Scuola di agricoltura

 

Minori detenuti: il futuro è in fattoria

 

Corriere Della Sera, 9 gennaio 2003

 

Il piano del Comune per i giovani di Casal del Marmo: a Tomba di Nerone una scuola di agricoltura

 

Quando i ragazzi arrivano a Casal del Marmo, il primo giorno, si guardano intorno e piangono disperati. È quello - dice Laura Grifoni, direttrice del carcere minorile di Roma - il momento più pericoloso. Il momento in cui a certi viene la voglia di uccidersi. Accadde davvero, due anni fa. E fu terribile. Vedono improvvisamente la loro vita randagia finire dietro un muro altissimo e delle finestre sbarrate. Chiusi. In trappola. Il sindaco della Capitale, Walter Veltroni, ieri è andato a trovarli. "Quando uscirete di qui - ha detto ai giovani, riuniti in palestra - Prima di commettere un altro sbaglio, prima di andare a rubare un’altra volta, chiamateci, chiedete una mano al Comune. Noi vi aiuteremo a non sentirvi soli, in questa città nessuno più dovrà sentirsi solo".
Un altro momento critico - dice la direttrice, Grifoni - è dopo la sentenza: quando la pena smette di essere solo incubo, minaccia astratta e diventa invece un fardello concreto da portare. Quel giorno, allora, i ragazzi piangono di nuovo. Poi però, superata la crisi, rovesciano la clessidra sul tavolo e incominciano a contare i giorni. Più induriti e rabbiosi di prima.
Trentasette maschi e diciannove femmine stanno dentro, attualmente. Tra i 14 e i 21 anni. In prevalenza stranieri: marocchini, albanesi, rumeni, sudamericani, ragazze nomadi. Droga, traffico d’armi, furti, tanti furti. Tutti o quasi sono analfabeti. Tutti o quasi soli, senza parenti e senza documenti.
A Capodanno - dice la direttrice - hanno festeggiato insieme. Hanno fatto il brindisi. Qualche volta tra loro nascono anche delle storie d’amore. La vita poi non è così dura, a Casal del Marmo: il Comune finanzia già i laboratori di tappezzeria, falegnameria. C’è il teatro, la pizzeria, la scuola, la palestra, il campo di basket, il giornalino locale. In cella ci sono i televisori, si sta all’aperto dalle 8 del mattino alle 8 di sera, con le psicologhe, le educatrici, le interpreti, le mediatrici culturali.

Eppure su un muro, nel corridoio della palazzina adibita a scuola, sta disegnato un cuore enorme con la seguente didascalia: "Cuore della tristezza delle ragazze in carcere. Ciao libertà". E una giovane sul suo diario ieri ha scritto: "Help, aiuto, meno male che le feste sono passate, non ce la facevo più".
Italiani, pochi.

Tra questi, il ragazzo romano che insieme a due complici, pochi giorni fa, cosparse di nutella la targa dell’auto della madre per andare a fare una rapina, sperando di farla franca. Ora la nutella la mangia col pane a colazione, alle 8 quando si sveglia, in refettorio. Tre di loro, tre italiani, hanno commesso delitti orrendi, omicidi. La suora in Val Chiavenna, la piccola Desirée a Leno... "Eppure - dice Veltroni - li vedi, ci parli e pensi che sono ragazzi. Ragazzi normali come i nostri figli. Non lombrosiani, non condannati a delinquere a vita. Per questo li dobbiamo aiutare". Il sindaco, accompagnato ieri dal capo del Dipartimento giustizia minorile, l’ex giudice Rosario Priore (famoso per l’inchiesta sulla strage di Ustica) e dagli assessori comunali Raffaela Milano (Servizi sociali) Luigi Nieri (Lavoro) e Claudio Minelli (Patrimonio), ha portato proposte concrete: "C’è una fattoria di dieci ettari a Tomba di Nerone - ha detto Veltroni, rivolto a un uditorio attentissimo - Alcuni di voi potrebbero cominciare là un’esperienza di reinserimento. In un’altra area qua vicino, poi, il Comune ha in mente di avviare coltivazioni biologiche, attività di agriturismo, di produrre latte e formaggi insieme con la società Latte sano . Sulla base di un protocollo d’intesa col Ministero, anche voi potrete far parte di questo progetto. Così come il nostro centro di orientamento al lavoro, già operativo a Rebibbia e Regina Coeli, potrebbe estendersi ora all’istituto minorile". Programmi ambiziosi. C’è anche quello di una casa-famiglia dove portare ogni giorno i bimbi delle ragazze rom, strappandoli dalla strada dove adesso vengono mandati a mendicare. "Una casa per giocare - dice Veltroni - Che altro dovrebbero fare i ragazzini a quell’età? Una casa dove giocare dalla mattina alla sera". Le ragazze nomadi, però, che ascoltano il sindaco, piegano la bocca, sembrano perplesse, dicono che nella casa dei giochi i loro figli non ce li porteranno mai. La vendetta degli uomini del campo, probabilmente, sarebbe tremenda. "Non vedo alternative - controbatte Veltroni - Bisogna comunque tentare. Riaccompagneremo la sera i bambini al campo, dai loro genitori, prenderemo i nomi e cognomi degli adulti e vedremo se continueranno a mandare i loro figli a mendicare oppure no".
Dunque, c’è una speranza. Non è detto che al di là del muro la storia debba per forza finire male. Non è detto che dopo il carcere ci sia sempre e solo il carcere, per questi ragazzi: anche se Samantha, 17 anni, è già la sesta volta che varca il cancello. C’è ad esempio un ragazzo albanese - dice la direttrice Grifoni - che a Casal del Marmo ha imparato un lavoro e adesso fa il pizzaiolo a Roma, abita in un monolocale e si sta per sposare. Sembra una favola.
Una guardia, in borghese, sorride. Fa sì con la testa. È un ragazzo anche lui, ha una faccia pulita, buona. A un tratto, però, infila una mano in tasca. Tira fuori un mazzo di chiavi. Sono chiavi enormi, dorate. Sembrano le chiavi di un castello. Sono le chiavi della prigione. Fanno impressione.

 

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