese, avrà durata di 110 ore, ripartite tra lezioni teoriche svolte da personale del Corpo Forestale dello Stato, e prove pratiche, delle quali si occuperà l’Ispettorato Ripartimentale delle Foreste di Foggia, in entrambi i casi senza alcuna remunerazione. Le lezioni pratiche si svolgeranno al Bosco dell’Incoronata, al castello svevo di Lucera, in una zona urbana di nuovo insediamento a San Severo; ma ci saranno anche due visite formative alla Foresta Umbra e al vivaio Orto di Zolfo di Biccari. Per queste due escursioni il comune di Foggia ha messo a disposizione due autobus dell’ATAF.

Che i Comuni e la Provincia di Foggia non facciano mancare la loro presenza è la speranza dei promotori del corso, per far sì che i detenuti che lo avranno frequentato, acquisendo professionalità specifiche, possano trovare una collocazione nel mondo del lavoro. Il corso infatti è destinato a detenuti con una posizione giuridica definita, e che quindi nel giro di pochi anni potrebbero varcare le porte del carcere.

Reggio Calabria: Musolino (Pdci); chiusura dei centri per immigrati

 

Asca, 18 gennaio 2005

 

"Don Giacomo Panizza, presidente della Comunità "Progetto sud" di Lamezia Terme (Cz), pone, denunciando il carattere repressivo del Centro della cittadina calabrese, un problema reale: la necessità di arrivare rapidamente al superamento dei Centri di permanenza temporanei.

E lo pone da un osservatorio privilegiato: quello del prezioso lavoro di tante comunità cristiane. Don Panizza chiede inoltre alle associazioni del Terzo Settore di non impegnarsi nella gestione di questi centri. Richieste legittime e validè’. Lo sostiene Maurizio Musolino, responsabile nazionale Immigrazione del Pdci. "I Centri di permanenza temporanei, infatti - dice Musolino - sono oggi delle carceri, spesso a cielo aperto, in contrasto con qualsiasi principio di buon senso e di diritto internazionale.

Sono il frutto di un approccio con il tema immigrazione tutto legato alla sicurezza, approccio che noi respingiamo fermamente. La "Bossi-Fini" ha dimostrato, in questi anni, di essere una legge disumana e fallimentare, e non è riuscita a dare nessuna risposta ai tanti problemi che l’immigrazione clandestina pone. A partire da quelli di centinaia di migranti, che trovano in fondo al Mediterraneo la loro tomba.

Vittime di uno sviluppo immorale e di un commercio che fa di loro i nuovi schiavi del terzo millennio queste persone sono abbandonate a loro destino dall’egoismo di governi che fanno del tema dell’immigrazione oggetto di campagne di allarmismo al solo fine elettorale. Sull’onda delle manifestazioni che per ben due volte hanno portato i migranti a manifestare a Roma nel mese di dicembre per l’affermazione dei loro diritti dobbiamo rilanciare immediatamente - tutti insieme, unitariamente - conclude Musolino - una battaglia nazionale per il superamento della legge Bossi-Fini e per la chiusura dei Centri di permanenza temporanei".

Ascoli: morte di Giuliano Costantini, accusati tre medici

 

Il Messaggero, 18 gennaio 2005

 

Sfilata di testimoni ieri davanti al giudice del Tribunale di Ascoli, Emilio Pocci, dove è in corso il processo che vede tre medici del carcere di Marino del Tronto imputati di omicidio colposo per la morte di Giuliano Costantini. L’uomo di origini fermane morì il 27 settembre del 2000 a poche ore dal ricovero in ospedale.

Un processo che dovrà chiarire se, come sostiene il pubblico ministero Umberto Monti, il decesso di Costantini si sarebbe potuto evitare se fosse stato disposto un più tempestivo ricovero in ospedale. "Durante la conta mattutina ho notato che il detenuto era giallo in viso, dolorante e non si alzava e così ho chiesto l’intervento di un medico" ha riferito l’agente di polizia penitenziaria Luca Iannotta aggiungendo però che "nei giorni precedenti non si era lamentato".

"Stava male da qualche giorno, non mangiava e non si alzava da quando fu portato via dalla cella da alcune guardie e quando ritornò, dolorante, ci disse che era stato picchiato" ha detto un ex compagno di cella di Costantini citando un fatto per il quale sono attualmente sotto processo tre secondini dei supercarcere di Marino, comunque estranei alla sua morte.

 

 

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