Meno soldi, meno futuro

 

Meno soldi vuol dire meno futuro


Negli istituti penali minorili i tagli ai finanziamenti incidono sulla qualità della permanenza, che secondo la legge dovrebbe essere un momento di rieducazione e socializzazione, ma se mancano i soldi cosa succede?

 

Rivista del Volontariato, gennaio 2004

 

Partiamo dai numeri: nel primo semestre del 2003 sono stati 812 i ragazzi entrati in un Ipm, Istituto penale minorile. Nel 2002 i minori denunciati all'autorità pubblica sono stati 15.946, di cui 14.044 presi in carico dai servizi sociali. Quindi, quando è possibile, si sceglie una misura alternativa alla detenzione in un Ipm. Ingresso in comunità, centro di prima accoglienza, affidamento al servizio sociale, detenzione domiciliare o libertà controllata, una vasta gamma di possibilità che rende abbastanza ridotto il numero dei minori detenuti. E, se è vero che la maggior parte dei minori si misura con percorsi personalizzati e alternativi alla custodia, è pur vero che chi finisce in carcere è sicuramente lo svantaggiato vero, "l'ultima ruota del carro" a cui mancano i requisiti per poter accedere ad altre forme di riabilitazione.

Di fatto la popolazione carceraria nel minorile è formata quasi per due terzi da minori stranieri. Per loro diventa difficile trovare forme alternative perché per queste è determinante il ruolo della famiglia di appartenenza o l'avere un domicilio fisso. Per questi ragazzi il percorso educativo riabilitativo deve avvenire in carcere, e deve tener conto del punto di partenza particolarmente svantaggiato. Quindi il carcere, a maggior ragione, deve essere quel luogo dove le proposte formative, di socializzazione, di rieducazione devono essere costanti, particolarmente pregnanti, con un'alta professionalità. E solo in questo modo inoltre si può parlare di prevenzione sociale.

 

Il quadro italiano

 

Guardiamo qual è la situazione degli Ipm in Italia. Ne abbiamo circa una ventina localizzati soprattutto al Sud. I fondi a loro destinati per le attività formative e ricreative vengono riconfermati ogni anno e sono la base per la programmazione delle attività. Incominciamo da Roma; istituto Casal del Marmo, una media giornaliera di circa 60 ragazzi. Dagli anni Ottanta l'Uispt, Unione italiana sport per tutti, è presente proponendo attività sportive. Attualmente propone il calcio e la pallavolo per i ragazzi e la sola pallavolo per le ragazze. Tutti volutamente sport di squadra. È evidente il valore dello sport in simili contesti.

Dopo più di vent'anni, la presenza della Uispt viene messa in discussione. "A settembre 2003 ci hanno comunicato", dice Franco Piersanti, responsabile area minori della Uispt di Roma, "che entro dieci giorni avremmo dovuto sospendere le attività per mancanza di fondi. Sono stati fatti alcuni sforzi e si è trovato il modo di arrivare alla fine dell'anno, ma per il 2004 non sappiamo cosa succederà. La cosa preoccupante, però, è che il taglio dei fondi non riguarda solo le attività sportive, comprende anche il settore sanitario della struttura medica interna".

Stessa sorte è toccata all'Arci. Presente a Casal del Marmo dall'84, attualmente gestisce 4 laboratori: lavorazione del cuoio, disegno, ceramica e un servizio di mediazione culturale rivolto a ragazzi stranieri di lingua araba. "Alla fine di settembre 2003", racconta Alberto Giustizi, presidente dell'Arci di Roma, "ci è stata data comunicazione che entro dieci giorni avremmo dovuto terminare le attività all'interno dell'istituto. In realtà poi, anche grazie all'amministrazione, vittima anch'essa dello stesso meccanismo di risparmio a catena, sono stati trovati i fondi per coprire parzialmente le nostre attività fino a dicembre, ma sul 2004 abbiamo molte incertezze, che ovviamente ritrasmettiamo ai nostri operatori, tutti a contratto".

