Rassegna stampa 23 febbraio

 

Giustizia: il Csm boccia la ex-Cirielli; "ricadute devastanti"...

 

Adnkronos, 23 febbraio 2005

 

Le nuove norme sui termini di prescrizione dei reati avranno ricadute devastanti sul lavoro degli uffici giudiziari. E rischiano di essere "in contrasto con alcuni principi costituzionali, a cominciare da quello della ragionevole durata del processo". Con una risoluzione approvata a larghissima maggioranza (16 i voti a favore), il Csm boccia la cosiddetta legge ex-Cirielli.

A favore hanno votato tutti i togati, i laici di centrosinistra, i vertici della Cassazione, il primo presidente Marvulli e il pg Favara; si è astenuto il vicepresidente Virginio Rognoni. Mentre tre laici della Cdl hanno votato un loro documento (altri due, Di Federico e Ventura Sarno non hanno partecipato). Secondo il Csm, l’applicazione del regime proposto dalle norme in discussione ai processi in corso "comporterà la vanificazione di gran parte del lavoro svolto dall’intero sistema giudiziario nel corso di alcuni anni".

Ci saranno infatti "ricadute organizzative gravissime" all’interno di un sistema che "già oggi riesce con assoluta difficoltà a fronteggiare il numero elevatissimo di procedimenti". Ma soprattutto, avverte l’organo di autogoverno della magistratura, "a sicura prescrizione" sono destinati "quasi tutti" i processi per reati puniti al massimo con la reclusione tra i cinque e i sei anni, così come la "grande maggioranza" di quelli per i quali la pena massima è di otto anni di carcere.

Droghe: San Patrignano raddoppia, carcere per tossicodipendenti

 

Liberazione, 23 febbraio 2005

 

La privatizzazione della pena passa per San Patrignano. Tra meno di un mese sarà inaugurato il nuovo carcere

speciale per tossicodipendenti. "È un fiore all’occhiello, un modello da seguire. Non capisco le polemiche. La collaborazione con i privati, con le associazioni di volontari che si occupano di tossicodipendenza, dura da molto tempo e non è certo una novità". Questo il commento del ministro della Giustizia Roberto Castelli, espresso ieri, in merito alle polemiche sorte intorno alla nuova struttura di Castelfranco Emilia.

Ed ha ragione Castelli a sottolineare il fatto che l’affare tossicodipendenti stretto con San Patrignano non è una novità: l’idea risale al 2001 e allora fu sponsorizzata dal ministro Carlo Giovanardi e oggi il Guardasigilli l’ha trasformata in realtà.

Ci sono voluti ben quattro anni di lavori per rendere umana la nuova "colonia penale Muccioli", visto che sorge dalle ceneri dell’ex casa lavoro del Forte Urbano che nel Ventennio ha accolto più di un terzo dei detenuti politici antifascisti condannati dal tribunale speciale. E sarà, ancora, un carcere speciale. I detenuti dovranno lavorare la terra e compiere tutte quelle attività agricole e artigianali che, così come avviene nella casa madre di San Patrignano, possano essere poi legate a un progetto di cosiddetta distribuzione commerciale: affari. Ma non tutti i detenuti potranno accedere alla colonia, dovranno avere dei requisiti adatti ai lavori: la "selezione" a norma di legge - assicurano i futuri tenutari dell’azienda - verrà fatta attraverso i tribunali di sorveglianza e con l’avallo delle direzioni delle carceri, così come avviene normalmente per chi chiede di poter beneficiare delle pene alternative.

D’altra parte la politica del governo sulle droghe è chiara: sostituire la prevenzione con la carcerazione, la riduzione del danno con la repressione e rendere appetibile ai privati la "presa in carico" dei detenuti tossicodipendenti. Sarà un mercato fiorente quello delle comunità carcere, proprio grazie al disegno di legge Fini sulle droghe, proibizionista e repressivo quanto basta da schiaffare in galera chiunque abbia a che fare con una foglia di marijuana.

Non è un caso che la scelta sia caduta su Patrignano, fiorente azienda di pellicce e prodotti "tipici". La nuova azienda-penale sarà inaugurata in pompa magna il prossimo 21 marzo, giusto per la campagna elettorale, alla presenza del vice premier Gianfranco Fini. Ecco il fiore all’occhiello del governo: il primo carcere per tossicodipendenti gestito da privati. Il direttore della stessa casa penale in via di trasformazione, Francesco D’Anselmo, aveva dichiarato un anno fa al settimanale della diocesi modenese: "Stiamo facendo lavori di ristrutturazione e presto potremo accogliere 140 persone. La nostra diventerà una struttura a custodia attenuata per le pene inflitte ai tossicodipendenti".

