Il lavoro in detenzione

 

I diritti dei lavoratori detenuti e in misura alternativa

 

Lavoro Interno

 

Il lavoro inframurario ha natura "atipica" in quanto "obbligatorio" e con finalità non produttive né afflittive, ma di natura rieducativa (L. 354/75 art. 20). Di conseguenza solo una parte delle normative nazionali sul lavoro sono assicurate, come il riposo festivo, i limiti orari giornalieri, gli obblighi contributivi ed assicurativi (ibidem).

La "mercede" viene così definita in quanto contributo al lavoratore detenuto, non inferiore comunque ai due terzi dei minimi contrattuali (ibidem art. 22). Da questa viene sottratta alle persone condannate una quota per le spese di mantenimento in carcere, processuali e di risarcimento del danno, non superiore ai due quinti (ibidem art. 24).

L’insieme delle risorse finanziarie del condannato sono gestite dalla direzione dell’istituto e producono interessi legali. Di queste una parte viene messa a disposizione del detenuto per spese private, mentre il rimanente viene posto a "fondo vincolato" e restituito alla scarcerazione.

Il collocamento dei detenuti nei lavori in carcere deve avvenire attraverso graduatorie interne (D.L. 187/93) che definiscano le qualifiche professionali, e tengano conto dell’anzianità di disoccupazione durante la detenzione e condizioni economiche (familiari a carico, etc.).

In carcere possono essere svolte, su autorizzazione della direzione, attività artistiche, intellettuali o artigianali (L. 354/75 art. 20), nonché prestazioni di "lavoro a domicilio" per ditte esterne (L. 56/87 art. 19).

Nel caso di lavorazioni eseguite da ditte private all’interno del carcere, coloro che vi sono collocati restano alle dipendenze dell’Amministrazione Penitenziaria (Sent. Pret. PD 17.03.83), tranne che per le cooperative sociali che possono assumere direttamente i detenuti (Legge Smuraglia).

In tutti i casi il datore di lavoro (compresa quindi l’Amm. Pen.) ha l’obbligo di rilasciare entro l’anno successivo a quello lavorato il modello CUB (ex 01/M) dove sono riportate le retribuzioni ed i versamenti contributivi.

 

Lavoro Esterno

 

Il detenuto, scontata parte della pena, può chiedere di essere ammesso a lavori all’esterno, come dipendente o lavoratore autonomo, nonché frequentare corsi di formazione professionali, attraverso le misure alternative previste (art. 21, semilibertà, affidamento in prova al servizio sociale).

Solo in semilibertà percepisce lo stipendio direttamente dal datore di lavoro (Reg. D.P.R. 431/76), mentre in art. 21 percepisce lo stipendio tramite la direzione penitenziaria, in quanto sempre detenuto.

Diversamente dal lavoro inframurario, nel rapporto di lavoro con privati il licenziamento può avvenire solo per "giusta causa", definita dalle leggi ed in particolare dai contratti nazionali di Categoria. Per i minori è prevista la misura della messa alla prova, che consente di svolgere gratuitamente attività socialmente utili in sostituzione della pena.

La copertura assicurativa è competenza del Ministero di Grazia e Giustizia, per cui nulla ricade sugli Enti Pubblici, Associazioni o Cooperative Sociali che ne usufruiscano, purché limitatamente ad alcune ore settimanali ed a tempo determinato.

Chi ha subito condanne che prevedono solo sanzioni pecuniarie, può effettuare il risarcimento in caso di insolvenza attraverso l’affidamento a lavori di Pubblica Utilità (rivedere la normativa).

Tutti i lavoratori possono richiedere gli assegni familiari se hanno a proprio carico figli minori o coniuge, il cui importo è stabilito dalle tabelle di reddito. Dal 1° gennaio ‘99 è previsto anche un assegno per nucleo familiare di 100 € mensili, per 13 mesi, avendo almeno 3 figli minorenni e un reddito annuo inferiore ai 36 milioni, valutato secondo i criteri ISE (reddito e beni materiali).

 

 

 

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