Rassegna stampa 30 novembre

 

Trecento città unite per dire "no" alla pena di morte

 

Redattore Sociale, 30 novembre 2004

 

"No alla pena di morte": è il senso della manifestazione-veglia che si svolgerà questa sera, alle ore 19, sotto il Colosseo. L’iniziativa "No justice without life" (Non c’è giustizia senza vita) - promossa dal Campidoglio e dalla Comunità di Sant’Egidio nella Giornata internazionale contro la pena di morte, giunta alla III edizione - unirà Roma a 300 città del mondo, grazie a un collegamento satellitare; ogni città illuminerà un suo monumento significativo (a Roma è stato scelto da alcuni anni il Colosseo), "per esprimere il proprio sì alla vita, perché il buio di tante carceri si illumini di speranza", auspicano gli organizzatori.

Il volantino della manifestazione sottolinea il legame tra pena di morte e guerra: "La pratica dell’uccisione legalizzata abbassa la percezione del valore della vita e, simmetricamente, la guerra favorisce l’uso della pena di morte, psicologicamente e con la concreta introduzione di leggi speciali. Infine, carta geopolitica alla mano, la pena di morte è spesso abbinata alla tortura.

Si può ragionevolmente sperare che il terzo millennio ne segni la scomparsa", affermano i promotori dell’evento. La data è stata scelta perché è l’anniversario della prima abolizione della pena capitale da parte di uno Stato, il Granducato di Toscana, il 30 novembre 1786: il Granduca Leopoldo abolì con una legge illuminata tortura e pena capitale.

Saranno presenti - oltre al sindaco della città, Walter Veltroni, e a Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio - Lance Lindsey, Death Penalty Focus (Usa); Juan Melendez, ex condannato a morte (Porto Rico); Bud Welsh, padre di una vittima a Oklahoma City (Usa); Vera Chirwa, Commissario per i Diritti Umani (Malawi); Nick Yarris, 23 anni nel braccio della morte - innocente (Usa); Tamara Chikunova, Associazione Madri Contro la Pena di Morte e la Tortura (Uzbekistan). Il famoso attore Gigi Proietti leggerà alcuni testi sul problema; inoltre saranno presenti le associazioni internazionali impegnate contro la pena di morte.

"Le condanne a morte, specialmente in Europa, sono diventate fortunatamente un triste ricordo del passato: negli ultimi 30 anni, la maggior parte dei paesi del mondo hanno iniziato ad abolirle o a non eseguirle – riferisce la Comunità di Sant’Egidio, impegnata da anni contro la pena capitale -. La pena di morte è la spia della barbarie presente in una società: esiste un legame tra la pena di morte e la guerra. La pena di morte è una pratica che trasforma i giusti in assassini". La maggioranza dei condannati trascorre 23 ore al giorno in una cella in totale isolamento. I membri di Sant’Egidio hanno avviato un’amicizia personale con 900 detenuti nel braccio della morte: lettere, sostegno legale e visite. Inoltre la Comunità si è fatta promotrice di un appello per una moratoria universale, che ha raccolto finora oltre 5 milioni di adesioni in 150 paesi del mondo. Da quando è iniziata la campagna 20 Paesi hanno abolito o sospeso la pena di morte.

Quest’anno oltre 300 città del mondo hanno aderito all’iniziativa, tra cui: Madrid, Barcellona, Vienna, Bruxelles, Ginevra, Berlino, Parigi, Dublino, Copenaghen e Stoccolma, in Europa; ma anche l’Albania con Tirana e il Kosovo, per la prima volta. Hanno anche aderito Buenos Aires, San Salvador, Bogotà e Medellin (Colombia) e - per la prima volta - il presidente del Messico Fox, a nome del Governo Messicano e Città del Messico; Canberra e Wellington; Atlanta, Porto Alegre (Brasile) e Montreal; Tokyo accenderà un monumento per dire no alla pena di morte; tra le numerose città italiane coinvolte nella mobilitazione: Milano, Firenze, Napoli, Genova, Padova, Palermo, Torino, Venezia.

Congresso Anlaids: carceri italiane in condizioni disumane

 

Ansa, 30 novembre 2004

 

Dal congresso dell’Anlaids la denuncia sulle condizioni di vita all’interno degli istituti di pena italiani: "le malattie dilagano e la salute dei detenuti è assicurata solo dalla buona volontà, dallo spirito di sacrificio e dal senso del dovere di medici e infermieri"

"Le carceri italiane sono disumane, di questo passo conviene abolirle". I fondi per tutelare la salute di chi vi risiede sono troppo pochi e cosi’ "le malattie dilagano". Almeno il 7% dei detenuti ha l’Hiv, per un "esercito" totale di 4.500 sieropositivi; oltre la metà ha l’epatite C, anticamera di cirrosi e cancro al fegato; il 30% soffre di disturbi mentali; uno su tre è schiavo della droga; e poi ci sono tbc, epatite B, dermatosi, scabbia e malattie cardiovascolari.

La denuncia, al XVIII Congresso Anlaids che si chiude oggi all’Hotel Quark di Milano, è del presidente della Società italiana di medicina e sanità penitenziaria (Simspe), Giulio Starnini.

In collaborazione con il Network persone sieropositive e il gruppo farmaceutico Boehringer Ingelheim, l’esperto propone un progetto per assicurare il test dell’Hiv a tutti i detenuti. E usa parole dure. "Su tutte queste persone - ha affermato - si gioca lo sport italiano dello scaricabarile: il Servizio sanitario nazionale si dice fuori (con tanto di lettere documentate) e scarica la spesa sul ministero della Giustizia, che di fondi sostiene di averne pochi e scarica a sua volta sulle Regioni (alcune delle quali anche ricche), che non reggono il peso dei malati. E poi ci si domanda perché il carcere italiano è una polveriera. Ormai la salute in cella è assicurata solo dalla buona volontà, dallo spirito di sacrificio e dal senso del dovere di medici e infermieri".

Giulio Starnini non risparmia critiche, chiamando in causa i conti in rosso dello Stato. E descrive il nuovo progetto di prevenzione. Battezzato "In and Out" - cioè "Dentro e Fuori" - punta a offrire il test di sieropositività a tutti i nuovi detenuti non solo al momento dell’ingresso in carcere, ma anche durante il periodo della permanenza, ripetendolo più volte. L’obiettivo, riferisce una nota dell’Anlaids, è di sottoporre all’esame almeno il 70% dei detenuti, "così da poter finalmente conoscere il numero delle persone con Hiv e adottare politiche adeguate per soddisfare la domanda di salute delle persone in carcere".

