Riforma giustizia minorile

 

I tribunali minorili non esisteranno più

Al loro posto semplici sezioni all’interno delle sedi più grandi

 

Il Manifesto, 22 agosto 2003

 

È pronta al via la riforma della giustizia minorile immaginata dal ministro della Giustizia Roberto Castelli. La novità principale elaborata da Via Arenula è l’abolizione dei tribunali per i minorenni e la creazione, nei distretti giudiziari più grandi, di nuove sezioni specializzate per la famiglia e i minori. La riforma della giustizia under 18 vuole essere, nelle intenzioni del centrodestra, un fiore all’occhiello del governo Berlusconi. Ma il nuovo ordinamento pensato dal guardasigilli ha riscosso più critiche che consensi, nonostante Castelli si sia impegnato più volte in prima persona per una sua rapida approvazione.

Il 31 luglio scorso la Commissione giustizia alla Camera ha licenziato il testo ministeriale, che attende ora solo la nomina di un relatore e l’esame dell’aula di Montecitorio. Se la riforma Castelli non piace al centrosinistra, che ha abbandonato i lavori della Commissione in segno di protesta – si tratta di una "controriforma inutile e dannosa", fanno sapere i partiti dell’Ulivo – l’abolizione dei tribunali per i minori è indigesta anche per i centristi dell’Udc, che si sono astenuti, impegnandosi a modificare in aula gli aspetti più negativi del testo di legge. Fuori dalle aule parlamentari molte associazioni, tra cui Antigone, Libera, Telefono Azzurro e Unicef, hanno espresso forti critiche alle ipotesi legislative dell’ingegnere leghista e hanno dato vita a un "Manifesto per la difesa della giustizia minorile 2003" aperto a tutti.

La legge 2517, infatti, cancella i tribunali per i minori e trasferisce le loro competenze a sezioni specializzate ancora da istituire, composte da soli giudici togati, eliminando quelli onorari. In genere si tratta di psicologi, pedagogisti e neuropsichiatri infantili, tutte figure dotate di quelle competenze extragiuridiche indispensabili per una giustizia minorile efficace.

Le nuove sezioni specializzate previste da Castelli si occuperanno inoltre di tutto ciò che riguarda "lo stato e la capacità delle persone". Cioè di tutta la giustizia minorile, penale civile e amministrativa. In più, accentreranno al loro interno tutte le competenze sulla famiglia: adozioni, divorzi, separazioni. Infine avocheranno anche quello che oggi è il lavoro del giudice tutelare, come il giudizio sulla potestà genitoriale e le procedure di interdizione e inabilitazione.

Diventano, insomma, la sede unitaria per tutte le decisioni sui minori e la famiglia. Un vero terremoto, anche se per ora dai contorni vaghi. Eppure, stando ai numeri, il sistema giudiziario italiano, almeno in questo campo, non sembra essere il solito fanalino di coda.

Secondo la Fp Cgil, le denunce a carico dei minori sono diminuite di seimila unità negli ultimi anni, passando da 45.000 alle attuali 39.000. in calo anche i minori stranieri denunciati: dai 12.000 del 1995 si è arrivati agli 8.000 del 2001.

Proprio una ricerca del Censis riferita al 2001 ha evidenziato la diversità del tessuto sociale italiano rispetto agli altri paesi europei. Nel nostro paese i minori denunciati sono il 2.6% del totale dei cittadini denunciati. Mentre nel Regno Unito sono il 24%, in Francia il 21% e in Germania il 13% del totale. Numeri che evidenziano che la strategia della "tolleranza zero" contro i minori, adottata alla grande in Francia e oltre Manica, non risolve poi molto.

Anche il procuratore generale della Corte di Cassazione, Francesco Favara, nella relazione di quest’anno, ha sottolineato come il numero dei reati penali commessi da minori diminuisca, anche se "aumenta la gravità della tipologia dei delitti commessi, con modalità sempre più violente".

"In realtà non afflitte da fenomeni di criminalità organizzata – affermava Favara – gli autori non provengono più da famiglie problematiche ma appartengono sempre più spesso a famiglie normali e la spinta a delinquere non è più collegabile, né giustificata da un obiettivo economico".

I casi di cronaca insegnano. Ma le rigidità repressive e le riforme a costo zero non sembrano essere il toccasana più appropriato in una materia così delicata e dal grande impatto sociale.

 

 

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