Rassegna stampa 20 aprile

 

Amnistia: 29 sigle hanno organizzato sit-in a Montecitorio

 

Ansa, 20 aprile 2005

 

Un sit-in a favore dell’amnistia è stato attuato oggi in piazza Montecitorio alle 13 in concomitanza con la discussione del provvedimento in Commissione Giustizia alla Camera. La manifestazione, che è a sostegno dell’iniziativa intrapresa da Marco Pannella è stata indetta da 29 organizzazioni, tra associazioni impegnate nel volontariato e nello studio delle realtà penitenziarie, sigle sindacali di lavoratori del settore e garanti per la tutela dei diritti delle persone private della libertà.

L’obiettivo è "sollecitare il Parlamento a prendere una decisione indifferibile sull’atto, evidenziando le intollerabili condizioni di sovraffollamento in cui vertono le carceri italiane e la situazione di cronicizzata inflazione dei processi penali", come spiegano in una nota i promotori, che invitano i rappresentanti delle istituzioni e i consiglieri regionali a recarsi nella stessa giornata in visita nelle carceri. Al sit-in aderiscono tra gli altri l’associazione Papillon di Rebibbia, Nessuno tocchi Caino, Antigone, Non c’è pace senza giustizia, la Comunità di Sant’Egidio, Villa Maraini, i Radicali italiani, Don Ciotti, Sergio Segio e la Confederazione Cobas.

Amnistia: Russo Spena (Prc), sarebbe un segnale di civiltà

 

Vita, 20 aprile 2005

 

"Un provvedimento di amnistia e indulto si configura sempre più necessario". Lo afferma il vice presidente dei deputati del Prc Giovanni Russo Spena, secondo il quale "non si tratta soltanto di un pronunciamento di principio, ma anche di una misura che serve a dare un segnale della civiltà di un Paese". Rifondazione rivolge un appello alla maggioranza affinchè "si creino le condizioni perché si arrivi in tempi certi e rapidi ad una misura in favore dei tanti detenuti costretti a vivere in condizioni disumane. Non servono più carceri, serve bensì un provvedimento in linea con quel messaggio di grande umanità che Giovanni Paolo II ha voluto pronunciare in Parlamento durante il suo Pontificato". "Qualsiasi governo rispettoso delle condizioni di vita di uomini e donne - conclude Russo Spena - non può tirarsi indietro. E se questa legislatura dovesse continuare, esistono tutte le condizioni perché dagli impegni si passi ai fatti".

Amnistia: denuncia della Margherita; una situazione disumana...

 

Ansa, 20 aprile 2005

 

Si è svolta oggi presso la Sala della Sacrestia alla Camera l’iniziativa promossa dall’on. Giachetti per sensibilizzare stampa e parlamentari sulla situazione disumana delle carceri italiane e sollecitare un provvedimento di amnistia. È stato proiettato un film documentario di Ivano De Matteo, "Codice a Sbarre", preceduto dalla visione di 90 foto di Stefano Montesi scattate nelle carceri di Rebibbia e Regina Coeli. Non so se queste poche righe possano rendere una vaga idea delle condizioni disumane in cui versano i detenuti delle carceri italiane, sovraffollate oltre ogni limite di sopportazione. I carcerati vengono tenuti in celle 4 x 4, di cui un metro occupato dal bagno: 3 metri per 4 in cui vivono, mangiano, dormono, si lavano e defecano quattro persone, ammassate in tripli letti a castello.

Il bagno poi viene trasformato anche in cucina, per cui ci si trova a cucinare su un lavandino a pochi centimetri da chi utilizza il water, in deroga a ogni minimo criterio di igiene e di dignità. La funzione rieducativa del carcere è completamente disattesa: la maggior parte di chi termina una pena si trova a rientrare, e chi arriva per reati minori invece esce completamente devastato. Entrare in un carcere significa troncare ogni rapporto col mondo esterno, in modo traumatico ed invasivo: alla maggior parte delle donne si interrompe addirittura il ciclo mestruale come se non fossero più esseri umani. Per non parlare della assoluta condizione di promiscuità in cui si vive con una lesione fortissima della propria sfera intima.

Le chiavi sbarrano l’uscita alle spalle: si entra nel mondo di nessuno, un mondo invisibile, terra dei reietti: c’è solo povera gente. In carcere è difficile trovare gente con i soldi. Inoltre è sconvolgente come non sia prevista una divisione dei detenuti per gravità dei reati e di come i tossicodipendenti non abbiano un trattamento a parte. Le persone in custodia cautelare possono trovarsi in cella con pluriomicida, e - se non lo sono - il carcere li trasforma in criminali o li segna a vita.

Una percentuale altissima di suicidi si registra tra chi entra per la prima volta, per reati minori, nei primi sei mesi e tra i giovani (18-24 anni). Paradossalmente dopo essere usciti di prigione si è peggiori di quando si entra: è questa la nostra giustizia? Per questo si chiede fortemente un’amnistia. Non contro i sentimenti delle vittime, che dovrebbero essere sostenute e protette attraverso strutture pubbliche che le aiutino a superare il trauma - strutture praticamente assenti, poiché il problema è devoluto quasi interamente al volontariato e lo stato se ne lava le mani.