L’iniziativa vuole soprattutto raggiungere la fascia di detenuti che entra ed esce dal carcere frequentemente e che, spiegano gli esperti, "corrisponde a quel gruppo di cittadini che meno di altri ha accesso alle strutture sanitarie". Metterli in condizione di conoscere il loro status sierologico significa permettere loro "non solo di accedere alle cure, ma anche di adottare un comportamento responsabile per evitare di diffondere il virus".

Conferenza Volontariato Giustizia: chiudere il Minorile di Treviso

 

Ansa, 30 novembre 2004

 

"Chiederemo alle autorità competenti la chiusura dell’istituto minorile di Treviso, che per noi è il peggiore che esista in Italia": lo afferma Livio Ferrari, presidente della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, parlando a margine del convegno su "Adolescenza e detenzione" organizzato dal Centro di servizio per il volontariato di Treviso.

Alla base della richiesta, ha spiegato, ci sono soprattutto "la mancanza di spazi minimi idonei per attuare un percorso di recupero rieducativo, non essendo, quella trevigiana, che una struttura recuperata dall’adattamento di una sezione della contigua casa circondariale". L’istituto, ha aggiunto Ferrari, è anche l’unico per tutto il Triveneto e si trova in condizione di sovraffollamento. Nel primo semestre del 2004 gli ingressi nel carcere minorile di Treviso sono stati 59, 49 dei quali riferiti a soggetti stranieri.

Alla fine del semestre le persone presenti erano 26, 23 delle quali per esigenze di custodia cautelare, per una presenza media giornaliera di 22 ospiti. La Conferenza, è stato anche annunciato, effettuerà un sit in di protesta davanti al Parlamento il prossimo 15 dicembre per protestare comunque contro la situazione carceraria complessiva in Italia. In Veneto, è stato spiegato, nove strutture carcerarie su 10 sono in condizioni di sovraffollamento e in tre casi - Padova, Rovigo e Verona - la popolazione detenuta supera il doppio della capienza ammessa.

Per quanto riguarda la situazione dell’istituto per minori di Treviso ha replicato il dirigente del Centro Giustizia Minorile del Triveneto, Paolo Attardo, il quale ha riconosciuto i deficit di spazi propri della struttura aggiungendo, però, che da oltre due anni è in atto una ricerca di un immobile idoneo, possibilmente sempre nel trevigiano, da riconvertire a tale funzione. Contemporaneamente, ha concluso Attardo, sarebbero stati deliberati investimenti per la razionalizzazione degli spazi esistenti.

Dorigo: appello del padre al Presidente Ciampi...

 

Ansa, 30 novembre 2004

 

Un appello al presidente della Repubblica, Ciampi, perché interceda nella vicenda del figlio, detenuto da 10 anni nel carcere di Spoleto, è stato lanciato oggi dal padre del giovane veneziano, Vladimiro Dorigo. Paolo Dorigo, condannato nel 1994 a 13 anni di carcere con l’accusa di aver lanciato una bottiglia incendiaria contro la recinzione della base Nato di Aviano (Pordenone), sta facendo lo sciopero della fame da oltre 60 giorni.

"Io - ha detto Vladimiro Dorigo, parlando ai microfoni del Tg1 - faccio un appello al presidente della Repubblica, da padre a padre. Vorrei sperare che con la sua altissima sensibilità egli possa indurre chi può è deve ad un provvedimento immediato di salvezza per Paolo".

Dorigo ha inoltre letto le righe di una lettera nella quale il figlio, due giorni fa, dopo 63 giorni di digiuno, aveva informato il proprio avvocato di voler "portare lo sciopero della fame fino alla morte". Intanto si è allungato con nuove adesioni di esponenti di spicco del mondo della cultura e dell’università, l’appello lanciato in favore di Dorigo nei giorni scorsi a Venezia, che ora può contare su oltre 600 firme.

Benzinaio ucciso: Pittelli (FI), no a paese dei bounty killer

 

Ansa, 30 novembre 2004

 

"L’Italia non può essere il paese dei bounty-killer, come vorrebbe il ministro Castelli". Lo ha detto, in una dichiarazione, Giancarlo Pittelli, deputato di Forza Italia e componente della Commissione Giustizia.

"Lasciamo - ha aggiunto Pittelli - che le forze di polizia lavorino su tutto il territorio nazionale con eguale intensità e con eguale impegno. Non può esistere un impegno della polizia per la Padania più intenso rispetto a quello per altre regioni.

L’impegno deve essere uniforme, come ha più volte spiegato il ministro Pisanu, che sta agendo in maniera straordinaria. Speriamo che alla fine la Lega lo capisca e la smetta con questa polemica del tutto inutile e pretestuosa".

Criminalità: Lumia (Ds), governo privo di strategia condivisa

 

Ansa, 30 novembre 2004

 

Giuseppe Lumia, capogruppo Ds in Commissione Antimafia, ribadisce in una dichiarazione la preoccupazione per la decisione del governo di inserire l’inasprimento delle pene antimafia dentro la legge cosiddetta "Salva Previti" e avverte che non si può chiedere all’opposizione di votare una legge nella quale si prevedono "inasprimenti di pena per i mafiosi e alleggerimenti e favori per chi è potente: è un pessimo segnale".

Dopo aver criticato la mancanza nell’esecutivo di una linea politica condivisa fra il ministero della Giustizia e quello dell’Interno, Lumia ha osservato che "in un momento d’emergenza come questo si sarebbe dovuto ricercare il massimo dell’unità tra le forze politiche mentre si cerca uno scontro che serve solo a creare ulteriore insicurezza e sgomento tra i cittadini".

"È ovvio - ha aggiunto - che l’opposizione non può votare insieme la legge "Salva Previti" ed i provvedimenti antimafia. Se la maggioranza ha le forze faccia passare la legge sulla prescrizione e sulla cancellazione delle aggravanti da sola.

Noi - ha proseguito - ribadiamo la massima disponibilità a dialogare in Commissione Antimafia su concrete misure per fermare la sequenza di violenze ed omicidi a Napoli e migliorare in generale la lotta alla mafia".

