Rassegna stampa 29 settembre

 

Tossicodipendenti: no all’arresto, purché non spacciatori

 

Repubblica, 29 settembre 2004

 

Niente carcere per i tossicodipendenti, purché non siano spacciatori. Al massimo si possono multare, ma non è legittimo arrestarli perché la dipendenza dalla droga non è una "colpa grave". Lo sottolinea la Cassazione affermando che "il mero stato di tossicodipendenza, pur costituendo illecito amministrativo in caso di importazione, acquisto o detenzione illecita di sostanze stupefacenti per uso personale, non può da solo dare causa al provvedimento privativo della libertà personale".

Il caso che ha portato la Suprema Corte a stabilire questo principio, è quello di Antonio G., un tossicodipendente di Nocera Inferiore arrestato perché trovato in possesso di tre bustine di eroina mentre camminava in una zona "che era ritrovo abituale di spacciatori e drogati". L’uomo fu incarcerato e detenuto dal 20 dicembre 2001 al 31 maggio 2002, e in seguito venne assolto dall’accusa di essere uno spacciatore perché l’eroina era per uso personale.

Contro l’ingiusta carcerazione - dopo la totale assoluzione - Antonio (38 anni) ha fatto ricorso per ottenere l’indennizzo previsto a favore di chi viene privato della libertà senza validi motivi. Ma la Corte di Appello di Salerno ha negato il risarcimento sostenendo che il suo stato di tossico, unito alle frequentazioni e al ritrovamento di dosi di eroina addosso, aveva giustificato il suo arresto.

Contro questa decisione Antonio si è rivolto alla Cassazione protestando perché "lo stato di tossicodipendenza non può legittimare l’arresto, equiparandosi così il tossicodipendente allo spacciatore". E la Suprema Corte ha condiviso il suo punto di vista dicendo, appunto, che la condizione di tossicodipendenza è un "disvalore sociale" ma non è un comportamento che giustifichi l’arresto.

I giudici di Piazza Cavour fanno un esempio: quello del tossicodipendente che "venga trovato nella propria abitazione con una o due dosi di stupefacente". "È evidente - dice la Quarta sezione penale, sentenza 37664 - che sussistono i presupposti per ritenere l’illecito amministrativo, ma è da escludere che si possa ritenere una condotta gravemente colpevole che abbia causato l’applicazione di una misura cautelare quale la custodia in carcere o gli arresti domiciliari".

Tuttavia all’uomo, la Suprema Corte ha - a sua volta - negato il risarcimento per ingiusta detenzione in quanto la circostanza che lui fosse stato trovato con più bustine di eroina in una zona di spaccio (condotta "altamente imprudente", dice la Cassazione) poteva aver tratto in inganno il pm che dispose l’arresto. A chiare lettere, però, i supremi giudici sottolineano che "il mero stato di tossicodipendenza non può considerarsi una colpa grave" e non può essere "una causa di esclusione del diritto alla riparazione per l’ingiusta detenzione".

Nelle carceri del Lazio ci sono 1.000 reclusi in eccesso

 

Corriere della Sera, 29 settembre 2004

 

Carceri del Lazio sempre più stracolme: nei 14 istituti di pena vivono quasi 6 mila detenuti. Mille in più rispetto alla capienza prevista. I numeri della capitale confermano l’emergenza: a Regina Coeli ci sono 74 detenuti in eccesso, a Rebibbia nuova costruzione 413. Nel resto della regione, le carceri di Civitavecchia, Cassino e Frosinone vivono le situazioni più critiche. A lanciare l’allarme sovraffollamento è stato il Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria (Dap) che ha monitorato gli istituti di pena laziali fino al 30 giugno.

E all’allarme carceri il sindacato di polizia penitenziaria Cisl Fps risponde con un altro Sos: le condizioni di lavoro degli agenti di polizia sono insostenibili. Organici sottodimensionati, turni di lavoro massacranti, stress, contatto quotidiano con i reclusi sono le principali cause della situazione di disagio dei 3.400 agenti incaricati di sorvegliare i 5.756 detenuti laziali. Una situazione esplosiva che ha indotto il Consiglio regionale ad accogliere la richiesta di Salvatore Bonadonna, capogruppo di Rifondazione comunista, di dedicare la seduta di oggi alla situazione delle carceri nella regione.

Sassari: "Ministro, fuori i soldi per il nuovo carcere"

 

L’Unione Sarda, 29 settembre 2004

 

Approda finalmente sui banchi dell’assemblea dello Sciuti, la drammatica situazione del carcere di San Sebastiano: dopo circa tre mesi arriva, infatti, in discussione l’ordine del giorno presentato al Consiglio provinciale dal consigliere Antonello Unida, sulle tristi condizioni in cui versano i detenuti e il personale di vigilanza del penitenziario sassarese. Un ordine del giorno condiviso dalla stragrande maggioranza dell’assemblea provinciale, ma, stranamente, tenuto nel cassetto per troppo tempo, se si considera l’urgenza del problema, offerto alla discussione nel pomeriggio di ieri ed approvato con il voto di tutti i presenti. Da tutti i settori, quindi, la richiesta è stata unanime: il carcere di San Sebastiano è una vergogna civile e la città deve avere un nuovo penitenziario al di fuori delle sue mura.