L’amnistia serve poiché nessuna riforma del sistema giudiziario è pensabile con una situazione carceraria simile; perché non si può calpestare in questo modo la dignità di esseri umani, che sono trattati peggio delle bestie. Lo scopo di questo incontro è stato quindi quello di sensibilizzare l’opinione pubblica, e in primo luogo i politici, su questo problema affinchè un provvedimento di amnistia venga presto approvato. La società può tapparsi gli occhi e le orecchie e rimuovere il dolore: "Codice a Sbarre" vuole rompere questo muro di gomma e rendere visibile la sofferenza di chi non ha voce.

Amnistia: Sofri; naturalmente aderisco all’appello…

 

Il Foglio, 20 aprile 2005

 

Ho ascoltato - in parte, alla radio, come potevo - le riunioni svolte nel fine settimana a Roma e a Firenze fra addetti carcerari, detenuti ed ex detenuti, Pannella e i suoi compagni, operatori penitenziari, membri di associazioni e volontari, e naturalmente aderisco all’appello a incoraggiare con la propria testimonianza il dibattito convocato da Gaetano Pecorella in Commissione Giustizia su amnistia e indulto.

Spero che la situazione del governo non pregiudichi ulteriormente il tentativo di discutere della situazione del carcere e delle leggi proposte - la ex Cirielli, con le sue conseguenze drammatiche sui recidivi, cioè soprattutto su quelli che il ministero riconosce come "morti di fame", maggioranza fra i 58mila detenuti attuali; la legge Meduri, nella quale gli assistenti sociali e i centri per adulti denunciano una liquidazione del loro impegno - che vanno nella direzione opposta al riequilibrio dell’affanno penitenziario. Né si sono visti passi concreti quanto alla riforma del codice penale. Voglio aggiungere un dettaglio sull’indultino, del quale tutti ormai riconoscono l’irrilevanza. Secondo il dato ufficiale esso ha portato fuori dal carcere oltre 5.000 persone. Dato ingannevolissimo: l’indultino si applica a chi ha una pena residua inferiore ai due anni, e nei quasi due anni che ci separano dal suo varo una buona quota dei suoi beneficiari sarebbero usciti lo stesso. Intanto Marco Pannella ha annunciato per mercoledì la ripresa dello sciopero della fame. Rinuncio a esprimere le preoccupazioni per un simile maltrattamento del proprio corpo, cioè di sé.

Marco mi ha interpellato su una serie di temi e proverò, nei limiti stretti della mia condizione, a rispondergli. Intanto devo inventare ogni giorno modi di rispondere alle domande di molti dei miei vicini di casa. Hanno chiesto con insistenza: "Ma quando muore il Papa non c’è l’amnistia?". Ora cominciano a smettere. Ora cominciano a chiedere: "Ma quando nominano un nuovo Papa non c’è l’amnistia?". Ieri Jamel, che è marocchino e ha saputo delle migliaia di suoi connazionali amnistiati in patria, dopo che gli avevo spiegato perché il 25 aprile è festa, la Liberazione eccetera, mi ha chiesto: "E il 25 aprile non c’è l’amnistia?".

Amnistia: Associazione Papillon; due giorni di mobilitazione…

 

Comunicato stampa, 20 aprile 2005

 

Due giorni di mobilitazione nelle carceri e sit-in davanti alla Camera per chiedere un provvedimento di amnistia e indulto. Mercoledì 20 aprile, alle ore 14, la Commissione giustizia della Camera si riunisce per chiedere ai rappresentanti di ogni partito un cosiddetto "pronunciamento di principio" sui provvedimenti di amnistia e indulto.

L’associazione di detenuti Papillon ha indetto per oggi e domani due giornate di mobilitazione pacifica nelle carceri di tutto il paese a sostegno di questi provvedimenti, ed ha promosso, insieme ad altre 28 cooperative e associazioni di volontariato, un sit-in davanti a Montecitorio (inizio ore 13) per "sollecitare" un primo pronunciamento positivo della Commissione Giustizia.

Considerando che da oltre un secolo questo tipo di battaglia appartiene alla storia della sinistra di classe, crediamo sia importante che domani là davanti siano rappresentate anche tutte quelle realtà del movimento antagonista che si è rimesso in cammino negli ultimi quattro anni. Del resto, è a questo movimento che si sta rivolgendo da oltre due settimane anche il compagno Oreste Scalzone, con uno sciopero totale della fame per l’amnistia e l’indulto che lo ha portato alla soglia minima di resistenza fisica. La partecipazione al sit-in è quindi anche per tutti noi una sorta di "dichiarazione di principio" a sostegno della lotta di tutti i detenuti.

Amnistia: parlamentari bipartisan, va fatta al più presto

 

Ansa, 20 aprile 2005

 

"Impotenza, paura e violenza, sono tre parole che sintetizzano la vita nel carcere, la vita di chi si sente un nulla e non ha più aspettative". Gaetano Pecorella, presidente della commissione Giustizia alla Camera, cita la testimonianza di un ex detenuto per parlare della vita carceraria e soprattutto dei provvedimenti da attuare per migliorare le condizioni dei penitenziari italiani e ridare "dignità umana", dice ancora Pecorella a persone "che non sono diverse da noi solo perché si trovano rinchiuse dentro un palazzo".

