Rassegna stampa 20 agosto

 

"Lasciate ogni speranza...", articolo di Luigi Manconi

 

L’Unità, 20 agosto 2004

 

Non sono entrato a Regina Coeli. E, con me, non è entrato l’assessore al lavoro del comune di Roma, Luigi Nieri. Non perché avessimo altro da fare. Eravamo lì, in paziente attesa: e lì siamo rimasti, dalle 10 alle 13 e 15, aspettando l’autorizzazione. Che ancora non è giunta. Non eravamo mossi, Nieri e io, da curiosità antropologica o da spirito caritatevole. Ritenevamo di assolvere un compito istituzionale. Un obbligo pubblico. Un nostro preciso dovere.

Nieri, in quanto assessore titolare di molte competenze relative alla popolazione carceraria; io, nella qualità di garante dei detenuti di Roma. In quanto responsabile di questo ufficio, istituito all’unanimità dal consiglio comunale, devo (sì, devo) poter accedere al carcere, incontrare i detenuti, ascoltare le loro domande; e, se possibile, mediare i conflitti, disinnescare le tensioni, impedire le lacerazioni più acute in quel sistema delicatissimo che è la vita interna di un carcere. Questa è la funzione dell’ufficio del garante delle persone recluse: e, per tale ragione, i partiti del centrodestra e del centrosinistra, all’unanimità, ne hanno voluto l’istituzione, dopo Roma, a Firenze, a Torino, a Bologna (già durante l’amministrazione Guazzaloca); e prossimamente in altre città. È una iniziativa ragionevolissima, di elementare buonsenso pubblico. Esiste una quota di popolazione (i detenuti, in questo caso) collocata ai margini della vita sociale per condizione materiale e stile di vita: prestare loro ascolto, garantire loro rappresentanza, offrire loro canali di comunicazione significa inserirli nel circuito della democrazia, del confronto e del negoziato, della responsabilizzazione e della mediazione sociale. Dunque, significa, in prospettiva, ridurne la pericolosità.

E, in ultima istanza, contribuire alla sicurezza collettiva. Va da sé, infatti, che la sicurezza di tutti - il fatto di non sentirsi minacciati nella propria vita quotidiana, nei propri rapporti, nelle proprie attività - dipende, tra l’altro, dalla possibilità che le carceri non siano macchine criminogene. Ovvero luoghi di perpetuazione e riproduzione all’infinito di crimini e criminali. Carceri vivibili, carceri più umane, carceri dove non si muoia "di carcere" sono un interesse prioritario di chi, in galera, non è destinato - prevedibilmente - ad andarci mai.

Per questo ritengo assai infelice quella frase del ministro della Giustizia, che ha attribuito la causa della protesta alle "visite in carcere dei soliti personaggi". E ha aggiunto: "la situazione dei penitenziari italiani è uguale sia a gennaio che ad agosto. Possibile che qualche partito si accorga di questo stato di cose soltanto ora?". Premesso che la condizione dei detenuti, com’è noto, peggiora sensibilmente nei mesi estivi, è lo schema del ragionamento del ministro che va ribaltato. Purtroppo, in carcere sono pochi, pochissimi a entrare, in qualità di visitatori, e solo sporadicamente. I radicali e alcuni parlamentari di sinistra e (o chi) di destra lo fanno, e meritoriamente, ma sarebbe utile che fossero molti di più: amministratori pubblici e cittadini, parlamentari e associazioni, intellettuali e artisti, giovani e studenti e anziani. C’è tantissimo da imparare. Ed è la sola possibilità di sottrarre il carcere all’oblìo: e, dunque, alla frustrazione collettiva, alla tentazione dalla violenza, alla spirale autolesionista; e alla perpetuazione del carcere come minaccia sociale: come luogo dove i non-detenuti proiettano ansie profonde e volontà di rivalsa, ostilità verso i devianti e oscuri bisogni di sicurezza.

Se il carcere resta un luogo separato e lontano, dove si entra solo se "custoditi" o "custodi" (mentre si riduce il numero di operatori, educatori, volontari, psicologi…), è fatale che esso costituisca sempre più una fonte di pericolo. Innanzitutto, per gli stessi reclusi. Nel solo mese di giugno del 2004, si sono tolti la vita 8 detenuti, e 7 nel mese di luglio. Complessivamente, secondo i dati raccolti da A Buon Diritto, nelle carceri italiane ci si ammazza tra le 17 e le 19 volte di più di quanto si faccia fuori dagli istituti di pena. E nelle carceri affollate ci si uccide molto di più di quanto si faccia in quelle dove le presenze dei detenuti non eccedono il numero previsto. Nel 2003, il 92% dei casi di suicidio si è verificato in carceri affollate. Tra coloro, poi, che sono in attesa di giudizio si registra un tasso di suicidio quasi doppio rispetto a quanti hanno già subito una condanna definitiva; tra i primi (circa il 19% della popolazione penitenziaria), si è verificato - nel 2002 - il 38,2% dei casi di suicidio.

E ancora: in carcere, al contrario di quanto accade tra la popolazione libera, ci si uccide per lo più in età giovanile: nella fascia tra i 18 e i 24 anni, ci si uccide quasi 50 volte più di quanto si faccia tra la popolazione non reclusa. E ci si uccide nel primo e nel primissimo periodo di permanenza. Nel 2003, il 61.8% dei casi di suicidio riguarda persone recluse da meno di un anno. Ancora più allarmante: nel 2003, il 17.2% dei suicidi si è verificato durante la prima settimana. Da questi dati emerge un "profilo medio" del detenuto che si toglie la vita: per lo più giovane, in attesa di giudizio, con un curriculum criminale recente, con capi d’imputazione relativamente poco gravi e con poche settimane di detenzione alle spalle. Rispetto a tutto questo, a queste cifre crudeli e insensate, il vero pericolo non sono "le visite", ma le assenze. Non è "il clamore", ma il silenzio.

Finocchiaro: Noi cattivi maestri? Castelli dovrebbe ringraziarci

 

L’Unità, 20 agosto 2004

 

Le dichiarazioni e la presa di posizione del guardasigilli non le ha proprio gradite. Anzi le ha respinte al mittente illustrando quali potrebbero essere le strade da seguire per risolvere l’emergenza carceri in Italia. Anna Finocchiaro, responsabile del Dipartimento giustizia dei Ds è categorica: "Il carcere è lo specchio della società che lo genera".

 

L’altro giorno il ministro della giustizia Castelli ha parlato di manifestazioni in carcere "non del tutto casuali" chiamando in causa i cosiddetti "cattivi maestri"...

"Quello che dice il ministro è abbastanza paradossale. Primo perché è elementare che ad agosto, e con il caldo, ci siano situazioni critiche in carcere. Poi perché sulle visite, dovrebbe ringraziare i parlamentari che vanno a trovare i detenuti. Ritengo gravi le affermazioni del ministro sui cosiddetti cattivi maestri".

 

L’associazione Papillon denuncia il disinteresse degli uomini delle istituzioni, o almeno di una grossa parte di essi. Ma i politici hanno abbandonato il problema carceri?

"L’emergenza carceri è un argomento che il centro sinistra affronta tutto l’anno, con interrogazioni, proposte di legge e una lunga serie di iniziative. Non a caso il presidente e vice presidente del Comitato carceri sono del centro sinistra. Il nostro impegno è costante".

 

Si parla di rivedere i meccanismi alla carcerazione. È una delle strade per risolvere il sovraffollamento?

"No, questa non può essere la strada o la soluzione. Bisogna invece insistere e praticare concretamente la via della formazione, dell’educazione, dell’istruzione. Poi c’è un altro aspetto: il carcere non è una soluzione alla risoluzione del reato. Bisogna pensare alle pene alternative perché se si prevede solo il carcere è chiaro che l’ordinamento si difenda".

 

Può esprimere una valutazione dell’indultino?

"È stato un fallimento annunciato, era scritto. Si sarebbe dovuto lavorare. Era necessario votarlo".

 

Ieri mattina Luigi Manconi e Luigi Nieri non hanno potuto parlare con i detenuti di Regina Coeli. La mancata autorizzazione pare sia stata negata dal Dap. Come si può commentare questo episodio?

"Evidentemente situazione è tesa e magari si ha il timore che possa essere strumentalizzata da parte degli altri detenuti. In ogni caso sarebbe opportuno, come nel disegno di legge che abbiamo presentato noi del centro sinistra, istituire un difensore civico, figura che operi da mediatore e che esiste in altri paesi".

 

Senza dimenticare che le carceri, comunque, scoppiano.

"Anche in questo caso è necessario fare una precisazione. È necessario individuare e realizzare dei percorsi differenziati in carcere. Non è pensabile che siano nello stesso luogo i detenuti che scontano pena definitiva e quelli della custodia cautelare".

 

In carcere però si continua a morire. Nel 2004, fino ad oggi, stati registrati 28 suicidi dietro le sbarre su una cinquantina di morti...

"Il dato non è certo confortante. Non si può pensare di costruire nuove carceri. Bisogna pensare a un sistema che vada al di là dell’aspetto strutturale. Il ministro Castelli deve pensare a stanziare fondi non solo per le strutture (che sono un elemento della dignità del carcere), ma anche agli altri aspetti. È necessario investire in operatori, in assistenza sanitaria, in corsi di formazione. I bambini non possono nascere in carcere si devono trovare soluzioni alternative. Solo così si può pensare al reinserimento delle persone".

 

Il carcere viene definito sempre più spesso discarica sociale.

"Il carcere è lo specchio della società che lo genera e i disagi non si sommano ma si avvitano. Se poi non c’è formazione, non c’è lavoro è chiaro che la situazione peggiori".

 

Il ministro Castelli ancora ieri ha ribadito che le responsabilità del disastro delle carceri non sono sue, ma del centrosinistra. Lei risponde?

