Volontariato oggi

 

"Giustizia e società: volontariato oggi"

35° Convegno Nazionale Seac (Roma, 12-15 settembre 2002)

Premessa

 

La storia di Gesù di Nazareth è una storia d'amore e di donazione: egli "passò in mezzo a noi facendo del bene". Il Buon Samaritano evangelico che passò accanto al malcapitato, lo guardò, "n'ebbe compassione", "gli si fece vicino ", (..) " e si prese cura di lui", diventa l'immagine dello stile di Gesù e, al tempo stesso, della testimonianza cristiana. Il volontariato, che è forma moderna del dono e della relazione gratuita, può diventare una forma della testimonianza cristiana.

Da sempre la Chiesa, facendo suo l'invito a "visitare i carcerati", ha dato a queste parole un pregnante significato di doveroso interessamento, vicinanza e presenza operativa nel carcere. Presenza diversificata nei modi e nelle forme, secondo i tempi e i diversi modelli culturali, ma sempre mossa dal desiderio di porre attenzione alla "persona" carcerata per:

portare una "parola" di liberazione,

mitigarne le sofferenze e le pene

ed offrire adeguata assistenza materiale e spirituale. 

La Chiesa, chiamata a promuovere e a difendere la dignità e i diritti della persona, e quindi a porsi dalla parte dei più deboli, non può ignorare che nel carcere ci sono persone in situazione di sofferenza e di bisogno, private della libertà e bisognose, soprattutto, di un annuncio di speranza, di misericordia, di comprensione e di solidarietà.

 I temi biblici dell'alleanza e della liberazione, che sono esperienze fondamentali nella storia della salvezza e formano il messaggio centrale nella vita della Chiesa, devono trovare nel carcere uno dei luoghi privilegiati della loro proclamazione e realizzazione. Non si può certo ignorare il precetto evangelico di "visitare i carcerati" proposto ai credenti nelle cosiddette opere di misericordia corporali e spirituali. Matteo lo richiama per ben quattro volte nel cap. 25 del suo Vangelo.

 

  1. Il volontariato oggi

 

Oggi il volontariato è un'esperienza umana e sociale riconosciuta e che impegna nel nostro territorio persone e associazioni di diversa cultura e ispirazione. La carta dei valori del volontariato, stilata dal mondo del volontariato italiano, al termine dell'Anno internazionale dei Volontari proposto dall'ONU, qualifica come volontario "la persona che, adempiuti i doveri di ogni cittadino, mette a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per gli altri, per la comunità di appartenenza o per l'umanità intera. Egli opera in modo libero e gratuito promuovendo risposte creative ed efficaci ai bisogni dei destinatari della propria azione o contribuendo alla realizzazione dei beni comuni". Partendo da presupposti culturali diversi, il volontariato agisce, in forma individuale o associata, per il bene comune e un mondo migliore.

 Il volontariato d'ispirazione cristiana nasce da un'idea di persona che è "immagine e somiglianza di Dio ", di un Dio che entra nella storia con libertà, gratuità ed umiltà, e che insegna la carità, l'amore come principio della relazione tra Dio e gli uomini e degli uomini tra loro. La relazione tra gli uomini assume, in Gesù Cristo, la forma della fraternità: diventa la Chiesa, dove ogni espressione di dono, di servizio libero è la risposta all'amore di Dio e principio dell'amore umano. La Carità nel suo duplice volto d'amore per Dio e per i fratelli è la sintesi della vita morale del credente. In questa prospettiva, ricordando che Gesù è venuto ad evangelizzare i poveri (Mt.11,5; Lc.7,22), come non sottolineare più decisamente l'opzione preferenziale della Chiesa per i poveri e per gli emarginati? (Giovanni Paolo II in TMA n.51).

 Il volontariato per il cristiano è una delle esperienze nella quale dunque si manifesta e si realizza la Carità intesa come amore per i fratelli, risposta al dono ricevuto da Dio: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (Gv.13,34).

 La Chiesa, la comunità nelle dimensioni diocesane e parrocchiali, vede nel volontariato che nasce da queste motivazioni un segno concreto e visibile

dell'Amore di Dio,

della Carità evangelica

e della scelta preferenziale per i poveri e i peccatori.

