Rassegna stampa 11 giugno

 

È ora che il volontariato esca dal terzo settore e sia autonomo

di Livio Ferrari, Presidente

 

Comunicato stampa

 

"La proposta di un contratto nazionale di lavoro per chi opera nel non profit, che sta circolando in questi giorni (corriere lavoro 11.6.04 n.d.r.), indica con chiarezza al mondo del volontariato che è giunto oramai il momento di uscire dalle nebbie del terzo settore e creare una rete nazionale di coordinamento che dia maggiore visibilità all’azione volontaria e gratuita.

L’impresa sociale è un segmento importante della nostra società solidale ma non deve nascondere e confondere ciò che è invece l’impegno totalmente gratuito che viene profuso quotidianamente da milioni di volontari, in tutti i settori: carceri, ospedali, strade, centri di ascolto, etc. Questo anche perché la cultura del volontariato e perciò del servizio come atteggiamento civico di maturità, laico e cristiano, deve mantenere il proprio ruolo profetico di carità e giustizia, che va contro le logiche del profitto di questo mondo e diventa conseguentemente ancora più importante nell’affermare la pari dignità degli esseri umani, quella mano tesa che nulla pretende, per influenzare in bene l’atteggiamento politico di chi amministra la cosa pubblica.

È ora anche di fare chiarezza verso chi si definisce volontariato ma volontariato non è, di chi si siede a tavoli di concertazione in nome di questo mondo che invece vuole rappresentarsi da sé e non delega ad altri la propria dimensione, ridando ad ognuno il suo nome e ruolo, mantenendo lo spirito di collaborazione e condivisione con tutti coloro che operano sulle strade della solidarietà, ma ognuno deve essere ben riconoscibile e responsabile delle proprie scelte e atteggiamenti sociali e politici.

È giunto il momento che il volontariato si conti e si dia una rappresentanza autonoma e possa così confrontarsi e incidere sulle scelte politiche e sociali che ogni giorno vengono fatte, troppo spesso lontane dalla necessaria solidarietà e giustizia che dovrebbe percorrerle".

 

Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia

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Bologna: primo compleanno in carcere per due gemellini

 

Emilia Net, 11 giugno 2004

 

I due gemellini proprio ieri, 8 giugno, hanno compiuto un anno. Ma è difficile far festa in una cella tre metri per tre e con i genitori che non si possono incontrare visto che sono in due prigioni diverse e, comunque, alla Dozza di Bologna è un giorno triste per tutte: nella cella accanto, ermeticamente sbarrata, c’è una rosa rossa sul chiavistello, omaggio delle detenute alla memoria di una donna -"lei di figli ne aveva sei" - che si è uccisa poche ore prima".

Tutto questo racconta Gianluca Borghi, assessore (fra l’altro all’immigrazione) della Regione Emilia Romagna che lunedì 7 giugno si era recato alla Dozza per vedere i fratellini. "Mi pare insopportabile che due bambini abbiano passato metà della loro breve vita in carcere" spiega: "E mi pare incredibile che la rete dei servizi non abbia trovato una soluzione.

E’ possibile accoglierli in una casa-famiglia. La legge non è nemica di questa opportunità, anzi è tutto previsto. A maggior ragione bisogna fare in modo che tutti quelli coinvolti (giudice di sorveglianza, avvocato, servizi, ecc) costruiscano subito una strada per far uscire dal carcere i due bimbi. Una situazione simile non è accettabile. Come Regione ci mettiamo a disposizione". La voce di Borghi arriva chiara al telefono (salvo quando la sua auto entra in galleria) e dunque si avverte persino quella nota stridula che segnala un’emozione forte, difficile da definire ma certamente lì dalle parti del cuore, fra la rabbia e la tristezza. "Assessore, sarà anche poco professionale, ma io sono in difficoltà: infatti un bravo giornalista dovrebbe chiederle della visita in carcere e poi incalzarla sulla notizia del giorno, cioè sul ricorso del governo contro la "sua" legge, cioè quella sull’immigrazione. Le domando perciò, e penso sia d’accordo, di rimandare l’intervista istituzionale alla prossima settimana. Mentre ora vorrei continuare a parlare con lei della situazione in carcere".