Sarà dunque un carcere. D’altra parte lo ha messo in chiaro esattamente un mese fa lo stesso Guardasigilli durante un convegno a Roma: "Sarà una struttura che serve per il recupero di detenuti tossicodipendenti condannati a pene detentive che non permettono l’assegnamento alla comunità". Dunque i detenuti non saranno liberi come in comunità. Sarà, dunque, una comunità-carcere gestita dai privati. Questa la sua specificità. La prima nel suo genere. Dipenderà dal ministero di Castelli, ma casa Muccioli amministrerà. Anche su questo punto c’è poco da meravigliarsi: il ruolo di San Patrignano nella gestione di Castelfranco era chiaro allo stesso Andrea Muccioli fin dal 2001, come dimostra questa dichiarazione rilasciata al "Corriere della sera": "Non accetteremo situazioni pasticciate, non avalleremo scelte in contrasto con i nostri principi. Tanto per intenderci, non si uscirà da Castelfranco per finire imbottiti di metadone in qualche, si fa per dire, struttura di recupero. Occorrerà, secondo noi, formare le guardie penitenziarie che avranno un ruolo di educazione e non solo di contenimento". Dunque sarà un carcere gestito dai privati.

Fatti che reclamano chiarezza. Immediata la condanna dell’iniziativa Muccioli-Castelli da parte di Paolo Ferrero, della segreteria nazionale del Prc e Paolo Cento, deputato Verdi-Unione. Per Ferrero è l’anticamera della legge Fini sulle droghe: "Criminalizzazione delle fasce giovanili e fiumi di denaro alle strutture private che occupano il mercato della cura coatta. Una barbarie postmoderna". Il deputato Cento chiede in un’interrogazione urgente ai ministri dell’interno e della giustizia di riferire in parlamento sul nuovo carcere: "Non è accettabile che un carcere venga pensato, istituito e gestito come si trattasse di un’azienda privata".

Condanna dell’operazione "San Patrignano due" anche dalle associazioni: "Non era proprio quello di cui avevamo bisogno: un carcere affidato a San Patrignano. Da anni segnalavamo questo rischio, questo primo embrione di privatizzazione - spiega Stefano Anastasia, presidente di Antigone -. Non importa se il privato è una multinazionale della sicurezza come negli Usa o un ricco soggetto del privato sociale, come in Italia". Affidare la gestione della pena ai privati è pericoloso per i diritti umani. Non a caso le Nazioni unite da oltre un decennio denunciano i rischi della privatizzazione delle carceri.

"È ed grave per le conseguenze che ne deriveranno - commenta Vittorio Antonini, portavoce di Papillon Rebibbia -. Ancor più grave spacciare per terapeutica e riabilitativa una casa penitenziaria". Categorico don Egidio Smacchia, presidente della Federazione italiana comunità terapeutiche (Fict): "Il recupero della persona non può avvenire in carcere".

Cagliari: la Regione lancia l’allarme, Buoncammino esplode

 

L’Unione Sarda, 23 febbraio 2005

 

Sbagliato stare con le mani in mano mentre Buoncammino esplode. Dopo la visita in carcere dello scorso dicembre la Seconda commissione del Consiglio regionale per i diritti civili presieduta da Paolo Pisu torna a occuparsi del penitenziario cagliaritano. Lo fa con una risoluzione in cui denuncia il drammatico stato di tutti gli istituti di pena dell’Isola.