Seduti intorno allo stesso tavolo si sono incontrati oltre a Pecorella, Publio Fiori, deputato di An e vice presidente della Camera, Paolo Cento dei Verdi, Gabriella Pistone dei comunisti italiani, Franco Grillini deputato Ds ed altri parlamentari di diverse correnti politiche tutti insieme per parlare delle difficoltà di vita nelle carceri italiani e della possibilità di utilizzare l’amnistia come rimedio per porre fine a molti problemi di sovraffollamento.

L’occasione di riflessione è stata fornita dalla visione di un cortometraggio "Codice a sbarre", prodotto dalla Fandango, una testimonianza che ripercorre attraverso il racconto di quattro ex detenuti la vita dentro i penitenziari romani. C’è chi come Giulio parla delle botte, degli abusi e delle violenze che quotidianamente si vivono dentro una cella.

"Devo stare zitto - dice Giulio - oppure rispondere con la violenza per far capire subito quali sono le tue intenzioni contro chi ti da fastidio". Adel , tunisino parla invece della difficoltà per uno straniero, con modi ed usanze diverse, di adattarsi ai costumi di un carcere italiano. " Sono musulmano - spiega Adel - devo pregare cinque volte al giorno e sono costretto a a farlo nella mia cella dove ci sono anche altri detenuti perché nel carcere non esistono luoghi di preghiera". La platea ascolta in silenzio, sul video scorrono le immagini accompagnate da suoni, voci rumori oppure il semplice tintinnare di una goccia, suono ripetitivo, come ripetitivi diventano i gesti di un detenuto. Il nucleo del cortometraggio rappresenta la riproduzione di una cella in plexiglas nel cuore di Roma, a piazza Trilussa a Trastevere, dove i protagonisti insieme con una guardia giurata hanno riprodotto per quattro ore la vita dentro un carcere.

"Il momento più brutto è la sera - spiegano gli ex detenuti - quando sei li da solo e pur sapendo che anche i tuoi compagni di stanza stanno vivendo quello che provi tu, ti senti comunque da solo". "Il filmato ci permette di riflettere sul nostro ruolo di parlamentari, su ciò che possiamo fare per ridare dignità a queste persone - commenta Publio Fiori - è per questo che si deve al più presto portare in Aula il provvedimento sull’amnistia dove ognuno di noi deve votare secondo coscienza.

Io sono favorevole - aggiunge il deputato di An - anche se la linea del partito può essere diversa". "Prometto - continua - il vice presidente della Camera - di parlare anche con la Moratti per fare vedere il filmato nelle scuole e per far si che la Rai o Mediaset acquistino i diritti per trasmettere il cortometraggio". Più duro e più diretto il commento di Paolo Cento: "Spero che dopo aver visto il corto la nostra commozione non svanisca subito. Chiediamo a Castelli di fare qualcosa al più presto, approviamo l’amnistia e l’indulto senza aspettare altro tempo".

Amnistia: assenso dal segretario nazionale del Sappe

 

Ansa, 20 aprile 2005

 

La recente proposta di amnistia e gli aspetti più rilevanti dell’attuale situazione penitenziaria sono al centro del 27/o Consiglio nazionale del Sappe (Sindacato autonomo polizia penitenziaria) che si è aperto oggi a Chianciano Terme. I lavori si apriranno con la relazione del segretario generale del sindacato, Donato Capece, che ha espresso un parere favorevole in relazione alla recente proposta di un’amnistia per i detenuti.

Nella sua relazione, Capece ha poi rilevato l’impegno del Sappe nei confronti dell’iter della legge delega al Governo per il riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di Polizia, prevedendo l’istituzione del ruolo unico agenti - assistenti - sovrintendenti e la ridefinizione dei compiti e del ruolo degli ispettori, anche in analogia a quanto adottato in altri settori del pubblico impiego. Il Sappe chiede inoltre l’incorporamento definitivo dei circa 500 agenti ausiliari della polizia penitenziaria attualmente in servizio e la modifica del decreto ministeriale che recepisce le piante organiche del Corpo di polizia penitenziaria, in quanto, secondo Capece, esso "non rispondente alle realtà operative".

Amnistia: appello Comune Bologna a governo e presidente

 

Sesto Potere, 20 aprile 2005

 

Il Consiglio Comunale di Bologna ha approvato ieri un ordine del giorno che, in occasione dell’avvio della discussione sulla situazione delle carceri in Commissione Giustizia della Camera, impegna il Sindaco e la Giunta a promuovere ogni azione tesa al raggiungimento di provvedimenti di amnistia e indulto, coinvolgendo anche Presidente della Repubblica e Governo, affinchè i provvedimenti di clemenza a favore dei carcerati vengano adeguatamente recepiti e trovino una concreta e rapida attuazione. L’ordine del giorno in cui in premessa si ricorda la storica visita di Giovanni Paolo II al Parlamento Italiano (14 novembre 2002) dove il pontefice espresse la necessità di una costante sollecitudine delle pubbliche istituzioni verso la solidarietà sociale e verso la penosa situazione delle carceri, è stato presentato dalla consigliera Delli Quadri e sottoscritto dai consiglieri Monteventi, Lo Giudice, Panzacchi e D’Onofrio. L’ordine del giorno di cui si trasmette in allegato il testo originale, è stato approvato con 24 voti favorevoli dei gruppi di maggioranza e 2 contrari dei gruppi di minoranza.