 

Tagli da diverse fonti

 

Non è diversa la situazione a Bari: Istituto Fornelli, in media 30/35 ragazzi al giorno. La Cooperativa Itaca ha lavorato per un triennio, fino a dicembre del 2002, a progetti di formazione professionale, con un laboratorio musicale e con laboratori artigianali. "Avevamo presentato per il 2003 un progetto di formazione professionale e d'inserimento al lavoro", dice Rosanna Santoro, coordinatrice generale della cooperativa, "ma la proposta non è andata avanti. In realtà, come ci dicono dall'amministrazione dell'istituto, i tagli non riguardano solo noi e le attività con i ragazzi, ma hanno anche avuto problemi per il vitto dei ragazzi".

I tagli riguardano ambiti diversi, e non sempre vengono dalla stessa fonte. Ad esempio i laboratori teatrali voluti dall'Eti, Ente teatrale italiano, in convenzione con il Dipartimento di Giustizia Minorile del Ministero della Giustizia. Dal '98 per due trienni, sei i laboratori iniziali, fino ad arrivare a 18. Ma anche qui non mancano i problemi: "Noi nel 2003 abbiamo visto decurtare il finanziamento del 50% nell'area interna al carcere", racconta Roberto Ricco, direttore progetti formazione e sviluppo del Teatro Kismet, presente al Fornelli con un laboratorio teatrale, "e stiamo presentando i progetti per il 2004 che però, visti i ritardi, svolgeremo a fine anno o addirittura nel 2005.

Mentre i progetti che riguardano l'area esterna al carcere sono stati completamente decurtati in quanto non finanziati né dall'Eti, né dal Ministero di Giustizia". Esperienza parallela a questa è quella della Compagnia del Pratello a Bologna. Paolo Billa, regista della Compagnia ripete: "In questi ultimi anni, visti i tagli da parte dell'Eti, i nostri progetti sono stati portati avanti solo grazie ai contributi della legge 285/97 del comune di Bologna, ma in questo momento non abbiamo alcuna certezza per il 2004".

 

La formazione professionale

 

Sulla disastrosa conseguenza dei tagli, a denuncia di ciò che accade nel minorile del Veneto, si è mosso Gianpiero Pegoraro, coordinatore regionale Veneto Funzione pubblica - Cgil penitenziari. A fine luglio con una lettera pubblica indirizzata al ministro Castelli e a tutte le istituzioni coinvolte nel minorile di Treviso, denunciava la gravosa riduzione del monte ore a favore della formazione professionale che passava da 1200 ore nel 2001, a 900 ore nel 2002, per poi ridursi ulteriormente a 600 ore nel 2003. Insomma in due anni una decurtazione netta del 50%.

In questo panorama univoco e alquanto sconfortante una voce si allontana dal coro: è l'esperienza delle Fondazioni Enaip Lombarde (Ente nazionale Acli istruzione professionale) presenti al Beccaria di Milano con 450 ore mensili di attività formativa. Un vero e proprio colosso nel settore della formazione professionale. Al Beccaria le attività sono articolate in 5 percorsi formativi frequentati in tutto l'arco della giornata da 40/45 ragazzi. Interventi diversamente articolati in base alla storia del ragazzo, la provenienza, il titolo di studio, il lavoro precedente. Per Claudio Nizzetto, della Fondazioni Enaip: "La Regione Lombardia ha definito nuove direttive e nuovi dispositivi sulla formazione professionale, direttive che prevedono di individuare dei percorsi formativi interni all'istituto. C'è stato il riconoscimento dell'attività formativa da noi svolta fin qui, quindi, anche per il 2004 è stata mantenuta invariata, in termini di proposta e monte ore, la nostra attività interna al minorile". Ma non è stata la stessa cosa per l'Ats (Associazione temporanea di scopo), impegnata sempre al Beccaria di Milano in un progetto di inserimento lavorativo terminato a settembre 2003 e non rinnovato.