Nell’illustrare l’ordine del giorno, il consigliere Unida ha ricordato le affermazioni della Commissione parlamentare che al termine della visita a San Sebastiano aveva sostenuto di essersi trovata all’interno del peggior carcere d’Italia. Ed è sull’onda di quelle considerazioni che, perciò, ha trovato spazio la proposizione di un ordine del giorno, che l’esponente di Progetto Sardegna ha voluto fosse espressione di tutto il consiglio, al quale ha chiesto con forza di battersi perché quella vergogna venga abbattuta.

Intervenendo nella discussione, il consigliere Elena Burrai ha riconosciuto che le condizioni del carcere sassarese a tutto possono servire meno che a portare al recupero del detenuto ed al suo reinserimento nella società civile, riattivando quel sentimento di autocoscienza cui la pena deve essere destinata. Il leader del gruppo misto, Stefano Pileri, ha proposto alla Giunta di organizzare una conferenza di servizio coinvolgendo tutti i Consigli provinciali della Sardegna, per realizzare un unico fronte che si batta per il rinnovamento delle carceri sarde.

La discussione è quindi proseguita sullo stesso tono, sia dalle posizioni della maggioranza che da quelle dell’opposizione, per giungere alla stessa conclusione: "Signor ministro fuori i soldi per un nuovo carcere: San Sebastiano deve essere abbattuto ed è perciò necessario che riappaiano quelle risorse da tempo promesse, messe in bilancio e poi scomparse".

L’importanza dell’attività trattamentale

di Maria Grazia Giampiccolo (Direttore della Casa Circondariale di Volterra)

 

Giustizia.it, 29 settembre 2004

 

L’Amministrazione Penitenziaria vive l’attività trattamentale come un terreno di sperimentazione in costante movimento verso il pieno raggiungimento dell’obiettivo costituzionale della "rieducazione del condannato" sancito dall’art. 27 della nostra Carta. Un aggiornamento e un adeguamento necessario sui tanti fronti professionalizzanti dell’attività trattamentale che vede in prima linea i direttori degli istituti e i magistrati di sorveglianza, impegnati nel ricercare soluzioni e risposte sempre più efficaci e utili a contemperare il seppur necessario quadro normativo alle esigenze e modalità imposte dal mercato del lavoro e alle aspettative dei detenuti. Ciò anche sul fronte del lavoro nel mondo dello spettacolo, come ci racconta, in questo editoriale, Maria Grazia Giampiccolo, direttore del carcere di Volterra.

Venerdì 10 settembre la Compagnia della Fortezza, nell’ambito del Festival teatrale Settembre al Borgo, ha portato in scena, al Teatro della Torre di Caserta Vecchia, lo spettacolo "I Pescecani, ovvero quel che resta di Bertold Brecht". L’aspetto più significativo di tale evento risiede nella considerazione che, per la prima volta, i detenuti attori della Compagnia della Fortezza stanno partecipando ad una tournee, che durante il prossimo anno toccherà alcuni fra i più prestigiosi teatri italiani, previa ammissione degli stessi al lavoro all’esterno, ex articolo 21 dell’Ordinamento Penitenziario.

La possibilità di partecipare ad una tournee esterna, utilizzando lo strumento di cui all’art. 21 O.P., è stata prevista e sviluppata in un apposito progetto, elaborato dall’Equipe per l’osservazione ed il trattamento della Casa di Reclusione di Volterra e da Carte Blanche, l’associazione culturale, che, da oltre dieci anni, organizza i corsi di formazione teatrale all’interno del carcere. L’elaborazione di tale progetto ha visto l’avvio l’estate del 2003, quando, in considerazione del livello di professionalità raggiunto dai detenuti attori e degli straordinari riconoscimenti di pubblico e di critica ottenuti dalla Compagnia della Fortezza, si è ritenuto di avviare un percorso volto all’ampliamento delle rappresentazioni della Compagnia, sino a quel momento concentrate durante la settimana del Festival Volterra Teatro, e di ragionare in termini di future partecipazioni a tournee esterne, al fine di consentire ai detenuti attori di confrontarsi con un pubblico sempre più vasto e di pervenire ad una più concreta possibilità di inserimento lavorativo in campo teatrale.

