Linee guida sull'AIDS

 

Linee guida sull’HIV/AIDS e le epatiti in carcere

 

 

La città di Milano ha ospitato il III Seminario sulla prevenzione dell’HIV/AIDS e delle epatiti in carcere, dove si sono incontrati studiosi, operatori e rappresentanti di istituzioni di quindici paesi europei, della Commissione Europea e dell’Ufficio Regionale Europeo dell’OMS. Al termine del Seminario una commissione coordinata da M.Rotily, C. Weilandt e E. Iandolo ha prodotto il testo di seguito riportato.

 

A. raccomandazioni generali

 

La prevenzione dell’HIV e dell’epatite in carcere deve essere considerata una questione sanitaria di primaria e globale importanza. In un momento in cui il consumo di droga è in crescita in svariati contesti di degrado sociale, la popolazione carceraria negli ultimi vent’anni è aumentata in maniera drammatica.

I detenuti devono essere considerati cittadini a pieno titolo e, quindi, devono usufruire, su basi volontarie, delle stesse cure sanitarie e preventive messe a disposizione dalle comunità locali di appartenenza.

Le cure somministrate dentro e fuori il carcere devono essere equivalenti. L’esperienza europea insegna che questo obiettivo può essere conseguito nel miglior modo quando la responsabilità per la tutela dei detenuti fa capo al Ministero della Sanità.

Ai detenuti che entrano ed escono dal carcere deve essere assicurata una continuità di cura, attivando una collaborazione tra il carcere e le agenzie esterne. Le carceri devono essere considerate parte integrante della società, in diretto collegamento con gli altri sistemi sociali. Le cure sanitarie somministrate in carcere devono essere strettamente connesse al sistema sanitario della comunità al fine di:

Assicurare all’interno del carcere le necessarie misure preventive

Fornire una continuità di trattamento per detenuti ed ex detenuti.

 

B. Educazione sanitaria e informazione dei detenuti

 

Quando entrano in carcere, i detenuti devono essere informati circa la natura della trasmissione delle infezioni da virus per via sessuale o sanguigna, e devono essere messi al corrente dei metodi e delle precauzioni utili a prevenire la diffusione.

I detenuti ricoverati in ospedale devono ricevere dal personale sanitario risposte adeguate circa la loro situazione. Informazioni sulla consulenza, i test virali e sulle terapie immunizzanti devono essere fornite in questo momento.

 

C. test HIV volontario e prevenzione

 

Tutti i detenuti, per tutta la durata della pena, devono avere la possibilità di effettuare, in forma riservata e gratuita, i test HIV. Prima e dopo i test i detenuti devono poter contare su un’apposita terapia psicologica di supporto. Questo tipo di sostegno è importante anche nel caso in cui i risultati dei testi fossero negativi.

I risultati dei test HIV devono essere consegnati ai detenuti in forma riservata, da personale sanitario esperto, a prescindere dal loro esito. Senza il consenso scritto del detenuto, il personale sanitario non deve informare le autorità amministrative.

Le cure mediche devono essere erogate con gli stessi standard utilizzati fuori dal carcere. La segregazione o la discriminazione delle persone affette da HIV o da epatite non può essere in alcun modo considerata accettabile.

Personale sanitario esperto deve fornire con regolarità ai detenuti (inclusi coloro che non parlano le rispettive lingue nazionali) e al personale carcerario le informazioni basilari sull’HIV.

 

D. Riduzione del danno connessa alla tossicodipendenza

 

All’interno del carcere ci saranno sempre pazienti tossicodipendenti. Per questo motivo, è necessario dare la possibilità di praticare iniezioni endovenose in maniera igienica e sicura.

Alcuni progetti pilota europei hanno dimostrato chiaramente la fattibilità e l’efficacia dei programmi di scambio di siringhe in carcere. Devono essere elaborati programmi su scala nazionale per promuovere analoghi progetti pilota, su base volontaria, in carcere.

Per alcuni pazienti, il carcere è un’occasione per mettere sotto controllo la loro tossicodipendenza.

 

Dentro il carcere è quindi necessario fornire:

a) le cure necessarie per quei tossicodipendenti che desiderano ridurre la loro dipendenza;

b) la possibilità, ai detenuti che sono riusciti a smettere e desiderano continuare una vita liberi dalla droga, di effettuare dei test antidroga;

c) un’adeguata assistenza ai detenuti che vogliono essere liberi da qualsiasi condizionamento o pressione verso la tossicodipendenza.

 

I programmi di disintossicazione devono avere una natura olistica. Deve essere fornita un’equilibrata combinazione di programmi e opzioni terapeutiche. Per ogni gruppo 0 sottogruppo di detenuti occorre elaborare approcci differenti. Per i tossicodipendenti che rifiutano di curarsi bisogna predisporre una strategia di riduzione del danno. Dal momento che possono fornire un valido aiuto ai tossicodipendenti, i programmi di disintossicazione devono essere valutati con attenzione.

 

Può essere utile premiare chi è riuscito a disintossicarsi erogando, per esempio, permessi o visite, oppure alleviamenti della pena. Si tratta, comunque, di misure che debbono essere valutate con cura prima di diventare operative.

 

I test obbligatori antidroga, si sono rivelati inutili dentro e fuori il carcere, dal punto di vista medico e da quello economico, e non devono essere parte di una politica sulle tossicodipendenze.

 

Dentro e fuori il carcere, occorre promuovere la cura e la terapia di disintossicazione per i tossicodipendenti che desiderano smettere di drogarsi. Per raggiungere questo obiettivo possono essere condotti studi che stabiliscano la priorità dei metodi e dei programmi più efficaci.