Nel quadro preoccupante riportato dal documento, spicca come era prevedibile la situazione ormai ingovernabile del carcere cagliaritano. Difficile, secondo la Commissione, trovare qualcosa di buono in una struttura vecchia, superata, che ospita in condizioni spaventose oltre 400 detenuti. I dati li snocciola direttamente Pisu, parlando esplicitamente di "ospedale Buoncammino": "Due terzi degli ospiti sono malati - sieropositivi, tossicodipendenti, affetti da epatite B e C - e quindi dovrebbero scontare la pena in istituti di detenzione attenuata così come dice la legge, l’80 per cento di detenuti è recidivo, anche sei persone per stanza devono vivere a strettissimo contatto 22 ore al giorno". Un edificio che risale all’ottocento, che non può essere modificato se non con grande difficoltà e con costi enormi, per cui la Commissione chiede alla Giunta di realizzare in tempi brevi un diverso assetto edilizio del sistema carcerario sardo, dando corso immediatamente alla sostituzione delle strutture di Cagliari, Oristano, Tempio e Lanusei, ormai obsolete e irrecuperabili. Maria Grazia Caligaris rivela che "dopo l’ultima visita siamo venuti a conoscenza della presenza a Buoncammino di due detenuti, rispettivamente 80 e 70 anni, affetti da disturbi cardiocircolatori, nonché di una donna anziana alle prese con turbe psichiche e osteoporosi". E ancora: maggior rispetto per i familiari dei detenuti, "costretti ad aspettare ore fuori dal carcere prima di far visita ai parenti", accusa Giovanna Cerina, mentre Alessandro Frau punta il dito contro le carenze nell’organico del personale, guarda caso sempre a Buoncammino: "È inutile che la struttura venga dotata di biblioteca, campi sportivi e spazi ricreativi se mancano le guardie".

Amnesty: Bush risponda di torture a Guantanamo e in Iraq

 

Ansa, 23 febbraio 2005

 

Amnesty International ha chiesto ai capi di Stato e di governo della Ue di interpellare Bush, nell’incontro previsto oggi sul rispetto dei diritti dell’uomo e il rifiuto della tortura. L’Ue finora "si è astenuta dal prendere posizione nel momento in cui è stata confrontata con delle violazioni evidenti dei principi fondamentali da parte del suo alleato più stretto", scrive l’associazione in una lettera ai leader europei.

Amnesty cita in particolare "due aspetti critici" che rivelerebbero il mancato rispetto del diritto internazionale da parte degli Usa: "la detenzione a tempo indeterminato di persone che non hanno avuto condanne" con riferimento alla prigione di Guantanamo; e gli episodi di tortura durante la guerra in Iraq. Amnesty, insieme a un centinaio di Ong e organizzazioni, aderisce alla piattaforma "Stop Bush", che per ieri e oggi ha promosso manifestazioni di protesta a Bruxelles contro Bush.

Pisa: scuola e formazione professionale per le detenute

 

Redattore Sociale, 23 febbraio 2005

 

Garantire a ogni donna detenuta l’opportunità di accedere a percorsi di alfabetizzazione, orientamento, formazione professionale. Grazie al protocollo d’intesa firmato nei giorni scorsi da Comune di Pisa (Assessorato alle pari opportunità e Consiglio cittadino), Provincia (Assessorati alle politiche sociali e al lavoro), Società della Salute, Cssa e Casa circondariale don Bosco, tutte le detenute del penitenziario pisano - un gruppo di 28 persone - saranno destinatarie di servizi ed interventi per agevolare la costruzione di un percorso di vita, da cominciare e da poter spendere fuori dal carcere.

"C’era l’esigenza di coinvolgere non solo le detenute definitive - spiega Marilù Chiofalo, Presidente Consiglio cittadino Pari Opportunità - ma soprattutto le imputate, coloro che non hanno la possibilità di accedere ai permessi premio, che si trovano isolate e a vivere una realtà peggiore di quella delle altre". Il protocollo interviene a riorganizzare e sistematizzare gli interventi già presenti all’interno del carcere, attivando un gruppo di lavoro "multi professionale" composto da operatori del centro per l’impiego, mediatori culturali, ispettori della polizia penitenziaria.

L’intento è quindi mettere insieme e potenziare le varie professionalità per mettere a disposizione delle donne servizi su più fronti, dalla promozione della salute psicofisica alla valorizzazione delle proprie competenze e all’approccio al lavoro. Le attività saranno seguite da un comitato di coordinamento, formato da rappresentati dei firmatari del protocollo e coordinato dal comune di Pisa. In questo ambito, dunque, le detenute saranno coinvolte in un corso di sartoria, sostenuto con un finanziamento ad hoc dall’assessorato alle politiche sociali della provincia.

Inoltre il Piano 2005-2006 dell’assessorato provinciale al lavoro ha individuato tra le priorità la formazione e l’avvio di percorsi a favore di chi vive la detenzione, predisponendo un bando a disposizione delle agenzie formative e prevedendo di finanziare, mediante le risorse del Fse, i progetti orientati in questa prospettiva.

