Rassegna stampa 8 agosto

 

Terni: giovane detenuto si uccide con bombola da camping

 

Il Messaggero, 8 agosto 2005

 

Ha messo la testa in una busta di plastica, poi con un tubo l’ha riempita di gas utilizzando una bomboletta da camping. Così si è tolto la vita ieri mattina nel carcere ternano di vocabolo Sabbioni un giovane detenuto sardo di 24 anni. Lo hanno già trovato morto nella sua cella, dov’era rinchiuso per una condanna di "tentato omicidio". Non è il primo caso anche se il carcere di Terni non si distingue per la sua durezza, anzi rappresenta uno degli istituti all’avanguardia per il rapporto con i reclusi.

Milano: le associazioni Radicali scrivono a Provveditore carceri

 

Agenzia Radicale, 8 agosto 2005

 

Le Associazioni radicali "Enzo Tortora" e "Il Detenuto Ignoto" - con una lettera di Daniele Nahum e Lucio Bertè - hanno sollecitato il Provveditore agli Istituti di Pena della Lombardia, Luigi Pagano, a dare urgenti disposizioni ai Direttori delle Case Circondariali e di Reclusione della regione per l’immediata adozione di misure in grado di mitigare le terribili condizioni di vita dei cittadini detenuti, dovute ad un inverosimile sovraffollamento e rese ancora più intollerabili dal caldo estivo. Lucio Bertè ha dichiarato: "Di fronte all’incapacità dimostrata dalla classe politica di riformare la funzione detentiva in senso costituzionale, alla irresponsabilità dimostrata dal Parlamento e dal Governo con la mancata adozione di un provvedimento di amnistia che ne costituisse l’avvio, di fronte alla mancata applicazione delle misure di esecuzione esterna e degli altri benefici di legge, l’Amministrazione Penitenziaria e la Magistratura di Sorveglianza hanno il dovere di tutelare la dignità umana e la salute delle persone detenute disponendo misure per la vivibilità interna agli Istituti, "straordinarie" per un sistema penitenziario fuori controllo, che ogni giorno batte il record delle presenze di detenuti, ma in realtà ispirate a normale ragionevolezza.

Ragionevolezza assente nel Senato che prima di andare in vacanza ha licenziato per la Camera una legge che aggraverà le pene e cancellerà i benefici per buona condotta per i "recidivi", quando circa un terzo dei detenuti sono tossicodipendenti da eroina, cioè cittadini che tutti dicono non dovrebbero entrare in carcere, e poiché affetti da una "malattia cronica recidivante", sono condannati a "recidivare" anche i reati obbligati dal proibizionismo sulle sostanze e sulle cure, con pene detentive sempre più lunghe".

In particolare i radicali chiedono l’apertura notturna delle porte blindate – come deciso dal Direttore della Casa di Reclusione di Opera - per assicurare un minimo di circolazione d’aria in celle con il doppio o il triplo dei detenuti, molti dei quali affetti da patologie respiratorie e cardiache. Lucio Bertè ha dichiarato ancora: "È preciso dovere dell’Amministrazione Penitenziaria adottare questa misura, e le altre disponibili a sua discrezione, per ridurre il danno sanitario certo e il concreto rischio di collasso sempre più incombente sulla popolazione detenuta. Auspico che l’apertura dei blindati sia fatta anche nelle sezioni ad Alta Sicurezza ed in quelle ad Elevato Indice di Vigilanza senza addurre infondati motivi ostativi "di sicurezza", ma proprio per ridurre i livelli di esasperazione indotta nei cittadini detenuti. Negli scorsi anni dal Consiglio regionale ho in alcuni casi indicato ai Sindaci il dovere di intervenire con ordinanze contingibili e urgenti per imporre queste misure a tutela della salute dei cittadini detenuti residenti nei loro territori comunali. Ora confidiamo nel senso di responsabilità del Dottor Pagano e siamo a disposizione di Deputati e Consiglieri regionali e comunali, che hanno la facoltà di farlo, per controllare in questi giorni la situazione nelle carceri lombarde".

Giustizia: Berlusconi annuncia per settembre un Ddl su intercettazioni

 

Adnkronos, 8 agosto 2005

 

"Si è verificata una violazione dei diritti dei cittadini con la pubblicazione sui giornali di queste intercettazioni telefoniche assolutamente private: è una cosa scandalosa". Così il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha annunciato che nel prossimo Consiglio dei ministri presenterà, dopo la pausa estiva, un ddl sulla normativa relativa alle intercettazioni telefoniche. "Questo provvedimento, scritto di mio pugno sarà presentato in tempi strettissimi in Parlamento", assicura il premier, perché "si è verificata una violazione dei diritti dei cittadini".

Salerno: Radicali; grave inadeguatezza dell’assistenza sanitaria

 

Agenzia Radicale, 8 agosto 2005

 

Nella mattina del 5 agosto 2005 si sono recati in visita al carcere di Fuorni Daniele Capezzone, Segretario Nazionale di Radicali Italiani, Gennaro Mucciolo, Vicepresidente del Consiglio Regionale della Campania per lo SDI, Michele Capano, membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani. Gli esponenti radicali e socialisti hanno visitato la sezione femminile e la sezione "Alta Sorveglianza". Le denunce raccolte hanno riguardato il generale clima di intimidazione ed abuso nei confronti dei detenuti,e l’ estrema inadeguatezza dell’ assistenza sanitaria (sul punto, peraltro, continua regolarmente la distribuzione di metadone ai detenuti tossicodipendenti a seguito delle denunce del 2003 dei Radicali, guidati dall’ allora Parlamentare Europeo della Lista Bonino Marco Cappato). Nel marzo del 2004 è deceduta presso il carcere di Fuorni Rosina Marotta. La donna, non trasferita in infermeria nonostante i malori accusati dal primo pomeriggio e le preoccupate richieste delle compagne di cella, morì di notte. La Procura della Repubblica di Salerno, a mezzo del sostituto Ernesto Sassano, ha richiesto l’ archiviazione in seguito alle denunce per le eventuali responsabilità connesse alle circostanze del decesso. L’Avvocato Massimo Ancarola, legale dei familiari della donna, si è opposto a tale richiesta di archiviazione, e si attende ora l’ udienza per la discussione dell’ "opposizione".

