Progetto Pandora

 

Creazione di sinergie interprofessionali

tra i vari tipi di operatori del carcere

 

Esperienza Torino Vallette. Il "punto" sullo stato di avanzamento dei lavori al 7 gennaio 2003

 

Gli incontri interprofessionali svolti a piccoli gruppi sono stati utilissimi ed hanno consentito, grazie agli stimoli accorti della sociologa animava l’incontro, che ognuno dei membri del gruppo "si raccontasse" in modo spontaneo attraverso le "esperienze sul campo".

Ciò ha avuto tre positivi effetti:

mettere in luce "episodi "tipologicamente significativi;

offrire alla conoscenza degli altri la conoscenza del sé nelle sue peculiarità;

stimolare in tutti riflessioni profonde.

Gli incontri avevano anche l’ambizione di "far nascere" l’occasione di un "lavoro di gruppo" che fungesse da laboratorio in cui sperimentare le situazioni tipiche del "lavorare insieme"; ciò, nella fattispecie, avrebbe potuto avvenire nella stesura del "documento" che il gruppo ha in effetti presentato.

La situazione tuttavia non ha potuto consentire che le condizioni del "lavorare insieme" potessero espletarsi appieno perché ogni membro del gruppo, nella pressione degli impegni di ruolo è stato facogitato dagli stessi e non ha potuto dedicare "tempi ad hoc adeguati" alla preparazione accurata di un proprio "appunto" preparatorio per la messa in comune delle tematiche utili in merito all’oggetto specifico del "lavoro di gruppo". È stata invece effettuata la lettura e adattamento del documento predisposto da uno dei membri del gruppo (il volontario). L’esperienza è stata comunque "positiva" anche se parziale.

  

Considerazioni integrative del volontario Oreste Volpatto, che ha partecipato al Progetto

 

Prospettive di sviluppo

 

Prospettive riguardanti il Progetto Pandora in sé

 

Sembra utile offrire l’opportunità di completare l’esperienza con sperimentazioni adeguate di "lavoro insieme". Tale prospettiva sembra presentarsi utile se si prevedono "momenti residenziali strutturati ad hoc" su un "tema progetto" predefinito che funge da "catalizzatore" delle energie creative dei vari partecipanti al gruppo.

Il tema progetto predefinito potrebbe essere ad esempio: "Applicazione del Metodo collaborativo al Padiglione A" (o parte di esso, ad esempio sez. 78 Dipartimento Psichiatrico) o può riguardare un aspetto particolare della vita del carcere, ad esempio "superamento di situazioni di stress", o altro ancora. I "momenti strutturati" in cui il tema progetto predefinito viene sviscerato potrebbero articolarsi in:

evidenziazione delle "diversità": i partecipanti al gruppo hanno "tempi dedicati" appositamente utilizzati per la preparazione personale di "materiale preparatorio" da utilizzare nei lavori di gruppo;

analisi dei contributi: i partecipanti, sotto la guida attenta di un "animatore professionale", effettuano l’analisi dei differenti contributi presentati da ognuno dei membri del gruppo con l’avvertenza non tanto di difendere la propria tesi ma di ricercare via via insieme le "condizioni che renderebbero fecondo ogni singolo contributo specifico" (il che consiste nel mettersi nei panni dell’avvocato difensore della tesi altrui);

graduazione dei contributi: i partecipanti definiscono collegialmente le "condizioni in essere nel sistema" e individuano insieme come pervenire a nuove "condizioni proficue" utili a valorizzare i vari contributi presentati;

graduazione della trasformazione ambientale (messa in pristino delle condizioni utili): i partecipanti provvedono ad effettuare, il vaglio della compatibilità delle condizioni proficue analizzate ed alla loro graduazione nel tempo ed in derivazione il vaglio dei "contributi" fecondi;

cooperazione operativa: i partecipanti elaborano insieme (magari con momenti preparatori singoli) il "progetto - proposta" relativo alla congiunta attuazione della "modificazione delle condizioni ambientali " e della applicazione dei "contributi proposti".

 

Prospettive utili per un fecondo inserimento del metodo collaborativo messo a punto dal Progetto Pandora come modalità "portante" dell’attività del "Carcere" Le Vallette. Il metodo collaborativo che il Progetto Pandora tende a mettere a punto e che può diventare la "modalità portante" dell’attività del carcere non può essere adottato in modo fecondo sic et simpliciter; esso ha bisogno che vengano armonizzate le "condizioni applicative".

 

La prima armonizzazione è ex-ante

 

Ai fini di una prima armonizzazione ex-ante sembra necessario che quanto sperimentato dai gruppi dei partecipanti al Progetto Pandora (che nella fattispecie aveva come "oggetto di lavoro" un "tema specifico" scelto ad hoc) venga esteso ad una "osservazione globale" delle "condizioni operative" da cui possa scaturire un Progetto di graduale trasformazione delle "condizioni operative" del carcere in vista di un "generale miglioramento della funzionalità" Tale disegno dovrà riguardare sia gli aspetti interni sia quelli esterni di diretta implicazione (Dap, Magistratura di sorveglianza, etc.) ovviamente con i necessari coinvolgimenti in materia. L’armonizzazione ex-ante nondimeno non sembra essere condizione sufficiente per garantire una feconda applicazione del metodo collaborativo.  Occorre anche una delicatissima ed accorta gestione decentrata del Metodo stesso fondata sul "ricupero degli inevitabili debordi" dalle linee sinergiche proprie del metodo collaborativo e questo comporta dunque una messa a punto di criteri di armonizzazione della vita cooperativa.