Cagliari: Commissione Diritti Civili, serve confronto con Stato

 

Redattore Sociale, 23 febbraio 2005

 

La drammatica situazione dei detenuti nelle sovraffollate carceri della Sardegna, in gran parte inadeguate strutture di stampo ottocentesco, deve entrare fra i temi oggetto del confronto Stato-Regione. Lo chiede la Seconda commissione "Diritti civili" del Consiglio regionale in una risoluzione, approvata all’unanimità, in cui invita la Giunta a riferire entro sei mesi all’Assemblea sarda sulle misure adottate e i risultati eventualmente raggiunti rispetto alle proposte avanzate dai commissari, impegnati in un’indagine conoscitiva e in una serie di visite nei 12 istituti penitenziari dell’isola. La prossima tappa, domani, il carcere sassarese di San Sebastiano, dove nel 2001 un gruppo di detenuti denunciò un brutale pestaggio.

Da decenni - denuncia il presidente della commissione Paolo Pisu (Prc) che definisce "inaccettabile" la situazione - si registrano gravi violazioni dei diritti civili dei detenuti e forme di "illegale maltrattamento", più volte sottolineato dagli ispettori europei nei loro rapporti sulle carceri italiane. È in aumento il numero dei reclusi tossicodipendenti e malati. A Buoncammino, a Cagliari, i due terzi dei detenuti sono positivi ai virus dell’Hiv o dell’epatite B e C.

L’80% della popolazione carceraria della struttura cagliaritana è recidiva, perché mancano possibilità di reinserimento sociale e lavorativo. Al sovraffollamento contribuiscono la carenza di strutture a custodia attenuata, la carenza di personale amministrativo per istruire le pratiche per le pene alternative previste dalla legge Gozzini, oltre a misure per prevenire l’insorgere della devianza. "Quelle per assistere le famiglie dei detenuti", ha denunciato il presidente Pisu, " e le vittime dei delitti sono inesistenti".

Alla fine della scorsa legislatura, in cui era stato anche elaborato un rapporto sulle carceri fatto proprio dall’attuale Seconda commissione, era stata presentata una bozza di convenzione fra Regione e ministero della Giustizia per migliorare la situazione carceraria in Sardegna. Ma finora le promesse di costruire nuovi istituti al posto di quelli obsoleti di Cagliari, Sassari, Oristano, Tempio e Lanusei, ribadite negli anni scorsi dal ministero, sono rimaste disattese.

La Commissione, che intende prendere contatti anche con l’analoga commissione parlamentare, chiede alla Giunta regionale, di rendere note - d’intesa con il Dipartimento dell’amministrazione carceraria (Dap) - "le vicende finanziarie dei provvedimenti di riassetto edilizio del settore". La risoluzione suggerisce, inoltre, diverse distribuzione dei detenuti e utilizzazione del carcere minorile di Quartucciu, l’istituzione di strutture per le detenute minorenni, per i giovani e per gli stranieri, in particolare con mediatori culturali specializzati. "Abbiano notizia del trasferimento nell’isola", ha detto Caligaris, "di una settantina di detenuti extracomunitari, di cui una trentina tradotti a Nuoro", situazione che contribuisce al sovraffollamento. "Questo problema si combatte anche con la collaborazione dei magistrati, ai quali", ha aggiunto l’esponente socialista, "lancio un appello a ricorrere ogni volta che è possibile a misure alternative al carcere".

"Non vogliamo che la Sardegna venga considerata come una colonia, anche in questo campo", ha precisato Pisu, citando l’esempio del carcere minorile di Quartucciu, dove su 21 reclusi i sardi sono solamente sei. "Gli altri arrivano dalla penisola o sono extracomunitari".

Alla Giunta la Commissione chiede un piano regionale per prevenire la devianza e garantire il reinserimento dei detenuti e l’istituzione di una struttura regionale che coordini, d’intesa con il Dap, gli interventi pubblici e privati, ovvero volontariato e lavoro per i carcerati. Con i ministero della Giustizia, l’Esecutivo è invitato a negoziare anche una radicale riforma dell’amministrazione penitenziaria in Sardegna, che preveda la nomina di direttori stabili (dopo l’esempio in negativo di Badu ‘e Carros a Nuoro), l’ampliamento degli organici (caratterizzati da un alto tasso di assenteismo causato in parte dal pesantissimo stress lavorativo), il rientro nell’isola del personale sardo che lo richieda, la riattivazione di strutture per il recupero terapeutico dei detenuti con patologie mentali e l’istituzione di piccoli reparti riservati a detenuti malati e in transito. Intanto, le Commissioni Diritti civili e Sanità dovranno esaminare due proposte di legge, una sull’istituzione di un garante regionale dei diritti dei detenuti, l’altra sugli aspetti sanitari della reclusione.