Como: Rifondazione solidale con i detenuti in sciopero

 

La Provincia di Como, 20 aprile 2005

 

Mentre ieri il 60% dei detenuti del Bassone ha proseguito - per il quinto giorno consecutivo - nel severo sciopero della fame cominciato venerdì scorso per sollecitare il Governo ad approvare il provvedimento dell’amnistia e dell’indulto, questa forma di protesta adottata all’interno della casa circondariale comasca e ispirata a quella solita del leader radicale Marco Pannella ha aperto un acceso dibattito tra i rappresentanti dei partiti politici della città.

Lunedì scorso, in una lettera firmata dal segretario provinciale Giampiero Castelli, il Movimento Sociale Fiamma Nazionale ha ribadito a chiare lettere il suo "no" all’amnistia e all’indulto senza alcuno sconto di pena per i detenuti. Di ben altre intenzioni è invece il comunicato emesso ieri dalla segreteria provinciale del partito di Rifondazione Comunista che avalla le ragioni dello sciopero della fame in corso e afferma il suo concetto di "rieducazione". Si legge infatti nel comunicato di Rifondazione Comunista: "Le carceri sono da tempo state trasformate in discariche sociali. Si tengono detenute persone che hanno commesso, il più delle volte, reati minori legati allo loro condizione sociale di povertà o emarginazione.

Li si fa vivere in condizioni di sovraffollamento insopportabili rendendo difficile e molto più complesso qualsiasi percorso di rieducazione sociale. Rieducazione che non può che partire dal riconoscimento sostanziale dei diritti delle persone detenute, per non sminuire ciò che hanno commesso ma per non cadere nella logica pericolosa della vendetta. Contemporaneamente si mortifica, con condizioni insopportabili a causa della carenza di organici, il lavoro delle e degli educatori e della polizia penitenziaria". Conclude il comunicato di Rifondazione Comunista: "Anche nel carcere di Como, pur apprezzando gli sforzi compiuti da chi dirige il carcere, le condizioni di vita per i detenuti e per i lavoratori sono al limite.

Riconosciamo le ragioni della protesta estrema attuata in questi giorni dai detenuti, esprimiamo loro solidarietà e dichiariamo la nostra disponibilità politica e al confronto per ricercare risposte concrete a problemi concreti". Oggi lo sciopero della fame - accettati solo acqua, zucchero e sigarette - dei detenuti del Bassone tocca il sesto giorno. Andrea Cavalcanti

Usa: sceriffo Arizona fa sfilare detenuti in mutande rosa

 

Ansa, 20 aprile 2005

 

Più di 2.000 detenuti di un carcere di massima sicurezza in Arizona sono stati trasferiti in una nuova struttura facendoli sfilare, di fronte alle telecamere delle tv locali, con indosso solo mutande rosa e ciabatte di gomma rosa. L’iniziativa, che ha suscitato proteste da parte delle organizzazioni per i diritti civili, è stata presa dallo sceriffo Joseph Arpaio della contea di Maricopa, non nuovo a provocazioni sul fronte della lotta al crimine. "Non è un gesto pubblicitario - ha detto Arpaio - questo è quello che indossano di solito. Volete che faccia vestire questa gente con uno smoking, per trasferirli?".

Arpaio, che viene spesso definito "lo sceriffo più cattivo d’America" - un’etichetta che l’interessato sembra gradire -, ha spiegato che le mutande rosa hanno a che fare con ragioni di sicurezza. Trattandosi di detenuti pericolosi, secondo lo sceriffo, oltre alle precauzioni tradizionali come la presenza di un esercito di agenti di scorta, era necessario farli uscire dal carcere in condizioni che ne rendessero difficile la fuga. "Non c’è mai stato un trasferimento così consistente di detenuti - ha detto lo sceriffo - e per questo va presa ogni precauzione per ridurre il rischio che nascondano armi artigianali o oggetti di contrabbando".

Cuba: dissidenza denuncia la morte di tre detenuti

 

Ansa, 20 aprile 2005

 

L’opposizione cubana ha denunciato la morte di tre detenuti nel corso di una rivolta in carcere soffocata nel sangue dalla polizia. Secondo Elizardo Sanchez, presidente della Commissione per i diritti umani e la riconciliazione nazionale, tre detenuti nel carcere di Combinado del Este, alla periferia dell’Avana, sono morti in seguito alle percosse degli agenti. La settimana scorsa, Sanchez aveva denunciato la morte di Fredy Ibanez Blanco, 33 anni, sostenendo che "altri detenuti potrebbero essere morti". Il dissidente ha rivelato oggi che le altre due vittime si chiamavano Alexis Tomes Moreno e Javier Peralta Urbino. Secondo Sanchez, il 19 marzo e il 5 aprile scorsi gli agenti speciali della sicurezza nazionale hanno soffocato due "proteste tumultuose" nel carcere di Combinado del Este, dove sono recluse circa quattromila persone.