Criminalità: Diliberto, la politica di Berlusconi è fallita

 

Ansa, 30 novembre 2004

 

"La politica sulla sicurezza di Berlusconi è del tutto fallita": lo sostiene il segretario del Pdci Oliviero Diliberto. "Gli scontri interni alla maggioranza sulla barbara proposta della taglia - commenta - sono solo l’ultimo segnale della preoccupante emergenza in cui versa il paese. Con la Finanziaria si tagliano organici e risorse per polizia e giustizia, si sono incentivate pratiche illegali per i colletti bianchi con condoni e sanatorie, mentre la criminalità organizzata ha rialzato la testa. Il Governo dovrebbe andare a casa".

Criminalità: Santelli, "taglia? l’offerta di soldi c’è sempre stata"

 

Ansa, 30 novembre 2004

 

Il sottosegretario alla Giustizia, Iole Santelli (Fi), ritiene che non ci sia "assolutamente nulla di strano" nella intenzione del ministro Castelli di far passare le norme per contrastare la criminalità come emendamento alla proposta di legge Cirielli sulla recidiva.

Allo stesso tempo, il sottosegretario alla Giustizia ritiene che "le polemiche sulla taglia per rintracciare gli assassini del benzinaio di Lecco siano scoppiate perché la proposta è venuta da un ministro leghista", quando invece "l’offerta di soldi per avere notizie che aiutino le investigazioni c’è sempre stata" e quindi "non è uno scandalo in un paese come il nostro dove c’è il pentitismo, né una novità".

Sull’emendamento alla Cirielli, Iole Santelli fa notare che "la materia è attinente", perché nella proposta di legge ora alla Camera si parla di recidiva. A chi le fa notare, però, che alcuni esponenti del suo stesso partito sono scettici o addirittura contrari a procedere con un emendamento, il sottosegretario alla Giustizia replica: "Non credo che dobbiamo prestare il gioco alla sinistra che tende ad imbrogliare le carte: la base di discussione del testo è sulla recidiva. Come al solito la sinistra fa riferimento ad un emendamento "salva-qualcosa" (vale a dire il cosiddetto emendamento "salva-Previti", ndr).

Ritengo però che se la norma è corretta, allora non si debba cedere al tatticismo politico e si debba andare avanti". Quanto infine alla polemica sulla taglia contro i criminali che hanno ucciso il benzinaio di Lecco, Iole Santelli ritiene che sulle parole del ministro Castelli siano state fatte "speculazioni" forse perché il guardasigilli ha usato il termine taglia. "Il problema della giustizia, soprattutto qui al sud, è di rompere l’omertà e avere l’aiuto dei cittadini. L’offerta di soldi non è nuova, basti ricordare i casi emblematici dei sequestri di persona".

Criminalità: Cento, "il governo è allo sbando"…

 

Ansa, 30 novembre 2004

 

"Lo scontro tra il ministro degli Interni, Pisanu e il ministro della Giustizia Castelli sull’emendamento al pacchetto anti-crimine da inserire nella legge Ciriello in discussione alla Camera, conferma che il Governo è allo sbando proprio su una vicenda fondamentale come quella della sicurezza dei cittadini": lo dice il vicepresidente della commissione Giustizia della Camera, il verde Paolo Cento.

"Dopo la demagogia leghista che ha introdotto il Far West con la taglia sugli assassini del benzinaio di Lecco - rileva - ora questo nuovo scontro frontale tra la Lega e Pisanu dimostra l’inaffidabilità della compagine governativa.

L’unica cosa certa è che, per dare una mancia agli italiani con la riforma fiscale, hanno tagliato le risorse per combattere il crimine, lasciando centinaia di volanti delle forze dell’ordine ferme nei commissariati, perché il Governo non è in grado di garantire neanche la benzina per farle muovere".

Criminalità: Centaro, norme subito, governo trovi il modo

 

Ansa, 30 novembre 2004

 

"La scelta è del governo: vari le nuove norme di contrasto alla criminalità come vuole, ma lo faccia". Il presidente della commissione antimafia, Roberto Centaro (FI), ha dato le sue indicazioni al ministro della Giustizia Castelli su norme più stringenti per il contrasto alla criminalità organizzata.

Che queste siano contenute in un emendamento alla proposta di legge Cirielli sulla recidiva o che vengano fatte confluire in un decreto legge oppure in un ddl ad hoc, Centaro ritiene che per lui sia indifferente "la mia indicazione al ministro era stata "se deciderete un ddl con via privilegiata fatelo, se ritenete che vi siano provvedimenti già in itinere cui agganciare questo pacchetto di norme, va bene. Fatelo come volete, ma fatelo".

Nel corso di un convegno a Reggio Calabria, nella sede del consiglio regionale, dove erano presenti, tra gli altri, i sottosegretari alla giustizia Santelli (FI), Valentino (AN), il presidente della commissione giustizia alla Camera Pecorella (FI), i parlamentari Vincenzo Fragalà e Gianfranco Anedda (AN), e il diessino Guido Calvi, Centaro spiega il perché se debba intervenire subito.

"La mafia non è una emergenza, ma una costante. Lo stato deve reagire a questa costante anche attraverso la possibilità di graduare il suo intervento rispetto a diverse fattispecie criminali". La previsione di un innalzamento dei tetti di pena per i reati di 416/bis (associazione a delinquere di stampo mafioso) e altri reati di criminalità organizzata, viene spiegata dal presidente della commissione antimafia con il fatto che "le pene irrogate in genere partono sempre dal minimo della pena prevista, e le attenuanti generiche spesso sono ritenute prevalenti rispetto alle aggravanti conclamate. Tutto questo - conclude - comporta una necessità di intervento del legislatore".

Criminalità: Valentino, "taglia? è solo un'espressione forte"

 

Ansa, 30 novembre 2004

 

"Non bisogna stracciarsi le vesti se in un momento di particolare emozione e mentre il paese è oppresso dalla criminalità dilagante si usino espressioni forti che al di là della loro forma servono a scuotere le coscienze ed a creare solidarietà contro il crimine". Il sottosegretario alla giustizia, Giuseppe Valentino (AN), commenta così le affermazioni del ministro Castelli che ieri, nel corso del convegno di Reggio Calabria sulle riforme della giustizia, ha difeso l’istituzione di una taglia sui criminali come "un atto legittimo e meritorio".