A pesare sulle difficili condizioni dei carcerati è anche l’eccessiva discrezionalità dei direttori, come evidenziato dai commissari nella conferenza stampa di presentazione, in cui erano assenti i tre dell’opposizione. Un caso esemplare riguarda il detenuto Carmelo Musumeci, laureando con una tesi sulla situazione del carcere, che da Badu e Carros aveva cercato di mettersi in contatto con il sindaco di Nuoro e gli organi di stampa. "Gli è stato impedito finché non ha cominciato lo sciopero della fame e si è rivolto all’ufficio di sorveglianza", ha aggiunto la commissaria. "Gli è stato anche vietato di usare il computer". Per il calendario da lui ideato per contestare la pena dell’ergastolo, Vauro ha realizzato una vignetta satirica.

Forlì: in nuovo carcere ci sarà sezione a custodia attenuata

 

Corriere Romagna, 23 febbraio 2005

 

Un carcere nuovo, ma senza sezione attenuata per i detenuti con problematiche di tossicodipendenza? Il dubbio è sorto nel polverone sollevato alla notizia dell’accordo fra Dap e Comunità di San Patrignano per la gestione della nuova struttura di rieducazione per tossicodipendenti che dovrebbe essere inaugurata il prossimo 21 marzo con l’annunciata presenza di Gianfranco Fini, vice presidente del Consiglio. E se da parte della struttura dirigente della Casa circondariale forlivese non si azzarda nessuna previsione sono le parole di Nello Cesari, a Bologna, in qualità di Provveditore dell’Amministrazione penitenziaria per l’Emilia - Romagna a fare cadere ogni illazione.

"Per il momento - chiarisce Cesari - di ufficiale non c’è niente e quindi le attività e le funzioni delle sezioni attenuate negli istituti di Forlì e di Rimini sono confermate. La decisione di andare alla costruzione della struttura di rieducazione a Castelfranco, tra l’altro - continua Cesari - fu proposta ai tempi della gestione del ministro Flick alla Giustizia".

Nella mappa dei detenuti attualmente presente nelle diverse realtà in Emilia - Romagna il 30 per cento della popolazione è ristretta per problemi connessi alla dipendenza da droghe, ma con l’inasprimento legislativo in corso questa percentuale potrebbe aumentare.

Se la struttura a Castelfranco dovesse avere successo in termini di rieducazione sicuramente attirerebbe le domande di una parte della popolazione detenuta. Per altro i programmi fissati per il 2005-’06 per coloro che fanno parte della sezione attenuata a Forlì, una ventina fra detenute e detenuti, sono stati puntualmente confermati.

Nella realtà progettuale del nuovo carcere forlivese, non realizzabile prima del 2010, la previsione è che la sezione "attenuata" sarà confermata. Sullo sfondo, secondo i sindacalisti del settore penitenziari della Cgil, è comunque la gestione pubblica o privata delle carceri. Le comunità terapeutiche - secondo questa interpretazione - dovrebbero seguire i tossicodipendenti quando escono, non quando sono in carcere.

Treviso: un premio a Wilma Serena, la maestra dei carcerati

 

Il Gazzettino, 23 febbraio 2005

 

Una donna speciale, che ha trasmesso ai giovani non solo nozioni ma la possibilità di essere liberi. Anche a quelli rinchiusi dietro le sbarre di un carcere. Il premio "Donna Ande Treviso" sarà consegnato venerdì a Wilma Serena, nativa di Resana ma da sempre attiva nel capoluogo della Marca come insegnante e assistente penitenziaria all’istituto penale di Santa Bona in cui, insieme all’amica Mirella Zanella, ha dato vita a una scuola media superiore su richiesta dei detenuti.

La cerimonia avrà luogo alle 16.30 a Casa dei Carraresi. Questa straordinaria donna è stata scelta "per la sensibilità e l’umanità femminili che hanno sostenuto il suo impegno anche in luoghi difficili" dove, "credendo nella recuperabilità di ogni persona, ha fatto della cultura e della scuola gli strumenti primari di rieducazione e di crescita".

