Rassegna stampa 1 dicembre

 

Torino: detenuto di 48 anni muore d’infarto alle Vallette

 

La Stampa, 1 dicembre 2004

 

Alla lettura della sentenza di primo grado, aveva sventolato una delle sue manone per richiamare l’attenzione: “Non uscirò vivo dal carcere. Morirò molto prima di aver scontato tutti questi anni”. Più di 28. Se non una vita, almeno mezza. C’è chi si rassegna, chi no.

Domenico Cante apparteneva a quest’ultima categoria di detenuti. Un infarto se l’è portato via l’altra notte, dopo una vana corsa verso il pronto soccorso del Mauriziano. Il terzo infarto della sua esistenza che aveva svoltato improvvisamente nell’estate 1996, dopo l’inconsueto e geniale colpo alle Poste, che lo vide prima gregario, poi protagonista per aver liquidato in una roulotte, insieme al complice e amico di sempre Ivan Cella, i due ideatori e primi esecutori della sostituzione “in corsa d’opera” del denaro versato per l’Ici con sacchi di carta straccia.

Giuliano Guerzoni e Enrico Ughini sembravano spariti verso un’altra vita, quella sognata nelle loro nebbie padane di provincia, dorata come il sole e le donne sudamericane. E invece erano finiti sotto pochi centimetri di terra, a settecento metri in linea d’aria dalla casa dell’autista del furgone, in Valsusa.

Cante è morto a 48 anni d’età, a pochi giorni dall’aver dato con successo un esame di idoneità per avvicinarsi al diploma di geometra. Non si può dire che cercasse la morte per quanto, cardiopatico e diabetico, fosse diventato anche bulimico. Divorava la fame e il bisogno di tutti i detenuti, per lui assoluto, di respirare aria pura, magari pure quella inquinata, diversa comunque dall’aria stagnante della vita quotidiana dietro le sbarre. E divorava istanze di differimento pena o arresti domiciliari, codici e avvocati.

All’ultimo legale, Mauro Carena, aveva appena dato l’incarico di preparare la richiesta di revisione del processo. Eppure aveva confessato, a ruota di Cella di cui si era descritto come l’eterno succube: “Sì, ho ammesso anch’io dopo di lui, ma non è andata come avevamo raccontato in procura all’inizio del processo in Corte d’assise. Io non ho ucciso”.

L’avvocato non dice molto di più. Solo un accenno al bottino (2 miliardi e 52 milioni di lire in contanti, un po’ poco per definire il quartetto gli uomini d’oro del colpo alle Poste). “Un bottino che è sparito. - chiosa il legale - Posso solo aggiungere qualcosa che mi ha colpito nelle parole di Cante: “Avvocato, quei soldi non li più rivisti, non li ho, ma lei sarà pagato”. Come se qualcun altro fosse in grado di provvedere al posto suo”.

Un mistero che ritorna dal passato? Si sapeva che Cella, fuggito rocambolescamente in Albania, finito in carcere a Tirana e ritornato libero per l’implosione del paese, venne arrestato dopo un anno di vani inseguimenti nell’armadio di un appartamento dall’altra parte del mondo. Bolivia. Come un modesto Butch Cassidy, nemmeno simpatico e guascone come il leggendario rapinatore di treni.

Un film di Tavarelli, “Qui non è il Paradiso”, ha ricostruito con sapienza le colline di Guerzoni, quel suo girare in tondo attorno al chiodo fisso del colpo senza spargimento di sangue che lo avrebbe reso ricco insieme al fedele Ughini.

Loro, dipendenti postali, che da anni vedevano sfilare i miliardi sotto gli occhi. Ci aveva pensato e ripensato, finché non lo mise a punto il piano perfetto: Ughini si sarebbe nascosto nel caveau vuoto del blindato, lui gli avrebbe consegnato i sacchi da sostituire. Fatto. E via, a spartire il bottino sulla strada per la Francia con l’autista (Cante) che doveva essere complice, altrimenti niente da fare.

Nel film Cante e Cella compaiono alla fine, per sparare. Cante non lo sopportava quel film, diceva che ogni volta che la pellicola ripassava in tv erano gli altri detenuti a “cantargliela”. Prima di andarsene ha consegnato il suo testamento: “Io non ho ucciso”.

Nuoro: detenuti in protesta chiedono ispezione ministeriale

 

Redattore Sociale, 1 dicembre 2004

 

Nuovo allarme carceri in Sardegna. Dalla mezzanotte di oggi e per tre notti consecutive i detenuti del carcere nuorese di Badu e Carros protesteranno battendo sulle sbarre delle celle per chiedere, ancora una volta, interventi urgenti per mettere fine ad una situazione igienico sanitaria ormai non più sostenibile. L’iniziativa è stata annunciata con una lettera, inviata agli organi di informazione, firmata da 33 reclusi che chiedono un’ispezione ministeriale ed un incontro con il magistrato di sorveglianza.

La situazione igienico sanitaria del penitenziario è drammatica soprattutto nelle celle, aggravata da un generale decadimento della struttura nella quale mancano interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione. Condizioni che aggravano la reclusione come denunciato anche dai parlamentari che negli ultimi anni hanno compiuto visite all’interno del carcere e che sono state puntualmente descritte in un’interrogazione presentata dall’onorevole Giuliano Pisapia.

Nella lettera i detenuti annunciano che la protesta sarà messa in atto dai soli reclusi del continente per evitare che i sardi siano trasferiti ("deportati in continente" si legge testualmente), come già avvenuto. Parlano inoltre di reclusione "in un ambiente difficile e ostile, angusto e malsano" ma denunciano anche la mancanza di educatori, assistenti sociali e medici e la mancanza di opportunità di lavoro.

Problemi che sono stati al centro di una lunga vertenza degli stessi sindacati dei poliziotti penitenziari. "Qualcosa si è mosso dopo la nomina del direttore Paolo Sanna ora in pianta stabile come il comandante delle guardie ma per gli interventi strutturali - sostengono i detenuti - manca sinora un impegno concreto da parte del Ministero di Giustizia".

Nuoro: detenuti protestano per condizioni igieniche

 

Agi, 1 dicembre 2004

 

Dalla mezzanotte di oggi e per tre notti consecutive i detenuti del carcere nuorese di Badu e Carros protesteranno battendo sulle sbarre delle celle per chiedere, ancora una volta, interventi urgenti per mettere fine ad una situazione igienico sanitaria ormai non più sostenibile.

L’iniziativa è stata annunciata con una lettera, inviata agli organi di informazione, firmata da 33 reclusi che chiedono un’ispezione ministeriale ed un incontro con il magistrato di sorveglianza. La situazione igienico sanitaria del penitenziario è drammatica soprattutto nelle celle, aggravata da un generale decadimento della struttura nella quale mancano interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione.

Condizioni che aggravano la reclusione come denunciato anche dai parlamentari che negli ultimi anni hanno compiuto visite all’interno del carcere e che sono state puntualmente descritte in un’interrogazione presentata dall’onorevole Giuliano Pisapia. Nella lettera i detenuti annunciano che la protesta sarà messa in atto dai soli reclusi del continente per evitare che i sardi siano trasferiti ("deportati in continente" si legge testualmente), come già avvenuto.