"Sono d’accordo con la sua proposta. Purtroppo in carcere la situazione generale è peggio del solito. Quest’ultimo suicidio, che pure è ritenuto inspiegabile, di Bebica Husovic conferma una situazione drammatica. Il tasso di suicidi (ma anche di auto-lesionismo) nelle carceri italiane è venti volte superiore rispetto alla popolazione non detenuta: un anno fa già, quando si discuteva del cosiddetto indultino, il Corriere della sera ricordava che sono poco meno di mille all’anno i suicidi e circa 6500 gli atti di auto-lesionismo".

Vale ricordare per esteso i dati ai quali fa riferimento l’assessore Borghi.
Nel 1999, secondo lo stesso ministero di Giustizia, vi erano stati 53 suicidi, uno ogni mille carcerati. Nel 2000 (in questo caso la fonte è l’Associazione del buon diritto, citata sempre dal Corsera) erano saliti a 61, nel 2001 a 70. Nella popolazione libera il tasso oscilla attorno allo 0,65 ogni diecimila persone, contro il 10 - 12 che si riscontra dietro le sbarre.

Dunque assessore i numeri indicano una crescita: perché? "Mi sembra un sintomo chiaro di una situazione che si va deteriorando anche perché non si investe in operatori sociali e il governo continua a tagliare le spese alla sanità chiedendo alle Regioni di farsi carico di tutto. E infatti c’è una lettera, appena sfornata dai 20 assessori regionali della sanità, che chiede un incontro urgente ai ministri Castelli e Sirchia perché la sanità penitenziaria così non può funzionare".

In un recente convegno a Padova si è fatto il punto su innovative esperienze di lavoro nelle carceri, ma anche per ex detenuti. Si è parlato di Milano e altre città. Ma una volta l’Emilia Romagna non era all’avanguardia? "Esistono ancora esperienze importanti a Piacenza, a Parma e altrove. Anche con i detenuti immigrati. Ne riparliamo quando avrò sottomano i dati di un report che finora è inedito".
Al di là del doppio choc, quello dei gemellini e l’altro, del tutto imprevisto, del suicidio, che impressioni ha avuto alla Dozza? "Ho già detto che trovo insopportabile vedere due bambini crescere in carcere. Poi ho avuto l’impressione, o meglio la conferma persino visiva, che l‚organico della sezione femminile sia assolutamente carente, con le agenti di custodia costrette dunque a far fronte a situazioni difficilmente sostenibili.

Essere così in poche, tanto gravate di lavoro, si ripercuote anche sulle relazioni con le detenute, che diventano ancora più difficili". Non si violerà la privacy aggiungendo che i piccoli gemelli sono figli di una giovane coppia venezuelana, in carcere da 6 mesi perché scoperti in possesso di droghe. O dicendo che anche qui la maggior parte delle detenute (quasi i due terzi) sono straniere.
A conferma di quel che diceva l’assessore Borghi sulla crescita dell’auto-lesionismo, arriva la notizia ˆ da "radio bugliolo", cioè il tam-tam informale fra detenuti e parenti o amici - di un tentato suicidio (nelle ultime ore) anche alla sezione maschile del carcere bolognese.

Quanto a Bebena la sua storia è impressionante. Aveva 38 anni, viene definita nomade ma in realtà era bosniaca, Husovic il suo cognome, veniva da Mostar ma era in Italia ormai da 30 anni.
Arrestata il 4 giugno, due giorni dopo si è impiccata con un lenzuolo, come era accaduto il 25 novembre a un altro detenuto "nomade" (anche i profughi di guerra venuti dal Balcani nell’ultimo decennio e che in Italia non hanno trovato aiuto finiscono per mescolarsi con i rom e così vengono etichettati pur se non appartengono a quest’etnia). Aveva 6 figli, 3 le erano stati tolti e gli altri vivevano con i genitori nell’accampamento di via Peglion, nei pressi della Tangenziale.
Per cumulo di condanne ("piccole" ma numerose) le avevano tolto gli arresti domiciliari e sarebbe dovuto rimanere in prigione fino al 2008.