Conseguentemente, la primavera scorsa, la Compagnia della Fortezza ha portato in scena i Pescecani nei teatri di Genova, Reggio Emilia, Napoli e Mantova. Tale prima sperimentazione esterna si è realizzata, previa autorizzazione, da parte del Magistrato di Sorveglianza, dei detenuti attori a recarsi in tournee in permesso premio, ex art. 30 ter O.P.. Lo strumento del permesso, però, per quanto rivelatore dell’impegno e del coinvolgimento che i detenuti attori rivolgono all’attività teatrale, di fatto, determina un’inevitabile contrazione del tempo che gli stessi possono dedicare agli interessi personali e familiari, posto che gli impegni esterni della Compagnia della Fortezza, sin dall’inizio, erano destinati ad avere carattere di stabilità e continuità.

Pertanto, alla luce di tali considerazioni, nonché in relazione all’importanza dell’operazione culturale portata avanti dalla Compagnia della Fortezza e al livello di professionalità raggiunto dai detenuti attori, si è ritenuto che fosse arrivato il momento di elaborare un’ipotesi di applicazione del lavoro all’esterno, ex art.21 O.P., nell’ambito dell’attività teatrale. Si è lavorato, quindi, alla stesura di due distinti progetti formativi, "Visione dai teatri: nuovi percorsi professionali dal laboratorio alla messa in scena" e "Verso Pasolini, il teatro e la letteratura italiana contemporanea", che, il primo per l’anno in corso ed il secondo per il 2005, prevedono, durante e a conclusione del corso di formazione teatrale, l’effettuazione di alcuni stages esterni, volti alla verifica del lavoro svolto all’interno del laboratorio teatrale ed al confronto diretto con il pubblico.

A tali stages esterni partecipano, così come concordato con il Magistrato di Sorveglianza, unicamente quei detenuti, che, anche indipendentemente dall’attività teatrale, hanno già avviato, a livello individuale, specifici percorsi di reinserimento esterno, tramite la regolare fruizione di permessi premio, ex art. 30 ter O.P.. A ciò consegue che gli stages da effettuarsi con lo strumento di cui all’art.21 O.P. si inseriscono all’interno dei percorsi di reinserimento sociale, portati avanti dai detenuti attori, in base alle scelte trattamentali cui gli stessi hanno consapevolmente aderito nel corso dell’esperienza detentiva. I detenuti attori, così individuati, sono stati iscritti alle apposite liste di collocamento speciale dello spettacolo e, in occasione di ogni singolo stage, vengono ingaggiati, assicurati e retribuiti dall’associazione culturale Carte Blanche.

Si è voluto, pertanto, realizzare un progetto che valorizzasse la professionalità raggiunta dai detenuti attori nell’ambito di un’esperienza teatrale, che, negli anni, ha raggiunto un elevatissimo livello artistico ed un crescente interesse da parte del pubblico, della critica e degli organi di stampa italiani e stranieri. Con tale progetto, infatti, si è formalmente e concretamente riconosciuta all’attività teatrale la dignità di attività lavorativa, così come previsto dal Protocollo d’Intesa siglato, l’estate del 2000, dal Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, dal Presidente della Regione Toscana, dal Presidente della Provincia di Pisa, dal Sindaco del Comune di Volterra e dal Direttore Generale dell’Ente Teatrale Italiano e si è definitivamente trasformata la Compagnia della Fortezza in una compagnia professionale, che porterà in scena gli spettacoli nei teatri nazionali, avvalendosi di attori detenuti e di attori, che, avendo terminato l’espiazione della condanna, sono tornati ad essere uomini liberi.

Civitavecchia: il carcere è ormai vicino al collasso

 

Civionline, 29 settembre 2004

 

Sovraffollamento, condizioni igieniche e sanitarie precarie, così come gli organici degli agenti di custodia. Sono i problemi più gravi che affliggono la popolazione carceraria del Lazio, oggi all’attenzione del consiglio regionale. Civitavecchia, come hanno raccontato anche le cronache dei giorni scorsi, non fa eccezione.

Secondo le stime del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria, al 30 giugno i detenuti nei 14 istituti di detenzione laziali erano 5.756, 1.083 in più rispetto alla capienza regolamentare prevista di 4.673 unità. I detenuti potrebbero essere considerati come un piccolo comune della regione e proprio come gli abitanti di un paese hanno fra i loro problemi sanità e lavoro, aggravati dal fatto di vivere in una condizione, più o meno temporanea, di limitazione della libertà personale. Per il garante regionale dei detenuti, Angiolo Marroni, nelle carceri a Roma la situazione è migliore che nel resto della regione.

Nella capitale c’é un modello che funziona: la sezione reclusione di Rebibbia. "I detenuti - ha detto - hanno più libertà per iniziative culturali e sociali e il volontariato entra facilmente". Situazione diversa nel resto del Lazio, nonostante le nuove strutture.

"A Viterbo, Civitavecchia e Frosinone - ha spiegato Marroni - i nuovi istituti sono stati costruiti fuori di centri abitati, sono ispirati alla massima sicurezza e poco favorevoli all’umanità. A questo si aggiunge il fatto che in provincia c’è meno volontariato e meno presenza di società". Secondo l’assessore regionale agli affari istituzionali Donato Robilotta bisogna distinguere fra le competenze della Regione e quelle di altre istituzioni.