Parlano inoltre di reclusione "in un ambiente difficile e ostile, angusto e malsano" ma denunciano anche la mancanza di educatori, assistenti sociali e medici e la mancanza di opportunità di lavoro. Problemi che sono stati al centro di una lunga vertenza degli stessi sindacati dei poliziotti penitenziari. Qualcosa si è mosso dopo la nomina del direttore Paolo Sanna ora in pianta stabile come il comandante delle guardie ma per gli interventi strutturali - sostengono i detenuti - manca sinora un impegno concreto da parte del Ministero di Giustizia.

Firenze: Sollicciano, si paga persino la posta interna

 

Vita, 1 dicembre 2004

 

"La corrispondenza fra detenuti va affrancata. Queste sono le norme", ha spiegato il direttore di Sollicciano. Nel carcere fiorentino di Sollicciano i detenuti non possono più scambiarsi la corrispondenza di cella in cella attraverso un servizio interno gratuito, come avveniva in passato. Ora i detenuti sono costretti a comprare i francobolli, affrancare le lettere e poi chiedere di spedirle attraverso il normale iter postale.

La situazione è stata denunciata da Franco Corleone, garante dei diritti delle persone private della libertà del Comune di Firenze, il quale ha specificato che in passato era la polizia penitenziaria a smistare lettere interne o domande per gli uffici interni.

"Queste sono le norme - spiega il direttore del carcere, Oreste Cacurri - e da un paio di mesi è stato deciso di farle rispettare. Solo chi non ha soldi, dopo aver fatto una domanda, può avere la possibilità di far recapitare la corrispondenza interna senza affrancatura".

Firenze: a Sollicciano si riunirà consiglio comunale aperto

 

Nove da Firenze, 1 dicembre 2004

 

L’obiettivo è quello di promuovere una cultura dell’umanizzazione della pena, anche mediante iniziative legislative che garantiscano ai detenuti il concreto rispetto dei loro diritti fondamentali. Per questo il presidente del consiglio comunale Eros Cruccolini ha incontrato, ieri mattina in Palazzo Vecchio, alcuni parlamentari fiorentini. Erano presenti gli onorevoli Giovanni Bellini, Beatrice Magnolfi (che fa anche parte della commissione giustizia) e Valdo Spini. Il capogruppo di Alleanza Nazionale Riccardo Sarra rappresentava invece l’onorevole Riccardo Migliori. Da parte sua l’onorevole Vannino Chiti ha dato la propria disponibilità a impegnarsi su questi argomenti.

È stato Franco Corleone, nominato dal Comune garante a tutela delle persone private della libertà personale ed ex sottosegretario alla Giustizia dal 1996 al 2001 proprio con delega alla giustizia minorile e al carcere, a introdurre l’incontro, fissato anche per preparare il consiglio comunale aperto che si terrà il 13 dicembre a Sollicciano. In questa seduta dell’assemblea di Palazzo Vecchio saranno affrontati i problemi dei detenuti ma anche quelli della polizia penitenziaria. Ai parlamentari il presidente del consiglio comunale ha chiesto "iniziative concrete che risolvano, anzitutto, il problema del sovraffollamento a Solicciano: parte dei detenuti potrebbero essere subito trasferiti al carcere di Ancora, che è stato appena terminato, o nei carceri che sono in corso di ultimazione a Perugia, Sant’Angelo dei Lombardi e Reggio Calabria".

Durante l’incontro, al quale ha partecipato anche la presidente della commissione consiliare per le politiche sociali e della salute Susanna Agostini, è stato fatto il punto su alcune iniziative legislative: la legge quadro per il "garante dei diritti dei detenuti", relatore Nitto Palma, che presto dovrebbe arrivare in aula; quella sull’ordinamento penitenziario minorile il cui testo non è stato ancora discusso e la proposta di legge sulla "affettività in carcere". Proprio l’onorevole Magnolfi ha proposto che il "comitato carceri" della commissione giustizia visiti alcune istituti penitenziari della Toscana: quello di Sollicciano, quello psichiatrico di Montelupo, il carcere minorile di Firenze ed il carcere femminile a custodia attenuata di Empoli. Il presidente Cruccolini ha auspicato che entro dicembre "il consiglio regionale approvi il progetto di legge dell’assessore alla sanità Enrico Rossi per garantire uguale assistenza e cura a tutti indistintamente, detenuti o no, secondo il dettato costituzionale che tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo". Una relazione dell’incontro di ieri sarà inviata dal presidente del consiglio comunale a tutti i parlamentari, di centrodestra e di centrosinistra, dell’area fiorentina.

Giustizia - Ambiente: progetto per il recupero di Pianosa

 

Comunicato Stampa Ministero Giustizia, 1 dicembre 2004

 

Il recupero ambientale dell’isola di Pianosa - che fino a pochi anni fa ospitava un istituto penitenziario - mediante l’utilizzo di detenuti che saranno impiegati a presidio dell’ambiente, rifacimento di tratti stradali disconnessi, recupero e manutenzione di edifici, raccolta e smaltimento di rifiuti. Questo il contenuto di un accordo tra il ministero della Giustizia e il ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio, uniti per promuovere azioni che prevedono l’utilizzo della popolazione reclusa in progetti di tutela delle aree protette.

Il piano esecutivo viene discusso giovedì 2 dicembre, presso la Prefettura di Livorno, nella conferenza di servizio cui partecipano rappresentanti del ministero dell’Ambiente, dell’Amministrazione penitenziaria, degli Enti locali e dell’Ente Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano. Il progetto nasce lo scorso 8 giugno, con la firma di un protocollo d’intesa pensato in funzione di due obiettivi:

1. il dovere dello Stato di assicurare il reinserimento sociale dei detenuti attraverso l’offerta di opportunità concrete di lavoro, anche in vista del loro futuro post-detentivo;

2. la tutela del territorio come bene comune.

L’accordo prevede oltre al coinvolgimento del mondo delle istituzioni, anche l’intervento dell’imprenditoria privata, delle associazioni di volontariato e dei cittadini sul modello di altre iniziative di recupero ambientale già sperimentate con successo, come quelle della pulizia e manutenzione dei percorsi di montagna del Parco naturale della Val Grande e della spiaggia di Arona sul lago Maggiore ad opera dei detenuti del carcere di Verbania, o del reimpiego dei rifiuti recuperabili della casa circondariale di Prato.Nel corso della conferenza viene presentata, inoltre, anche la "Settimana del recupero ambientale", iniziativa in programma dal 18 al 25 dicembre.

Birmania: liberi 9 mila detenuti, ma non è svolta

 

Giornale di Brescia, 1 dicembre 2004

 

Il regime militare di Myanmar (ex Birmania), al potere dal 1962, e che si ispira a una sorta di cupo comunismo autarchico, ha messo in libertà 9.248 detenuti, di cui aveva promesso la scarcerazione già un paio di settimane fa.

"Tutti i prigionieri la cui liberazione era stata annunciata dal governo sono stati scarcerati venerdì sera" ha comunicato un dirigente birmano. La giunta , guidata dal generale Than Shwe, 72 anni, aveva colto tutti di sorpresa annunciando, il 18 novembre scorso, che 3.937 prigionieri sarebbero stati liberati in tutto il Paese. Alla fine, il provvedimento è stato esteso ad altri 5.311 detenuti per un totale di oltre 9mila. Tra le persone liberate, tuttavia, pochi i prigionieri politici.