La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno si è già distinta per la richiesta (accolta) di archiviazione nella vicenda "mancata distribuzione del metadone": dal 1995 al 2003 è stata negata, ai detenuti tossicodipendenti di Fuorni, la terapia di elezione per la loro patologia. Poco male: "tutti cavalieri", a cominciare dal direttore Alfredo Stendardo, per i giudici salernitani.

Michele Capano ha dichiarato: "La collaborazione politica con i compagni dello SDI, a cominciare dal Presidente Mucciolo, comincia con le "cose" da fare insieme, più che con le parole. Intendiamo, con l’ aiuto di Gennaro Mucciolo, visitare con continuità la struttura penitenziaria salernitana. Occorre continuare nell’ attività di legalizzazione dell’ assistenza sanitaria nei confronti dei detenuti. Oggi non sarebbe più possibile, a Fuorni, la morte di Rosario Imparato, un giovane morto di "crisi di astinenza" tra le mira del carcere alla fine degli anni ‘90. È stato possibile che morisse – dopo un mese dal suo ingresso in carcere - Rosina Marotta, non curata in modo adeguato e tempestivo nonostante pessime condizioni di salute arcinote all’ amministrazione carceraria (ed alla Magistratura di Sorveglianza che aveva rifiutato un’ istanza di scarcerazione motivata sulla base di tali condizioni). Sono questioni, prioritari e gravi, di cui Radicali e Socialisti devono occuparsi insieme. Non lo farebbe nessun altro".

Catania: sui corsi professionali il direttore contro la Cisl

 

La Sicilia, 8 agosto 2005

 

Si apprende con meraviglia da una nota Cisl pubblicata il 6 agosto 2005 che nell’istituto penitenziario non è stato sospeso il corso alberghiero per cucina "dove detenuti pluriomicidi utilizzano coltelli". Va precisato che il corso alberghiero e le attività scolastiche sono svolte nella piena osservanza della legge penitenziaria (articolo 19 legge 354/75) e nel rispetto della sicurezza. L’attrezzatura di cucina (come del resto avviene in tutte le cucine delle carceri italiane) non è nella disponibilità dei detenuti ma custodita in appositi contenitori da parte degli agenti di polizia; gli utensili sono consegnati, di volta in volta, al professore che provvede a fare sistemare le pietanze e li riconsegna all’agente di servizio. I detenuti frequentanti non sono pluriomicidi, ma sono individuati tra coloro che hanno reati meno gravi e che a fine agosto conseguiranno il biennio per un titolo di studio spendibile nel mercato del lavoro.

È forse sbagliato sottrarre qualcuno alle maglie della criminalità organizzata? L’organizzazione sindacale sa bene che nello svolgimento dei servizi interni vi è sempre un operatore e non "un adeguato numero" (e che anche dopo il periodo feriale vi sarebbe stato ugualmente un operatore).

I servizi nell’istituto, però si svolgono in condizione di ordine e sicurezza. La disciplina - la vera disciplina - è elevata perché le attività che si svolgono sono condivise dai detenuti. Quanto alla nuova mensa del personale, si tratta di un gioiello che entrerà in funzione l’11 agosto. Va precisato che il personale fino ad oggi ha consumato il pasto non in un prefabbricato, come pubblicato, ma in una sala ben pulita, climatizzata, con pavimenti di marmo, che verrà restituita all’originaria funzione di sala - convegno per il personale, e sala per le relazioni sindacali. Ancora cinque giorni fa, con l’installazione dei climatizzatori nel reparto bunker, nella sala avvocati e nella sala magistrati si è completata la climatizzazione degli uffici, della portineria e delle garitte. L’istituto è inoltre dotato di 42 computer, 5 fotocopiatrici e decine di telefoni. Il disappunto espresso nella nota per qualche manutenzione che potrebbe essere più sollecita sarà oggetto di esame in sede sindacale.

 

Dott. G. Rizza, direttore della Casa circondariale Catania Bicocca

Palermo: con il volontariato arriva la luce della speranza

 

La Sicilia, 8 agosto 2005

 

 

Cattive frequentazioni, scuola interrotta alle elementari, scarse opportunità di lavoro "legale", ma voglia e bisogno di soldi e di affermazione personale. Una vita "sbagliata" che come un bulldozer travolge e porta nel baratro, oltre la propria, altre esistenze. In questo modo, sintetico quanto semplicistico, un giovane diventa un killer. Arrestato, entra a contatto con un variegato campionario di umanità, che ha compiuto ogni tipo di errore e inferto ferite più o meno profonde alla società. Delinquenti incalliti o povere vittime, colpevoli e innocenti, ma sempre essere umani. Si scontra anche con i limiti e gli orrori del sistema carcerario, a volte più simile a un girone dantesco, in alcuni casi dal volto più umano, dove si riesce a trovare una parola di conforto, una disponibilità all’ascolto e all’aiuto, magari non avuta all’esterno.

Così un venticinquenne, pluriomicida, in prigione, grazie al sostegno di una volontaria, consegue brillantemente la licenza media e continua a studiare anche dopo il trasferimento in un altro carcere. A distanza di 20 anni, ricontatta l’insegnante volontaria, che gli aveva aperto nuovi orizzonti, iniziando con lei un fitto carteggio epistolare. Il detenuto è un essere umano, a cui avvicinarsi, senza giudizio. Superate la rabbia e la paura, c’è chi vede, al di là del mostro efferato e violento, l’uomo, con la sua redimibilità e quel qualcosa di buono che può essere recuperato e valorizzato. Si snoda attorno a questo principio l’azione dell’Asvope, l’Associazione volontariato penitenziario, sorta nel 2000 a Palermo, su iniziativa di Giovanna Gioia, che ne è il presidente. È stata lei a far studiare quel giovane killer, uno dei tanti detenuti conosciuti in trenta anni di esperienza nelle carceri, prima come componente del Seac (ai tempi della fondazione, nel ‘67, Segretariato ente assistenza carcerati) e successivamente con l’Asvope, portando avanti attività all’interno dell’Ucciardone, del Pagliarelli e del Malaspina. Ricorda uno degli ultimi incontri con un uomo sulla cinquantina, poi morto in carcere, accusato di pedofilia, che ha sempre negato ogni addebito. "Ma chi vuole che mi creda - le ha detto - io sono figlio della disgrazia, figlio del peccato, figlio del padre di mia madre".

