Rassegna stampa 23 agosto

 

Belluno: denuncia per sovraffollamento, risponde la direttrice

 

Il Gazzettino, 23 agosto 2005

 

"La casa circondariale di Baldenich non esula dalla realtà delle carceri italiane. Essa rientra nella situazione ordinaria della gestione di un carcere in condizioni di affollamento. In tutte le strutture di pena del nostro Paese si registra un indice alto di detenuti. A Belluno queste situazioni non si vivono in maniera peggiore che in altre realtà carcerarie. Anzi, la nuova sezione che accoglie i transessuali ha migliorato la qualità della detenzione essendo al massimo dell’offerta sul territorio nazionale. In questo reparto per ciascun detenuto è riservato un monolocale con angolo cottura compreso di lavello e un locale per servizi igienici con doccia".

Risponde così la direttrice del carcere di Baldenich, Immacolata Mannarella, alla denuncia del sindacato autonomo di polizia penitenziaria, Sappe, con la quale il segretario provinciale Nicodemo Adamo sottolinea soprattutto l’affollamento della struttura e la mancata osservanza delle regole prestabilite per ospitare i transessuali in camere singole. Il Sappe non manca inoltre di accentuare le forti tensioni che si creano tra detenuti, oltre all’insorgere di difficoltà inerenti a questioni interne all’amministrazione di polizia.

A proposito delle condizioni di vita dei carcerati la dottoressa Mannarella precisa: "Qua si fa un lavoro con le persone, pertanto si vive sempre sul momento. In questo luogo le persone vivono, lavorano per quel che possono, oziano, studiano... Certo, può nascere qualche contrasto, come avviene tra vicini di casa. D’estate poi, la convivenza in situazioni di affollamento è vissuta in maniera un po’ peggiore rispetto ad altre stagioni".Immacolata Mannarella rivolge quindi la propria attenzione al personale della polizia penitenziaria, parte della quale ha sollevato con forza le problematiche legate alla struttura da lei diretta. "Ci sono inoltre momenti in cui anche il personale sente in modo più pesante condizioni di lavoro non proprio ottimali - aggiunge. - Nella nostra professione siamo chiamati sempre ad agire in prima linea. Pertanto si giustifica la richiesta di miglioramento. Ma, ripeto, si vive di ora in ora. Attualmente la situazione è normale".

Il sindacato guidato da Nicodemo Adamo chiede comunque l’intervento delle forze politiche affinché facciano un’ispezione a Baldenich per verificare di persona ciò che è contenuto nel proprio appello. "Se il carcere è il luogo dove chi ha commesso un reato deve scontare una pena e i gestori della struttura devono garantire sicurezza - recita la nota del Sappe - è ora che lo Stato si faccia carico di restituire dignità e rispetto a tutti".

Civitavecchia: lesioni a un detenuto, indagati tre agenti

 

Il Messaggero, 23 agosto 2005

 

Un altro fascicolo aperto dalla magistratura locale su fatti avvenuti nel carcere di borgata Aurelia. Questa volta a finire nel mirino della procura della Repubblica di Civitavecchia sono stati tre agenti di custodia, iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di lesioni, minacce e violenza privata. A far scattare questa nuova indagine è stato un noto pregiudicato, Massimiliano Ceccacci, conosciuto in città col nomignolo "Biribino", rinchiuso in una cella del penitenziario dopo essere stato condannato per una rapina compiuta all’hotel Traghetto. Il Ceccacci, difatti, ha raccontato di essere stato picchiato violentemente da tre agenti, fornendo anche indicazioni e descrizioni sui suoi presunti aggressori. Ha raccontato tutto al sostituto procuratore Pantaleo Polifemo, il quale ha aperto un’inchiesta.

L’episodio è avvenuto l’8 agosto scorso e ad accorgersi di quanto era successo è stato il padre di Massimiliano, Idoletto Ceccacci, anch’egli noto pregiudicato locale. Quest’ultimo era andato in visita dal figlio per un colloquio in carcere, ma gli agenti gli hanno detto che era assente in quanto era stato accompagnato in ospedale su sua stessa richiesta. Ma Idoletto Ceccacci ha voluto vederci chiaro ed ha scoperto che il figlio, secondo quanto poi esposto nella denuncia presentata dall’avvocato Giuseppe Cicoria, in realtà era stato tradotto al nosocomio cittadino per farsi curare le ferite causate dalle percosse dei tre agenti. Il referto medico che è stato allegato al fascicolo della magistratura, a quanto pare confermerebbe questa tesi. Massimiliano Ceccacci poi nel resoconto fornito al magistrato inquirente, ha raccontato di essere stato accompagnato presso l’infermeria del carcere dove doveva prendere una medicina, e già lì, di fronte ad un medico, il brigadiere che lo ha accompagnato lo avrebbe schiaffeggiato più volte. Poi, invece di essere riportato in cella, è stato portato in isolamento, e lì lo stesso brigadiere ed altri due agenti lo avrebbero picchiato violentemente.