E, in ogni caso, questo provvedimento di clemenza, secondo gli esperti, non prelude affatto ad una maggior "apertura" da parte del regime. Anzi, Amnesty International afferma nel suo ultimo rapporto che i prigionieri politici in Myanmar sarebbero almeno 1.350. Solo poche decine di loro figurano tra gli oltre 9mila di cui stiamo parlando. Tra i beneficiari dell’atto di clemenza non c’è la signora Aun Suu Kyi, premio Nobel per la pace 1991, il cui partito (Lnd: Lega nazionale per la democrazia) aveva vinto le elezioni birmane nel 1990 (ma la giunta con un colpo di mano le aveva invalidate). La signora Kyi è da due decenni perseguitata dal regime e si trova da mesi agli arresti domiciliari, impossibilitata a telefonare e a ricevere visite se non autorizzate dalla giunta militare. In libertà, con i 9mila, è stato invece messo il noto giornalista, Win Tin, 74 anni: era in prigione da 14 anni.

È uno dei giornalisti e degli oppositori più conosciuti della Birmania; ha problemi di salute e la sua liberazione era stata chiesta con insistenza dall’Onu e da varie organizzazioni umanitarie. Libero è pure tornato un altro dei più importanti prigionieri politici del Myanmar, Min Ko Naing, leader delle proteste studentesche del 1988. Era detenuto da allora. Insieme a lui sono usciti dal carcere anche alcuni altri importanti membri della Lnd come Kyaw San, Ohn Maung, Toe Bo e Aung Zin. Ma la lista degli oppositori graziati si ferma qui. I dirigenti dell’Lnd si aspettavano di vedere aprirsi le porte delle carceri per almeno 400 dei loro militanti, ma così non è stato. "Sono veramente deluso ma continuo a sperare che altri annunci di simili liberazioni continuino, soprattutto per quanto riguarda i prigionieri politici" ha dichiarato il portavoce della Lnd,U Lwin.

Se la giunta non libera più prigionieri politici "tutto ciò non avrà nessun senso", ha aggiunto.Secondo gli analisti, le oltre 9mila liberazioni sono da collegare all’apertura, oggi in Laos, del vertice dei Capi di Stato e di governo dell’Asean, l’Associazione delle nazioni del Sudest asiatico, che avrebbe fatto sapere a Yangon (ex Rangoon) che era tempo di fare concessioni. La maggior parte dei 9.248 prigionieri liberati, erano stati arrestati dietro direttiva dell’Ufficio di Intelligence Nazionale, i cui vertici erano la lunga manus del primo ministro Khin Nyant, deposto a metà ottobre. Lo stesso Ufficio di Intelligence è stato abolito alla fine di ottobre. Nyant era stato capo dell’intelligence militare per una ventina d’anni, prima di diventare primo ministro.

È stato deposto dalla giunta per presunta corruzione ed è attualmente agli arresti domiciliari. La sua defenestrazione è considerata dagli osservatori come una mossa del capo della giunta militare, generale Than Shwe, per consolidare il suo potere e promuovere una maggiore presenza dei "falchi" delle forze armate nei posti chiave. Da tempo, c’è un braccio di ferro tra l’intelligence militare e le forze armate che governano il paese da oltre 40 anni. Lo sfoltimento delle carceri fa parte dunque di un gioco di potere e purtroppo non sembra preludere a una nuova primavera a Yangoon.

Massa: lettera dal carcere per ringraziare Serse Cosmi

 

Secolo XIX, 1 dicembre 2004

 

I detenuti del carcere di Massa, che per iniziativa del direttore Iodice hanno ricevuto nei giorni scorsi la visita dell’allenatore del Genoa Serse Cosmi, gli hanno scritto una toccante lettera di ringraziamento: "Di personaggi più o meno noti al grande pubblico ne abbiamo conosciuti, e stretto la mano a molti, tra queste quattro mura. L’ultima occasione, solo in ordine di arrivo, è stata la visita dell’allenatore del Genoa Serse Cosmi".

La personalità di Cosmi ha colpito molto: "Scoprire in lui il lato più complesso dell’animo umano è stato facile - scrivono i detenuti - È una persona speciale, non diciamo niente di nuovo ai tifosi e a chi già lo conosceva, ma per noi è stato qualcosa di più. La stima verso le persone che la meritano, l’altruismo nei confronti dei bisognosi, la passione che mette in ciò che fa, ma anche la sua rabbia ("ti spezzo una gamba") e il suo tormento sconfinano in un pozzo di limpidezza senza fine. Caro Serse, permettici di chiamarti affettuosamente così, quello che ci hai insegnato con la tua fermezza e spontaneità si ripercuoterà in maniera positiva nella nostra fragilità e ci permetterà di riconquistare ogni giorno la nostra forza, quella che abbiamo usato per distruggerci, e di essere pronti a confrontarsi per un avvenire migliore".

"A ognuno di noi - si conclude la lettera - rimane non solo il tuo dono con autografo, ma anche la convinzione di aver conosciuto un personaggio unico da cui attingere speranza per una vita migliore. Te lo diciamo con un semplice "Grazie per essere stato tra di noi". Ciao a presto".

Droghe a scuola: l’attenzione del Tribunale dei Minori...

 

Quotidiano di Calabria, 1 dicembre 2004

 

Riprese a pieno ritmo le riunioni mensili organizzate dal presidente del Tribunale dei Minori Domenico Blasco, affiancato dal giudice Carlo Caruso, e rivolte a tutti gli operatori minorili.

Operatori che, in vero, rispondono agli appuntamenti in numero scarso. Nell’incontro di giovedì scorso, si è ripreso il delicato problema della droga nelle scuole, tema molto caro ai giudici minorili e sfociato qualche giorno fa in indagini più approfondite da parte delle Forze dell’Ordine. Una piccola battaglia vinta, ma non basta.

"Quello che noi vogliamo ­ spiegano Domenico Blasco e Carlo Caruso - è debellare definitivamente il fenomeno, non reprimendo ma prevenendo. Eppure, c’è ancora molta reticenza da parte dei dirigenti scolastici e dei docenti a denunciare, c’è una barriera tra la scuola e il Tribunale dei minori, anche nei fenomeni di bullismo la scuola tende a mascherare: per non scontrarsi con la famiglia? per paura? Sta di fatto che in quest’incontro non c’è una sola rappresentanza scolastica, come non c’è nessuno delle Forze dell’Ordine".

"Se hanno paura ­ ha riflettuto Carlo Caruso ­ hanno ragione, non hanno strumenti adatti per affrontare queste situazioni. Ci sono casi in cui i genitori segnalano fenomeni inquietanti, all’interno delle scuole, ma poi ritrattano, lasciandoci in serie difficoltà. Noi non vogliamo cercare il cattivo ma portare alla luce il problema. In tutti i casi, puntiamo al benessere del minore, fenomeni come bullismo e droga possono arrivare da problemi familiari gravi. Il minore con condotta irregolare è un minore da assistere".