Storie disperate, a cui i volontari dell’Asvope, oggi poco meno di 20, cercano di portare un po' di conforto. La filosofia dell’associazione è "Non c’è sicurezza senza giustizia sociale" e il logo, rappresentato da un gabbiano che si libra in un cielo azzurro, con il sole che sorge alle spalle, vuole esprimere quella speranza che non deve perdersi mai. L’Asvope cerca il contatto con i detenuti e crede fermamente nell’importanza della cultura "che porta solidarietà e, quindi, liberazione".

"Si parla tanto di recupero e reinserimento - afferma Giovanna Gioia - ma a parole. Non ci sono le strutture e gli strumenti per realizzarli. Anche gli operatori sono in difficoltà. L’obiettivo principale, dentro e fuori il carcere, dovrebbe essere la prevenzione. Se si tiene un individuo senza istruzione e lavoro, in una situazione di degrado morale e culturale, possiamo star certi che diventerà uno schiavo, preda di qualche "squalo". Se si fanno vivere 8 detenuti ammassati in una piccolissima cella, ad oziare, cosa si pensa possano fare quando escono, senza cultura né i rudimenti di un mestiere? La prigione, come dice la Costituzione, non deve essere solo punitiva, deve proporre un iter formativo, insegnare un lavoro. Ma ci vuole una società che lo voglia veramente".

Il presidente dell’Asvope, ex docente di latino e greco, sottolinea che attualmente l’associazione sta vivendo momenti di difficoltà, che riflettono i problemi del mondo carcerario, stretto tra le riduzioni dei fondi e una cultura economico-sociale caratterizzata da una caduta di attenzione e percezione della realtà di questa umanità. "Non si cerca di capire cosa ha portato queste persone a sbagliare - aggiunge - si fa pagare al piccolo le pene del grande. Ma così non si risolve nulla. La giustizia che si appunta solo sulla povera gente diventa ingiustizia e non dà sicurezza alla società".

Sono tre i settori principali di intervento dell’associazione: la biblioteca, il guardaroba e i colloqui. Prima che venisse fondata l’Asvope, i volontari avevano lanciato nel ‘96 la campagna "Un libro per il detenuto", che ha permesso di raccogliere numerosi testi, donati da case editrici, da privati o acquistati presso le librerie convenzionate, a prezzi scontati. Oggi l’Ucciardone conta 4 mila volumi, mentre il Pagliarelli ha una delle biblioteche più vaste, gestita proprio dall’associazione e inserita nell’elenco delle strutture regionali, vero fiore all’occhiello con più di 8 mila libri. I volontari dell’Asvope, che ha sede presso il Cei di via Mattarella (ex istituto Gonzaga) raccolgono anche vestiti e prodotti di igiene personale, su segnalazione degli operatori, quindi, mirati a soddisfare le specifiche esigenze dei singoli soggetti.

Ma non si esaurisce qui l’attività dell’associazione. Spiega il presidente Giovanna Gioia: "Noi teniamo il contatto con il detenuto e con i familiari. Svolgiamo colloqui di sostegno morale, ma aiutiamo pure a sbrigare pratiche burocratiche". L’Asvope, puntando molto sulla cultura e sulla formazione, organizza corsi di preparazione scolastica, di inglese, o di italiano per gli stranieri, di pittura e arti minori, di legalità, di conoscenza dei beni siciliani. "Tutto ciò che facciamo – precisa – è sempre in collaborazione con gli operatori professionali, psicologi, educatori, docenti, senza pretesa di sostituirci a nessuno, offrendo solo qualche servizio in più a titolo assolutamente gratuito". La missione è quella del recupero del detenuto e del suo reinserimento nella vita sociale. In questo l’associazione è supportata, oltre che dall’articolo 27 della Costituzione, anche dalla legge 354, del 26 luglio 1975, che espressamente prevede all’articolo 1 che "il trattamento penitenziario deve essere conforme a umanità e deve assicurare il rispetto della persona…nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l’ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi".

Palermo: al "Pagliarelli" il nodo della carenza di personale

 

La Sicilia, 8 agosto 2005

 

Vi sono due modalità che consentono alla società libera di entrare nel carcere, per collaborare con gli operatori penitenziari alla realizzazione delle attività. L’ha ricordato qualche tempo fa Maurizio Veneziano, direttore dell’Ucciardone, nell’ambito di un convegno, organizzato dall’Asvope e dal Cesvop. Una è la partecipazione all’attività rieducativa, regolata dall’art. 17 della legge di riforma penitenziaria, la 354 del ‘75, che fa riferimento a singole e specifiche azioni, l’altra è il volontariato prestato dagli assistenti volontari (tecnicamente così definiti), secondo l’art. 78 della stessa legge, con la quale si configura una presenza ed un’attività in forma continuativa e sistematica. In ogni caso, l’azione del volontario è percepita dal detenuto, secondo Veneziano, come espressione di aiuto sincero, disinteressato, non istituzionalizzato, proveniente da quella stessa società civile, che punendolo, l’ha rifiutato.

Tanti, però, gli ostacoli che deve superare chi vuole prestare la propria opera all’interno degli istituti di pena. Ostacoli legati alle esigenze di ordine, disciplina e sicurezza, alle necessarie operazioni di controllo quotidiano, al sovraffollamento che impedisce di mettere a disposizione spazi e momenti formativi per migliorare la vita dei detenuti. Solo all’Ucciardone, secondo dati dell’aprile 2003, su una capienza regolamentare di 399 posti ed una tollerata di 552, si registrava una presenza di 699 carcerati. Altra difficoltà è rappresentata dalla carenza di personale. "Il numero dei detenuti oscilla sempre tra i 1000 e i 1200 - spiega Laura Brancato, direttore del Pagliarelli - ma in tutto gli psicologi sono 10 e 6 gli educatori. Molto importante, dunque, l’azione dei volontari. L’Asvope gestisce la bella biblioteca e fornisce un grande supporto nella cura dell’aspetto culturale". Per quanto riguarda l’aspetto formativo, invece, tanti i progetti avviati al Pagliarelli, anche se ognuno coinvolge al massimo 15 detenuti: dall’istituto alberghiero ai corsi di pelletteria e di ceramica, dall’atelier di moda al teatro, dalla tipografia al recente corso di floricoltura per il rilancio delle serre.

