Una protesta fantasma

 

Una protesta fantasma

 

La cagnetta americana che corre sulle due zampette che le sono rimaste
ha avuto più spazio sui TG di 58.000 detenuti
che cercano disperatamente di farsi sentire

 

di Graziano Scialpi

 

Un fantasma si aggira per l’Italia, il fantasma della protesta nelle carceri. Per giorni e giorni novanta istituti penitenziari, decine di migliaia di detenuti hanno rifiutato il vitto, hanno sbattuto pentole e pentolini contro le sbarre per attirare l’attenzione sulle insostenibili condizioni della loro vita, ma nessuno ne ha parlato. O meglio: è uscito qualche trafiletto sui giornali, ma le principali reti televisive nazionali hanno mantenuto il silenzio più rigoroso. Nessun accenno, nemmeno una parola. Il che, in una nazione che detiene il record negativo di lettori di giornali nel mondo occidentale, equivale a dire che la protesta non esiste.

Certo, si può obiettare che la scelta dei tempi è stata infelice. Che la concomitanza con le celebrazioni del tragico attentato dell’11 settembre, l’elezione di miss banalia e il concorso per le nuove veline hanno fatto passare in secondo piano tutto il resto. Eppure negli stessi giorni i nostri telegiornali hanno trovato decine di minuti di spazio da dedicare alla cagnetta americana che continua a correre sulle due zampette che le sono rimaste. Senza dubbio una storia edificante, e ai cani va tutta la nostra simpatia, ma era davvero una notizia talmente importante da essere riproposta per due giorni e da oscurare le grida di aiuto di migliaia di esseri umani? E questo è solo un esempio di quello che i telegiornali italiani hanno mandato in onda, ma si potrebbero citare le lacrime di Miguel Bosè, l’orca del film Free Willy, che vuole tornare in cattività, le anteprime di Max e Tux e altre amenità del genere che, ai tempi della TV lottizzata, erano relegate alle rubriche del tipo Strano, ma vero sulla Settimana Enigmistica.

Perché questo silenzio? La risposta è molto semplice: autocensura. Pura e semplice autocensura per compiacere un potere politico che forse nemmeno si sogna di chiedere simili favori. Persino quando lo stesso Ministro della Giustizia ha parlato delle proteste nelle carceri, il problema è stato ignorato. Si è parlato della polemica tra il ministro e i partiti dell’opposizione, accusati di fomentare la rivolta, ma non della protesta. La prova del nove che si è trattato di autocensura è venuta dal Tg4 di Emilio Fede, l’unico telegiornale che ha trattato in modo approfondito la notizia con servizi sul disagio nei penitenziari. Ma le simpatie politiche di Emilio Fede sono talmente di dominio pubblico e talmente fuori discussione, che lui qualche volta può permettersi di fare il giornalista e di trattare le notizie in modo professionale, a differenza di tanti che i sentono più liberi perché la censura se la fanno da soli.

Una delle definizioni che sono state date del terzo millennio è che rappresenta l’era dell’informazione. Mai come in questi tempi l’informazione ha rivestito un’importanza così capitale, soprattutto in una democrazia dove la conoscenza e l’informazione corretta sono strumenti essenziali per poter esercitare appieno il diritto di scelta. Ma quando ci si trova di fronte a esempi così eclatanti di informazione manipolata, perché il tacere delle notizie rappresenta una grave forma di manipolazione, viene da chiedersi quale valore rivesta veramente tale libertà di scelta. E sarebbe un gravissimo errore ritenere che, dato che in fondo riguarda dei detenuti, questo silenzio rappresenti un peccatuccio veniale. Oggi è capitato a noi. Ma domani a quale altra categoria potrà capitare? Una volta infranto il tabù della deontologia giornalistica, nessuno può sentirsi al sicuro dalla censura. Ben lo sanno negli Stati Uniti dove più volte giornalisti ed editori di prestigio sono scesi in campo compatti per impedire la chiusura di riviste pornografiche di quarta categoria, in nome di una libertà di stampa e di opinione che non può conoscere distinguo ed eccezioni.

Un’ultima considerazione sulle bizzarrie del sistema informativo italiano: che fine ha fatto l’emergenza criminalità che fino alle ultime elezioni monopolizzava quotidianamente ogni telegiornale? E’ davvero "scomparsa" come qualcuno vorrebbe farci credere?

 

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