"E ciò che noi vogliamo ­ ha rafforzato il presidente Blasco ­ è andare alle origini del problema. Nell’ultimo incontro, poi, qualcuno della Polizia ci ha detto con assoluta certezza che nelle scuole non circola droga, e questo ci ha lasciato molto perplessi".

"Eppure ­ fa eco il dottor Caruso ­ le notizie dei cani in una scuola che hanno trovato fondati i nostri sospetti non lascia dubbi, perché far finta di niente? Noi non vogliamo i ragazzi in carcere, vogliamo solo che non si droghino". Il fenomeno è vecchio come il mondo, in città, eppure molti dirigenti scolastici fanno finta che non esiste, meglio dire che nel proprio Istituto si fanno progetti, gare, balli piuttosto che denunciare drammi che comunque coinvolgono non solo la scuola ma tutta la società.

"Il preside ­ incalza il presidente del Tdm ­ in quanto pubblico ufficiale ha l’obbligo di denunciare qualsiasi elemento di un reato perseguibile d’ufficio. Importante è anche la sinergia con le Forze dell’ordine, con controlli periodici sul territorio, ogni tanto il poliziotto con il cane che passa per le scuole che servi da deterrente o per smascherare il reato. Importante è che tutti ci troviamo concordi, perché non si fa l’interesse del soggetto che non viene bloccato nel suo intento criminoso".

Da alcuni operatori presenti è poi arrivata una grave segnalazione: sospettando che un ragazzo avesse i genitori tossicodipendenti, si erano rivolti al Ser.T. per avere maggiori informazioni, trovandosi però dinanzi un muro, nella paura della violazione della privacy."Rivolgetevi a noi ­ ha risposto accorato il magistrato Caruso ­ a noi devono darle, le risposte. C’è prima una vita da salvaguardare e poi una privacy da tutelare".

Un pensiero è volato verso Francesco, giovane vita spezzata a diciannove anni perché lasciato solo a combattere un dramma più grande di lui, orfano di madre fin da piccolino, accanto ad un padre che ben presto è rientrato nel giro vorticoso dell’eroina. Francesco non ha avuto l’amore e la giusta assistenza di chi molto poteva fare per lui. La società, muta e attonita davanti alla sua bara, è la vera responsabile della sua morte. Che questa tragedia sia da monito per quanti non gli hanno aperto le braccia, per quanti si sono resi complici dei suoi carnefici. A cominciare dalla scuola.

Lecco: solidarietà e cultura, donare un libro al carcere

 

La Provincia di Lecco, 1 dicembre 2004

 

Il Centro Khorakhané nell’ambito della serata dedicata a "Il carcere e le comunità terapeutiche", svoltasi lunedì 29 novembre e che ha visto la presenza di Cecco Bellosi, autore del volume "Piccoli gulag", e Sergio Segio, ha presentato l’iniziativa "Un libro per la biblioteca del carcere di Pescarenico".

Si tratta di una proposta interessante che ha visto l’adesione di tutte le librerie della città e che permetterà di creare una biblioteca per le persone detenute nel nostro carcere. Da oggi, in ogni libreria di Lecco, sarà possibile comprare dei libri da lasciare, poi, in appositi cesti. Gli operatori del carcere e del Centro Khorakhané ogni settimana provvederanno a catalogarli e consegnarli. Come sottolineano gli ideatori, "L’obiettivo di questo progetto è quello di essere un tassello per trasformare la biblioteca del carcere di Pescarenico in un luogo di incontro e condivisione, con lo scopo di costruire cultura e tolleranza "aprendo" il carcere alla società".

L’intenzione di chi ha voluto creare questa proposta è quella di permettere ai detenuti di leggere ed informarsi, ma questa nuova biblioteca viene vista anche come "uno spazio di idee e di iniziative utili al percorso riabilitativo del soggetto in espiazione di pena".

La filosofia è insomma quella di prendere coscienza che nella nostra città esiste un carcere, vi sono dei carcerati e che non si devono lasciare a se stessi. In secondo luogo si vuole superare la visione del carcere come di un "ghetto" e aiutare concretamente i detenuti ad intraprendere il recupero intellettuale e sociale. Per questo si suggerisce anche di scrivere sui libri donati una dedica, una frase, per rendere più concreto questo trait d’union tra società esterna e istituto carcerario.

Gran Bretagna: in Svizzera per morire, Alta Corte non interviene

 

Ansa, 1 dicembre 2004

 

L’Alta Corte di Londra ha deciso di non intervenire nella vicenda di un uomo che rischia di violare la legge britannica, che vieta l’eutanasia, accompagnando la moglie, malata terminale, in Svizzera per poter attuare un suicidio assistito. Il caso era giunto davanti all’alta istanza, perché le autorità locali della comunità dove vive la coppia - che non è stata identificata - volevano sapere se era loro compito impedire la partenza.

La donna è troppo debole per viaggiare da sola e, dopo lunghe insistenze, ha convinto il marito ad aiutarla a morire. Attualmente la donna, sofferente dal 1997 di atassia cerebrale, viene assistita in casa propria dal servizio sanitario locale, che tramite un proprio rappresentante ha interpellato i giudici dell’Alta Corte. Secondo le leggi attualmente in vigore in Gran Bretagna, chi aiuta qualcuno a morire rischia fino a 14 anni di carcere.

Denuncia della Croce Rossa: "torture a Guantanamo"

 

Il Sole 24 Ore, 1 dicembre 2004

 

Torna alla ribalta il tema delle violenze subite dai detenuti nella prigione americana di Guantanamo Bay, nell’isola di Cuba. Questa volta è il Comitato internazionale della Croce Rossa a pronunciarsi in maniera inequivocabile e per la prima volta esplicita sulle condizioni in cui versano la gran parte dei prigionieri della base Usa, per lo più accusati di terrorismo ai danni degli Stati Uniti. Il New York Times ha pubblicato ampi stralci di un rapporto indirizzato al governo di Washington, nel quale l’organizzazione umanitaria denuncia l’uso intenzionale da parte dei militari americani di una coercizione fisica e psicologica "equivalente a tortura" sui detenuti di Guantanamo.

Il rapporto, che fa riferimento in particolare a una visita effettuata nel giugno 2004, è stato consegnato ai legali della Casa Bianca, al Pentagono, al Dipartimento di Stato e ai comandi della base Usa situata a Cuba. Gli inviati della Croce Rossa hanno verificato (dopo più di due anni di controlli) un sistema interamente teso a fiaccare la volontà dei prigionieri - che sono attualmente 550 - e a renderli completamente dipendenti dai loro "inquisitori" tramite "azioni umilianti, isolamento, temperature estreme, posizioni fisiche obbligate".

I metodi verificati nel corso dell’ultima visita sono stati definiti più "repressivi e raffinati" che nelle perlustrazioni precedenti. Interrogato sulle denunce contenute nel rapporto, un portavoce del Pentagono ha smentito tutto, affermando che "gli Stati Uniti svolgono un’operazione di detenzione inoffensiva, umana e professionale, atta a procurare importanti informazioni nella lotta al terrorismo".