Sulla storia che ha spinto gli Husovic verso il crimine grava una controversa vicenda: anni fa avevano acquistato a Bologna il terreno sul quale vivevano ma il Comune li aveva espropriati "senza alcun indennizzo" appunto perché la zona era troppo a ridosso della tangenziale.
Beba e suo marito erano ricorsi al Tar (Tribunale amministrativo regionale) che non ha ancora definito la causa. I tempi lunghi dei processi e del carcere: il tempo troppo breve di un lenzuolo e di una rapida, dolorosa morte per Beba Husovic. Un anno di vita e una festa senza gioia per i gemelli della cella accanto.

Padova: risultati indagine su comunità terapeutiche del Veneto

 

Redattore sociale, 11 giugno 2004

 

Presentati oggi al Caffè Pedrocchi gli obiettivi e i primi risultati dell’indagine "Management non Profit" sul privato sociale attivo in Veneto nel sistema delle dipendenze. Lo studio, affidato al Co.Ve.S.T. (Coordinamento Veneto Strutture Terapeutiche) dalla Regione Veneto, ha lo scopo di trarre indicazioni utili per una integrazione più efficace dei servizi tra pubblico e privato-sociale. Obiettivi dell’indagine sono: rilevare la reale condizione dei servizi erogati dal privato sociale nel Veneto; elaborare soluzioni percorribili e fornire strumenti organizzativi e manageriali per migliorarne la qualità. 

"È un’indagine che sentivamo necessaria perché le comunità sono in una fase di trasformazione e di ridefinizione e stanno sviluppando servizi e attività aggiuntive rispetto a quelle previste dalle normative regionali" ha spiegato Fabio Ferrari, neopresidente del Co.Ve.S.T., che riunisce 27 delle 31 comunità accreditate dalla Regione Veneto. "Queste attività costituiscono nel loro insieme un valore aggiunto all’operato del privato sociale e contribuiscono a migliorare il bilancio sociale del Veneto nel settore delle dipendenze".

Antonio De Poli, assessore regionale alle politiche sociali, ha aggiunto: "L’obiettivo da perseguire è quello della pari dignità tra privato-sociale (comunità terapeutiche) e pubblico (Ser.T.) per realizzare la miglior sinergia e il più efficace coordinamento possibili in vista di due obiettivi: primo, prevenire l’uso e l’abuso delle droghe e dell’alcol e, secondo, fornire il più adeguato percorso di recupero di fronte ai ragazzi che sono caduti nella spirale delle dipendenze".

I servizi "ufficiali", che riguardano oltre 2200 ragazzi inseriti nelle strutture terapeutiche del Veneto (dati fine 2003), sono: servizi di pronta accoglienza residenziale (7), terapeutico-riabilitativi (18), specialistici per soggetti con comorbilità psichiatrica (9), di reinserimento socio-lavorativo (15), per i minori (madre-bambino) (4). Tra i servizi aggiuntivi che le comunità offrono nell’area terapeutico-riabilitativa: 15 servizi di consulenza di primo livello, con l’istituzione di centri d’ascolto anche presso parrocchie, consigli di quartiere e centri di aggregazione; gruppi di auto aiuto e di supporto alle famiglie, anche di persone non in programma; supporto a molti dei ragazzi che finiscono il programma (al momento circa 800).

Servizi ufficiali e aggiuntivi sono attuati con l’apporto delle risorse di una rete che, estesa su tutto il territorio veneto, coinvolge 30 cooperative di lavoro, 50 associazioni di volontariato, 1500 volontari attivi, 1200 famiglie.

Rimini: la polizia penitenziaria chiede rinforzi

 

Corriere della Romagna, 11 giugno 2004

 

Con la stagione estiva ormai iniziata si ripresenta il problema organico della Casa circondariale di Rimini. La Funzione pubblica della Cgil si rivolge alle forze politiche e amministrative dello Stato per chiedere il potenziamento del personale in vista del "notevole sovraffollamento della popolazione detenuta, che, in estate, aumenta anche più del 100%.

Non può essere addebitato solo al caso - sottolinea una nota della segreteria provinciale della Fp Cgil Rimini - che l’istituto di Rimini, in regione sia secondo soltanto a quello di Bologna per numeri di ingressi superando di gran lunga istituti strutturalmente superiori e di gran lunga più ampi di quello riminese.

I dati relativi agli ingressi dei detenuti dovrebbero essere presi in considerazione ai fini di un possibile potenziamento del personale di polizia penitenziaria non soltanto in occasione della stagione estiva ma per la stabilizzazione di un organico adeguato ai servizi necessari a garantire la sicurezza dell’istituto per l’intero anno.