"Lasciamo perdere".

Violante a Castelli: stiamo parlando di esseri umani...

 

Asca, 20 agosto 2004

 

"Ci sono detenuti sieropositivi che non hanno farmaci per curarsi, mancano anche le aspirine ma il Guardasigilli Roberto Castelli preferisce seguire la linea Tremonti: accusare il governo di centrosinistra, respingere ogni critica e denunciare complotti. A Tremonti questo atteggiamento non ha portato fortuna e non credo che gioverà al senatore Castelli". Il capogruppo dei Ds alla Camera, Luciano Violante, attacca duramente la politica seguita dal Guardasigilli nei riguardi delle carceri, dopo il tentativo di sommossa a Regina Coeli.

"Inviterei il ministro a comportarsi con dignità - prosegue Violante - stiamo parlando della vita di esseri umani che sono detenuti alla mercè dello Stato, la situazione non è più grave solo per l’abnegazione di moltissimi operatori penitenziari e per il senso di responsabilità di moltissimi detenuti".

"La responsabilità del governo Berlusconi è di avere reso più drammatica la situazione della giustizia e delle carceri", sottolinea il presidente dei deputati della Quercia, che propone "che il comitato carceri presenti al più presto al Parlamento un rapporto e noi si lavori su quella base".

"Ci vogliono interventi strutturali, anche pensando a sanzioni alternative al carcere, come abbiamo proposto da tempo alla Camera" secondo Violante, che osserva caustico: "Certo, se questo governo vuole chiudere gli Uffizi temo che i costi dei buchi spaventosi nel bilancio dello Stato li pagheranno soprattutto i più deboli e il carcere rappresenta purtroppo l’ultima ruota del carro".

Carceri, lite a destra sulle proposte di amnistia

 

L’Unità, 20 agosto 2004

 

La rivolta nel carcere romano di Regina Coeli riaccende il dibattito politico sull’amnistia. E nel centrodestra si registra una spaccatura di rilievo. La proposta di Volontè di riaprire la discussione sull’amnistia, registra uno gelido entusiasmo. In seguito alla proteste per le precarie condizioni igieniche e sanitarie dei "carceri topaia", Luca Volonté, capogruppo Udc alla Camera, ha dichiarato che "è necessario approfondire il tema di una possibile amnistia a partire dalla condivisione che ci fu dopo le parole del Santo Padre a Montecitorio".

Il riferimento di Volontè è alla visita di Wojtila in Parlamento - primo Papa a mettere piede a Montecitorio - nel novembre del 2002. In quell’occasione il Pontefice aveva chiesto un "gesto di clemenza" nei confronti dei detenuti e dopo un dibattito teso e spigoloso, il Parlamento aveva votato la legge sul cosiddetto "indultino". Una legge dai più ritenuta insufficiente per migliorare le condizioni di sovraffollamento cronico delle carceri.

Ora si parla di amnistia. Una misura che ha l’effetto di cancellare il reato, a differenza dell’indulto che estingua la pena o una sua parte. Favorevole al provvedimento è Gaetano Pecorella, parlamentare di Forza Italia e presidente della commissione Giustizia alla Camera. Pecorella definisce l’amnistia "un intervento doloroso ma necessario". Ma più che sulla necessità di migliorare le condizioni negli istituti carcerari, l’avvocato Pecorella si sofferma sul bisogno di "evitare le rivolte" e in questo senso indica, nell’amnistia e nell’indulto "l’unica strada percorribile".

C’è poi il ben più corposo partito dei contrari. Ma le ragioni del no all’amnistia sono tra loro molto profonde. Una parte della destra si fa interprete, come al solito, della linea dura. A questa fazione appartiene il ministro Gasparri, che dice che "una cosa è umanizzare le pene, rivedere la carcerazione preventiva contro gli abusi, altro è aprire le carceri a chi ha avuto condanne". Lo stessa linea la tiene Filippo Ascierto, responsabile An per la sicurezza: "Nessuna amnistia e nessuno sconto di pena. La posizione di An è sempre stata chiara". Ghedini, di Forza Italia e Bobo Craxi, nel Nuovo Psi, attraverso l’ipotesi di amnistia, pongono di nuovo al centro della discussione la questione della carcerazione preventiva (su cui bisogna intervenire "pesantemente", dice Ghedini). Nei giorni scorsi, infatti, alcuni esponenti del centrodestra, in seguito alla vicenda del suicidio del sindaco di Roccaraso, si erano scagliati contro la carcerazione preventiva, simbolo delle "manette facili" e dello strapotere dei pm.

Carceri vietate e privatizzate, ministero blinda Regina Coeli

 

Il Manifesto, 20 agosto 2004

 

Dopo la rivolta di martedì notte Castelli vieta l’ingresso a una delegazione del comune di Roma e del garante civico dei detenuti. Un fatto senza precedenti. La direzione del carcere capitolino si nasconde e nega che ci sia stata una rivolta, ma nessuno risponde alle domande dei giornalisti.

Dalle parole ai fatti: qualcuno soffia sul malessere dei detenuti? E allora blindiamo le carceri, rendendole ancora di più isole opache, stanze e posti letto da riempire senza alcuna finalità, tanto meno rieducativa come pure pretende la nostra Costituzione. La delegazione del comune di Roma e dell’associazione Antigone si è presentata ieri di buon’ora alle porte del carcere romano di Regina Coeli per incontrare la direzione dell’istituto e visitare la sezione danneggiata dall’esasperazione dei detenuti durante la rivolta di martedì notte. Una visita prevista da giorni, in tempi "non sospetti", concordata (informalmente ma con tutti i crismi) fin da lunedì scorso. Una di quelle visite necessarie, soprattutto ad agosto, soprattutto in strutture eccezionali come Regina Coeli, per prevenire eventuali situazioni esplosive o particolarmente drammatiche. Una visita tanto più necessaria dopo la rivolta che ha riportato in primo piano la drammatica situazione delle carceri.

Ad attendere Luigi Manconi, il garante del comune di Roma per i diritti dei detenuti, Luigi Nieri assessore al lavoro, e Patrizio Gonnella e Nunzia Bossa di Antigone, c’era il direttore di Regina Coeli (appena tornato dalle ferie), insieme al provveditore delle carceri del Lazio. Già dopo un primo sguardo i funzionari penitenziari si fanno imbarazzati: quella che era nata come una visita istituzionale, concordata tra persone che peraltro collaborano da anni, diventa, dopo le roboanti dichiarazioni di Castelli un incontro da vagliare con cautela tutta "politica".

Si capisce subito che c’è qualcosa che non va: i due funzionari dicono che manca il nulla osta del tribunale di sorveglianza. Strano, ma si rimedia con un fax volante. Passato il primo ostacolo, arriva il nuovo blocco, quello che sarà definitivo: manca il nulla osta del Dap. "Accomodatevi al bar, è questione di una mezz’ora o poco più", assicurano i funzionari. Nel frattempo, di fronte al carcere, si raduna una piccola folla di cronisti, in attesa di conoscere le reali condizioni del carcere romano. Passano le ore e la situazione si complica: i due funzionari spariscono, convocati negli uffici dell’amministrazione penitenziaria. Andandosene di corsa dicono: "Aspettateci qui, torniamo subito". Nessuno ne sa più niente: il nulla osta non arriva. I quattro tentano ogni mediazione, anche una visita senza colloquio con i detenuti. Nulla da fare: carcere sbarrato.

Alle 13.30 si capisce che il via libera "politico" non arriverà mai e il quartetto abbandona il campo, spiegando le rivendicazioni dei detenuti (tra cui: indulto ogni 3 anni, cancellazione dei precedenti penali ogni 5 anni, automatismo delle misure alternative per buona condotta). In più, ironia della sorte, gli tocca riportare le rassicurazioni del direttore del carcere. Secondo la direzione, infatti, all’interno della quarta sezione di Regina Coeli non c’è stata nessuna rivolta, nessuna devastazione. Nessun detenuto è stato trasferito altrove (ufficialmente i trasferimenti sono partiti nel pomeriggio). Soltanto poche suppellettili bruciate, testualmente: "qualche piccolo episodio più forte della media". A riferire questa dichiarazione è proprio l’esterrefatto Manconi. È una notizia che contraddice i resoconti di tutti i giornali italiani e che dovrebbe essere indagata meglio. A rafforzarla, però, per l’amministrazione non si presenta nessuno. Il direttore è ancora confinato al Dap, le porte del carcere sono chiuse. Non ci sarà mai nessun comunicato ufficiale.

Come minimo, è un autogol mediatico di proporzioni gigantesche: voler rassicurare i cittadini, o i familiari dei detenuti, senza raccontare quello che è successo è un atteggiamento piuttosto singolare. Affermare che a Regina Coeli, martedì notte tra le 21 e le 23.30 non sia successo nulla, senza far entrare una delegazione di persone giuridicamente titolata per farlo, non è però soltanto un suicidio comunicativo è, ben di più, un atto politico gravissimo.

Il comune di Roma per ora tiene i toni bassi e condanna lo "sgarbo" istituzionale. Nieri e Manconi chiederanno un incontro al ministro per capire le ragioni del blocco di ieri. E il sindaco di Roma Veltroni si è detto "sorpreso", confidando che lo "spiacevole episodio verrà presto superato".

Il "niet" opposto dal ministero della giustizia, infatti, riguarda il primo difensore civico dei detenuti, un organismo terzo che dopo Roma è stato istituito in molte città proprio per fare da interfaccia in situazioni come queste.