Catania: in carcere nasce circolo di Legambiente, 14 le adesioni

 

La Sicilia, 8 agosto 2005

 

Una Goletta verde, come il colore della speranza. Un sentimento che sorregge la trentina di "ragazzi" ristretti nell’Istituto a custodia attenuata di Giarre (tutti con trascorsi di tossicodipendenza), desiderosi di reinserirsi, dopo aver scontato la pena, nella società civile. L’arrivo di "Catholica" - una delle tre golette verdi di Legambiente in giro nel Mediterraneo - nel porto turistico internazionale della "Marina di Riposto-Porto dell’Etna" - per i detenuti della casa circondariale di contrada Rovittazzo, segna un’importante tappa nell’attuazione del progetto denominato "Recupero del patrimonio ambientale", promosso dall’Amministrazione penitenziaria.

Dopo la partecipazione a "Spiagge Pulite" nello maggio scorso, ieri pomeriggio è stato consentito dal magistrato di sorveglianza, ad altri quattro giovani reclusi di visitare "Goletta Verde", accompagnati dai loro familiari e dagli educatori dell’Icatt, per rendersi conto da vicino del grande lavoro svolto in difesa della natura da Legambiente. Una visita preceduta in mattinata da un incontro all’interno della prigione tra la popolazione carceraria e i volontari della "Catholica" e della sezione catanese di Legambiente. "Dopo l’incontro con i giovani detenuti - racconta Salvo Toscano della sede catanese di Legambiente - abbiamo dato vita alla prima sezione della nostra associazione nata tra le mura di un carcere. Abbiamo raccolto l’adesione di 14 dei reclusi a Giarre, tutti consapevoli della necessità di creare una coscienza ecologista tra i giovani".

Ad accompagnare Claudio, Ferdinando, Giuseppe e Remo nel bacino turistico ripostese, sono stati la dirigente del Cssa Patrizia Garofalo, l’assistente sociale Rita Coco, Raffaele Marmo, responsabile del laboratorio dell’Icatt, Mariangela Guarasci, capo area educativa e l’educatrice Giampaola Zappalà. La realizzazione dell’iniziativa sociale ha visto in prima linea anche il direttore della struttura penitenziaria Milena Mormina e il comandante degli agenti Claudio Gullotto. "Oggi fuori dal carcere stiamo vivendo una giornata indimenticabile - annota Claudio, catanese, stringendo tra le braccia la sua ragazza - all’insegna dell’educazione ambientale, principi che dobbiamo trasmettere ai nostri figli altrimenti il mondo non avrà un futuro". "Quando ci è stato prospettato di attuare il progetto sul recupero ambientale - aggiunge Ferdinando di Ragusa - siamo stati felicissimi. Già abbiamo partecipato a "Spiagge pulite", oggi siamo qui, speriamo di maturare altre esperienze ecologiste fuori dal carcere". "Anche noi - racconta Alessandra Bonfanti di Goletta Verde - stiamo facendo un incontro diverso, mai fatto, con ragazzi che hanno una grande voglia di recuperare il tempo perduto, dedicandosi alla salvaguardia della natura".

Teramo: il Prc propone un Consiglio comunale in carcere

 

Il Messaggero, 8 agosto 2005

 

Dal circolo teramano di Rifondazione Comunista la proposta di un Consiglio comunale straordinario all’interno della casa circondariale di Castrogno, facendo così da cassa di risonanza alla protesta che vede, da mercoledì, le detenute della sezione femminile mettere in atto il rifiuto dell’ora d’aria ed impegnarsi nella battitura sulle inferiate. "Motivi socio sanitari - ne sintetizza le ragioni Filippo Torretta -, l’impossibilità di avere a disposizione medicine, spesso anche pagandole, e l’assenza di una presenza medica costante. Anche l’ora d’aria viene consumata sotto la canicola del primo pomeriggio in spazi inadeguati, ignorando la richiesta di invertirla con il momento ricreativo nell’apposita saletta. Scarsa anche l’acqua calda del pomeriggio per le tre docce settimanali". Un quadro, questo, che risente del disagio da sovraffollamento e presenta il conto drammatico di due recenti suicidi. In programma, intanto, la visita dell’assessore regionale alle Politiche sociali, Betty Mura.

Pordenone: detenuti dipingono borse per i bimbi in ospedale

 

Il Gazzettino, 8 agosto 2005

 

Si è conclusa ieri mattina la prima fase del progetto "Bimbanchio", ideato dalla Circoscrizione centro, al fine di avvicinare idealmente due mondi che sono agli antipodi: quello dei detenuti e quello dei bimbi malati. Il progetto, all’insegna della solidarietà e della del reinserimento sociale dei detenuti, consiste nel far decorare ai carcerati delle piccole borsettine di tela, che poi saranno donate al reparto di Pediatria e neonatologia dell’ospedale cittadino, diretto dal primario Leopoldo Peratoner, che rappresenta uno dei fiori all’occhiello dell’intero comparto della sanità friulgiuliana. È infatti una delle poche realtà in Italia ad aver passato, con successo, il severo "esame" dell’Unicef e a potersi fregiare del titolo internazionale di Ospedale amico dei bambini.

E, in occasione della consegna dei lavori eseguiti dai detenuti al carcere del Castello, i piccoli degenti, riceveranno giocattoli e le attenzioni di un clown per trascorrere un po' di tempo senza pensare alla loro malattia. Ieri le 50 borsettine, realizzate da una sarta, insieme a pacchi di pennarelli speciali per disegnare la stoffa, sono stati consegnati dal presidente delle Circoscrizione, Vincenzo Giangiacomo, e dal consigliere Mariapia Valerio, nelle mani della direttrice del carcere e dell’educatrice destinata a coordinare il progetto."La sacca - spiega Mariapia Valerio, che ha lanciato la proposta - servirà ai bimbi per riporre giochi, matite colorate e pigiamini. Oltre a essere utile ai ricoverati questo progetto impegna i reclusi in un lavoro di volontariato diretto a chi, proprio come loro, è momentaneamente sottoposto a un periodo di sofferenza e costrizione". Le borsettine saranno decorante durante il mese di agosto e a settembre saranno consegnate nel reparto di Pediatria.