"Per la sanità - ha detto - abbiamo fatto il massimo. Nell’ospedale Pertini abbiamo realizzato una palazzina per i detenuti, abbiamo promosso una convenzione fra Asl e carceri per la salute e la cura dell’Aids. In finanziaria ci sono 400 mila euro per corsi di formazione per favorire l’inserimento dei detenuti nel mercato del lavoro. E per gli agenti stiamo avviando accordi sperimentali con le Asl per fornire loro assistenza socio-sanitaria".

Secondo il Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria (Dap) del ministero della Giustizia al 30 giugno scorso i detenuti nel Lazio erano 5.756, 413 le donne e 5.343 gli uomini. Nelle 14 carceri laziali la capienza regolamentare era di 4.673 posti. 10 istituti su 14 sono sovraffollati: al supercarcere di Aurelia i posti disponibili erano 340, con 562 detenuti. Una situazione simile a quella di Mammagialla, a Viterbo con 641 persone su 423 previste.

Il problema non esiste invece nell’altro carcere di Civitavecchia, a via Tarquinia, riservato a coloro che hanno già ricevuto una condanna, dove i detenuti a giugno erano 51, rispetto ad una capienza doppia (105 i posti previsti).

Gli agenti della Polizia penitenziaria manifesteranno, con un presidio, a piazzale degli Eroi, il prossimo 4 ottobre. Ieri è stato proclamato lo stato di agitazione a Borgata Aurelia, al termine dell’assemblea del personale. Lo ha annunciato il coordinatore regionale della Cgil Funzione Pubblica, Diego Nunzi.

Carenza di personale e sovraffollamento della struttura penitenziaria sono all’origine della protesta, dopo che già in estate gli agenti erano entrati in agitazione. Le due recenti aggressioni ai danni di due uomini della Penitenziaria hanno costituito la classica goccia che ha fatto traboccare un vaso evidentemente già colmo. Il primo ottobre una manifestazione a livello regionale è invece prevista al Dap.

Roma: evade dall'ospedale e poi muore per overdose

 

Corriere della Sera, 29 settembre 2004

 

Mercoledì scorso era evaso dall’ospedale Forlanini, dove si trovava ricoverato e piantonato dalla polizia penitenziaria. Ieri mattina l’hanno trovato morto in un giardino pubblico di San Lorenzo. Il corpo di Marcello Cavallini, 42 anni, tossicodipendente, è stato notato da alcuni passanti che hanno poi avvisato i carabinieri. Accanto al cadavere c’era una siringa sporca di sangue. Cavallini era scappato dal Forlanini dopo aver dato una spinta all’agente che doveva sorvegliarlo mentre era in bagno. Il detenuto era stato ricoverato per accertamenti perché da qualche tempo perdeva sangue dal naso. Cavallini si trovava a Regina Coeli dall’ottobre del 2003 per scontare una condanna per rapina fino all’aprile del 2006.

Droghe: Mantovano, "in comunità senza passare da Ser.T."

 

Vita, 29 settembre 2004

 

Con la nuova legge varata dal governo contro la tossicodipendenza "ci saranno meno persone in carcere": lo ha detto oggi pomeriggio, parlando alla comunità Incontro di Amelia, il sottosegretario all’ interno Alfredo Mantovano (An), che ha coordinato la redazione del nuovo testo antidroga. Secondo Mantovano "oggi c’ e’ un enorme lassismo nel momento del contatto con la droga ed un inutile rigorismo quando il tossicodipendente sta per completare il suo percorso di recupero.

Tutto questo si deve allo sciagurato referendum del ‘93 che - ha spiegato Mantovano - ha reso fin troppo agevole detenere delle quantità di droga motivandole con l’ uso personale". Mantovano ha definito "stupefacenti" alcune sentenze della Cassazione secondo cui si può cedere droga "a scopo ludico, e cioè - ha spiegato Mantovano - praticamente per i droga-party del sabato sera". "A fronte di tutto questo - ha ribadito Mantovano - le persone recuperate in comunità sono spesso costrette ad andare in carcere per cumulo di pena".

Per ovviare a questo "paradosso", "la nuova legge - ha ricordato Mantovano - alza da quattro a sei anni il limite degli anni di reclusione per i tossicodipendenti, prevedendo che la pena non venga eseguita se si completa il percorso di recupero. Inoltre la legge prevede che siano le stesse comunità a proporre percorsi di recupero, senza passare per i Ser.T.".

Pisa: un concerto di Paola Turci per i detenuti del Don Bosco

 

Ansa, 29 settembre 2004

 

Paola Turci stasera suona per i detenuti del carcere di Pisa, dove è detenuto Adriano Sofri, l’ex leader di Lotta Continua al quale la cantante ha dedicato il brano "Il Gigante" (dall’album "Stato di calma apparente"). Un concerto particolare, per sola voce e chitarra.