Al di là della suggestione che può evocare una richiesta fatta col cuore esasperato dalla drammatica vicenda del benzinaio, il ministro Castelli ha ricordato con forza ciò che è nella prassi delle più complesse e drammatiche vicende giudiziarie italiane: il pagamento di un premio per chi da un contributo importante e significativo alle investigazioni che appaiono difficile e problematiche".

"Il diritto premiale è un neologismo che ormai appartiene alla cultura del diritto più recente, anche se a volte - fa notare Valentino - l’esigenza dei benefici della premialità ha devastato con squallide menzogne situazioni processuali che potevano essere condotte con altri strumenti in maniera migliore. Ma è altrettanto vero - conclude il sottosegretario alla giustizia - che molto si deve alle rivelazioni che in buona fede sono state fatte per dare un contributo alla verità".

Sicurezza: Pisanu, repressione ma soprattutto prevenzione

 

Ansa, 30 novembre 2004

 

Il ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, ha spiegato alla platea di Forza Italia, riunita stamani a Padova, che la maggioranza di governo rimarrà "sostanzialmente unita e solidale con il paese nello sviluppo della politica per la sicurezza".

Una politica, ha precisato Pisanu, basata su tre punti. "Un alto coordinamento della Polizia, dei Carabinieri, della guardia di Finanza e dei servizi segreti. Mai come in questi anni - ha sottolineato - il coordinamento c’è stato".

Quindi un controllo "minuzioso del territorio con gli uomini, con le tecnologie avanzate, con i sistemi di formazione più sofisticati e per ultimo la prevenzione. Perché la sicurezza vera - ha concluso Pisanu - consiste certo nel reprimere i reati e assicurare i delinquenti alla giustizia, però consiste soprattutto nel prevenire. Questa è la forma più alta di sicurezza".

Casini: "la taglia? solo una boutade politica"…

 

Ansa, 30 novembre 2004

 

Durissimo il commento del presidente della Camera, Pierferdinando Casini alla proposta di una taglia sugli assassini del benzinaio di Lecco avanzata dal ministro Calderoli. È "una boutade politica, partitica, una strumentalizzazione più che una proposta concreta" ha detto Casini, insomma "una battuta ad effetto che non serve nella lotta contro la criminalità".

"I cittadini stiano vicini alle forze dell’ordine - ha detto il presidente della Camera, a Imola per gli 85 anni della cooperativa Sacmi -, controllino anche in termini di sensibilità e di monitoraggio il territorio per la piccola parte che possono fare, ma stando ben attenti a non confondere il ruolo perché si rischia l’imbarbarimento".

Casini ha espresso il proprio apprezzamento per il lavoro svolto dal Viminale. "C’è un dicastero, quello del ministero degli Interni, c’è un ministro che fa seriamente il suo lavoro, tutto il resto non serve" ha detto.

Risponendo alle tante polemiche sulla proposta di Calderoli e alla frase "nessuno tocchi un padano", polemicamente lanciata dal presidente dell’associazione Nessuno Tocchi Caino, Sergio D’Elia, Casini ha detto: "Io mi auguro che nessuno tocchi un italiano, così come nessuno tocchi i cittadini del mondo".

E ha aggiunto: "Dobbiamo lavorare per un mondo in cui non ci sia spazio per il terrorismo, non ci sia spazio per la criminalità. Questa è purtroppo una cosa che è molto difficile pensare possa concretizzarsi, ma dobbiamo essere tutti solidali nei comportamenti quotidiani con le forze dell’ordine".

"Penso alla polizia, ai carabinieri, ai militari italiani che fanno tanto per tutti noi - ha concluso Casini - e debbono sentire l’affetto degli italiani non solo nelle circostanze tragiche ma nella quotidianità, e questo è più difficile".

Criminalità: Pecorella, se vera emergenza meglio decreto

 

Ansa, 30 novembre 2004

 

"Se veramente c’è un’emergenza criminalità, forse un decreto sarebbe meglio, oppure un intervento organico del Governo". Il presidente della commissione Giustizia, Gaetano Pecorella (Fi), si mostra contrario alla presentazione di un emendamento contenente un pacchetto di norme contro la criminalità a Napoli collegato alla proposta di legge Cirielli sulla recidiva, che martedì arriverà in commissione Giustizia alla Camera.

Pecorella premette di non avere ancora visto l’emendamento che, secondo il ministro della Giustizia Castelli, è stato votato venerdì scorso in consiglio dei ministri. Ma, sul tema della sicurezza, non manca di mostrare scetticismo: "La situazione di Napoli non è l’emergenza di un paese ma di una città.

Cambiare le leggi per una situazione specifica - afferma Pecorella, moderando un dibattito sulle riforme della giustizia a Reggio Calabria - significa trasferire su un intero paese una situazione particolare. Personalmente, non sono d’accordo.

Così come il dramma del benzinaio ucciso a Lecco pone un problema di prevenzione e di sanzione, che però è ben diverso dalla questione della taglia su cui non sono d’accordo". Per il presidente della commissione Giustizia della Camera, in ogni caso, quella in atto "non è una spaccatura all’interno della maggioranza, ma è una spaccatura che attraversa il parlamento e il paese, divisi tra chi pensa ad un diritto penale minimo e chi invece propende per un aggravamento delle sanzioni". "La riforma del diritto penale - conclude Pecorella - è all’attenzione di tutti. È da lì che dobbiamo partire per evitare che oggi si scriva quello che domani potrebbe essere cancellato o modificato".

Criminalità: Rizzo, Lega forza xenofoba e antieuropea

 

Ansa, 30 novembre 2004

 

"Se fossero coerenti, Calderoli e Castelli, in quanto ministri che hanno giurato sulla Costituzione, dovrebbero dimettersi per le loro dichiarazioni di questi giorni, totalmente prive di cultura delle istituzioni": lo afferma Marco Rizzo del Pdci.

"Calderoli - dice Rizzo - ha chiesto un ministero ad hoc per il crimine. Ma non gli sembra di esagerare? La Costituzione italiana non prevede né la legge del Taglione, né la pena di morte, ma l’applicazione della giustizia: tutti i cittadini hanno diritto ad un giusto processo.

Di questo passo, a quando gli autodafè in piazza?". Secondo Rizzo "la subcultura della Lega è eversiva rispetto all’ordinamento dello Stato italiano ed è totalmente avversa alla Carta dei diritti fondamentali dell'Ue. È anche a causa dell’azione della Lega se il nostro Paese è l unico dei 25 a non avere ancora recepito le disposizioni del mandato di cattura europeo.