Il messaggio quindi è chiarissimo: stroncare sul nascere un’esperienza che per l’Italia è del tutto innovativa e sperimentale. Una figura che attende in parlamento una legge che la regolamenti a livello nazionale. La decisione del ministero a guida leghista, quindi, è gravissima ma, per fortuna, inutile. Già nei prossimi giorni, infatti, saranno molte a Regina Coeli e nelle altre carceri italiane le visite dei parlamentari. Parlamentari che hanno il diritto (dovere) di vedere in prima persona gli istituti di pena. Parlamentari tacciati in blocco di essere "cattivi maestri".

"Cattivo ministro", l’editoriale di Valentino Parlato

 

Il Manifesto, 20 agosto 2004

 

Se non fossimo d’agosto e in un paese piuttosto allo sbando, questo ministro Roberto Castelli andrebbe licenziato entro 48 ore. Sullo stato delle carceri italiane tutti sappiamo che è un disastro, sovraffollamento, sporcizia, invivibilità. Tutti sappiamo anche che nel mese di agosto, quello più insostenibile, nelle carceri esplode la disperata rabbia dei carcerati. Quando con precisa regolarità riscoppia la rivolta del vetusto carcere romano di Regina Coeli, che cosa dice il nostro ministro?

Nessuna ammissione autocritica sullo stato delle carceri e sulla prevedibilità dell’evento. Niente di tutto questo. La risposta è: c’è stato un complotto, ci sono stati sobillatori e, sempre a sproposito, il ministro resuscita "i cattivi maestri".

"Ora - afferma - quei detenuti dovranno pagare le conseguenze di quello che hanno fatto. Così chi dice di voler alleviare le loro sofferenze in realtà le ha aggravate". Mai che gli venga in mente di dire: avete pure qualche ragione e mi impegno a migliorare le vostre condizioni. No, pagherete duro.

Quanto poi ai sobillatori, ai cattivi maestri, chi sono costoro? Sono parlamentari che in base a un loro diritto dovere vanno a visitare le carceri. Il nostro ministro questi parlamentari li divide in due categorie: 1) quelli che in buona fede e senza volerlo provocano le rivolte e quelli che intenzionalmente accendono la miccia e pertanto vanno a visitare le carceri proprio nel periodo caldo d’agosto, come appunto i radicali. Quelli in buona fede sono gli stupidi e quelli in malafede i delinquenti.

È accettabile un tale comportamento in una repubblica europea e in questo secolo? I radicali già, e meritoriamente, hanno annunciato che quereleranno il ministro. Ma è legittimo chiedersi che cosa intendano fare i presidenti della Camera e del Senato: neppure una garbata nota di biasimo?

Ps. Il ministro però ha fatto intendere che un rimedio ci sarebbe: "Con la legge Bossi-Fini abbiamo rimandato a casa loro 2.200 detenuti". Si potrebbe trovare un accordo con qualche paese del terzo mondo per scaricarne lì qualche altro migliaio, così come con le scorie radioattive.

E, citando il suo presidente del consiglio, potrebbe aggiungere che li manda in villeggiatura. Oppure: privatizzare, come in altri paesi occidentali, le carceri. Un bel programma di appalti per la costruzione e la gestione di nuove carceri: un aiutino alle imprese private.

Castelli prepara le prigioni "for profit"

 

Il Manifesto, 20 agosto 2004

 

Il ministro contro tutti. Le proteste in carcere? È colpa di "determinati personaggi, sono sempre gli stessi", i parlamentari della Repubblica. Il ministro non si rassegna, anzi, raddoppia con interviste di fuoco con i maggiori quotidiani italiani. Ogni agosto ci sono coincidenze specifiche tra gli episodi di protesta e le visite in carcere di qualche personalità.

"Non vorrei che Regina Coeli facesse da focolaio. E segnalo che questo avviene ogni agosto a seguito delle visite di determinati personaggi", assicura Castelli. I loschi figuri in questione sarebbero nientemeno che i parlamentari della Repubblica, che visitano gli istituti di pena per verificare il (mal)funzionamento della giustizia. Castelli, però, nomi non li fa, tanto "sono sempre gli stessi", si limita a dire. Radicali e non solo, per lo più onorevoli verdi, Ds, Prc.

Parole che non scalfiscono peraltro un’altra tetragona convinzione del ministro padano. Contro il sovraffollamento bisogna costruire nuove carceri, il problema sarebbe, quindi, di pura natura edilizia. Si fa strada pertanto l’idea di privatizzare il sistema penitenziario italiano. È noto che il governo Berlusconi ha creato una società ad hoc, Dike Aedifica Spa, dedicata alla questione.

Ma, forse, si potrebbe appaltare al profitto del mercato anche la gestione dei condannati. Il sottosegretario alla giustizia Valentino (An), assicura che "l’ipotesi è seriamente oggetto di attenzione da parte del ministero" e sarebbe anche "un beneficio fiscale per le tasche degli italiani".

Nientemeno. Certo, il buisiness privato dell’edilizia penitenziaria è in crescita in tutto il mondo. E finché si limita alla compravendita delle strutture, senza entrare nella gestione dell’esecuzione penale in senso stretto, non ci sarebbe nulla di cui scandalizzarsi.

Anche se le mire speculative, tanto più in un paese come l’Italia, sono sempre dietro l’angolo (si pensi per esempio a Regina Coeli, mega edificio nel cuore di Roma, o a San Vittore a Milano). E poi, in un certo senso, l’esternalizzazione e diffusione sul territorio dell’esecuzione penale è già in atto da tempo (si pensi alle comunità di recupero). Ma ora si guarda direttamente al cuore del problema, alla gestione, per dir così, intra moenia: il futuro è fatto di sbarre e guardie private, prigioni for profit? Negli Stati uniti è un mercato potenziale da 20 miliardi di dollari e sono circa 160 i penitenziari gestiti in toto da aziende private con oltre 150 mila detenuti.

"In Italia però sarebbe necessaria una legge apposita, e l’opposizione, credo, sarebbe durissima" confida Patrizio Gonnella di Antigone. In parlamento questa ipotesi è stata oggetto di una recente interrogazione parlamentare di Paolo Cento (verdi). "La privatizzazione - secondo Cento - è in atto, sono state già trasferite 11 strutture carcerarie storiche, che faranno poi da leva di finanziamento a infrastrutture moderne e, ovviamente, privatizzate. I rischi di una mega-speculazione ai danni del patrimonio demaniale artistico e storico sono enormi".

Privatizzazione a parte, le parole di Castelli hanno sollevato l’indignazione di praticamente tutto il centrosinistra e creato malumori anche nella maggioranza. Tra i condomini, un centrista come Gianni Rotondi invita apertamente il ministro a pensare a come risolvere il sovraffollamento, senza "colpevolizzare chi denuncia le situazioni difficili". Dall’opposizione per Castelli sono solo dolori, un florilegio di condanna monocorde: "incivile", "inadeguato", "incompetente", sono gli aggettivi più gettonati. Com’è possibile, ci si chiede, che un ministro accusi i parlamentari di ispirare rivolte in carcere? Senza fornire spiegazioni, né, tanto più, nomi.

A sinistra, dalle parti di Ds, Prc e verdi però si prova anche ad andare più in là, a mettere a fuoco la questione carcere, drammatica come sempre, vista la prevista inefficacia dell’indultino. Giuliano Pisapia (Prc) solleva direttamente la questione: un’amnistia può risolvere il sovraffollamento? "Non serve a nulla. Meglio ricorrere a soluzioni alternative al carcere, bisogna uscire dalla logica per cui l’unica sanzione penale è la prigione". Pisapia propone infatti di ricorrere "per gran parte dei reati, salvo i più gravi, agli arresti domiciliari, ai lavori socialmente utili, ai lavori finalizzati al risarcimento del danno o altre misure restrittive diverse dal carcere nei giorni lavorativi".

Più prudente Anna Finocchiaro (Ds), anche se non chiude la porta a una simile ipotesi: "Per risolvere i problemi delle carceri servono risorse, istruzione, formazione, mentre i fondi sono stati tagliati e le condizioni peggiorano". Le pene alternative? "È una questione che bisognerà affrontare al più presto". Quella della giustizia penale e della sua esecuzione potrebbe essere, il condizionale è d’obbligo, l’occasione anche per una demarcazione tra i poli e un terreno di confronto politico per la sinistra.

Un fallimento chiamato indultino

 

Il Manifesto, 20 agosto 2004

 

Doveva far uscire dal carcere 9mila persone, e ne sono uscite poco più di 5mila. Doveva servire a diminuire il numero dei suicidi, e i suicidi, in proporzione, sono aumentati. Doveva servire, soprattutto, a diminuire il numero di presenze dentro carceri che scoppiano, e non c’è riuscito. Il primo anno di vita dell’indultino (una sospensione degli ultimi anni di pena a detenuti che fuori dal carcere mantengano buona condotta), approvato il primo agosto dell’anno scorso, si è chiuso con un sostanziale fallimento.

I dati che vengono dal "Rapporto 2004 sul carcere" dell’associazione carceraria Antigone, di prossima pubblicazione, parlano chiaro. Il numero di presenze all’interno degli istituti penali italiani si è ridotto, e poco, solo per quattro mesi. Si passa dagli oltre 56.700 detenuti dell’agosto 2003 ai 54.200 e rotti del dicembre dello stesso anno. Anno nuovo, vita nuova: i dati di gennaio 2004 già segnano una netta risalita, i numeri di febbraio (oltre 55.300 detenuti) superano quelli del novembre dell’anno precedente. Praticamente il vantaggio dell’indultino è consistito in circa 1.500 persone di meno all’interno degli istituti di pena italiani per poco più di cento giorni. Detto per inciso: i posti letto effettivamente disponibili, nelle carceri italiane, sono 42mila.