"Alcune decine di detenuti sono rimasti feriti, alcuni in maniera grave, o intossicati dai gas lacrimogeni", ha denunciato Sanchez. Il ministro dell’interno Abelardo Colomè ha "assistito alla violenta repressione" dei detenuti che "protestavano per le inumane condizioni di vita" nel carcere, ha detto il dissidente. I media cubani, controllati dal governo, non hanno dato notizia delle rivolte. Il regime cubano non permette alla Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite e alla Croce Rossa internazionale di visitare le carceri dell’isola.

Piacenza: raccontare il carcere, raccontare le persone

 

Progetto Uomo, 20 aprile 2005

 

A Piacenza spazio alle storie di chi vive in stato di detenzione per superare ogni pregiudizio e conoscere i loro diritti negati. Candido Cannavò, Ornella Favero e Giorgio Porrà, sono i protagonisti dell’incontro "Raccontare il carcere, raccontare le persone", che si è tenuto martedì 19 aprile, alle ore 17.30, presso l’Auditorium dell’Università Cattolica di Piacenza, organizzata dal Centro di Servizio per il Volontariato di Piacenza (Svep). Tre ospiti di spessore che sono intervenuti per ribadire un bisogno di comunicazione che parte dal carcere in modo talvolta discontinuo e non sempre organizzato. Libri, racconti, poesie, giornali e siti internet. Testimoni di valore indiscutibile come le persone citate e molti altri ancora. E, tuttavia, la sensazione che si possa e si debba fare ancora di più e meglio. Quindi questo impegno faticoso, volontario o poco retribuito, con un tocco di fanatismo che ci caratterizza un po’ tutti.

Perché? Mi chiedo ogni volta che varco il cancello del carcere di Piacenza, grigio e triste come tutti gli Istituti di recente costruzione, per prendere parte alla redazione del periodico "Sosta forzata"; perché rubare a questo gruppetto di persone due preziosissime ore d’aria, perché scuoterli da una routine estraniante in cui, forse, è più facile non soffrire; perché sollevare dal rifugio sicuro della branda pensieri, ricordi e sentimenti continuamente schiacciati e repressi?

Per una forma di rispetto, innanzitutto, che ci fa vedere questi uomini come uomini interi e intatti, con una propria storia, propri valori, affetti, intelligenza e capacità critica. Per la certezza, maturata in questi anni, che le loro esperienze "imprigionate" siano il tassello che manca alla lettura e alla conoscenza del tempo e del territorio che abitiamo e che senza questo tassello qualcosa comunque mancherebbe. Per il bisogno di contribuire a raccontare una storia non brillante del nostro paese, una storia fatta di leggi illuminate continuamente disattese, di diritti troppo spesso condizionati da umori e circostanze o da un "comune sentire" opportunamente indotto da un’informazione scandalistica e incompetente. La storia di un carcere che doveva "rieducare" ma che molto spesso garantisce solo il castigo; un vero e proprio "angolo buio" che inghiotte le persone e le segna per sempre. E infine per tenere viva una speranza, la speranza che qualcosa possa cambiare. La speranza che i cittadini capiscano, si rendano conto al di là delle più banali convinzioni, della frase più trita "se la sono cercata!", realizzino che tutto questo in realtà non serve a nulla. Né a garantire una maggiore sicurezza e gli altissimi numeri della recidiva ne sono prova evidente, né a rendere migliori le persone che hanno sbagliato. Solo un grande spreco di soldi, energie e risorse.

Tutto questo motiva l’informazione del carcere e da questo nasce il bisogno di coordinarsi, di collaborare, di sostenersi che ci ha fatto incontrare una prima volta a Roma nel mese di gennaio e presto di nuovo a Firenze, grazie all’impegno della redazione padovana di Ristretti che ha saputo spezzare e spiazzare le reciproche diffidenze e le piccole grettezze, garantendo un aiuto a chi ne aveva bisogno. Durante l’incontro, al quale è intervenuto anche il direttore del carcere di Piacenza Caterina Zurlo, è stato distribuito il volume "Parole oltre il muro", contenente i racconti vincitori dell’omonimo concorso organizzato dalla Casa circondariale di Piacenza. Carla Chiappini

Milano: 25 aprile, Cossutta con i detenuti di San Vittore

 

Ansa, 20 aprile 2005

 

Il presidente dei Comunisti italiani ha partecipato nel pomeriggio nel carcere di San Vittore ad una manifestazione con i detenuti per ricordare il 25 Aprile. Alla manifestazione, nel corso della quale sono state lette lettere dei condannati a morte e poesie, ha partecipato anche l’attrice Ottavia Piccolo. "Siamo a San Vittore - ha detto Cossutta - dove anch’io sono stato arrestato nel 1944 e detenuto nella cella numero 76 del sesto raggio.

Siamo in questo carcere dove sono stati detenuti tanti antifascisti e combattenti per la libertà. Vogliamo ricordare il loro contributo alla lotta per la libertà e la democrazia". "Oggi - ha proseguito Cossutta - vogliamo anche dialogare con i detenuti per sottolineare la necessità di un impegno della giustizia che consenta la conclusione rapida dei processi e per chiedere quella amnistia che tutti auspicano ma che questo governo non vuole dare".