 

  1. La spiritualità del volontariato d'ispirazione cristiana

Il volontariato è uno dei possibili segni concreti di uno stile di vita cristiana della persona che informa la propria esistenza a partire da alcuni valori fondativi quali:

la gratuità,

il dono,

il rispetto della dignità dell'altro,

la condivisione, la sobrietà.

In questa chiave, la riflessione che nel decennio scorso ci ha impegnato come Chiesa, con le indicazioni pastorali di "Evangelizzazione e testimonianza della carità" e il forte richiamo del Papa contenuto nella "Novo millennio ineunte", ci sollecita a mantenere l'esperienza del volontariato d'ispirazione cristiana con la dovuta evidenza, sottolineandone la dimensione spirituale seguendo l'immagine del Buon Samaritano. L'azione volontaria incarna una scelta di stile di vita imperniata sui valori e sulle esperienze di dono e gratuità. Per il volontariato d'ispirazione cristiana questo è il riferimento valoriale qualificante.

La gratuità non può essere considerata solo come una categoria economica. Non si tratta di contrapporre il servizio gratuito a quello professionale retribuito, ma di dare significato e senso alla gratuità intesa come valore che:

guida la relazione;

dona in maniera disinteressata;

rispetta l'altro senza obbligarlo alla relazione, senza pretendere una restituzione.

    La gratuità qualifica la relazione, informa la mentalità dei progetti di vita, è una dimensione qualificante dell'essere cristiani.

Il volontariato si contraddistingue per la sua intrinseca volontà a muoversi verso, ad andare incontro. In questa prospettiva, la reciprocità non è mai intesa come misura della relazione ma come legame che si crea tra le persone in virtù del dono gratuito. Lo stile del volontariato d'ispirazione cristiana, carico del dono dell'Eucaristia domenicale, sceglie la prossimità come stile di vita che arriva a condividere nella sobrietà tempo, cose e ambienti con un'attenzione privilegiata ai più poveri e all'uso dei mezzi poveri, cercando di coinvolgere nell'esperienza di dono la propria famiglia e tutta la comunità cristiana.

 

  1. Le vie su cui deve camminare il volontariato d'ispirazione cristiana

 Il prendersi cura di chi è nel disagio, in una prospettiva di autentica promozione e sviluppo umano, sociale e spirituale, deve caratterizzare le vie che il volontariato percorre e distinguerlo da altre forme di impegno sociale.

a) La gratuità del servizio

Il disagio è sempre collegato a problemi relazionali: è solitudine, è mancanza di comunicazione, è incapacità di stabilire rapporti umani. Se questo è il problema, è necessario rilanciare il senso umano e cristiano del dono e della gratuità. E' il dono disinteressato della propria disponibilità personale che qualifica la relazione d'aiuto offerta dai volontari e la rende differente da altre relazioni attivate all'interno dell'articolato mondo della solidarietà espressa dai servizi pubblici o dalle imprese sociali.

b) Le relazioni autentiche

II carisma del volontariato riposa proprio nella scelta di costruire relazioni, recuperando un contatto umano autentico con i destinatari dei propri interventi. Perché questo contatto non rimanga occasionale ma diventi relazione, poi, occorre un'attenzione quotidiana e continua all'altro; un'attenzione che permetta di capirne i problemi e coglierne i bisogni, ma soprattutto di scorgere in ognuno le potenzialità che spesso restano latenti.