Vuol dire che per renderle vivibili dovrebbero esserci oltre 14500 persone in meno. E non è tutto. "Le misure di clemenza non funzionano nemmeno a breve termine - dice Patrizio Gonella, coordinatore di Antigone - come l’ultimo indultino. Ne hanno beneficiato in 5.500 ma in molti sono già tornati in carcere perché non sono in grado di reinserirsi socialmente". Tra l’altro, tornando in carcere diventano "recidivi". E da recidivi non possono (più) richiedere l’indultino.

Il che vuol dire che un provvedimento che i fatti hanno dimostrato essere poco utile lo sarà probabilmente sempre meno. La questione dei recidivi spiega anche perché le 9mila persone che secondo il governo dovevano accedere al provvedimento siano diventate poco più della metà. L’indultino, oltre che per i colpevoli di reati che l’ordinamento giudica gravissimi (terrorismo e associazione mafiosa, ad esempio), non vale per chi sia stato dichiarato "delinquente abituale, professionale o per tendenza". Cosa regolarmente scritta nelle singole sentenze, ma non registrata dal Dap. Che quindi non poteva dirlo al governo.

Comunità di Sant’Egidio: applicate la legge Gozzini

 

Il Mattino, 20 agosto 2004

 

"La maggior parte della popolazione di Regina Coeli sa della rivolta, che ha coinvolto solo una parte di una sezione: chi sa, perché legge il quotidiano o vede la televisione, è combattuto tra il timore che la protesta peggiori le condizioni di vita e la speranza che qualcosa si muova".

Così i volontari della comunità di Sant’Egidio, che quotidianamente entrano a Regina Coeli per avere colloqui individuali con i detenuti e coinvolgerli in progetti di reinserimento, raccontano lo stato d’animo all’interno del carcere. All’indomani della rivolta, i volontari sono entrati nel carcere e hanno trovato allagato lo spazio dove si svolgono le messe e gli spettacoli, essendo lo spazio più ampio del carcere.

"I trasferimenti di 40 detenuti in un’altra sezione non sono stati una sorpresa - spiegano gli operatori - perché, in carcere, qualsiasi cosa succede, si è subito trasferiti, figuriamoci in caso di rivolta". "Il problema - secondo i volontari - è che la normativa vigente, la legge Gozzini è ancora largamente inapplicata mentre potrebbe essere una prima risposta alla situazione drammatica del sovraffollamento".

 

Bondi: su vivibilità carceri si misura civiltà del paese

 

Asca, 20 agosto 2004

 

"La possibilità di visitare i detenuti è un diritto dei parlamentari sacrosanto e intangibile". Il coordinatore di Forza Italia Sandro Bondi, difende la prerogativa parlamentare dopo le polemiche sollevate dal ministro Castelli.

"Non si può certo puntare il dito contro i radicali, che da sempre mostrano una particolare attenzione alle condizioni di vita dei detenuti, anzi - spiega l’esponente di Forza Italia in un’intervista al Mattino - penso che non solo i parlamentari ma anche la società civile debba avere una costante attenzione verso questo mondo, perché anche in base alla vivibilità nelle carceri si misura il grado di civiltà di un Paese".

Secondo Bondi "il governo Berlusconi ha fatto molto di più di chi lo ha preceduto e ha governato per cinque anni. Purtroppo sono polemiche ricorrenti durante il periodo estivo, anche perché la detenzione si fa più insopportabile".

Urso (An): le parole di Castelli sono sbagliate

 

Apcom, 20 agosto 2004

 

Le parole pronunciate nei giorni scorsi dal ministro della Giustizia Castelli su eventuali responsabilità di parlamentari nei tumulti di Regina Coeli "sono sbagliate, perché visitare le carceri è un elemento importante per comprendere come vivono i detenuti". Lo ha detto il vice ministro alle Attività produttive Adolfo Urso, intervenendo al filo diretto di Radio Radicale.

Ricordando come, nei fatti, il Guardasigilli abbia poi corretto il tiro, Urso ha anche definito la situazione dei penitenziari italiani come "endemica" sottolineando il tentativo del governo di porvi rimedio con la legge Bossi-Fini e con la costruzione di nuove carceri "per le quali - ha ricordato - sono stati stanziati quasi 2mila miliardi". "La soluzione - ha concluso Urso - è rendere vivibili le carceri e al contempo pensare a misure alternative alla detenzione".

Caruso (An): situazione sovraffollamento peggiore al nord

 

Adnkronos, 20 agosto 2004

 

"La situazione carceraria, per quanto riguarda il problema oggettivo del sovraffollamento è peggiore al Nord che al Sud. Lo abbiamo potuto constatare avendo visitato circa il 75% delle carceri italiane".

Lo riferisce il presidente della commissione Giustizia del Senato, Antonino Caruso (An), ospite di Radio Anch’io. Situazioni di disagio in cui, tuttavia, sottolinea l’esponente di An, "non è mai stato ravvisato un cattivo trattamento dei detenuti inteso come rapporto non corretto tra polizia penitenziaria e detenuti".

Vietti (Udc): le colpe sovraffollamento sono di vari governi

 

Apcom, 20 agosto 2004

 

Quella nelle carceri è una "situazione delicata", ma le responsabilità "vanno ripartite tra le varie forze politiche e i vari governi". Lo ha detto il sottosegretario alla Giustizia, Michele Vietti, intervenendo a Radio Anch’io.

"Per decenni abbiamo chiuso le carceri pensando di che si riducesse la delinquenza, un po’ come era accaduto con i manicomi. Ma a questa pericolosa illusione il governo sta cercando di porre rimedio", dice Vietti.

Il sottosegretario ha poi detto di "ignorare" l’esistenza della circolare ministeriale di cui parlano oggi alcuni giornali che contiene nuovi parametri che permetterebbero di calcolare "al rialzo" la capienza delle carceri.

Urso (An): visite parlamentari sono elemento importante

 

Agi, 20 agosto 2004

 

Le visite dei parlamentari nelle carceri "che anche io ho fatto in passato, sono un elemento importante per poter comprendere meglio, da parte di chi può agire, qual è la vita dei carcerati". Lo ha detto Adolfo Urso, vice ministro alle Attività produttive con delega al Commercio estero, nel corso di un filo diretto con Radio Radicale. Urso ha però sottolineato che quella delle carceri "è una situazione endemica a cui il governo ha cercato di porre rimedio sia con la Bossi-Fini - ha affermato il vice ministro - sia con la costruzione di nuovi istituti penitenziari con un investimento di circa 2mila miliardi". Sulle diverse posizioni nella maggioranza, Urso si è detto ottimista che "alla fine si troveranno momenti di sintesi".

Manconi: "Carcere criminogeno, Castelli tra i responsabili"

 

Liberazione, 20 agosto 2004

 

Parla Luigi Manconi, garante per i detenuti del Campidoglio, al quale ieri è stato impedito di visitare Regina Coeli. "Avevamo annunciato la visita con quarantotto ore d’anticipo. Così alle dieci, io e l’assessore Nieri, ci siamo presentati all’ufficio del direttore per l’autorizzazione, e lì siamo rimasti fino alle tredici e un quarto, invano. Sono le diciannove e nessuno si è fatto sentire. Taciute le motivazioni del diniego.

Pensare che nello stesso carcere, poco più di un mese fa, avevamo avuto un importante incontro operativo con i dirigenti e i rappresentanti dei reclusi e nessuno aveva espresso contrarietà di alcun genere. Una chiusura quella del ministro Castelli che rivela una volontà criminogena".

Luigi Manconi, Garante per i diritti dei detenuti presso il comune di Roma, dopo aver atteso invano di visitare il carcere di Regina Coeli, con l’assessore capitolino alle Politiche per lo sviluppo Luigi Nieri e Patrizio Gonnella, coordinatore nazionale dell’associazione Antigone, si è messo a scrivere una una lettera al ministro della Giustizia, Roberto Castelli.

 

Manconi come giudichi la mancata autorizzazione alla visita a Regina Coeli?

Un diniego assurdo. Un danno per il carcere, i detenuti, quanti vi lavorano, per la società, per noi tutti e per lo stesso Castelli. Volevamo incontrare i detenuti anche per prevenire il fatto che la protesta, secondo me, motivata, diventi fattore di disordine. Questo ci è stato impedito, e pure abbiamo molti titoli giuridici per entrare in carcere. Vorremmo venisse istituito un organismo permanente per un lavoro comune tra amministrazione comunale e l’amministrazione carceraria, crediamo che i detenuti abbiano bisogno di tutto, in primo luogo di comunicare con l’esterno, e che la società si curi di loro. L’esatto contrario della tesi circolata in questi giorni che la protesta nasce da visite di soggetti esterni.

 

Castelli, infatti, continua ad agitare la lista "nera" dei cattivi maestri che, a suo dire, fomentano la protesta dei detenuti e incolpa la sinistra dell’emergenza carceraria. Come rispondi?

Certo i governi di centrosinistra, di cui io ho fatto parte, non hanno brillato in materia, io l’ho denunciato all’epoca e non ho problemi a ricordarlo. Rendere le carceri vivibili, umane, significa anche contribuire a costruire una società diversa. Le carceri criminogene sono un pericolo per tutti noi, perché contribuiscono ad alzare il livello di disagio sociale dentro e fuori le mura. Non voglio fare polemiche, ma penso che in realtà le invettive di Castelli siano da ascrive in una polemica interna alla Casa delle libertà.

 

Cosa c’è allora dietro le invettive di Castelli?

Si discute dell’ingresso dei Radicali nel governo, ed evidentemente la Lega ha dei problemi in merito. Ma non mi interessa. Vero è che interessarsi di carcere fa perdere voti, insomma la popolazione carceraria non è un buon affare per chi vuole racimolare consensi, e dunque ad occuparci seriamente di carcere siamo davvero in pochi da sempre. Si possono dire oneste e efficaci soltanto quelle scelte politiche che contribuiscono a ridurre il numero delle persone che entrano in carcere. Il contrario di quanto sostiene il ministro Castelli, intento a pianificare programmi di edilizia penitenziaria aprendo a gestioni private.