Cagliari: al carcere minorile nasce la squadra di calcio

 

L’Unione Sarda, 20 aprile 2005

 

Un calcio a un pallone per scacciare la solitudine della reclusione. Da sabato prossimo i ragazzi del carcere minorile di Quartucciu saranno protagonisti di un torneo di calcio. Sei incontri, tutti in casa, ai quali parteciperanno le squadre allievi di Selargius, Monserrato, Cagliari. Il 2 giugno la grande manifestazione conclusiva, con la partecipazione dei giocatori del Cagliari.

L’attività sportiva scandisce da tempo la giornata dei giovani detenuti, grazie anche alla collaborazione del Selargius 82. Sono attualmente 20 i ragazzi reclusi a Quartucciu. Il penitenziario è l’unico in Sardegna che accoglie anche stranieri: cinesi, albanesi, tunisini e slavi. Tutti i ragazzi vivono in celle abbastanza spaziose con il bagno. L’unico contatto con l’esterno sono i colloqui con i familiari e una telefonata della durata massima di dieci minuti, entrambi una volta alla settimana. Nel penitenziario minorile di Quartucciu lavorano una novantina di persone divise tra agenti di polizia penitenziaria, educatori, medici, infermieri, psicologi, psichiatri, insegnanti e allenatori sportivi. Oltre al calcio tra le attività anche laboratori di musica e di teatro. I ragazzi si sono aggiudicati il terzo premio di un concorso nazionale per la sceneggiatura di uno spot per la televisione. (g.da.)

Lanusei: costruite il carcere da un’altra parte…

 

L’Unione Sarda, 20 aprile 2005

 

Visti così, fare gruppo in aula consiliare, hanno tutta l’aria di un comitato in fase di costituzione. Rischiano di dover sacrificare villette, vigne e orti sull’altare del nuovo carcere che il ministero della Giustizia vorrebbe costruire nella dispensa di Genna Sarritzu, otto ettari sulla strada provinciale Lanusei-Loceri-San Paolo. Quando hanno ricevuto la notizia ("dal giornale, nessun altro ci ha informato") hanno subito dato fiato alle trombe della rivolta.

La settimana scorsa i primi mugugni, ieri mattina un’assemblea in municipio, davanti al sindaco Enrico Lai e all’assessore Pierpaolo Franceschi. Nessun preambolo. Vogliono opporsi a eventuali espropri perché temono di dover cedere i terreni a basso prezzo. E sono pronti a dare battaglia. La mobilitazione è appena agli inizi. Non cesserà finché non arriveranno garanzie. "Ho paura di rimetterci la casa e la mia azienda. A Genna Sarritzu - dice Gianni Boi, piccolo imprenditore - ho messo su casa e azienda. Investimenti cospicui, sacrifici. Per scoprire, poi, che forse dovrò rinunciare a tutto senza nessuna certezza in cambio".

L’amministrazione comunale in scadenza di mandato, in fin dei conti, si trova in una situazione abbastanza comoda. Girerà la patata bollente a sindaco e assessori che (8 maggio) verranno. Nel frattempo dispensa qualche consiglio: trattate e non fate le barricate perché sennò il carcere lo faranno da un’altra parte. E Lanusei perderà un’opportunità storica. Hai voglia di dire che comunque, anche in caso di espropri, l’indennizzo sarà quello giusto, che comunque terreni e case saranno pagate a prezzo di mercato. I cittadini di Lanusei che a Genna Sarritzu hanno investito soldi, sudore e parecchie speranze, non si fidano. "Capisco che il carcere può produrre benessere per Lanusei - osserva Stefano Piroddi, geometra che risiede proprio a Genna Sarritzu - però abbiamo paura e i nostri timori sono altrettanto comprensibili".

Suo padre, Antonio, era emigrato, è tornato a Lanusei, messo su casa. Il rischio di perderla, ora, lo tormenta. Sulla stessa lunghezza d’onda molti altri possidenti. Prendete Giorgio Uda, artigiano. Proprio ieri è stato approvato il progetto della sua casa, da costruire proprio là dove dovrebbe sorgere il nuovo carcere. "A questo punto la mia proposta è questa: perché non combattiamo e decidiamo noi dove il ministero deve costruire il carcere?".

In realtà il Comune aveva trovato venti aree possibili. Alla fine sono stati i funzionari dell’amministrazione penitenziaria a stringere il cerchio delle scelte. Sono rimaste in piedi tre ipotesi, alla fine ridotte a una: Genna Sarritzu, per l’appunto. Sarà il prossimo sindaco a dover sbrogliare la matassa, adesso, "ma voi - ha detto Anna Maria Deiana durante l’assemblea rivolgendosi a primo cittadino uscente e assessore - potete dare un indirizzo. O no?". Nessuno dei cittadini sembra disposto ad andare al massacro di una trattativa diretta con l’amministrazione penitenziaria sugli indennizzi per eventuali espropri e chiedono la mediazione del Comune. Una mina vagante per i nuovi amministratori comunali che saranno eletti a maggio. (t.pl.)