Invece di salpare per l Europa, la nave Italia con ministri del genere procede a tutta velocità verso il Medioevo prossimo venturo. A volte ci viene il dubbio che Calderoli e Castelli vogliano ricalcare scimmiottandolo - le orme del ministro alla propaganda del Terzo Reich Joseph Goebbels, ma forse, insieme a Borghezio, hanno semplicemente letto troppi fumetti di Diabolik".

Vietti: "taglia, un segno di debolezza dello Stato"…

 

Ansa, 30 novembre 2004

 

"Hanno ragione, Casini e Pisanu. Penso che convenga a tutti ridimensionare questa proposta a livello di boutade. I rappresentanti dello Stato, quali sono i ministri di questa Repubblica, devono stare molto attenti a non invocare misure che si pongono al di fuori dell’ordinamento giuridico perché, tra l’altro, il porsi fuori viene interpretato come il riconoscimento di una debolezza dello Stato e come la rinuncia a far valere la sua autorità ricorrendo a scorciatoie".

Il sottosegretario alla Giustizia Michele Vietti (Udc) respinge così, in un’intervista alla Stampa, l’idea leghista di una taglia sui criminali. "Bisogna affermare l’autorità dello Stato, senza scorciatoie, dando atto al ministro Pisanu di star facendo un ottimo lavoro, sul terreno della risposta alla criminalità. Ripeto, il messaggio deve essere quello di operare nel rispetto delle regole, non al di fuori di esse.

E poi non posso proprio condividere l’idea che si mette una taglia perché è morto un "padano". Ma che i morti ammazzati di Napoli sono diversi da quelli di Lecco? (...) Il fatto che la vittima appartenesse a un movimento politico non è una buona ragione per invocare privilegi ma è l’occasione per richiamare tutti al rispetto della legalità".

Vietti conferma infine la posizione dei centristi sulla legge ex Cirielli: "Se davvero Castelli presenterà la sua proposta di norme per affrontare l’emergenza Napoli come emendamento alla Cirielli le nostre perplessità sono destinate ad aumentare".

Criminalità: Landi (An), no barricate a chi propone taglie

 

Ansa, 30 novembre 2004

 

"Non alzerei quindi barricate contro chi propone taglie". Lo afferma Giampaolo Landi di Chiavenna di An, osservando che "Il filo rosso dell’omertà che lega il Nord e il Sud dell’Italia si spiega con la sfiducia dei cittadini verso la capacità dello Stato di assicurare alla giustizia i criminali, rendendo più certa ed espiabile la pena irrogata".

"Non è un mistero - osserva Landi - che in Italia leggi ipergarantiste e magistratura ideologicamente lassista producano pesante sfiducia nella popolazione che avverte la difficoltà della politica e dello Stato di garantire la sicurezza anche in ogni forma di prevenzione e repressione del crimine: così come non è un mistero che lo Stato paghi gli informatori nello stesso modo in cui in molti altri Paesi a forte stampo liberale è usuale applicare il principio del concorso economico per stimolare la partecipazione della popolazione alla collaborazione della giustizia".

"Ciò detto - conclude Landi - la componente liberale di An insiste perché il partito della destra si faccia realmente interprete di uno Stato di diritto che interpreti con la politica e le leggi i principi della certezza della pena e dell’obbligo di espiazione totale della medesima".

Criminalità: Matteoli, "taglia è una sciocchezza e Lega lo sa"

 

Ansa, 30 novembre 2004

 

"Dal punto di vista governativo, istituzionale la taglia è una sciocchezza e lo sanno anche coloro che l’hanno proposta": lo ha affermato a Milano il ministro dell’Ambiente Altero Matteoli. "Quando un partito politico, per la sensibilità che ha, propaganda certe idee a fini elettorali - ha proseguito il ministro presente all’inaugurazione del depuratore Milano San Rocco - è legittimato a farlo, basta che non porti queste sue necessità propagandistiche all’interno della coalizione".

Sulle proposte per aumentare la sicurezza a cui pensano, in modo diverso, il ministro della Giustizia Roberto Castelli e il ministro dell’Interno Beppe Pisanu, Matteoli riconosce che "c’è un dibattito all’interno della coalizione, ed è importante si riesca a trovare una sintesi. Negli ultimi tre anni e mezzo lo abbiamo fatto".

Criminalità: Napoli (Fi) a Lega, stop a attacchi a governo

 

Ansa, 30 novembre 2004

 

"Agli amici leghisti mi permetto di dare un suggerimento: basta tirare colpi d’ariete contro il governo, basta strumentalizzare ogni fatto di cronaca per ritorcerlo contro questo o quel ministro. Atteggiamenti simili non avvicinano, semmai allontanano la prospettiva di un candidato leghista alle regionali".

L’altolà è dell’azzurro Osvaldo Napoli che boccia su tutto il fronte le sortite leghiste sulla criminalità compresa l’ipotesi del ministero ad hoc. Un’eventuale "scissione del ministero dell’Interno è un regalo al crimine", ha detto Osvaldo Napoli secondo il quale "l’idea di un ministero di polizia con poteri autonomi e distinti dal ministero dell’Interno è pericolosa e assurda, ma soprattutto rischia di indebolire e non rafforzare la persecuzione del crimine.

In una società moderna e complessa il crimine si combatte con una duplice azione: da un lato attraverso una estesa e intensa repressione; ma, prima ancora, va battuto e isolato sul piano sociale stimolando nei cittadini uno scatto morale che è, al momento, occorre riconoscerlo, la vera e grave lacuna nell’opera di contrasto alla criminalità".

"La divisione del ministero dell’Interno - ha detto ancora Napoli - dovrebbe coincidere, nell’idea dei suoi promotori, con la nascita di un ministero soltanto di polizia. Unico precedente al riguardo, se non vado errato, risale al periodo del ventennio. Ma perfino Mussolini si rifiutò di accogliere fino in fondo l idea di un ministero soltanto repressivo. Contro l’ipotesi leghista, però, milita un ostacolo ancora maggiore: l’equilibrio e la fermezza con cui Giuseppe Pisanu ha retto fin qui il dicastero del Viminale".