 

Criteri di armonizzazione della vita cooperativa

 

Il "debordo", ossia la mancata osservanza dei criteri utili propri del metodo collaborativo messo a punto attraverso il Progetto Pandora, è da considerare "cosa normale"; ciò nonostante i migliori intenti cooperativi di tutti i componenti della complessa compagine dell’articolato sistema "carcere" e qui facendo astrazione dalle innegabili "diversità" congenite delle tipologie di persone, specializzazioni, funzioni, ruoli. È nella natura delle persone avere comportamenti che "inavvertitamente" (e cioè senza volerlo) fuoriescano dai criteri utili del metodo collaborativo.

Nel primo periodo di applicazione del metodo collaborativo è ovvio che le precedenti abitudini di comportamento sono ancora vive e questo porta quasi inevitabilmente a momenti di "debordo" (di comportamento non consono che fuoriesce dai criteri utili al sinergismo collaborativo). 

Anche dopo il superamento del primo periodo d’applicazione, pur avendo acquisita dimestichezza nelle nuove modalità di relazione, è facilissimo che avvengano eventi che per il loro forte impatto tendono a superare senza accorgersene i freni inibitori che le nuove modalità determinano (rispetto ai comportamenti spontanei abituali del passato) e questo è occasione di "debordo". 

Se s’innesta in questo quadro il fatto che la compagine operativa è fatta di una miriade di figure professionali, di ruoli, di gerarchie, non è chi non veda come le opportunità di "debordo" si moltiplicano a dismisura. 

Per avere un’idea appropriata della situazione potenziale in materia è sufficiente pensare a che cosa capiterebbe che la circolazione automobilista non fosse regolata da precise regole e se queste regole non fossero adeguatamente evidenziate da tutta una composita serie di "cartelli stradali" che fungono da "avvisatori", da apparecchiature che fingono da "sensori", a da un corpo di vigilanza stradale chiamato appunto a "far rispettare" le norme. Ebbene nonostante tale struttura gli "incidenti stradali" sono all’ordine del giorno. Ebbene nella maggioranza dei casi, anzi quasi nella totalità dei casi, l’infrazione stradale è avvenuta inavvertitamente (senza volerlo) anche se favorita spesso da condizioni scaturenti (riguardanti le persone o lo status stradale). 

Anche al metodo collaborativo servono dunque "avvisatori", "sensori" e "moderatori" altrimenti il Metodo Collaborativo perde incisività, tutto in breve torna "come prima" o addirittura diventa "fonte di peggioramento delle relazioni" (perché mal gestito il metodo). 

Il problema non è di scarsa rilevanza; tutt’altro. Innanzi tutto servono "avvisatori di prevenzione" (cioè modalità di lavoro che in certo qual modo rendano relativamente auto costrittiva l’applicazione di criteri che favoriscano la "modalità collaborativa"); servono "sensori" che avvisino degli avvenuti inavvertiti "debordi", le persone preposte a fungere da "moderatori" del sistema collaborativo e serve che le persone preposte alla "moderazione" degli impulsi anti-sinergici svolgano il loro ruolo in modo attento ed adeguato perché non s’innesti la licenza al debordo e allo stesso tempo perché l’avvertimento non sia vissuta dalle persone interessate come un "elemento che ferisce" (proprio perché questo "vissuto" per un verso è il più naturale ed è anche il più deleterio per il clima collaborativo sinergico. 

È dunque di fondamentale importanza la funzione di "moderazione" dei "debordi" e la stessa non tanto deve avere un’impronta "repressiva" ma invece una "impronta di proiezione positiva". Le persone preposte alla "moderazione" dovranno possedere marcate qualità di relazione e dovranno comunque essere fatte oggetto di "formazione" profonda. 

L’intera compagine del carcere dovrà essere sensibilizzata in modo incisivo e possente sull’aspetto "moderazione debordi" cosicché tutti vivano la cosa non nel clima della "repressione che ferisce" quanto piuttosto in clima di "positivo sinergismo": "nulla di personale" "tutto per la miglior funzionalità cooperativa". 

Tutto ciò premesso che riguarda i "debordi non voluti (inavvertiti)", resta ancora da affrontare brevemente i "debordi voluti" ossia quelli di chi "volutamente infrange le regole di sinergismo collaborativo". Le ragioni possono essere molte; tra le tante si citano le seguenti:

perché la sua natura lo rende incapace di vita sinergica con gli altri;

perché intende affermare la sua personalità al di fuori delle costrizioni cooperative;

perché intende esplicitamente portare allo scoperto un proprio "reclamo" su cose che secondo lui non vanno bene;

perché sente interiormente un suo stato di disagio (che può essere di varia natura) e l’infrazione voluta non è altro che il segno di un disagio interno che può aver altre cause e che richiede altre soluzioni.

Tutta la trattazione dei "debordi voluti" richiede attenzione esplicita. Si è voluto sottolineare questi aspetti relativi alla "armonizzazione ex – ante" e della "armonizzazione perdurante" in quanto qualunque "prodotto" che il Progetto Pandora riuscisse a dare per quanto "perfetto" possa essere in se stesso, se non ci sono le condizioni di armonizzazione ex ante non decolla e, se non ci sono le condizioni di "armonizzazione perdurante", decolla ma non vive e rischia di avere effetti boomerang.

 

 

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