Tale esperienza è descritta nel libro "Insegnami la libertà" di cui verranno letti alcuni brani. Qui Wilma spiega i motivi che l’hanno condotta al volontariato. "Ero carcerato e siete venuti a visitarmi": il versetto del Vangelo di Matteo indica la via che non consiste nell’evangelizzare, convertire, giudicare ma semmai offrire amicizia, partecipazione, solidarietà con il desiderio di riequilibrare le sorti di chi è stato meno fortunato. Anime in frantumi che Wilma Serena ha aiutato a ricomporre dando fiducia, come scrive don Fernando Pavanello nell’introduzione al libro.

E si comprende come vi sia tra noi chi non si accontenta di ciò che appare ma vuole scavare, rivelare il tesoro che ogni essere umano nasconde. Nella convinzione che tutto può essere sanato e che la libertà è una conquista accessibile a tutti. Nulla è già scritto, definitivo, poiché, scrive Jean Paul Sartre, "l’importante non è quello che si fa di noi, ma quello che facciamo noi stessi di ciò che hanno fatto di noi".

Roma: "La Tempesta" di Eduardo in scena a Rebibbia

 

Il Messaggero, 23 febbraio 2005

 

"Nessuna redenzione, ognuno dovrà continuare ad espiare la propria colpa nel rispetto delle leggi. Ma un percorso di rieducazione culturale sulla propria identità è alla base dei nostri doveri di cittadini di una società civile". È la sfida che sta portando avanti Laura Andreini attraverso la fondazione che porta il nome di suo marito, l’attore Enrico Maria Salerno.

Domani pomeriggio, grazie alla forza congiunta della direzione del carcere di Rebibbia, il sostegno della Provincia di Roma e il patrocinio di tutti gli organi istituzionali (Comune di Roma, Regione Lazio e Ministero della Giustizia), la compagnia di detenuti "Liberi Artisti Associati" darà vita alla messa in scena de La Tempesta di William Shakespeare nella versione tradotta in napoletano da Eduardo De Filippo e mai rappresentata.

Questo evento avrà luogo presso la Casa Circondariale del penitenziario romano come atto finale di un lungo lavoro che il regista Fabio Cavalli ha intrapreso con i reclusi del braccio G12 di massima sicurezza, quelli cioè chiamati a scontare le pene più severe. "In tutta Italia - spiega Tiziana Biolghini, consigliere alla Provincia - ai detenuti con regime di massima sicurezza è vietata qualsiasi possibilità di recupero, fisico, affettivo e mentale, con i servizi educativi e sociali che non operano alcun tipo di monitoraggio, acutizzando così il senso di emarginazione. Per questo motivo abbiamo deciso di adottare il teatro come strumento terapeutico per il recupero morale e civile di persone che un giorno saranno libere".

È su questa direzione che Fabio Cavalli ha deciso di operare con i suoi trenta attori, scegliendo non a caso l’opera shakespeariana, metafora ideale della libertà dell’individuo, il cui lavoro è stato seguito fino agli ultimi giorni anche da Isabella De Filippo, moglie del grande Eduardo (e coautrice dell’adattamento) scomparsa una settimana fa e alla quale verrà dedicato lo spettacolo.

"Il lavoro con i detenuti è stato svolto con la massima professionalità - spiega il regista - alla pari di qualsiasi tipo di compagnia: con loro si discute, si alza la voce quando necessario e ci si confronta come capita per qualsiasi tipo di allestimento. Con la differenza che qui il teatro trova la sua ragion d’essere nella preparazione e nel lavoro costante con gli attori, al di là della resa scenica. Più di ogni altra cosa, in carcere il teatro diventa uno strumento per una comunità che cerca di integrarsi, uno stimolo per persone alla ricerca di loro stessi".

E come nel caso di Eduardo, genio con la quinta elementare in tasca, anche nella compagnia diretta da Cavalli ci sono individui dalle spiccate doti sceniche. "La maggior parte di loro ha un’istruzione elementare di base, alcuni sono addirittura analfabeti e c’è chi si fa leggere il copione da un compagno di cella, ma la sensibilità con cui affrontano il lavoro sul testo e su stessi, fa emergere un talento che ha rari eguali negli attori comuni".