Droghe: Giovanardi; tre progetti e Conferenza a dicembre

 

Ansa, 8 agosto 2005

 

A meno di due mesi dal conferimento della delega alla lotta alle tossicodipendenze, Carlo Giovanardi ha risolto un problema, quello della Conferenza nazionale sulle tossicodipendenze, ha "tamponato" la mancanza del capo del Dipartimento nominando un facente funzioni e ha messo in cantiere alcuni progetti che gli stanno a cuore. In un’intervista all’Ansa, racconta le cose da fare entro la fine del 2005. La Conferenza - che avrebbe dovuto tenersi a Pescara a settembre ma era "saltata" dopo le dimissioni del capo del Dipartimento, l’abruzzese Nicola Carlesi - si svolgerà invece dal 5 al 7 dicembre a Palermo: il ministro spiega di aver fissato la data e il luogo in pieno accordo con tutti i componenti della Consulta per le tossicodipendenze, che si è riunita il 21 luglio scorso: "nessuno ha sollevato obiezioni" precisa. A sovrintendere l’organizzazione e la preparazione della conferenza, ha chiamato il prefetto Pietro Soggiu.

"Visto che non era possibile farla a settembre - afferma il ministro - l’ho fissata per dicembre". "Era un atto dovuto" aggiunge, e infatti la legge fissa l’appuntamento ogni tre anni, e l’ultima conferenza si è tenuta nel 2000. Inoltre, "c’era una forte pressione, da parte di tutti coloro che sono coinvolti nella problematica, affinchè la conferenza fosse indetta". Non capisce il senso delle polemiche politiche suscitate dalla scelta di Palermo: "l’ultima conferenza, che si è tenuta a Genova - spiega - è stata blindata e assediata dai no global. Questi precedenti, insieme all’emergenza terrorismo, ci hanno fatto optare per una situazione attrezzata per un tranquillo svolgimento dei lavori". Giovanardi garantisce che "non c’è alcuna scelta pregiudiziale", che a lui "interessa solo operare" e che "c’è la massima collaborazione con i Sert e con tutti gli operatori". "Se qualcuno ha da offrire suggerimenti - aggiunge - saranno benvenuti" e d’altronde la conferenza di Palermo "servirà a far parlare tutti". Giovanardi spiega poi i punti focali della lotta alle tossicodipendenze nell’immediato futuro, che vedono la stretta collaborazione tra il Dipartimento e l’amministrazione penitenziaria. Innanzitutto il carcere-comunità: dopo Castelfranco Emilia, è stata individuata una seconda struttura carceraria, a Giarre in Sicilia, per attuare il progetto sperimentale dedicato esclusivamente ai detenuti tossicodipendenti. "Si tratta - spiega - di due strutture specializzate, dove verrà avviato un processo di recupero per coloro che hanno condanne che non consentono di andare direttamente in comunità, per cominciare in quella sede il recupero da continuare poi nelle comunità e poi ancora, attraverso cooperative sociali, un inserimento anche nel mondo lavorativo". Poi, verrà dato supporto alle venti strutture speciali per detenuti tossicodipendenti già esistenti nelle carceri normali, le cosiddette sezioni a "custodia attenuata", e alle comunità che ospitano detenuti in attesa di giudizio.

Quindi, "un programma di prevenzione nei confronti dei giovani che coinvolge famiglie, scuola, società sportive e oratori" e un progetto di monitoraggio dei consumi delle cosiddette "nuove droghe", dalla cocaina alle droghe sintetiche. Entro la fine dell’anno, infine, sarà avviata una "campagna promozionale di dissuasione all’uso di sostanze stupefacenti". A disposizione, per tutte queste iniziative - rende noto il ministro - ci sono 16 milioni di euro, già previsti dalla Finanziaria 2004, e che il Dipartimento ha a disposizione per progetti sul territorio nazionale. Poi, aggiunge Giovanardi, "abbiamo messo in moto un meccanismo per cui dovrebbero essere pagati, entro la fine dell’anno, i progetti del 2000, 2001 e 2002 che erano partiti con la vecchia legislazione e per i quali ci sono finalmente le risorse. Ho istituito una commissione, come prevede la legge, che monitorizzi questi progetti per poter arrivare al saldo". Quanto alla vicenda della poltrona vacante al vertice del Dipartimento per la lotta alle tossicodipendenze, dopo le dimissioni di Nicola Carlesi all’inizio di giugno, Giovanardi rende noto di aver nominato facente funzioni uno dei direttori del Dipartimento, Raffaele Lombardo. "La delega la esercito personalmente io - aggiunge - ma sono in costante contatto con tutti i dirigenti del Dipartimento".

Usa: Bush ordina di smantellare il carcere di Guantanamo

 

Corriere della Sera, 8 agosto 2005

 

Due celle di massima sicurezza sono già vuote. Il comandante Jay Hook fa strada ai senatori. Porte aperte, un cartello sopra: "Tour cell". Sono le celle della visita guidata. Sul pavimento una freccia marrone con la scritta: "Mecca, chilometri 12.793". Però. E i visitatori annuiscono. Guantanamo Bay, tre ore di volo da Washington con pranzo in mensa (pollo al limone e riso pilaf, "il menù dei prigionieri") è la nuova meta caraibica dei parlamentari americani. Il tour-operator è il Pentagono, che ha lanciato una campagna per contrastare la reputazione di quello che Amnesty International ha chiamato "un gulag dei nostri tempi": gli abusi (ufficialmente, una decina), le profanazioni del Corano, i detenuti con le mutande da donna in faccia, lasciati legati per ore fino a farsela addosso.