Ceccacci ha anche aggiunto di averli avvisati che avrebbe denunciato l’accaduto, e gli agenti lo hanno a loro volta minacciato che se avesse raccontato tutto per lui sarebbero sorti guai peggiori. Intanto il sostituto procuratore Polifemo ha individuato i presunti autori del gesto, a cui è risalito grazie alla descrizione fornita dallo stesso Ceccacci, e per loro è quindi scattata l’iscrizione nel registro degli indagati, mentre Massimiliano Ceccacci è stato nel frattempo trasferito al carcere di Frosinone.

Iraq: Botero, quando l’arte è testimonianza e denuncia

 

Secolo XIX, 23 agosto 2005

 

Hanno suscitato grande scalpore nel mondo dell’arte i dipinti che l’artista colombiano Fernando Botero ha dedicato alle vicende del carcere iracheno di Abu Ghraib. A Roma, la sua grande mostra in corso a Palazzo Venezia fino al 25 settembre concede ampio spazio a queste opere. L’artista è in Versilia, luogo eletto di vacanza e di lavoro (a Pietrasanta nascono le sue imponenti sculture). Non si può affrontare l’argomento senza ricordare alcuni dipinti del 1999 e 2000 che riguardano ripetuti atti di terrorismo che hanno funestato la Colombia e che dimostrano un’attinenza pittorica con le prove odierne. "Qualche anno fa la Colombia è stata teatro di una lunga serie di attentati. In uno di questi sono morte a Bogotà 22 persone ed è stata fatta saltare in aria una mia grande scultura, che ho subito sostituito con "La violenza e la pace", un bronzo collocato sulla base di quella distrutta".

 

Anche in alcuni di quei dipinti c’erano personaggi nudi, legati e bendati...

"Già in quella circostanza ho inteso sottolineare il particolare disagio psicologico della persona bendata che non riesce a rendersi conto dell’ambiente in cui si trova, della gente che ha intorno e di ciò che stanno preparando nei suoi confronti. È una situazione di difficoltà che favorisce le confessioni".

 

L’artista riesce a fissare la memoria di un evento drammatico, anche se non può cambiare la storia...

"È vero: se non fosse per il quadro di Picasso, nessuno ricorderebbe più l’episodio di Guernica nella guerra di Spagna".

 

E tale concetto vale ancor di più ai nostri giorni che consumano in fretta le notizie e depositano in un rapido oblio anche quelle più drammatiche.

"L’arte ha il potere e la responsabilità di offrirsi come continua testimonianza. Proprio per tale motivo ho deciso di proseguire il mio impegno su Abu Ghraib al di là dei 62 interventi, tra oli e disegni, ora esposti. Nello studio di Parigi ho lasciato tre o quattro opere che attendono di essere concluse e ho in progetto di farne altre. In pratica dedicherò tutto il 2005 a questa drammatica vicenda".

 

La mostra di Roma avrà un seguito?

"In gran parte si trasferirà in Germania, in un museo vicino a Stoccarda che ha appena ospitato una imponente rassegna di Kiefer. Si inaugurerà il 22 novembre. Il 22 maggio del prossimo anno sarà invece alla Pinacoteca di Atene".

 

Toccherà anche gli Stati Uniti?

"Ho una proposta da un museo di Washington; da lì l’esposizione dovrebbe approdare in un secondo spazio pubblico americano".