Viterbo: il Garante; senza bus il carcere resta isolato

 

Il Messaggero, 20 aprile 2005

 

Pochi collegamenti e scarsamente funzionali. Il carcere di Mammagialla soffre della sindrome da isolamento e a farne le spese sono non solo i detenuti ma anche gli agenti di polizia penitenziaria e i volontari del Gavac. Mancano i mezzi pubblici e quei pochi che ci sono hanno orari che mal si conciliano con le esigenze dei familiari e con quelle del personale. Per la cronaca la Teverina è servita, attualmente dalle 13 corse giornaliere delle linee 5 e 12 per Grotte e Roccalvecce.

Ma per Mammagialla non esistono corse dirette, solo quattro deviazioni dei pullman diretti a Grotte Santo Stefano: alle ore 8 e alle 15.30 in partenza dal Sacrario, alle 11.55 e alle 18.25 dalla frazione. Due soli bus al giorno dal capoluogo per una struttura che ospita 600 detenuti. Troppo pochi soprattutto per i parenti dei reclusi, in particolare i pendolari, che arrivano in città in pullman o in treno. Spesso costretti a raggiungere l’istituto di pena dall’ultima fermata utile, sulla Teverina, percorrendo a piedi circa un chilometro in aperta campagna, lungo strada San Salvatore. Facile, quindi, immaginare i disagi.

Il garante regionale dei diritti dei detenuti, Angiolo Marroni, ha tracciato una mappa dei disservizi nel Lazio, puntando il dito contro i cattivi collegamenti tra la casa circondariale di Viterbo (ma anche di Civitavecchia e Velletri) e il centro urbano. "Mammagialla è mal servita dai trasporti pubblici locali – denuncia – anche un bus che passa in ritardo o a orari impossibili può rendere difficile il reinserimento sociale dei detenuti". Senza contare i problemi del personale, dai secondini ai volontari, che operano quotidianamente all’interno dell’istituto di pena. Come se non bastasse, il presidente del Gavac, Totò Zafarana, rincara la dose.

"Così come è strutturato, il servizio pubblico è una presa in giro – commenta – perché non tiene conto delle coincidenze con gli orari dei mezzi pubblici in arrivo e in partenza da Viterbo, frequentati dai parenti che di solito arrivano a metà mattinata e se ne vanno tra l’una e le due. Oltretutto non si concilia nemmeno con i turni del personale, obbligato a recarsi al lavoro con i mezzi propri, quando la presenza di bus adeguati consentirebbe una boccata d’ossigeno anche al traffico sulla Teverina". Ma il presidente della Francigena, Luigi Pianura, a fare la parte del cattivo non ci sta. Ammette che fino a un anno fa non esisteva alcun collegamento: "In attesa che l’amministrazione carceraria attrezzasse un’area per permettere agli autobus di fare manovra". Dopo di che la Francigena ha dato il via al servizio: "Ancora in fase sperimentale. Peccato che, secondo i report degli autisti, solo pochissime persone ne facciano uso". Ciononostante Pianura ribadisce la volontà di un potenziamento: "La prospettiva è quella di prolungare fino al carcere le 24 corse giornaliere per Santa Barbara".

Parma: su nuovi reparti Cgil proclama stato di agitazione

 

Emilia Net, 20 aprile 2005

 

"La decisione del Direttore del Carcere di Via Burla, a Parma, di aprire un nuovo reparto detentivo per la degenza di detenuti disabili, ordinari e 41 bis (cioè detenuti a regime speciale per reati di mafia), è giudicata dalla Fp-Cgil una decisione scellerata che mette in serio pericolo la sicurezza degli operatori interni (Polizia Penitenziaria, personale civile e sanitario) del carcere e la sicurezza sul territorio di Parma, in quanto il Ministero di Giustizia non ha previsto, per tale operazione, alcuna risorsa aggiuntiva rispetto alla già critica situazione esistente ad oggi". È questa la denuncia della Fp-Cgil provinciale di Parma presente in una nota diffusa oggi.

"La notizia" prosegue il comunicato " prosegue il comunicato "è stata comunicata agli agenti, senza il rispetto dei tempi contrattuali riservati all’informazione preventiva, né si è aperto un congruo periodo di concertazione per dare la possibilità ai lavoratori di esprimersi o confrontarsi con la Direzione. La Fp-Cgil ha dovuto chiedere ed incalzare la Direzione per ottenere un confronto sull’argomento e per ottenere l’informativa rispetto alla decisione già assunta con il Ministero. Abbiamo così appreso che:

Il Ministero non ha previsto risorse umane aggiuntive per il pur delicato reparto che perentoriamente entro il 30 Aprile 2005 dovrà essere pronto ad accogliere venti detenuti particolari, ovvero disabili e 41 bis, provenienti da varie carceri del paese, i quali per loro natura avranno bisogno di personale ad hoc sanitario e di sicurezza che invece non è previsto, anzi che verrà sottratto ad altri reparti in modo da garantire la sicurezza minima (n°8 unità rispetto alle 30 previste!). La PP nel carcere di Parma è già sotto organico di circa 150 unità rispetto ai 470 poliziotti previsti dalla legge per una popolazione di 650 detenuti (circa il doppio di quella prevista).