"Mi è sempre piaciuto suonare nelle carceri - spiega Paola Turci - già due mesi fa ero stata ospite di Adriano nella struttura e avevo cantato due canzoni, Il Gigante e Bambini. Il tutto su richiesta di un detenuto, che mi aveva prestato la sua chitarra chiedendomi di accordargliela".

"La vicenda di Sofri - spiega Paola - mi fa ancora soffrire molto: è ingiustamente detenuto (condannato per l’omicidio del commissario calabresi, ndr), un uomo che mi ispira una grandissima dignità". La Turci sta concludendo in questi giorni la sua tournée estiva: sabato 2 ottobre sarà in concerto a Luras, in provincia di Sassari.

Verona: basta turismo in carcere... fatti, non promesse!

 

L’Arena, 29 settembre 2004

 

Sabato una delegazione di senatori della commissione giustizia del Senato sarà in visita al carcere di Montorio. Ma c’è il rischio che anche questa volta i politici arrivino nella casa circondariale, incontrino il direttore, guardino qualche detenuto dal corridoio alla cella e se ne vadano, facendo promesse che poi non vengono mantenute.

È questo il pericolo e a sottolinearlo sono gli stessi detenuti che in una lettera dicono: "Di recente la quinta commissione consiliare si è riunita per parlare dei nostri problemi, lo abbiamo appreso da L’Arena. Adesso vorremmo poter dire qualcosa anche noi. È vero che i finanziamenti sono stati ridotti, ma ci domandiamo perché siano stati spesi 60 mila euro per le cucce dei cani antidroga che lavorano in carcere anziché utilizzare quel denaro per sistemarci le docce, che in più occasione abbiamo denunciato essere sporche, fatiscenti e marcite, ricettacolo di batteri e funghi, tramite di infezioni".

Continua la lettera: "Avevamo denunciato il problema tubercolosi. Risolto, dice la responsabile sanitaria Gabriela Trenchi. Ma dimentica di dire che il detenuto malato è stato messo in cella con due fumatori accaniti. Il detenuto è passato dall’ospedale con due buchi nei polmoni, alla fumeria. Da tempo chiediamo che i fumatori vengano messi in cella con chi fuma. Invece spesso le aggregazioni sono miste, con ovvii problemi. Prova ne sia che il ragazzo che ha Tbc da una settimana è in ospedale di nuovo".

I detenuti evidenziano anche la difficoltà di essere inseriti nel lavoro, perché è difficile ottenere i colloqui con i datori di lavoro: "Anche quando alla fine si riuscirebbe a ottenere un lavoro", dicono i detenuti, "non viene concesso il beneficio ex articolo 21. A Padova ci sono tantissimi reclusi che ce l’hanno, qui invece neanche uno e se invece venisse concesso si eviterebbe il sovraffollamento. E questo dipende dal direttore, dall’equipe. Ma se i politici si ostinano a non voler parlare con i detenuti e a fare i soliti "giri turistici" all’interno del carcere i problemi non verranno risolti. Basterebbe invitare una rappresentanza di loro, quattro o cinque su 675, che possono spiegare la situazione reale".

I detenuti lamentano anche che per avere medicinali è necessario pagarseli se si è non tossicodipendenti: "Paradossalmente stanno meglio i drogati", concludono, "che vengono riforniti gratis di ogni medicina, mentre gli altri se li debbono acquistare con una trafila burocratica snervante".

Verona: in arrivo più spazi e più libri per le biblioteche

 

L’Arena, 29 settembre 2004

 

Le due biblioteche del carcere di Montorio entrano a far parte del sistema bibliotecario comunale. Saranno quindi potenziate, con l’acquisto mirato di nuovi libri, per diventare luoghi privilegiati di promozione della lettura fra detenute e detenuti. Il progetto della lettura in carcere nasce dalla collaborazione - formalizzata con la firma un protocollo d’intesa - tra l’amministrazione comunale, la direzione della Casa Circondariale di Montorio e il Centro territoriale permanente per l’istruzione e la formazione in età adulta.

L’iniziativa è stata presentata in Comune dall’assessore comunale all’Istruzione Maria Luisa Albrigi, dal responsabile del Sistema bibliotecario urbano Alberto Raise, dal comandante della polizia penitenziaria del carcere di Montorio Angelo Auletta, dalla dirigente scolastica Luciana Marconcini e dai consiglieri comunali Mauro Peroni (Sinistra Europea) e Riccardo Milano (Lista Zanotto).

"Questa iniziativa nasce da una lettera di un giovane carcerato che esponeva il bisogno di un servizio di lettura all’interno del carcere", ha detto l’assessore Albrigi. "Il Protocollo d’intesa stabilito tra le tre realtà coinvolte da cui prendono vita le biblioteche ha l’obiettivo di realizzare l’integrazione dei detenuti nel tessuto sociale e culturale, dando loro nuova speranza e dignità, anche attraverso la tutela delle diversità linguistiche e culturali di ognuno".