 

Così si mantiene viva nella gente la dimensione di uno scandalo che non fa onore agli Usa…

"Le sembra questo il modo di misurarsi con i terroristi, definiti persone primitive e ignoranti, da parte di una nazione depositaria dei principi della civiltà e dell’umanità? Da qui deriva l’importanza della mia denuncia. Io non ho inventato nulla: mi sono limitato a trascrivere sulla carta e sulla tela le notizie che leggevo sui giornali, in particolare sul New Yorker dove recentemente è stata rimarcata la complicità di medici e di psicanalisti in azioni degne del miglior Mengele. Comunque io non voglio passare ora per l’artista degli orrori e delle cattive notizie. L’altro giorno un ricco uomo d’affari di origine armena mi ha proposto di eseguire un grande dipinto sui massacri subiti dal suo popolo da parte dei turchi all’inizio del secolo scorso. Mi offriva una grossa cifra che ho rifiutato. Non mi interessa raccontare i drammi della storia, mi interessa questa vicenda perché, nella sua drammaticità e nelle sue contraddizioni, tocca da vicino le nostre coscienze".

 

Immagino che col suo comportamento non si sia fatto molti amici in certi ambienti...

"Già, non credo proprio".

Sicurezza: Sappe; la cella luogo di potenziali conversioni religiose

 

Ansa, 23 agosto 2005

 

Le tensioni tra civiltà islamica e cristiana potrebbero avere risvolti inquietanti anche all’interno delle carceri italiane, considerato l’alto numero di detenuti di fede islamica (soprattutto – ma non solo – extracomunitari).

Ne è convinta la Segreteria Generale del Sappe, l’Organizzazione più rappresentativa del Corpo di Polizia Penitenziaria, con oltre 12 mila iscritti ed il 40% di rappresentatività, che spiega: "Da tempo rappresentiamo le nostre preoccupazioni circa le recenti conversioni, in carcere, di detenuti italiani all’Islam. Per molti diseredati, che a causa delle loro azioni sono stati puniti dalla società in cui vivono e sono nati, può risultare atto di emenda abbracciare un nuovo credo e così avviare una facile via per la costruzione di una nuova identità sociale, favorita dall’idealizzazione di cui viene a godere tale atto: attribuendo al nuovo credo la capacità di riconoscere un valore a tutto ciò che la società di provenienza sanzione. Così ogni diseredato ben indottrinato può facilmente autoassolversi per il proprio essere deviante per il solo fatto di vedersi riconosciuto un "ruolo" all’interno della nuova società in cui entra abbracciandone il credo e lottando per Allah. È già accaduto nel passato: un pregiudicato siciliano, convertitosi all’Islam in carcere dov’era detenuto per reati minori, fece esplodere due bombole di gas nel metrò di Milano (11 maggio 2002) e nei templi della Concordia di Agrigento (5 novembre 2001)". "I nostri istituti di pena" spiega il Sappe "ospitano una popolazione detenuta di origine extracomunitaria estremamente vasta, variegata, rabbiosa e soprattutto sconosciuta. Di pochi di questi detenuti conosciamo i reali collegamenti con l’esterno: non solo, ma questi soggetti fanno della comune situazione di detenzione un valido strumento di predicazione verso i soggetti più deboli e diseredati ristretti con loro. Infatti, per un musulmano è più importante la religione della nazionalità. I musulmani credono di essere legati dalla loro fede comune all’interno di un’unica comunità - la umma - in cui tutti sono "fratelli l’uno dell’altro". Questo spiega quella solidarietà particolare che l’Islam crea, al di là dei limiti di frontiera. Ma i fondamentalisti di tutte le religioni hanno caratteristiche comuni: tutti interpretano i simboli alla lettera. Sono altamente selettivi sui "fondamenti" che scelgono di rispettare e sulle porzioni di modernità da tollerare. Tutti fanno riferimento a testi tradizionali e li usano fuori dal loro contesto. Tutti praticano forme di manicheismo, vedendo se stessi come parte di una battaglia cosmica tra il bene e il male in cui devono trovare gli oppositori e demonizzarli."

"Gli ultimi dati forniti dal Dap quantificano in circa 7.000 i detenuti islamici presenti nelle nostre galere, perlopiù marocchini, tunisini, albanesi, etc. La maggior parte si trova negli istituti di pena della Lombardia, del Piemonte, dell’Emilia Romagna, della Liguria e della Toscana."

