Parlamentari nelle carceri

 

Sobillatori? No, testimoni del disagio

 

Il Messaggero, 14 settembre 2002

 

Sono una decina i parlamentari che hanno l’abitudine di visitare le carceri italiane. Un’attenzione trasversale che va da destra a sinistra. Sono impegnati in questo senso diessini come Pietro Folena e Katia Zanotti, Verdi come Paolo Cento, De Simone e Russo Spena di Rifondazione comunista, Roberto Giachetti della Margherita, ma anche Simeone e Fragalà di Alleanza nazionale e il presidente della commissione Giustizia della Camera Gaetano Pecorella di Forza Italia.

«E i direttori dei penitenziari ci ringraziano», puntualizza il vicepresidente della stessa commissione, Paolo Cento, che ieri è stato a Regina Coeli e racconta di essere stato accolto «con grande sollievo sia dal direttore, che dagli agenti di custodia, che soffrono come i detenuti per le condizioni disumane in cui versano ormai le carceri italiane.

La protesta - rivela - è assolutamente tranquilla e la nostra presenza è un elemento di rassicurazione perché, tra le altre richieste, i detenuti, sperano di poter incontrare i parlamentari membri delle commissioni giustizia di Camera e Senato per spiegare le loro ragioni. Chi ci dipinge come sobillatori, lui sì, è un irresponsabile che spera di alimentare un clima di tensione». Roberto Giachetti della Margherita annuncia che comincerà un vero e proprio tour negli istituti di pena italiani.

E intanto fotografa la situazione che ha trovato a Rebibbia dove «nella cella transiti, che dovrebbe ospitare otto persone, ad agosto erano ammassati 24 detenuti in letti a castello di quattro piani. Noi abbiamo raccolto l’appello che sale dalle carceri e cerchiamo di farci interpreti del disagio dei detenuti, degli agenti e dell’amministrazione penitenziaria per riportarlo in Parlamento. Lo stesso dovrebbero fare maggioranza e governo, che invece latitano».
Giovanni Russo Spena di Rifondazione è un habituè dei penitenziari italiani che visita «insieme a molti colleghi del centrosinistra, ma anche di Alleanza nazionale. Non siamo noi che fomentiamo le rivolte, ma il ministro Castelli che in commissione non fa che ripeterci che il regolamento carcerario è inapplicabile perché troppo garantista. A questo punto, potrebbe anche chiedersi se i direttori delle carceri, che ci accolgono a braccia aperte, e gli stessi agenti di custodia, che denunciano, anche loro, la situazione invivibile in cui sono costretti a lavorare, non siano dei complici delle rivolte che, peraltro, al momento sono del tutto civili e tranquille e condivisibili».

 

Precedente Home Su Successiva