Il comandante Auletta ha fatto notare come "questo progetto, che va ad aggiungersi ai corsi scolastici e ad altre iniziative di carattere culturale già avviate nella casa circondariale di Montorio, ci vede molto disponibili perché va a facilitare sia le relazioni tra etnie diverse dei detenuti presenti in carcere sia la sicurezza, creando maggiore serenità all’interno del carcere e più coesione tra la realtà interna e il mondo esterno".

Le due biblioteche collocate, una nel braccio femminile e l’altra in quello maschile, vanno così ad aggiungersi alle 12 già inserite all’interno Sistema bibliotecario urbano che provvederà alla costituire un catalogo corrispondente ai particolari utenti, i detenuti: nel carcere di Montorio sono circa 750 (il triplo rispetto a quelli che la struttura potrebbe sopportare), il 70 per cento dei quali extracomunitari.

In base al protocollo d’intesa, la direzione della Casa circondariale si impegna fra l’altro a garantire spazi idonei per l’allestimento della biblioteca e attrezzature per la distribuzione dei libri, oltre che a individuare, per ciascuna sezione del carcere, il personale idoneo alla funzione di bibliotecario interno, che svolgerà corsi di formazione professionale e potrà interagire con i bibliotecari autorizzati dal Comune.

L’amministrazione comunale provvederà invece, fra l’altro, a fornire nuovi libri (anche nelle varie lingue straniere), a gestire la catalogazione dei libri e a formare i bibliotecari detenuti. Il Centro territoriale permanente per l’istruzione e la formazione in età adulta (che già svolge l’istruzione elementare e media all’interno del carcere, dove pure c’è una classe dell’Istituto alberghiero Angelo Berti) infine, organizzerà l’attività didattica e altre iniziative culturali e attività culturali come laboratori, incontri con l’autore, corsi, anche con la promozione di concorsi interni.

Il consigliere Peroni, che opera nella commissione sul Sociale, ricorda infine che, oltre a sostenere, di concerto con varie associazioni che svolgono volontariato in carcere, attività culturali e professionali, l’amministrazione intende promuovere anche l’accoglienza verso le persone carcerate. Un’idea che potrebbe concretizzarsi in un Centro d’ascolto per le famiglie dei detenuti.

Trento: Senatori in visita al penitenziario di via Pilati

 

L’Adige, 29 settembre 2004

 

Domani una delegazione di senatori della Commissione Giustizia, sarà in Trentino Alto Adige per svolgere un sopralluogo negli istituti di pena e nelle strutture dedicate ai trattamenti alternativi presenti nelle regioni.

L’obiettivo è quello di acquisire, da parte degli organi periferici dell’amministrazione penitenziaria, degli enti locali, del mondo imprenditoriale e del volontariato, elementi utili sulle condizioni di permanenza e di trattamento dei detenuti negli istituti ma anche sulle condizioni di lavoro e di radicamento nel territorio degli operatori penitenziari.

La delegazione è composta dal presidente della Commissione Antonino Caruso e dai senatori Luciano Callegaro, Mauro Betta e Milos Budin. Il programma prevede alle 16 la visita al carcere di Trento.

Chieti: il carcere, una realtà tutta da scoprire

 

Il Messaggero, 29 settembre 2004

 

Una cittadella autonoma che vive del riflesso della comunità che la ospita, la casa circondariale di Madonna del Freddo, istituita nel 1967, rappresenta un esempio di riscatto sociale come molti edifici del suo genere in Italia. Con una capienza di 126 unità, attualmente il carcere ospita 102 detenuti in attesa di giudizio o che devono scontare una pena non superiore ai cinque anni, più il personale impiegato per il funzionamento della struttura.

In una città tranquilla come Chieti, ci chiediamo quale possa essere il reato più diffuso tra gli ospiti del carcere: "Le persone che si trovano qui - ci ha risposto il direttore Francesco Coscione - hanno commesso per lo più furti, oppure sono stati accusati di sfruttamento della prostituzione o spaccio di droga; raramente abbiamo casi più gravi, come l’omicidio, mentre molti sono i tossicodipendenti e gli alcolisti.

L’età media di queste persone si aggira intorno ai 30 anni ed anche meno, mentre le provenienze sono varie: vengono dalla Campania, Puglia e Lazio, oltre naturalmente agli abruzzesi che però non sono molti". Pur nella sua autonomia, il carcere si avvale però della collaborazione con la Asl di Chieti per le consulenze specialistiche e le emergenze notturne, quando il medico del Sias abbia terminato il turno all’interno dell’edificio.

"Tengo a sottolineare che il servizio offerto dalla Asl è eccellente - rimarca Coscione - sia per l’organizzazione che per la qualità, ed il detenuto, in quanto cittadino, ha diritto ai trattamenti previsti dal sistema sanitario nazionale". La principale vocazione dell’istituto è quella trattamentale. Cosa significa? "Che teniamo in grandissima considerazione la parte pedagogica e riabilitativa a livello di reinserimento sociale dei detenuti, con l’organizzazione di laboratori e corsi per il conseguimento dei titoli di istruzione inferiore e superiore, oltre ai corsi di formazione professionale che organizziamo ogni anno in collaborazione con gli enti".