Il Ministero non ha previsto alcun incremento o adeguamento delle risorse strumentali necessarie come ad esempio provvedere alla automazione interna per liberare personale impiegato oggi in altri reparti, oppure incrementare ed adeguare il parco ambulanze ed automezzi che permettano lo spostamento sul territorio "in sicurezza", eventualmente necessario, verso l’Ospedale Maggiore di Parma dei suddetti detenuti.

Non sono state previste risorse economiche aggiuntive per tale operazione che richiede un ricorso massiccio allo straordinario strutturale e turni massacranti senza alcuna possibilità di vedere applicati gli Accordi Nazionali ormai puntualmente disattesi al carcere di Parma."

"Tutto ciò si traduce immediatamente" dice ancora la Cgil "per gli agenti nella impossibilità di esercitare i diritti più elementari: riposo settimanale, ferie, turno di riposo compensativo, eccezionalità del ricorso alle ore straordinarie, ma soprattutto si mette a rischio la sicurezza interna al carcere, l’incolumità degli agenti, la salute e la sicurezza degli operatori sanitari e di conseguenza la sicurezza sul territorio di Parma. Va inoltre considerato che si dovrebbe procedere anche al raddoppio del Centro Diagnostico Terapeutico del carcere, cosa che comporterebbe un aumento fino a 700 degli attuali 650 detenuti."

"Come Fp Cgil di Parma e regionale" conclude la nota "comunichiamo alla cittadinanza e alle Autorità competenti locali e nazionali la nostra contrarietà all’apertura di questo nuovo reparto, in quanto ad oggi non ci sono le condizioni minime a che ciò avvenga: per queste ragioni ci opporremo in tutte le sedi e con tutti i mezzi opportuni, chiedendo di rinviare tale decisione a tempi migliori, in cui almeno la dignità dei lavoratori e la sicurezza venga garantita con risorse adeguate. È proclamato lo stato di agitazione di tutto il personale dipendente del carcere di Parma fino a quando la Direzione non accoglierà il nostro appello, al quale chiediamo si uniscano la cittadinanza e le Autorità competenti."

Empoli: i detenuti visitano i Musei della Toscana...

 

Comunicato stampa, 20 aprile 2005

 

Un corso sulla storia degli Etruschi e l’archeologia rivolto alla popolazione detenuta. Iniziato alla fine di marzo, proseguirà fino a maggio, è arrivato alla prima fase didattica prevista. Il carcere va alla scoperta degli Etruschi grazie alla organizzazione di due giornate di visite guidate. Le detenute della Casa Circondariale femminile a custodia attenuata di Empoli, i ragazzi della Casa Circondariale a custodia attenuata maschile Mario Gozzini e l’Opg di Montelupo Fiorentino, saranno coinvolti in due giornate all’insegna della cultura, della storia dell’arte.

Stamani, mercoledì 20 aprile, la visita guidata si è svolta al sito archeologico e museo di Fiesole. Con un approfondimento sul mestiere dell’archeologo. I ragazzi hanno potuto così conoscere quanto appreso in teoria sul mestiere dell’archeologo e l’importanza del processo di conservazione del patrimonio storico e artistico toscano. Infatti, all’interno dei tre Istituti, Silvana Addis e Luca Fedeli, hanno tenuto lezioni sulla storia degli etruschi attraverso i ritrovamenti archeologici illustrando il meticoloso e duro mestiere dell’archeologo nelle diverse fasi di lavoro: individuazione, recupero e collocazione all’interno del museo del reperto. Trenta il numero dei partecipanti. Fiesole ha offerto l’opportunità di vedere lo scavo in atto sulla piazza antistante il palazzo Municipale dove, nel corso di imponenti lavori per il ripristino urbano, è venuta alla luce una parte di strada romana. I detenuti sono stati accolti dall’assessore alla Promozione del Territorio del Comune di Fiesole Paolo Becattini ed ospitati a pranzo nel convento di San Francesco. Giovedì 28 aprile, la seconda giornata, i partecipanti andranno in visita al sito archeologico e museo di Artimino e Volterra. Con un approfondimento sulla civiltà etrusca. Saranno sempre 30 le presenze tra detenuti ed educatori. L’obbiettivo è quello di individuare e riconoscere consapevolmente la propria appartenenza. Il corso attuato dalla Fondazione Mediateca Regionale Toscana Attività Educative per il Sociale, in stretta collaborazione con i Servizi Educativi della Soprintendenza dei beni archeologici di Firenze, col patrocinio del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali e grazie al contributo dell’Ente Cassa di risparmio di Firenze è rivolto solo a tre Istituti toscani - Casa Circondariale Femminile di Empoli, Casa Circondariale Maschile M. Gozzini di Firenze e Opg di Montelupo Fiorentino – e offrirà a circa venti reclusi l’opportunità di uscire dal carcere per visitare siti e musei archeologici. Un vero confronto con il territorio locale per una ventina di studenti molto speciali alcuni dei quali non hanno mai visitato un museo. Redazione di Ragazze Fuori

 

 

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