Espulsione: misura anomala

 

Espulsione: misura anomala, di Ottavio Amodio

(Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Potenza)

 

Il Denaro, 26 maggio 2004


Nel 2002, all’esito di un lungo e travagliato iter parlamentare, e’ stata varata la legge n.189 che si inserisce in un complesso percorso normativo tracciato dal legislatore in materia di immigrazione.
In particolare l’articolo15 della Legge 189/02 porta il titolo "espulsione" a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione".

Con la legge in esame viene, quindi, introdotta nel nostro ordinamento una terza misura alternativa, accanto all’affidamento in prova al Cssa e alla Semilibertà. Ma si tratta di una misura alquanto anomala. Infatti, le misure alternative comportano, comunque, l’espiazione della pena inflitta, sia pure con modalità diverse dalla detenzione in carcere; la formulazione di una prognosi positiva sulla effettiva volontà di reinserimento sociale; infine, l’ammesso alla misura alternativa deve proseguire, all’esterno del carcere, il percorso riabilitativo già avviato in carcere.

Tutto ciò è estraneo alla misura in esame. E allora più che di una misura alternativa sembra trattarsi o di un condono di cui, però, beneficia solo chi è extracomunitario, ovvero di una vera e propria sospensione della pena con chiari effetti favorevoli (l’uscita dal carcere) cui fa da contraltare l’introduzione di un aspetto sanzionatorio costituito dalla espulsione dal territorio dello Stato. E l’aspetto sanzionatorio è ancora più evidente laddove si consideri che, a differenza delle misure alternative ordinarie, questa misura non è rinunziabile. Problemi interpretativi sorgono anche per quanto riguarda i presupposti di applicazione.

Il primo è lo stato detentivo. A prima vista sembrerebbe di dover restringere il campo di applicazione ai soli detenuti in carcere. Ma la lettera della legge si presta a ricomprendere nella disciplina anche i semiliberi e i detenuti domiciliari che sono pur sempre detenuti, seppure con una modalità diversa dalla restrizione in carcere. Tale estensione non appare, però, in linea con il dettato ordinamentale e costituzionale: si verrebbe, con l’espulsione, e almeno per i semiliberi, ad interrompere un percorso rieducativo e di reinserimento sociale già avviato e già positivamente valutato da un organo giurisdizionale, con conseguente, dannosa, regressione trattamentale.
Il secondo presupposto è la pena residua non superiore a due anni. Anche qui sorgono problemi: e, invero, a carico del detenuto in espiazione di pena entro i due anni potrebbe esserci altro titolo sospeso ex articolo 156 cpp, come novellato dalla legge Simeone, che, sommato al titolo in esecuzione, potrebbe portare la pena oltre i due anni. Il terzo presupposto è la esatta identificazione. Se si pensa che l’extracomunitario è spesso privo di documenti e che la complessa istruttoria solo di rado sortisce effetti positivi in merito, ci si accorge come questo presupposto costituisce il maggior ostacolo all’applicazione della legge.

L’ultimo presupposto attiene alle esclusioni. Non è praticabile l’espulsione per i condannati per i delitti previsti dall’articolo 407 II° comma lettera A) cpp e per i delitti previsti dal testo unico 286/98 sulla immigrazione. E’ chiaro a questo punto che il legislatore ha privilegiato la sicurezza pubblica dando priorità alla completa espiazione in carcere per i condannati per gravi delitti. Ma ciò rischia di produrre in concreto effetti aberranti: ci potremmo trovare di fronte a detenuti che non possono espellersi perché appartenenti alle categorie indicate i quali, però, possono essere ammessi alle misure alternative ordinarie secondo le regole ordinarie. E, se la misura sarà l’affidamento in prova che si concluda positivamente, per effetto della declaratoria di estinzione della pena e di ogni altro effetto penale, verrebbe meno anche l’eventuale misura di sicurezza dell’espulsione eventualmente disposta nella sentenza di condanna.

Possono infine e brevemente sollevarsi alcuni dubbi di legittimità Costituzionale. In particolare è stato evidenziato contrasto con l’articolo 27 II° comma Cost. che sancisce il principio di rieducazione della pena: Sarebbe stata introdotta cioè una deroga al predetto articolo 27. Il dubbio svanisce se si accetta l’idea che la misura in esame non è una misura alternativa ma piuttosto o un condono o una vera e propria sospensione della pena : entrambi non necessitano di alcuna funzione rieducativa. Si evidenzia poi contrasto con l’articolo 24 e 111 Cost. e cioè violazione del diritto di difesa mancando il contraddittorio davanti al Magistrato di Sorveglianza che decide con decreto "de plano". Questo dubbio è sanato dalla circostanza che il decreto è reclamabile al Tribunale di Sorveglianza con piena attuazione del contraddittorio e che non è esecutivo fino a che il Tribunale di Sorveglianza non decide sul reclamo.

Poiché l’obbiettivo (non dichiarato) della legge in esame è quello della deflazione carceraria, può dirsi conclusivamente che il bilancio è chiaramente negativo. In circa due anni di applicazione il numero dei provvedimenti positivi è estremamente esiguo rispetto all’elevato numero di provvedimenti di inammissibilità o di non luogo a provvedere. Ciò, sia per gli aspetti poco chiari della legge e sia per un sostanziale disinteresse da parte degli interessati verso una " opportunità " che, sostanzialmente è solo penalizzante.

 

 

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