 

Anche se la somministrazione di metadone e buprenorfina sono stati di aiuto per molti consumatori di oppio, occorre valutare l’efficacia di questi trattamenti con una metodologia appropriata. Le cure sostitutive comprendono la disintossicazione e il mantenimento. Le cure sostitutive danno la possibilità di discutere regolarmente con il detenuto i problemi legati alla salute e alla tossicodipendenza, ma da sole non costituiscono una soluzione completa ai problemi collegati all’uso di droga.

 

E. La distribuzione di preservativi

 

Come dimostra l’esperienza di alcuni paesi europei, occorre promuovere la distribuzione di preservativi e lubrificanti. Gli studi dell’European Network per la prevenzione dell’HIV e dell’epatite hanno dimostrato che in carcere hanno luogo rapporti orno e etero sessuali e, per questo motivo, è necessario mettere a disposizione preservativi (in modo anonimo e gratuito) in tutti i penitenziari. Le esperienze condotte in numerose nazioni europee ha dimostrato l’efficacia di questa politica, nonostante i potenziali problemi legati alla sicurezza.

Nei penitenziari occorre promuovere la creazione di apposite celle in cui sono permesse visite coniugali o dove possono avere luogo rapporti sessuali in condizioni umane e sicure. Questo tipo di agevolazioni potrebbero rafforzare i legami sociali e emozionali dei detenuti con i loro partner e con le loro famiglie.

 

F. HIV, epatite e immigrati

 

L’alta percentuale di immigrati presente nella popolazione delle carceri di molti paesi europei impone la necessità di migliorare la qualità delle informazioni specifiche fornite alle minoranze etniche e agli stranieri, tenendo presente i diversi background e le differenti lingue di appartenenza.

 

Gli amministratori dei penitenziari devono prendere in considerazione la necessità di avvalersi di interpreti per i servizi medici. Tutti gli sforzi nella direzione della prevenzione devono essere il più possibile adattati ai bisogni specifici delle popolazioni immigrate.

 

G. La sorveglianza epidemiologica

 

Nei penitenziari europei, a intervalli regolari, devono essere attivati validi sistemi di sorveglianza epidemiologica, integrati nel sistema di sorveglianza epidemiologica nazionale. I test anonimi predisposti dall’European Network europeo per la prevenzione dell’HIV e dell’epatite, che consistono in un prelievo di saliva e nella compilazione di un questionario, possono essere un valido aiuto per monitorare la diffusione dell’HIV. È importante effettuare questi testi in penitenziari con tipologie differenti e in diverse aree geografiche, poiché si possono riscontrare rilevanti variabili.

 

Devono essere approntate procedure efficaci per cogliere sul nascere l’insorgenza di casi di HIV e di epatite.

 

H. La prevenzione e lo screening dell’epatite

 

A causa dell’elevata prevalenza di queste infezioni tra le persone che entrano in carcere, lo screening dell’epatite C deve essere proposta su base volontaria.

 

Dal momento che oggi esistono buoni vaccini per l’epatite B, l’immunizzazione contro questa malattia deve essere proposta al momento dell’ammissione in carcere dei detenuti, a prescindere dalla lunghezza della loro condanna. I detenuti devono essere informati in maniera appropriata, soprattutto per evitare ogni possibile confusione tra l’HIV e l’epatite virale.

 

All’interno del carcere, la stesura di un calendario delle vaccinazioni contro l’epatite B può essere accolta con condiscendenza da parte dei detenuti.

 

Lo screening dell’epatite C, deve essere proposto a tutti i detenuti a rischio. I detenuti che risultassero positivi devono essere curati.

 

I. L’educazione del personale sanitario

 

Il personale carcerario deve essere addestrato e aggiornato regolarmente su tutti gli aspetti collegati all’HIV, all’epatite e alla tossicodipendenza, da un punto di vista medico, psicologico e sociale, in modo da potersi sentire sicuri e di essere in grado di dare ai detenuti la guida e il supporto più appropriati.

 

Il personale carcerario deve essere sempre a conoscenza delle misure necessarie per evitare la trasmissione dei virus. Non è importante sapere se un detenuto è o meno sieropositivo, e occorre avere sempre un atteggiamento equanime, evitando ogni discriminazione.

 

I penitenziari e le agenzie esterne devono cooperare a tutti i livelli, scambiandosi ogni informazione necessaria.

 

Il personale carcerario deve essere vaccinato, almeno contro l’epatite B, dal momento che il rischio di contrarre questa malattia, ispezionando tasche e borse, è elevato.

 

Il personale carcerario ha bisogno di precise informazioni per riuscire a gestire le situazioni di emergenza. Devono essere redatti dei protocolli di pronto intervento per affrontare nuovi casi di HIV o epatite.

Il personale carcerario deve essere informato con completezza sui sistemi di prevenzione.

 

J. Prevenzione pre-scarcerazione e prima dei permessi

 

Prima di usufruire di un permesso, a un detenuto devono essere distribuiti preservativi e kit di prevenzione.

I detenuti con problemi di tossicodipendenza devono beneficiare di programmi pre-rilascio "ad hoc" e, in particolare, devono essere informati su come evitare la morte per overdose (una delle cause di decesso precoce più frequente tra i detenuti tossicodipendenti rilasciati dal carcere).

Questi programmi potrebbero essere di supporto alle cure mediche e sociali proposte all’interno del carcere. Gli istituti penitenziari devono diventare un ponte, tra il detenuto e il centro di tossicodipendenza delle comunità.

 

 

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