 

Come ridurre il sovraffollamento?

Sicuramente non costruendo nuove carceri, come appunto sostiene Castelli. Basterebbe fare in modo che a varcare l’ingresso degli istituti penitenziari sia solo colui la cui detenzione è strettamente indispensabile, su dieci detenuti almeno tre sono in attesa di giudizio, scontano un anticipo di pena ma alla fine potrebbero anche essere innocenti, intanto stanno lì. Il sovraffollamento non è una nostra invenzione, ma una condizione reale e criminogena, non è un caso che proprio negli istituti che sforano i limiti della vivibilità si è registrato tra il 2002 e il 2003 il 93% dei suicidi. E a suicidarsi è spesso chi è in attesa di giudizio. Per questo le carceri dovrebbero essere aperte alla società che deve curarsi ed interessarsi di loro. Un ministro che chiude la comunicazione tra dentro e fuori il carcere si assume delle gravi responsabilità.

 

Volontè: necessario approfondire tema amnistia

Secondo il capogruppo dell’Udc alla Camera, Luca Volontè, interpellato dall’Ansa a proposito del dibattito incentrato sui disagi nelle carceri "è necessario approfondire il tema di una possibile amnistia a partire dalla condivisione che ci fu dopo le parole del Santo Padre a Montecitorio".

"È ora che il Parlamento - afferma in conclusione Luca Volontè - assieme al tema della situazione logistica delle carceri e al dettato costituzionale che prevede nella detenzione un’occasione di recupero dell’individuo, approfondisca anche il tema di una possibile amnistia".

Gasparri (An): sono sempre stato contrario all’amnistia

 

Apcom, 20 agosto 2004

 

"L’amnistia? Sono assolutamente contrario: lo ero prima, continuo ad esserlo perché la ritengo una tesi profondamente sbagliata". Lo ha detto Maurizio Gasparri, An, ministro delle Comunicazioni, a margine del convegno di Erice sulle Emergenze Planetarie.

"Una cosa è umanizzare le pene, rivedere la carcerazione preventiva contro gli abusi, altro è aprire le carceri a chi ha avuto condanne", ha aggiunto.

La Russa (An): amnistia? non partecipo a boutade agostane

 

Apcom, 20 agosto 2004

 

"Non partecipo a queste boutade agostane. Questi sono argomenti seri che, semmai, vanno discussi alla ripresa dei lavori a settembre". È il commento di Ignazio la Russa, coordinatore di Alleanza nazionale, al dibattito sulla possibilità di ricorrere all’amnistia per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri.

Gasparri (An): un’amnistia? non ne vedo l’opportunità

 

Agi, 20 agosto 2004

 

"Amnistia? Non ne vedo l’opportunità". Lo ha detto il ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri, secondo il quale "il Parlamento ha già affrontato il tema e l’ha risolto con l’indultino". Secondo il ministro "ognuno ha il diritto di fare le proposte che desidera, ma io non sono di questo avviso".
Per Gasparri "il ministro Castelli sta già facendo un importante lavoro attraverso, ad esempio, la costruzione di nuove carceri, al fine di rendere la vita dei detenuti più umana". Certo "bisognerà riflettere - conclude Gasparri - sull’uso del carcere preventivo, ma non vedo l’opportunità di atti di clemenza di questo tipo".

Pecoraro (Verdi): dibattito su carceri non sia boutade estiva

 

Asca, 20 agosto 2004

 

"Evitiamo che il dibattito su lotta alla corruzione, emergenza carceraria, amnistia e custodia cautelare esploda a Ferragosto, salvo poi varare misure farsa come l’indultino o, peggio, la cancellazione del falso in bilancio che favorisce la corruzione. Davvero, su questi temi vanno evitate le boutade di Ferragosto". Lo ha dichiarato il presidente dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio.

"Non aspettiamo - ha aggiunto Pecoraro - una nuova tangentopoli per affrontare il tema di efficaci misure anticorruzione e sul finanziamento della politica. Così, non aspettiamo ulteriori degenerazioni dell’emergenza carceraria per parlare seriamente e senza demagogia di amnistia, indulto, condizioni di vita negli istituti, misure alternative; o di custodia cautelare, un istituto che va utilizzato con la massima cautela ma che può impedire la reiterazione di nuovi reati".

"Serve quindi - ha concluso il leader dei Verdi - un dibattito serio in Parlamento e nel paese che superi la vecchia contrapposizione tra cosiddetti garantisti e cosiddetti giustizialisti, perché la battaglia per una giustizia giusta non può che essere la battaglia contro la corruzione e la mala politica".

Bobo Craxi (Psi): sì all’amnistia, intollerabile non ci sia da anni

 

Apcom, 20 agosto 2004

 

Sì ad un provvedimento di amnistia "che promuova l’idea di un paese maturo: sono ormai 15 anni che in Italia non c’è un’amnistia ed è intollerabile per un paese democratico, riflettiamo sul fatto che ciò non avviene in paesi con regimi autoritari".

È favorevole all’ipotesi di un’amnistia il segretario del Nuovo Psi, Bobo Craxi, secondo il quale "il nostro Parlamento non ha dato grandi prove di garantismo, anche la clausola dei due terzi non rende il percorso facile".

"Il sovraffollamento delle carceri del resto - spiega Bobo Craxi - si può ovviare con due procedimenti: aumentare il numero delle detenzioni cosiddette part-time, consentendo a un numero maggiore di detenuti di usufruire della legge Gozzini, e agire tout court con un provvedimento di amnistia". "Solo la parentesi emergenziale di Tangentopoli - aggiunge Bobo Craxi - ha impedito che ci fosse serenità sugli atti di clemenza". Le dichiarazioni di Castelli? "Il ministro - taglia corto Bobo Craxi - amministra la giustizia, non è la giustizia del nostro paese".

Gasparri (An): è necessario costruire nuovi penitenziari

 

Apcom, 20 agosto 2004

 

"Occorre costruire nuove carceri sperando che non servano: non è che possiamo adeguare il numero dei detenuti alla capienza della carceri". Così il ministro delle comunicazioni, Maurizio Gasparri, a margine del seminario di Erice al Centro di cultura scientifica Ettore Majorana sulle emergenze planetarie.

"Credo che a sinistra - ha proseguito Gasparri - affrontino il problema delle carceri con demagogia. Non voglio colpevolizzare nessuno, è diritto di ogni parlamentare visitarle, ma quando io vado in una struttura carceraria piuttosto che ai detenuti lo faccio per far visita alla polizia penitenziaria".

Pecorella (Fi): amnistia unica soluzione, in questo momento

 

Apcom, 20 agosto 2004

 

"Di fronte alla proposta di un’amnistia non si può essere favorevoli o contrari. Bisogna ammettere che è l’unica soluzione in questo momento". È l’opinione del presidente della commissione Giustizia della Camera, Gaetano Pecorella (Fi), in merito al dibattito sul provvedimento di clemenza.

"È inutile illudersi - afferma - che si possa aspettare la costruzione di nuove carceri o che la soluzione passi attraverso il recupero sociale e il lavoro all’esterno. Dall’88, quando c’è stata l’ultima amnistia, a oggi, il nostro sistema carcerario ha dimostrato di non riuscire a reggere l’urto dell’arrivo dei detenuti".

Ma esistono le condizioni politiche per un provvedimento del genere? L’esponente azzurro invita chi è contrario a considerare che è "assai più grave la situazione delle carceri adesso che non la possibilità di liberare, fermo restando certi obblighi e controlli, coloro che sono stati condannati per reati di minore gravità".

Capezzone (RI): amnistia? basta inganni e illusioni detenuti

 

Apcom, 20 agosto 2004

 

"Mentre la situazione carceraria è sempre più insostenibile, leggo che qua e là si torna a parlare di amnistie. A chi le propone dico: basta illusioni e inganni ai detenuti. A maggior ragione se chi dice queste cose sa bene - e lo sa - che si tratta di prospettive impossibili". È quanto dichiara il segretario dei Radicali, Daniele Capezzone.

"Da radicali, siamo sempre stati favorevoli al principio dell’indulto (che estingue la pena o una sua parte) e non a quello dell’amnistia (che estingue il reato). Ma non voglio neanche entrare nel merito di questa cicaleccio estivo. Un anno fa, - ricorda Capezzone - per strappare la miseria di un indultino, furono necessari 53 giorni di sciopero della fame miei, di Rita Bernardini e di Sergio D’Elia. E proprio tanti di quelli che si erano spellati le mani per applaudire il Papa furono i primi a scatenarsi perfino contro quella misura così esigua. Figurarsi se oggi, con gli stessi numeri, sarebbe possibile ottenere qualcosa di diverso".

Secondo il segretario dei radicali "chi è al Governo (e ha una maggioranza di 100 deputati alla Camera e di 50 senatori a Palazzo Madama) ha il dovere di non prospettare miraggi estivi, ma di fare proposte di riforma strutturale. E lo stesso vale per una opposizione che ha governato (senza alcun intervento serio e concreto) nei cinque anni precedenti".

Capezzone rilancia i tre punti chiave della proposta dei radicali per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario: intervenire sulla "vergogna della custodia cautelare", sulla "legislazione relativa alla droga, e nella direzione opposta a quella sciaguratamente prospettata dalla legge Fini", "dare attuazione al regolamento penitenziario, che prevede condizioni decenti di detenzione, lontane anni luce dalla vergogna delle attuali galere".