"In tale contesto" conclude la Segreteria Generale del Sappe "la cella è diventata il luogo in cui, sempre più spesso, piccoli criminali vengono tentati da membri di organizzazione terroristiche detenuti. Del resto, già nel nostro recente passato le Brigate Rosse avevano inteso le carceri quali luoghi di lotta e proselitismo. Analogo stratagemma viene oggi messo in atto dagli esponenti del terrorismo islamico, i quali cercano così di mimetizzare la propria attività infiltrando propri adepti fedeli e non sospetti, in quanto occidentali. È quindi necessario uno sforzo formativo dell’Amministrazione penitenziaria teso a dare gli strumenti tecnico-cognitivi alla Polizia Penitenziaria per incrementare la propria professionalità, adattando le competenze e i metodi esistenti con nuovi standard operativi, in modo da trattare tali situazioni senza prescindere dalla diverse culture che si incontrano all’interno del carcere. In tali termini la Polizia Penitenziaria può giocare un ruolo di primaria importanza all’interno dell’opera di prevenzione di tali fenomeni dal fronte delle carceri."

Cina: entro il 2005 ispezione dell’Onu contro le torture

 

Asia News, 23 agosto 2005

 

Manfred Nowak, inviato speciale delle Nazioni Unite per i casi di tortura, visiterà nel corso dell’anno la Cina. La visita è stata programmata dato l’alto numero di casi in cui persone innocenti sono state condannate dalle autorità cinesi – alla prigione ma anche alla pena di morte – grazie a confessioni estorte con la tortura. L’Onu ha fatto sapere che il suo inviato arriverà il 21 novembre e rimarrà nel Paese per circa 2 settimane.

Nowak farà tappa anche nel Xinjiang - regione abitata dall’etnia musulmana Uighur – ed a Lhasa, la capitale del Tibet. La maggior parte dei detenuti politici in Cina sono infatti uighuri o tibetani, accusati di fomentare la rivolta nella parte occidentale del Paese. L’ambasciata degli Stati Uniti in Cina ha fatto sapere che, oltre ad ospitare l’inviato Onu, il governo cinese ha accettato di fargli effettuare visite non annunciate alle prigioni ed ha garantito che non vi saranno rappresaglie contro coloro che vorranno parlare con lui.

Nel corso dello scorso anno Pechino ha condannato la pratica delle confessioni "forzate" ed ha chiesto all’autorità giudiziaria di riflettere bene prima di comminare la pena di morte. La Cina rimane comunque una delle nazioni più criticate al mondo per i suoi verdetti arbitrari. Nel 2004 sono state registrate 3.797 esecuzioni in 25 paesi, di cui 3.400 avvenute in Cina; il dato rappresenta l’89,5 % del totale. In occasione della scorsa Assemblea nazionale del popolo, Chen Zhonglin, uno dei delegati, ha detto che la Cina mette a morte "circa 10 mila persone" l’anno, ma la politica di Pechino impone di considerare "segreto di Stato" i dati ufficiali sull’argomento.

Uno dei casi che ha fatto più scalpore è avvenuto in aprile, quando un uomo con 11 anni di galera alle spalle - condannato all’ergastolo per l’omicidio della moglie – è stato liberato dopo il rientro nella regione della moglie, non solo viva ma con un altro marito. L’uomo ha dichiarato di essere stato torturato fino ad ammettere il crimine ed ha condannato la brutalità della polizia cinese. La Cina ha la più alta popolazione carceraria al mondo ed ha un sistema legale che il Dipartimento di Stato americano definisce "caratterizzato dai maltrattamenti contro i detenuti" oltre ad una "egregia" mancanza di giusti processi nei casi che prevedono la pena di morte.

Giustizia: i diritti dei detenuti, anche senza permesso di soggiorno

 

Cittadino Lex, 23 agosto 2005

 

(Cassazione 22161/2005). Anche i cittadini extracomunitari privi del permesso di soggiorno che si trovano in carcere hanno diritto ad usufruire delle misure alternative alla detenzione in quanto hanno pari dignità rispetto ai cittadini italiani. Questo il principio stabilito dalla Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione che ha annullato un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Bologna con la quale erano state negate le richieste di applicazione di misure alternative al carcere (affidamento in prova al servizio sociale, affidamento terapeutico, semilibertà e detenzione domiciliare) avanzate da un cittadino extracomunitario che era stato espulso con decreto del Prefetto, fatto che, ad avviso dei magistrati bolognesi, escludeva la possibilità di un suo reinserimento sociale. Di tutt’altro avviso è stata invece la Suprema Corte, che ha ricordato che il fine rieducativo della pena, sancito dalla nostra Costituzione, non consente di operare discriminazioni tra cittadini e stranieri, sia titolari del permesso di soggiorno sia clandestini, in ragione della tutela della dignità della persona, in quanto la risocializzazione non può essere ristretta all’interno di connotati nazionalistici.