C’è la fila. Negli ultimi tre mesi 51 tra deputati e senatori (32 a luglio) hanno fatto il "Camp Delta Tour", che promette l’avvistamento di enemy combatants in divisa arancione (520 da una quarantina di Paesi diversi) ma nessun colloquio (al massimo si assiste a qualche interrogatorio). Generalmente, scrive il Washington Post, i "turisti vip" tornano con una buona impressione. Il senatore repubblicano Jon Porter è sicuro: "Molti prigionieri sono felici di starci". Forse allora i "combattenti nemici" rinchiusi sulla punta meridionale di Cuba (una delle 702 basi Usa all’estero) accoglieranno come una beffarda punizione l’ultimo annuncio dell’amministrazione Bush. Certo "Guantanamo non chiude", puntualizza la Casa Bianca. Però sbaracca. Camp Delta si trasforma in "prigione normale".

E il 70% dei detenuti verrà trasferito nelle patrie galere. Per 110 afghani l’accordo c’è già. Passeranno sotto il controllo delle autorità di Kabul. Con Arabia Saudita sono in corso trattative. "Il governo di Kabul - assicura al New York Times il portavoce del Pentagono Bryan Whitman - impedirà che questi individui tornino sui campi di battaglia". Tempi? Prima si dovranno costruire prigioni adatte (finanziate dagli Usa). E gli enemy combatants ? Otterranno in patria il processo civile che non hanno avuto in America? Ne dubitano Human Rights Watch e Amnesty International, che bocciano il progetto di spostare i prigionieri verso Paesi "dove si registrano gravi violazioni dei diritti umani".

I più "fortunati" resteranno a Guantanamo. I più pericolosi, dice il Pentagono. L’autista di Bin Laden, per esempio. Il suo processo riparte. Una Corte d’Appello ha stabilito che i tribunali militari sono legittimi. Il ministro Rumsfeld promette un’accelerazione nelle incriminazioni (4 dal 2002 al luglio 2005). Mentre il generale Anne Reese, capo del settore costruzioni, cura la ristrutturazione di Camp Delta. Il nuovo carcere, 300 detenuti max, dovrebbe essere una colonia penale più che una caienna per interrogatori. "Più aderente alle Convenzioni di Ginevra" e alle leggi dell’ingegneria. "Il degrado è senza rimedio - ammette Reese al New York Times - Camp Delta sorge su una instabile base corallina ed è troppo esposto agli agenti atmosferici".

Il nuovo carcere (40 milioni di dollari) si chiama Camp V (100 posti, refettori e alcuni dormitori comuni). E Camp VI (appena iniziato): pronto tra un anno, 8 blocchi da 22 celle, via le torrette da lager, sorveglianza dall’alto, centro medico, pista da atletica. Il modello è un penitenziario del Michigan, Lenawee County. Un carcere "normale", per far dimenticare le gabbie a cielo aperto due metri per due di Camp X-Ray e le montagne di filo spinato del suo sostituto, Camp Delta, con la cerata verde a impedire la vista del mare. Dalle sbarre di Camp VI si vedrà l’oceano? Gli avvocati dei detenuti hanno preoccupazioni più concrete. Thomas Wilner quest’anno è stato sei volte a Guantanamo. Sul New York Times commenta i tour di senatori organizzati dal Pentagono: "Altro che pollo al limone e pista d’atletica. I miei assistiti stanno 24 ore al giorno sotto i fari. Alcuni non vedono il sole da 8 mesi. Gli fanno sgranchire le gambe una volta alla settimana. Di notte". Michele Farina

Giustizia: le prigioni scoppiano, protesta degli agenti penitenziari

 

Secolo XIX, 8 agosto 2005

 

Le carceri italiane sempre più sovraffollate. È quanto emerge da una ricerca del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, che sottolinea anche mali ormai cronici del sistema carcerario italiano, come l’alta percentuale di detenuti tossicodipendenti e lo scarso numero di asili nido (15 per 60 bimbi) nelle sezioni femminili. Ma il problema principale rimane il sovraffollamento, soprattutto in questa stagione, quando convivere quattro o cinque persone in una stessa cella diventa una vera e propria impresa, come testimonia l’aumento dei suicidi.

Secondo i dati di fine giugno, i detenuti nei 286 istituti di pena italiani sono 59.125, tremila in più rispetto all’anno scorso. Di questi, circa 19 mila sono stranieri, in gran parte marocchini, albanesi e tunisini. La popolazione carceraria è composta soprattutto da uomini (95,2%), in gran parte d’età compresa tra i 30 e i 34 anni. Il detenuto medio quindi è piuttosto giovane, ha la licenza media ed è disoccupato. Spesso è tossicodipendente (il 27,7%) o ha gravi problemi di alcolismo (2,4%). I sieropositivi sono oltre 1400 (2,6%).

Un altro dato interessante è quello relativo ai detenuti in attesa di una sentenza definitiva, che rappresentano il 36% della popolazione carceraria. Una percentuale che la dice lunga sui tempi lunghissimi della giustizia italiana. La ricerca evidenzia inoltre come la Lombardia sia la regione che "ospita" il maggior numero di detenuti (9.741), seguita dalla Campania (9.018), dalla Sicilia (6.431) e dal Lazio (4.939). Nel frattempo il Sappe (il sindacato degli agenti di polizia penitenziaria) ha organizzato per il prossimo 28 settembre a Roma una manifestazione nazionale per protestare contro la carenza di organici. Gli agenti infatti sono circa 41 mila, quasi ventimila in meno dei detenuti che devono sorvegliare.

Roma: Rebibbia; detenuta in regime di 41 bis non può curarsi

 

Comunicato Stampa, 8 agosto 2005

 

Il Garante Regionale dei Diritti dei detenuti Angiolo Marroni scrive al direttore del Dap Giovanni Tenebra: "Situazioni critiche fra i detenuti della sezione 41bis". Ha contratto l’epatite C in carcere nel 1998 e oggi, ancora reclusa, non può essere curata adeguatamente perché è sottoposta a regime di sorveglianza speciale ex art. 41 bis a Rebibbia femminile. Protagonista della vicenda una detenuta di 55 anni, T.D.L. il cui caso è stato denunciato dal Garante Regionale dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni. La donna avrebbe bisogno di essere curata con l’interferone per bloccare l’infezione ed evitare che sfoci in un neoplasia epatica maligna.