"Per questo, ribadiamo - conclude Capezzone - il nostro invito a detenuti, agenti di custodia e direttori, affinché si dia vita tutti insieme, dopodomani, domenica 22, a una giornata di "digiuno, nonviolenza e referendum nelle carceri". Un giorno di sciopero della fame per sostenere le richieste della comunità carceraria, e, nello stesso tempo, un giorno di raccolta di firme referendarie per confermare il sostegno delle e dalle carceri alle grandi battaglie civili".

Fanfani (DL): tutti i parlamentari dovrebbero visitare le carceri

 

Apcom, 20 agosto 2004

 

"Adesso è il momento di agire per evitare che il dibattito resti sterile. Diamoci delle scadenze precise. Tutti i parlamentari, nessuno escluso - leghisti compresi - sentano il dovere di visitare le carceri entro settembre e relazionino il ministro e il Parlamento su ciò che hanno visto".

Lo propone Giuseppe Fanfani, capogruppo della Margherita in commissione Giustizia della Camera. "Entro ottobre – aggiunge - il ministro formuli una proposta precisa al Parlamento e venga a riferire sul programma che intende adottare per rendere compatibili le carceri con le esigenze di civiltà e di recupero sociale dei condannati. Se il ministro farà questo - conclude Fanfani - avrà la nostra collaborazione, se non lo farà dimostrerà ancora una volta di essere inadeguato e che le sue parole sono state solo una provocazione di basso profilo istituzionale".

Ghedini (Fi): amnistia non risolve il problema delle carceri

 

Apcom, 20 agosto 2004

 

"L’amnistia non risolve il problema delle carceri". Piuttosto, bisogna intervenire "pesantemente" sulla carcerazione preventiva. Niccolò Ghedini, parlamentare di Forza Italia, e uno dei legali del premier, non ha dubbi. La sua ricetta contro il sovraffollamento dei nostri penitenziari non prevede il vocabolo amnistia.

"Io non ho mai avuto una grande propensione per le amnistie - premette l’esponente azzurro - proprio dal punto di vista culturale, perché sono una sorta di resa dello Stato a far valere la pretesa punitiva". Ghedini difende l’operato del Guardasigilli Roberto Castelli "ha avviato un importante programma di riqualificazione delle carceri" e invita i radicali a non confondere il problema con la fecondazione assistita.

Giovanardi (Udc): "Irresponsabile l’iniziativa dei Radicali"

 

Adnkronos, 20 agosto 2004

 

"Sono posizioni provocatorie e irresponsabili". Carlo Giovanardi, ministro per i Rapporti con il Parlamento, condivide il monito di Casini a non censurare il diritto-dovere dei parlamentari a visitare le carceri ma condanna la proposta dei radicali che hanno programmato nelle carceri una raccolta di firme per il referendum abrogativo della legge sulla fecondazione assistita.

"Il presidente Casini ha ragione a ricordare che non può essere censurato l’esercizio di un proprio diritto-dovere, come quello di visitare le carceri, che spetta ai parlamentari in carica. Nel contempo, però, ritengo inqualificabile l’iniziativa dei radicali di andare a raccogliere le firme per il referendum nei penitenziari italiani e l’invito ai detenuti di fare uno sciopero della fame".

Quanto alla possibilità di tornare a parlare di un’amnistia, il ministro non si sbilancia: "L’argomento, per ora, non è all’ordine del giorno". Nessuna amnistia e nessuno sconto di pena".

Questa la posizione di An che, secondo il responsabile sicurezza Filippo Ascierto "è sempre stata chiara". Quanto all’iniziativa dei radicali, Ascierto dice: "Strumentalizzare ogni cosa, addirittura coinvolgendo i detenuti mi sembra fuori luogo".

E sulla stessa linea del Guardasigilli Roberto Castelli, se la prende anche con chi abusa del diritto dovere a visitare le carceri: "Nelle carceri troppi politici entrano e troppe persone fomentano anche situazioni che possono creare problemi".

In una conferenza stampa, il leader dei radicali Marco Pannella spiega l’iniziativa del suo partito prevista per domenica. "Dimostriamo che quanto più sono gravi le lotte - ha detto - tanto più il ricorso alla non violenza diventa utile e necessario. Facciamo appello perché dalle carceri verso il Paese venga una giornata di non violenza, perché è gravissima la posizione di Castelli". Una iniziativa "per rispondere non da maestri ma da militanti, comunque non da cattivi maestri, a questo ministro Castelli".

D’Elia (RI): irresponsabile è posizione del ministro Giovanardi

 

Radicali Italiani, 20 agosto 2004

 

Alla dichiarazione del Ministro per i Rapporti col Parlamento, Carlo Giovanardi, il quale ha definito "inqualificabile l’iniziativa dei radicali di andare a raccogliere le firme per il referendum nei penitenziari italiani e l’invito ai detenuti di fare uno sciopero della fame", ha così replicato Sergio D’Elia, Segretario di Nessuno tocchi Caino e membro della Direzione di Radicali Italiani:

"Una giornata di sciopero della fame e di raccolta firme sul referendum nelle carceri è l’esatto opposto della posizione provocatoria e irresponsabile che il ministro Giovanardi ci imputa. C’è un solo modo per evitare che il carcere diventi luogo di violenza e di disperazione, ed è rendere il più possibile partecipi i detenuti della vita civile del proprio paese. E’ quello che i radicali hanno con rigore e responsabilità fatto da quando esistono. Se dovesse prevalere la visione che appare essere di Giovanardi per cui i detenuti sarebbero cittadini di serie B che non hanno diritto a firmare i referendum e il carcere una discarica dove buttare i rifiuti della società, allora davvero il rischio sarebbe quello di sempre più atti di violenza, si autolesionismo e di suicidio dietro le sbarre. Intanto segnaliamo che sono le ore 15 e 25 di venerdì e non abbiamo ancora ricevuto nessuna risposta alle 30 istanze avanzate ieri nei confronti di altrettanti direttori di carcere perchè sia consentita domenica ai detenuti che ne hanno diritto la sottoscrizione del referendum contro la legge sulla fecondazione assistita. Diciamo che siamo in attesa di 30 smentite alle parole di Giovanardi."

Di Pietro: costruire nuove carceri e sveltire processi

 

Apcom, 20 agosto 2004

 

"Le carceri italiane fanno mediamente schifo e due sono le linee di azione per migliorare la situazione: da una parte costruire nuove carceri, dall’altra occorre sveltire i processi perché i processi lunghi provocano lunghe carcerazioni preventive". Lo ha detto il leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, ospite di Radio Anch’io.

Cirelli (Udeur): meglio prima repubblica, ora manca coraggio

 

Il Messaggero, 20 agosto 2004

 

Per Nicola Cirelli, dell’Udeur abruzzese, è "il coraggio di ribellarsi che manca ai cittadini, ai giornalisti, a quanti hanno modo di constatare quante cose nelle istituzioni pubbliche e private non vanno per il verso giusto. Da molto tempo vado dicendo che la magistratura perde colpi e che la gente deve recuperare al più presto la fiducia nelle istituzioni".

Cirelli se la prende con la stampa e dice che "se ci scappa il morto, la notizia è che non si riesce a capire come il sindaco di Roccaraso si possa essere suicidato all’interno del carcere di sicurezza. Il perché alcuni magistrati parrebbero così zelanti su alcuni fatti mentre sembrerebbero indifferenti su altri non pare suscitare nemmeno un po’ di curiosità, almeno per tentare di capire dove iniziano e finiscono le vicende tristi come quella dell’ingegner Valentini.

Resta tutto intero il dubbio su cosa stia succedendo a distanza di un decennio dalla Tangentopoli del 1993. La seconda Repubblica, alla quale speravo di dare un contributo nella sua affermazione, doveva ridare dignità al paese e alle istituzioni. Stando ai fatti sembrerebbe da rimpiangere la prima".

Mellano (RI): Castelli chieda ai suoi direttori, poi si scusi con noi

 

Radicali Italiani, 20 agosto 2004

 

In questi quattro anni e mezzo della settima legislatura del Consiglio Regionale, il Gruppo Consiliare "Radicali – Lista Emma Bonino" in Piemonte, composto da Bruno Mellano e Carmelo Palma, ha effettuato un centinaio di visite ai 13 istituti di reclusione presenti sul territorio della Regione Piemonte: 5 volte ad Alba, 7 ad Alessandria San Michele, 6 ad Alessandria Don Soria, 7 ad Asti, 5 a Biella, 6 a Cuneo, 8 a Fossano, 5 ad Ivrea, 6 a Novara, 10 a Saluzzo, 11 a Torino, 5 a Verbania, 5 a Vercelli.

Da quasi trent’anni, in base alla legge 354/75, art. 67, di riforma dell’ordinamento penitenziario i consiglieri regionali, alla pari dei deputati europei e nazionali, possono entrare in carcere per verificare le condizioni sia dei detenuti sia del personale. Le delegazioni radicali sono entrate sempre per vere e proprie visite ispettive generali degli istituti.

In alcuni casi concentrando l’attenzione su temi specifici come la situazione del "41 bis" il famigerato carcere duro, le carenze d’organico degli agenti e delle figure professionali come gli educatori, i problemi strutturali ad Asti (mancato collegamento all’acquedotto comunale e carenza d’acqua), ad Alba ed Alessandria (pioggia all’interno delle strutture), il cattivo funzionamento delle docce (Cuneo).

In questi anni le visite radicali non solo hanno contribuito a far emergere i problemi, ma si sono impegnati a trovarne le soluzioni, come con il collegamento realizzato dell’acquedotto comunale di Asti con il carcere di Quarto, l’assunzione di educatori professionali in carico alla Regione (primo caso in Italia!), l’individuazione dello strumento operativo della Cassa delle Ammende, il pronunciamento del Consiglio e della Giunta Ghigo per concorsi su base regionale per ovviare alle "fughe" al sud degli assunti ministeriali.