Ora - prosegue la nota - il Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria deve assumersi le proprie responsabilità per garantire la sicurezza e l’ordine pubblico in vista della imminente stagione estiva mentre ai rappresentati istituzionali locali, che già da tempo si sono attivati, si chiede di prestare la stessa attenzione riservate ad altre forze di polizia anche ai problemi legati all’organico della polizia penitenziaria. In conclusione ricordiamo che in estate i riposti settimanali sono per il personale della Casa circondariale come dei miraggi per non parlare del congedo ordinario pressoché impossibile".

Roma: a fuoco cooperativa di detenuti "made in jail"

 

Il Messaggero, 11 giugno 2004

 

Distrutta l’altra notte da un incendio la sede della cooperativa "Made in jail" in via Dina Galli, a Fidene, che produceva t-shirt lavorate da detenuti ed ex detenuti in varie carceri d’Italia. Il presidente della cooperativa, Silvio Palermo, parla di incendio doloso: "I vigili del fuoco non escludono un corto circuito elettrico: peccato che nella sede non esisteva un impianto elettrico".

Secondo il rapporto stilato da pompieri e polizia, la bottega risultava perfettamente chiusa e sul luogo non sono state ritrovate tracce o residui di materiale incendiario. L’impianto elettrico improvvisato era costituito da alcuni cavi volanti.

Brescia: detenuti senza colpa, quando la giustizia sbaglia e paga

 

Giornale di Brescia, 11 giugno 2004

 

Il "caso bresciano" più significativo è quello, per ora, del neofascista Cesare Ferri, indagato e arrestato nella seconda inchiesta sulla strage di piazza della Loggia (g. i. Paolo Zorzi; pm Michele Besson, Carlo Zaza, Francesco Pianton), ma assolto dalla Corte d’assise. La sua carcerazione preventiva o cautelare (cioè prima della sentenza) è stata considerata ingiusta e per questo gli è stato riconosciuto un indenizzo liquidato con cento milioni di lire, il massimo previsto a quel tempo. Eravamo tra gli anni Ottanta e Novanta, ma oggi per la riparazione dell’ingiusta detenzione (articoli 314 e 315 del codice di procedura penale) si può arrivare al miliardo di vecchie lire, esattamente 516.456,90 euro.

Somma che diventa di molto superiore, teoricamente illimitata, nei casi di "errore giudiziario": condanne definitive a lunghe detenzioni o addirittura all’ergastolo di persone poi riconosciute innocenti. Recente, a quest’ultimo riguardo, è la vicenda di Daniele Barillà, l’imprenditore lombardo che ha passato in carcere 7 anni, 6 mesi e dieci giorni perché scambiato per un trafficante di droga dai Ros di Genova.

La Corte d’appello del capoluogo ligure gli ha accordato un maxirisarcimento di otto miliardi di vecchie lire, che la Corte di Cassazione ha però ridotto a quattro. Sulla diversa valutazione e quantificazione del danno pende un ricorso. Ma comunque vada a finire questa storia, sarà la più alta riparazione pecuniaria finora riconosciuta nel nostro Paese. A Brescia sono una ventina ogni anno le istanze alla Corte d’appello per ottenere l’indennizzo di una ingiusta detenzione.

La sentenza viene decisa collegialmente, dopo una o più udienze in camera di consiglio e sulla base di una documentazione molto ampia. Il successo delle domande di ex "ingiusti detenuti" di Brescia, Bergamo, Cremona, Mantova e Crema, è decisamente contenuto: mai oltre il 30-40 per cento. Un numero che, invece, cresce di molto al Sud: a Lecce, ad esempio, lo scorso anno è stato superato l’86%, sia pure in misura ridotta del "quantum" della pretesa.

Ottenere una sentenza favorevole non è tuttavia semplice, fatte le dovute eccezioni, come abbiamo visto. Per raggiungere l’obbiettivo servono requisiti e circostanze ben certificati e rigorosamente accertati. Uno degli ostacoli che più frequentemente s’incontrano è dato dal comportamento processuale di chi chiede il risarcimento: deve essere stato assolutamente trasparente e collaborativo in modo da non avere, per dolo o per colpa grave, tratto in inganno il giudice nell’accertamento della verità, pena il rigetto della domanda.

