Articolo di Mario Pavone

 

Il divieto di espulsione per omosessualità

di Mario Pavone (Presidente Animi)

 

Con Ordinanza del 21.12.2004, di cui non risultano precedenti, il gip di Torino estende all’omossessualità l’elenco dei casi di inespellibilità del cittadino straniero. Secondo il giudicante tanto l’adozione quanto l’esecuzione del decreto di espulsione sono subordinate all’assenza di situazioni di inespellibilità contemplate dall’art. 19 d.lgs. n. 286/1998. L’espressione utilizzata dal legislatore per cui "in nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento" estende le ipotesi di inespellibilità prefigurate dalla norma a tutte le fattispecie di espulsione disposte ai sensi del d.lgs. n. 286/1998, senza che possa operarsi alcuna distinzione tra le espulsioni disposte ai sensi dell’art. 13 e quelle decretate ai sensi dell’art. 14.

Pertanto,secondo lo stesso giudicante, anche nel caso di espulsione ai sensi dell’art. 14, comma 5-ter, occorre pertanto valutare se sussistano o meno motivi di inespellibilità ed, in particolare, occorre verificare se la condizione di omosessualità denunciata dal ricorrente integri o meno una delle "condizioni personali o sociali" prefigurate dal legislatore come ipotesi di inespellibilità.

Il giudice è comunque tenuto ad operare una tale valutazione attraverso l’applicazione di criteri ermeneutici costituzionalmente orientati e coerenti con i principi generali dell’ordinamento statale e comunitario. Secondo il gip di Torino anche tali casi rientrano nell’ottica della legge sull’immigrazione.

Invero, la formulazione del 1° comma dell’art. 19, nel vietare l’espulsione verso stati in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione "per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali..." è volutamente ampia e generica, affinché il precetto normativo, che non potrebbe prevedere in via preventiva ed esaustiva tute le ipotesi di inespellibilità, possa adeguarsi alla evoluzione del costume e del sentir sociale in relazione al mutevole contesto storico e culturale in cui le Prefetture, prima, ed i giudici, poi, sono chiamati ad applicare la norma.

La circostanza, documentalmente provata, che l’omosessualità venga punita in Senegal con la pena della reclusione da uno a cinque anni e il trattamento vessatorio e discriminatorio che viene riservato agli omosessuali in quel paese di religione musulmana, nei termini drammatici riferiti dal testimone assunto nel corso dell’istruttoria, escluderebbero che il ricorrente, il quale ha apertamente dichiarato la sua omosessualità anche a concittadini senegalesi, potrebbe in concreto sottrarsi al giudizio penale e all’ostracismo familiare e sociale cui verrebbe quasi certamente sottoposto nel caso di suo rientro in Senegal.

Vista sotto questo profilo la vicenda umana del cittadino straniero espulso apparirebbe in contrasto con la libertà sessuale, intesa anche come libertà di vivere senza condizionamenti e restrizioni le proprie preferenze sessuali, che deve ritenersi espressione del più ampio diritto alla manifestazione e promozione della personalità umana, che l’art. 2 della nostra Costituzione riconosce a ciascun individuo, anche attraverso il richiamo ai diritti inviolabili dell’uomo universalmente riconosciuti.

Deve ravvisarsi in tali ragioni che la condizione di omosessualità del sig. F. costituisca possibile oggetto di persecuzione per ragioni personali e rappresenti dunque una condizione di inespellibilità ai sensi dell’art. 19 d.lgs. n. 286/1998.

 

Ostuni, febbraio 2005

Giudice di pace di Torino - Sezione VI civile

Ordinanza 21 dicembre 2004

 

Il ricorrente denuncia l’illegittimità del decreto di espulsione per difetto di istruttoria e carenza di motivazione, sotto il profilo della omessa valutazione da parte del Prefetto della ricorrenza di eventuali cause di inespellibilità ex art. 19 t.u. immigrazione, che, nel caso di specie, consisterebbero nella condizione di omosessualità.

La Prefettura resiste eccependo che l’omosessualità del F. sarebbe stata da questi denunciata per la prima volta soltanto in occasione del ricorso avverso il decreto di espulsione e costituirebbe un éscamotage per sottrarsi all’esecuzione dell’espulsione; insiste pertanto per la reiezione del ricorso.

All’esito dell’attività istruttoria svolta nel corso del procedimento, consistita nell’acquisizione di documenti e di dichiarazioni da parte di persona informata in ordine al trattamento giuridico ed alla con dizione sociale degli omosessuali in Senegal, il giudice

 

Osserva

 

La Prefettura eccepisce che il decreto di espulsione emanato nei confronti del sig. F. ai sensi dell’art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286/1998 costituisce un atto dovuto, adottato a seguito dell’inottemperanza ad un precedente decreto di espulsione del 3 dicembre 2002 a lui notificato.