Sicurezza: Formigoni, "la nostra società si protegge"…

 

Ansa, 30 novembre 2004

 

"Protezione civile, per noi, significa in primo luogo società che si protegge e non società che viene protetta". Lo ha affermato il presidente della Lombardia, Roberto Formiogni, che oggi è intervenuto al convegno sulla sicurezza organizzato dalla Regione, a Malpensa.

Il caso del terremoto sul lago di Garda, secondo Formigoni, è stato l’esempio concreto di questo modo di intendere la protezione civile e la sicurezza: "I danni, per i quali abbiamo già stanziato 10 milioni di euro, sono risultati contenuti perché la società civile lombarda si è protetta meglio di altre, perché si è dotata di case più adatte a reggere l’urto sismico".

Una politica di prevenzione portata avanti anche dalla Regione. "Analogamente - ha quindi detto Formigoni - nella nostra politica sulla sicurezza, la prima polizia di prossimità è il prossimo. La polizia locale è soltanto il primo aiuto, il primo supporto dell’attività di autotutela dei vicini".

Così come il primo presidio dal rischio industriale e ambientale, secondo il presidente lombardo "è il senso di responsabilità di tutti, non solo dei sindaci ma del proverbiale uomo della strada". Dopo aver affrontato tutte le tematiche relative alla sicurezza, Formigoni ha assicurato che entro la fine del 2004 la giunta regionale si doterà, dopo la legge sulla polizia locale e sulla sicurezza urbana, di linee guida per le procedure operative da seguire nell’espletamento del servizio di polizia.

Tutto ciò, ha spiegato il presidente della Lombardia, "pur in presenza di una normativa nazionale che, di fatto, ci sta impedendo di creare una polizia regionale, la nostra azione non può prescindere da un’attenta opera di chiarificazione delle funzioni, delle metodologie organizzative e della filosofia operativa dei corpi e dei servizi di polizia locale presenti nella nostra regione".

Roma: la carica dei 300 contro la pena di morte...

 

www.korazym.org, 30 novembre 2004

 

Alle 19 una marcia contro la pena capitale raggiungerà il Colosseo, concludendo la manifestazione internazionale "No justice without life" che ha coinvolto 300 città del mondo. In Italia è stata promossa dalla Comunità di Sant’Egidio.

"No justice without life" – non c’è giustizia senza la vita. È questo lo slogan con cui sfileranno questo pomeriggio, a partire dalle ore 19, i sostenitori della Giornata internazionale delle città per la vita, grande manifestazione mondiale contro la pena di morte. Una marcia silenziosa e simbolica che partirà dal Carcere Mamertino e si fermerà sotto il Colosseo, ormai luogo simbolo del rifiuto degli italiani per una pratica barbara come l’uccisione di un uomo quale estrema condanna per un reato.

La manifestazione, giunta ormai alla sua terza edizione, è stata organizzata dal Comune di Roma e dalla Comunità di Sant’Egidio, da sempre in prima linea nella lotta per l’abolizione delle sedie elettriche e delle iniezioni mortali che ancora riempiono i codici normativi di molti paesi, alcuni di quali considerati civili come gli Stati Uniti. Il 30 novembre, inoltre, non è una data scelta a caso, ma l’anniversario della prima abolizione della pena capitale, avvenuta nel 1786 nel Granducato di Toscana.

Da quando Sant’Egidio e altri si sono impegnati in prima persona, oltre 20 paesi hanno deciso di abbandonare la pena di morte, mentre in Europa non esiste più da trent’anni. Molto comunque c’è ancora da fare prima che scompaia definitivamente dalla faccia della Terra e nel frattempo si può lavorare per migliorare le condizioni di vita dei condannati.

Stringere con loro legami d’amicizia personale attraverso lettere, sostegno legale e psicologico anche per le loro famiglie: Sant’Egidio si occupa di tutto questo per oltre 900 detenuti nel mondo, la maggior parte dei quali passa 23 ore al giorno in isolamento e prima che la condanna venga eseguita possono passare anni.

Per confrontarsi sul delicato tema, prima di scendere in piazza, la Comunità ha organizzato un convegno questa mattina alle 11.30 in Palazzo Leopardi, piazza di Santa Maria in Trastevere, in cui interverranno, fra gli altri, Lance Lindsey, del Death penalty focus in Usa, Bud Weisch, padre di una vittima a Oklahoma City, Nick Harris, un innocente che ha trascorso 23 anni nel braccio della morte. Fra le autorità, Vera Chirwa, dal Malawi, commissario per i diritti umani, il sindaco Veltroni e Mario Marazziti della Comunità di Sant’Egidio.

La marcia del Colosseo è solo la conclusione di una manifestazione ben più ampia che ha coinvolto oltre 300 città del mondo che durante il fine settimana hanno illuminato i loro monumenti principali come segno di adesione. Tra le novità di quest’anno le adesioni di Tirana, Prishtine, Dakar, Dar es Salaam, Seul e Città del Messico, mentre in Italia la protesta si estende a Bari, Cagliari, Novara, Lucca e molte altre.

Innumerevoli anche le iniziative che si svolgeranno in tutta la penisola contemporaneamente a quella del Colosseo di cui si può seguire la diretta sul sito www.santegidio.org, sul canale satellitare Sky-hot bird o su quello terrestre (ma solo a Roma) Romauno canale 31.

Tamara, madre coraggio contro la pena di morte

 

Il Mattino, 30 novembre 2004

 

Tamara Chikunova ha un sogno: abolire la pena capitale e la tortura nel mondo. A partire dal paese dove vive, l’Uzbekistan, dove si stima che ogni anno vengano uccisi da un regime autoritario e repressivo circa 200 detenuti.

In meno di quattro anni, Tamara è riuscita a tirar fuori 19 ragazzi dal braccio della morte, e a mobilitare l’opinione pubblica mondiale sulla tragedia silenziosa e appartata di un popolo che ha travolto anche la sua vita, spingendola a fondare l’Associazione "Madri contro la pena di morte e la tortura" con il sostegno della Comunità di Sant’Egidio - la sua "nuova famiglia", impegnata da anni in una campagna per una moratoria universale che finora ha raccolto 5 milioni di adesioni in 150 paesi del mondo ed è riuscita a eliminare la pena di morte in 20 - e il coinvolgimento di rappresentanti delle ambasciate dell’Ue e dell’Osce, di organizzazioni internazionali (Human Rights Watch, Amnesty International) e della commissione sui diritti umani dell’Onu. La prima cosa che Tamara ti mostra, quando la incontri, è la foto del figlio, il suo unico figlio Dimitri. Viso pulito, capelli neri, occhi di cielo. Bello. Perduto a 29 anni. Fucilato.