Proprio per questa ragione l’indennizzo per la detenzione subìta è stato ad esempio negato ad un bresciano, sottufficiale delle forze dell’ordine, arrestato per una storia di concussione a luci rosse, imprigionato per sei mesi e poi assolto. Il suo comportamento durante l’indagine è stato però tale da indurre il giudice a disporne la carcerazione cautelare. Richiesta respinta, perciò.

La "domanda di riparazione" deve essere presentata, entro due anni dal giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile, alla cancelleria della Corte d’appello del distretto giudiziario in cui il verdetto è stato pronunciato.

L’indennizzo mai corrisponde a tabelle o parametri fissi, che del resto non esistono. Con la sola eccezione del tetto massimo raggiungibile: un miliardo circa di vecchie lire, come abbiamo già riferito. "La somma stabilita per la riparazione - spiega l’avv. Roberta Gamberale, responsabile del Centro studi Oua di Roma (Organizzazione unitaria dell’avvocatura italiana) - non ha carattere risarcitorio, ma di indennizzo ed è perciò determinata in via equitativa.

Il giudice, infatti, dovrà tenere conto delle conseguenze di carattere morale e psicologico derivate dalla detenzione, in considerazione del fatto che esse rientrano tra le "conseguenze personali e familiari". Il giudizio di equità, pertanto, potrà avere solo il limite interno della ragionevolezza e quello esterno della congrua motivazione, dovendo il "quantum" dell’indennizzo per l’ingiusta detenzione essere determinato senza riferimento a termini o valori meramente aritmetici, ma attraverso un prudente e globale apprezzamento della situazione dedotta, nell’ambito discrezionale che può e deve essere il più ampio possibile". Una volta completate tutte le procedure esecutive della sentenza ed in assenza di ricorsi, il Ministero del tesoro, ricevuta la necessaria documentazione dall’Avvocatura dello Stato, liquida la somma stabilita dalla Corte d’appello nel volgere di otto mesi.

Brescia: sussidi dalle banche per i carcerati che studiano

 

Giornale di Brescia, 11 giugno 2004

 

Nei giorni scorsi, la Banca credito cooperativo del Garda ha consegnato alla Casa circondariale di Canton Mombello tutto il materiale didattico necessario a consentire ai detenuti la frequenza dei corsi scolastici di alfabetizzazione e scuola media, gestiti dall’Istituto comprensivo Franchi del Villaggio Sereno e del corso per geometri tenuto dall’Istituto tecnico "Tartaglia" di viale Oberdan.

La Bcc del Garda, dopo aver appreso che nei mesi scorsi un detenuto aveva potuto diplomarsi grazie alla iniziativa della direttrice del carcere, dott. Gloria Manzelli, si è prontamente messa in contatto con l’Istituto di pena per valutare le eventuali necessità, apparse subito rilevanti.

Le aule infatti mancavano praticamente di tutti i supporti necessari, anche di base e tale lodevole iniziativa rischiava di non poter essere portata avanti. La Bcc del Garda, in quanto banca del territorio e attenta alle esigenze della comunità in cui opera, non poteva certamente rimanere estranea a queste necessità e quindi ha voluto concretizzare la sua presenza, mettendo a disposizione gli strumenti per consentire la prosecuzione del progetto di reinserimento dei detenuti.

I supporti scolastici donati sono composti da un congruo numero di vocabolari italiano - russo, italiano - arabo e cinese, oltre a carte ed atlanti geografici ed in particolare da tutti quegli strumenti tecnici , nonché della cancelleria necessaria per un intero anno scolastico. È poi già stata prevista la consegna di personal computer, per la creazione di un’aula informatica.

Milano: "Evasioni in musica", concorso per i detenuti di San Vittore

 

Ansa, 11 giugno 2004

 

Poesie, canzoni, sceneggiate napoletane: con il concorso "Evasioni in musica" i detenuti del carcere di San Vittore evadono con la mente. Alla preselezione del concorso musicale hanno preso parte un centinaio di reclusi in maggioranza uomini: la prova si svolgerà il 17 giugno nell’ottagono di San Vittore alla presenza di giornalisti e dei detenuti. I vincitori prenderanno parte, il 30 ottobre prossimo, a una serata di gala al Circolo della Stampa.

 

 

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