Una forma nuova e molto attinente all'accoglienza e all'ascolto di persone deboli ed emarginate, anche se attinge ad una solidarietà espressa lungo tutto il cammino di crescita dell'uomo, è quella del volontariato organizzato delle famiglie. Questo volontariato si connota per una disponibilità più sistematica di famiglie che, in collegamento di mutuo supporto reciproco, costituiscono gruppi o associazioni di solidarietà in stretto contatto con i servizi sociali, sanitari ed assistenziali del territorio. 

c) Il senso di responsabilità

    Altro elemento che qualifica il volontariato è il senso di responsabilità: 

un senso di responsabilità non generico, ma personale e diretto nei confronti prima di tutto dei destinatari del proprio intervento, percepiti come parti vitali del proprio vissuto sociale e umano;

in secondo luogo, nei confronti dello sviluppo della comunità territoriale di appartenenza, civile ed ecclesiale, entrambe luogo privilegiato per rispondere al disagio;

vi è infine un senso di responsabilità anche verso se stessi, o meglio verso l'uso delle risorse - personali e familiari - in termini di tempo, capacità, cultura, relazioni e anche beni economici.

d) Una formazione permanente 

Gratuità, capacità relazionale, senso di responsabilità: sono valori che vanno continuamente coltivati e rinnovati. Per il volontariato è dunque indispensabile un impegno formativo continuo che permetta alla persona una crescita costante e simultanea su due livelli:

quello delle motivazioni, che costituiscono la migliore garanzia dell'esperienza (consistenza e durata) e fondano l'identità dei singoli volontari e delle loro organizzazioni;

quello tecnico-operativo, cioè della ricerca dei modi per rispondere sempre meglio alle esigenze più profonde con cui si viene a contatto (il sapere e il saper fare). 

e) Lo stile del lavorare insieme 

Il volontariato è spesso il primo terminale della solidarietà raggiunto dalle più pesanti realtà di disagio, ma non può pretendere di fare tutto da solo: sarebbe impossibile, oltre che sbagliato. Per ottenere risultati migliori e soprattutto nell'ottica della vera promozione delle persone, il volontariato ha bisogno di:

avvalersi dei servizi e delle risorse sociali presenti sul territorio,

e di collaborare con le altre realtà che possono contribuire a risolvere i problemi dei più deboli, in modo che ognuno possa dare il meglio di sé.

f) Volontariato e cittadinanza

Per superare l'assistenzialismo e mettere in moto azioni in grado di annullare i meccanismi di esclusione sociale e attivare processi di inclusione, non potremo che impegnarci in modo incisivo e sistematico per lo sviluppo di politiche sociali adeguate. 

    Naturalmente:

questo impegno inizierà dagli enti locali del territorio in cui si opera: in essi infatti è possibile, per le organizzazioni di volontariato, avere un riscontro immediato e costante dell'efficacia del proprio impatto e dei propri contributi;

un impegno di questo tipo chiede che i volontari abbiano una competenza in campo giuridico e legislativo, competenza che non è difficile, oggi, costruirsi, viste le offerte formative dei Centri di servizio, delle fondazioni e degli enti promozionali;

un impegno di questo tipo richiede anche la capacità di accordarsi con le altre realtà operanti nel territorio - e in particolare con il terzo settore - per darsi rappresentanze autorevoli, in grado di interloquire alla pari con gli amministratori, i politici e tutti coloro che concorrono alla elaborazione delle politiche sociali. 

g) L'animazione sociale e culturale 

Nel suo lavoro quotidiano, concreto, paziente, il volontariato incontra continuamente persone di ogni tipo:

esclusi ed inclusi,

amministratori e cittadini,

operatori e assistiti. 

Tra tutte queste persone il volontariato tesse rapporti, crea relazioni, e, contemporaneamente, ad ognuno offre la testimonianza dei valori vitali impliciti nella propria esperienza, nelle proprie scelte. In altri termini, negli ambienti di vita quotidiana come nelle istituzioni, nel mondo delle imprese e in quello del terzo settore, il volontariato testimonia, e quindi comunica:

uno stile di vita,

un'esperienza di confronto con ambienti di vita diversi

e la capacità di collaborare con gli altri.

 

  1. Volontariato d'ispirazione cristiana e carcere

Al volontariato d'ispirazione cristiana si chiede di porre con maggiore forza la dimensione penale e della giustizia al centro dei rispettivi programmi di attività. Non dimentichiamo infatti che il carcere oggi in Italia è un contenitore di situazioni di povertà, miseria ed emarginazione che si incontrano all'esterno, nelle fasce sociali più deboli. In altre parole, molte delle persone in difficoltà che entrano in contatto con le realtà socio-assistenziali del territorio sono le stesse che poi hanno un'elevata possibilità di rimanere coinvolti in situazioni e meccanismi di devianza e di criminalità, contribuendo ad ingrossare le fila della popolazione detenuta. 