Sebbene non possa negarsi la natura necessitata del provvedimento di espulsione emesso ai sensi del citato art. 14, comma 5-ter, è pur vero che tanto l’adozione quanto l’esecuzione del decreto di espulsione sono subordinate all’assenza di situazioni di inespellibilità contemplate dall’art. 19 d.lgs. n. 286/1998. L’espressione utilizzata dal legislatore per cui "in nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento" estende le ipotesi di inespellibilità prefigurate dalla norma a tutte le fattispecie di espulsione disposte ai sensi del d.lgs. n. 286/1998, senza che possa operarsi alcuna distinzione tra le espulsioni disposte ai sensi dell’art. 13 e quelle decretate ai sensi dell’art. 14. Anche nel caso di espulsione ai sensi dell’art. 14, comma 5-ter, occorre pertanto valutare se sussistano o meno motivi di inespellibilità.

Nel caso sottoposto al giudice, si tratta di accertare se la condizione di omosessualità denunciata dal ricorrente integri o meno una delle "condizioni personali o sociali" prefigurate dal legislatore come ipotesi di inespellibilità. Ritiene questo giudice che al quesito debba darsi risposta affermativa.

Si deve innanzi tutto osservare che la formulazione del 1° comma dell’art. 19, nel vietare l’espulsione verso stati in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione "per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali..." è volutamente ampia e generica, affinché il precetto normativo, che non potrebbe prevedere in via preventiva ed esaustiva tute le ipotesi di inespellibilità, possa adeguarsi alla evoluzione del costume e del sentir sociale in relazione al mutevole contesto storico e culturale in cui le Prefetture, prima, ed i giudici, poi, sono chiamati ad applicare la norma.

Il giudice è dunque tenuto a valutare se ricorrano eventuali condizioni di inespellibilità facendo applicazione di criteri ermeneutici costituzionalmente orientati e coerenti con i principi generali dell’ordinamento statale e comunitario.

Il dibattito sviluppatosi in questi ultimi mesi in sede di Parlamento Europeo in ordine al riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali e il giudizio che la Consulta ha espresso in occasione delle questioni di legittimità costituzionale degli Statuti della Regione Umbria e Toscana, nelle parti in cui prefigurano iniziative a tutela e sostegno delle unioni di fatto anche tra soggetti del medesimo sesso, denotano un’evoluzione del costume e del sentire collettivo verso una più ampia disponibilità a riconoscere il bisogno di tutela giuridica degli omosessuali e delle formazioni sociali e familiari cui essi possono dare vita. Disponibilità che presuppone il riconoscimento dell’omosessualità come condizione dell’uomo degna di tutela, in conformità ai precetti costituzionali. Proprio sotto questo profilo la libertà sessuale, intesa anche come libertà di vivere senza condizionamenti e restrizioni le proprie preferenze sessuali, deve ritenersi espressione del più ampio diritto alla manifestazione e promozione della personalità umana, che l’art. 2 della nostra Costituzione riconosce a ciascun individuo, anche attraverso il richiamo ai diritti inviolabili dell’uomo universalmente riconosciuti.

Il ricorrente ha dimostrato di essersi iscritto all’Arci Gay in tempi non sospetti, subito dopo il suo ingresso in Italia, e di essere socio da diversi anni di un altro club riservato agli omosessuali.

La circostanza, documentalmente provata, che l’omosessualità venga punita in Senegal con la pena della reclusione da uno a cinque anni e il trattamento vessatorio e discriminatorio che viene riservato agli omosessuali in quel paese di religione musulmana, nei termini drammatici riferiti dal testimone assunto nel corso dell’istruttoria, escludono che il ricorrente, il quale ha apertamente dichiarato la sua omosessualità anche a concittadini senegalesi, potrebbe in concreto sottrarsi al giudizio penale e all’ostracismo familiare e sociale cui verrebbe quasi certamente sottoposto nel caso di suo rientro in Senegal. Per le ragioni sin qui esposte, si ritiene che la condizione di omosessualità del sig. F. costituisca possibile oggetto di persecuzione per ragioni personali e rappresenti dunque una condizione di inespellibilità ai sensi dell’art. 19 d.lgs. n. 286/1998. La particolarità della materia giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso e conseguentemente annulla il decreto di espulsione n. 2973/04 emesso dal Prefetto della Provincia di Torino nei confronti di F.C. il 4 ottobre 2004 e notificato lo stesso giorno.

 

 

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