"Abbiamo inviato una lettera al Direttore Generale del Dap Sebastiano Ardita - ha detto Marroni - Informalmente ci è stato risposto che la donna non è in pericolo di vita e che verrà sicuramente sottoposta a cure che, però, saranno più lunghe e gravose visto il regime carcerario cui è sottoposta, i devastanti effetti collaterali della cura e il fatto che la detenuta dovrà sopportare tutto in solitudine". Sul tema più generale delle condizioni e del rispetto dei diritti dei detenuti in regime di 41 bis nel Lazio, Marroni ha anche inviato una lettera al Direttore del Dap Giovanni Tenebra. Fra i detenuti delle carceri laziali soggetti al 41 bis, infatti, ci sono diverse situazioni limite.

Ma il Garante Regionale dei Detenuti non può verificarlo di persona perché la condizione giudiziaria e carceraria di questi reclusi impedisce loro di ricevere questo tipo di visite. Per questo, nella lettera Marroni ha invitato Tinebra a "far sì che negli istituti della Regione in cui vi sono detenuti ex art. 41 bis si renda possibile l’attività istituzionale del mio ufficio". "Svolgendo la mia attività di Garante - scrive Marroni - ho avuto più volte notizie, con i miei collaboratori, di situazioni particolarmente gravi di detenuti ristretti nelle sezioni ex art. 41 bis.

Ho chiesto, in virtù della funzione del mio ufficio, di poter incontrare i detenuti che si trovano in questa particolare condizione giudiziaria e carceraria. Mi è stato detto, a voce, che tale possibilità non mi è concessa e, pertanto, mi è stata negata, ripeto informalmente, ogni occasione di incontro con tali detenuti". Secondo Marroni questa è comunque una violazione "poiché ritengo che i detenuti ristretti ex art. 41 bis non perdono alcuni diritti fondamentali come la tutela alla salute, alla formazione professionale, al lavoro, alla cultura e alla loro dignità personale. Per questo penso che la mia funzione, insisto istituzionale, non possa fermarsi alle porte di quelle sezioni".

 

Angiolo Marroni, Garante regionale dei diritti dei detenuti

Modena: dal carcere arriva un "s.o.s."; mancano gli agenti...

 

Vita, 8 agosto 2005

 

I tagli economici si ripercuotono anche sul carcere di Sant’Anna, al cui interno il problema della carenza di personale si fa sentire in modo sempre più grave. Rispondendo ad un’interrogazione, presentata dal diessino Muzzarelli, l’assessore regionale alle Politiche sociali, Anna Maria Dapporto, ha detto di aver chiesto alla Giunta se siano previste azioni, e quali, per ovviare alla pericolosa situazione del carcere S. Anna nel quale vi è una forte carenza di agenti rispetto al numero dei detenuti. "La presenza di un numero insufficiente di agenti - fa notare Muzzarelli nella sua interrogazione - significa una loro ridotta capacità di fare fronte alle emergenze che si vengono a creare, ed anche una situazione di difficoltà nell’affrontare l’ordinaria amministrazione, con turni di lavoro massacranti per ovviare all’organico ridotto".

Una situazione del genere, secondo il rappresentante diessino, "danneggia tanto loro quanto i carcerati". L’assessore Dapporto, riferisce quindi Muzzarelli, nella risposta ha messo in evidenza che vi è stato un "drammatico taglio sistematicamente attuato negli ultimi quattro anni in tutte le voci di spesa del penitenziario". La Dapporto, contemporaneamente, ha assicurato il suo impegno a mantenere vigile l’attenzione verso le problematiche del mondo penitenziario regionale.

"Da un lato proseguiranno quindi i progetti di attività di ricerca sul carcere e di formazione congiunta, che riguardano il personale penitenziario, i volontari e il personale degli enti locali. Dall’altro - conclude Muzzarelli rendendo conto della risposta ricevuta - la Regione continuerà a denunciare ai ministri competenti lo stato in cui versano le strutture carcerarie, cercando di sollecitarli a provvedere al ripristino delle condizioni di sicurezza".

Minori: protocollo tra Dgm e Associazione nazionale pedagogisti

 

Redattore Sociale, 8 agosto 2005

 

Firmato un protocollo d’intesa tra il Dipartimento di giustizia minorile e l’associazione nazionale dei pedagogisti italiani (Anpe). Il Protocollo si prefigge la finalità di diffondere, migliorare e promuovere una cultura di attenzione in favore degli adolescenti, volta a migliorarne la loro tutela ed i loro diritti, congiuntamente agli altri attori istituzionali e non, coinvolti nella problematica.

"Affrontare il problema culturale attraverso la sensibilizzazione della comunità locale è di fondamentale importanza per ottenere il consenso del contesto sociale - afferma una nota del Dipartimento - ed è funzionale alla costruzione di opportunità concrete di prevenzione e reinserimento di minori dell’area penale e al reperimento di risorse per gli stessi".

Globalmente il protocollo si prefigge un duplice obiettivo, così come annunciato dallo stesso Dipartimento: "Da una parte realizzare percorsi operativi-socio-educativi-riabilitativi per i minori entrati nel circuito penale e sperimentare percorsi, modelli organizzativi e modalità di intervento educativo di tipo innovativo da candidare ad organismi europei o nazionali, di Enti locali o fondazioni bancarie per i finanziamenti. Dall’altra, l’accordo intende promuovere studi e ricerche nel campo della devianza minorile e della tutela dei soggetti in età evolutiva al fine di programmare interventi efficaci per l’utenza penale". "Tali interventi potranno realizzarsi, tra l’altro, nel campo dell’educazione interculturale e alla legalità, del lavoro minorile, dell’abuso sessuale, dei minori e rapporti con i media, dei giovani in situazioni di disagio e a rischio di emarginazione sociale e/o lavorativa esclusi dai processi di socializzazione ordinaria". Gli impegni che derivano dalla sottoscrizione dell’accordo riguardano, inoltre, l’opportunità per i laureati in Pedagogia e/o Scienze dell’Educazione iscritti all’Anpe di espletare il praticantato professionale attraverso le convenzioni che le Direzioni dei Centri per la Giustizia Minorile stipuleranno con l’associazione.