Per questo motivo, un'azione sociale sul territorio, prima, durante e dopo l'esperienza del carcere potrebbe:

ridurre significativamente il tasso di carcerazione,

limitare il numero delle recidive,

contribuire ad una migliore qualità della detenzione,

assicurare un legame tra il carcere e la società esterna.

 

Tra i vari settori di intervento possono essere evidenziati:

il lavoro con le famiglie dei detenuti,

l'assistenza morale e materiale ai reclusi,

la preparazione del momento delle dimissioni,

la formazione e la preparazione di percorsi guidati di reinserimento sociale, ecc.

 

Inoltre, è importante non dimenticare la possibilità di intervenire nell'ambito culturale, in diversi ambiti:

nel dibattito sulla riforma del sistema penale;

nella trasmissione di un'immagine non punitiva degli ex-detenuti;

nella costruzione di una nuova idea del carcere, ...

Evidenziamo inoltre alcuni aspetti critici sui quali il volontariato potrebbe dedicare particolare attenzione. In particolare, per le realtà del volontariato, l'attivazione all'interno di una strategia di rete significa maturare un salto di qualità, in diverse dimensioni:

ampliare gli spazi di intervento del volontariato, dal settore carcerario al settore delle misure alternative;

sviluppare un volontariato associato e organizzato più che individuale, per meglio esprimere il ruolo politico e culturale del cambiamento;

attenzione ai problemi delle vittime del reato dove il volontariato può svolgere un ruolo di mediazione sociale;

formazione specifica alle tematiche penitenziarie e della devianza e alle metodologie di intervento sociale;

partecipare alle attività di coordinamento e di rete sul territorio, a pieno titolo e non occasionalmente.

Da sempre il volontariato lo troviamo presente e operante nel carcere; presenza ufficializzata con la legge di riforma penitenziaria (artt.17-78, legge 354 del 25/7/75) per cui molte organizzazioni di volontariato operano più o meno in tutti gli istituti penitenziari. In tutti questi anni i volontari hanno accumulato una grossa esperienza nell'azione di sostegno morale e di animazione di attività all'interno e sul territorio degli istituti. Soprattutto dobbiamo riconoscere al volontariato la promozione di numerosi interventi singoli e di iniziative in favore delle famiglie dei detenuti, di accoglienza dei dimessi, di ricerca di posti lavoro anche con la creazione di cooperative, associazioni, ... 

Il volontariato di matrice cristiana si propone così come segno e provocazione nella comunità per una maggiore conoscenza del pianeta carcere, per un coinvolgimento costruttivo con proposte concrete e possibili. Si dovrà innanzitutto osservare che si tratta di un volontariato che va accuratamente preparato e seguito, un volontariato che sia: 

capace e preparato ai nuovi compiti, che sappia operare secondo obiettivi e progetti ben definiti in collaborazione con l'istituzione penitenziaria e con l'ente pubblico;

capace di superare la tentazione di privilegiare il lavoro all'interno degli istituti per il contatto diretto con i carcerati. Lavoro questo che non deve essere messo in alternativa all'impegno sul territorio dove esistono i reali problemi del carcerato nel suo vero habitat. Una partecipazione particolare va posta alla collaborazione sul territorio con i CSSA;

la partecipazione e il coinvolgimento della comunità esterna, attraverso l'apporto e lo stimolo del volontariato, manifesta l'impegno di superare la visione di carcere chiuso "luogo di segregazione e reclusorio". Il carcere e le persone che vi sono ristrette gli appartengono, per cui deve essere riattivato il circuito di vita sociale e comunitaria;

per rispondere a questi impegni il volontariato dovrà superare la fase dell'improvvisazione per darsi una pur minima struttura organizzativa ben definita: gruppo o associazione, con una sua ben chiara identità, capace di assumere impegni, stipulare convenzioni, intese di collaborazione... senza mai rinunciare ai valori e alle proprie finalità istitutive o statutarie.