 

La condanna all'ozio

 

Ed infine la situazione in Sardegna, al carcere Minorile Quartucciu di Cagliari, una media di 20 ragazzi al giorno, di cui i due terzi stranieri, attualmente con nessun ragazzo arrestato in Sardegna, tutti arrivati in trasferimento e lontani dalle loro famiglie. Per Ettore Cannavera, cappellano all'istituto, la situazione è difficile: "Il dipartimento fondi ha disposto per il 2004 un ulteriore taglio del 20% oltre ai tagli del 40% del 2003. Nel corso del 2003 sono venute a mancare le attività sportive, ricreative, i corsi di formazione professionale e la falegnameria che ha funzionato sino a dicembre 2003, non verrà riproposta per mancanza di fondi.

Ugualmente chiude la mediazione culturale, sino a dicembre abbiamo avuto un mediatore marocchino, uno albanese e uno rumeno perché noi abbiamo tutte e tre le tipologie di ragazzi. Ma la cosa più grave è che si prevede che verranno a mancare anche i fondi per il mantenimento ossia per il vitto e il vestiario, e poiché la maggior parte sono ragazzi stranieri arrivano qui con una maglietta addosso e nient'altro, bisogna come minimo vestirli e dargli una scheda telefonica per chiamare a casa".

Il problema dei tagli ai fondi è un evidente problema economico in un'Italia in crisi in tutti i settori, ma la conseguenza incide sulla vita interna all'istituto, sul senso del loro permanenza in carcere. Ettore Cannavera è chiaro: "Senza le attività i ragazzi rimangono chiusi in sezione e diventerà gradualmente una condanna all'ozio: è terribile non poter far niente tutto il giorno. Le attività servono per valorizzare le loro potenzialità, ma anche per scaricare l'aggressività che altrimenti scaricano tra loro. In questo modo diventa più difficile anche la gestione della sicurezza". Per un minore la detenzione deve coincidere con la rieducazione, come dice Pegoraro nella lettera di cui sopra, "soprattutto se si pensa che la maggior parte dei destinatari degli interventi formativi - professionali sono giovani stranieri, la categoria più a rischio di recidività e di conseguente passaggio al settore penitenziario adulti.

È comprensibile che questi ragionamenti poco abbiano a che fare con chi pensa solo a fare cassa oggi senza pensare al deficit dell'indomani". Interventi economici che entrano in merito alla filosofia della rieducazione. Ed Ettore Cannavera, con un pensiero comune a molti tra coloro che si impegnano per dare un futuro a questi ragazzi, conclude: "La mia preoccupazione è che ciò che non sono riusciti a far passare con una legge lo stanno realizzando in questo modo. "I minori sono cattivi e con loro dobbiamo effettuare una azione di repressione". Il carcere è ancora visto come luogo di detenzione, di punizione. Non si rendono conto che ad un minore bisogna dare una reale possibilità di recupero, di reinserimento: non lo dico io, lo dice la legge".

 

L'esperienza di Nisida

 

A Nisida ha sede l'Istituto penale minorile. Attorno al luogo di detenzione è nato nel 1994 il progetto Nisida Futuro Ragazzi, voluto dal Ministero di Giustizia e il Comune di Napoli, con l'obiettivo di creare un luogo di attività e di apprendimento di mestieri per ragazzi ad alto rischio. Ogni giorno ragazzi tra i 15 e i 18 anni della città di Napoli salgono le stradine di Nisida, per seguire corsi di formazione e laboratori. Fotografia, video, ceramica, scenotecnica, agricoltura biologica, cucina. Ragazzi ai quali la scuola non riesce a garantire uno spazio costruttivo per il lavoro e l'impegno, trovano attraverso queste attività opportunità nuove. Questa esperienza è raccontata nella mostra fotografica "I colori e le storie di Nisida", mostra allestita fino al 15 dicembre al Centro Studi Internazionale sui Minori di Nisida e realizzata con le foto dei ragazzi impegnati nel progetto.

 

 

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