Intercettazioni: An rimane perplessa su proposta di un ddl

 

Il Tempo, 23 agosto 2005

 

La Russa: "Sbagliata una soluzione che non tenga conto delle necessità delle indagini". Forza Italia cerca di tranquillizzare gli alleati: "Troveremo un punto di equilibrio". A mettere in fibrillazione la maggioranza ieri è stato il dibattito sul decreto legge sulle intercettazioni. Le posizioni interne alla Cdl sembrano infatti essere ancora distanti. Stavolta è stata An che ha invitato la maggioranza a procedere con i piedi di piombo. Il capogruppo alla Camera, Ignazio La Russa, è stato esplicito: "Quella delle intercettazioni è una materia sensibile ed è giusto che sia il Parlamento a decidere in modo autonomo. Quando il decreto arriverà alle Camere, dovrà essere discusso per migliorarne i contenuti. E noi ci faremo trovare pronti".

La Russa ha ribadito infatti le perplessità del suo partito: "È giusta l’esigenza di frenare gli abusi, posta da Berlusconi. Ma ci vuole prudenza. Una soluzione che non tenesse conto della necessità di fare andare avanti le indagini, non sarebbe una buona soluzione. Insomma, dobbiamo cercare un punto di equilibrio tra limitazione degli abusi e esigenze degli inquirenti". Sui tempi, La Russa ha fatto capire di non essere favorevole a accelerazioni: "Se si volesse approvare il decreto già nella prima riunione del consiglio dei ministri, io suggerirei prudenza. Ma in ogni caso - ha ribadito - sui contenuti del provvedimento sarebbe il Parlamento a doversi pronunciare". "La strada del decreto legge - gli ha fatto eco Adolfo Urso - è l’unica davvero praticabile per fermare da subito l’abuso delle intercettazioni, ma deve assolutamente essere aperta al contributo delle opposizioni. Su questo tema, che riguarda i diritti fondamentali dei cittadini, non ci possono essere posizioni preclusive della maggioranza ma una sana e piena logica bipartisan".

Ha gettato invece acqua sul fuoco Giuseppe Gargani di Forza Italia. Le perplessità emerse dentro An non preoccupano l’esponente azzurro: "Da Alleanza Nazionale - ha risposto Gargani - non mi risulta che ci sia una contrarietà. Il partito di Fini chiede di trovare un punto di equilibrio, ma è esattamente quello che stiamo facendo". E sulle due opzioni decreto o ddl, Gargani ha precisato: "Non si è mai parlato di decreto. Pensiamo a un ddl. Il vertice con Berlusconi è slittato alla settimana prossima, ma non c’è nessuna dietrologia da fare. Stiamo cercando di trovare la soluzione migliore, che salvaguardi le indagini ma metta anche fine alle distorsioni di cui abbiamo avuto un esempio nelle ultime settimane". Dalla sinistra si leva la voce di Massimo Brutti, responsabile della Giustizia dei Ds, secondo cui il confronto sulla riscrittura delle norme che regolano le intercettazioni si deve svolgere in Parlamento e sulla base delle proposte presentate da deputati o senatori. In questo campo, infatti, secondo Brutti, Camera e Senato non hanno bisogno del "soccorso" del presidente del Consiglio, ma sono perfettamente in grado di assolvere al proprio mandato legislativo. "Penso che la cosa migliore - ammette Brutti - sia quella di avviare il confronto parlamentare senza il ddl preannunciato dal governo. Rimaniamo contrari all’introduzione di norme che limitino il ricorso alle intercettazioni, per le indagini su reati a cui questo strumento viene attualmente applicato". Per cui, conclude l’esponente della Quercia, "riteniamo inaccettabile una legge che, in continuità con analoghi pessimi interventi legislativi di questi anni, si limitassero i poteri di indagine della magistratura per fatti di corruzione, e poi dichiarasse applicabili queste norme anche ai processi in corso".