Il 10 luglio 2000, all’insaputa della madre. Condannato innocente alla pena capitale. Senza poterlo nemmeno salutare l’ultima volta, o riaverne la salma. Dimitri vittima di un processo-farsa che per cinque mesi lo ha torturato, violentato fisicamente e psicologicamente, tenuto segregato e lontano dall’amore disperato di Tamara, comunicato solo dall’esile traccia di venti lettere clandestine, l’unica cosa che le resta del suo ragazzo: l’ultima, un messaggio di spiritualità, amore e speranza nella giustizia, un monito a non dimenticarlo, la madre la porta sempre con sé, recitandola a memoria in russo, lo sguardo cangiante velato di lacrime.

È una storia di dolore indicibile quella di Tamara, cristiana ortodossa, due lauree (in legge e in ingegneria), russa nata nella capitale uzbeka, Tashkent, dove è tornata con il figlio nel ‘94, dopo la separazione dal marito (un ufficiale dell’esercito russo seguito ovunque, facendo mille mestieri).

Da tre mesi, questa storia di orrore che ha trasformato un dramma personale in impegno civile attivo e solidale con altre vittime le sta facendo girare l’Europa, in un tour di conferenze e incontri che l’ha portata anche a Napoli, dove oggi ha due appuntamenti con gli studenti e i professori delle scuole (alle 11, nel liceo Caccioppoli) e dell’università (ore 17, edificio centrale della "Federico II", corso Umberto I, nell’aula 4 della Facoltà di Lettere e Filosofia, con il preside Antonio Nazzaro, moderatore Nicola De Blasi).

"La pena di morte, per la sua stessa essenza - dice - è generatrice di male. È la negazione del diritto e della possibilità di correggere un errore giudiziario. È un deficit di umanità nei fondamenti della società e dello Stato e viola il più alto diritto inalienabile di ogni uomo: quello alla vita". Tamara parla a lungo, con pacatezza, dell’inferno che ha attraversato, della sua battaglia di giustizia che la espone a molti rischi ma anche alla gioia di vedere un pezzetto di suo figlio in ogni giovane che riesce a salvare, e che la chiama "mamma".

Madre coraggio, non si sente però un’eroina né un’ambasciatrice di vita: "È troppo - si schermisce -, devo ancora fare tanto per meritare questo appellativo. Nel Vangelo, Gesù diceva: se non vi ascoltano, scuotete la polvere dai vostri calzari e andate oltre. Ecco, io mi sento solo una viandante che percorre quel cammino".

Domani, Tamara sarà a Roma, per la conclusione della giornata internazionale delle città contro la pena di morte lanciata dalla Comunità di Trastevere con il coinvolgimento di oltre 300 città nel mondo (diverse in Campania) che oggi e domani illumineranno un monumento, simbolo acceso contro il buio della barbarie. E ai giovani di Napoli Tamara lascia un messaggio di responsabilità: "Non chiudetevi nel vostro guscio, aprite gli occhi e i cuori alla sofferenza degli altri. Gli omicidi di camorra sono una pena di morte non sanzionata, da combattere con la stessa determinazione. Io sono stata vittima e testimone di un sistema mafioso e corrotto, ma nonostante ciò ho potuto alzare la voce. Alzate anche voi la voce".

Volevo tutto e subito. Così sono finito in galera…

 

Vita, 30 novembre 2004

 

Una testimonianza tratta da "Albatros", il giornale dell’Istituto penale minorile Ferrante Aporti di Torino. Che dire di un ragazzo che ha costruito la sua vita sui soldi, la possibilità di spenderne tanti e in fretta, le marche dei vestiti che danno prestigio, il potere che arriva perché gli altri ti cercano, o cercano quello che gli puoi dare? Viene da dire che è una vita ben triste, quella raccontata nella testimonianza che segue, che ha un titolo essenziale, Il lusso, e arriva da un giovanissimo, un ragazzo che scrive su Albatros, il giornale dell’Istituto penale minorile Ferrante Aporti di Torino. Quel ragazzo è finito in carcere, e quindi per lui le considerazioni su quanto i soldi possano rovinare la vita sono quanto mai vere. Non lo sono però per tanti giovani, che vivono di quello che fa "immagine", che sono dipendenti dagli oggetti, che cambiano telefonino a seconda delle mode, che spendono cifre incredibili per un paio di jeans o un paio di scarpe. Se questi due mondi, quello dei ragazzi "fuori", dove tanti modellano la loro vita sul peggio di quella degli adulti, e quello dei ragazzi "dentro", che con i soldi facili hanno già fatto i conti, e spesso hanno pagato un prezzo molto salato, si parlassero, forse ne guadagnerebbero tutti.

 

Ornella Favero

 

Abbigliamento sempre alla moda, di tutti i modelli appena usciti, comprati immediatamente senza neanche tener conto del prezzo. Marche come: Armani, Dolce Gabbana, Versace, e per le scarpe Nike, Adidas… Spendere per il gusto di averli, senza averne bisogno, a tal punto di diventare quasi un vizio, una droga. Questa è l’esperienza che ho vissuto. Il lusso e tutto il resto mi hanno portato al distacco da tutte le persone che mi erano sempre vicine.

Pensavo solo a me stesso, scendevo di casa solo per il gusto di spendere. Anche un po’ per invidia della gente nei miei confronti, sono rimasto solo. Ma a me non interessava nulla del parere della gente, perché ormai i soldi mi avevano dato alla testa e quindi…

Il fatto che potevo avere tutto e subito mi rendeva grande, e allora del parere della gente non mi faceva né caldo né freddo. Un altro modo per sperperare i soldi era di spenderli in divertimenti tipo: discoteche, video-poker, pub, locali ecc… Però, essendo io uno di quelli che aveva i soldi facili, non mi facevo nessun problema.