Il volontariato diventa una proposta possibile per chiunque abbia intenzione di impegnarsi concretamente in questo difficile campo del mondo del penale. Qui, tra l'altro, diventa proposta educativa e di crescita di quei valori cristiani che lo promuovono e lo animano per dare testimonianza in un ambiente di "non-valori", violenza, ingiustizie, egoismo, sopraffazione dei più deboli... Proprio qui il volontariato cristiano trova uno spazio meraviglioso.

 La promozione e la formazione del volontariato nei campo del penale va assunta ed espressa come coscienza di partecipazione e presenza della Chiesa locale. Perciò si suggerisce di fare riferimento agli Organismi pastorali della Chiesa locale ai fini di una maggiore qualificazione, programmazione e coordinamento delle risorse come risposta ai bisogni. Questo anche in riferimento all'impegno e ai problemi che si presentano e che vanno affrontati confrontandosi e interagendo non solo con gli Istituti penitenziari e i Cssa ma anche con gli enti locali e tutte le istituzioni e le risorse pubbliche e private sul territorio.

 

  1. Le scelte del volontariato di ispirazione cristiana

Un volontariato cristianamente ispirato, che voglia perseguire la promozione umana e sociale nei contesti di disagio, ha di fronte quattro scelte operative:

b.    Essere costruttori e testimoni di una nuova cultura comunitaria per la promozione umana e sociale. Per fare questo occorre cominciare a subordinare molte iniziative indipendenti a momenti di confronto e di accordo con gli altri soggetti operanti nella comunità locale.

c.       Perseguire l'incarnazione del Vangelo della carità in stili quotidiani di servizio alla persona, colta nella sua integrità individuale e nella sua soggettività sociale.

d.       Investire tempo, risorse e capacità per il coinvolgimento della società nelle dinamiche di solidarietà. Occorre superare l'abitudine di "delegare" la solidarietà agli "addetti ai lavori", per svelare il volto autentico e determinante di una civiltà solidale in cui il disagio possa essere assorbito e prevenuto dall'impegno di ogni cittadino.

 

  1. Gesti, impegni e segni di speranza che il volontariato d'ispirazione cristiana è chiamato a promuovere

Una semplice panoramica sulle attività realizzate dalle diverse espressioni di volontariato di ispirazione cristiana consente di rilevare un ampio spettro di iniziative e di esperienze di testimonianza della carità, sotto diverse finalità e modalità operative, che vanno:

dalla semplice presenza all'interno del carcere alla promozione di luoghi e momenti di confronto sul tema del carcere,

dalla sensibilizzazione della comunità locale fino alla promozione di cooperative sociali e l'offerta di percorsi guidati di reinserimento sociale e lavorativo degli ex-detenuti.

    Nel complesso, è possibile individuare una serie di ambiti di attività, attorno alle quali si stanno sviluppando le principali tendenze evolutive dell'impegno del volontariato nell'ambito della giustizia:

-     l'educazione e la sensibilizzazione ai temi del carcere, dei diritti umani e della giustizia;

-      il lavoro nel territorio;

-      l'offerta di momenti di accoglienza a ex-detenuti e famiglie;

-      il lavoro e il reinserimento sociale, ...

Un'analisi critica di tali esperienze consente di evidenziare la presenza di un processo di graduale trasformazione qualitativa e quantitativa nell'impostazione e nel modello operativo alla base delle numerose attività realizzate. Nello specifico:

da una fase iniziale caratterizzata in gran parte dal rapporto diretto con il detenuto all'interno dell'istituzione carceraria,

si è passati con il tempo alla definizione di linee progettuali più ampie, attente all'assetto generale di welfare del territorio e alle esigenze di reinserimento e integrazione sociale della fase post-carcere.