"Codiceasbarre", quando la moda nasce in carcere…

 

TG Fin, 1 dicembre 2004

 

Sono sempre di più gli italiani che utilizzano i servizi bancari online. Si chiama Cdbs_jailwear, è la linea moda nata e cresciuta in prigione, e adesso prende il volo per arrivare nei nostri negozi. Un vero e proprio marchio fashion, inventato da Codiceasbarre e gestito da un team in cui ci sono anche alcune detenute del carcere di Vercelli. Il nuovo brand sarà gestito da una squadra di lavoro coordinata da Armes, il consorzio vercellese creato da Caterina Micolano, mentre le detenute coinvolte nel progetto sono quattro. Project manager di Codiceasbarre è la stessa Micolano, mentre Rocco Manco è il fashion coorinator e Tommaso Lascaro il sales manager.

Saranno tremila i prodotti che per Natale arriveranno nei negozi di Piemonte, Lombardia e Liguria. Si tratta di felpe, casacche e pantaloni ispirati alla "moda" tipica del mondo che vive dietro le sbarre. Insomma, la linea jailwear, che caratterizza questo marchio, è quella dell’abbigliamento da carcere.

Niente tendenze, niente mode, ma una linea essenziale, tipica appunto del popolo che vive nelle nostre carceri. L’ispirazione per tutti i capi realizzati, insomma, resta la prigione, con la "divisa inzuppata di omologazione e annichilimento della personalità". Appuntamento, per vedere la nuova linea, nelle vetrine di Natale.

Pena di morte: Firenze, ricostruita ultima esecuzione

 

Ansa, 1 dicembre 2004

 

Patibolo in legno a grandezza naturale, oggi, in Piazza Signoria a Firenze, a pochi passi da dove, nel 1498, venne impiccato e dato al rogo fra Girolamo Savonarola. È la scenografia, con tanto di comparse nelle vesti di condannato e confortatori, usata per rievocare l’ultima condanna capitale eseguita in città, nel 1775.

La ricostruzione, organizzata dal Comune di Firenze, rientra nell’ambito della Festa della Toscana, voluta dalla Regione Toscana per celebrare l’anniversario dell’abolizione della pena di morte, ad opera del granduca Pietro Leopoldo, il 30 novembre del 1786.

Al termine di un corteo contro la pena capitale, un gruppo di figuranti ha rievocato ciò che avvenne a Firenze il 22 marzo del 1775. Una schiera di consolatori, in vesti e cappucci neri, ha accompagnato il condannato, reo di diserzione, verso il patibolo. Una volta salito e infilato il cappio al collo, il malcapitato è stato però salvato da una provvidenziale grazia, come avvenne veramente nell’occasione. La ricostruzione si è conclusa con il simbolico rogo del patibolo.

Trento: evade da comunità per non drogarsi, assolto

 

Ansa, 1 dicembre 2004

 

Evade dalla comunità terapeutica presso la quale sta scontando una pena per reati di droga ma viene assolto dal giudice per aver agito in stato di necessità: il giovane ha infatti sostenuto di essere evaso per sfuggire alla tentazione di drogarsi, visto che il responsabile della comunità terapeutica introduceva di nascosto droghe leggere.

La sentenza, emessa dal giudice del tribunale di Trento Francesco Forlenza, è stata depositata oggi in cancelleria. Durante il processo, svoltosi con rito abbreviato, l’avvocato difensore ha ricordato che l’imputato, Gian Maria Mijat, triestino di 26 anni, era stato ammesso dal tribunale di sorveglianza di Trieste alla misura alternativa della detenzione domiciliare, in relazione a una condanna a 4 mesi di reclusione, presso la comunità terapeutica Incontro onlus di S. Massenza, in Trentino, perché seguisse il concordato programma terapeutico di recupero dalla tossicodipendenza.

Ma il 20 aprile scorso il giovane aveva abbandonato la comunità. Era stato rintracciato mezz’ora dopo dai carabinieri, allertati dalla struttura, a meno di un chilometro di distanza dalla comunità. Immediato l’arresto per evasione. Ma nel processo l’avvocato difensore ha sostenuto che il suo cliente si era allontanato dalla comunità terapeutica "a causa dei gravi comportamenti antisociali e antigiuridici del suo responsabile".

Dagli atti del processo è emerso in effetti che il responsabile della struttura, persona impegnata a sua volta in un programma terapeutico e sottoposta al regime di affidamento in prova al servizio sociale, consentiva l’ingresso ad estranei, che portavano alcolici e sostanze stupefacenti leggere, di cui si faceva uso nella struttura.Il giudice Francesco Forlenza ha dunque creduto al giovane tossicodipendente che sosteneva di essersi allontanato "per sfuggire alle derive indotte della tossicodipendenza, da cui sperava di potersi riabilitare".

E per assolverlo ha fatto ricorso ad una formula usata raramente nei tribunali: quella dello stato di necessità. L’articolo 54 del codice penale afferma infatti che "non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionale al pericolo".

E il pericolo che correva l’imputato - si legge nella sentenza del giudice di Trento - "era quello, anche letale, di ricadere nuovamente nell’uso di droghe in una struttura ove tutte le regole erano violate".

Criminalità: stop emendamento governo, verso dl ad hoc

 

Ansa, 1 dicembre 2004

 

Sembrava ormai cosa fatta. Il ministro della Giustizia avrebbe dovuto presentare oggi un emendamento alla proposta di legge sulla recidiva, ribattezzata dall’opposizione "salva-Previti", per introdurre nell’ordinamento il pacchetto di norme "anti-criminalità" annunciato nei giorni scorsi e discusso venerdì a notte fonda in Consiglio dei ministri.

E invece nulla di fatto. Oggi in commissione Giustizia della Camera non arriva nessuna proposta di modifica da parte del governo. Benché ieri anche tra i cronisti circolasse già la bozza. E il comitato dei nove, fissato per domani proprio per ricevere ed esaminare l’emendamento, nel pomeriggio viene sconvocato. Alla base del ripensamento, spiegano nella Cdl, ci sarebbero la possibilità che la proposta di modifica venga dichiarata inammissibile dalla presidenza della Camera per estraneità di materia e la contrarietà di alcuni alleati. A cominciare dall’Udc.

Non sono pochi infatti quelli che temono che le norme sulla sicurezza vengano introdotte apposta nel provvedimento che dimezza i tempi dei prescrizione e che elimina il carcere per gli ultrasettantenni solo per "renderlo più digeribile" e quindi votabile anche dai più riottosi.

D’altra parte, anche il ministro dell’Interno Beppe Pisanu non aveva mancato di far notare dall’inizio le sue perplessità. Castelli poi tiene troppo alla riforma dell’ordinamento giudiziario che potrebbe venire approvata dall’Assemblea di Montecitorio già domani.

È un disegno di legge che porta il suo nome e che tutti considerano un po’ la sua "creatura". Non può rischiare di vederla affossare solo per tenere il punto sull’emendamento "anti-crimine" e su un testo le cui modifiche in senso "salva-Previti" non sono mai state votate dalla Lega neanche in commissione. Così nella maggioranza si sta già pensando alla strada del decreto.

E il presidente della commissione Giustizia della Camera Gaetano Pecorella sul punto è chiarissimo: "L’emergenza criminalità, sia del Nord , sia di Napoli - dichiara a fine mattinata - richiederebbe a mio avviso un intervento urgente e quindi un decreto. Attraverso la proposta di legge sulla recidiva presentata da Cirielli, si tarderebbe l’intervento contro la criminalità e si appesantirebbe la discussione su un provvedimento che per certi aspetto è positivo", ma che ha avuto "già un iter piuttosto travagliato". Identica la posizione della responsabile Giustizia dell’Udc Erminia Mazzoni che non ha mai visto di buon occhio la norma "salva-Previti".