Il Consigliere regionale radicale Bruno Mellano ha dichiarato: "Il lavoro sul carcere fatto da Radicali Italiani e da noi piemontesi in particolare meriterebbe, senza false modestie, un ringraziamento da parte del signor Ministro di Giustizia. Cito solo tre casi emblematici. Abbiamo attivato un ruolo di supplenza della Regione nella tragica mancanza degli educatori professionali, facendo stanziare per due anni consecutivi 600.000 euro alla Regione Piemonte per 22 educatori, tanto apprezzati dagli Istituti quanto necessari e inesistenti. Abbiamo sollevato la coltre di silenzio attorno alla Cassa delle Ammende affinché sia finalmente reso pubblico il documento-fantasma che è tuttora il regolamento della Cassa delle Ammende, 80 milioni di euro per progetti di reinserimento e di aiuto ai detenuti e alle loro famiglie. Il ministro Castelli aveva dichiarato, nel febbraio scorso, che il regolamento era pronto; attendiamo ancora oggi di poterlo leggere. Abbiamo prodotto l’approvazione unanime del Consiglio di un ordine del giorno affinché la Giunta Ghigo rappresenti al Governo l’urgenza e la necessità di concorsi su base regionale per l’assunzione degli agenti di polizia penitenziaria. Se il Ministro avrà la compiacenza di informarsi potrà certamente apprezzare il ruolo avuto da noi radicali in questi anni, e potrà constatare che, in tutte le dichiarazioni pubbliche dei funzionari locali dell’Amministrazione Penitenziaria, viene generalmente considerato importante ed utile. Dunque se il Ministro avrà occasione di acquisire le dovute informazioni sulle nostre visite agli Istituti piemontesi, poi potrebbe sentire l’esigenza di scusarsi! …e farebbe cosa buona e giusta!"

Pavia e Voghera: due esempi di carceri nell'illegalità

 

Radicali Italiani, 20 agosto 2004

 

Senza un educatore, il carcere di Voghera è letteralmente fuorilegge dal mese di aprile.Massiccia carcerazione preventiva, indultino quasi nullo, ufficio di sorveglianza di Pavia che nega a tutti i benefici di legge : le carceri scoppiano di detenuti (gli unici a posto con la legge, campioni di pazienza e di tolleranza), molti dei quali gravemente ammalati.

Oggi il Consigliere regionale radicale Lucio Bertè visita la Casa Circondariale di Vigevano, dopo aver visitato a lungo, la vigilia di ferragosto, le Case circondariali di Pavia e di Voghera, lasciando per i detenuti materiale informativo sul referendum sulla legge sulla fecondazione medicalmente assistita, per consentire a coloro che godono ancora dei diritti politici di decidere se firmare la richiesta referendaria in un successivo giro di visite, a settembre.

Alla luce di quanto rilevato nelle sue ispezioni e dopo le recenti dichiarazioni del Ministro Castelli, il Consigliere Lucio Bertè ha commentato: "Il Ministro della Giustizia farebbe bene a visitare le carceri come facciamo noi, ascoltando per ore i medici, gli operatori penitenziari, i direttori, e i cittadini detenuti, rilevando come "abitano" in condizioni illegali rispetto ai regolamenti comunali d’igiene. Si renderebbe conto che se non scoppia ovunque la rivolta deve ringraziare l’impegno degli agenti e l’eroica pazienza e tolleranza dei cittadini detenuti, soprattutto dei molti affetti da patologie gravi. Dovrebbe ringraziare anche i radicali che questo atteggiamento paziente e nonviolento hanno contribuito a diffondere in anni e anni di frequentazione delle patrie galere".

A Pavia e a Voghera il sentimento dominante tra i cittadini detenuti è l’amarezza e la disillusione per il comportamento illegale delle istituzioni che impongono disumane condizioni di vita persino a chi è affetto da patologie gravi, e che ingiustamente negano – attraverso i sistematici rigetti delle istanze da parte del Magistrato di Sorveglianza di Pavia - qualsiasi beneficio "spettante per legge", per buona condotta e per i progressi educativi conseguiti sul piano personale. Tra Pavia e Voghera su un totale di 696 detenuti, solo 5 sono in affidamento ai servizi sociali e 7 sono semiliberi, cioè rientrano in carcere ogni sera e vi restano anche il fine settimana.

Dicono i detenuti: "Hanno deciso di farci scontare tutta la pena in galera, fino all’ultimo giorno, senza educatori, senza permessi e misure alternative, senza lavoro, in celle sovraffollate e con le porte chiuse 20 ore al giorno"

Dice Bertè: "Che i detenuti abbiano ragione è dimostrato dalla mancanza degli educatori, troppo tollerata dal Governo per non essere voluta. Senza il loro lavoro il Magistrato di Sorveglianza non può applicare le misure di custodia alternative al carcere: a Pavia c’è un solo educatore dei sei previsti, mentre dal 30 aprile a Voghera, in violazione della Costituzione e della Legge, manca del tutto, pur essendone previsti tre. Inoltre l’Ufficio della Magistratura di Sorveglianza di Pavia rigetta ogni istanza anche troppo sistematicamente e frettolosamente, tanto è vero che ho visto un rigetto intestato a un detenuto con una motivazione riferita ad un’altra persona! Eppure non viene annullato. Analogamente l’annullamento di un rigetto di Pavia da parte della Sorveglianza di Milano non ha avuto alcun seguito. Vanificato anche l’indultino, che avrebbe dovuto ridurre il sovraffollamento: dopo un anno di applicazione solo 10 persone sono uscite dal carcere di Pavia e 5 dal carcere di Voghera. Per effetto di questa politica giudiziaria che ha dilatato la carcerazione preventiva, e di questa concezione punitiva della Sorveglianza, dal luglio 2003 all’agosto 2004 i detenuti sono passati da 428 a 433 a Pavia (176 stranieri) e da 246 a 263 a Voghera (72 stranieri). Anche agli ergastolani è negata la cella singola".

Ormai in tutte le sezioni i detenuti definitivi sono mescolati con quelli in attesa di giudizio e con gli appellanti, i detenuti sani con quelli malati, tutti con il regime più duro (a parte i collaboratori di giustizia).

Conclude Lucio Bertè: "Con questo attuale giro di visite mi riprometto di rilevare le condizioni di salute e di "abitazione" dei cittadini detenuti per richiamare con diffide circostanziate i Sindaci ai loro doveri di intervento, anche sostitutivo, per l’inerzia dei Ministri della Giustizia e della Salute, affinché siano rispettati quei diritti dei cittadini detenuti rimasti identici a quelli dei cittadini in libertà".

Roma: detenuti chiedono aria, acqua e colloqui senza i vetri

 

Il Messaggero, 20 agosto 2004

 

Eliminazione delle barriere, ripristino dei colloqui, diritto all’acqua, all’aria, all’igiene a al decoro delle celle: sono questi alcuni dei punti irrinunciabili e sembra già valutati come accettabili, contenuti nel secondo documento redatto ieri dai detenuti di Regina Coeli sul tema della dignità della reclusione nella vita quotidiana.

I colloqui: nelle sale colloqui detenuti e familiari sono separati da tavoli e vetri divisori. Dicono i detenuti che per scambiare un abbraccio con la moglie o fare una carezza a un figlio bisogna sporgersi penosamente oltre i vetri, inutilmente vessatori ma ritenuti necessari dal carcere per scongiurare possibili scambi vietati tra detenuti e visitatori. Viene chiesto anche il ripristino dei colloqui di sabato in questo periodo sospesi.

L’acqua: tubature vecchie e malconce, docce razionate. Regina Coeli è sottoposta a lavori di ristrutturazione nelle sezioni e in alcune la situazione è peggiore che altrove. La richiesta è di maggior disponibilità di acqua per lavarsi e cucinare.

Il bucato: viene chiesto di poter disporre di una lavanderia, magari gestita dagli stessi detenuti, che permetta a chi non può mandare a lavare a casa abiti e biancheria di fare il bucato e stendere non in cella come adesso. "Soprattutto d’inverno siamo costretti a lavare i panni in uno spazio minuscolo, stenderli tra le sbarre o in bilico su una scopa o sul letto con l’acqua che cola ovunque...".

L’aria: i passeggi, ovvero l’ora d’aria per i detenuti, a Regina Coeli finisce alle 14.30. Poi tutti in sezione e in cella, salvo i momenti di socialità. La richiesta è di estendere "l’aria" alle ore del pomeriggio, per lenire il gran caldo e sopportare meglio il sovraffollamento.

Cremona: protesta Radicali, digiuno anche a Cà del Ferro

 

La Provincia di Cremona, 20 agosto 2004

 

Approda anche nel carcere di Cà del Ferro la protesta non violenta, una giornata di digiuno, promossa per domenica prossima dai Radicali in prima linea sul fronte della condizione carceraria italiana, tema sul quale nelle ultime ore gli stessi Radicali sono entrati in rotta di collisione con il ministro della Giustizia, Roberto Castelli. Il coinvolgimento del carcere cremonese è stato confermato ieri da Michele De Lucia, della consulta dei Radicali Italiani, che ha reso nota la lista dei penitenziari interessati: oltre a Cremona, i due istituti della capitale e poi Bari, Milano, Bologna, Bolzano, Firenze, La Spezia, Genova, Modena, Napoli, Palermo, Torino, Pisa, Reggio Emilia, Rimini, Salerno, Sassari, Savona, Siena, Terni, Treviso, Verona e Vicenza.

I Radicali hanno anche chiesto all’amministrazione penitenziaria di autorizzare sempre per domenica prossima la raccolta di firme per il referendum abrogativo della legge sulla fecondazione assistita all’interno di 25 penitenziari.