    In questa linea, nei contesti locali dove con più forza si è acquisita tale consapevolezza, le esperienze più mature hanno posto al centro dell'attività progettuale:

-      l'apertura al territorio e al lavoro di rete,

-      la promozione di luoghi e momenti di incontro e scambio con gli operatori della giustizia,

-      la necessità di stabilire una corrente comunicativa con le parrocchie e le altre risorse della comunità locale,

-      l'importanza della formazione dei volontari dentro e fuori il carcere,

-      la rinnovata attenzione all'area esterna e all'esecuzione delle misure alternative, ...

Allo stesso tempo, la trasformazione qualitativa dei progetti di assistenza sul territorio non ha impedito la permanenza di azioni caritative rivolte all'erogazione diretta di beni materiali e servizi di accoglienza immediata, anche temporanea, per persone e famiglie in situazioni di particolare necessità e precarietà. Va sottolineato che nelle situazioni più mature e significative, tali tipologie di presenza non sono motivate da finalità di supplenza dei doveri dell'ente pubblico, quanto dall'esigenza di promuovere dei segni visibili di coscienza critica nei confronti della comunità e come stimolo alla realizzazione della giustizia.

In coincidenza dell'anno giubilare, è stato possibile individuare alcune piste di lavoro da realizzare nell'ambito territoriale, suggerite alle comunità diocesane e parrocchiali e alle diverse espressioni del volontariato di ispirazione cristiana come possibilità di impegno per stimolare un dibattito sul tema e rispondere alle esigenze dei fratelli in difficoltà. Si tratta di promuovere alcune semplici iniziative che favoriscano l'avvicinamento e la considerazione della realtà carceraria come parte del cammino di chiesa:

promuovere un incontro con il Vescovo sul tema del carcere, allo scopo di approfondire insieme il problema e individuare possibili strade di lavoro comuni: il tema del carcere può essere inserito nei contenuti delle lettere o delle visite pastorali; il Vescovo può farsi portavoce delle istanze dei detenuti di fronte alla comunità cristiana e nei confronti delle amministrazioni pubbliche, locali e della giustizia; mettere a disposizione una parte del patrimonio immobiliare della diocesi per l'organizzazione di una casa di accoglienza, ...;

iniziative varie di informazione e sensibilizzazione sulla situazione e le problematiche presenti nella realtà carceraria;

incontri di approfondimento e di sensibilizzazione sulle esigenze e le possibilità di risocializzazione dei detenuti;

percorsi di formazione di gruppi di volontariato, da realizzare in riferimento e collaborazione con i cappellani, che, per la catechesi, l'animazione liturgica e l'ascolto-assistenza, entrino in modo continuativo in carcere;

azione di collegamento e coordinamento di tutte le realtà (gruppi, associazioni, cooperative, istituzioni,..) che sul territorio, a titolo diverso, sono attente e impegnate nei confronti di detenuti ed ex-detenuti per condividere, in modo arricchente riflessioni, iniziative, risposte e proposte;

iniziative varie di ascolto, sostegno e relazione con le famiglie di detenuti della propria comunità parrocchiale per aiutarle ad affrontare esperienze così pesanti e isolanti, a orientare e sostenere il loro rapporto con il familiare in carcere e a evitarne l'isolamento sul territorio rispetto alla comunità di appartenenza;

ricerca di opportunità di reinserimento lavorativo, sociale e comunitario di detenuti nel rispetto delle opportunità offerte dalla legislazione carceraria;

predisposizione di piccole "opere segno" per l'accoglienza di quei detenuti che non possono usufruire delle opportunità di reinserimento offerte dalla legge perché non hanno riferimenti sul territorio (soprattutto per detenuti immigrati o per detenuti che sono completamente abbandonati a se stessi); una delle opere segno di maggiore utilità potrebbe riguardare la possibilità di allestire dei luoghi di accoglienza per detenuti in misura alternativa o per le famiglie visitanti;

inserimento nei momenti liturgici e nei cammini catechistici delle parrocchie di alcune preghiere e riflessioni ricavate da contenuti biblici e dall'insegnamento della Chiesa per educare, con gradualità, la comunità a cammini di riconciliazione e di accoglienza;

costruzione di cammini formativi per quanti, operando nella giustizia e nelle realtà di servizio alle carceri, vivono ogni giorno a contatto con i detenuti.

 

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