"Sono d’accordo con Pecorella - afferma - le due cose devono seguire percorsi diversi. Il cosiddetto "pacchetto-Napoli" o l’intervento che Castelli annuncia contro la criminalità è sicuramente condiviso anche se sulle linee generali perché poi va verificata la traduzione che ne viene fatta nel testo di legge...

Ma ho già detto in precedenza che non potevo condividere il metodo di inserire un intervento così consistente in una proposta di legge che peraltro è così controversa per via degli emendamenti che vi sono stati presentati". Anche il capogruppo di An alla Camera Ignazio La Russa chiede agli alleati un incontro e dichiara che nessuna decisione su questo tema può essere presa senza che vi sia stata prima una riunione anche tra i "saggi-giustizia" della Cdl che sono, oltre a lui, il Guardasigilli, il suo sottosegretario Michele Vietti e il responsabile Giustizia di FI Giuseppe Gargani.

"Mi sto attivando in queste ore - annuncia La Russa - per un incontro del tavolo della giustizia della Cdl, che spero avvenga tra oggi e domani, perché siamo tutti d’accordo sulla necessità di intervenire sul piano della sicurezza. Il problema è se farlo con un emendamento alla proposta di legge contro i recidivi o con un provvedimento ad hoc".

In attesa dell’incontro e che si faccia dunque chiarezza nella maggioranza, Castelli preferisce soprassedere. Anche in vista del voto sulla riforma dell’ordinamento giudiziario che, come dicevamo, potrebbe arrivare già domani. Complici i tempi contingentati (sono previste solo poco più di sei ore di dibattito tra maggioranza e opposizione) e le limitate modifiche introdotte al Senato.

La Russa intanto insedia oggi, insieme ai vicepresidenti di An Altero Matteoli e Gianni Alemanno, una commissione di partito con l’incarico di definire in modo organico il pacchetto di proposte per la sicurezza già allo studio di An. Di questo gruppo di lavoro, coordinato dal presidente Gianfranco Anedda, fanno parte Filippo Ascierto, Enzo Raisi, i senatori Luigi Bobbio e Antonio Caruso (presidente della commissione Giustizia di Palazzo Madama). Ed Edmondo Cirielli, il deputato che aveva dato il suo nome alla proposta di legge contro i recidivi, ma che poi lo ha ritirato proprio per protesta contro gli emendamenti "salva-Previti".

Pena morte: Colosseo illuminato; Veltroni, mantenere attenzione

 

Ansa, 1 dicembre 2004

 

"Bisogna mantenere sempre viva l’attenzione sul tema della pena di morte ed è per questo che stasera siamo qui per questa giornata che vorremmo diventasse in tutto il mondo una giornata di sensibilità nei confronti di questo problema". Sono le parole del sindaco di Roma, Walter Veltroni, che è intervenuto alla terza giornata internazionale delle città contro la guerra. Al termine del suo intervento, il Colosseo si è illuminato, così come è avvenuto in questi giorni in oltre duecento città del mondo che hanno messo a disposizione i più bei monumenti per dare un messaggio di vita.

"Dedichiamo questa serata - ha aggiunto il sindaco - alla madre di Maria Grazia Cutuli, la signora Agata D’Amore e alla bellezza delle sue parole nei confronti dell’assassino della figlia. Stasera accenderemo al Colosseo le luci della vita, della speranza e della civiltà. Spetta alla comunità internazionale, all’Unione europea, alle associazioni che da sempre si battono contro la pena di morte, di sensibilizzare e portare avanti l’interesse nei confronti di questo tema, ma spetta anche ad ogni uomo di buona volontà.

Roma mette a disposizione tutta se stessa in questa causa perché crediamo che si possono fare dei passi avanti". Veltroni ha anche detto che se non ci fosse stato lo sciopero oggi, si aveva l’autorizzazione a fare l’iniziativa all’interno del Colosseo "un luogo un tempo in cui si giustiziavano le persone. Sicuramente sarà possibile farlo in seguito e il Colosseo diventerà un luogo che lancia un grande messaggio di pace".

Tante bandiere con sopra le colombe della pace sono sventolate dalle centinaia di persone che stasera si sono riunite ai piedi del Colosseo per dire no alla pena di morte. Numerosi sono i bambini che indossano i cartelli con su scritte le città di tutto il mondo. Anche l’attore Gigi Proietti ha aderito all’iniziativa della Comunità di Sant’Egidio e ha lanciato un messaggio di pace e di speranza leggendo due passi, uno di Alberto Camus, l’altro tratto dall’Idiota di Dostoevskij.

Dal palco allestito sotto il Colosseo si alternano gli interventi dei rappresentanti delle varie associazioni che partecipano all’iniziativa tra cui anche Amnesty International e la Caritas diocesana di Roma, oltre a interventi da tutto il mondo che tramite telefono, da Tokyo come da Los Angeles lanciano messaggi di pace e a favore della giustizia.

Aids: medici penitenziari, offrire test a tutti nuovi detenuti

 

Ansa, 1 dicembre 2004

 

"Nelle carceri italiane dilagano droga, Aids ed epatiti". La denuncia di Giulio Starnini, presidente della Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria (Simspe), ha creato scalpore, oggi a Milano, al Congresso Nazionale Anlaids, giunto all’ultima giornata di lavori. "Ormai la salute in cella - ha aggiunto Starnini - è assicurata solo dalla buona volontà, dallo spirito di sacrificio, dal senso del dovere di medici e di infermieri.

Il Servizio Sanitario Nazionale si dice fuori con tanto di lettere documentate e scarica la spesa sul Ministero della Giustizia che di fondi sostiene di averne pochi. E a sua volta scarica sulle Regioni - alcune delle quali anche ricche - che non reggono il peso dei malati". Secondo il medico, "ogni cento detenuti, almeno sette sono sieropositivi anche se le cifre ufficiali minimizzano".

In pratica, sono 4500 i sieropositivi, un esercito. Almeno la metà dei detenuti ha l’epatite C, che può essere anticamera della cirrosi e del tumore del fegato, uccide più dell’Aids. La tbc dilaga. E poi l’epatite B, la dermatosi, la scabbia.

Il pianeta malattie mentali è tremendamente affollato, trenta detenuti su cento hanno disturbi più o meno gravi. Le malattie cardiovascolari hanno un’incidenza altissima. Su tutto domina la tossicodipendenza: un detenuto su tre è schiavo della droga, uno su due è extracomunitario. "Su tutti questi detenuti - dice Giulio Starnini - si gioca lo sport italiano dello scaricabarile. E poi ci si domanda perché il carcere italiano è una polveriera". Giulio Starnini non si limita a lanciare una raffica di denunce chiamando in causa i conti in rosso dello Stato.

Il presidente della Simspe disegna un progetto, realizzato insieme al Network Persone Sieropositive e in collaborazione con Boehringer Ingelheim, che mira a portare a galla "tutto l’iceberg di cui si intravede solo la punta".

