Legge contro la tortura

 

Tortura, perché no? Lo stop in Commissione

 rivela lo stato del dibattito. Infuriate le associazioni

 

Il Manifesto, 5 dicembre 2003


Ciò che è accaduto mercoledì in Commissione giustizia a Montecitorio sull’introduzione del reato di tortura potrebbe essere visto come l’esempio massimo di cosa sia diventato il dibattito su giustizia, garanzie e diritti in questo paese. I mille dubbi con cui uno schieramento eterogeneo di deputati di Quercia, Carroccio e Fiamma ha negato la sede legislativa alla legge che sanziona un pubblico ufficiale che estorce mediante tortura fisica o psicologica informazioni a una persona privata della libertà, sono, a vederli con benevolenza, almeno paradossali. I Ds, rappresentati dal deputato Francesco Bonito, hanno motivato la loro decisione esprimendo il timore che "fini giusti vengano trasferiti nell’illegalità". La tortura, va da sé, non ammette fini giusti. Allora il ragionamento attribuirebbe agli avvocati l’intenzione di evocare a sproposito un atto tanto odioso contro chi indaga sui propri assistiti? A questo è arrivato il dibattito sulla tutela dello stato di diritto?

Forse sono gli strascichi perversi indotti da lodi, leggi cirami e ricusazioni. Forse no. Forse c’è l’evocazione ossessiva di una "società della paura". Forse si tratta di nostri "illegittimi sospetti". Ma sulla tortura non possono esserci mezze misure. E’ una lesione dei diritti umani che l’Italia persegue fin dal 1984, con un trattato firmato in sede Onu, in tutti gli organismi europei ed internazionali. Misteriosamente però non è ancora un reato penale specifico previsto nel nostro ordinamento. Una lacuna che la vicenda di Bolzaneto ha evidenziato in tutta la sua luce sinistra.

Martedì si era a pochi passi da una norma che colmasse un ritardo tutto italiano. Ma per iniziare a discutere su "come" e "quanto" dire no alla tortura si dovrà attendere, se va bene, il prossimo gennaio. Il testo Mormino sembrava un punto di equilibrio tra le diverse sensibilità politiche e da un lato riprende alla lettera il trattato di New York, dall’altro è un testo su cui si espresse con favore anche Piero Fassino quando era ministro della giustizia.

Mauro Palma, membro italiano del Comitato europeo per la prevenzione della tortura non nasconde il rammarico: "L’ultimo testo presentato in commissione recepisce la definizione di tortura data dalla convenzione internazionale dell’Onu e in quanto tale poteva essere adottato rapidamente". "Quando la legge sarà all’esame dell’aula - ha continuato Palma - è essenziale che si tenga ferma l’assoluta proibizione di qualsiasi maltrattamento di persone private della libertà, sia al fine improprio di ottenere una confessione, sia per infliggere umiliazioni, sia per motivi di discriminazione. Resta infine tutto lo stupore per alcune posizioni che tendono a negare che vi sia la necessità di introdurre questo reato, quando la storia di questi anni dimostra esattamente l’opposto".

Molto critici anche le camere penali, l’Unione donne in Italia e l’associazione Antigone, che sollecitano un’approvazione rapida e solenne della legge anti-tortura da parte del parlamento. Un anno fa, era il 10 dicembre, molti deputati promisero ad Amnesty International che il provvedimento sarebbe diventato legge in pochi mesi. Il risultato è sotto gli occhi di tutti.

 

 

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