Adesso che sono finito in carcere, ho capito molte cose e soprattutto valuto le persone: finché ero fuori, erano tutti a mio fianco, ma ora che mi trovo chiuso qua dentro, sono rare le persone che si fanno ancora sentire. Ora come ora, dopo essere finito in carcere, ho capito che i soldi non sono tutto, non ti danno la felicità ma ti portano solamente alla rovina. Anche perché alla fine, dopo aver fatto un reato in cui si guadagnano soldi facili, si finisce sempre in carcere e quei soldi guadagnati vanno all’avvocato che poi provvederà per farti uscire

Cagliari: l’allarmante situazione delle carceri sarde…

 

Redattore Sociale, 30 novembre 2004

 

Prigioni sovraffollate e strutture semideserte. Mancanza di personale e del rispetto della dignità della persona. Nelle prigioni isolane, come in tutte le altre d’Italia, non si tende alla rieducazione del recluso. Le condizioni sanitarie sono critiche e il detenuto è condannato all’inattività.

È questo l’allarmante situazione delle carceri isolane emersa davanti alla commissione "Diritti civili" del Consiglio regionale. L’organismo consiliare, presieduto da Paolo Pisu (Prc) si è posto l’obiettivo di esaminare in maniera capillare la situazione delle carceri sarde per capire quali sono i problemi più urgenti da affrontare.

I primi ad essere sentiti, in audizione, sono stati don Ettore Cannavera e Don Giovanni Usai, rispettivamente cappellani del carcere minorile di Quartucciu e di Isili e Evelino Loi, presidente dell’associazione "Detenuti non violenti". "La situazione rispetto al passato non è cambiata, ha detto don Ettore Cannavera, a volte ci troviamo davanti a vere e proprie emergenze.

Le strutture sono vecchie, manca il personale, i detenuti ancora in attesa di giudizio convivono con i condannati". In più, spesso, la Sardegna viene usata come "deposito" di detenuti che non trovano posto nelle altre carceri italiane. Tra le emergenze da affrontare ci sono il problema sanitario e il lavoro. "I reclusi sono, infatti, condannati all’ozio.

Questa inattività aggrava ulteriormente la loro situazione". Sul sovraffollamento Don Ettore Cannavera ha chiarito che nelle 13 carceri isolane, compreso il carcere minorile, ci sono 1800 detenuti. La capienza regolamentare è di 1997 posti. "Quindi, in Sardegna non si deve parlare di sovraffollamento ma, semmai, di una non ottimale distribuzione della popolazione carceraria.

Secondo una ricerca, infatti, davanti a strutture che scoppiano come il carcere di Sassari (238 detenuti uomini contro una capienza regolamentare di 177), quello di Cagliari (388 detenuti contro una capienza regolamentare di 332) o quello di Macomer (80 detenuti contro una capienza regolamentare di 46), ci sono strutture semivuote come la colonia penale di Mamone dove vivono 140 persone (la capienza regolamentare è di 378).

Per Ettore Cannavera non c’è l’urgenza di aumentare le strutture carcerarie, ma bisogna potenziare le misure alternative per recuperare la dignità delle persone recluse. "Sarebbe auspicabile, invece, istituire in Sardegna un ospedale penitenziario giudiziario, cioè una residenza protetta dove prevale l’aspetto terapeutico". Per contribuire al recupero dei detenuti, secondo Don Cannavera, potrebbe essere utilizzata anche l’Isola dell’Asinara che passerebbe da carcere a "Isola Aperta".

Per Don Giovanni Usai il principio della Costituzione "le pene devono tendere alla rieducazione del condannato" è da sempre disatteso. "In carcere il detenuto non viene rieducato e quando esce, nell’80% dei casi, compie un altro reato. Il cappellano della casa di reclusione di Isili è convinto che sia necessario creare strutture dove si possano scontare le pene in maniera alternativa.

"Ci deve essere la certezza della pena e dell’esecuzione penale, ma non è detto che l’esecuzione penale debba essere fatta in un carcere". Quindi, una politica carceraria che tenda alla rieducazione del detenuto ma anche al suo reinserimento nella società. Per questo è necessario che il detenuto lavori, producendo reddito, venga formato e istruito.

È stato poi sentito Evelino Loi, presidente dell’associazione detenuti non violenti che ha denunciato la grave situazione delle carceri isolane, la violazione dei più elementari diritti alla privacy e alla salute, la mancanza di personale. Loi ha annunciato uno sciopero della fame che inizierà giovedì prossimo sotto il carcere di Sassari per protestare contro la situazione della struttura.

Gran Bretagna: sei mesi di carcere per un fotofonino

 

Punto Informatico, 30 novembre 2004

 

Punirne uno per educarne cento. Questo deve aver pensato un giudice britannico che per l’uso inappropriato di un cellulare con cam ha spedito un 19enne dietro le sbarre.

30/11/04 - Telefonia & C. - Bristol - Si possono passare sei mesi in un carcere per aver catturato con grande ingenuità alcune foto e un brevissimo video di un processo in corso? La risposta è sì, soprattutto se a 19 anni compiuti il proprio nome finisce sotto gli occhi del giudice Roach del tribunale di Bristol, nel Regno Unito.

Sei mesi di reclusione in un carcere giovanile è infatti la clamorosa sentenza che è stata emessa a Bristol nelle scorse ore contro Shaun Nash, per aver utilizzato il fotofonino in un’aula di tribunale. Stando a quanto emerso, Nash faceva parte del pubblico ad un processo che riguardava un amico accusato di rapina.

Uno dei giurati, dicono le ricostruzioni della stampa locale, si è accorto che Nash stava catturando immagini con il proprio telefonino e si sarebbe premurato di avvertire la Corte. Questa a sua volta ha deciso di sospendere l’udienza.

Processato per le conseguenze delle sue azioni, Nash si è dichiarato colpevole ma ha spiegato che voleva soltanto farsi "quattro risate". Il suo legale ha ammesso che Nash si è comportato in modo inappropriato facendo quelle foto e girando un breve video del dibattimento ma, ha sottolineato, "le riprese del fotofonino erano molto più simili ad un diario personale video che a qualsiasi cosa di più pericoloso". Una tesi peraltro condivisa anche dal procuratore dell’accusa.

Eppure il giudice Roach nell’emettere la sentenza ha pensato bene di usare la mano pesante. A suo dire le azioni di Nash sono di estrema gravità. "A causa di quanto hai fatto - ha spiegato Roach a Nash - un processo è stato sospeso. Ciò è molto grave. La gente deve sapere che i telefoni mobili non possono essere usati in tribunale". Nei prossimi sei mesi Nash avrà sicuramente tempo e modo di informare della cosa gli altri detenuti.

 

 

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