Il progetto si chiama In & Out, cioè Dentro e Fuori, e consiste nell’offrire il test di sieropositività a tutti i nuovi detenuti non solo al momento dell’ingresso in carcere ma anche, più volte, durante la detenzione. L’obiettivo è quello di eseguire il test di sieropositività ad almeno il 70 per cento dei detenuti per poter, finalmente, conoscere il numero delle persone con Hiv e adottare politiche adeguate.

Dorigo: interrogazione On. Zanella a Ministro Giustizia

 

Ansa, 1 dicembre 2004

 

Una interrogazione al ministro della Giustizia per avere informazioni su quanto avvenuto oggi nella cella di Paolo Dorigo è stata annunciata dalla deputata dei Verdi Luana Zanella. La parlamentare spiega che "lo stesso Dorigo avrebbe comunicato ai suoi avvocati, Vittorio Trupiano e Sergio Simpatico, che alle 6.30 alcuni agenti di polizia penitenziaria, su ordine del Dap, gli hanno comunicato che sarebbe stato trasportato nell’ospedale del carcere della Vallette, soluzione sempre osteggiata dallo stesso Dorigo il quale, pur di evitare il trasporto, è stato di fatto costretto ad interrompere lo sciopero della fame, sebbene continui a rifiutare cibo dell’amministrazione penitenziaria".

L’on. Zanella, in una nota, sottolinea che il caso Dorigo sta mobilitando opinione pubblica, esponenti del mondo politico e culturale. "Per quale motivo - chiede l’esponente dei Verdi - continua l’accanimento contro la sua persona?".

Zanella ricorda che "Paolo Dorigo è stato condannato con un processo definito dalle Autorità europee "ingiusto", ad una severissima pena per aver lanciato una molotov contro la base militare di Aviano, senza procurare danni né a persone né a cose".

"Gli aspetti giuridici ed umani di questa vicenda - prosegue - rendono incomprensibile la totale chiusura delle autorità giudiziarie nei riguardi nelle richieste di Dorigo, che si era detto disponibile ad interrompere lo sciopero della fame che sta minacciando la sua vita, se gli fosse stato concesso il ricovero nel vicino ospedale pubblico di Spoleto.

Credo che il ministro Castelli dovrebbe intervenire almeno per chiarire alle migliaia di persone che sostengono la necessità di una sua scarcerazione quanto avvenuto nella sua cella". Zanella annuncia poi che giovedì a Venezia si terrà una nuova iniziativa pubblica organizzata dal Comitato Salviamo Paolo Dorigo in solidarietà con lui e la sua famiglia.

Spoleto: Paolo Dorigo sospende sciopero della fame

 

Ansa, 1 dicembre 2004

 

Paolo Dorigo ha sospeso lo sciopero della fame che stava attuando da circa due mesi nel carcere di Maiano di Spoleto dove è recluso per scontare una condanna a 13 anni per un attentato alla base Nato di Aviano, rivendicato dalle Brigate Rosse, al quale si è sempre proclamato estraneo.

Lo ha annunciato lui stesso con una telefonata a uno dei suoi difensori, l’avvocato Vittorio Trupiano, spiegando che continuerà comunque a rifiutare il cibo del carcere. Dorigo, che ha già scontato 11 anni, chiede di essere sottoposto ad alcuni esami medici al di fuori della struttura carceraria per verificare la presenza di corpi estranei nel suo condotto uditivo.

Ha sollecitato in particolare una verifica con un sintonizzatore universale, ma anche analisi del sangue e del Dna. "Esami già disposti dal tribunale di sorveglianza - hanno spiegato i suoi legali - ma che non vengono eseguiti".

Dorigo ha riferito all’avvocato Trupiano - il quale ha poi reso pubblica la circostanza - di avere ricevuto stamani la visita di personale del Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, che gli comunicava il trasferimento presso il centro medico del carcere torinese delle Vallette. Iniziativa alla quale però il detenuto si è opposto, chiedendo nuovamente di essere sottoposto agli esami in un ospedale civile.

Gli è stato quindi permesso - secondo la versione di Dorigo resa nota dal suo difensore - di restare a Spoleto purché sospendesse lo sciopero della fame. L’avvocato Trupiano ha anche annunciato che domani presenterà una nuova istanza al tribunale di sorveglianza per chiedere la sospensione della pena. A causa dello sciopero della fame Dorigo - hanno reso noto i suoi difensori - pesa infatti ormai poco più di 57 chili.

Spoleto: nuova istanza differimento pena per Paolo Dorigo

 

Ansa, 1 dicembre 2004

 

Una nuova istanza di differimento provvisorio dell’esecuzione della pena per Paolo Dorigo è stata presentata stamani al tribunale di sorveglianza di Perugia dai suoi difensori, gli avvocati Sergio Simpatico e Vittorio Trupiano.

Nel provvedimento, i legali sottolineano "ancora una volta l’estrema urgenza delle richieste". Una decisione potrebbe arrivare già nelle prossime ore. Dorigo è recluso nel carcere di Maiano di Spoleto in seguito a una condanna a 13 anni (11 dei quali già scontati) per un attentato alla base Nato di Aviano, rivendicato dalle Brigate Rosse, al quale si è sempre proclamato estraneo.

Da tempo chiede di essere sottoposto ad alcuni esami medici in una struttura civile per verificare la presenza di corpi estranei nel suo condotto uditivo. Ha sollecitato in particolare una verifica con un sintonizzatore universale, ma anche analisi del sangue e del Dna.

"Esami già disposti dal tribunale di sorveglianza - hanno spiegato i suoi legali - ma che non vengono eseguiti". Per questo ha attuato per oltre due mesi uno sciopero della fame. Protesta sospesa ieri per evitare - ha sostenuto lo stesso Dorigo - di essere trasferito in un altro carcere.

Mafia: Vizzini, su 41 bis mantenere posizione unitaria

 

Ansa, 1 dicembre 2004

 

"La capacità della politica di dare ancora una volta una risposta unitaria sull’uso del carcere duro nel contrasto alla criminalità organizzata è un patrimonio che va salvaguardato". Lo ha detto il senatore Carlo Vizzini, responsabile del Dipartimento sicurezza e criminalità di Forza Italia, intervenendo oggi in commissione antimafia a proposito del funzionamento dell’articolo 41 bis sul carcere duro.

"Occorre rivedere il sistema delle revoche, spesso troppo generose - ha sottolineato Vizzini - considerando che il mafioso che sceglie di non collaborare con la giustizia non pensa mai minimamente ad interrompere il rapporto con l’esterno.

Ma occorre anche comprendere come, pur rispettando i paletti fissati dalla Corte Costituzionale sui rapporti con i familiari, ogni cosa va monitorata e controllata, con metodi moderni e personale specializzato, perché il sistema ha fatto e fa acqua".

"Il segnale di potenza che può venire dai Boss che continuano a comandare dalle carceri - ha concluso Vizzini - va stroncato, dimostrando che lo Stato è più forte e non si ferma sino alla vittoria definitiva contro la mafia, autentico cancro della società".

Como: carcere del Bassone, smantellata l’aula bunker

 

Corriere di Como, 1 dicembre 2004

 

Da anni non era più utilizzata. Dopo i grandi processi di mafia dell’Operazione Fiori di San Vito, era rimasta deserta. L’aula bunker del carcere del Bassone non serviva più. E il presidente del Tribunale di Como, Pietro Giuffrida, ne ha ordinato lo sgombero.