Uno di questi, tenutosi presso la Scuola Edile, ha rilasciato a giugno cinque qualifiche professionali, ma c’è anche chi si specializza come manutentore idraulico, informatico o acconciatore. I detenuti svolgono delle attività anche all’interno del carcere: c’è chi si occupa della cucina, chi della lavanderia, e chi della pulizia della struttura.

Nessuno resta con le mani in mano, e anzi in tanti accedono anche alla biblioteca del carcere, dotata di 6000 volumi, mentre i più ispirati prendono parte anche ai corsi di teatro e recitazione che il più delle volte danno vita a dei veri e propri spettacoli aperti al pubblico esterno. "L’aspetto sociale è fondamentale per loro - ci spiega il dottor Concione - perché queste persone, che nella vita hanno sbagliato non sempre per cattiveria, ma perché, fin da piccoli, non hanno avuto la possibilità di realizzarsi come cittadini, hanno diritto ad un riscatto sociale, che è offerto loro anche da queste attività collaterali.

In modo che, quando avranno terminato la pena, possano rientrare nella società con delle qualifiche da spendere, e non essere rigettati nel mondo della criminalità, anche se i pregiudizi per questo tipo di lavoratori sono ancora troppi e occorre molta collaborazione da parte di tutti per abbatterli". Proprio per favorire la realizzazione di laboratori di questo genere, il carcere si è dotato di un teatro da 150 posti con palco, camerini, luci e maxischermo per la proiezione di film. Anche lo sport ha i suoi spazi nel campo polivalente esterno, che diventa per l’occasione terreno di gioco per calcetto, basket o pallavolo.

Aurelia: il personale del carcere scende in piazza

 

Il Messaggero, 29 settembre 2004

 

Il più sovraffollato del Lazio (222 detenuti in più rispetto alla capienza prevista) e con la maggiore carenza di personale (100 agenti di custodia in meno di quelli contemplati dalla pianta organica). Due record di cui il carcere di Aurelia farebbe volentieri a meno. Il numero dei reclusi del penitenziario cittadino è stato diffuso ufficialmente dal Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria del Ministero; quello del personale viene invece messo in risalto dai sindacati di categoria, ma era comunque stato confermato nei giorni scorsi dal direttore della struttura, Giuseppe Tressanti.

Un ambiente di lavoro esasperante, insomma, che ha indotto gli agenti di sorveglianza ad iniziative di protesta spontanee. L’altra sera, infatti, alcuni di loro hanno deciso di rifiutare il cibo della mensa. Ieri a pranzo ci sarebbe dovuto essere il bis, ma è stata indetta un’assemblea molto partecipata alla quale hanno preso parte anche i rappresentanti sindacali di categoria per mettere a punto azioni meno improvvisate e più incisive. La prima è stata programmata per lunedì 4 ottobre, quando i lavoratori del carcere di Aurelia effettueranno un presidio di due ore (dalle 16,30 alle 18,30) a piazzale degli Eroi.

"Ma è solo la prima di una serie di iniziative - afferma Diego Nunzi della Cgil Funzione pubblica - perché gli addetti sono davvero stanchi ed esasperati. C’è grande malcontento nei confronti dell’amministrazione (centrale, ma anche locale sembra di capire, ndr) per la superficialità con la quale affronta l’emergenza del penitenziario civitavecchiese. E finché non arriveranno i rinforzi richiesti, le manifestazioni di protesta non si fermeranno".

Negli ultimi tempi il malumore degli agenti di custodia è aumentato in seguito alle aggressioni subìte da due di loro da parte dello stesso detenuto. Episodi che hanno ulteriormente messo in risalto la pericolosità del penitenziario di Aurelia per la stessa incolumità fisica dei lavoratori.

Parma: gli agenti sono pochi e la mensa è pessima

 

Gazzetta di Parma, 29 settembre 2004

 

Dalla mensa che non funziona al personale che è insufficiente. La segreteria regionale dell’Osapp ( Organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria) ribadisce alcuni problemi di via Burla, messi in luce dall’inchiesta pubblicata sulla Gazzetta il 26 settembre. In risposta al direttore Silvio Di Gregorio (il quale aveva ribadito che i 500 agenti penitenziari sono troppo pochi), il segretario regionale Alessandro Tamburello precisa che "il personale di Polizia penitenziaria è di circa 290 unità" e che a maggior ragione "opera tutti i giorni con gran sacrificio, senso di responsabilità e di attaccamento al dovere e allo Stato"

L’Osapp sottolinea poi che "i poliziotti penitenziari dovrebbero fare un turno di sei ore, invece di quello attuale di otto ore" e che "non viene rispettata la programmazione e l’affissione dei servizi per 30 giorni, affinchè il personale possa organizzare la propria vita privata". Infine il personale chiede un maggiore interessamento dell’Amministrazione penitenziaria"in merito ormai al noto e dolente problema della mensa". "Non si può pi ù attendere - scrive l’Osapp - chi da anni promette e non mantiene le promesse fatte".