Forlì: progetto del Comune, i cani "adottati" dai detenuti

 

Corriere della Romagna, 8 agosto 2005

 

Per favorire l’adozione dei cani abbandonati e ospitati dal canile comprensoriale, il Comune di Forlì pensa ai detenuti. È la realtà di un progetto denominato "Educazione del cane al fine di favorire le adozioni e promuovere il benessere dei detenuti della casa circondariale di Forlì", che la Giunta ha approvato e che ora è stato sottoposto alla Regione nell’auspicio di ottenere un contributo sulla base di uno specifico bando deliberato nel dicembre dello scorso anno.

Il progetto vede la compartecipazione di Ausl, associazioni di volontariato e canile comprensoriale e rientra sia nelle direttive per il 2005 del Piano sociale di zona - per quanto concerne il reinserimento sociale e lavorativo delle persone svantaggiate o detenute nell’ottica del potenziamento della rete carcere-territorio - sia in quelle attuate per favorire il benessere animale. Nella fattispecie il compito dei detenuti selezionati sarà proprio quello di addestrare i cani, che ritrovandosi al rifugio di via Bassetta sono stati dunque abbandonati e perciò necessitano di un lavoro psicologico atto a ricreare fiducia nell’uomo.

Il Comune, in base alle indicazioni del direttore del penitenziario, ne individuerà un gruppo, da 8 a 12, e metterà in campo 21mila 400 euro per le attività di formazione e l’attività di educazione dei cani. Il progetto, per ora annuale, prevede infatti l’attivazione di due corsi di due giornate e otto ore l’uno, rivolti ai carcerati selezionati e tenuti da un istruttore cinofilo. I detenuti saranno a loro volta "addestrati" al compito dopo di che potranno usufruire per sei mesi (più eventuali altri tre) di una borsa lavoro di 310 euro mensili e svolgere la propria opera di "reinserimento educativo" degli animali. Un’attività che si svolgerà al canile, ma eventualmente portando i cani anche all’interno della casa circondariale, e che il Comune auspica possa favorire un maggior numero di adozioni degli ospiti della struttura di via Bassetta.

Pozzuoli: le detenute scrivono una "lettera aperta" al Papa

 

Comunicato stampa, 8 agosto 2005

 

Santo Padre, le scrivo a nome di tutte le detenute della casa circondariale di Pozzuoli (Na). Tante volte la legge degli uomini è molto ingiusta, essa ci condanna, ma sappiamo che Dio ci ha già perdonate, e preghiamo che questo avvenga ancora, così come di sopportare queste pene che sono le conseguenze dei nostri stessi errori. In questa realtà, dove anche la miseria, la fame, la mancanza di lavoro, sono spesso le motivazioni di queste azioni, tante volte anche incredibili, chiediamo rispetto ed attenzione, anche se siamo stati condannati.

Quindi, prima di fare nuovi carceri, perché non vedono nei nostri cuori, e ci concedono opportunità di lavoro, in modo tale da vivere senza commettere reati. La preghiamo, Santo Padre, di intercedere per noi, per questa richiesta, di sollecitare la sensibilità dei ministri di questo governo,che possano attuare il beneficio di amnistia ed indulto, già richiesto in precedenza dal suo predecessore.

La preghiamo vivamente, affinché questo nostro appello non rimanga una semplice voce persa nel nulla. La disperazione, è quanto vive in noi, ragione madre per la quale ci conduce a questo accorato appello, ed in Voi affidiamo tutte le nostre speranze. Sicuri di un suo interessamento, la salutiamo cordialmente.

 

Le detenute del carcere di Pozzuoli

Televisione: arriva "Oz", serial sul carcere di massima sicurezza

 

Film.it, 8 agosto 2005

 

Sugli schermi, per la prima volta in chiaro, Oz, la serie tv che racconta in modo originale il mondo del carcere. L’appuntamento è a settembre, anche se la data precisa è ancora sconosciuta, ogni giovedì alle 24.00, su Italia Uno. Intanto, a partire dal 9 agosto, il canale satellitare Fox (Sky), ogni martedì alle 23.35, ne trasmetterà la terza stagione, incentrata sul tema della vendetta.

Oz non è un posto qualsiasi, è una sezione speciale del carcere di Emerald City, situato alle porte della città di Baltimora Stati Uniti. Si tratta di una prigione di massima sicurezza, costruita con tecniche all’avanguardia, che ospita una sezione speciale, chiamata "il Paradiso". Qui i prigionieri sono sottoposti ad un particolare trattamento: invece di vivere in celle tradizionali con sbarre, sono rinchiusi dietro muri di plexiglas trasparenti.

Ma anche senza sbarre un carcere resta il luogo di sempre e, purtroppo, stupri, omicidi e violenze tra i detenuti sono all’ordine del giorno. Al di là della semplice distinzione tra carcerati e guardie, la popolazione di Oz è assolutamente eterogenea, fatta di bianchi e neri, ispanici ed italiani, irlandesi e musulmani, riuniti in diverse fazioni che velocemente si formano e altrettanto rapidamente si disgregano. I protagonisti sono spietati omicidi, pedofili, ladri, assassini di bambini, spacciatori.

Senza lasciare spazio a nessuna forma di buonismo, senza ipocrisie, Oz racconta e descrive questa amara realtà. Il tema ricorrente in tutti gli episodi è quello dei rapporti tra i vari gruppi, puntando l’attenzione sull’estrema rapidità con cui mutano i rapporti di forza. Girata con taglio documentaristico e costruita sulla base di ricerche effettuate nelle carceri e su colloqui con detenuti e parenti di ex detenuti, la serie sfoggia un cast di attori di talento, sempre diversi.

Tra questi, J.K. Simmons, B.D. Wong e Edie Falco. La regia, che varia di episodio in episodio, è spesso affidata a personalità di spicco come Matt Dillon (episodio Napoleone buona… parte), Chazz Palminteri (episodio Disastri innaturali) o Steve Buscemi (episodio Serpenti a sonagli). Il telefilm è stato lanciato negli USA sul network HBO che ne ha trasmesso gli episodi dal luglio 1997 al febbraio 2003. In Italia è arrivato prima su Tele+ e poi su Fox, dall’11 marzo 2004. Oz è costituito da 6 stagioni, per un totale di 56 episodi della durata di 45 minuti ciascuno. Girato interamente a New York, il telefilm, è prodotto da Barry Levinson autore di "Rain Man" e "Sleepers" e scritto da Tom Fontana, già sceneggiatore di "Homicide".

 

 

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