Giustizia: Bondi; non limitare intercettazioni per reati più gravi

 

Adnkronos, 23 agosto 2005

 

"Tutti siamo consapevoli, compresa una parte dell’opposizione" che un provvedimento sulle intercettazioni telefoniche è "necessario". "Si aprirà un confronto politico, ma credo non si possa limitarle totalmente per i reati più gravi". Lo ha affermato a "Radio 24" il coordinatore di Forza Italia, Sandro Bondi, confermando l’ipotesi di un disegno di legge sulle intercettazioni.

Catanzaro: aperto concorso per fare il medico in carcere

 

Asca, 23 agosto 2005

 

L’Ordine dei Medici chirurghi ed Odontoiatri della Provincia di Catanzaro rende noto che la Casa Circondariale di Catanzaro ha comunicato che il termine per la presentazione delle domande per l’inserimento nelle graduatorie per il personale medico (generico e specialistico), operante presso il penitenziario, scade il 30 settembre 2005. I soggetti interessati possono rivolgersi alla Segreteria dell’Ordine dei Medici ed Odontoiatri della provincia di Catanzaro per ulteriori informazioni e modulistica. La sede dell’Ordine dei Medici è in Via Settembrini n° 8 e risponde al numero telefonico 0961.741107.

Giustizia: abusi contro l’ambiente saranno puniti come reati

 

Il Tempo, 23 agosto 2005

 

Gli abusi contro l’ambiente diventano reati ed entra nel codice una nuova associazione mafiosa, quella che commette "eco-crimini" come lo smaltimento illegale di rifiuti. La proposta di legge bipartisan, da settembre all’esame della commissione Giustizia della Camera, apre un nuovo capitolo nella legislazione ambientale. Punite finora per lo più con contravvenzioni (il che significa termini di prescrizione brevi), le violazioni ambientali diventano reati a tutti gli effetti punibili fino a 20 anni di carcere. Il provvedimento, firmato da oltre 100 deputati dei due poli e scelto come testo base in commissione Giustizia, introduce importanti novità.

Prima di tutto inserisce nel codice penale un Titolo nuovo (il VI bis) dedicato esclusivamente ai reati ambientali. E anche se non propone un’esatta definizione unitaria del reato, ne stabilisce le pene che vanno dai sei mesi ai 20 anni. Per la semplice violazione delle leggi che tutelano aria, acque, suolo, sottosuolo, patrimonio artistico, architettonico, archeologico o storico, la condanna può oscillare dai sei mesi ai tre anni di carcere. Nel caso in cui ci sia anche il pericolo di vita o incolumità delle persone si passa dai due ai cinque anni. Fino ad arrivare ai sei, se dal fatto deriva un danno per aria, acque, suolo e sottosuolo. Ma l’elenco continua e le condanne aumentano.

Se le violazioni si commettono in un’area protetta, si rischia il carcere dai tre ai sette anni. Se ne deriva una lesione personale, dai tre agli otto. Se la lesione è grave, invece, dai quattro ai dieci anni e se è gravissima dai sei ai 12. Se infine la violazione ambientale provoca la morte di qualcuno, la reclusione sarà dai 12 ai 20 anni. In più, si rende inapplicabile il bilanciamento tra attenuanti e aggravanti per evitare, come spiega la relatrice Anna Finocchiaro (Ds), che "delitti altamente lesivi per le persone e l’ecosistema" vengano puniti alla fine "con sanzioni del tutto irrisorie". Ma la novità più importante è che si codificano le eco-mafie e che si attribuisce alla procura antimafia il compito di indagare sul loro operato.

Si inserisce cioè nel codice penale la figura dell’associazione mafiosa che commette crimini contro l’ambiente e si affida all’Antimafia il compito di combatterla. E anche in questo caso le condanne sono pesanti. Per i "boss (cioè per chi promuove, costituisce, dirige o finanzia, l’organizzazione) la reclusione non è inferiore ai 15 anni. I "soldati semplici" invece rischiano fino ad otto anni. Ma le pene aumentano se fanno parte della "cosca" più di dieci persone o se vi partecipano pubblici ufficiali o eco-vigili. I responsabili dell’azienda che violano le leggi a tutela dell’ecosistema rischiano la galera fino a tre anni. Che arrivano a quattro se il danno è provocato in un’area protetta.