In parole povere la ditta è stata multata dall’Ausl di Parma per la poca igiene presente nei locali - spiega il segretario regionale Tamburello - , quindi ci chiediamo ancora una volta come mai non è stato preso nessun provvedimento da parte del funzionario dell’Amministrazione penitenziaria di Parma. Anche perché non viene rispettato il menù , la pasta è scotta, la carne spesso dura e piena di nervature e lo spezzatino ha un colore del tutto strano". A questo si aggiunge che "i salumi vengono esposti in una vetrina non a norma, tanto alterando così dopo poche ore la conservazione consentita dalle norme di alimentazione, infine la frutta pur essendo troppo matura viene esposta nel banco". L’Osapp denuncia "un netto abbandono da parte dell’Amministrazione penitenziaria locale, regionale e nazionale: il nostro impegno, di questa lunga battaglia, ha un importante fine quello di sensibilizzare i funzionari affinché siano assicurati alle donne e agli uomini della Polizia penitenziaria i degni diritti e la tutela della salute".

Brescia: il Progetto Carcere, dal volley al calcio

 

Giornale di Brescia, 29 settembre 2004

 

Il "Progetto-Carcere" dell’Uisp presso la sezione di reclusione di Verziano ha visto sabato scorso (con un meritato rinfresco) la conclusione del ventitreesimo torneo di volley tra le detenute ed atlete esterne. Ora per la Sezione Femminile l’attività si sposta in palestra, con il via dei corsi settimanali di ginnastica, volley e biodanza. Sempre a Verziano sabato prossimo prenderà il via l’attesissimo campionato di calcio a 7 giocatori, con dodici formazioni iscritte: due le formazioni composte da detenuti, una dagli agenti di polizia penitenziaria mentre nove saranno quelle esterne. Il programma inaugurale prevede alle ore 14 la sfida tra la detentrice del trofeo, l’Over 35 Ghedi, e la squadra dei Detenuti A. Alle ore 15 invece la squadra I Bonvicino Brescia affronterà gli Agenti di Polizia penitenziaria. L’impegnativa manifestazione sportiva si svilupperà il sabato pomeriggio da ottobre a giugno 2005, quando verrà proclamata la formazione vincitrice del torneo. Il "Progetto-Carcere" dell’Uisp, sostenuto dalla Direzione carceraria, dalla Provincia di Brescia e dalla Regione Lombardia, in questo mese riproporrà anche il calcetto nella Sezione Sud del carcere cittadino di Canton Mombello: una manifestazione giunta alla sua ventiduesima edizione e che vedrà le sfide incrociate tra le formazioni di detenuti e le squadre esterne. Tante quindi le manifestazioni sportive nelle quali sono coinvolti non solo i detenuti ma anche gli esterni. A fianco a tutto ciò c’è anche il laboratorio teatrale, che dà la possibilità ai detenuti di potersi esibire su un palco.

Stati Uniti: disegno di legge contro scambi di musica online

 

Reuters, 29 settembre 2004

 

Brutte notizie per gli utenti di Internet che si cambiano file musicali e video "peer to peer": non solo dovranno far fronte alle cause da parte dell’industria musicale, ma potrebbero rischiare fino a tre anni in prigione secondo un disegno legge passato ieri alla Camera Usa.

La Camera ha votato per offrire al governo una nuova arma nella lotta dell’industria dell’intrattenimento contro chi copia prodotti su Internet. Gli agenti federali saranno impegnati nell’educare il pubblico sulle regole del copyright e perseguiranno coloro che consentono ad altri di copiare la loro musica attraverso le reti "peer to peer" come Kazaa e Morpheus.

Anche coloro che registrano illegalmente film durante le proiezioni nei cinema rischiano la detenzione in carcere fino a tre anni, secondo il testo di legge, che è stata approvata a scrutinio palese. "L’Internet ha rivoluzionato il modo in cui gli Americani trovano le informazioni, comprano e comunicano", ha detto il deputato repubblicano del Texas Lamar Smith, uno dei firmatari della legge. "Non dobbiamo lasciare che le nuova tecnologie diventino un rifugio per criminali". Il Senato ha approvato un progetto di legge simile a giugno, ma le differenze dovranno essere eliminate prima che il presidente Usa George W. Bush lo trasformi in legge.

La Motion Picture Association of America ha applaudito il passaggio del progetto di legge, mentre le associazioni dei consumatori, i gruppi conservatori e le librerie sostengono che amplierà in modo radicale la legge sul copyright e trascinerà il governo in una battaglia che dovrebbe essere condotta dall’industria dell’intrattenimento.

 

 

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