Almeno per il momento, quindi, si chiude la storia della blindatissima aula del carcere cittadino, per la verità mai particolarmente movimentata, dalla sua realizzazione ad oggi. Tra le motivazioni addotte dal presidente del Tribunale comasco per l’alienazione dei beni vi è il sempre meno frequente utilizzo del locale blindato, ormai deserto da molti anni.

Il mobilio che arredava l’aula bunker è stato dunque venduto a un acquirente d’eccezione, il Comune di Como.Con la modica spesa di 4mila euro e rotti, infatti, l’amministrazione cittadina ha potuto acquistare ciò che rimaneva dell’ala supersegreta del Bassone per riutilizzarlo a Palazzo Cernezzi. Si tratta per lo più di materiale da ufficio come sedie, scrivanie e tavoli.

È quasi paradossale, per certi versi, il confronto tra il vuoto e il silenzio che è ormai destinato a cadere sull’aula bunker del carcere e la situazione di sovraffollamento interna alla casa circondariale.

Ancora il 22 novembre scorso, infatti, l’ufficio territoriale delle politiche sociali della Cgil e gli operatori sociali delle carceri avevano denunciato la situazione critica relativa al penitenziario comasco, già al centro nel recente passato di numerose proteste degli agenti di sicurezza che vi lavorano.

Nel carcere comasco, infatti, sono tuttora reclusi 530 detenuti a fronte di una capienza massima stimata in 250 posti. Mancherebbero inoltre, secondo le denunce del sindacato, almeno 90 agenti di polizia penitenziaria e un cospicuo numero di operatori civili e sociali.

Napoli: la certezza dell’inserimento per gli ex detenuti...

 

Il Denaro, 1 dicembre 2004

 

Caro direttore, siamo in attesa di vedere come e dove sarà applicato il nuovo regolamento dei programmi di recupero previsti per la Cassa delle ammende, con il quale si attua la previsione che i fondi patrimoniali siano erogati per finanziare prioritariamente progetti dell’Amministrazione penitenziaria che utilizzano i fondi strutturali europei, ovvero finanziamenti previsti dalla normativa comunitaria, da quella nazionale e da quella regionale, nonché per finanziare programmi che attuano interventi di assistenza economica in favore delle famiglie dei detenuti ed internati, ovvero che tendono a favorire il reinserimento sociale dei detenuti ed internati anche nella fase di esecuzione di misure alternative alla detenzione.

Il regolamento è stato emanato dopo quattro lunghi anni di attesa dalla sua previsione, e ha creato un certo scandalo quando si è saputo che, nonostante la premessa sostenga che "occorre porre in essere una complessa attività istruttoria cui è connessa l’attivazione di appositi procedimenti che devono poi condurre alla emanazione del provvedimento finale di finanziamento dei progetto e/o programma presentato", due progetti erano praticamente contestualmente stati approvati.

Progetti tra l’altro connessi con problematiche sanitarie, che nelle carceri sono divenute, nel frattempo, di competenza esclusiva nelle Asl. Superando i pregiudizi che molti ancora oppongono alla condizione di persona condannata, specie quando ha espiato la pena, potrebbero essere molti i progetti da attuare con beneficio non solo per la collettività, ma anche da parte di quelle imprese che potrebbero cofinanziarli.

È ovvio che invitando a collaborare per reinserire, a volta inserire, i condannati nel regime ordinario di regole sociali mi tiri dietro strali da parte di chi critica l’indultino o la poca certezza della pena, da più parti denunciate come cause dell’impennata criminale a Napoli.

È ovvio pure che io pensi che il problema non sia quello di proporre nuove legislazioni penali, benché bipartisan, ma addivenire ad un diverso funzionamento delle regole e cavilli procedurali, spesso reale causa di molte scarcerazioni.

E di certo sono per un diverso peso che il magistrato dovrebbe porre in caso di recidiva, applicando più spesso il massimo della pena nella sua discrezionalità. Così come in molti casi di attesa di giudizio si dovrebbe maggiormente ricorrere agli arresti domiciliari, ulteriore discrezionalità.

Nonostante questi aspetti, auspico la realizzazione di molti progetti per il reinserimento, basati sulla formazione ed l’inserimento lavorativo, specie in quei casi in cui il lavoro possa essere svolto anche in caso di domicilio coatto, attraverso la pratica del telelavoro. In ultimo volevo invitare la Lega a diffondere su tutti gli omicidi il suggerimento di taglie da 25 mila euro, in modo da poter contribuire allo sviluppo della zona di Scampia con fondi insperati.

Cuneo: grazie a progetto Agora percorsi d'inclusione sociale

 

Targ Cn, 1 dicembre 2004

 

I Comuni di Alba e Bra, in collaborazione con la Casa Circondariale di Alba ed il Centro Servizio Sociale per Adulti di Cuneo, nell’ambito del progetto "Agorà. Percorsi di inclusione sociale", organizzano un seminario formativo sulle politiche attuate sul territorio in materia di reinserimento sociale e professionale di cittadini soggetti a misure limitative della libertà.

Il seminario si terrà venerdì 3 dicembre 2004 dalle ore 9.00 alle ore 13.00 presso il Centro Polifunzionale "G. Arpino" in via E. Guala 45, Bra. Nel corso della mattinata saranno presentati i risultati conseguiti in particolar modo nelle esperienze attuate: a favore dei detenuti, ospiti dalla Casa Circondariale di Alba, sul tema della cittadinanza attiva; a favore di detenuti, beneficiari della misura alternativa alla pena carceraria, nell’ambito del volontariato locale, per creare opportunità di riparazione sociale al danno compiuto in seguito al reato commesso attraverso la ri-costruzione di relazioni umane significative e l’impegno gratuito a beneficio della comunità.

Sarà inoltre l’occasione per conoscere, attraverso la visione del film documentario "Hard living kids", commentato dal regista Davide Tosco, presente al seminario, l’esperienza della giustizia riparativa attuata in Sud Africa.

Le Amministrazioni comunali di Bra e di Alba, e l’Assessorato alle Politiche Sociali della Regione Piemonte, interverranno sulle prospettive che si intendono attuare a livello locale sul tema della giustizia riparativa e dell’inclusione sociale, alla luce delle esistenti risorse territoriali e degli interventi sinora realizzati in quest’ambito.

Per eventuali ed ulteriori informazioni: Servizio Politiche Attive del Lavoro - Comune di Bra, tel. 0172.412283. Informagiovani - Servizi per l’Orientamento - Comune di Alba, Tel. 0173.35580.

Milano: Gloria Manzelli è il nuovo direttore di San Vittore

 

Vita, 1 dicembre 2004


Arriva da Verziano, era stata la vice dell'ex direttore Luigi Pagano. La nuova direttrice del carcere di san Vittore è Gloria Manzelli. Si tratta della prima volta che l'istituto è guidato da una donna. La Manzelli arriva a Milano da Verziano (in provincia di Brescia) dove guidava la casa circondariale. La nuova destinazione però è un ritorno al passato. La neo direttrice infatti era stata la vice di Luigi Pagano, ex storico direttore del penitenziario milanese.

 

 

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