Novità sul disagio mentale

 

Reggio Emilia: O.P.G., celle aperte per 40

 

Il Resto del Carlino, 3 gennaio 2002

 

"In un contesto di controriforma che vede la maggioranza parlamentare mettere addirittura in discussione la legge 180 che portò alla chiusura dei manicomi, la Regione ribadisce, con ancora più forza che in passato, l’impegno per riformare l’ O.P.G. di Reggio, garantendo nuove opportunità ed il sostegno a reali percorsi terapeutici per gli internati".

Così l’assessore regionale alle Politiche sociali Gianluca Borghi. Regione, Comune, Aziende USL, Direzione dell’O.P.G. di via Settembrini hanno infatti ribadito la volontà politica di definire nuove relazioni che portino ad aprire, non solo simbolicamente, una struttura per definizione carceraria. Celle aperte, possibilità di giocare, leggere, disegnare, cucinare, vedere film, insomma socializzare. È il reparto sperimentale Antares, la più significativa possibilità che hanno alcuni internati dell’ospedale psichiatrico giudiziario per rompere il muro di isolamento che li circonda.
Nell’ospedale psichiatrico giudiziario vivono 210 detenuti e per una quarantina di loro, grazie al progetto finanziato dall’ assessorato regionale alle Politiche Sociali, in collaborazione col Comune, sarà garantita la terapia, la riabilitazione e il potenziamento dell’ attività delle strutture di accoglienza esterne.

Al reparto Antares, infatti, c’ è la possibilità di attivare borse lavoro esterne e, anche, di organizzare gite o feste di compleanno, piccoli spazi di umanità "purtroppo ancora all’interno del grigiore e dell’ impersonalità del trattamento in ospedale psichiatrico giudiziario". Un’iniziativa "fortemente voluta" dagli assessorati regionali alle Politiche sociali e alla Sanità della Regione, che si sta battendo per una riforma strutturale degli ospedali psichiatrici giudiziari: per sostenere l’ esperienza dell’Antares ha stanziato 200 milioni, mentre altri 50 milioni verranno versati direttamente dal Comune.

Il tutto in attesa di una riforma psichiatrica che coinvolga anche i malati autori di reato, che finora non c’ è stata: sono sei le proposte di legge ancora ferme in Parlamento.Nel frattempo la Regione continua a erogare contributi mirati agli internati in ospedale psichiatrico, attraverso innovative modalità di finanziamento per quei Dipartimenti di Salute Mentale che prendono in carico pazienti provenienti da Reggio.

Inoltre dal 1995 è attivo il progetto di ricerca - monitoraggio dimissioni dall’OPG, cui collabora anche l’Istituto Superiore di Sanità, utile alla creazione di un quadro conoscitivo sullo stato psichico e psicosociale degli internati, nell’ ottica di un riassetto del settore. Inoltre la Regione, il Comune e l’USL di Reggio, in collaborazione con l’ associazione di volontariato Effatà, hanno promosso dal 1995 la creazione di appartamenti protetti, ove i pazienti vengono accompagnati, nell’ attesa di una collocazione in una struttura o di un progetto di reinserimento sociale a cui provveda l’ASL di provenienza.

 

 

Sperimentazioni in Svizzera

 

Un nuovo concetto carcerario per il trattamento dei delinquenti pericolosi

(dal Sito www.panopticon.ch)

 

Introdurre una vera dimensione terapeutica nell’internamento dei delinquenti classificati pericolosi, per permettere ad alcuni di loro di ritrovare un giorno la libertà: tale è il progetto elaborato dalla Commissione concordataria, composta dai responsabili romandi e ticinesi dell’esecuzione delle pene e misure.

Questo rapporto preliminare, che propone in particolare la creazione di una catena di strutture pluridisciplinari in sostituzione del "penitenziario appropriato" previsto dal Codice penale, è stato presentato venerdì alla Conferenza dei Capi dipartimento di Giustizia e Polizia. I Consiglieri di Stato hanno dato mandato alla Commissione di continuare i lavori di riflessione e di presentare un piano finanziario.

La possibilità d’internare i criminali che presentano un rischio di recidiva elevato esiste dal 1942. Questa misura segue due scopi: assicurare la sicurezza pubblica e guarire il delinquente.

Il penitenziario appropriato previsto per questo scopo dal Codice penale non è mai esistito nel nostro Paese. Nel penitenziario la dimensione terapeutica è largamente sfumata per lasciare il posto unicamente alla neutralizzazione del delinquente. Per troppo tempo trascurato dai tribunali, l’internamento ha oramai il vento in poppa, in particolare nei cantoni di Ginevra e di Vaud. Ancora sotto l’impulso di Mon Repos, i giudici stimano oggi che i migliori mezzi di protezione per la società contro i predatori di tutti i generi è di pronunciare una misura di sicurezza a durata indeterminata. La revisione del Codice Penale, attualmente all’esame alle camere federali, va nella stessa direzione, proponendo una forma ancora più severa di internamento di sicurezza, rafforzando le condizioni di una possibile liberazione.

Questa tendenza preoccupa i responsabili dell’amministrazione penitenziaria confrontati ad uno "stock" di internati sempre più crescente. Oltre il sovraccarico cronico dei penitenziari questa popolazione carceraria è particolarmente difficile da gestire. Si tratta il più sovente di detenuti che non hanno più niente da perdere e che presentano gravi turbe psichiche e mentali che scatenano reazioni imprevedibili. Si è unanimi nell’affermare che bisogna riparare alle lacune di mezzi che permettano una presa a carico appropriata e di far si che questa misura d’internamento altro non sia che una prigione camuffata.

Dallo scorso febbraio, un gruppo di lavoro costituito dalla Commissione concordataria è ben intenzionato dunque a lavorare su di un progetto che esca da questo vicolo cieco. Nel 1966 già il Canton Ginevra era stato incaricato di creare il famoso stabilimento appropriato nel sito della prigione di Champ-Dollon. Ma questo "psycho-motel" de 200 posti, secondo l’espressione utilizzata all’epoca dal professore e ex direttore dell’Istituto di medicina legale Jacques Bernheim, non ha mai visto la luce del giorno. Trentacinque anni dopo, prevale un altro approccio. Si tratta di privilegiare una catena di strutture pluridisciplinari sul modello progressivo dell’esecuzione delle pene. Nel momento in cui la sicurezza pubblica non si opponga e quando il delinquente è pronto ad entrare nel processo terapeutico, il rapporto propone delle agevolazioni successive nelle varie tappe, per poi sfociare nella liberazione.

Per il Presidente della Commissione concordataria, il sostituto procuratore pubblico vodese Antoine Landry, questo progetto non sottovaluta in nessun modo l’aspetto della sicurezza. Il magistrato sottolinea che l’istituto carcerario a sicurezza rinforzata resterà la regola per i detenuti più restii al trattamento. Quelli che entreranno nella catena saranno, in caso di rottura di contratto terapeutico o di elevato rischio di recidiva, retrocessi ad una tappa precedente. Per questo, tempi di reazione estremamente brevi devono essere ben pianificati. La riflessione è dunque lanciata con l’avallo dei responsabili politici. Resta infine da associare, per questo lavoro, gli psichiatri, i socioterapeuti, e gli altri attori del mondo carcerario.