Giustizia: proprietà intellettuale, varato dispositivo penale europeo

 

Sesto Potere, 23 agosto 2005

 

La Commissione europea ha adottato nei giorni scorsi una proposta di direttiva e una proposta di decisione quadro per la lotta contro i reati in materia di proprietà intellettuale. Le misure proposte sono volte a promuovere un ravvicinamento effettivo delle legislazioni penali e a migliorare la cooperazione europea, al fine di lottare efficacemente contro gli atti di contraffazione e di pirateria, frequentemente commessi da organizzazioni criminali. La contraffazione e la pirateria, e i reati contro la proprietà intellettuale in generale, hanno registrato un incremento considerevole in questi ultimi anni e nuocciono gravemente a numerosi settori dell’economia europea. Il vicepresidente della Commissione europea Franco Frattini, responsabile per la giustizia, libertà e sicurezza, osservava che il nuovo dispositivo proposto dalla Commissione costituisce l’aspetto penale della lotta contro la contraffazione e la pirateria in Europa.

Il ravvicinamento effettivo del diritto penale degli Stati membri in questo settore, ha dichiarato, "costituisce una piattaforma minima per condurre insieme un’azione incisiva volta a eliminare tali attività che arrecano un grave pregiudizio all’economia". Attualmente le organizzazioni criminali investono in attività di questo genere che sono spesso più lucrative di altri traffici e ancora poco represse. I contraffattori e i pirati danneggiano le imprese legittime e costituiscono una minaccia per l’innovazione. Inoltre, in molti casi le contraffazioni sono pericolose per la salute e la sicurezza pubblica.

Il dispositivo proposto si dovrà applicare a tutti i tipi di reati contro i diritti di proprietà intellettuale. La proposta di direttiva considera illecito qualsiasi attacco deliberato al diritto di proprietà intellettuale commesso su scala commerciale, compresi il tentativo, la complicità e l’incitazione. La proposta di decisione quadro stabilisce il livello minimo delle sanzioni penali previste per gli autori di infrazioni: quattro anni di detenzione, in caso di infrazione commessa nell’ambito di un’organizzazione criminale o in allorché l’infrazione comporti un rischio per la salute o la sicurezza delle persone.

L’ammenda comminata andrà da 100.000 a 300.000 euro, in caso di collegamento con un’organizzazione criminale e in caso di rischio per la salute o la sicurezza delle persone. La proposta consente agli Stati membri di essere più severi rispetto ai livelli qui stabiliti. La Commissione spera che il segnale politico chiaro che si manifesta a favore di una forte determinazione nella lotta contro la pirateria e la contraffazione sarà accompagnato da uno sforzo di informazione concertato e continuo delle amministrazioni nazionali e regionali e delle altre parti interessate e condurrà, alla fine, a una maggiore consapevolezza dei partecipanti alla lotta contro la contraffazione e la pirateria, nonché della popolazione in generale.

Biblioteche e servizi per l’inclusione sociale di tutti i cittadini

 

Comunicato stampa, 23 agosto 2005

 

La commissione Ifla for disadvantaged Person, riunitasi a Oslo il 17 agosto 2005 durante il Congresso internazionale dei Bibliotecari, ha raccomandato a noi componenti di raccogliere e inviare i progetti realizzati in Italia a favore di categorie di utenti svantaggiati e di promozione alla lettura in luoghi insoliti, compresa la formazione di operatori e volontari.

L’invito è dettato dalla considerazione di Ms Joanne Locke Chair, e condivisa da tutti i membri, che il resto del Mondo non necessariamente è a conoscenza dei progetti che vengono realizzati. Lo si deduce dalle domande che quasi ogni giorno arrivano alla Commissione. C’è bisogno di scambiare il più possibile "knowledge", utilizzando per questo la stessa Commissione nata anche per favorire scambio di conoscenze e di informazione fra i delegati dei Paesi del mondo. Infatti le schede da me consegnate coi progetti italiani che avevo ricevuto prima di partire, sono state molto apprezzate. La scheda (breve) che trovate alla pag. http://dev.racine.ra.it/virtual/biblio/article.php?sid=1952&mode=thread&order=0, o da chiedere via mail, va compilata in inglese e inviata in posta elettronica entro il 29 agosto p.v. a Angela Barlotti - - Funzionario Servizio Biblioteche Provincia di Ravenna - Standing Committee Member of Ifla (International Federation of Libraries Association and institutions) Disadvantaged Section Sede di lavoro: Provincia di Ravenna Servizio Biblioteche Via Garatoni, 6 - 48100 Ravenna - t. +39.0544.258306 - abarlotti@mail.provincia.ra.it.

 

 

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