"È questa la nostra risposta di non violenza e democrazia, accompagnata dal digiuno - ha detto il segretario dei Radicali Daniele Capezzone, durante una conferenza stampa indetta ieri davanti al carcere romano di Regina Coeli - al ministro Guardasigilli che si è comportato in un modo che noi giudichiamo prepotente".

Il riferimento di Capezzone è alle parole con il quale il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, ha criticato le recenti visite dei Radicali e di altri parlamentari nelle carceri che, a suo avviso, avrebbero spinto i detenuti romani alla dura protesta degli ultimi giorni. La rivolta sfiorata l’altro ieri sera a Regina Coeli, dove la protesta dei detenuti è degenerata in gravi devastazioni, ha innescato un vero e proprio scontro aperto tra Castelli e i Radicali Italiani, che alla vigilia di Ferragosto erano andati nell’istituto di pena romano. Il guardasigilli, accusandoli di strumentalizzare la situazione carceraria, li ha definiti "cattivi maestri" che hanno influenzato i detenuti. Il segretario radicale Capezzone ha respinto le accuse e annunciato una denuncia per calunnia.

Viterbo: abbiamo sbagliato e paghiamo, ma il percorso rieducativo?

 

Liberazione, 20 agosto 2004

 

Gentilissimo Curzi, il carcere di Viterbo è privo di qualsiasi tipo di iniziativa utile al trattamento e/o reinserimento, servirebbero corsi di formazione professionale di vario tipo e vari generi, possibilità di potersi riunire tra noi e poter discutere delle nostre esigenze e problematiche (cosa prevista dallo stesso ordinamento penitenziario). Infatti, ogni qualvolta si chiede un qualcosa, con arroganza, gli operatori rispondono: "Qua siamo a Viterbo!".

Noi, non chiediamo la luna, è vero che abbiamo sbagliato, ma vogliamo solo che si rispetti la nostra dignità e quella dei nostri familiari, attualmente calpestata.

Elenchiamo le nostre sacrosante richieste: miglioramento dell’attuale sistema sanitario; possibilità di lavorare; un macchinario per il controllo dei pacchi famiglia, per non far giungere i nostri pacchi come buste di immondizia; possibilità di poter conferire con il direttore; maggior presenza nelle nostre giornate degli operatori, cioè educatori, psicologi, assistenti sociali; attività socio-culturali, teatrali e/o musicali.

Quanto chiediamo è solo per poter dare un senso al nostro percorso rieducativo. Attualmente, come trattamento scientifico siamo 24 ore al giorno sul letto: che bel percorso rieducativo!

 

Un gruppo dei detenuti, Viterbo

Pescara: emergenza carcere, struttura fatiscente, poco personale

 

Il Messaggero, 20 agosto 2004

 

Una struttura fatiscente, vecchia di 40 anni, afflitta da gravi problemi igienici, con personale insufficiente: è quanto ha trovato il capogruppo ds in consiglio regionale e presidente del Consiglio comunale di Pescara, Gianni Melilla, in una visita al carcere di San Donato.

"La situazione della sezione femminile, che ospita 18 detenute - ha riferito al termine del sopralluogo - è pietosa, al di sotto dei livelli minimi di decenza. Le docce sono impraticabili. C’è una latrina nel corridoio. Le detenute con bambini di età inferiore ai tre anni vengono trasferite a Teramo perché la struttura pescarese è priva di un asilo nido".

Il carcere di San Donato non sarebbe "adeguato alle nuove normative previste dal Ministero in materia di sicurezza igienica e sanitaria". Secondo Melilla è opportuno cominciare a discutere della realizzazione di un nuovo penitenziario, in grado di ospitare in modo dignitoso i 180 detenuti presenti a Pescara, l’80 per cento dei quali per reati legati alla droga. Una proposta della quale il presidente del Consiglio comunale si farà promotore.

L’organico degli agenti in servizio è di 180 unità, ancora poche secondo i sindacati che lamentano lo stato di emergenza nel quale gli agenti operano, soprattutto in estate. "La situazione - secondo Melilla - rischia di diventare ancora più allarmante nel momento in cui aprirà la sezione penale, destinata ai detenuti che devono scontare pene superiori ai tre anni: qui dovrebbero operare almeno 50 agenti in più".

Lamentate vistose riduzioni alle spese per i farmaci e per il sostentamento psicologico dei reclusi. "I tagli decisi dal ministro Castelli - ha affermato Melilla - hanno tagliato le spese per i farmaci del 30 per cento, costringendo le famiglie dei detenuti a mettere a disposizione dei reclusi i farmaci in loro possesso. Molti soffrono di epatite e altre malattie infettive che hanno bisogno di cure specifiche. Vi sono stati anche casi di tubercolosi, per non parlare dei sieropositivi".

 

Lo psicologo manca, il recupero è difficile

 

Sono diminuiti, in carcere, anche i fondi per l’assistenza psicologica: accanto a un neurologo c’è solo uno psicologo con convenzione di 25 ore al mese contro le 70 del passato. "Orario insufficiente - ha aggiunto Melilla - se si pensa che in carcere ci sono anche persone con disagi mentali: avrebbero bisogno di assistenza continua".

Il percorso di recupero per i reclusi, previsto dalla Costituzione, sarebbe "ostacolato dalla mancanza di lavoro: falegnameria e di calzoleria sono chiusi per ristrutturazione. Solo 5 detenuti lavorano come calzolai". 

Roma: in procura un dossier sulla rivolta a Regina Coeli

 

Il Messaggero, 20 agosto 2004

 

Danneggiamenti gravi, alterazione della vita dell’istituto, resistenza e oltraggio: sono questi i reati ipotizzati nella relazione inviata in procura della polizia penitenziaria di Regina Coeli. Martedì sera, spiegano gli agenti ai magistrati che hanno già aperto un fascicolo, durante la violenta protesta dei detenuti nella quarta sezione sono stati spaccati tutti i "braccetti" (meccanismi che permettono di tenere semiaperte le porte delle celle durante le ore di socialità), sono state danneggiate le tubature idriche e allagata la rotonda centrale dell’istituto e sono state rotte anche suppellettili, tavoli e letti. La sezione è inagibile. Questo per quanto riguarda i danneggiamenti. Poi ci sono la resistenza e l’oltraggio configurabili durante il trasferimento di cinquanta detenuti dalla IV alla I sezione, alla fine dell’ora di peggior tensione vissuta negli ultimi anni dietro le mura della Lungara. E l’alterazione della vita dell’istituto, ovvero la sobillazione. E’ una relazione, quella dei poliziotti penitenziari, che potrebbe portare a condanne di sei mesi e oltre per i detenuti individuati come capi della protesta.

Avevano chiesto, i 158 reclusi della IV sezione, di non essere puniti per gli eccessi di martedì notte; avevano anche presentato, insieme al resto della popolazione detenuta, un documento articolato su dieci richieste tra le quali la concessione delle misure alternative, l’abolizione della custodia cautelare e l’aumento a quattro mesi della liberazione anticipata. Avevano partecipato alla protesta di tre giorni indetta collettivamente con la battitura delle sbarre due volte al giorno. Poi la situazione è degenerata, solo in IV sezione, e il giorno dopo, ovvero ieri, la tensione è nuovamente salita. Questa volta fuori dal carcere, con lo scontro al calor bianco tra il ministro della Giustizia Roberto Castelli e i radicali italiani accusati dal Guardasigilli di essere "cattivi maestri" nelle carceri e con le proteste del garante dei detenuti Luigi Manconi e del consigliere comunale Luigi Nieri ai quali non è stato concesso il permesso di incontrare i detenuti.

Nelle stesse ore, per i reclusi spostati in emergenza nella prima sezione del carcere appena ristrutturata ma ancora non riaperta, sono cominciati ad arrivare gli ordini di trasferimento in altre carceri del Lazio. Alcuni sono già stati spostati. Gli altri partiranno oggi mentre la protesta pacifica cominciata lunedì invece di concludersi ieri proseguirà fino a domenica pomeriggio per decisione dei delegati di tutte le sezioni del carcere. Tutti hanno anche concordato e firmato un altro documento, fatto recapitare alla direzione, al provveditorato regionale del ministero della Giustizia e al ministro Castelli, in cui vengono ribadite le istanze legate all’indulto e al nuovo codice penale e richiesti, punto per punto, una serie di provvedimenti per migliorare le condizioni di vita quotidiana dietro le sbarre. Mentre fuori infuriano le polemiche, dentro devono passare ventiquattr’ore al giorno, dicono i detenuti, costellate di pene aggiuntive che ci possono essere risparmiate. 

Reggio Calabria: "Pronti a riaccogliere quel detenuto"

 

Quotidiano di Calabria, 20 agosto 2004

 

Padre Fedele Bisceglia ha letto sui giornali la notizia dell’appello di Franco Corbelli a favore del detenuto nel carcere di Paola (G.G.) che ha chiesto di poter tornare agli arresti domiciliari nell’Oasi francescana.

G. G., una volta che la sentenza di condanna è diventata definitiva, è stato rinchiuso in carcere e, progressivamente, le sue condizioni fisiche e mentali sono peggiorate. "Non ho più nessuno al mondo - ha scritto il detenuto al leader del movimento Diritti civili - e se non mi daranno la possibilità di ritornare all’Oasi francescana potrei anche decidere di farla finita".

Corbelli, preoccupato dal tono della lettera, ha deciso di divulgarla, nella speranza che le autorità possano accontentare G. G. Padre Fedele, dal canto suo, ha ribadito la sua piena disponibilità ad accogliere nuovamente il detenuto nella sua struttura. Inoltre, una delle volontarie dell’Oasi, la signora Anna Corrente, ogni due settimane, si reca regolarmente nel carcere di Paola per parlare con G. G. ed era perfettamente al corrente della situazione. Non rimane che aspettare il pronunciamento delle autorità.

 

 

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