Larino: lettera dei detenuti alla famiglia Sgrena

 

Il Tempo, 23 febbraio 2005

 

Messaggi di solidarietà alla famiglia di Giuliana Sgrena, la giornalista rapita in Iraq, arrivano da ogni parte d’Italia. Ieri al municipio di Domodossola è giunto un appello da una casa circondariale del Molise. Lo scritto porta la firma dei detenuti del carcere di Larino di Campobasso.

"Mi hanno scritto per manifestare la loro vicinanza alla famiglia Sgrena e all’Ossola intera", ha detto il sindaco Gian Mauro Mottini. "Con le nostre preghiere a Padre Pio - scrivono i detenuti - invochiamo la liberazione di Giuliana sicuri che il Signore la proteggerà ed assisterà in questi giorni così strani".

"Un appello commovente - ha detto Mottini - che giunge da persone che sanno perfettamente cosa significhi essere privati della propria libertà. Questo messaggio sarà recapitato subito alla famiglia Sgrena". Ieri da parte dei familiari di Giuliana Sgrena solo un accenno all’avvenuto incontro tra il presidente americano Bush e il presidente Berlusconi che ha assicurato che "c’è grande collaborazione con gli Usa".

Ferrara: I pescecani, ovvero quello che resta di Bertolt Brecht

 

Teatro on line, 23 febbraio 2005

 

Da mercoledì 2 marzo, con repliche il 3, 4 e 5, alle ore 21, la Stagione di Prosa 2004/2005 del Teatro Comunale propone lo spettacolo, premio Ubu 2004, I pescecani, ovvero quello che resta di Bertolt Brecht, per la regia di Armando Punzo.

Il nome di Punzo si lega strettamente al lavoro della Compagnia della Fortezza composta da detenuti attori della Casa Circondariale di Volterra.

Il ritorno a Ferrara del regista napoletano, con la Compagnia, dopo dieci anni dalla rappresentazione del Marat/Sade, con lo spettacolo I Pescecani, avviene all’insegna di un colorato "cabaret chantant" che si ispira all’Opera da tre soldi di Brecht, con canzoncine sulle arie di Kurt Weill, riadattate alla lingua italiana.

La pièce, prodotta dalla Compagnia in collaborazione con Carte Blanche, rivendica, come il famoso autore di Augusta, "il piacere del teatro" e si ispira alla sua descrizione di una società dove truffatori e truffati, ladri e sfruttatori sono ugualmente vittime di uno stesso sistema. La drammaturgia di Armando Punzo arricchisce tale contenuto con un grido di denuncia corrosivo contro ogni prevaricazione, arroganza e sete di danaro, di cui l’immagine del pescecane è metafora.

Emergono immagini che richiamano i film espressionisti degli anni venti che, concludendo con un trascinante (e all’epoca del debutto, sconosciuto) Fuori dal tunnel di Caparezza, ad ogni replica finiscono col trascinare attori, musicisti e spettatori in un incontro, fuori di ogni retorica, tra teatro e vita. La musica dal vivo di Ceramichelineari, accompagnata in ogni tappa da musicisti della città ospite (nel caso di Ferrara, sarà la Banda Filarmonica di Tresigallo), e le scene di Alessandro Marzetti, assumono un ruolo fondamentale in questo affresco trascinante, recitato, suonato, cantato e ballato in un turbinio di ironia, denunce gridate, e costumi sfavillanti di lustrini e lamé (di Emanuela Dall’Aglio). Il linguaggio dello spettacolo non è solo la parola detta o scritta sui cartelli fatti passare sotto gli occhi del pubblico, ma è anche fatto di atmosfere e rapidi cambi di ritmo che creano un insieme di grande energia.

Sono previsti momenti di approfondimento legati allo spettacolo e aperti al pubblico:

Giovedì 3 marzo, ore 17 al Ridotto del Teatro, incontro con Armando Punzo e la Compagnia della Fortezza, coordinato da Andrea Nanni; nel corso dell’incontro verrà proiettato il video di Antonia Moro, Siamo fuori dal tunnel, prodotto da Rai Educational; dal 2 al 5 marzo, nell’atrio del Teatro, durante le serate dello spettacolo, il pubblico potrà visitare la mostra fotografica I pescecani, ovvero la Compagnia della Fortezza dal carcere alla tournée, una cinquantina di fotografie a colori di Stefano Vaja, da sei anni fotografo della Compagnia della Fortezza.

 

 

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